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CRONACA

07/02/2017

L'allarme del colonnello Sandulli, capo degli investigatori antimafia A Spezia applicate misure di prevenzione e confisca a imprenditori non di origine calabrese. "Così si danneggia l'economia sana"

La 'ndrangheta trasparente La Dia: "Radicata in Liguria ma c'è chi non la vede"

MARCO PREVE "ORAMAI la presenza strutturata in Liguria della 'ndrangheta non è più una chiacchiera da bar ma un'evidenza nei confronti della quale, anche tra addetti ai lavori, c'è ancora scarsa sensibilità".

Il colonnello Sandro Sandulli, già comandante del Ros dei carabinieri di Genova e di Milano e ora direttore della Direzione Investigativa Antimafia della Liguria usa un tono pacato per esprimere un concetto assai inquietante.

Lo fa il giorno in cui, su richiesta del Centro Dia il Tribunale di La Spezia ha applicato le misure di prevenzione (sorveglianza speciale, obbligo di soggiorno per due anni) con la confisca di 20 milioni di beni (quote societarie, case anche in Svizzera e in Francia, veicoli) a due imprenditori, Roberto Piras e Riccardo Trusendi, indiziati di appartenere alla 'ndrangheta.

Erano già stati arrestati dalla Dia nell'ambito dell'operazione "Grecale ligure" del giugno 2015, per aver reimpiegato - in concorso tra loro - beni e titoli bancari provenienti da bancarotta fraudolenta e documentale e poi indagati anche trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza delittuosa e falso.

Nessuno dei due è originario della Calabria ed è un particolare che conferma quanto sostiene Sandulli circa la penetrazione nel tessuto sociale della Liguria: "È una 'ndrangheta che non si mostra, però, proprio quando il fenomeno è silenzioso è anche più pericoloso. Episodi come quello di Spezia dimostrano che imprenditori spregiudicati hanno capito come migliorare la propria posizione danneggiando però in questo modo l'imprenditoria sana".

Sandulli pianta, su una mappa immaginaria, una serie di bandierine che testimoniano la ramificazione sul territorio regionale delle cosche, operative soprattutto nell'edilizia e nel movimento terra. Si parte da Ventimiglia la città per la quale una sentenza di secondo grado ha certificato la presenza di una "locale" della 'ndrangheta (negata invece per Bordighera anche se è pendente la Cassazione); poi c'è la provincia di Savona con l'arresto di una delle figure più importanti del nord Italia, Carmelo Gullace e la richiesta di misure di prevenzione nei confronti di alcuni esponenti della famiglia Fotia; i giudici calabresi hanno condannato a vent'anni il verduraio genovese Domenico Gangemi, ritenuto uno dei boss del nord e nel capoluogo ligure era attiva una rete di narcotraffico che aveva reclutato dei camalli per fare uscire dal porto i carichi di cocaina; a Lavagna, è storia di quest'estate, un'inchiesta ha portato alla luce i legami tra esponenti delle cosche e la politica, sindaco e deputata del territorio compresi; all'imprenditore Domenico Romeo. Un elenco - e sono solo le indagini più evidenti - che dovrebbe far alzare la soglia di attenzione secondo Sandulli. "Invece — continua il colonnello rilevo scarsa sensibilità anche tra addetti ai lavori".

Il comandante del Centro Dia non lo dice, ma è evidente, ad esempio, che i giudici liguri, nei processi di 'ndrangheta abbiano talvolta adottato un metro diverso da quelli dei colleghi non solo calabresi, ma anche milanesi e torinesi, assolvendo imputati in processi dove veniva contestata l'affiliazione all'appartenenza alla 'ndrangheta senza però i cosiddetti reati fine. Scelta diametralmente opposta a quella di tribunali lombardi e piemontesi ©RIPRODUZIONE RISERVATA La riflessione: "Proprio quando il fenomeno è silenzioso è anche più pericoloso" L'appartenenza viene valutata diversamente dai giudici genovesi rispetto ai milanesi Nella foto d'archivio, un cantiere edile

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CRONACA

07/02/2017

LE INDAGINI

Dopo gli arresti parte la caccia al nuovo boss

ANTIMAFIA È probabile che la 'ndrangheta abbia già scelto il nuovo referente in Liguria, ma gli investigatori non sono ancora riusciti ad individuarlo con

certezza,

anche se non mancano i sospetti, specie nel ponente della regione CHI È OGGI, in Liguria, il referente delle cosche calabresi? Chi è il nuovo boss? Domande alle quali gli investigatori della Dia e la procura antimafia provano a dare una risposta. Se da un lato l'attività investigativa negli ultimi anni è stata proficua consentendo di colpire al vertice le 'ndrine liguri, l'arresto di quelli che erano considerati i capi ha aperto un vuoto nell'organigramma. È probabile che la 'ndrangheta abbia già scelto il sostituto ma gli investigatori non sono ancora riusciti ad individuarlo con certezza, anche se non mancano i sospetti.

Nel 2013 sono stati condannati da un tribunale calabrese Domenico Gangemi (il verduraio di

piazza

Giusti ritenuto a capo della 'ndrina di Genova) e il suo braccio destro Domenico Belcastro, arrestati e processati nell' ambito della "madre" di tutte le inchieste per 'ndrangheta: a Gangemi 19 anni e sei mesi di carcere, a Belcastro otto.

Nel mese di luglio, in una maxi retata, sono finiti in manette nel ponente savonese i fratelli Elio e Carmelo Gullace, la moglie di quest'ultimo Giulia Fazzari, e Antonio Fameli. Pur essendo Fameli un nome storico delle inchieste antimafia, è il nome di Carmelo Gullace quello di maggior peso. Addirittura viene ritenuto dagli investigatori uno dei massimi esponenti del nord Italia visto che anche da Milano si rivolgevano a lui appartenenti alle cosche per risolvere controversie interne.

Alla fine di gennaio è morto Giuseppe "Peppino" Marciano, 83 anni, considerato il boss della "locale" di Ventimiglia e per questo condannato in appello a quindici anni di carcere.

Anche se le 'ndrine hanno molte radici in Liguria è a ponente che si concentrano le attenzioni. Ci sono alcuni sospetti anche se ci sono cambiamenti nella geografia delle famiglie calabresi. I fratelli Pellegrino, ad esempio, indagati e condannati per alcuni reati ma non per associazione mafiosa, sembrano aver spostato i loro business costruzioni e movimento terra in particolare - oltre frontiera, in quella Costa Azzurra dove l'italiano e il calabrese sono lingue correnti.

(m.pr) ©RIPRODUZIONE RISERVATA