L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVII n. 44 (47.478)
Città del Vaticano
giovedì 23 febbraio 2017
.
All’udienza generale il Pontefice ricorda che il creato non è proprietà dell’uomo
La difficoltà delle direttive anticipate
Appello per il Sud Sudan
Di fronte
alla propria morte
C’è ancora l’Africa tra le preoccupazioni di Papa Francesco: dopo quello di domenica scorsa per la Repubblica
democratica
del
Congo,
all’udienza generale di stamane,
mercoledì 22 febbraio, il Pontefice
ha lanciato un nuovo appello per il
«martoriato Sud Sudan, dove — ha
ricordato ai fedeli presenti in piazza
San Pietro — a un conflitto fratricida
si unisce una grave crisi alimentare».
Una terribile carestia, ha spiegato,
che non si limita al Paese, ma si
estende a tutta la «regione del Corno d’Africa e condanna alla morte
per fame milioni di persone, tra cui
molti bambini».
Dinanzi a tali «dolorose notizie
che destano particolare apprensione»
il Pontefice ha sottolineato come sia
«più che mai necessario l’impegno
di tutti» affinché la comunità internazionale e quanti hanno responsabilità di governo non si limitino «solo a dichiarazioni», ma rendano
«concreti gli aiuti alimentari» e permettano «che possano giungere alle
popolazioni sofferenti».
In precedenza — dopo aver incontrato in privato trentatré familiari di
sei delle nove vittime italiane della
strage avvenuta a Dakka, in Bangla-
desh nella notte tra il 1° e il 2 luglio
2016 — il Papa aveva tenuto la catechesi settimanale, commentando il
passo della lettera ai Romani «nella
speranza ci riconosciamo tutti salvati» (8, 19-27) e ricavandone una lezione sull’importanza della custodia
del creato. «Spesso — ha detto — siamo tentati di pensare» che esso «sia
una nostra proprietà, un possedimento» da «sfruttare a nostro piacimento e di cui non dobbiamo rendere conto a nessuno». Invece, ha proseguito, l’apostolo Paolo «ricorda
che la creazione è un dono» posto
da Dio «nelle nostre mani».
Purtroppo però, ha osservato
Francesco, «quando si lascia prendere dall’egoismo, l’essere umano finisce per rovinare anche le cose più
belle». In proposito, con un’aggiunta al testo preparato, ha invitato a
pensare in particolare alla difesa delle risorse idriche. «L’acqua — ha ricordato — è una cosa bellissima e
tanto importante: ci dà la vita, ci
aiuta». Eppure «per sfruttare i minerali si contamina l’acqua, si sporca e
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Ferocia
anticristiana
nel Sinai
IL CAIRO, 22. Nuove violenze
contro i cristiani in Medio oriente. I jihadisti del cosiddetto stato
islamico (Is) hanno catturato e
ucciso due cristiani copti nella regione del Sinai. Medhat Hana, 45
anni, è stato bruciato vivo mentre
suo padre, Saad, 65 anni, è stato
ucciso a colpi di arma da fuoco. I
corpi, afferma l’Associated Press,
sono stati ritrovati questa mattina
dietro una scuola nel centro di Al
Arish. I copti rappresentano circa
il dieci per cento della popolazione egiziana. Nel dicembre scorso,
in un attentato contro una chiesa
al Cairo, erano stati uccisi 27 fedeli copti.
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Spiragli
di speranza
in una lunga
crisi
JUBA, 22. Spiragli di speranza
nella crisi sudsudanese. Il presidente del paese africano, Salva
Kiir, si è impegnato ieri a garantire libero accesso alle agenzie
umanitarie in modo che possano
consegnare gli aiuti necessari alla
popolazione. La decisione arriva
dopo che l’Onu ha constatato che
in alcune aree del paese è in atto
una vera e propria carestia, che
sta decimando la popolazione locale. Kiir ha preso l’impegno davanti al parlamento dopo che i
rappresentanti delle Nazioni Unite avevano denunciato che l’esercito di Juba aveva impedito ai loro operatori di raggiungere gli
sfollati nel nord.
Anche il governo è impegnato
ad avviare misure per aiutare le
persone che soffrono di insicurezza alimentare. Kiir ha fatto sapere
che l’esecutivo intende aumentare
i rifornimenti di cibo e tagliare i
prezzi al consumo nelle zone colpite dalla carestia.
Le ragioni profonde di questa
crisi umanitaria vanno ricercate
nella nuova fiammata di violenze
che stanno segnando il paese. Alla fine dell’anno scorso sono riesplosi gli scontri tra gruppi armati. Gli ultimi dati delle Nazioni
Unite dicono che circa 3500 sudsudanesi scappano quotidianamente verso Uganda, Repubblica
Democratica del Congo, Etiopia
e Sudan. Molti di loro sono arrivati in Uganda, che ha accolto
più di 250.000 profughi da quando si è riacceso il conflitto. Le testimonianze raccontano di violenze sui civili da parte di gruppi armati, uccisioni e torture di persone sospettate di sostenere fazioni
opposte, villaggi incendiati, stupri
di donne e ragazze e reclutamento forzato di ragazzi e bambini
costretti a combattere e a uccidere, come riferisce anche l’Unhcr,
l’agenzia dell’Onu per i rifugiati.
Già il Programma alimentare
mondiale (Pam) aveva denunciato
nel dicembre 2016 che a causa
della guerra quattro milioni di
persone — più di un terzo della
popolazione — erano colpiti da
grave carenza alimentare. La malnutrizione era oltre i livelli di
emergenza in sette dei dieci stati.
In quell’occasione, il Pam aveva
sottolineato che gli aiuti non bastano da soli a risolvere la crisi:
serve un accordo politico di lungo respiro.
si distrugge la creazione». E ciò, ha
chiarito, è conseguenza dell’«esperienza tragica del peccato» a causa
della quale «rotta la comunione con
Dio, abbiamo finito per corrompere
la creazione, rendendola schiava,
sottomessa». Con le conseguenze
che sono «drammaticamente sotto i
nostri occhi, ogni giorno» in
quell’ambiente devastato «dove tutto
prima rimandava al Padre creatore e
al suo amore infinito» e che «adesso
porta il segno triste e desolato
dell’orgoglio e della voracità umani». Però, ha assicurato il Papa richiamando il tema della speranza,
nonostante tutto «il Signore non ci
lascia soli e anche in questo quadro
desolante ci offre una prospettiva
nuova di liberazione, di salvezza».
Profughi sudsudanesi (Ap)
di FERDINAND O CANCELLI
pot televisivi, annunci sui
giornali e un sito internet
completamente dedicato a un
soggetto che suscita nel medesimo
tempo una naturale repulsione e
decise reazioni: la fine della vita. Il
ministero della salute francese ha
reso noto di aver avviato una grande campagna di sensibilizzazione e
di educazione sulla morte e sul
morire.
La Francia dispone da tempo di
una legge sulla fine della vita, la
legge Leonetti del 2005 poi divenuta Claeys-Leonetti nel 2016, ma il
testo è ampiamente misconosciuto
dalla popolazione e, cosa ancor più
grave, anche da parecchi medici. I
risultati sono sotto gli occhi soprattutto di coloro che di fine vita più
si occupano: i medici palliativisti.
La campagna ideata dal Centro nazionale di cure palliative e del fine
vita (www.soin-palliatif.org) vorrebbe colmare una lacuna culturale e
portare i francesi a riflettere sulla
fine della loro vita, sulla medicina
palliativa, a comprendere che cos’é
la sedazione, che cosa sono le direttive anticipate e a imparare a
scriverle.
In un paese come la Francia dove spesso si sono alzate le voci di
chi chiede il diritto ad abbreviare
la propria vita ci si scopre ignoranti e impauriti di fronte alla morte e
alle possibilità che la medicina offre a chi vi si trova di fronte, e questo a distanza di anni dall’approvazione di un’articolata e buona legge sul fine vita, una legge che ha
inciso così scarsamente sulla popolazione che a oggi sono pochissimi
coloro che hanno redatto delle direttive anticipate, ancor meno quelli che le hanno scritte in modo corretto e comprensibile.
La situazione francese non può
non insegnare qualcosa e sarebbe a
S
Tutti i clandestini potranno essere espulsi in qualsiasi momento
Stretta sull’immigrazione negli Stati Uniti
WASHINGTON, 22. Nuove misure
sull’immigrazione dall’amministrazione targata Trump. Ieri il dipartimento per la sicurezza interna ha
emesso alcuni decreti per rafforzare
i controlli e aumentare le espulsioni,
mentre alla Casa Bianca si studia un
nuovo ordine esecutivo. Domani,
giovedì, è atteso in Messico il segretario di stato, Rex Tillerson, che
cercherà — stando a quanto recitano
i comunicati ufficiali — di far calare
la tensione diplomatica e promuovere relazioni «rispettose e costruttive
tra i due paesi».
Il segretario alla sicurezza interna,
John Kelly, ha emanato ieri due
nuovi decreti per dare un drastico
taglio al numero dei migranti illegali, ponendo a rischio di espulsione
quasi la metà degli 11 milioni di
stranieri privi di documenti che si
stima vivano negli Stati Uniti. Le
nuove regole prevedono esplicitamente che le pattuglie di frontiera e
gli agenti dell’immigrazione espellano il più rapidamente possibile gli
immigrati clandestini. Con la precedente amministrazione Obama, erano espulsi soltanto gli immigrati
clandestini accusati di reati gravi o
che costituivano una minaccia per la
sicurezza nazionale. Ora invece basteranno semplici reati per far scattare la procedura. Sono stati inoltre
modificati anche i tempi delle espulsioni, che vengono accorciati.
«L’aumento dell’immigrazione illegale alla frontiera sud ha creato
una significativa vulnerabilità nella
sicurezza nazionale» si legge nel testo firmato dal segretario Kelly. Non
solo, spiega il documento, «saranno
perseguiti gli immigrati senza documenti con reati violenti a carico»,
ma anche «chi abbia abusato dei
sussidi pubblici, commesso reati mi-
nori, e che a giudizio dell’agente
dell’immigrazione possa rappresentare un rischio per la sicurezza pubblica e nazionale». Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca, ha detto
che «tutti coloro che sono illegalmente negli Stati Uniti potranno essere espulsi in qualsiasi momento».
A parte chi abbia commesso crimini,
che sono la priorità, chiunque non
abbia un permesso potrà essere incarcerato o rispedito immediatamente in patria, in attesa di un’udienza
in tribunale. «Con eccezioni estremamente ridotte, il ministero non
escluderà classi o categorie di persone da rimandare in patria» perché
«tutti coloro che hanno violato la
legge sull’immigrazione sono soggetti alle procedure di legge, fino
all’espulsione» ha specificato il ministero. Delle indicazioni in vigore
durante l’amministrazione Obama
resta solo una cosa: le tutele esistenti per i cosiddetti dreamers, ossia gli
immigrati che entrano illegalmente
nel paese come bambini e che crescono negli Stati Uniti.
Kelly ha anche disposto l’inizio
della progettazione e della costruzione del muro con il Messico. Il
governo ha indicato tre luoghi prioritari per cominciare la costruzione:
El Paso, in Texas; Tucson, in Arizona; El Centro, in California.
Migrazioni e politiche economiche
Sfida
all’umanità
PIETRO PAROLIN
A PAGINA
5
dir poco superficiale lasciare scorrere quanto sta avvenendo al di là
delle Alpi senza farne tesoro. A furia di parlare di diritti il rischio è
quello che nessuno o quasi si occupi dei contenuti e della loro reale
portata, arrivando alla situazione
paradossale di scrivere una legge
mediocre o, se buona, destinata a
essere poco compresa o, peggio,
mal applicata.
Chi si occupa di cure palliative
sa che scrivere una direttiva anticipata di trattamento è cosa molto
difficile. Quando ero chef de clinique in una grande unità di medicina palliativa di un ospedale universitario svizzero mi è capitato spesso
di assistere a un esercizio che il primario chiedeva a tutti gli specializzandi di fare almeno una volta:
scrivere le proprie direttive anticipate. Io stesso mi sono cimentato
con l’esercizio e non sono mai arrivato a redigere una forma di direttiva che, riletta dopo qualche tempo, mi lasciasse soddisfatto e tranquillo: troppi punti difficili da prevedere, troppe affermazioni generiche o al contrario troppo precise
per situazioni sconosciute quando
si è sani, troppe variabili ignote.
Anche affermazioni come “non
vorrei essere idratato o nutrito in
caso fossi affetto da una malattia
inguaribile in fase avanzata o terminale” lasciano aperte molte domande. Quale sarà esattamente la
mia prognosi in quel momento?
Chi avrò vicino sarà contento davvero della mia scelta? E se magari
un minimo di idratazione mi assicurasse più comfort senza allungarmi la vita ma eliminando un sintomo come la nausea?
Il fatto che pochi abbiano scritto
le proprie direttive anticipate anche
in paesi che offrono la possibilità
di farlo fa riflettere e mette al riparo da illusioni. Tali strumenti non
sono inutili ma senza una serena
svolta culturale e una profonda e
pacata conoscenza del soggetto potrebbero rivelarsi insufficienti.
La morte «proprio come il sole
non si lascia guardare in faccia»
scriveva La Rochefoucauld. Ma almeno si potrebbe provare a parlare
per tempo e con professionalità degli sforzi umani per starle di fronte. Soltanto allora diritti e obblighi
diventerebbero più chiari e più
condivisi.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di Ausiliare
dell’Arcidiocesi di Lille (Francia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Gérard Coliche, Vescovo titolare di Alet.
Manifestazione a New York contro i provvedimenti sull’immigrazione (Reuters)
Nomina di Arcivescovo
Coadiutore
Cordoglio del Papa per la morte
del cardinale Connell
Un telegramma di cordoglio per la
morte del cardinale irlandese
Desmond Connell — scomparso nella
notte tra il 20 e il 21 febbraio — è
stato inviato da Papa Francesco a
monsignor Diarmuid Martin,
arcivescovo di Dublino. Ne
pubblichiamo di seguito una
traduzione italiana.
Mi ha profondamente rattristato
apprendere della morte del cardinale Desmond Connell, ed estendo
le mie sentite condoglianze a lei e
al clero, ai religiosi e ai fedeli laici
dell’arcidiocesi. Ricordando con
gratitudine gli anni di generoso
ministero sacerdotale ed episcopale
all’arcidiocesi di Dublino del Cardinale Connell, e i suoi numerosi
contributi alla Chiesa in Irlanda,
specialmente nell’ambito degli studi filosofici, mi unisco a voi
nell’affidare la sua anima all’amore
misericordioso di Dio Onnipotente. Nella sicura speranza della Risurrezione, imparto di cuore la mia
benedizione apostolica a quanti
piangono il defunto cardinale, come pegno di consolazione e di pace nel Signore Gesù.
FRANCESCO
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo
Coadiutore
di
Montes Claros (Brasile) Sua
Eccellenza Monsignor João Justino de Medeiros Silva, finora
Vescovo titolare di Tullia e Ausiliare dell’Arcidiocesi di Belo
Horizonte.
Nomina di Vescovo
Ausiliare
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Lille (Francia) il Reverendo Monsignore Antoine Hérouard, fino ad ora Rettore del
Pontificio Seminario Francese
di Roma, assegnandogli la sede
titolare di Maillezais.
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 23 febbraio 2017
Merkel cerca
una nuova
strategia
sull’immigrazione
Tobruk annuncia una commissione per valutare l’intesa di Skhirat
Segnali di apertura
sul futuro della Libia
BERLINO, 22. Dopo l’annullamento del viaggio in Algeria a causa
di un malore del capo di stato algerino Abdelaziz Bouteflika, il
cancelliere tedesco Angela Merkel
ha avuto ieri un colloquio telefonico con il primo ministro Abdelmalek Sellal. Lo ha riferito il portavoce del cancelliere, Steffen Seibert, precisando che Merkel ha
apprezzato l’azione diplomatica
dell’Algeria per la risoluzione della crisi libica. Al centro del colloquio tra i due capi di governo, però, ci sono state questioni relative
alle migrazioni e alla sicurezza.
Temi sui quali è stata auspicata
una intensificazione dei progetti
di collaborazione bilaterale.
Di fatto, l’esecutivo tedesco ha
sottolineato più volte in questi ultimi mesi la necessità di rafforzare
la cooperazione con i paesi africani per risolvere alla radice il problema dell’immigrazione. Ieri,
sempre su questo piano, il governo Merkel ha approvato un pacchetto di misure che inasprisce il
regime delle espulsioni. Saranno
quindi più facili le procedure per
l’espatrio dei soggetti ritenuti pericolosi, mentre chi rilascia informazioni false sulla propria identità
e sul paese di origine potrà essere
duramente sanzionato. Inoltre ai
dipendenti del Bamf (l’ente che si
occupa di migranti e i profughi)
sarà possibile controllare cellulari
dei richiedenti asilo.
La questione della gestione della sicurezza in luoghi dove si trovano molti migranti è tornata di
attualità proprio in queste ore anche in Svezia. Disordini sono infatti scoppiati a Rinkeby, un sobborgo alla periferia di Stoccolma
abitato prevalentemente da immigrati, dopo che alcuni agenti hanno arrestato una persona sospettata di traffico di stupefacenti. Secondo la polizia, persone non
identificate, alcune delle quali col
volto coperto da maschere, hanno
lanciato pietre contro gli agenti,
hanno dato alle fiamme alcune
auto e hanno saccheggiato negozi.
Un agente, colpito da una pietra,
è rimasto ferito, ma non sono stati
eseguiti arresti. Un poliziotto ha
dovuto fare ricorso alla pistola
non per sparare colpi d’avvertimento, ma perché si è trovato «in
una situazione che richiedeva che
usasse la sua arma da fuoco».
Intesa tra Noc e Rosnet per l’esplorazione e la produzione del greggio
Mani russe sul petrolio libico
TRIPOLI, 22. Il Cremlino guarda
sempre più al nord Africa, e in particolare alla Libia. La compagnia
petrolifera statale Rosneft ha firmato ieri un accordo con la Noc libica,
la società energetica nazionale. In
un paese diviso e senza un governo
nazionale nel pieno dei suoi poteri,
la Russia cerca quindi nuove opportunità economiche e politiche.
Negli ultimi mesi — come rilevano gli analisti — il ruolo di Mosca
in Libia è notevolmente cresciuto. Il
Cremlino ha dato segnali chiari in
sostegno di uno dei maggiori protagonisti nella divisione libica, il generale Khalifa Haftar, a capo di un
autoproclamato esercito nazionale
che opera soprattutto nell’est. Durante l’estate Haftar ha conquistato
il controllo delle installazioni petrolifere della Cirenaica, prima nelle
mani di milizie locali. A novembre
il generale si è recato a Mosca per
incontrare i vertici del governo.
Insieme all’Egitto, la Russia sta
cercando di giocare un ruolo di mediazione tra Haftar e il governo di
Tripoli — nato dagli accordi di Skhirat sotto l’egida dell’Onu — presieduto da Al Sarraj con sede a Tripoli. Un incontro tra i due leader rivali al Cairo è fallito. Al Sarraj stesso
ha dichiarato domenica di sperare
in un aiuto russo per riavvicinare le
parti.
L’accordo con la Noc sembra
dunque segnare un nuovo passo in
avanti nel protagonismo internazionale del Cremlino. «Abbiamo bisogno dell’assistenza e degli investimenti delle grandi compagnie petrolifere internazionali per raggiungere
i nostri obiettivi di produzione e
stabilizzare la nostra economia» ha
detto Mustafa Sanalla, presidente
della Noc.
Quello petrolifero è un settore
chiave dell’economia libica e la
compagnia energetica nazionale è
forse — come ricordano molti commentatori — l’unica istituzione del
paese a svolgere in questi mesi un
ruolo unificatore nell’instabilità ge-
È l’ex primo ministro Mohamed Abdullahi
S’insedia il presidente somalo
MO GADISCIO, 22. Si è insediato in Somalia il nuovo
presidente, l’ex primo ministro Mohamed Abdullahi,
che ha vinto le elezioni dell’8 febbraio scorso. «Per la
Somalia è l’inizio dell’era dell’unità, della democrazia
e della lotta contro la corruzione», ha dichiarato Abdullahi, l’uomo su cui la comunità internazionale punta per avviare quel difficile processo di stabilizzazione
in un paese che si basa sui clan, dove sulle istituzioni
— indicano gli analisti — prevale sempre l’appartenenza a una tribù. Uno dei pochi stati al mondo dove
più della metà della popolazione non ha abbastanza
da mangiare. Un compito, quindi, molto complesso
per Abdullahi, premier dal 2010 al 2011, che si troverà
a guidare un paese in perenne stato di guerriglia dal
1991, quando venne meno la dittatura di Siad Barre, e
alle prese con il dilagante fenomeno della corruzione.
Tra le sfide del nuovo presidente c’è anche il problema dei rifugiati, un milione quelli interni, più centinaia di migliaia presenti nel campo di Dadaab, in Kenya, che chiuderà fra qualche mese.
Accordo sui taxi
Scontri tra polizia e manifestanti nel centro di Roma (Ansa)
quindi interrotto la protesta. Intesa
raggiunta anche per gli ambulanti,
che hanno visto slittare l’applicazione delle norme contestate. «Noi
dialoghiamo sempre — ha detto il
presidente del consiglio Paolo Gentiloni — ma non se si usa la violenza
e si colpiscono i cittadini».
La sollevazione dei tassisti è scattata il 16 febbraio contro il decreto
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GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Milleproroghe che, a loro avviso,
deregolamenta il settore favorendo il
servizio degli ncc e in particolare
Uber, lasciando quindi campo aperto agli abusivi. Gli ambulanti criticavano invece un aspetto della direttiva europea Bolkenstein, approvata nel 2006, ossia l’obbligo di
messa al bando delle concessioni in
scadenza di spazi pubblici.
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Un momento della cerimonia di insediamento di Abdullahi (Ansa)
Fermati
in Francia
tre sospetti
terroristi
Dopo le violente proteste a Roma contro il decreto Milleproroghe
ROMA, 22. Giornata di scontri e altissima tensione, ieri a Roma, per la
protesta dei tassisti e degli ambulanti. Il bilancio della giornata è di
quattro agenti e tre manifestanti feriti, quattro fermi. In serata raggiunto l’accordo col governo.
La manifestazione è iniziata al
mattino, bloccando tutta la città.
Poco prima di mezzogiorno i dimostranti hanno incontrato il sindaco
di Roma, Virginia Raggi. A tarda
mattinata il corteo ha raggiunto la
sede del Partito democratico in via
Sant’Andrea delle Fratte, per poi dirigersi a Montecitorio, davanti alla
camera dei deputati. Qui, verso le
16, la situazione è precipitata: dopo
tafferugli e l’esplosione di sei bombe carta sono scattate diverse cariche della polizia. In serata, dopo
cinque ore di confronto serratissimo
è arrivato l’accordo tra governo e
sindacati del trasporto pubblico.
L’esecutivo si è impegnato a varare
entro trenta giorni una nuova regolamentazione del settore. Si rivedranno le regole di ingaggio degli
ncc (noleggio con conducente) che
oggi possono operare come dei tassisti, creando cooperative e servendo
territori più ampi di quanto disposto in origine. I sindacati hanno
nerale e a lavorare con ogni attore
sul campo. Il suo presidente Sanalla, dopo mesi di negoziati con milizie, tribù e clan locali, è riuscito a
far ripartire l’attività nei giacimenti
dell’Ovest e a collaborare con Haftar, che controlla le installazioni
dell’est, anche se quest’ultimo in un
primo momento aveva tentato di
vendere indipendentemente il greggio all’estero.
TRIPOLI, 22. Si cominciano a vedere alcuni segnali di svolta nello stallo politico tra Tripoli e Tobruk che
paralizza di fatto la Libia a sei anni
dalla caduta del colonnello Muammar Gheddafi. Il presidente del
parlamento di Tobruk, Agilah Saleh, rivale del premier del governo
di unità nazionale di Tripoli nato
sotto l’egida delle Nazioni Unite,
Fayez Al Sarraj, ha annunciato la
formazione «al più tardi la prossima settimana» di una commissione
per valutare «i possibili emendamenti» all’accordo nazionale firmato a Skhirat in Marocco a dicembre
del 2015.
L’intesa, mai ratificata dalle autorità di Tobruk, certifica la legittimità del parlamento libico di Tripoli,
l’unico a essere riconosciuto dalla
comunità internazionale. Una modifica dell’intesa di concerto con le
autorità della Cirenaica, potrebbe
aprire la strada a un negoziato tra
le parti, primo passo per raggiunge-
PARIGI, 22. Tre uomini, sospettati
di progettare un attentato, sono
stati arrestati a Clermont-Ferrand,
a Marsiglia e nella regione parigina dai servizi dell’anti-terrorismo
francese. «I sospetti avevano un
piano ed era così avanzato che gli
agenti di polizia della direzione
per la sicurezza interna hanno deciso il loro arresto», ha riferito
una fonte.
La Francia, ancora sottoposta
allo stato di emergenza dopo gli
attentati jihadisti del novembre
del 2015, deve affrontare quotidianamente una minaccia terrorista
considerata «molto elevata». Lo
scorso 3 febbraio, un egiziano di
ventinove anni ha aggredito armato di machete alcuni militari di
pattuglia al museo del Louvre.
L’uomo si è scagliato sui membri
delle forze dell’ordine gridando
slogan islamisti. Una settimana
più tardi, i servizi anti-terrorismo
hanno arrestato nel sud del paese,
quattro persone, tra cui un’adolescente, sospettata di voler effettuare un attacco «imminente».
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
re una tregua prima e poi un accordo di pace.
La dichiarazione di Agilah Saleh
è stata dunque interpretata come
un tentativo di aprire un dialogo
tra Tripoli e Tobruk, città principale della regione orientale della Cirenaica controllata di fatto dal generale Khalifa Haftar, oppositore di
Al Sarraj e sostenuto, tra gli altri,
da Egitto e Francia. «La commissione lavorerà con i paesi vicini e le
Nazioni Unite per trovare una soluzione alla crisi libica», ha riferito il
portavoce delle autorità di Tobruk,
Abdulah Blahak, senza fornire ulteriori dettagli sulle eventuali modifiche da apportare all’accordo attualmente in vigore.
L’annuncio giunge dopo la firma
di una dichiarazione congiunta con
la quale si è conclusa la riunione
dei ministri degli esteri di Tunisia,
Algeria ed Egitto che si è tenuta a
Tunisi per fare il punto sulla situazione libica. I tre capi della diplomazia si sono scambiati informazioni sui risultati raggiunti e sui contatti stabiliti dai rispettivi paesi con
le parti libiche in conflitto, in vista
di una soluzione politica della crisi
in Libia. La dichiarazione di Tunisi
è parte integrante dell’iniziativa diplomatica lanciata dal presidente,
Béji Caïd Essebsi, che è intenzionato a trovare un’intesa regionale alla
crisi. Il testo prevede alcuni punti
fondamentali che riguardano principalmente iniziative in grado di «garantire la sovranità della Libia», rifiutando «qualsiasi intervento militare o straniero e sostenendo il dialogo e l’unità delle istituzioni civili
libiche, compresa la salvaguardia
dell’unità dell' esercito, secondo gli
accordi politici, unico incaricato per
la sicurezza dello stato e la lotta al
terrorismo e immigrazione».
Il documento congiunto sarà valutati dai collaboratori dei presidenti di Tunisia, Algeria ed Egitto prima di essere presentato al prossimo
vertice tripartito che si terrà ad Algeri, in data ancora da definire.
L’accordo sarà la base per intensificare il dialogo dopo le consultazioni tra le parti libiche e le Nazioni
Unite e verrà inoltre notificato alla
Lega araba e all’Unione africana.
Avvertimento di Juncker al premier britannico
Costerà caro
uscire dall’Ue
BRUXELLES, 22. A poche settimane
dalla notifica ufficiale dell’uscita
della Gran Bretagna dall’Unione
europea (Ue), il presidente della
Commissione europea, Jean-Claude
Juncker, ha detto che le autorità di
Londra «dovranno pagare un conto
salato». Ci sarà «un negoziato difficile e non sarà a costo zero. Dovranno rispettare gli impegni presi», ha ammonito Juncker.
Il premier britannico Theresa
May presenterà la richiesta di uscita
a marzo, forse al vertice che si terrà
dal 9 al 10 a Bruxelles. Ma per definire i dettagli servirà molto tempo, ha detto Juncker. Quanto alle
condizioni richieste finora da Londra, ha ribadito il presidente della
Commissione europea, «chi vuole
godere dei vantaggi del mercato
unico dovrà rispettare la libera circolazione dei lavoratori».
La Brexit tuttavia è solo una delle questioni cui in questa fase deve
far fronte l’Ue. L’Europa è «alle
prese con una poli-crisi», ha ammesso Juncker parlando davanti al
parlamento belga. Saranno dunque
diversi i temi all’ordine del giorno
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dell’incontro che Juncker avrà oggi
con il cancelliere tedesco Angela
Merkel a Berlino. Il presidente della Commissione europea ha spiegato di essere «favorevole a un ricorso
più frequente a cooperazioni rafforzate» tra gli stati. Quindi l’idea di
una «Europa a più velocità» proposta da Merkel potrebbe essere una
possibile via d’uscita dall’impasse,
anche per la crescita in diversi paesi
di movimenti e partiti contrari
all’Ue che mettono a rischio la sopravvivenza stessa della costruzione
comunitaria.
Juncker sta intanto lavorando
con la sua commissione alla redazione di un libro bianco per rilanciare l’Unione. Servono nuove politiche sociali, ammonisce il presidente, «un’esigenza per ridurre il fossato enorme tra Europa e cittadini».
Inoltre, aggiunge, serve portare
avanti progetti come la difesa comune che è «essenziale». La porta
sembra invece chiusa per le proposte più ambiziose, come quelle relative a un bilancio comune, a un ministro delle finanze dell’Unione europea e a un fondo monetario.
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L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 23 febbraio 2017
pagina 3
L’Is risponde con una serie di attentati
Truppe di Baghdad
avanzano su Mosul
BAGHDAD, 22. Sempre più cruenta
la battaglia a Mosul, dove le forze
irachene, supportate dalla coalizione
internazionale a guida statunitense,
affrontano i jihadisti del cosiddetto
stato islamico (Is). Nelle ultime ore
le truppe di Baghdad hanno lanciato una pesante offensiva a sud della
città riconquistando alcune posizio-
L’opposizione
siriana
ai colloqui
di Ginevra
DAMASCO, 22. Mentre a Damasco
proseguono i combattimenti tra
governativi e ribelli, s’intensifica
l’azione diplomatica per risolvere
la crisi siriana. Domani a Ginevra
si apre una nuova fase dei negoziati sotto l’egida dell’Onu, alla
quale dovrebbero prendere parte
delegazioni del governo di Assad
e dei gruppi di opposizione.
L’obiettivo è quello di raggiungere un accordo per prolungare la
tregua già in atto in diverse aree
del paese, quelle non sotto il
controllo dello stato islamico
(Is).
Ieri il cosiddetto “Gruppo di
Mosca”, delegazione che rappresenta una buona fetta dei ribelli,
ha annunciato che parteciperà ai
colloqui di Ginevra e che ha già
formato la sua delegazione. A
dare l’annuncio è stato il capo
del Fronte popolare per il cambiamento e la liberazione (leader
del Gruppo) Qadri Jamil alla
Tass. «Abbiamo formato una delegazione su richiesta dell’inviato
speciale per la Siria Staffan de
Mistura. Sarà formata da tre negoziatori e due consiglieri», ha
spiegato.
Polemiche ha suscitato la decisione di de Mistura di non invitare i curdi. Secondo il Cremlino,
così facendo «de Mistura non ha
rispettato la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite che prevede la presenza di
tutti i gruppi di opposizione siriani ai colloqui ». Era stata Ankara, nei mesi scorsi, a porre un
veto sulla partecipazione dei curdi ai colloqui.
E intanto, lo stesso Cremlino
ha comunicato che a Raqqa —
dove è in corso una vasta offensiva contro l’Is — Russia e Stati
Uniti «volendo potrebbero iniziare anche subito operazioni
congiunte». Lo ha detto il ministro della Difesa russo Serghei
Shoigu sottolineando che a Raqqa «non vi sono contraddizioni,
sappiamo benissimo chi c’è lì».
ni chiave. I miliziani di Al Baghdadi hanno risposto con una serie di
attentati.
La situazione è in piena evoluzione. Come detto, le forze irachene
hanno consolidato la loro posizione
nella zona sud di Mosul e sperano
di completare in tempi brevi la liberazione della area occidentale della
città, ancora nelle mani dell’Is. Dopo aver conquistato una quindicina
di villaggi e aver lanciato l’assedio
all’aeroporto, l’esercito iracheno si
dice ottimista sull’esito della grande
offensiva (cominciata lo scorso 17
ottobre) contro i jihadisti. Il generale di brigata Al Abbas Juburi ha
confermato la volontà dalle prossime ore di avanzare ulteriormente e
ha auspicato la rapida liberazione
della parte occidentale della città
dove ci sarebbero in ostaggio tra i
650.000 e i 750.000 civili, tra cui
molti bambini.
Intanto, è di almeno nove morti il
bilancio di una serie di attentati
sferrati ieri dall’Is nella zona orientale della città. Secondo la ricostruzione fornita dai media locali, un
Militare israeliano
condannato
per l’uccisione
di un palestinese
TEL AVIV, 22. Il soldato israeliano
Elor Azaria è stato condannato a
18 mesi di carcere per l’omicidio
colposo di Abdel Fatah al Sharif,
il palestinese che dopo aver accoltellato un altro militare è stato
colpito a morte quando era già a
terra ferito.
I fatti sono avvenuti a Hebron
nel marzo del 2016. Il soldato si è
sempre difeso sostenendo di temere che al Sharif indossasse un corpetto esplosivo. «L’accusato — ha
invece sentenziato la giudice Maya Heller — ha colpito un terrorista senza alcuna giustificazione.
Ciò in contrasto con un valore supremo, quello della vita». La giuria gli ha però riconosciuto diverse attenuanti, fra queste, la situazione complessa in cui quel giorno si era venuto a trovare dopo
l’attacco palestinese, e una certa
disorganizzazione da parte dei
suoi superiori diretti.
La sentenza è stata criticata dalla famiglia di al Sharif: «È stata
un’uccisione a sangue freddo»,
hanno insistito i congiunti della
vittima. Azaria, hanno aggiunto,
ha ricevuto «meno di quanto un
ragazzino palestinese prende per il
lancio di pietre».
La vicenda ha scosso lo schieramento politico israeliano. Il premier Benyamin Netanyahu si è
espresso a favore della grazia.
Pechino determinata ad applicare
le sanzioni alla Corea del Nord
PECHINO, 22. La Cina è determinata
ad applicare le sanzioni delle Nazioni Unite contro la Corea del Nord.
Lo ha chiarito ieri il ministro del
commercio cinese, Gao Hucheng,
dopo che il governo di Pechino ha
annunciato la decisione di sospendere tutte le importazioni di carbone
dalla Corea del Nord in risposta
all’ultimo test missilistico.
Gao ha spiegato che il bando alle
importazioni di carbone, una delle
principali fonti di valuta pregiata
per Pyongyang, sarà effettivo fino
alla fine dell’anno ed è stato deciso
in esecuzione di una risoluzione del
consiglio di sicurezza dell’Onu del
novembre scorso. Lo scorso anno, il
regime comunista di Pyongyang ha
venduto alla Cina 22,5 milioni di
tonnellate di carbone, il 14,5 per
cento in più rispetto al 2015.
Tradizionale e unica alleata del
riottoso vicino, la Cina ha duramen-
te condannato l’ultimo lancio di un
missile balistico a medio raggio di
Pyongyang verso il mar del Giappone, dopo che i precedenti test nucleari e missilistici avevano portato
Pechino a sostenere l’inasprimento
delle sanzioni nei confronti del regime di Kim Jong-un.
In parallelo, il ministero degli
esteri cinese ha chiesto una ripresa
dei negoziati a sei (le due Coree,
Giappone, Russia, Stati Uniti e Cina) per «rompere il circolo vizioso»
tra test nucleari e missilistici nordcoreani e la risposta internazionale
con le sanzioni economiche.
Anche la Russia, altro storico alleato di Pyongyang, ha condannato
il test missilistico, sostenendo che si
è trattato di una «dimostrazione di
disprezzo» verso le risoluzioni del
consiglio di sicurezza dell’Onu. Nel
2016, la Corea del Nord ha condotto
una ventina di test missilistici.
drone controllato dall’Is ha lanciato
un razzo contro un gruppo di scolari nella zona di Karaj Al Shamal,
uccidendo due di loro. Altre tre persone sono morte quando un secondo drone ha bombardato una zona
vicina a quella del primo attacco.
Inoltre altre quattro persone, tra cui
un bambino, hanno perso la vita in
seguito ad altri attacchi sempre nella parte orientale di Mosul.
Sul terreno, c’è da registrare anche l’escalation di operazioni lanciate da Ankara. L’aviazione turca ha
compiuto ieri nuovi raid contro
obiettivi del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan iracheno, considerato terrorista da Ankara) nel
sud-est della Turchia e nel nord
dell’Iraq.
Nei bombardamenti, avvenuti
nella provincia di Hakkari e oltreconfine nella regione di Zap, sono
morti almeno 15 ribelli curdi. Nella
stessa zona del sud-est turco — riportano fonti militari — colpi d’artiglieria hanno ucciso altri due presunti combattenti del Pkk.
I bambini soldato sono ancora centinaia di migliaia nonostante i molti liberati
Prigionieri
GINEVRA, 22. Almeno 65.000 bambini sono stati liberati da forze e
gruppi armati negli ultimi dieci anni. Di questi, più di 20.000 erano
bambini della Repubblica Democratica del Congo, 9000 della Repubblica Centrafricana, oltre 1600 del
Ciad e quasi 1500 nello Yemen. Lo
ha reso noto l’Unicef, in occasione,
ieri, del decimo anniversario della
Conferenza degli impegni di Parigi
per porre fine all’uso dei minori nei
conflitti armati.
Nonostante la difficoltà di avere
dati esatti sul numero di bambini
reclutati nei conflitti armati, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia stima che centinaia di migliaia
di ragazzi e ragazze di età inferiore
ai 18 anni sono utilizzati nei conflitti in tutto il mondo. La prossima
conferenza ministeriale di Parigi
per la protezione dei bambini nei
conflitti armati esaminerà alcuni temi importanti: il rilascio incondizionato di tutti i bambini, senza eccezione, e la fine al reclutamento
dei minori; maggiori risorse per
aiutare il reintegro e l’educazione
dei bambini che sono stati rilasciati
e un’azione urgente per proteggere
i bambini sfollati, rifugiati e migranti.
Rapporto di Amnesty International sui diritti umani
Un mondo devastato dalle divisioni
ROMA, 22. Le divisioni stanno provocando «un mondo martoriato da
una distruzione di vita e beni senza
precedenti negli ultimi settant’anni».
Questo il bilancio del rapporto 20162017 di Amnesty International sui diritti umani presentato ieri a Roma,
una fotografia dolorosa di un mondo che sta tornando indietro, dove
prevalgono l’incapacità dei leader di
Siglati accordi
economici
tra Cina e Italia
PECHINO, 22. I rapporti tra Cina
e Italia vanno coltivati e approfonditi sempre di più, tanto più
nell’anno in cui l’Italia ospita le
celebrazioni dei trattati internazionali, il G7 e siede nel consiglio di sicurezza dell’Onu. Questo il punto centrale del messaggio espresso oggi dal presidente
della Repubblica italiana, Sergio
Mattarella, nel colloquio con il
presidente cinese Xi Jinping. I
due paesi hanno poi firmato tredici accordi, che rappresentano
un valore di cinque miliardi e
aprono prospettive economiche
strategiche per gli anni a venire.
I principali accordi riguardano la
coproduzione di navi da crociera
e le procedure tra le aree doganali di Genova e di Ningbo per
snellire i tempi dell’export.
gestire la crisi dei rifugiati, un linguaggio politico improntato sempre
più all’odio, la repressione brutale
del dissenso, le persecuzioni contro i
cristiani, ma anche contro altre minoranze religiose ed etniche.
Un quadro, dunque, tutt’altro che
positivo. «Ci sono stati crimini di
guerra in almeno 23 paesi nel mondo, con la comunità internazionale
che sembra disinteressata o impotente», si legge nel rapporto, mentre
continuano i conflitti in decine di
paesi. Il rapporto ricorda, tra l’altro,
la distruzione di Aleppo, ospedali
compresi, i 75.000 rifugiati intrappolati nel deserto tra Siria e Giordania,
l’uso di armi chimiche in Darfur, la
fuga di decine di migliaia di persone
dal Sud Sudan, le drammatiche con-
Arrestati in India
trafficanti di minori
NEW DELHI, 22. I responsabili di
un centro di adozione indiano sono
stati arrestati con l’accusa di avere
venduto almeno diciassette bambini
— tra i 6 mesi e i 14 anni di età — a
coppie straniere di Europa, Stati
Uniti e Asia, per somme che vanno
dagli 11.500 ai 22.000 euro.
L’operazione di polizia ha interessato la zona del Bengala occidentale. In manette — informa
l’agenzia di stampa Afp — sono finiti Chandana Chakraborty, direttore del centro Bimala Sishu Griha e
il suo numero due, Sonlai Mondal.
Il centro di adozione — indicano
fonti della polizia del Bengala —
era tenuto sotto controllo dal mese
di giugno dalle forze dell’ordine,
dopo che i servizi di protezione
dell’infanzia avevano constatato numerose divergenze nei loro registri.
In India ci sono circa 30 milioni
di orfani, ma le regole per le ado-
zioni da parte di coppie straniere
sono molto rigide. Inoltre, ricordano gli analisti, le adozioni da parte
di coppie locali sono rare.
Nel 2014, solo 4362 bambini sono
stati adottati legalmente in India e
solo 3677 nel 2015. La complessità e
la lentezza burocratica non fanno
altro che fare rivolgere gli aspiranti
genitori al mercato illegale delle
adozioni. Il “commercio” di minori
ai fini di adozione, infatti, rappresenta un business molto redditizio
per personaggi senza scrupoli e per
la malavita locale, che, tra l’altro, si
è organizzata in vere e proprie
agenzie di mediazione, le quali
mettono in contatto le coppie di
genitori in cerca di un figlio e coloro che sono disposti a cedere i propri. Già da mesi il governo di New
Delhi ha confermato il drastico aumento nel paese del traffico di
bambini.
dizioni di vita in Myanmar dei
rohingya, a detta dell’Onu la minoranza etnica più perseguitata al
mondo. L’uso della tortura, prosegue il documento di Amnesty international, è presente in metà degli
stati mondiali e le pene capitali sono
in drastico aumento.
Lo scorso anno ha visto anche la
nascita di regimi autoritari in paesi
democratici. «Stiamo tornando indietro, dobbiamo agire» spiegano gli
esperti dell’organizzazione umanitaria. Il 2016 è stato l’anno in cui il cinico uso della retorica del «noi contro loro», basata su demonizzazione,
odio e paura, ha raggiunto livelli
che non si vedevano dagli anni
Trenta, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. Inoltre, un numero sempre
più elevato di politici sta rispondendo ai legittimi timori nel campo economico e della sicurezza con una
pericolosa e divisiva manipolazione
delle politiche identitarie, allo scopo
di ottenere consenso.
Al centro della denuncia vi è la
crisi dei rifugiati, che desta molte
preoccupazioni internazionali. In
più occasioni sono stati registrati casi di rimpatri forzato verso paesi in
cui i rifugiati rischiano di subire gravi violazioni dei diritti umani.
Ma tra le ombre emerge anche il
coraggio di chi affronta sfide e minacce e il sacrificio dei difensori di
diritti umani, che, nel 2016, sono
stati uccisi in ben ventidue paesi.
Legge cambogiana
per sciogliere
i partiti politici
PHNOM PENH, 22. Il parlamento
cambogiano ha approvato una
legge che permetterà alla corte suprema di sciogliere partiti dell’opposizione. La legge, votata dai 66
membri del Partito popolare cambogiano (Cpp), del premier, Hun
Sen, dopo che tutti i deputati del
Partito di salvezza nazionale
(Cnrp) per protesta aveva lasciato
l’aula, consentirà alla corte di
sciogliere movimenti politici i cui
leader siano gravati da condanne
penali. Una circostanza che non a
caso si applica al Cnrp, il cui leader Sam Rainsy — condannato per
diffamazione — si è dimesso poche settimane fa, mentre il suo vice, Kem Sokha, è inseguito da accuse considerate politiche dall’opposizione e dalle maggiori organizzazioni per i diritti umani.
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 23 febbraio 2017
Roma, basilica di Santa Pudenziana
Mosaico del catino absidale (fine IV-inizio
V
secolo)
di FABRIZIO BISCONTI
no studio poderoso, dettagliato, si potrebbe dire chirurgico, ha interrogato il
documento musivo paleocristiano più antico di Roma per quanto riguarda la decorazione
degli edifici di culto, se escludiamo cioè i
monumenti funerari, e cioè il mausoleo
Nello
dei Giulii, nella necropoli vaticana e il
mausoleo di Costanza, nel complesso nomentano di Sant’Agnese.
Il catino absidale del titolo di Santa
Pudenziana sull’Esquilino — seppure toccato, come vedremo, da infiniti rifacimenti, restauri e manomissioni di ogni tipo — mantiene prodigiosamente il suo
antico schema iconografico. E questo
prodigio diviene prezioso per l’archeologo della tarda antichità, per lo studioso
dell’architettura paleocristiana, per lo
specialista dell’iconografia e della storia stauri, le interpretazioni, Todi, Tau editridell’arte dell’ultima antichità, in quanto ce, 2016, pagine 330, euro 80), cerca di
testimonianza rara, se non unica, delle sciogliere tutti questi nodi, fronteggiando
manifestazioni figurative di ordine monu- i diversi fronti problematici, ora con gli
mentale dei primi secoli
cristiani, che non ha
niente a che vedere con
Più antico degli schemi decorativi
le balbuzienti decorazioni ad affresco della domus
di Santa Maria Maggiore e di Santa Sabina
ecclesiae di Dura Europos,
di quasi mezzo secolo
ancora del secolo III, né
con il pavimento musivo
il mosaico resta l’unica reliquia
delle aule teodoriane di
di un mondo figurativo oscurato dal tempo
Aquileia, ancora in dialogo con il repertorio classico, già agli esordi del
strumenti topografici, ora con quelli epiIV secolo.
Mancano completamente i progetti de- grafici, ora con quelli puramente iconocorativi degli edifici di culto ideati e fatti grafici, scegliendo un percorso retrospetcostruire dai costantinidi, noti dalle fonti, tivo che guarda alla storia del catino abma anche dai resti archeologici, talora sidale dall’oggi alle origini, ingranando
imponenti, eppure completamente spo- una retromarcia, che si ferma nella secongliati degli apparati iconografici, degli ar- da metà del Cinquecento, nel momento
redi, delle idee figurative che campivano nevralgico della Controriforma, durante
i luoghi privilegiati delle absidi, del presbiterio, delle navate. Ipotesi ricostruttive, attraverso le probabili “copie” dei nuclei figurativi perduti nelle arti minori,
come il caso della traditio legis nella conca absidale del primo San Pietro in Vaticano, rimangono comunque ipotesi.
E allora il mosaico di Santa Pudenziana, più antico quasi di mezzo secolo degli schemi decorativi, in parte conservati,
di Santa Maria Maggiore e di Santa Sabina e di quelli perduti di Sant’Andrea
in Catabarbara e di Sant’Agata dei Goti,
resta l’unica reliquia di un mondo figurativo oscurato. Diventa importante comprendere quanto e cosa c’è di buono in
questo catino e quando e come collocarlo
nel tempo. A queste istanze, hanno cercato di rispondere molte volte gli studiosi, ma le risposte sono state sempre parziali, mai risolutive, mai comprovate,
spesso confutate.
Matteo Braconi, con il suo studio
La facciata prima dei lavori tardo-cinquecenteschi
interdisciplinare (Il mosaico del catino abin una xilografia (1588)
sidale di Santa Pudenziana. La storia, i re-
U
studio di Matteo Braconi sul mosaico della basilica romana di Santa Pudenziana
L’Apocalisse
prima del sacco di Alarico
Il ritorno di Erodiano
Erodiano torna in libreria,
cinquant’anni dopo la prima
edizione con testo greco a
fronte (Firenze, Sansoni, 1967),
con la sua Storia dell’impero
romano dopo Marco Aurelio
(Torino, Einaudi, 2017, pagine
XVI + 294, euro 28) tradotta e
Commodo (Christopher Plummer)
nel film «La caduta dell’impero romano» (1964)
annotata dal filologo Filippo
Cassola (1925-2006). Scritto in
otto libri, il racconto dello
storico — di cui poco si sa, ma
che secondo l’antichista
napoletano era di origine
anatolica — si estende per quasi
un sessantennio, dall’inizio del
regno di Commodo, nel 180,
all’avvento di Gordiano III, nel
238. Dalla traduzione
compassata di Cassola non
emerge naturalmente lo stile di
Erodiano che, come scrive
perentoriamente il filologo
nell’introduzione, «è quanto di
peggio possa immaginarsi».
Resta in compenso la
narrazione vivace di un
periodo convulso e critico, di
cui lo storico antico fu
testimone e a cui accenna solo
in generale Luciano Canfora in
una prefazione fin troppo
cursoria. (g.m.v.)
il quale si rimodellano le basiliche paleocristiane, nel tentativo strumentale e artificioso di recuperare le strutture e lo spirito della chiesa delle origini.
In questa operazione, la basilica paleocristiana di Santa Pudenziana soffre per
gli interventi più invasivi, coordinati dal
pensiero e dai forti gesti di Enrico Caetani che, tra il 1586 e il 1588, toccò tutto il
complesso architettonico, modificando
spazi e apparati, in nome di un’antichizzazione forzata, che mette in crisi la coerenza iconografica, liturgica e persino decorativa dell’edificio di culto, spostando
il baricentro monumentale verso la cappella di famiglia, che assume un ruolo
non secondario nella geografia liturgica e
cultuale della chiesa.
Ma il catino musivo di Santa Pudenziana non ha pace. Tagli, ritocchi, falsi
restauri si avvicendano nel tempo e Matteo Braconi, nel suo interminabile viaggio nel tempo, ne ricostruisce la dinamica attraverso i preziosi documenti di Archivio — in parte inediti — che danno testimonianza, specialmente attraverso disegni e acquerelli, delle diverse stagioni
del mosaico. Vengono così ricordati i lavori nell’area presbiteriale della basilica
al tempo dei cardinali Giovanni Maria
Gabrielli (1699-1701) e Lorenzo Litta
(1803), quelli di Vincenzo Camuccini e
dello Studio del mosaico Vaticano (18311832), quelli, più recenti, del ministero
della pubblica istruzione (1894-1895), della soprintendenza ai monumenti del Lazio (1937-1938) e della soprintendenza per
i beni artistici e storici di Roma e del Lazio (2001-2002).
Poi la ricerca riprende il suo corso e,
anche in questo caso, secondo un itinerario a ritroso, cercando di ricostruire la
stagione medievale (702-1210), quella più
oscura, che vede emergere, comunque,
l’intervento poco giudicabile di papa
Adriano I (782-783), per approdare finalmente alle origini paleocristiane (384417). I problemi della cronologia, della
committenza, del programma iconografico si intrecciano e la tensione ermeneutica si innalza e diventa incandescente.
Eppure la curiositas di Matteo Braconi,
per vocazione iconografo della tarda antichità, non scompone il tratto lucido e
neutrale della ricerca. I dati di archivio e
l’analisi iconografica, resa più facile dalla
percezione delle superfetazioni e delle
modifiche del passato, si incrociano.
Emergono, a questo punto, le figure
dei presbiteri Ilicio, Leopardo e Massimo
che, per quanto si desume dalle iscrizioni
di apparato, sono i veri artefici dell’“impresa Pudenziana”, poco prima del Sacco di Alarico del 410. Il nostro mosaico,
sospeso tra il pontificato di Siricio (388399) e quello di Innocenzo I (401-417),
dispiega una rappresentazione propriamente apocalittica, all’indomani dell’esegesi completa del piccolo libro di Giovanni diffusa in Occidente da Ticonio
nel 386.
Un collegio apostolico, presieduto da
uno ieratico Cristo imperatore, re e giudice, che tiene tra le mani un codice con
la scritta intimidente Dominus conservator
ecclesiae pudentianae è il centro propulsore
di un denso cifrario simbolico ordinato
secondo una vera e propria foresta di
simboli e secondo direttrici simboliche
fortemente pensate. L’asse verticale mette
in fila la croce gemmata, il monte, il trono prezioso, sui cui siede il mistico giudice, la colomba, l’agnello e un secondo
trono. In orizzontale, si snoda la schiera
dei quattro viventi; più in basso, si svi-
luppa la città, intesa come Gerusalemme
celeste; sotto si dipana il collegio apostolico con le due personificazioni delle
ecclesiae, che premiano con corone dorate
i due principi degli apostoli.
Come scrisse Karl Rahner, l’Apocalisse
è un testo proteso verso il futuro della
speranza, più che un oroscopo sul destino della storia umana; si presenta, cioè,
come una lettura del presente in funzione del futuro e, infatti, il significato di
apokàlypsis è “rivelazione”, proveniente,
come genere letterario, dalla produzione
visionaria giudaica, confluita nel libro di
Daniele. In tutti questi testi, si avvertono
oppositae qualitates, elementi in conflitto,
idee dicotomiche: tutto tende tra oggi e
domani, tra terra e cielo, tra il secolo
presente e il tempo futuro.
Questi conflitti hanno allontanato la
percezione dell’apocalisse dal senso profondo dello svelamento e della rivelazione, a favore di una catastrofe, di un sisma, di un disastro. L’apocalisse, ben
presto, perde il suo senso genetico, che si
propone come un’attesa trepida, seppure
sospesa, del giudizio finale e della soluzione ultima, di una salvezza proiettata
verso la fine dei tempi, per assurgere a
vaticinio funesto e a lugubre senso di angoscia.
Pian piano, l’Apocalisse diventa un vero
e proprio arsenale iconografico, assumendo gradualmente l’infausto risultato
semantico
della fine del mondo, che, ai nostri
giorni,
produrrà
film come Il settimo
sigillo (1956) di Ingmar Bergman e
Apocalypse Now (1979)
di Francis Ford Coppola. Ma nella sua prima apparizione, nell’abside di Santa
Pudenziana, non c’è nulla di tutto
questo, né il testo musivo può essere legato al Sacco di Roma, che non
era ancora accaduto e che pure la critica aveva chiamato in causa per spiegare quel mosaico come un manifesto
dell’angoscia e della paura dei contemporanei rispetto agli eventi alariciani, che
ancora non avevano attraversato, seppure
per pochi anni, la storia dell’Urbe. Il
mosaico di Santa Pudenziana vuole, invece, celebrare il mistero rasserenante
della rivelazione e il grande simulacro
del Cristo, solenne e trionfante, appare come signore e imperatore di tutto l’arco tridimensionale del tempo.
Mosaico absidale, particolare del volto di Pietro
Lutero e i sacramenti
Il dialogo ecumenico sarà al centro
di un simposio internazionale che si
terrà alla Pontificia università
Gregoriana dal 26 febbraio al 1°
marzo sul tema «Lutero e i
sacramenti». È frutto di tre anni di
collaborazione tra il Pontificio
Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani, la Facoltà di
teologia della Gregoriana e l’Istituto
Johann-Adam-Möhler per
l’ecumenismo. Ogni sessione prevede
l’intervento di un relatore luterano e
uno cattolico, che insieme
analizzeranno i temi del battesimo
(Stefan Tobler e Angelo Maffeis),
della confessione (Theodor Dieter e
Michel Fédou), dell’eucaristia (Jari
Jolkkonen e Jorge Scampini) e
dell’ordine sacro (Friederike Nüssel e
Étienne Emmanuel Vetö). Ci si
confronterà anche su una lettura
comune delle formulazioni effettuate
veramente da Martin Lutero. Ogni
relatore è stato invitato a portare con
sé i propri studenti, affinché la
prossima generazione di ecumenisti
abbia la possibilità di cominciare a
conoscersi. L’incontro si aprirà con
la solenne celebrazione comune dei
vespri e una conferenza del cardinale
Kurt Koch, presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani. I lavori si
concluderanno con l’intervento del
cardinale Gerhard Müller, prefetto
della Congregazione per la dottrina
della fede.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 23 febbraio 2017
pagina 5
©2017/Giulio Piscitelli/Contrasto,
«Mar Mediterraneo, aprile 2011»
Migrazioni e politiche economiche inclusive
Sfida
all’umanità
di PIETRO PAROLIN
a storia dell’umanità è stata
sempre segnata dalle migrazioni, così come dalle disparità legate all’economia e a strategie
politiche e pretese di potere,
che si sono più o meno condizionate reciprocamente.
Oggi, tuttavia, il contrasto tra ricchezza
e povertà, nel nostro mondo interdipendente è ancor più inaccettabile, operando
un solco sempre più profondo tra coloro
che dispongono dell’educazione e dei
mezzi necessari per progredire e coloro
che ne sono privi. Gran parte della popolazione mondiale paga pesanti oneri di
povertà, di sottosviluppo e di sfruttamento, pur nella disponibilità di risorse naturali delle quali dovrebbe essere beneficiaria. Colpisce il dato, riportato dall’O xfam
nel suo Rapporto 2016, che le otto persone più ricche del pianeta nel 2016 possedevano la stessa ricchezza netta delle 3 mi-
L
Integrazione e sviluppo
Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento del
segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, al
sesto forum internazionale Migrazioni e pace
svoltosi a Roma sul tema: «Integrazione e
sviluppo. Dalla reazione all’azione». L’incontro
è stato organizzato dal Dicastero per il servizio
dello sviluppo umano integrale in
collaborazione con i missionari scalabriniani e
la fondazione Konrad Adenauer.
liardi e seicento milioni più povere, e che
nel 2015-2016 dieci tra le più grandi multinazionali abbiano generato profitti corrispondenti a quanto raccolto nelle casse
pubbliche di 180 paesi.
Mentre le forme di cooperazione con i
paesi meno sviluppati sono condizioni essenziali per efficaci percorsi di pace, per
un pieno sviluppo e per la costruzione di
società inclusive, i passi per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda di
sviluppo 2030, approvata nel 2015 dai
membri dell’Onu, sono complicati da realizzare, a causa di una realtà economica
globale che fa dubitare di un miglioramento. Le guerre, specialmente, con il
commercio delle armi e la corruzione che
ne sono la base, impediscono ogni progresso sociale ed economico e influiscono
gravemente per generazioni.
Del resto, nell’attuale quadro mondiale,
segnato dalla globalizzazione e di cui potremmo citare anche altri importanti elementi, è sempre più evidente la forte interdipendenza tra pace, sviluppo e rispetto
dei diritti fondamentali. Si stenta oggi,
però, a cogliere i segni di un importante
impegno in questo senso nei rapporti tra
gli stati e tra i popoli. Gli stati, invece,
sembrano rifugiarsi in ristrette aree di interesse e chiusure nazionalistiche più o
meno nascoste.
È un mondo che è stato definito postglobale, oppure post-sovrano e post-nazionale e, tuttavia, vuole proteggersi e oppone indisponibilità nei confronti di circostanze difficili da affrontare o considerate
dannose dal punto di vista culturale, economico, ideologico o religioso.
E, d’altra parte, constatiamo strategie
politiche guidate da interessi fluttuanti, da
insicurezze e dalla paura, disegni politici
contrastanti, sotto-sviluppo e distrazione perdita di vite umane. Per fermare questi
dei fondi destinati a debellarlo, conflitti crimini, poi, si spostano i problemi su altri
interminabili, violazioni dei diritti umani, paesi, con oneri economici e politici tanto
timori per le conseguenze dei cambiamen- ingenti quanto pericolosi e inadeguati a riti climatici e della crisi economica non ri- solverli e a garantire i diritti fondamentali
solta, imposizioni ideologiche anche all’as- delle persone, la loro protezione e la loro
sistenza umanitaria, deterioramento di si- dignità.
tuazioni politiche, sociali, umanitarie, amIn questa situazione, pur nell’asserita
bientali, con commerci criminali di pro- consonanza di intenzioni e volontà di coodotti, persone e risorse.
perare, le posizioni più coraggiose e lungiLo scenario mondiale è caratterizzato da queste chiusure e ingiustizie, che generano migrazioOstacoli e barriere portano a scegliere
ni, all’interno degli stati o all’estero. Migrazioni ora in grande rilieitinerari più pericolosi
vo come uno dei problemi fondaFavoriscono lo sfruttamento
mentali del mondo d’oggi. Una
apprensione presa a pretesto per
da parte dei trafficanti
scopi elettorali e di calcoli di vaE la perdita di vite umane
rio genere, caratterizzati da manipolazioni di notizie e da un nuovo totalitarismo ideologico che
concepisce l’uomo solo come agente eco- miranti restano isolate in una crescente
nomico e che, come tale, lo può scartare, frammentazione, ponendo a rischio la tese non serve e, come ha sottolineato Papa nuta democratica di molte società e il proFrancesco, tende anche a nasconderlo.
gresso — anche economico — globale. SoDi qui, nell’ambito della politica migra- no vari, in realtà, gli esempi e i tentativi di
toria, ostacoli e barriere che favoriscono il integrazione economica, ma la situazione
ricorso a vie alternative e più pericolose di globale richiede di ripensarli in termini di
migrazione irregolare, di sfruttamento e di maggiore solidarietà, per evitare che imabuso da parte di trafficanti di persone, e plodano.
Due libri dell’agenzia Contrasto con immagini e parole per raccontare un dramma che si ripete nel tempo
Volti e storie di chi fugge
di GAETANO VALLINI
uello che fa loro
più paura è ciò da
cui stanno scappando. Per questo
sono disposti a sfidare deserti infuocati e mari in tempesta, a soffrire
fame e sete, a sopportare soprusi
e violenze di trafficanti senza
scrupoli. Pur di non tornare indietro, mettono nel conto anche
la morte. E se sono talmente disperati da essere disposti a morire, rischiando persino la vita dei
propri figli, chi mai potrà fermar-
Q
gratorio in tutta la sua drammaticità.
Piscitelli ha voluto vivere le
stesse esperienze di questi uomini
e donne, scegliendo di condividere con loro i viaggi, e quindi anche i rischi. Si è imbarcato in Tunisia con quelli che erano diretti a
Lampedusa, ma ha anche documentato la situazione di quanti
hanno raggiunto l’enclave spagnola di Melilla, dopo aver percorso i deserti del Corno d’Africa.
Ci sono così le lunghe ed estenuanti attese prima delle partenze, più volte rinviate, col rischio
di venire arrestati; i terribili viaggi
©2017/Giulio Piscitelli/Contrasto, «Deserto del Sahara, confine tra Egitto, Libia e
Sudan, maggio 2014»
li? Sono i migranti di oggi, quelli
raccontati dalle fotografie di Giulio Piscitelli, che li ha ritratti lungo le rotte verso l’Europa su vecchi camion e barconi di legno
marcio. Un progetto coraggioso,
per il tema e per come è stato
condotto, confluito nel volume
Harraga, pubblicato da Contrasto, (Roma, 2017, pagine 181, euro
39), che mostra il fenomeno mi-
con i precari veicoli che si perdono, si fermano in panne in pieno
deserto, senza scorte d’acqua; e
ancora le traversate su improbabili battelli stracolmi, che imbarcano acqua, con i motori che cedono in mare aperto. E ci sono pure
gli arrivi, le lunghe permanenze
nei Cie, i centri di identificazione
ed espulsione italiani, le delusioni, i sogni infranti. E lo sfrutta-
mento, questo raccontato da Rosarno e Castel Volturno, centri divenuti tristemente noti.
Frutto di un lungo progetto
iniziato nel 2010, Harraga — che
letteralmente significa “coloro che
bruciano [le frontiere]” ed è il termine con il quale i nordafricani
chiamano quanti si mettono in
viaggio clandestinamente — è una
testimonianza in presa diretta di
un fenomeno epocale. Una testimonianza per immagini in primo
luogo, ma anche di parole. Piscitelli, infatti, annota quanto vede e
vive. E la spontaneità e l’intensità
della scrittura diaristica amplificano il valore di quest’opera. L’attenzione del fotografo è puntata
sulle persone, sulle loro storie
personali. Perché solo così si può
comprendere il dramma che le
spinge a lasciare casa e affetti.
Quello di Piscitelli è l’incontro
con un’umanità dolente, che però
cerca di preservare la propria dignità, nonostante tutto. Perché la
speranza in un futuro migliore,
per quanto incerto, è più forte
della disperazione di un passato e
di un presente senza prospettive.
Con questo reportage — che sarà esposto a Forma Meravigli
(Milano) dal 24 febbraio al 26
marzo — Piscitelli ci ricorda soprattutto che per migliaia e migliaia di persone non c’è alternativa al mare e al deserto. Che non
saranno muri, per quanto lunghi
e alti, a fermarli. È un movimento
inarrestabile: cambieranno le rotte, si bruceranno nuove frontiere,
ci saranno altre sconfitte, molti
continueranno purtroppo a non
farcela, si ricomincerà daccapo, e
poi ancora. Ed è così da tempo.
E per sottolineare che non si
tratta di un fenomeno nuovo, basta sfogliare le pagine di un altro
volume pubblicato in una rinnovata edizione sempre da Contrasto, agenzia fotografica che si mostra particolarmente attenta e sen-
sibile a un tema tanto pressante. Si tratta de Il settimo uomo
di John Berger, fine intellettuale scomparso di recente, e
del fotografo Jean Mohr (Roma, 2017, pagine 247, euro
24,90), dedicato al lavoro dei
migranti, uscito per la prima
volta nel 1975 ma quanto mai
attuale. E forse sorprenderà
qualcuno scoprire che i migranti di cui si parla non sono siriani, iracheni, afghani
o africani. Sono turchi, jugoslavi, greci, portoghesi,
irlandesi, anche italiani,
partiti in cerca di fortuna
soprattutto in Germania,
Francia e Gran Bretagna.
Sono gli emigranti che ancora lasciavano la loro terra con la valigia, talvolta
chiusa con uno spago.
Il settimo uomo è un libro
che ci riporta indietro nel
© Jean Mohr, «Padre e figlio in Anatolia, Turchia»
tempo, parla di situazioni
passate, eppure continua a
essere attuale. Perché, pur
essendo cambiate le condimostra speranze, paure, frustrazioni sociali ed economiche (per zioni e aspettative di chi emigra
esempio, allora erano prevalente- tentando di trovare uno spazio in
mente gli uomini a partire), un nuovo paese, sconosciuto.
l’esperienza vissuta da quei mi«È la fotografia di una storia
granti è simile a quella di quanti che si ripete, con le dovute diffeli hanno seguiti negli anni succes- renze, nella forma e nella sostansivi. Come in Harraga, anche se za. Perché — spiega negli “appunmolto più spazio è dato alle paro- ti di lettura” Pietro Bartolo, il
le, vengono scandite le diverse famedico di Lampedusa reso celesi del percorso degli immigrati,
bre dal documentario Fuocoammadalla decisione di partire passanre di Granfranco Rosi — a ripeterdo per la descrizione delle condizioni di lavoro, fino alle riflessio- si sono le storie di donne, uomini
ni sul ritorno nei propri luoghi di e bambini che scappano per cercare di vivere, di sfuggire alla faorigine.
Con la curiosità del giornalista me e alla guerra e che sono coe la lucidità di giudizio che lo ha stretti a una condizione di totale
sempre contraddistinto, Berger subalternità. E, ciò che è più graspiega infatti la complessità del ve, è che questa condizione, lungi
fenomeno, rintracciando schemi e dal migliorare, è peggiorata. Lo è
tematiche utili per interpretare nella misura in cui chi emigra
anche i flussi migratori di oggi. spesso non riesce ad arrivare a
Con il suo rigoroso bianco e nero destinazione, muore nel disperato
e con sensibilità d’artista, Mohr tentativo».
I 244 milioni di migranti del 2016 sono
una sfida all’umanità. E, tuttavia, la migrazione internazionale, in tutte le sue varie forme, non può considerarsi emergenza
transitoria. È un diritto umano da salvaguardare; una componente strutturale, che
riguarda tutti i continenti e che occorre affrontare nelle sue cause e nel suo compimento con sinergia e cooperazione a livello globale, con un programma sistematico
e articolato di interventi, condiviso a livello multilaterale, con strategie e misure organiche di sistema, con condivisione di
oneri e di responsabilità.
Ogni stato ha, certamente, diritto di
controllare i suoi confini, decidere chi far
entrare e, in base al livello di progresso,
alla situazione sociale e di sicurezza, alle
priorità politiche, ha differenti possibilità
di accoglienza, e occorrono saggezza e
prudenza.
Ne ha parlato il Santo Padre al corpo
diplomatico accreditato presso la Santa
Sede, il 9 gennaio scorso, notando però
che «un approccio prudente da parte delle
autorità pubbliche non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e
lungimiranza fino a che punto il proprio
paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita
decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione».
Invitava poi a non ridurre la crisi migratoria attuale a un semplice conteggio
numerico e a non restare «indifferenti,
mentre altri sostengono l’onere umanitario, non di rado con notevoli sforzi e pesanti disagi» e a «sentirsi costruttori e
concorrenti al bene comune internazionale, anche attraverso gesti concreti di umanità, che costituiscono fattori essenziali di
quella pace e di quello sviluppo che intere
nazioni e milioni di persone attendono ancora».
In questa economia rappresentata dal
bene comune mondiale occorre una cooperazione a tutti i livelli che nasce dalla
constatazione delle attuali difficoltà e dei
limiti di ciascuno stato e, lo vediamo, anche di intere regioni, di far fronte da soli a
questa grande sfida per la comunità internazionale che, in primo luogo, dovrebbe
mirare ad assicurare ai popoli e ai singoli
pace e sviluppo, facendo così della migrazione una libera opzione anziché una necessità.
Come riconosce l’Agenda per lo sviluppo 2030, la migrazione gestita in modo
«sicuro, ordinato e regolare» è un fattore
di sviluppo per una crescita inclusiva e sostenibile, e i migranti possono offrire un
contributo — spesso essenziale — alla crescita delle società che li ospitano come allo sviluppo, alla stabilità e alla pace dei
paesi di provenienza. La migrazione è anche fattore di pace, giacché sono gli stessi
rifugiati i testimoni più credibili dell’insensatezza della guerra e della violenza.
È chiaro che essi possono dare un tale
apporto conformandosi alle norme del
paese che li accoglie e rispettandone le
consuetudini e i principi che ne regolano
il vivere sociale, e quando il paese che li
accoglie assicura il rispetto dei loro diritti
e della loro dignità, sin dall’arrivo, attento
a chi è vulnerabile. Queste garanzie, con
la corretta identificazione dei migranti e
delle loro necessità, assicurano i primi passi verso l’integrazione, che è necessario accompagnare con politiche di flessibilità lavorativa e di offerta formativa, verifica di
risultati, assicurando in pari tempo, in
condizioni di sicurezza, l’accesso ai servizi
sociali, al lavoro, ad alloggi adeguati, evitando che si formino condizioni che favoriscono il dilagare dei fondamentalismi.
Questo consente alla popolazione locale,
che porta innegabilmente il peso dell’accoglienza, di farvi fronte con responsabilità, senza perdere di vista i giusti interessi
di coloro che in nella popolazione autoctona sono meno agiati.
Ma è realmente inclusivo un sistema
economico come il nostro, ove, come abbiamo visto, sono ancora troppe le vittime
e gli scartati? Occorre allora avere una visione più ampia dello sviluppo. Come affermava ancora il Papa, bisogna anche
puntare a cambiare le regole del gioco del
sistema economico-sociale. Per questo,
non si può che partire da nuovi presupposti. Occorre che questa economia inclusiva
nasca da una cultura che inglobi l’equità
sociale, economica e ambientale, che sappia far fronte alle attuali sfide sociali e
tecnologiche. Una cultura della condivisione che presuppone la reciprocità, intesa
non come sfida e non tanto nel senso di
una stretta corrispondenza di diritti e di
doveri, quanto come coinvolgimento partecipe e solidale di tutti i soggetti interessati, in cui tutti possono e devono offrire
il proprio contributo, inclusi i migranti, i
paesi di provenienza e di transito e di approdo, la società civile.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 23 febbraio 2017
Nomine episcopali
Lettera dei vescovi belgi per i cinquant’anni della «Populorum progressio»
Il vero sviluppo
è nella comunione
di GIOVANNI ZAVATTA
Riprendere la nozione di “progresso dei popoli” sviluppata da
Paolo VI e, utilizzando la chiave
proposta da Papa Francesco, la
misericordia, raggiungere una “comunione dei popoli”, per il bene
della casa comune, il pianeta Terra. Dalla Populorum progressio a
una populorum communio: la Conferenza episcopale belga celebra il
cinquantesimo anniversario della
celebre enciclica di Paolo VI, datata 26 marzo 1967, con una lettera
— pubblicata in vista della quaresima e intitolata appunto «Populorum communio. La comunione dei
popoli» — con la quale porsi un
nuovo obiettivo, fornire strumenti,
trovare risposte, aprire gli occhi
sugli squilibri e le ingiustizie che
caratterizzano il mondo di oggi.
Un vulcano pronto a eruttare:
questa è l’immagine che i vescovi
danno del mondo, le cui sfide,
enormi, interpellano tutti, Europa
e Belgio compresi, e vanno dalla
distruzione della città di Aleppo
alla guerra in Siria e in Iraq, dai
vili attentati terroristici che non
hanno confini fino ai disperati
tentativi di attraversare il Mediterraneo da parte di migliaia e migliaia di uomini e donne in fuga
da ogni genere di conflitto. Sfide
che coinvolgono naturalmente anche la Chiesa, il cui magistero e
impegno sociale vanno di pari
passo attualizzati.
In Germania 300 chiese
offrono rifugio ai migranti
BERLINO, 22. Sempre più parrocchie e istituzioni ecclesiali in Germania danno
accoglienza ai rifugiati, offrendo loro protezione dal rimpatrio forzato. E questo
proprio mentre nel paese infuria il dibattito sulla necessità delle “espulsioni veloci” di migranti senza diritto d’asilo. Il 2016, rispetto agli anni precedenti, ha
visto un aumento del cosiddetto Kirchenasyl, una specie di diritto d’asilo nelle
chiese e nei luoghi di culto che in genere viene rispettato dalle forze dell’ordine
tedesche. Non sono ancora ufficiali i dati per l’anno scorso, ma si prevede un
ulteriore aumento per il 2017. Il gruppo di lavoro ecclesiale in materia d’asilo ha
rilevato che a metà gennaio di questo anno erano già attivi 323 rifugi per complessive 547 persone, delle quali 145 bambini. Un anno fa, a seguito di un’iniziativa della Chiesa cattolica e della comunità evangelica, si erano registrati 277 ricoveri in edifici ecclesiali con 449 profughi; nel gennaio 2015 si erano avuti 200
rifugi con 359 profughi. I luoghi deputati all’azione di rifugio temporaneo sono
chiese, monasteri, conventi ed edifici diocesani. Le sedi ecclesiali svolgono un
ruolo di “santuario”, sul modello del New Sanctuary Movement statunitense,
nell’opera di protezione temporanea dei rifugiati, per metterli al riparo dal rischio dell’espulsione, e per consentirgli di ottenere almeno il diritto provvisorio
alla permanenza in Germania. Si tratta, per la gran parte, di fuggitivi e richiedenti asilo che sono entrati nell’Unione europea sulla base della direttiva “D ublino” e che avrebbero quindi dovuto lasciare la Germania.
Per la tutela
dell’immagine
del Papa
La Segreteria di Stato ricorda in
un comunicato che tra i suoi compiti ha anche quello di tutelare
l’immagine del Santo Padre, affinché il suo messaggio possa giungere ai fedeli integro e la sua persona non venga strumentalizzata.
Per le medesime finalità la Segreteria di Stato tutela i simboli e
gli stemmi ufficiali della Santa Sede, attraverso appositi strumenti
normativi previsti a livello internazionale.
Per rendere la propria azione di
tutela sempre più efficace rispetto
agli scopi indicati, e interrompere
situazioni di illegalità eventualmente riscontrate, la Segreteria di
Stato effettuerà sistematiche attività di sorveglianza volte a monitorare le modalità con cui l’immagine del Santo Padre e gli stemmi
della Santa Sede vengono utilizzati, intervenendo all’occorrenza con
opportuni provvedimenti.
†
Il Cardinale Prefetto, l’Arcivescovo Segretario e il Sotto-Segretario, unitamente a tutti gli Officiali e Collaboratori
della Congregazione per i Vescovi, partecipano sentitamente al grande dolore
che ha colpito il Reverendo Janusz
Aptacy per la perdita dell’amata madre
HELENA APTACY
venuta a mancare nella giornata di martedì 21 febbraio. Al Reverendo Aptacy e
ai familiari tutti assicurano la vicinanza
nella preghiera nella serena speranza
che scaturisce dal mistero della Risurrezione del Signore.
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in Brasile e in Francia.
Cinquant’anni fa si trattava di
dedicarsi allo sviluppo dei popoli,
a livello planetario, oggi, con la
mondializzazione della società e
l’evoluzione della storia, occorre
trasformarsi, pensare alla comunione dei popoli, vale a dire, spiega l’episcopato belga, alla pace fra
le nazioni, nella giustizia e nella
solidarietà. E Francesco ci spinge
su questa via, lui che ha compiuto
il suo primo viaggio apostolico,
l’8 luglio 2013, sull’isola di Lampedusa per sottolineare il valore
dell’accoglienza di rifugiati e migranti. La chiave è proprio la misericordia: «Come dice la parola
stessa — si legge nel documento —
si tratta di avere a cuore colui che
vive nella miseria. Si tratta di una
nuova sensibilità che si lascia toccare dall’altro e ci conduce a sviluppare un agire nuovo». I cristiani devono essere in prima fila nella nuova missione, sono chiamati
a mettersi «al servizio dell’integrazione del povero nella società e al
servizio della riconciliazione nel
mondo», perché «il messaggio del
Vangelo oggi passa dalla guarigione dei corpi e dal servizio agli esseri più fragili per sfociare nella
comunione dei popoli». Di fronte
agli squilibri e alle ingiustizie,
«dobbiamo analizzare la situazione e reagire come cittadini responsabili e cristiani».
La comunione dei popoli si
raggiunge scoprendo e riscoprendo «l’altro, gli altri, vicini e lontani, differenti e soprattutto poveri», ma anche cambiando, convertendosi «alla luce della fede in
Gesù, innanzitutto a livello personale ma anche come comunità
umane e cristiane».
Nella lettera i presuli elencano
le principali sfide della società
contemporanea. Quest’ultima «è
caratterizzata da numerosi progressi in tutti i campi di attività»,
che tuttavia «non sono a beneficio
di tutti e generano esclusione».
João Justino
de Medeiros Silva
arcivescovo coadiutore
di Montes Claros (Brasile)
Ciò accade anche perché «non c’è
una ragione superiore che regolamenta il tutto»; al contrario, «si
potrebbe dire che ogni settore
funziona come una nuova religione». Una delle sfide è quella della
tecnologia e delle conseguenze
dello sviluppo scientifico: «Innovazioni costanti cambiano i nostri
modi di vivere. Il computer, il telefono portatile e l’espansione del
digitale hanno rivoluzionato la vita quotidiana in tutti i continenti
e portato una globalizzazione del
mondo». Tuttavia — avvertono —
occorre preoccuparsi delle conseguenze sociali e «uscire dalla spirale dell’esclusione», con «uno
sguardo nuovo, una nuova comprensione delle cose» guidata
dall’imperativo della giustizia sociale. Stesso discorso vale per
l’economia: anch’essa crea esclusione, in nome di una logica di
azione che privilegia «la redditività a tutti i costi». Con gli strumenti della giustizia sociale e della solidarietà evangelica, si possono invece «costruire una governance mondiale e una coscienza
sociale internazionale in grado di
controllare le ingiustizie prodotte
da un’economia selvaggia e da
guerre locali devastatrici».
Un’altra sfida riguarda la politica, chiamata a risolvere i conflitti
fra le nazioni e la recrudescenza
della violenza. Troppo spesso il
potere «serve a conservare la ricchezza o ad arricchirsi con la corruzione», quando addirittura non
è foriero a sua volta di guerre e
violenza fra i popoli. I vescovi
puntano il dito anche sull’Europa:
«Di fronte alla mondializzazione,
all’insorgenza di nuove guerre e
allo spostamento di numerosi immigrati e rifugiati, alcuni Paesi si
chiudono in se stessi e accolgono
con reticenza gli immigrati dimenticando i valori culturali dell’Europa, fondata sull’aspirazione a essere un’unione sempre più stretta di
popoli». L’instaurazione della comunione, ispirata dalla misericordia, consentirebbe di stabilire
«una pace mondiale per il riconoscimento e il rispetto di ciascuno,
specialmente di colui che è abitualmente escluso». E cosa dire
dell’ecologia, vittima di un’errata
idea di progresso che ha seminato
morte e distruzione soprattutto fra
le popolazioni più povere e vulnerabili? La soluzione resta la stessa:
«Promuovere lo sviluppo attraverso una comunione dei popoli basata sulla giustizia».
Gruppi di fedeli all’udienza generale
St. Johann am Wimberg; St. Aegidius,
St. Aegidi; Pilgerfahrt der Komturei der
Ritter vom Heiligen Grab zu Jerusalem,
Graz; Delegation der Gemeinden Windischgarsten, Roßleithen, Rosenau und
Edlbach; Schülerinnen, Schüler und
Lehrer aus dem Gymnasium Rohrbach.
All’udienza generale di mercoledì 22 febbraio, in piazza San Pietro, erano presenti i
seguenti gruppi:
Da diversi Paesi: Fratelli del Sacro
Cuore; Religiosi Marianisti; Figlie di
Maria Ausiliatrice.
Dall’Italia: Diaconi dell’Arcidiocesi
di Milano; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: San Fedele, in Calusco d’Adda;
Santi Gervaso e Protaso, in Buccinasco;
San Benedetto, in Castelbellino; Santa
Maria Assunta, in Palo del Colle; San
Pietro, in Palagianello; Beato Nunzio
Sulprizio in Santa Maria Regina Apostolorum, in Mugnano di Napoli; Delegazione della Fiaccola Benedettina, da
Norcia, Cassino e Subiaco; Reale Arciconfraternita di Maria Santissima del
Carmine e Santissima Immacolata della
Misericordia, di Piedimonte Matese;
Confraternita Madonna delle grazie, di
Palagianello; Confraternita Maria Santissima Addolorata, di Monte Romano;
Artisti e Operatori del Circo “Rony
Rollers Circus”; Delegazione dell’O perazione navale “Sophia”; Partecipanti
alla manifestazione “Diamo un calcio al
bullismo”, con il Vescovo di Palestrina,
Domenico Sigalini; Associazione “La
stanza accanto”, di Firenze; Associazione “Dante Alighieri”, di Cosenza; Associazione Famiglie affidatarie, di Palermo; Cooperativa sociale ACTL, di Terni;
Cooperativa Unicooper Servizi, di Castelfranco Veneto; Banca di credito cooperativo Toniolo, di Genzano di Roma;
Liceo Majorana, di Latina; Istituto Focaccia, di Salerno; Istituto San Giorgio,
di Pavia; Istituto Stenio, di Termini
Imerese; Istituto Galilei, di Firenze;
Istituto Radice, di Roma; Istituto Lusi,
di Mirandola; parrocchia della Città
Militare della Cecchignola, di Roma;
Gruppi di fedeli da Casoria, Pescia,
Campodarsego, Sant’Anastasia, Città
Sant’Angelo.
Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Firmlinge aus der Pfarrei
Wolhusen.
De diversos Países: Participantes en
el Curso para sacerdotes encargados de
la formación permanente del Clero.
pielgrzymkowo-sportowa; pielgrzymi indywidualni.
De France: Groupe de laïcs du diocèse du Mans, avec Mgr Yves Le Saux;
groupe de pèlerins du diocèse du Puyen-Velay; paroisse Saints-Evêques, de
Nantes; paroisses de Brignais et Chaponost; paroisses de Châtillon-sur-Chalaronne; groupe de confirmands de Cognac; servants d’autel du diocèse de
Metz; collège Stanislas, de Paris; groupe de l'Institut, de Genech; école des
chefs, d’Orléans; groupe d’étudiants,
d’Aix-en-Provence; groupe d’anciens de
l’aumônerie de Reims; mission étudiante, du Morbihan; écoles catholiques, de
Dole; aumônerie de Merignac; communauté vietnamienne, d'Avignon.
Du Canada: Collège Jean-de-laMennais, la Prairie, Québec.
Gruppi di fedeli da: Lituania; Croazia.
From England: Pilgrims from St
Joseph Parish, Thame, Oxfordshire; An
ecumenical group of pilgrims from
Durham; Students and staff from: St
Bede’s and St Joseph Catholic College,
Bradford; St Rober of Newminster
Catholic School, Washington, Tyne &
Wear.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii
Świętego Krzyża z Nawodnej w województwie zachodniopomorskim; grupa
From Ireland: Priests celebrating the
Golden Jubilee of their ordination, with
family members; Student teachers and
Coppie di sposi novelli.
faculty from Mary Immaculate College,
Limerick.
From Norway: Sudents and staff
from
Sandnes
School.
Upper
Secondary
From India: Pilgrims from Tamilnadu.
From the United States of America:
Pilgrims from the Archdiocese of St
Louis, Missouri; Pilgrims from the following parishes: St Thomas the
Apostle, Chicago, Illinois; Our Lady of
the Blessed Sacrament, Westfield, Massachusetts; Member of the Paterson
Diocesan Choir, New Jersey; Students
and faculty from: University of Maine,
Farmington; University of Dallas,
Texas, Rome Campus; St Anthony
High School, South Huntington, New
York; Montfort Academy, Mount Vernon, New York.
Aus der Bundesrepublik Deutsch-
land: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde St. Patrizius, Eggenrot; Pilgergruppe aus dem Bistum RottenburgStuttgart; Pilgergruppe aus Stuttgart;
Katholische Studentengemeinde St.
Thomas Morus, Leipzig; Studenten der
Universität Koblenz-Landau.
Aus der Republik Österreich: Pilgergruppen aus den Pfarren St. Johann,
De España: Parroquia San Miguel
Arcángel, de Madrid; Parroquia de Santa Cruz, de Cádiz; Parroquia de la Sagrada Familia, de San Fernando; Parroquia de la Inmaculada, de La Línea;
Colegio Mater Salvatoris, de Madrid;
Colegio Virgen del Carmen, de Córdoba; Instituto superior ciencias educación El Valle, de Alicante; Instituto Villajunco, de Santander; Instituto Besaya, de Torrelavega; Parroquia La Prioral
y La Palma, de El Puerto de Santa Maria.
De Argentina: Parroquia del Sagrado
Corazón, de Temperley; grupos de peregrinos.
Nato il 22 dicembre 1966 a Juiz
de Fora, stato di Minas Gerais, ha
compiuto gli studi di filosofia
(1985-1988) e di teologia (19881992) nel seminario arcidiocesano
Santo Antônio. Ha conseguito poi
il baccalaureato in pedagogia
presso il Centro de Ensino Superior a Juiz de Fora (1988), il baccalaureato e il master in scienze
sociali presso l’università federale
di Juiz de Fora (1992-1993), la licenza (1997) e il dottorato (2003)
in teologia dogmatica a Roma, alla Pontificia università Gregoriana. Il 13 dicembre 1992 è stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi
di Juiz de Fora, dove è stato vicario parrocchiale, parroco, coordinatore regionale di pastorale,
coordinatore del consiglio presbiterale, professore, vice-rettore e
poi rettore del seminario Santo
Antônio, membro del consiglio
presbiterale e del collegio dei consultori, professore e coordinatore
del corso di teologia, vicario foraneo, vicario episcopale per la cultura, l’educazione e la gioventù.
Inoltre, è stato assessore e poi peritus della commissione per la dottrina della fede della Conferenza
episcopale brasiliana (Cnbb) e segretario dell’organizzazione dei seminari e istituti del Brasile del regionale Leste 2. Il 21 dicembre
2011 è stato eletto vescovo titolare
di Tullia e ausiliare dell’arcidiocesi
di Belo Horizonte, ricevendo l’ordinazione episcopale l’11 febbraio
2012. In seno alla Cnbb attualmente presiede la commissione
per la cultura e l’educazione.
Antoine Hérouard
ausiliare di Lille (Francia)
Nato il 10 agosto 1956 a Neuilly-sur-Seine, allora arcidiocesi di
Parigi ora diocesi di Nanterre, si è
diplomato all’École des Hautes
Études Commerciales de Paris,
poi ha compiuto il servizio nazionale di cooperazione nella Repubblica popolare di Cina. Dal 1980
al 1986 è stato alunno del Pontificio seminario francese a Roma e
ha ricevuto la formazione ecclesiastica alla Pontificia università Gregoriana, dove ha ottenuto la licenza in teologia morale, con specializzazione nel campo sociale. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1985
per il clero parigino, è stato fino
al 1993 vicario parrocchiale di
Saint-Jacques-du-Haut-Pas e al
contempo cappellano dei licei del
quartiere Latino. Dal 1993 al 2005
ha insegnato teologia morale al
seminario e nello Studium della
scuola cattedrale di Parigi (facoltà
Notre-Dame), svolgendo nello
stesso periodo gli incarichi di vicario parrocchiale di Saint-PaulSaint-Louis e cappellano dei collegi e dei licei del quartiere del Marais, parroco di Notre-Dame-de-laGare, cappellano diocesano del
Mouvement des cadres chrétiens,
decano del settore pastorale Italie
- La Gare, vicario episcopale per
la solidarietà e cappellano diocesano del Secours catholique. Segretario aggiunto (2005-2007) e
poi segretario generale (2007 al
2013) della Conferenza episcopale
francese, per un anno è stato vicario episcopale per gli ospedali cattolici. Dal 2014 era rettore del
Pontificio seminario francese a
Roma.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 23 febbraio 2017
pagina 7
Nuovo monito contro lo sfruttamento dell’ambiente
Il creato
non è proprietà dell’uomo
Il creato non è «una nostra proprietà, un
possedimento che possiamo sfruttare a nostro
piacimento e di cui non dobbiamo rendere
conto a nessuno». Lo ha ricordato Papa
Francesco all’udienza generale di mercoledì
22 febbraio, in piazza San Pietro,
proseguendo il ciclo di catechesi dedicate alla
speranza cristiana.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Spesso siamo tentati di pensare che il
creato sia una nostra proprietà, un possedimento che possiamo sfruttare a nostro
piacimento e di cui non dobbiamo rendere
conto a nessuno. Nel passo della Lettera
ai Romani (8, 19-27) di cui abbiamo appena ascoltato una parte, l’Apostolo Paolo ci
ricorda invece che la creazione è un dono
meraviglioso che Dio ha posto nelle nostre mani, perché possiamo entrare in relazione con Lui e possiamo riconoscervi
l’impronta del suo disegno d’amore, alla
cui realizzazione siamo chiamati tutti a
collaborare, giorno dopo giorno.
Quando però si lascia prendere
dall’egoismo, l’essere umano finisce per
rovinare anche le cose più belle che gli sono state affidate. E così è successo anche
per il creato. Pensiamo all’acqua. L’acqua
è una cosa bellissima e tanto importante;
l’acqua ci dà la vita, ci aiuta in tutto ma
per sfruttare i minerali si contamina l’acqua, si sporca la creazione e si distrugge
la creazione. Questo è un esempio soltanto. Ce ne sono tanti. Con l’esperienza tragica del peccato, rotta la comunione con
Dio, abbiamo infranto l’originaria comunione con tutto quello che ci circonda e
abbiamo finito per corrompere la creazione, rendendola così schiava, sottomessa alla nostra caducità. E purtroppo la conseguenza di tutto questo è drammaticamente sotto i nostri occhi, ogni giorno. Quando rompe la comunione con Dio, l’uomo
perde la propria bellezza originaria e fini-
sce per sfigurare attorno a sé ogni cosa; e
dove tutto prima rimandava al Padre
Creatore e al suo amore infinito, adesso
porta il segno triste e desolato dell’orgoglio e della voracità umani. L’orgoglio
umano, sfruttando il creato, distrugge.
Il Signore però non ci lascia soli e anche in questo quadro desolante ci offre
una prospettiva nuova di liberazione, di
salvezza universale. È quello che Paolo
mette in evidenza con gioia, invitandoci a
prestare ascolto ai gemiti dell’intero creato. Se facciamo attenzione, infatti, intorno
a noi tutto geme: geme la creazione stessa,
gemiamo noi esseri umani e geme lo Spirito dentro di noi, nel nostro cuore. Ora,
questi gemiti non sono un lamento sterile,
sconsolato, ma — come precisa l’Apostolo
— sono i gemiti di una partoriente; sono i
gemiti di chi soffre, ma sa che sta per venire alla luce una vita nuova. E nel nostro
caso è davvero così. Noi siamo ancora alle
prese con le conseguenze del nostro peccato e tutto, attorno a noi, porta ancora il
segno delle nostre fatiche, delle nostre
mancanze, delle nostre chiusure. Nello
stesso tempo, però, sappiamo di essere
stati salvati dal Signore e già ci è dato di
contemplare e di pregustare in noi e in ciò
che ci circonda i segni della Risurrezione,
della Pasqua, che opera una nuova creazione.
Questo è il contenuto della nostra speranza. Il cristiano non vive fuori dal mondo, sa riconoscere nella propria vita e in
ciò che lo circonda i segni del male,
dell’egoismo e del peccato. È solidale con
chi soffre, con chi piange, con chi è emarginato, con chi si sente disperato... Però,
nello stesso tempo, il cristiano ha imparato a leggere tutto questo con gli occhi della Pasqua, con gli occhi del Cristo Risorto. E allora sa che stiamo vivendo il
tempo dell’attesa, il tempo di un anelito
che va oltre il presente, il tempo del compimento. Nella speranza sappiamo che il
Signore vuole risanare definitivamente con
la sua misericordia i cuori feriti e umiliati
e tutto ciò che l’uomo ha deturpato nella
sua empietà, e che in questo modo Egli
rigenera un mondo nuovo e una umanità
nuova, finalmente riconciliati nel suo
amore.
Quante volte noi cristiani siamo tentati
dalla delusione, dal pessimismo... A volte
ci lasciamo andare al lamento inutile, oppure rimaniamo senza parole e non sappiamo nemmeno che cosa chiedere, che
cosa sperare... Ancora una volta però ci
viene in aiuto lo Spirito Santo, respiro
della nostra speranza, il quale mantiene
vivi il gemito e l’attesa del nostro cuore.
Lo Spirito vede per noi oltre le apparenze
negative del presente e ci rivela già ora i
cieli nuovi e la terra nuova che il Signore
sta preparando per l’umanità.
Incontro con i familiari delle vittime della strage di Dakka
Come si semina la pace
Appello per il Sud Sudan
È necessario l’impegno di tutti
Un appello per il «martoriato Sud
Sudan», dove «a un conflitto
fratricida si unisce una grave crisi
alimentare», è stato lanciato dal
Papa al termine dell’udienza
generale. Com’è consuetudine, il
Pontefice ha rivolto particolari
espressioni di saluto ai diversi
gruppi linguistici presenti.
Sono lieto di accogliere i pellegrini di lingua francese, in particolare i laici di Le Mans con il
Vescovo, Mons. Yves Le Saux, i
ministranti di Metz, con il Vescovo, Mons. Jean-Christophe
Lagleize, come pure le parrocchie e i giovani venuti da Francia
e Canada. Lo Spirito Santo sia
per ciascuno di voi una guida
sulle strade della vostra vita e vi
rafforzi nella speranza! Dio vi
benedica!
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Irlanda,
Norvegia, India e Stati Uniti
d’America. Su tutti voi e sulle
vostre famiglie invoco misericordia e pace, e prego il Signore che
questi doni possano aiutarvi ad
avere cura del creato, e ad aiutarvi l’un l’altro. Dio vi benedica!
Rivolgo un cordiale saluto a
tutti i pellegrini di lingua tedesca. In quest’anno del centenario
delle apparizioni della Madonna
a Fatima, affidiamoci a Maria,
Madre della speranza, che ci invita a volgere lo sguardo verso la
salvezza, verso un mondo nuovo
e un’umanità nuova. Dio vi benedica tutti.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en
particular a los venidos de España y Latinoamérica. Los invito a
pedir con insistencia la presencia
del Espíritu Santo en sus vidas.
Él nos asiste para que vayamos
más allá de las apariencias negativas del presente y aguardemos
con esperanza los cielos nuevos y
la tierra nueva, que el Señor prepara para toda la humanidad.
Muchas gracias.
Carissimi pellegrini di lingua
portoghese, un fraterno saluto a
tutti voi, augurandovi che
l’odierna visita alla Cattedra di
Pietro infonda nei vostri cuori un
grande coraggio per abbracciare
giorno dopo giorno la vostra croce, e un vivo anelito di santità,
affinché possiate riempire di speranza la croce degli altri. Mi affi-
do alle vostre preghiere. Grazie
per la visita!
Rivolgo un cordiale benvenuto
ai pellegrini di lingua araba, in
particolare a quelli provenienti
dal Medio Oriente! Cari fratelli
e sorelle, San Paolo ci ricorda
che “nella speranza siamo stati
salvati”. Impariamo dunque a
leggere tutto con gli occhi del
Cristo Risorto, fiduciosi nel Signore che vuole risanare con la
sua misericordia tutti i cuori feriti e umiliati e rigenerare un mondo nuovo e una umanità nuova
riconciliati nel suo amore. Il Signore vi benedica!
Un cordiale saluto rivolgo ai
pellegrini polacchi. Cari fratelli e
sorelle, come dice San Paolo:
“Nella speranza siamo stati salvati”. Infatti, nel Battesimo Cristo
ci ha fatto partecipi della sua risurrezione. Già ora nella speranza possiamo godere della vita
nuova. Animati dallo Spirito
Santo siate sempre testimoni e
portatori di questa speranza agli
uomini e all’intero creato! Dio vi
benedica!
Destano particolare apprensione le dolorose notizie che giungono dal martoriato Sud Sudan,
dove ad un conflitto fratricida si
unisce una grave crisi alimentare
che colpisce la Regione del Corno d’Africa e che condanna alla
morte per fame milioni di persone, tra cui molti bambini. In
questo momento è più che mai
necessario l’impegno di tutti a
non fermarsi solo a dichiarazioni,
ma a rendere concreti gli aiuti
alimentari e a permettere che
possano giungere alle popolazioni sofferenti. Il Signore sostenga
questi nostri fratelli e quanti
operano per aiutarli.
Rivolgo un cordiale
benvenuto ai fedeli di
lingua italiana. Sono
lieto di accogliere i
diaconi della Diocesi
di Milano e della Società di Maria, come
pure la delegazione
della “fiaccola benedettina della pace”
con l’Arcivescovo di
Spoleto-Norcia,
Mons. Renato Boccardo,
l’Abate
di
Montecassino
Don
Donato
Ogliari
e
l’Abate di Subiaco
Don Mauro Meacci:
invito ciascuno a farsi
promotore della cultura della pace in ogni ambiente di
vita.
Saluto la Reale Arciconfraternita di Piedimonte Matese con il
Vescovo di Alife-Caiazzo, Mons.
Valentino Di Cerbo; i partecipanti alla manifestazione contro
il bullismo con il Vescovo di Palestrina, Mons. Domenico Sigalini e i membri dell’O perazione
Navale Sophia, finalizzata alla
prevenzione di tragedie di esseri
umani nel Mediterraneo. Saluto i
soci della Banca di credito cooperativo “Giuseppe Toniolo” di
Genzano di Roma, l’Associazione La Stanza Accanto e gli artisti
del Rony Rollers Circus, ringraziandoli per la loro esibizione.
Loro fanno bellezza! E la bellezza ci porta a Dio. È una strada
per arrivare a Dio. Continuate a
fare bellezza! Continuate che fate bene a tutti noi. Grazie!
Un pensiero speciale rivolgo ai
giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la festa della Cattedra di San Pietro
Apostolo, giorno di speciale comunione dei credenti con il Successore di San Pietro e con la
Santa Sede. Cari giovani, vi incoraggio ad intensificare la vostra preghiera a favore del mio
ministero petrino; cari ammalati,
vi ringrazio per la testimonianza
di vita data nella sofferenza per
l’edificazione della comunità ecclesiale; e voi, cari sposi novelli,
costruite la vostra famiglia sullo
stesso amore che lega il Signore
Gesù alla sua Chiesa.
È con il nome di una bambina
somala, Sophia, nata nell’estate 2015
a bordo di una nave tedesca, che è
stata simbolicamente chiamata
l’operazione dell’Unione europea
lanciata «per salvare vite umane nel
Mediterraneo». La mamma della
piccola, appena tratta in salvo, aveva
voluto darle proprio il nome della
fregata — “Sophia” appunto — che
l’aveva soccorsa. A raccontarlo è
l’ammiraglio Enrico Credendino,
comandante dell’operazione che, dal
18 maggio 2015, sta cercando di
«evitare tragedie per il traffico di
esseri umani nel Mediterraneo
centro-meridionale». Un impegno
che è stato presentato da una
delegazione a Papa Francesco,
durante l’udienza generale in piazza
San Pietro. Aiutare le persone in
mare, sostiene l’ammiraglio, «è un
dovere morale per ogni marinaio,
ancor prima che un obbligo
giuridico». E intanto a oggi,
informa, «sono state salvate
ventisettemila persone in
centottantacinque interventi di
soccorso, mentre sono ottantanove i
sospetti trafficanti consegnati
all’autorità giudiziaria italiana».
Particolarmente significativo
l’incontro di Francesco con Ilario
In nome
di Sophia
Lacchetta, sindaco di Farindola, nel
cui territorio il 18 gennaio è
avvenuta la tragedia dell’albergo
Rigopiano: ventinove persone sono
state uccise da una valanga. Ed è
per «portare l’attenzione delle
istituzioni europee sul terremoto che
ha devastato Norcia e il centro Italia
e chiedere un supporto solidale per
le comunità» che quest’anno la
fiaccola Benedettina pro pace et
Europa una arriverà a Bruxelles. La
fiaccola è stata benedetta dal Papa e
sarà accesa insieme dai sindaci di
Norcia, Subiaco e di Cassino
simbolicamente sulle macerie della
basilica di San Benedetto a Norcia.
«Diamo un calcio al bullismo» è
invece il progetto promosso
dall’associazione sportiva San
Cesareo e presentato al Pontefice.
«La campagna — spiegano i
promotori — si rivolge a tutte le
società del Lazio, in modo da far
giungere il messaggio al maggior
numero possibile di ragazzi». E a
proposito di sport, era presente in
piazza Simone Inzaghi, allenatore
della Lazio.
«Non siete rimasti nella rabbia,
nell’amarezza e nella voglia di vendetta ma avete imboccato, con il dolore
dentro, la strada dell’amore per costruire e aiutare la gente del Bangladesh, soprattutto i giovani perché
possano studiare: questo è seminare
pace e vi ringrazio, per me è un esempio». È con queste parole che Papa
Francesco ha stretto in un abbraccio
trentatré familiari di sei delle nove vittime italiane della strage avvenuta a
Dakka, in Bangladesh, nella notte tra
il 1° e il 2 luglio 2016: Marco Tondat,
Christian Rossi, Maria Riboli, Vincezo D’Allestro, Claudio Cappelli e Simona Monti. L’incontro è avvenuto
mercoledì mattina, alle 9.10, nell’auletta dell’aula Paolo VI, subito prima
dell’udienza generale in piazza San
Pietro. «È facile prendere la strada
che dall’amore porta all’odio — ha fatto notare il Pontefice — mentre è difficile fare il contrario: dall’amarezza e
dall’odio andare verso l’amore».
Isabella Biffi e Ernesto Cappellari
hanno voluto far sapere al Papa
come sono riusciti a realizzare il
musical Il figliol prodigo con i
detenuti del carcere di Opera a
Milano. Assicurando «di aver
cercato di dare una risposta concreta
ai messaggi del Pontefice per il
riscatto e la rieducazione dei
carcerati anche attraverso l’arte».
Con un abbraccio Francesco ha
accolto una famiglia originaria di
Milano, composta da undici
persone, missionaria in Perú tra i
campesinos delle Ande, nell’ambito
dell’operazione Mato Grosso. Tra
loro, insieme a sette bambini, anche
Rosaria Picozzi, che fu accanto a
don Daniele Badiali, sacerdote fidei
donum di Faenza, ucciso nel 1997, la
cui testimonianza è allo studio della
Congregazione delle cause dei santi.
Tra i presenti, anche il cardinale
Timothy Michael Dolan, arcivescovo
di New York, che ha accompagnato
lo staff della rete televisiva Cbs in
vista della programmazione per la
Pasqua. Con lui, il conduttore della
trasmissione, Mo Rocca. Non è
mancata, infine, una colorata
esibizione sul sagrato di alcuni
artisti del Rony rollers circus.
Ad accompagnare il gruppo — di
cui facevano parte sei bambini — è
stato monsignor Valentino Di Cerbo,
vescovo di Alife-Caiazzo. «Vincenzo ,
una delle vittime — ha spiegato il presule al Papa all’inizio dell’incontro —
era infatti di Piedimonte Matese, un
paese della mia diocesi». Il vescovo
ha presentato a Francesco i profili
delle vittime: «Erano brave persone,
andate in Bangladesh per lavorare ma
non per sfruttare quel popolo: anzi, si
davano da fare per sostenere i più poveri collaborando con la comunità
cattolica locale». E a conferma di
questo stile solidale, «dalla tragedia
continuano a fiorire iniziative concrete
per la gente del Bangladesh» ha riferito il presule al Papa. Proprio per
rendere evidente «l’impegno a testimoniare un messaggio di pace», a
Francesco sono state consegnate nove
pianticelle di ulivo con i nomi — scritti su piccole immagini di colombe
bianche — delle persone uccise.
E al Pontefice sono stati presentati
alcuni progetti solidali concreti. Così
don Luca Monti, fratello di Simona —
una delle vittime, aveva trentatré anni
e in attesa di dare alla luce un bambino — ha raccontato al Papa che proprio stasera partirà alla volta di Dakka: tramite l’associazione Aiuto alla
Chiesa che soffre, infatti, la famiglia
Monti ha fatto costruire la chiesa di
San Michele ad Harintana, piccola
cittadina nel sud del Paese, nella diocesi di Khulna. «I primi fondi li abbiamo raccolti al funerale di mia sorella» spiega don Luca che è parroco
di Santa Lucia di Serino, nell’avellinese. «I centoventicinque cattolici di
Harintana — racconta — finora sono
stati costretti ad attraversare due fiumi
per raggiungere una chiesetta in legno, lesionata e troppo piccola per accogliere tutta la comunità». E così
«venerdì, dopo cinque mesi di lavoro,
la chiesa sarà consacrata».
A presentare al Papa le iniziative
promosse dalle associazioni “In viaggio con Vincenzo” e “Amici di Carlotta” è stata Maria Gaudio, moglie di
Vincenzo. «Vogliamo garantire borse
di studio ai giovani del Bangladesh e
questo è il modo migliore per ricordare i nostri cari che già avevano dato
vita a iniziative per i più poveri, soprattutto per i bambini» dice la donna. Per ognuno dei familiari il Pontefice ha avuto una parola di conforto e
un abbraccio. E ha ascoltato, commosso, i loro ricordi personali. «Tutte
parole di serenità e di pace» ha voluto
rimarcare monsignor Di Cerbo.