L`Ultima_stella

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L’ultima stella
La sveglia suonò ed io mi alzai di malavoglia come qualsiasi altro giorno. Era l’ennesima mattina di scuola,
l’ennesimo martedì, l’ennesimo sogno interrotto dall’odioso suono di una maledetta sveglia.
“Buongiorno Riley!” esclamò mio fratello Floyd. Proprio non capivo come facesse a essere di buon umore di
prima mattina. Non gli risposi e mi preparai. Subito dopo uscimmo di casa, salimmo in macchina e ci avviammo
verso scuola. Durante il tragitto continuò ininterrottamente a fare domande, sapeva che non avevo voglia di
parlare, per questo lo faceva, infastidirmi era una delle cose che lo divertivano di più. Arrivammo a scuola e ci
dirigemmo verso l’aula di letteratura; il signor Hatcer entrò ed iniziò subito la sua lezione introducendoci un
romanzo che avremmo letto nei giorni successivi, quando qualcuno lo interruppe bussando alla porta. Entrò un
ragazzo, capelli biondi e zaino in spalla con un foglio in mano: “Il preside vorrebbe vedere Riley e Floyd Seren
nel suo ufficio” disse rivolgendosi al professore.
Io e Floyd ci guardammo confusi, che cosa voleva il preside da noi? Non avevamo fatto niente.
Il signor Hatcer acconsentì, io e Floyd uscimmo dall’aula e seguimmo il ragazzo che non conoscevamo, in
silenzio, fino a quando lui parlò:”Muovetevi, ci stanno aspettando” disse.
“Devi ancora dirle tutto?” continuò rivolgendosi a mio fratello. Intuii che parlavano di me e mi bloccai:”Cosa mi
devi dire? Floyd che cosa non mi hai ancora detto?” .
Non ricevetti risposta e di conseguenza smisi di seguire il biondo. Si fermarono anche loro girandosi di scatto:
”È difficile da spiegare…è arrivato il momento che tu sappia la verità, ma è più facile mostrarlo che dirlo” mi
disse Floyd riprendendo poi a camminare. Li seguii senza fare altre domande ma, quando mi accorsi che non ci
stavamo dirigendo dal preside, mi fermai nuovamente: ”Non mi risulta che l’ufficio del preside sia in un altro
edificio”. Il biondo si bloccò e mi prese per un polso trascinandomi dietro di lui.
Uscimmo dall’edificio e ci dirigemmo in un vicolo cieco poco lontano dalla scuola. Dopo essere arrivati alla fine
della via, il ragazzo che non conoscevo si rivolse a mio fratello:”Tu sai già come funziona vero?”
Floyd annui: ”Non l’ho mai provato però”. Il biondo gli disse di stare tranquillo e poi si rivolse a me: “Tu fidati
e basta” disse prima che mio fratello mi prese l’altro polso.
Allungarono la mano libera sul reticolo attaccato al muro della fine del vicolo, fu allora che notai il piccolo
segnale di “pericolo scossa” attaccato al muro, sbarrai gli occhi aspettando una scossa che non arrivò, allora li
riaprii lentamente e mi accorsi che non eravamo più nel vicolo cieco. Mi ritrovavo in una piazza piena di
persone, alcune di esse erano vestite completamente di rosso ed altre di blu, con dei giubbotti antiproiettili ed un
elmetto del rispettivo colore.
“Dove siamo?” chiesi quasi urlando.
“Siamo a Tawany. E quelli sono Hastit, una nostra versione dei vostri militari” continuò vedendo che stavo
guardando gli uomini colorati. “Vieni” aggiunse per poi iniziare a camminare.
“Mi hai appena rapita da scuola, mi hai portato in questo villaggio pieno di persone armate e colorate, non so
nemmeno chi sei, e ti aspetti che ti venga dietro così?” urlai forse un po’ troppo forte.
“Ti ho salvata da una possibile interrogazione di letteratura, ti ho portata in un posto sicuro, mi chiamo Jason
Tahti, e sì, mi aspetto che tu mi segua” rispose serio.
Floyd mi sussurrò di fidarmi e di seguirlo, mi convinse. Lo seguimmo e arrivammo ad una specie di grande
cupola metallizzata, entrammo e improvvisamente il silenzio calò intorno a noi. Nella stanza c’erano circa
un’altra ventina di ragazzi che bisbigliavano indicandoci. A rompere il silenzio fu una donna: ”Siete arrivati
finalmente, vostro padre sarà qui a momenti. Seguitemi” disse semplicemente.
La seguimmo impauriti fino ad arrivare in un ufficio, si sedette alla scrivania e ci fece accomodare di fronte a
lei. Dopo alcuni secondi ci chiese se sapevamo perché eravamo lì, Floyd annuì ma io scossi la testa, perché era
sempre lui quello che sapeva le cose in anticipo?
“Tawany è una città come quella in cui hai vissuto per tutti questi anni della tua vita. Tuttavia ci sono
delle differenze che la caratterizzano dalle città in cui sei stata fino ad ora, la principale è che prima eri nella 3°
terra, ed ora sei nella 2°” disse come se fosse normale parlare della terra al plurale. “Esiste più di una Terra in
questo sistema solare, così come esistono più di una luna, più di un pianeta Giove, e così via. Tornando alla
Terra, ne esistono cinque, una più povera dell’altra. Finora tu hai vissuto nella 3°, ma, grazie a quella grande
scossa di elettricità che avete preso quando avete toccato quel reticolo, avete raccolto energia, e molta energia
posseduta da particolari persone significa teletrasporto. Così siete arrivati qui nella 2°, sulle stesse coordinate di
quel vicolo vuoto sulla vostra Terra. Comunque non sono qui per farvi lezione di geografia ma per spiegarvi
cosa dovete fare.” Fece una pausa e poi continuò.
“Il cambio di Terra non è la differenza principale. Da anni delle persone chiamate Stelle, ci proteggono da tutti
gli attacchi, che siano da parte di Terre o di altre città. Circa un centinaio di anni fa, una Stella si ribellò perché
voleva conquistare le altre Terre, ma il governo non approvò la sua proposta. A lui non fece piacere questo
rifiuto ed iniziò a dichiarare guerra a tutti quelli che non erano d’accordo con lui. Alla fine si ritrovò contro un
intero esercito di Stelle, mentre lui aveva dalla sua parte solo una trentina di persone, allora il nostro esercito
vinse, ma loro furono semplicemente imprigionati, dato che noi non approviamo la pena di morte. Fu uno
sbaglio. Dopo poche settimane erano già scappate, e nessuno sapeva dove fossero. Alcuni giorni fa è arrivata
una minaccia, quella stessa Stella che si era ribellata centinaia di anni fa, ora ha nuovamente dichiarato guerra.”
“Non dovrebbe essere morto dopo 100 anni?” la interruppi.
“No, stiamo parlando di Stelle, loro invecchiano molto meno velocemente cosicchè ci possano proteggere per
più tempo possibile…Stavo dicendo, questa Stella, Malum Hviezda, ha dichiarato guerra e voi due siete gli unici
che possano sconfiggerlo. Dopo essere scappato di prigione non si stava nascondendo, era riuscito ad entrare
nella 1° Terra, dove è riuscito a trovare l’elisir d’úbytku úmrtia, che fa in modo che solo l’ultima Stella della
famiglia che fino ad ora ti ha tenuto testa meglio, ti possa uccidere, e questo rende praticamente immortali.
Appena Malum bevve quell’elisir, una donna arrivò nella casa della sfortunata famiglia ad annunciargli la loro
sorte con una profezia:
‘L’ultima Stella arriverà
il tuo nemico sconfiggerà.
Tutto questo ti sembrerà sciocco
ma non lo è, te ne accorgerai in un botto.
Sola non sarà nella guerra lontana,
tutto un popolo con se avrà, e noi tutti ci salverà.
Perché è colei che dalle tenebre ci allontanerà
e Malum una volta per tutte sconfiggerà.
Queste sono le sorti della tua famiglia,
ma basta tu creda nell’ultima Stella,
e vedrai che salverà la Terra.’.
Quella famiglia era la vostra, e voi due siete le ultime Stelle rimaste della vostra famiglia, o comunque le ultime
ad essere nate. Non avete scelta, o lo uccidete oppure sarà lui ad uccidere voi, e il resto della vostra famiglia”
pronunciò le ultime frasi senza guardarci negli occhi. Ci aveva appena detto che dovevamo morire o uccidere
una persona mille volte più potente.
“Vostro padre dovrebbe essere arrivato” disse la donna per poi lasciarci soli nel suo ufficio.
“Lo sapevi?” chiesi rompendo il silenzio tra me e mio fratello.
“Sapevo delle Terre e del fatto che eravamo Stelle, ma non sapevo che avevamo il destino segnato” rispose
ancora sconvolto dalle parole che avevamo appena sentito.
Entrò nostro padre e ci abbracciò sussurrandoci un “mi dispiace” mentre iniziava a piangere.
“Potremmo andarcene, troveremo abbastanza energia da teletrasportarci in un’altra Terra” propose lui
continuando ad abbracciarci.
“Sarebbe inutile, l’unica soluzione è prepararci e sperare di essere capaci di fare qualcosa quando Maulm
arriverà, ma tenete fuori Riley, ci proverò io.” disse Floyd.
Non era proprio il momento di fare il fratello protettivo, non lo avrei mai lasciato combattere da solo.
“Non potete tagliarmi fuori, non hai sentito prima, lo può uccidere solo l’ultima Stella della nostra famiglia, e
anche se siamo gemelli, tu sei nato un paio di secondi prima, quindi tocca a me” ammisi tristemente, sapevano
che avevo ragione.
“Allora non torneremo più sulla nostra terra, resteremo qui, da domani vi insegneremo a difendervi, e poi non ci
resta che sperare.” disse infine nostro padre.
I giorni che seguirono furono probabilmente i più difficili della mia vita. Ci insegnarono ad usare una loro
pistola, che chiamavano venenum perché le pallottole contenevano del veleno, in questo modo, anche se
colpivamo una persona al piede o ad una mano, questa moriva perché il veleno contenuto nella pallottola si
sarebbe disperso nel corpo della vittima. Ogni mattina ci rivestivano con dei giubbotti antiproiettili, in caso
Malum arrivasse, e dopo un paio di mesi si rivelarono utili. Malum era arrivato a Tawany assieme al suo esercito
che ora era salito di numero raggiungendo quello del nostro. Si avvicinarono e i primi colpi di pistola partirono,
ormai ogni casa della città era diventato un posto di vedetta, e su ogni tetto c’erano decine di persone armate. Io
e Floyd avremmo affrontato Malum da soli, infondo solo io potevo ucciderlo e l’aiuto di altre persone sarebbe
stato inutile contro di lui. Fu allora che ci trovammo su una collina distante dalla battaglia principale, in un
edificio semi-abbandonato, solamente io e mio fratello, mentre aspettavamo l’arrivo dell’uomo che dovevamo
uccidere o che ci avrebbe uccisi.
“Ricorda che ti voglio bene” disse Floyd mentre gli scendeva una lacrima.
“Non dirmelo ora, ti prometto che non moriremo, e finita questa guerra potrai ripetermelo tutti i giorni”
“Ma ricorda che se dovessi mo-“ “Nessuno dei due morirà punto. Uccideremo Malum e poi tu tornerai ad
infastidirmi con le domande di prima mattina” lo interruppi strappandogli anche un sorriso.
Uno sparo più forte degli altri interruppe quel momento, e capimmo che qualcuno era entrato nell’edificio,
quando il suono di una voce ce lo confermò:”Ragazziiii, sono io, zio Malum, venite fuori e finiamo questa cosa,
sapete com’è, io avrei delle Terre da conquistare.”.
Sentimmo uno sparo, poi un altro, ed un altro ancora. Si stava avvicinando. Allora io e Floyd salimmo di piano
in piano cercando di rimandare l’arrivo della sparatoria faccia a faccia. Ci nascondemmo all’ultimo piano, prima
del tetto dietro le scale, quando intravvedemmo dei pantaloni neri sorpassare la porte della stanza. Allora ci
assalì il panico. Malum sparò un colpo vicino alle scale ed io quasi mi misi ad urlare. Floyd allora sparò,
mirando in un punto dietro l’uomo, in modo che pensasse che eravamo in un'altra stanza. Funzionò. Intanto noi
salimmo le scale che portavano al tetto e solo allora ci venne in mente che non potevamo più scappare, era
arrivato il mio momento di sparare. Poco dopo arrivò anche Malum. “Venite fuoriii” urlò come se fosse tutto un
gioco, mentre lanciava delle piccole bombe a mano ovunque noi avremmo potuto nasconderci.
Stavamo passando all’ennesimo muretto dietro il quale proteggerci, Floyd era dietro di me, quando un colpo di
pistola lo colpì ad una gamba. Tirai un urlò e cercai di andare da lui, ma una pallottola me lo impedì, facendomi
tornare dietro al pezzo di cemento che mi permetteva di salvarmi.
Socchiusi gli occhi cercando di restare lucida. Poi, un altro sparo, un urlo e infine silenzio. Silenzio.
Aprii lentamente gli occhi, e subito desiderai non averlo mai fatto: il corpo di Floyd giaceva disteso a terra, gli
occhi aperti che fissavano un punto vuoto nel nulla, il collo ricoperto dal sangue con un buco al centro, e un
pugno chiuso nell’impugnatura di una pistola che aveva sparato solo un colpo.
Il mondo mi crollò addosso, gli avevo promesso che non saremmo morti, ma avevo mentito. Restai nascosta,
Malum non mi vedeva, era il momento di sparare, ma niente, non ne avevo la forza. Corsi dietro un altro muretto
senza farmi vedere mentre lo guardavo avvicinarsi al corpo disteso per terra.
“Povero ragazzo, così giovane, chissà cosa sarebbe potuto diventare se tu fossi morta prima di lui, in fondo io è
la tua morte che voglio, non la sua. È colpa tua se è morto, è colpa tua se migliaia di persone stanno morendo, e
questo solamente perché tu non ti sei consegnata prima” disse per poi sparare dietro al pezzo di cemento, dove
mi trovavo pochi secondi prima.
Malum si guardò in torno non capendo dove io fossi, fu allora che mi alzai in piedi, puntai la mia arma contro la
mano che impugnava la sua pistola, sparai un colpo. L’uomo che avevo di fronte urlò dal dolore e cercò di
impugnare l’altra pistola con la mano buona ma io glielo impedii sparando anche a questa, lasciandogli un buco
nel palmo. Urlò di nuovo e vidi la morte salirgli lenta negli occhi. Avevo usato la venenum, questo significava
che sarebbe morto da un momento all’altro perché il veleno si sarebbe disperso nelle vene, ma questo non mi
bastava, volevo che fosse un colpo di pistola ad ucciderlo, come aveva fatto con Floyd. Puntai dritto alla gola e
sparai un ultimo colpo, Malum indietreggiò fino a cadere per i sette piani dell’edificio. Era morto. Cosi come
Floyd e moltissime altre persone, però lui era morto. Finalmente era tutto finito.
Presto arrivarono anche le persone sopravvissute ad ammirare il corpo di Malum come se fosse un’opera d’arte,
mentre io e mio padre piangevamo sul corpo di mio fratello.
Un paio di giorni dopo si tennero i funerali, e mio padre decise di seppellire a Tawany anche Floyd, nell’ala del
cimitero dedicata alle Stelle.
Restammo nella 2° Terra per circa un’altra settimana fino a quando trovammo un posto con abbastanza energia
per poterci teletrasportare.
Dopo un paio di giorni decisi di tornare a scuola, mi serviva qualcosa con cui distrarmi.
Era un martedì come un altro, mi alzai, mi preparai ed andai a scuola. Arrivai ed entrai nell’aula di letteratura, il
signor Hatcer doveva ancora arrivare.
Il banco vuoto di fianco al mio mi rendeva maledettamente triste, avevo bisogno di parlare con qualcuno, ma
non potevo certo raccontare quello che avevo passato ad un persona qualsiasi.
La lezione iniziò ed io cercai di prestare attenzione, senza grandi risultati.
Continuavo a pensare a ciò che era successo, a quella maledetta profezia, a quel maledetto proiettile che aveva
ucciso Floyd. Mi chiesi come sarebbe andata se fossi finita veramente dal preside piuttosto che in un altro
pianeta. Avrei voluto cambiare tutto, ma non potevo, magari sarei riuscita a voltare pagina, ma niente cambiava
quello che era successo, niente cambiava quello che ero.
Io ero l’ultima Stella, e che agli altri andasse bene o no, io sarei rimasta l’ultima Stella.