Il Monte smaltirà subito gli npl

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Giovedì 16 Febbraio 2017
MERCATI
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LA BANCA SENESE NON PUÒ ASPETTARE LA CONCESSIONE DELLA GARANZIA PUBBLICA
Il Monte smaltirà subito gli npl
Nel pacchetto forse anche gli incagli. L’obiettivo è deconsolidare in tempi rapidi, ma il cambio di
struttura non penalizzerà il prezzo. Possibile una quota nel veicolo per beneficiare dei cash flow
di Luca Gualtieri
P
er lo smaltimento delle
sofferenze Banca Mps
non può permettersi di
attendere la concessione
della garanzia pubblica (Gacs).
Ecco perché l’istituto senese
guidato da Marco Morelli ha
deciso di deconsolidare subito gli oltre 28 miliardi lordi di
non performing loan attraverso
un’operazione già quasi definita
nelle sue linee generali. Secondo indiscrezioni non confermate, nel pacchetto potrebbero
confluire anche gli incagli facendo salire l’importo complessivo a 45,8 miliardi. Il modello
sarebbe quello annunciato a
dicembre da Unicredit con il
progetto Fino (Failure Is Not an
Option) che, come anticipato da
MF-Milano Finanza lo scorso 9
febbraio, è da qualche settimana un’opzione allo studio degli
advisor Mediobanca e Lazard e
dello studio legale Bonelli Erede. La rinuncia allo strumento
della cartolarizzazione sembrerebbe dettata dalla necessità di
chiudere al più presto l’operazione. Il completamento della
Gacs, infatti, può richiedere fino a 12-18 mesi, un lasso temporale che probabilmente sarà
sembrato troppo lungo all’autorità di vigilanza. Tanto più che,
ferma restando l’assenza di Atlante, il cambio di struttura non
dovrebbe penalizzare il prezzo.
Bisogna infatti ricordare che, se
nello schema precedente Mps
avrebbe beneficiato del basso
Irr del fondo gestito da Quaestio sgr, dall’altro lato avrebbe
dovuto mettere in conto gli interessi sul bridge loan necessario
proprio per compensare i tempi
Marco Morelli
Per Deus Technology un trust di cervelli sul fintech
di Stefania Peveraro
eus Technology, società milanese leader
D
nelle tecnologie digitali di roboadvisory,
nata sei anni fa dall’iniziativa di un gruppo
di specialisti in informatica, telco, statistica e
matematica finanziaria, si è dotata di un comitato di consiglieri di cui fanno parte grandi
nomi della finanza. Lo scopo è sviluppare attività di studi e ricerche sulla digitalizzazione
del settore finanziario e bancario.
Il board, di cui è segretario generale l’amministratore delegato di Deus, Paolo Galli,
è composto da Roberto Nicastro (presidente
delle quattro good bank e già dg di Unicredit),
lunghi della Gacs. Se insomma
venisse meno la componente
di premialità e il prezzo di cessione dovesse essere più basso
rispetto ai 27 centesimi stimati
in precedenza, la distanza sarà
contenuta.
La ricerca dei potenziali compratori partirà in tempi brevi
e alcuni importanti studi legali milanesi sarebbero già in
contatto con fondi interessati
all’operazione. Al momento,
Andrea Sironi (professore alla Bocconi di Milano, presidente di Borsa Italiana e consigliere
del London Stock Exchange), Roberto Ferrari
(direttore generale di CheBanca!), Luigi Pugliese (managing partner di PwC Strateg&) e
Roberto Marsella, un’esperienza trentennale
in finanza e investimenti.
L’advisory-board svilupperà un programma di
approfondimento e ricerca sul settore fintech
e sull’impatto che questo può avere sull’attività di banche, sgr, assicurazioni e broker
sia a livello di funzioni interne di analisi e
asset-allocation sia a livello commerciali e di
gestione delle relazioni con i clienti. (riproduzione riservata)
però, manca ancora qualche
elemento per chiarire sino infondo la struttura del deal. Se
il deconsolidamento integrale
è un punto fermo, gli advisor
non hanno ancora deciso se la
banca potrà essere azionista
del veicolo cui saranno ceduti
i portafogli. In tal caso si avrebbe una perfetta riedizione del
progetto Fino di Unicredit.
L’istituto milanese guidato da
Jean-Pierre Mustier ha infatti
deciso di trasferire 17,7 miliardi di npl a due veicoli di cartolarizzazione costituiti da Fortress e Pimco, mantenendone
però una quota di minoranza.
Questa strategia non influenza
il prezzo di cessione, ma serve alla banca per partecipare
all’upside dei recuperi e non
cedere tutto il valore a operatori terzi. Per Mps la decisione
non è ancora stata presa, ma il
nodo potrebbe essere sciolto in
tempi brevi per lanciare quanto
prima l’asta. L’idea è chiudere l’operazione entro il primo
semestre, plausibilmente in
parallelo all’aumento di capitale che consentirà l’ingresso
del Tesoro.
Se i tempi saranno rispettati
lo schema definitivo del piano disegnato da McKinsey e
Oliver Wyman dovrebbe essere approvato dal consiglio di
amministrazione nella riunione del prossimo 23 febbraio.
Anche se il confronto con le
autorità di Vigilanza non si è
mai interrotto, l’esame di Bce
e Dg Comp si svilupperà nelle
settimane successive. Se non
ci saranno intoppi, il rafforzamento patrimoniale potrebbe
avere luogo nel corso del secondo trimestre attraverso un
aumento di capitale riservato al
Tesoro e la conversione in equity delle obbligazioni subordinate. L’impegno complessivo
di Via XX Settembre dovrebbe
essere di 6,6 miliardi, anche se i
dettagli tecnici dell’operazione
devono ancora essere definiti.
In particolare sarà interessante
capire se Bruxelles accetterà
la forma in cui Roma ha scelto
di applicare il burden sharing,
cioè il meccanismo di condivisione del costo del salvataggio
tra lo Stato e gli stakeholder
dell’istituto di credito. Se il
capitale non verrà toccato (come invece accaduto per le quattro banche), per il debt/equity
swap sono previste articolate
forme di compensazione nei
confronti dei piccoli risparmiatori. (riproduzione riservata)
Quotazioni, altre news e analisi su
www.milanofinanza.it/mps
Profitti stabili per la banca francese, penalizzata dalle rettifiche. La controllata Cariparma aumenta invece impieghi e raccolta
Crédit Agricole paga le svalutazioni ma cresce in Italia
di Antonio Lusardi
C
rédit Agricole deve accontentarsi di
risultati stabili, ma conquista una
fetta di mercato sempre maggiore
in Italia. Il gruppo bancario francese
ha registrato utile del 2016 in leggera
crescita a 3,54 miliardi di euro (+0,7%
dai 3,51 miliardi dell’anno precedente).
I ricavi non sono sfuggiti alla pressione del difficile contesto internazionale
(tassi bassi e rinegoziazioni sui prestiti
erogati) e hanno subito una diminuzione
dell’1,97% a 16,85 miliardi, ma sono risultati in crescita del 10,9% negli ultimi
tre mesi dell’anno. Il costo del rischio è
rimasto stabile a 1,78 miliardi. Sul risultato finale ha però pesato anche una
componente non ricorrente: la svalutazione all’avviamento per 491 milioni di
euro di alcune delle attività retail francesi del Crédit Lyonnais. La rettifica ha
avuto effetto nell’ultimo trimestre 2016
e ne ha quasi dimezzato
l’utile a 291 milioni di
euro. La solidità patrimoniale è cresciuta leggermente arrivando a un
Cet1 Ratio del 12,1%.
La banca distribuirà un
dividendo di 60 centesimi ad azione, lo stesso
pagato nel 2015.
Segnali migliori per
le attività italiane del
gruppo francese (guidate da Giampiero Maioli,
ceo del gruppo Crédit
Agricole in Italia), che nonostante un
utile in calo a 208 milioni (-6%) per
effetto di alcune spese non ricorrenti
(contributi ai Fondi di Solidarietà e di
Risoluzione, senza dei quali l’utile sarebbe risultato in crescita del 9% a 256
milioni) guadagna fette importanti sia nella
raccolta, in crescita del
6% a 105 miliardi, sia
nel credito, nell’ambito
del quale gli impieghi
sono aumentati del 5%
a 38,2 miliardi di euro,
sopra la media nazionale. Forte anche il flusso
di nuovi clienti, che ha
Giampiero
registrato 115 mila inMaioli
gressi. In particolare,
la liquidità depositata
sui conti correnti del
gruppo ha registrato un incremento del
14% a 28,7 miliardi di euro. In crescita
anche la raccolta indiretta: +7,8% a 65
miliardi, di cui la parte gestita si attesta a 28 miliardi (+11%). Si ricorda a
questo proposito che Crédit Agricole,
attraverso la sua controllata Amundi,
ha acquisito negli scorsi mesi Pioneer,
la sgr del gruppo Unicredit.
I tassi a zero hanno messo alla prova i ricavi, con un calo del margine di interesse del 7,8% a 932 milioni, compensato
però dalla tenuta delle commissioni (stabili a 709 milioni) e dal miglioramento
della qualità del credito, con rettifiche in
calo del 24% e un rapporto tra sofferenze e impieghi al 3,2%. Il coefficiente di
solidità patrimoniale Cet1 resta stabile
all’11,4%. Infine in una nota l’istituto
ricorda che nel 2016, primo anno del
nuovo piano industriale, sono stati investiti 125 milioni di euro in tecnologia
e per supportare l’ingresso di 190 nuovi
dipendenti. (riproduzione riservata)