relazione illustrativa - Gruppo consiliare civica Trentina

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Disegno di legge
Modificazioni della legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in materia di
governo dell'autonomia del Trentino), in materia di gestioni associate e di organi
delle comunità
Relazione
Il presente disegno di legge interviene sulla L.P. n. 3/2006, così come modificata dalla
L.P. n. 12/2014, e si occupa di due specifici aspetti della normativa vigente: il sistema
elettorale (con ricadute sulla composizione degli organi di governo delle Comunità di valle
e conseguentemente sulla loro stessa natura) e le gestioni associate.
Quanto al primo aspetto si rileva preliminarmente come la riforma operata con la legge
n. 12/2014 sia stato il frutto di un evidente compromesso all’interno della maggioranza di
centrosinistra tra chi voleva mantenere in qualche misura la natura politica e la terzietà delle
Comunità di valle e chi invece, alla luce di un’esperienza che soltanto eufemisticamente
potremo definire non propriamente entusiasmante, tali enti voleva cancellare.
Non potendo procedere allo smantellamento di questi enti per ragioni di equilibrio
interno alla coalizione di governo, si è quindi giunti ad un compromesso, che ha originato
delle modalità di elezioni che definire singolari è dir poco.
Sempre in via preliminare si osserva come la riforma sia stata fortemente “sollecitata”
dall’incombente pronuncia della Corte Costituzionale, cui il Consiglio di Stato, accogliendo
le ragioni del Comune di Vallarsa, ha rimesso la decisone circa la legittimità costituzionale
della legge n. 3/2006.
Tra i profili d’illegittimità sollevati dal Comune di Vallarsa vi era (e vi è) anche quello
(la cui fondatezza è del tutto palese) inerente l’elezione diretta degli organi delle Comunità,
cui la maggioranza di centrosinistra ha inteso ovviare inventandosi una sorta di elezione di
secondo grado, per cui i Consigli comunali nominano il corpo elettorale che poi procede ad
eleggere Presidente e consiglio sulla base di liste e programmi che vengono presentati prima
della nomina degli elettori.
Il risultato di questo compromesso, che da una lato vorrebbe mantenere la natura
politica delle Comunità e dall’altro salvaguardare le competenze dei Comuni (altra
questione relativamente alla quale è stata sollevata la questione d’incostituzionalità), è stato,
come sovente accade quando non si ha il coraggio di operare le scelte nette che la situazione
imporrebbe, un palese fallimento.
Ora abbiamo un ente cui si vorrebbe attribuire una qualche terzietà rispetto ai Comuni,
che però di fatto, in virtù dell’astruso sistema elettorale introdotto (con possibilità per gli
amministratori comunali di divenire amministratori di Comunità), è divenuto una sorta di
emanazione dei Comuni che lo costituiscono (un specie consorzio, come ha detto
l’assessore Daldoss).
Il tutto con l’aggravante che, venuta meno l’elezione diretta, l’esito delle elezioni di
secondo grado è di fatto predeterminato a tavolino dai partiti, che, considerato il
ridottissimo numero dei componenti il corpo elettorale e la loro scelta ad opera dei Consigli
comunali, sono in grado di decidere anticipatamente il risultato della competizione con
assoluta certezza.
Basti solo pensare al fatto per cui la composizione del corpo elettorale (per alcune
Comunità pari alla bellezza di 10 elettori) è ridotta al punto da far venir meno la segretezza
del voto, che, in elezioni di natura politica come quelle delle Comunità vorrebbero essere,
costituisce un vulnus la cui gravità ed evidenza sono tali da non richiedere particolari
approfondimenti.
Anche a voler prescindere da tale aspetto, deve rilevarsi come la composizione degli
organi di governo delle Comunità dimostri, quando mai ve ne fosse stato bisogno,
l’assurdità del sistema elettorale vigente.
Questi i numeri, con l’avvertenza che, considerata la particolarità della situazione
fassana, non si è considerato il Comun General de Fascia e che non si è tenuto conto dei
consiglieri comunali che si sono dimessi dal Consiglio dopo essere stati eletti in Comunità:
a) su 221 componenti delle assemblee (esclusi gli esterni) ben 146 provengono dai
Consigli comunali (che hanno nominato gli elettori che poi li hanno eletti);
b) di questi 51 sono Sindaci e 26 assessori;
c) su 49 componenti dei comitati esecutivi 32 provengono dai Consigli comunali;
d) di questi 16 sono Sindaci, 7 assessori e 9 consiglieri;
e) su 12 membri esterni dei comitati esecutivi delle Comunità 8 provengono dai
Consigli comunali (4 Sindaci, un assessore e 3 consiglieri).
I numeri sopra esposti parlano da soli: l’astruso sistema elettorale introdotto con la
legge 12/2014, ha determinato una sovrapposizione pressoché totale tra Comuni e
Comunità, che di fatto costituiscono emanazione dei primi, pur conservando formalmente
una propria autonoma natura politica.
E ciò, come sopra rilevato, con l’aggravante che l’esito delle elezioni è già di fatto
predeterminato.
Il presente disegno di legge intende superare la situazione attuale, portando fino in
fondo (o quasi, a giudizio dei proponenti, infatti, le Comunità di valle andrebbero sic et
simpliciter abolite) il processo di depotenziamento delle Comunità di valle e di recupero
delle competenze comunali ed eliminando le incongruenze cui la legge n. 12/2014 ha dato
luogo.
Organi della Comunità si prevede quindi siano la conferenza dei Sindaci, il Presidente
e il comitato esecutivo.
Si prevede poi che sia la Conferenza dei Sindaci (ove ciascun Sindaco può farsi
sostituire da una suo delegato) ad eleggere al proprio interno il Presidente della Comunità,
che a sua volta sceglie gli assessori all’interno della conferenza.
Se, come ha riconosciuto anche l’assessore Daldoss, le Comunità sono di fatto
divenute dei consorzi dei Comuni che le costituiscono, la logica vuole che ad amministrare
le Comunità siano i Sindaci di questi Comuni, che tra l’altro sono sostenuti dal mandato
popolare che gli elettori hanno loro conferito.
La seconda delle questioni su cui il presente disegno di legge interviene è quello delle
gestioni associate, relativamente alle quali si propongono due interventi.
Con il primo, tenuto conto dei problemi che il termine di sei mesi per l’individuazione
degli ambiti di cui al comma 3 dell’art. 9 bis determina per le nuove amministrazioni
comunali, si vuole portare tale termine a dodici mesi.
L’obbligo di gestione associata non verrebbe ovviamente meno, ma si darebbe agli
amministratori comunali il tempo necessario per poter operare con la dovuta ponderazione
valutazioni che rivestono importanza di non poco rilievo per il futuro dei Comuni.
A tal riguardo si evidenzia la circostanza per cui molte delle nuove amministrazioni
comunali elette nel maggio o nel giugno scorsi sono nuove.
Esse hanno pertanto dovuto comprensibilmente occuparsi in primo luogo della
conoscenza della macchina burocratica e delle questioni ereditate da chi le ha precedute.
Pare pertanto opportuno dare agli amministratori comunali un po’ più di tempo, senza
che ciò, considerata la modesta entità dello spostamento proposto, pregiudichi in alcun
modo le finalità della legge, così come peraltro emerso chiaramente in occasione della
seduta del Consiglio delle Autonomie del 23 settembre scorso.
Peraltro, proprio in considerazione delle questioni sopra esposte, non risulta che i
Comuni abbiano fatto pervenire delle proprie proposte, sulla base delle quali, ai sensi del 1°
comma dell’art. 9 bis, la Giunta procede, d’intesa con il Consiglio delle Autonomie,
all’individuazione degli ambiti associativi.
Inoltre, risulta all’interrogante che al Consiglio delle Autonomie non siano state
trasmesse le analisi finanziarie dei diversi ambiti associativi, che dovrebbero evidenziare i
costi di partenza e l’obiettivo di riduzione degli stessi che deve risultare a quello ottenibile
da enti con popolazione analoga a quella dell’ambito individuato.
Analisi che non si sa se siano state effettuate dalla Giunta provinciale e che prevede
l’art. 9 bis.
Con il secondo intervento, che recupera un emendamento già presentato in occasione
della discussione della legge n. 12/2014, si vuole evitare il ripetersi di quanto già accaduto
nel recente passato in tema di gestioni associate, quando a posteriori si è potuto verificare
che i costi del servizio gestito in forma associata erano superiori a quelli del medesimo
servizio gestito dai singoli Comuni.
Più in generale si osserva come qualsiasi progetto che preveda l’erogazione di servizi
richieda una previa analisi concernente i costi e l’efficacia, che ovviamente dipendono
strettamente dall’organizzazione che s’intende dare ai servizi medesimi.
Nel caso specifico pare evidente all’interrogante che l’individuazione dei singoli
ambiti associativi debba essere preceduta da un’analisi tecnico finanziaria finalizzata a
provare l’economicità e l’efficienza della gestione, così da evitare di ricadere negli errori già
commessi nel recente passato.
La norma è già stata presentata sotto forma di emendamento in occasione della
discussione della legge 12/2014 e bocciata.
In suo luogo la Giunta aveva presentato un emendamento con cui è stata introdotta
l’analisi finanziaria cui sopra si è fatto riferimento.
Trattasi però di analisi molto diverse.
Con quella da noi proposta si vuole subordinare l’individuazione degli ambiti alla
prova che i servizi resi in forma associata avranno un costo inferiore (o comunque non
superiori) a quelli resi dai singoli Comuni e che l’efficienza del servizio sarà migliorata (o
comunque non peggiorata).
Con quella oggi prevista in legge, invece, si prevede di ridurre la spesa così da
corrispondere a quella sostenuta da enti con popolazione analoga.
E ciò a prescindere da una preventiva analisi di carattere tecnico-organizzativo, ma
semplicemente sulla base della consistenza della popolazione degli ambiti individuati dalla
Giunta, che ovviamente possono presentare (e di regola presentano) caratteristiche ben
diverse da quella degli enti con popolazione equivalente cui fa riferimento la legge.
Con la conseguenza che, attesa la diversità dei contesti, i risparmi di spesa determinati
dalla Giunta a tavolino potrebbero anche non essere raggiunti se non a scapito della qualità
dei servizi resi ai cittadini.
Alla norma testé esposta, si collegano altre due norme (già presentate sotto forma di
emendamento in occasione della discussione della legge n. 12 /2014):
a) la non obbligatorietà della gestione associata per i Comuni in grado di provare di
poter continuare a svolgere i propri compiti a costi inferiori rispetto a quelli previsti per la
gestione associata;
b) la possibilità di derogare all’unicità della gestione associata per i compiti e le
attività relativamente ai quali i Comuni comprovino che la gestione in forma associata,
estesa all’intero ambito associativo, pregiudica l’efficienza e l’economicità nello
svolgimento di alcuni compiti ed attività (gestione associata a geometria variabile).
I proponenti
Cons. Rodolfo Borga
Cons. Claudio Civettini