Inammissibile l`opposizione a precetto diretta a contestare la validità

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Edizione di martedì 14 febbraio 2017
ESECUZIONE FORZATA E PROCEDURE CONCORSUALI
Inammissibile l’opposizione a precetto diretta a contestare la
validità della notifica del titolo
di Alessandro Petronzi
Cass., Sezione 6-III, ord., 9 novembre 2016, n. 22870; Pres. Amendola, Est. Rubino
Esecuzione Forzata – Opposizione agli atti esecutivi - Contestazione sulla validità della notifica
del titolo - Inammissibilità - Fattispecie (cod. proc. civ. art. 615)
[1] La opposizione agli atti esecutivi diretta a contestare la notifica del titolo esecutivo, costituito
da un decreto ingiuntivo, è inammissibile.
CASO
[1] Il debitore propone opposizione al precetto notificato da due società di capitali, quali socie
di un’altra società di capitali estinta, la quale aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei suoi
confronti.
Nell’opposizione a precetto il debitore solleva contestazioni sulla regolarità della notifica del
titolo, che era costituito da un decreto ingiuntivo.
L'opposizione a precetto veniva rigettata dal Tribunale di Milano.
Il debitore ricorre per cassazione e sostiene, con un primo motivo, che il decreto era stato
richiesto dalla società cancellata dal registro delle imprese, e che la formula esecutiva era
errata, perché avrebbe dovuto essere richiesta e rilasciata solo in favore dei suoi successori e,
con un secondo motivo, che la notifica del decreto ingiuntivo era inesistente, perché eseguita
in data successiva alla cancellazione dal registro delle imprese e alla estinzione della società
creditrice.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte pone in luce la inammissibilità della opposizione a precetto finalizzata a
sanzionare la dedotta irregolarità (nella specie, inesistenza) della notifica del titolo esecutivo
(nella specie, un decreto ingiuntivo), atteso che tale vizio deve essere fatto valere unicamente
con il rimedio naturaliter previsto dall’ordinamento giuridico, quale è la opposizione a decreto
ingiuntivo.
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QUESTIONI
[1] La sentenza in esame richiama l'attenzione sul generale tema dei limiti alla portata delle
contestazioni praticabili con il rimedio della opposizione alla esecuzione nelle ipotesi, molto
ricorrenti nella pratica, ove il titolo esecutivo sia di formazione giudiziale.
In generale, con la opposizione alla esecuzione, con cui l’opponente contesta l’an della
esecuzione, è possibile dedurre solamente fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto
fatto valere sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, e non già quei fatti che
potevano e dovevano essere fatti valere nel procedimento di formazione del titolo esecutivo
stesso. Non è, infatti, consentito che il procedimento ex art. 615 c.p.c. degradi ad ulteriore
giudizio di cognizione su domande giudiziali ed eccezioni non proposte con gli idonei
strumenti processuali accordati dall'ordinamento.
In più occasioni, in applicazione di questi principi, la Suprema Corte ha infatti affermato che,
qualora a base di una qualunque azione esecutiva sia posto un titolo esecutivo giudiziale, il
giudice dell'opposizione, così come quello dell'esecuzione, non può effettuare alcun controllo
intrinseco sul titolo, diretto cioè ad invalidarne l'efficacia in base ad eccezioni o difese che
andavano dedotte nel giudizio nel cui corso è stato pronunziato il titolo medesimo, potendo
controllare soltanto la persistenza della validità di quest'ultimo e quindi attribuire rilevanza
solamente a fatti posteriori alla sua formazione o, se successiva, al conseguimento della
definitività (Cass., 7 maggio 2015, n. 9247).
E in ipotesi analoghe a quelle di cui alla fattispecie di cui alla sentenza in commento, ove alla
base dell'esecuzione vi è un decreto ingiuntivo non opposto nei termini, afferma che il titolo
esecutivo giudiziale copre i fatti estintivi (o modificativi o impeditivi) del credito intervenuti
anteriormente alla formazione del titolo e non può essere rimesso in discussione dinanzi al
giudice dell'esecuzione ed a quello dell'opposizione per fatti anteriori alla sua definitività, in
virtù dell'intrinseca riserva di ogni questione di merito al giudice naturale della causa (in tale
senso, Cass. 14 febbraio 2013, n. 3667; Cass. 18 febbraio 2015, n. 3277).
La sentenza in esame ponendosi nel solco del richiamato orientamento assolutamente pacifico
sia nella giurisprudenza di merito che di legittimità, lo ribadisce in una ipotesi di contestazioni
di violazioni formali sulla formazione stessa del titolo (inesistenza della notifica del decreto
ingiuntivo perché eseguita in data successiva alla cancellazione di una società di capitali dal
registro delle imprese).
L'orientamento richiamato ha il pregio di dare la massima effettività e concretezza alla tutela
del diritto di credito, al fine di garantire la certezza del diritto, in quei casi in cui l'esecuzione
si fondi su un titolo esecutivo di formazione giudiziale, limitando notevolmente il sindacato
del giudice dell'esecuzione alla valutazione di quei soli fatti che incidono sul diritto di credito
stesso che siano successivi alla sua formazione e non siano già stati valutati dal giudice del
procedimento nell'ambito del quale il titolo si è formato o non siano mai stati portati alla
attenzione del giudice naturaliter destinato a conoscere di tali contestazioni.
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