Stretta di mano Mustier-Nagel

Download Report

Transcript Stretta di mano Mustier-Nagel

3
Venerdì 17 Febbraio 2017
PRIMO PIANO
CLIMA DISTESO TRA I DUE BANCHIERI ALLA RIUNIONE DEL DIRETTIVO MEDIOBANCA DI IERI
Stretta di mano Mustier-Nagel
Nel corso dell’incontro non sarebbe stata affrontata la questione Generali. In vista della scadenza
del 30 settembre fissata per le richieste di disdetta non sono previste variazioni all’interno del patto
di Oscar Bodini
MF-DOWJONES
S
orrisi e strette di mano
tra l’amministratore
delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, e il
numero uno di Unicredit, Jean Pierre Mustier. Al termine
della riunione del direttivo di
Piazzetta Cuccia di ieri, i due
banchieri sono usciti dalla
sede di Mediobanca e si sono congedati in modo molto
amichevole. «Avete visto?
Mustier ci ha fatto questa
grande cortesia di venire»,
ha dichiarato Nagel. Con una
quota dell’8,5%, Unicredit è
il principale azionista della
merchant milanese; da settimane si rincorrono tra i due
top manager voci di dissapori (Mustier in un’intervista di
qualche mese fa definì Mediobanca «la quindicesima banca
del nostro gruppo»), che potrebbero dunque perdere consistenza la stretta di mano e il
saluto caloroso. Nel corso del
direttivo «non si è parlato di
Generali», ha dichiarato l’a.d.
di Italmobiliare, Carlo Pesenti, lasciando Piazzetta Cuccia.
Italmobiliare detiene l’1% di
Mediobanca e all’interno del
patto pesa per il 3,21%.
Patto che si è riunito sempre
ieri al termine del direttivo. In
questa sede Nagel ha illustrato
ai soci forti i risultati di metà
esercizio. Il perimetro del Patto degli azionisti Mediobanca,
che riunisce circa il 31% del
po Ferrero con lo 0,66%.
«Al momento non c’è la
sensazione che qualcuquotazioni in euro
9
no dia disdetta e non c’è
neppure indicazione che
8
qualcuno entri», ha infatti spiegato una fonte al
7
termine della riunione di
IERI
ieri. Perdono dunque pe6
8,12 €
so alcuni rumor degli ul-0,55%
5
timi mesi secondo i quali
Unicredit starebbe riflet16 nov ’16
16 feb ’17
tendo sull’opportunità di
vendere la propria quota
(8,5%) di Mediobanca (il che
Il congedo tra Jean Pierre Mustier e Alberto Nagel ieri davanti alla sede di Mediobanca
presupporrebbe di svincolarla
dal Patto), nell’ambito delle
operazioni legate al rafforzamento patrimoniale che
il gruppo ha attualmente in
sulle privatizzazioni sono state sollevate da
di Manuel Costa
corso. Le norme che regolacomponenti del governo, tutte interne al Pd.
no l’accordo di sindacato e
arlo Calenda ribadisce il suo sì alla vendita In primis il sottosegretario allo Sviluppo con
blocco della merchant miladella seconda tranche di Poste Italiane. Il delega alle Tlc, Antonello Giacomelli, che ha
nese prevedono che entro il
ministro dello Sviluppo Economico fa così da manifestato più volte la sua contrarietà alla
prossimo 30 settembre i soci
sponda al Tesoro che tiene la barra dritta sul nuova operazione Poste, annunciando persino
che non intendono rinnovare
piano di privatizzazioni di quest’anno. In pro- una proposta ad hoc per fermarla. Ma anche
l’impegno sindacato comunigramma c’è il secondo collocamento del grup- il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporchino formale disdetta agli alpo postale ma anche la quotazione di Ferrovie ti, Graziano Delrio, si è detto perplesso sul
tri partecipanti, ai quali spetta
dello Stato. «Sono assolutamente favorevole piano di privatizzazione di Fs. «Va fatta una
un diritto di prelazione in caso
alla privatizzazione di Poste, naturalmente non riflessione profonda, abbiamo ancora molto da
di vendita della quota che vietutta perché il controllo resta allo Stato», ha di- discutere», ha detto ieri senza mezzi termini.
ne liberata. Il patto si rinnovechiarato Calenda, «credo che le privatizzazioni Proprio mentre il ministro dell’Economia, Pier
rà automaticamente per altri
in un Paese ad alto debito siano importanti, Carlo Padoan, confermava l’impostazione del
due anni a condizione che il
se no non si capisce come ridurlo e fare inve- Def che prevede cessioni per lo 0,5% del Pil
capitale a esso vincolato non
stimenti». Nelle ultime settimane perplessità anche nel 2017. (riproduzione riservata)
scenda al di sotto della soglia
del 25%. Secondo quanto ha
riferito un’altra fonte al tercapitale di Piazzetta Cuccia, to da Vincent Bolloré, tramite Tra gli altri principali soci vi mine del vertice, i soci tornepotrebbe rimanere invariato la Financière du Perguet, con sono Edizione della famiglia ranno a riunirsi in settembre.
anche nel prossimo biennio. Il l’8% del capitale e il 25,77% Benetton con il 2,14% delle (riproduzione riservata)
primo azionista di Medioban- delle azioni vincolate. Segue azioni, Pirelli con l’1,81%,
ca è Unicredit con l’8,56% del il gruppo Mediolanum con il Italmobiliare con l’1%, Finin- Quotazioni, altre news e analisi su
capitale sociale e il 27,56% 3,34% del capitale sociale e vest con lo 0,99%, il gruppo www.milanofinanza.it/mediobanca
delle azioni vincolate, segui- il 10,76% di quello vincolato. Gavio con lo 0,67% e il grup-
MEDIOBANCA
Calenda: sì a seconda tranche di Poste. Delrio frena su Fs
C
Bene l’intervento del Parlamento Ue sulla Vigilanza, ma ora l’Italia si faccia sentire
L
a relazione approvata dal Parlamento
europeo sull’attività del Meccanismo
unico di Vigilanza nel 2016 è importante, ma in alcuni passaggi non così
straordinaria come è stata presentata da
qualche giornale. Avere finalmente sollevato, in particolare, il problema degli
asset illiquidi di livello 3, a cominciare dai
derivati, il cui rischio viene platealmente
sottovalutato, creando altresì una evidente
disparità di trattamento nei confronti di
altre attività, è senz’altro meritorio. E si
dovrà, altresì, tener conto delle necessarie
mediazioni per poter arrivare a una approvazione del rapporto a larghissima maggioranza, tuttavia non è affatto necessario
per i doverosi rimedi attendere gli stress
test, ai quali il Parlamento vuole che gli
asset in questione siano sottoposti e che
verosimilmente si terranno solo nel 2018.
Da subito la Vigilanza unica potrebbe e
dovrebbe adottare le occorrenti misure di
riequilibrio. Attendere ancora, dopo avere
riconosciuto l’inoppugnabilità della disparità di trattamento, sarebbe difficilmente
comprensibile. E ciò a maggior ragione se
si ha presente che la relazione critica l’insufficiente trasparenza anche degli stress
test e delle metodologie adottate, chiede al
di Angelo De Mattia
riguardo misure di riforma e solleva, poi,
la necessità che si introducano indicatori
della efficacia dell’azione di Vigilanza.
Così ci si avvicina al problema cruciale
del quis custodiet ipsos custodes?. Va bene la misurazione della performance, del
pari va bene il doveroso miglioramento
dell’accountability, ma sulla Vigilanza
intesa in senso istituzionale ampio, cioè
con riferimento al duo Bce-Eba, andrebbe
effettuata una vera e propria operazione
di revisione condotta autorevolmente, ai
massimi livelli di esperti e responsabili
di caratura internazionale, considerate
le pessime prove sinora offerte. Sarebbe
da evitare massimamente che la relazione venga intesa come un mero suggerimento e si ritenga che l’autonomia della
funzione di Vigilanza sia così lata da
poter ritenere non vincolanti gli indirizzi
impartiti dal Parlamento, quasi che per
renderli, invece, cogenti sia necessaria
una norma di legge precisa, direttiva o
regolamento. Se dovesse affermarsi una
tale concezione, saremmo in presenza di
un disconoscimento della funzione di un
organo, il Parlamento, che rappresenta la
volontà popolare, a legittimazione democratica diretta, dunque, e non di una tecnostruttura, qual è la Vigilanza. È urgente,
inoltre, che siano chiare e pubbliche le
motivazioni delle decisioni che la Vigilanza assume, al riguardo redigendo previi
criteri di carattere generale per spiegare
i comportamenti della comunicazione
istituzionale. Non sono affatto mancati i
casi di deficit clamorosi nell’esercizio di
quest’ultima funzione alla quale sarebbe
colpevole attendere non si sa bene cosa
per porvi efficace rimedio. Ciò chiama
in ballo direttamente il Consiglio direttivo
della Bce che non può ritenersi un passivo osservatore dell’esercizio dei controlli
bancari, così, quanto meno, apparendo.
Se, invece, le cose non stessero in tal modo, allora vi sarebbe una ragione in più
che anche di questa attività del Direttivo
si abbia pubblica notizia, sia pure tenendo
conto dei possibili limiti indotti dall’obbligo di riservatezza su contenuti specifici. Un chiarimento sarebbe, comunque,
necessario, viste le diverse opinioni al
riguardo che arrivano, negando infondatamente lo stesso potere di obiezione da
parte della Bce sulle misure di Vigilanza,
a ritenere quest’ultima completamente
autonoma dalla prima, il che costituirebbe una violazione del Trattato Ue e dello
stesso Accordo intergovernativo che ha
disciplinato l’accentramento della stessa
Vigilanza. Quanto alla ripulitura dei bilanci delle banche dai crediti deteriorati,
la relazione del Parlamento di Strasburgo auspica soluzioni rapide, attraverso
forme possibili di cartolarizzazione, a
livello sia nazionale, sia dell’Unione. Il
tema è stato proposto di recente dall’Eba
con un progetto di larga massima di bad
bank europea; mancherebbe, in ogni caso, qualsiasi ipotesi di mutualizzazione
dei rischi. È su questo aspetto che il Parlamento dovrebbe cimentarsi se intende
dare un valido contributo in questo campo. Insomma, il rapporto di Strasburgo
costituisce una novità positiva, ma occorre fare molto di più. A questo punto
dovrebbero entrare in azione i singoli
partner, almeno quei Paesi che particolarmente avvertono le conseguenze di
un’inadeguata azione di Vigilanza e, fra
questi, l’Italia. (riproduzione riservata)