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Stefano Massaron
16/02/2017
Terzo e penultimo appuntamento per parlare di Juventus e stile dopo i fattacci del derby d’Italia. Per
chi se li fosse persi, questi gli altri due articoli:
L’ostile Juve
Inchiesta ‘ndrangheta e curva Juve: a che punto siamo?
Tifosi di Napoli e Roma, dove siete?
Perché, santo cielo, noi abbiamo già dato. E continuiamo a dare, e a dare, e a dare. A sottolineare,
instancabili, ogni “episodio” (non andrebbero chiamati così, ecco perché le virgolette), ogni
favoritismo, ogni dettaglio della smaccata politica — perché di questo si tratta — pro-Juventus
del sistema calcio italiano.
Già nel 2008, a soli due anni da Calciopoli, iniziavo a scrivere che la Juventus — la vera Juventus,
quella dell’abuso di farmaci caduto in prescrizione (quinquennio 1994-1998), quella della
Coppa dei Campioni alzata su 39 bare, quella degli scudetti rubati e degli arbitri “aiutati a
crescere” — stava rialzando la cresta, e che il “sistema-Moggi” era tutt’altro che morto e sepolto
come la pacificazione giornalistica (collusa) voleva farci credere. (Ci ho pure pubblicato un libro, che
raccoglie tutti gli articoli che ho scritto dal 2008 al 2012.)
La vera Juventus, non quella “farlocca” messa su in fretta e furia dall’avvocato Zaccone per evitare
la serie C e il conseguente fallimento e che per un paio di annetti se ne è stata buonina ad aspettare,
consapevole del fatto che il sistema-Moggi era stato solo decapitato, ma che la soldataglia (i vari
giornalisti, opinionisti, arbitri, designatori, dirigenti) era ancora lì, pronta a imbracciare di
nuovo le armi non appena gliene avessero dato l’occasione.
La vera Juventus, quella a cui tutto è concesso, i cui giocatori possono prendere a testate gli arbitri
pusillanimi e che, nonostante abbia Chiellini, Bonucci e Lichsteiner in rosa, detiene il record per il
minor numero di cartellini rossi della storia recente della serie A.
La vera Juventus, quella che ha già il titolo assegnato a luglio, prima ancora che si batta il calcio
d’inizio della prima partita del campionato più farlocco d’Europa e forse del mondo.
Complottista di m***a
Eh sì, così venivo chiamato all’epoca, e anche da fratelli nerazzurri — alcuni dei quali ora opinionisti
di spicco su Twitter, tra l’altro.
Eppure, sarebbe bastato darsi un’occhiata intorno per capire: una volta tacitata l’opinione pubblica
con le teste — peraltro sempre difese sottobanco — di Moggi, Giraudo e Bettega, rimaneva in auge
— e con pieni poteri — il sistema messo in piedi: pieno di soldatini e soldatoni pronti a
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saltellare, come le scimmiette ammaestrate che sono, allo schioccar di dita della famiglia
più parassita d’Italia — gli Agnelli.
Eppure, invece di dare del complottista a chi cercava di far ragionare in modo semplice e lineare,
sarebbe bastato un semplice paragone: a nessuno, mai nella vita, è saltato in mente nemmeno per
sbaglio di dire pubblicamente — verrebbe sbertucciato in eterno, se lo facesse — che con l’arresto e
la conseguente incarcerazione di Bernardo Provenzano e Totò Riina la mafia è finita e non esiste più.
Perché sarebbe una castroneria tale da far prendere in mano casse di pomodori e dare inizio a un —
meritatissimo — tiro al bersaglio.
Trascorsi i due anni di “purgatorio” forzato — testa bassa e pedalare, zitti zitti che l’abbiamo
scampata bella — perché, vorrei ricordarlo a tutti, in ballo c’era la radiazione, altro che la
retrocessione generosissima in serie B — ecco che, dall’ombra di Secco e Blanc, rispuntano loro,
i parassiti per antonomasia, quelli del “privatizziamo i profitti e statalizziamo le perdite”,
quelli di oltre cent’anni di vampirismo sociale sul tessuto connettivo dell’Italia intera, quelli dello
sfruttamento sistematico degli immigrati del sud, quelli… gli Agnelli.
Sono tornati.
The Silence of the Lambs
Questo è il titolo originale del capolavoro Il silenzio degli innocenti. La traduzione, perfetta per
questo caso, sarebbe Il silenzio degli agnelli. Perché the Lambs se ne stanno zitti e buonini finché,
calmate in apparenza le acque, non si rendono conto che possono tornare a fare la voce grossa.
Perché, nel frattempo, il sistema (la “bassa manovalanza”, con addirittura una testata dedicata al
100% alla causa torinese, Tuttosport, e i mendicanti di copie della Gazzetta che fanno a gara con
SKY a chi tira fuori più metri di lingua per leccare i torinesissimi deretani dei The Silence Of) si
ristabilisce, si rigenera, ritrova forza. È’ di qualche giorno fa la “presa di posizione” di tal Massimo
Mauro, che — come a dimostrare le parole che sto scrivendo, ha sbraitato (eh sì, era proprio
incazzato): “Ma la Juventus è stata in serie B! La vogliamo finire? Nessuno ha pagato come la
Juve!“
Ora, fatta la tara a cosa volesse davvero intendere con “ha pagato” (ma immaginiamo che Mauro sia
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un fautore dell’innocenza oltre prova contraria), ecco che l’assioma torna: secondo lorsignori
(rammento che, nella pattuglia di bianconer vestita di Sky, risiedono in pianta stabile anche il pluriinterrogato per l’abuso di farmaci di cui sopra Gianluca Vialli e il condannato per scommesse Paolo
Rossi) la Juventus avrebbe pagato tanto con la retrocessione in serie B, quando in realtà pagò
pochissimo. Dimentichi del fatto che, all’epoca, si parlava — il regolamento parlava — di
“retrocessione in serie C1 o in serie inferiore” e che, con prassi tutta italica, la retrocessione
juventina in B fu una pagliacciata, con i punti di penalizzazione che dai 45 iniziali (che avrebbero
garantito al calcio onesto — quello di tutti gli altri — almeno due o tre anni senza mafia) furono
scontati a 30 prima ancora che il campionato cadetto iniziasse e in seguito a 15 (o erano 19? poco
cambia), annullando così il “purgatorio” a un solo, miserrimo anno passato nei grandi stadi della
serie cadetta.
Chi vuol vedere, veda…
E bisogna stare in silenzio, bisogna che regni l’omertà. Nei felici circoli di noi complottardi — sapete
com’è, ci riuniamo in scantinati fuori mano, a discutere della veridicità delle foto dell’Apollo 11 e ad
analizzare video su video degli strani aerei dell’11 settembre — l’anno scorso si postulava che il
sistema calcio avrebbe fatto di tutto per “salvare” il Palermo, che s’era convenientemente
sdraiato davanti agli agnellidi spianando loro la strada verso il quinto farlocchissimo scudetto
consecutivo, e tutto a scapito del Bologna, che invece non s’era schienata affatto (vuoi perché
Gazzoni Frascara seguitava a sentirsi — giustamente — parte lesa in Calciopoli). Detto, fatto: con
strane decisioni arbitrali favorevoli, Palermo incredibilmente salvo, e Bologna a forte rischio
serie B (merito di Donadoni se sono rimasti in A nonostante tutto quello che gli hanno rovesciato
addosso).
E ora Radja Nainggolan. Che, ne sono certo, dopo le sue “esternazioni” verrà guardato con occhio
di estremo riguardo dai vari Rizzoli, Tagliavento e compagnia bianconera fischiante. Tenetelo
d’occhio, il buon Radja, e guardate che trattamento gli verrà riservato da qui a fine campionato.
Guardate cosa è accaduto all’Inter. Già, perché una prerogativa della Juventus è che no, non si
accontenta di essere smaccatamente favorita ogni maledetta domenica, no: oltre a questo, se alzi
la cresta, ti tocca pure pagarla doppia. Come — mi si passi la licenza poetica — se qualcuno ti
sodomizzasse — e già sarebbe brutto, immagino, non ho mai provato — e, per di più, dimenticasse a
casa la vasellina durante, e il panthenolo dopo.
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Dicono che serva molto. Dopo.
Perché succede così: tu subisci torti su torti (anche indiretti, vero Roma e Napoli? perché un torto
è anche quando un tuo avversario si “schiena” con loro e gioca alla morte con te) e, quando
protesti, non hai lo stesso trattamento riservato alla “testata” di Bonucci (zero cartellini,
zero squalifiche) o al “testa di cazzo!” di Allegri al quarto uomo (zero referto, zero squalifica),
ma hai addirittura un quarto uomo che ti insegue per il campo per “captare” cosa hai detto e, santo
cielo, fartela pagare. Perché?
Un uomo, un eroe.
Perché hai toccato la Juventus. Hai toccato il sistema. Hai osato inserire un granello di sabbia in
quello che, dopo il 2006, è diventato un meccanismo oliato sempre più alla perfezione —
dopotutto, dagli errori si impara.
E noi ci ritroviamo, in pieno 2017, a commentare le cose come il buon Giuseppe Tomasi di
Lampedusa fece, con immenso acume, più di un secolo fa, mettendo in bocca — attenzione! —
non a Salina, ma al nipote Tancredi, la frase (storpiata dai giornalisti, qui vi riportiamo la versione
esatta) che è diventata addirittura simbolo dell’Italia stessa: “Se vogliamo che tutto rimanga
come è, bisogna che tutto cambi.”
Ed è per questo che — come raramente mi è capitato in vita mia — l’altra sera, domenica scorsa
intendo, mi sono messo a guardare Juventus-Inter senza il minimo pathos. Ero più agitato per InterEmpoli. Perché… be’, il problema è che so già come andrà a finire.
Il bello è che lo sappiamo già tutti. Fin da luglio.
E sarebbe anche ora che a raccogliere la fiaccola della giustizia calcistica sia qualcun altro, perché
noi interisti abbiamo davvero già dato.
Ci siamo presi insulti, sfottò, fregature e rompimenti di maròni.
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Ora basta — anche perché, in questo momento, in piena ricostruzione-Suning, abbiamo anche pochi
motivi per combattere (se non il senso di giustizia che ci appartiene per diritto di nascita e che ci è
stato trasmesso dal DNA di Giacinto Facchetti).
Mi piacerebbe che qualche voce cominciasse a levarsi anche da parte di coloro che, obiettivamente,
sono le principali vittime della mafia juventina degli ultimi anni: Roma e Napoli.
Vi svegliate o no, vi svegliate sì o no (cantato)
Volete svegliarvi, oppure vi sta bene così?
No, perché a un certo punto, il sospetto viene anche. Che, fondamentalmente, i tifosi di Roma e
Napoli siano contenti così, con le squalifiche “a orologeria” di Higuain (quattro giornate l’anno
scorso, con il Napoli che di fatto abbandona ogni velleità di lotta al titolo), ma soprattutto — ed è
questo il fatto più grave — con quello che accade nel corso dell’intero campionato.
Non ho sentito né napoletani né giallorossi indignarsi per l’ammissione clamorosa di
Giampaolo di essersi “scansato” con la Juventus (chi è stato decisivo con la Roma? Muriel,
assente per scelta tecnica contro la Juventus), né ho captato alcuna onda di ribellione alle
prestazioni invereconde offerte dal Sassuolo di Squinzi e da tutte le altre squadre che si “schienano”
ogni volta che devono affrontare i ladri di Torino — e lo fanno, rendiamoci conto, perché sanno che,
se non lo fanno, poi nelle partite successive “la pagano”: una squalifichetta qui, un rigoruccio negato
là, e per squadre in bilico può diventare un bel problema.
Eppure, da Roma sponda giallorossa e da Napoli, tutto tace.
Non riesco a comprendere per quale motivo — fatto salvo il già citato bisogno di giustizia del DNA
facchettiano che ci portiamo dietro — si debba sempre essere noi interisti a sollevare timidamente la
manina e dire “signora maestra, mi sa che qui qualcosa puzza”.
Siete contenti così, tifosi della “maggica” e vedovelli maradoniani?
E il signor Pallotta, quand’è che si stuferà di metterci centinaia di milioni? Presto? Quando capirà
una volta per tutte che no, in Italia il triangolino tricolore si assegna già in fase di sorteggiocalendari, più o meno a metà luglio?
Ora, passi per De Laurentiis, che essendo italiano e avendo affari per miliardi di euro, con gli Agnelli
è costretto a farci i conti, ma Pallotta?
E voi, tifosi romanisti, che non vedete l’ora di ritrovarvi al Teatro Massimo a cantare con Venditti a
squarciagola mentre la Ferilli vi mostra le tette — e chissenefrega se ormai la forza di gravità avrà
avuto il sopravvento sulle sempre notevoli bocce della Sabrinona giallorossa?
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Che Iddio te le conservi, a Sabri’!
Possibile che non diciate nulla?
Possibile che, ancora una volta, sia l’Inter a farsi avanti, a denunciare, a portare video, a farsi
sentire nelle sedi più opportune?
Sarebbe anche il caso che vi deste una svegliata, romanisti e napoletani.
Perché qui, prima che ve ne accorgiate, di scudetti ve ne avranno fregati quattro o cinque (a
esser micragnosi), e proprio sotto il naso, con la complicità dei Rizzoli e dei Tagliaventi, dei Nicchi e
dei Messina, della Lega Calcio e della Federazione, e tambureggiati dai più penosi di tutti, ovvero
i proni mendicanti di copie — e di ascolti — della Gazzetta dello Sport e di SkyJuve24.
Datevi una mossa.
Noi abbiamo già dato. E, non so se ve ne siete accorti, ma stiamo difendendo anche voi, ciula che
non siete altro.
Non è che lo facciamo per simpatia — ci mancherebbe. Il fatto è che noi interisti difendiamo la
giustizia e la correttezza, e nel mezzo — attualmente, purtroppo, non siamo abbastanza competitivi
— ci finite voi due, Roma e Napoli.
Magari, se ogni tanto provaste a darci una mano…
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