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SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA BASILICATA
INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
2017
INTERVENTO DEL PRESIDENTE
dott. Rosario Scalia
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA BASILICATA
Inaugurazione
dell'Anno Giudiziario
20 17
INTERVENTO DEL PRESIDENTE
dott. Rosario Scalia
POTENZA, 17 FEBBRAIO 2017
L’intervento che, in occasione dell’inaugurazione di questo anno giudiziario
(2017), ho ritenuto di dover predisporre, in quanto titolare dell’ufficio regionale della
Corte che si occupa delle diverse attività che si riconnettono alla più antica delle
funzioni della Corte dei conti, quella del controllo, deve essere letto nel segno della
unitarietà della missione che a tale Istituzione è stata intestata, dai nostri padri
costituenti: tutelare le risorse (finanziarie) pubbliche, ciò che la civiltà giuridica
romana chiamava “Aerarium”1, che possiamo qualificare con termine più moderno
“patrimonio sociale”…
Nei richiami che avrò modo di effettuare si coglieranno, pur nella
differenziazione dei ruoli (giurisdizione, controllo), elementi di contatto, analogie nei
comportamenti, principi comuni nelle procedure applicate.
Si governa, infatti, da parte dei diversi livelli istituzionali, attraverso e con il
sistema dei bilanci pubblici; si amministra utilizzando le risorse finanziarie iscritte
numericamente in tali documenti, diventati (da annuali) pluriennali (3 anni), per
perseguire gli obiettivi che ciascuna legge (statale/regionale che sia) vorrebbe a sua
volta esposti, in maniera chiara e comprensibile, nei documenti di programmazione.
Ed è proprio una buona programmazione quella che evita la proliferazione di
interventi inutili o dispendiosi…
Governare e amministrare sono resi possibili da una cultura della gestione delle
risorse umane, strumentali e finanziarie che deve risultare ispirata al principio del
buon andamento.
Cultura che va condivisa da chi è impegnato ad assolvere agli incarichi politici,
come da chi risulta indicato come responsabile della conduzione di un ufficio
pubblico.
Ambedue costituiscono la Pubblica Amministrazione, la cui organizzazione si
vorrebbe adeguatamente orientata a perseguire gli obiettivi di legge.
E, in quanto tale, sottoponibile – essendo espressione di uno dei poteri dello
1
L’ “aerarium” (da aes, “bronzo“), ovvero “tesoro pubblico” è un termine che indica genericamente
l’amministrazione patrimoniale dello Stato. A Roma, il tesoro veniva custodito nel tempio di Saturno nel Foro.
Durante la Repubblica romana nell’erario confluirono tutte le rendite dello Stato. Con l’instaurazione del Principato,
in epoca augustea, l’aerarium diventò il tesoro amministrato dal Senato romano. I tributi venivano raccolti dai
questores.
Stato – al giudizio di un altro potere, quello della magistratura. Una magistratura che
è chiamata a fare valutazioni in nome del popolo italiano.
Fare
buone
leggi,
ma
anche
fare
buona
amministrazione;
buona
amministrazione che si coniuga, anzi si integra, con una sana gestione finanziaria, che
si concretizza nella corretta esposizione dei dati contabili.
Se la legge è lo strumento dell’agire politico, cioè dell’agire per il
perseguimento del bene comune, spetta alle burocrazie declinarne l’esecuzione
attraverso gli strumenti dell’agire amministrativo.
Si intende fornire in tal modo una rappresentazione realistica del rapporto di
corresponsabilità che da sempre sussiste tra decisore politico e decisore burocratico.
Così da ritenere come irrealistica qualsiasi teoria che intenda tenerne distinte le
responsabilità o che solo ne prefiguri una costruzione tale da auspicare, comunque,
spazi di irresponsabilità in capo agli organi di indirizzo politico.
Anche perché le burocrazie sono tenute a osservare non solo la legge ma anche
“le direttive” che l’organo politico ritenga necessario –o solo opportuno- di dover
impartire ad esse.
E’ questa la prima linea di responsabilità che la magistratura della Corte dei
conti, quando fa controllo, sottopone a valutazione.
Lo fa, ad inizio di ciascun anno, sottoponendo a giudizio la relazione che il
decisore politico è tenuto ad elaborare sul grado di funzionalità del sistema dei
controlli interni.
Sistema che (se non se ne sia dimostrata, nella prassi, la sua funzionalità)
richiede la predisposizione di interventi, di misure che lo riconducano alla funzione
per cui esso è stato introdotto nel nostro ordinamento: evitare le illegalità, contrastare
i fenomeni corruttivi.
La domanda che la magistratura contabile si pone, dovendo riscontrare nella
realtà amministrativa l’effettivo inveramento del principio del “buon andamento” ex
art. 97 Cost., è coerente con la visione che essa ha delle burocrazie.
Burocrazie che sono indispensabili – perché strumentali – alla classe politica,
ma che devono essere custodi sapienti del principio di legalità in quanto chiamate ad
operare in uno “Stato di diritto”.
Burocrazie che sembrano aver vissuto in una dimensione diversa da questa
tutte le volte che se ne scoprano comportamenti di sostanziale infedeltà ai valori
(quello dell’assunzione su di sé della responsabilità delle scelte) che la Costituzione
da tempo indica come coessenziali allo svolgimento di una funzione o di un servizio
pubblici.
La domanda che la comunità si fa – al di là dei tentativi, che possono risultare
più o meno riusciti, di assicurare un livello sempre più ampio di trasparenza
dell’agire burocratico imponendo un obbligo sempre più ampio di rendere pubblici
atti, documenti e informazioni – è essenziale nella sua semplicità: perché non sono
(non sono stati) sufficienti i controlli interni a impedire il succedersi di episodi di
maladministration?
La risposta, formulata anch’essa sotto forma di domanda, potrebbe essere
anche questa: perché non si è posta ancora, da parte del Legislatore, alcuna sanzione
a carico di chi è tenuto a farli funzionare?
Il nostro ordinamento finanziario-contabile – al di là delle indicazioni che ci
provengono dall’Unione europea – conteneva (e continua a contenere) principi
fondamentali che sono da rispettare per realizzare il “bene comune”: dal
perseguimento dell’equilibrio dei bilanci all’utilizzo del ricorso all’indebitamento
solo per spese di investimento...
Da essi, purtroppo, ci si è discostati progressivamente, immaginando che la
felicità della comunità (nazionale o locale) da governare si sarebbe potuta conseguire
con altri mezzi...
Fino al punto di ritenere legittimo ciò che legittimo non è (e non lo è mai
stato), perché di per sé irragionevole.
Oppure si è giunti a distorsioni, operate dal Legislatore, così ampie da far
ritenere ad altre realtà amministrative che esse potevano essere impunemente
“replicate” nel tempo, trascurando il fatto che in contabilità il rispetto delle scadenze
costituisce una regola-base. E’ condivisibile, infatti, la tesi che afferma che “il tempo
è denaro”.
Tra le prime, il dover ritenere legittima l’elaborazione del bilancio di
previsione di un Ente locale a conclusione (o quasi) dell’esercizio finanziario.
Tra le seconde, il ricorso ai “derivati”, introdotti nell’ordinamento contabile
come strumento capace di risolvere alcuni problemi, ma in totale assenza di regole,
consentendo il diffondersi di atteggiamenti predatori da parte del sistema bancario.
Lo stato di salute dell’economia nazionale si giudica anche attraverso questo
tipo di scelte politiche effettuate a livello di governo locale.
Scelte politiche che, quando hanno diretta incidenza sul corretto utilizzo delle
finanze pubbliche, abbisognano di essere supportate da una interpretazione univoca
delle regole che presidiano l’agire amministrativo.
L’essere stata chiamata la Corte dei conti, anche nelle sue articolazioni
periferiche, a svolgere una attività di natura consultiva trova fondamento – come è
noto – nell’art. 7, c. 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131.
La Sezione, nel corso del 2016, ha affrontato diverse questioni che hanno
avuto, comunque, attinenza con la disciplina della “contabilità pubblica”: in tutto,
sono stati resi 18 pareri, dei quali solo 5 sono stati dichiarati inammissibili,
prevalentemente per ragioni oggettive.
1. Il fondamento costituzionale del controllo delle risorse pubbliche intestato alla
Corte dei conti.
Il principio più importante da rispettare rimane, comunque, in uno Stato di
diritto, quello dell’obbligo – posto in capo anche al decisore politico – di rendere
conto del proprio operato: principio che ritroviamo scritto nella Dichiarazione dei
diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 17892. Un testo che fa cenno esplicito
2
All’art. 15, essa prevede che «La società ha il diritto di chiedere conto della sua amministrazione ad ogni
pubblico funzionario».
all’impegno che deve essere sempre assunto dalla classe dirigente politica per
assicurare ai cittadini il più alto grado di felicità.
Dalla “relazione di fine mandato” alla valutazione degli obiettivi politicoamministrativi esposti nella “relazione di inizio mandato” si potrebbe essere tentati di
avviare un discorso che potrebbe essere riguardato come una novità per la Corte dei
conti.
E, invece, si tratta di un metodo di lavoro che risulta confermativo di una
funzione – quella del controllo indipendente esterno che si esercita sull’azione
amministrativa, anche su quella che si connota di forti profili tecnici (riscontrabili nel
settore dei lavori pubblici o in quella della sanità) – e che trova fondamento nella
disciplina contenuta nell’art. 3, c. 4, della legge n. 20 del 1994 3.
A voler ripercorrere la storia della disciplina della funzione del controllo della
Corte dei conti si fa la storia delle “riforme” della Pubblica Amministrazione; riforme
che si sono succedute nel tempo, ma senza riuscire a creare una “nuova cultura” della
gestione del bilancio; gestione del bilancio che si intreccia con la gestione della
funzione amministrativa.
E’ necessario chiarirci le idee sul punto.
La funzione del controllo (indipendente esterno) della Corte dei conti presenta
– occorre sottolinearlo – una molteplicità di aspetti, che lo stesso oggetto – su cui
esso è chiamato ad esercitarsi – determina e influenza.
Se il giudizio risulta fondato sul ragionamento dicotomico “conformità/non
conformità” dell’atto/del provvedimento a una specifica disposizione di legge, il
controllo privilegia il parametro della legittimità, o (se il giudizio attiene alla
rispondenza dell’atto alla legislazione contabile) a quello della regolarità contabile.
Se il giudizio lo si intende ancorare a una valutazione che privilegia
l’efficienza, l’economicità, l’efficacia dell’azione amministrativa, il controllo
3
«La Corte dei conti svolge, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del
patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza
comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni
a ciascuna amministrazione. Accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati
dell’azione amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi
dello svolgimento dell’azione amministrativa …».
privilegia i relativi parametri. In questo caso, “i tempi, i modi e i costi” dell’azione
amministrativa vanno analizzati, sì, ma devono essere supportati dal metodo del
confronto; confronto che si fonda sull’applicazione di un principio ormai consolidato,
quello del contraddittorio.
Confronto tra organizzazioni simili, confronto sui tempi di realizzazione,
confronto sui costi dei diversi interventi, delle diverse azioni in cui si articola
normalmente qualsiasi politica pubblica.
Nello svolgere l’attività del controllo, il campo di indagine si amplia (o si
riduce) in ragione del ricorso (inteso come scelta) che la stessa Istituzione superiore
di controllo abbia voluto fare dei diversi parametri; l’unico, comunque, che deve
rimanere stabile, sullo sfondo, è quello della preventiva verifica della legittimità delle
decisioni assunte.
Così che gli esiti di questo tipo di controllo possono ben rifluire – così come
sono rifluite -, ogni anno, nella relazione che l’art. 1, c. 5, del decreto-legge n.
174/2012 richiede alla Corte dei conti a integrazione della decisione che si assume in
sede di giudizio di parificazione del Rendiconto generale della Regione.
1.1 L’attività di controllo preventivo su atti/provvedimenti delle Amministrazioni
(periferiche) dello Stato.
Nel corso del 2016, il più tradizionale dei controlli di legittimità su atti – quello
preventivo esercitato ai sensi dell’art. 3, c. 1, della legge n. 20/94 – si è integrato con
quello introdotto nel sistema dei controlli sulle Amministrazioni dello Stato dal d.lgs.
n. 123/2011, che contiene la “Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e
contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa”.
Si è proceduto, quindi, ad ammettere al visto (di legittimità) e alla conseguente
registrazione un centinaio di provvedimenti riguardanti, prevalentemente, incarichi
dirigenziali interessanti le diverse strutture didattiche operanti nella Regione.
Anche quest’anno alcune questioni interpretative di specifiche disposizioni di
legge hanno richiesto l’intervento dell’organo collegiale, il quale si è espresso in tutti
i casi analizzati con un giudizio di rifiuto della registrazione.
Una occasione questa per richiamare l’attenzione degli invitati sul fatto che
anche questa forma di controllo, sia pure circoscritta ai casi previsti dalla richiamata
“legge fondamentale” (la l. n. 20/94), rappresenta il contributo che la Corte dei conti
assicura al rispetto della legge da parte degli uffici periferici delle Amministrazioni
dello Stato.
1.2 Il controllo di legittimità-regolarità (preventivo-consuntivo) sui bilanci degli
Enti locali (e delle aziende sanitarie).
Come ha più volte rilevato la Corte Costituzionale, le tematiche afferenti al
controllo risultano essere scandite da tre sequenze temporali: un primo periodo, che
va dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana alla riforma del 1994; il
secondo periodo, che va dall’entrata in vigore della riforma alla legge finanziaria del
2006; un terzo, che da tale data si estende alla legislazione più recente.
Un periodo quest’ultimo durante il quale per la prima volta la Corte dei conti è
stata coinvolta direttamente nel controllo di legittimità-regolarità sul rispetto del patto
di stabilità interno e dell’equilibrio dei bilanci.
E’ stata la Corte Costituzionale a dare una lettura sistematica a tale “nuovo”
controllo: «il controllo di legittimità e regolarità contabile attribuito alla Corte dei
conti per questi particolari obiettivi si risolve in un esito dicotomico (sent. n.
179/2007 e n. 60/2013), nel senso che ad esso è affidato il giudizio se i bilanci
preventivi e successivi siano o meno rispettosi del patto di stabilità, siano deliberati in
equilibrio e non presentino violazioni delle regole espressamente previste per dette
finalità» (sent. n. 40/2014).
E’ in questo specifico momento storico che vengono sottolineati alcuni
elementi tipici della giurisdizione quale la presenza di motivazioni della decisione di
controllo e il preventivo contraddittorio che si svolge attraverso la partecipazione
riflessiva delle amministrazioni interessate (sent. n. 226/1976).
E si viene a confermare l’assunto secondo cui «il controllo effettuato dalla
Corte dei conti è un controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto
unicamente a garantire la legalità degli atti ad essa sottoposti, e cioè preordinato a
tutela del diritto oggettivo …».
Il controllo di legittimità-regolarità – si può affermare – dopo un certo quale
declino in termini di politica legislativa è tornato alla ribalta, riconquistando una
scena dalla quale non era, comunque, mai scomparso.
Esso è tornato in auge per due motivi: uno di livello costituzionale (le
modifiche apportate all’art. 81 e ad altri articoli della Costituzione); l’altro di livello
economico (la grave crisi che ha determinato la perdita, nell’arco di 7 anni, di quasi 1
milione di posti di lavoro).
E’ la ricerca continua della tutela dell’unità economica della Repubblica, è il
continuo impegno a che il principio del coordinamento della finanza pubblica
intestato allo Stato non venga eluso, a fare da sfondo al nuovo ruolo della Corte dei
conti (sent. n. 198/2012; n. 37/2011; n. 267/2006).
E’ stato effettuato, quindi, nel corso del 2016, il prosieguo dell’esame delle
relazioni predisposte dall’organo di revisione economico-finanziaria delle 2 Province
e dei 131 Comuni della Regione, relative ai conti consuntivi degli anni 2012 e 2013,
ai fini dell’eventuale pronuncia cui è tenuta la Sezione regionale a norma degli
articoli 1, comma 166 e seguenti della legge n. 266/2005, e 148.bis del TUEL.
Nell’ambito di tale attività è stata adottata, nei riguardi del Comune di Pisticci,
apposita deliberazione (n. 3/2016/PRSP del 28 gennaio 2016, per complessive 53
pagine), inviata al Sindaco ai fini dell’adozione delle conseguenti misure correttive.
Con deliberazione n. 34/2016/PRSP del 6 luglio 2016 (di complessive 59
pagine), poi, è stato esaminato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale
riproposto dal Comune di Lagonegro, procedendosi, comunque, alla previa disamina
dei relativi presupposti per la riproposizione.
La Sezione, in proposito, dopo aver rilevato che il Comune di Lagonegro ha
deliberato che la riproposizione della procedura di riequilibrio pluriennale finanziario
era stata effettuata in assenza dei presupposti di legge, non avendo riportato alcun
miglioramento né in chiave formale né in chiave sostanziale.
1.3 Il controllo sui “costi della politica”
Anche nel 2016, la Sezione regionale di controllo ha posto specifica attenzione
ad esercitare quella specifica tipologia di controllo che ha ad oggetto il rispetto della
regola che qualsiasi risorsa pubblica utilizzata per lo svolgimento di un munus
pubblico debba essere rendicontata.
Si è, quindi, accertato che tutti i Gruppi consiliari che, nell’anno 2015, erano
stati destinatari di contributi a carico dei fondi a disposizione del Consiglio regionale
avessero presentato i rispettivi rendiconti; con ciò adeguandosi alle prescrizioni
contenute nell’art. 1, commi 9-12 del decreto-legge n. 174 del 2012.
Uno specifico controllo che ha portato all’emanazione di 18 delibere: 8
delibere istruttorie nella Camera di consiglio del 23 marzo 2016 e 10 delibere,
contenenti alcune osservazioni definitive, sia in tale data che nella successiva Camera
di consiglio del 5 maggio.
In ragione del particolare destinatario di tale attività di controllo, che ha
individuato il parametro dell’inerenza della spesa effettuata alla tipica attività svolta
quale criterio del giudizio da esprimere, il percorso individuato dal Legislatore
potrebbe essere, allo stato degli esiti avutisi, sicuramente migliorato.
2.
Il giudizio di parifica del Rendiconto generale 2015 della Regione
In una logica di analisi periodica (e costante) degli andamenti economico-
finanziari che si deve nutrire degli esiti della gestione passata per poi valutare
l’impostazione da dare a quella futura, la Regione ha predisposto il relativo
documento contabile, approvando lo schema della legge regionale riguardante lo stato
finale dei conti.
Lo ha fatto in tempi differenziati, quindi, nel 2016, con due successive
delibere della Giunta regionale.
Documento normativo dalle sostanziali finalità economico-finanziarie che si
presenta assai complesso e di difficile lettura; di cui – in sede di giudizio di
parificazione – occorre attestare, da parte delle Sezioni regionali di controllo, il grado
di veridicità e di attendibilità.
Decisione che può formare oggetto di impugnativa dinanzi alle Sezioni Riunite
in speciale composizione; a conferma che il confronto tra l’istituzione controllata e
l’istituzione controllante deve potersi esprimere in un sistema di garanzie capace di
tutelare l’autonomia della prima.
Contraddittorio che si realizza anche con questa modalità e che non può mai,
comunque, mancare sin dall’avvio dell’indagine che ha ad oggetto lo specifico
controllo di legittimità-regolarità che la Corte esercita sullo schema del Rendiconto
generale predisposto dalla Giunta per l’approvazione dell’ Assemblea regionale.
Una riflessione questa che introduce al più delicato dei temi che è stato
recentemente dibattuto in dottrina: quale sistemizzazione dare a tale tipo di controllo
nell’ambito di quella disciplina che indichiamo con la terminologia di contabilità
pubblica.
Non più contabilità di Stato, ma “contabilità pubblica”, volendo riaffermare
l’autonomia di tale disciplina rispetto allo stesso “diritto pubblico dell’economia” e
alla “scienza dell’amministrazione”, con i quali presenta contatti.
Bilancio che da «strumento descrittivo di fenomeni di mera erogazione
finanziaria» è stato qualificato come «strumento di realizzazione di nuove funzioni di
governo (come la programmazione di bilancio, le operazioni di tesoreria …) e più in
generale di politica economica e finanziaria».
La riscontrata nuova “natura” assegnata dal Legislatore (Parlamento) al
bilancio ha portato a una rivisitazione del ruolo che sino ad allora la dottrina aveva
inteso di assegnare al giudizio di parifica.
Tanto da far svolgere alla stessa Corte Costituzionale una considerazione
quanto mai giustificata e coerente (sent. n. 244/1995): «la funzione di riscontro, che
costituisce l’essenza del giudizio di parificazione, attiene anche alla verifica degli
scostamenti che, negli equilibri stabiliti nel bilancio preventivo, si evidenziano in
sede consuntiva, coerentemente con la previsione del primo comma dell’art. 39 del
regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.».
La Sezione regionale, a conclusione di un contraddittorio che si è protratto per
un tempo assai ampio, nel quale – come è noto – assume specifica rilevanza
l’intervento del Procuratore regionale, ha inteso pronunciare un giudizio di non
parificazione.
In tal modo si è inteso sollecitare il Governo regionale a riappropriarsi di uno
spazio di rideterminazione della decisione di bilancio così come precedentemente
assunta.
Le motivazioni espresse dal Collegio nella decisione, che si è sviluppata per
ben 69 pagine, sono risultate condivise.
Il Collegio, infatti, allineandosi a quanto più volte affermato dalla Sezione
delle Autonomie di questa Corte, ha osservato che «nel nuovo sistema di contabilità
armonizzata, al fine di conseguire il rispetto degli equilibri e dei nuovi saldi di
pareggio, considerando la rigidità della spesa di natura corrente, risultano essenziali
le valutazioni in termini di attendibilità delle entrate previste in bilancio, corrette
secondo i criteri della reale esigibilità (costituzione del fondo crediti di dubbia
esigibilità) nonché la ponderata allocazione delle risorse, rispettosa dei vincoli
imposti soprattutto ai fini della revisione della spesa» (Sezione delle Autonomie
9/2016).
Nella relazione, invece, che si è allegata alla decisione, si è avuto modo di
svolgere – nelle parti in cui si articola il documento – una serie di valutazioni su
diversi aspetti della gestione.
Valutazioni che costituiscono occasioni per effettuare miglioramenti del
sistema organizzativo della Regione, per assicurare la corretta destinazione delle
risorse pubbliche, per costruire rapporti nuovi con i cittadini.
Si tratta di valutazioni che inducono a una migliore visione delle scelte fatte o
ad averne una diversa.
Valutazioni che dovrebbero indurre l’Esecutivo – e non solo l’Esecutivo (e qui
il richiamo è al nuovo organismo previsto dal Nuovo Statuto della Regione, il
Consiglio delle Autonomie Locali) – ad assumere misure conseguenziali.
Non è un auspicio questo; se mai, è da valutare in positivo l’adeguamento che
si riuscirà a fare ad obblighi di legge diventati sempre più pressanti.
Si è agito, quindi, nell’interesse della comunità regionale, fornendo, al
contempo, all’Organo di revisione economico-finanziaria gli elementi di analisi utili
allo svolgimento del suo ruolo, nell’immediatezza della vicenda trattata così come
per le occasioni di verifica che si presenteranno ad esso in futuro.
Si è riconosciuto, in definitiva, il valore che può assumere il giudizio di
parificazione, in quei casi, ovviamente, in cui criticità e anomalie di natura
finanziario-contabile rendono poco chiari i processi decisionali che si ritrovano
condensati nella più importante legge che la Regione è tenuta ad approvare: quella
del Rendiconto generale.
Al di là di tale valutazione di carattere generale, il giudizio di parificazione
continua ad essere riguardato – dal punto di vista della Corte dei conti – come
strumentale al ruolo di “garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del
settore pubblico” che il Legislatore ha attribuito ad essa.