Una tecnologia veramente “cool”: raffreddare senza

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Una tecnologia veramente “cool”: raffreddare senza usare e
Una tecnologia veramente “cool”: raffreddare senza
usare energia o acqua
Raffreddare un oggetto esposto in pieno sole, senza usare energia o acqua. Imitando la natura
l’ingegnere dei materiali Xiaobo Yin e l'Università del Colorado hanno dimostrato che è possibile
grazie ad un film plastico molto particolare. Molteplici le applicazioni, in edilizia, nel campo
energetico e in agricoltura.
Alessandro Codegoni
Gli scienziati se ne sono accorti da alcuni anni: la natura, oliata da miliardi di anni di evoluzione,
riesce a fare molte cose più efficientemente ed elegantemente di noi, che superiamo spesso gli
ostacoli rozzamente, sprecando enormi risorse e quantità di energia, per fare ciò che gli esseri
viventi fanno quasi a costo zero.
Per esempio come fa il loto a mantenere asciutte e pulite le sue foglie in acque fangose senza avere
il teflon a disposizione, e certe farfalle a esibire splendidi colori iridescenti, senza dover usare
complessi pigmenti sintetici?
Semplice, creano su scala nanometrica superfici di foglie o ali che respingono l’acqua o colorano la
luce riflessa, a costo energetico zero.
L’ingegnere dei materiali Xiaobo Yin, e i suoi colleghi della Colorado University di Boulder, hanno
dimostrato con un articolo su Science, che si può imitare la natura, progettando a livello
nanometrico una superficie in modo che svolga un compito al limite dell’impossibile: raffreddare
un oggetto esposto in pieno sole, senza usare energia.
L’alternativa convenzionale per questo compito, l’uso di sistemi di condizionamento, richiede
complessi macchinari e un sacco di elettricità: il 6% di quella statunitense, per esempio, se ne va
proprio per rinfrescare gli edifici.
L’idea di base del gruppo di Xiabao è invece quella di sfruttare il raffreddamento naturale a cui
ogni oggetto con una temperatura sopra allo zero assoluto (-273,16 °C) va incontro: il calore, cioè il
moto delle sue particelle, si trasforma in radiazione elettromagnetica, che si disperde nello spazio.
Se l’energia che si perde in questo modo è maggiore di quella che si guadagna assorbendo le
radiazioni provenienti dall’esterno, allora ci si raffredda.
In particolare gli oggetti alle temperature terrestri, emettono infrarossi di lunghezza d’onda fra 5 e
15 micrometri (millesimi di millimetro), che viene in parte assorbita da umidità e gas atmosferici e
rimandata indietro, ma per il resto, quella fra 8 e 13 micrometri, riesce a sfuggire nello spazio.
Il raffreddamento per emissione funziona benissimo quando non c’è il sole, soprattutto se l’aria è
secca, come sa chiunque abbia passato la notte in un deserto, scoprendo che all’alba le temperature
crollano intorno allo zero, anche se di giorno sfioravano i 40°.
Ma appena il sole sale in cielo, ogni metro quadro terrestre viene inondato di energia sotto forma di
luce (in media, 1000 watt/mq), che, una volta assorbita dagli oggetti, si trasforma in nuovo calore,
superando facilmente quanto l’emissione infrarossa riesce a smaltire. E tutto torna a scaldarsi.
In passato, sono stati creati sistemi, anche semplici vernici, in grado di facilitare il
raffreddamento radiativo notturno, ma nessuno di questi era mai riuscito a far sì che il
raffreddamento continuasse anche in pieno giorno.
I ricercatori di Boulder, grazie ad un finanziamento di 3 milioni di dollari del Dipartimento
dell’Energia, si sono invece prefissati di trovare un sistema che consenta che il raffreddamento
radiativo continuasse anche sotto il sole, ma che fosse anche economico e facilmente
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industrializzabile.
E, incredibilmente, ci sono riusciti in tre anni di lavoro, presentando poche settimane fa un film
plastico, leggermente più spesso della pellicola di allumino da cucina, contenente miliardi di sfere di
vetro di 8 micrometri di diametro, e argentato su un lato, che può essere prodotto con le normali
tecnologie di realizzazione dei rotoli di pellicole plastiche.
La luce che colpisce questo film passa senza essere assorbita dalla plastica e dalle microsfere, per
venire poi riflessa indietro quasi completamente dal rivestimento argentato. Attraverso questo,
comunque, si trasmette per contatto il calore dell’oggetto sottostante, arrivando fino alle microsfere
di vetro. Queste, grazie alla loro dimensione accuratamente scelta, scaldandosi emettono radiazioni
infrarosse di 8 micrometri, le più adatte per attraversare l’atmosfera senza essere riflesse.
Risultato: l’emissione infrarossa da un oggetto posto sotto la pellicola, supera anche in pieno giorno
il calore aggiunto dal sole, portando a un suo raffreddamento.
«Provata sul campo per tre giorni la nostra pellicola nano strutturata ha dimostrato di permettere un
raffreddamento medio di 110 watt al metro quadro, che anche sotto il sole di mezzogiorno resta
comunque a 90 watt/mq», dice Gang Tan, dell’Università dell’Arizona, altro autore dell’invenzione.
«Si tratta del raffreddamento che sarebbe possibile ottenere usando energia fotovoltaica
ottenuta da una pari superficie, in un impianto di condizionamento, con la differenza, però, che la
pellicola funziona senza macchinari e giorno e notte. In teoria 10-20 metri quadri di pellicola sul tetto
di una casa, sarebbero sufficienti per mantenere il suo interno intorno ai 20 °C, anche se fuori ce ne
sono quasi 40».
In teoria per raffreddare propriamente un’abitazione, visto che i tetti sono normalmente isolati e
distanti dalle stanze, non basterebbe stendere la pellicola, ma servirebbe un sistema che prenda il
calore dall’interno della casa, e lo porti sotto di essa, per essere irraggiato via.
Ma per far questo basterebbe un sistema di scambiatori di calore e tubi che facciano circolare
l’acqua che ha assorbito il calore degli ambienti verso il tetto.
Il controllo del flusso dell’acqua, permetterebbe anche di regolare la temperatura interna, bloccando
il raffrescamento quando non serve più, per esempio d’inverno.
Certo, il ricircolo dell’acqua richiederebbe energia per le pompe, ma sarebbe una frazione rispetto a
quella necessaria per ottenere lo stesso risultato con un sistema di condizionamento.
E il raffrescamento domestico è solo una delle possibili applicazioni di questa invenzione. Per
esempio la pellicola potrebbe essere usata per abbassare ulteriormente la temperatura dell’acqua di
raffreddamento delle centrali termoelettriche, aumentando quindi l’efficienza del processo e
diminuendo i consumi.
«Ma funzionerebbe anche per i pannelli solari: applicando su di loro la pellicola trasparente con le
nanosfere di vetro, se ne faciliterebbe il raffreddamento, guadagnando 1-2 punti di efficienza, il che,
su larga scala, fa una grande differenza nella produzione», dice Xiabao.
«Ma il punto cruciale è che questo sistema di raffreddamento funziona 24 ore al giorno, senza
energia e senza usare acqua, quindi può essere applicato ovunque e in quasi tutte le condizioni.
Siamo molto eccitati nel pensare a quante possibili applicazioni possa avere la nostra invenzione, in
campo energetico, aerospaziale, agricolo e tanti altri ancora».
E per illustrarle al meglio, l’Università del Colorado sta già progettando una “cooling farm” di 200
metri quadri dove dimostrare a tutti i possibili clienti, le potenzialità della nuova tecnologia.
Alessandro Codegoni
URL di origine (Salvata il 24/04/2017 - 17:15):
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