Tanto - zensei

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Transcript Tanto - zensei

RIFLESSIONI
La paura
Di Régis Soavi
Al di la dei progressi tecnici che l’allenamento può portare, il tanto ci rinvia
anche a un’immagine cruda e ancorata nel reale della violenza. Régis Soavi
ci spiega perché è essenziale confrontarci con le nostre paure senza rifugiarci nello stile, le regole o l’etichetta.
T
utto è iniziato in un pomeriggio qualunque nella mia città-dormitorio del Blanc-Mesnil, in periferia di Parigi. Una lite come
ne capitavano spesso, ma quel giorno mi
trovai sotto un ragazzo che, mentre mi
picchiava la testa sul bordo del marciapiede, mi diceva “Ti uccido, ti uccido”.
All’epoca, parlo dell’inizio degli anni sessanta, non avevamo nessuna conoscenza
sport, e il bastone di Robin Hood, grazie
ad Errol Flynn, l’unica arma che conoscevamo nel quotidiano era il coltello.
la settimana dopo ero iscritto al corso di
Judo Jiu-Jitsu Autodifesa della città vicina, le Bourget.
Avevo dodici anni e nella mia testa c’era questo leitmotiv: “Mai più, mai più”.
Due anni dopo in occasione della festa di
Una morte diventata virtuale e
spesso asettica
doveva fare una dimostrazione. Tutto era
andato benissimo quando di colpo dalle
lescente in giacca di pelle nera, che inveisce contro il nostro gruppo: “Sono tutte
balle, fate schifo...” Prima che chiunque
possa reagire, salta sul palco, tira fuori
un coltello a serramanico e con un mavo ed eseguo una tecnica (mi pare che
fosse una sorta di o soto gari). Emozione
del pubblico, grida! Poi saluto tra il mio
aggressore e me. Conseguenza: tirata di
orecchie dal direttore della scuola che ci
fece giurare, al mio amico Jean Michel
(l’aggressore) e a me, di non rifare mai
una cosa del genere, perché gli era quasi
venuto un infarto.
Oltre ai corsi di Karate per lui e di Judo
per me, ci allenavamo il più spesso possibile e per delle ore nel mio “Dojo personale”.
Da quando ci eravamo installati in un
villino all’entrata di un piccolo complesso di case dove mia madre aveva trovato
lavoro come custode, avevo trasformato
il seminterrato in Dojo, con dei bancali
ricoperti di gommapiuma di recupero a
giovani adulti delle nuove generazioni.
Nei nostri paesi industrializzati, la morte
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possibilità di sognarsi qualcun altro, il cinema e gli effetti speciali ben si prestano
Lavoro con un tanto di metallo.
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è diventata virtuale e spesso asettica, la
spettacolarizzazione ha creato un distacco. Gli schermi che tutti possiedono oggi
sica quanto psicologica.
Il lavoro che possiamo fare con un
un’importanza enorme dal punto di vista
sto nei miei allievi una reazione simile a
quella che si può vedere con un tanto.
Finché si tratta di un tanto in legno va
ancora bene, ma non appena si propone
il tanto di metallo, anche se la lama non
dei praticanti un certo sguardo, con una
serie di sfumature, dallo spavento al panico passando dallo sbalordimento, in ogni
caso vi è la paura, perché dobbiamo pur
Il tanto partecipa a un principio di realtà.
chiamarla con il suo nome. Qualsiasi siaSiamo spesso talmente lontani da questo
tipo di realtà...
Guarda sotto i tuoi piedi
2016 era “Guarda sotto i tuoi piedi”, calTsuda. Questa frase, che era all’entrata
dei monasteri Zen, risuona in modo eviintrigano. Messaggio subliminale? Mes-
saggio per la posterità.
Durante il nostro stage, “Guarda sotto
i tuoi piedi” era: “Vedi e senti la realtà.
Esci dal sogno, dall’illusione, diventa un
essere umano vero”.
Il tanto fa parte del principio di realtà. Al
di là della destrezza che gli allenamenti
possono portare, quello che è determinante e che dobbiamo considerare è appunto la paura: la paura della ferita, che
è un male minore, e la paura della morte.
In un primo momento c’è bisogno che le
no ad usare il tanto: anche se le tecniche
di attacco o di taglio sono piuttosto semmodo di tenere l’arma nell’incavo della
mano e gli appoggi che si scopriranno per
una buona presa devono essere insegnati con attenzione e devono permettere la
comprensione, perché se la presa del tanto è scorretta, può rivelarsi più pericolosa
to riguarda la nostra Scuola, rari sono
quelli che, quando arrivano, hanno già
avuto un’arma di questo tipo tra le mani.
Il semplice fatto del senso della lama, la
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RIFLESSIONI
tutto questo che condiziona un buon attacco.
Spesso le persone sono riluttanti ad utilizzare il tanto di metallo, troppo vicino alla
realtà. Si visualizzano già come barbari,
le mani grondanti di sangue del partner!
Per quanto io possa spiegare ed usare
le precauzioni necessarie, queste visualizzazioni impediscono loro di fare un
vero attacco e li bloccano. Rimangono
mollemente e, anche se gli attacchi sono
convenzionali, avvisano, “telefonano”, il
momento del loro attacco. Ma se tutto,
proprio tutto, è previsto, non rimane niente di vivo. Se si protegge e iperprotegge,
la vita scompare. Il respiro si accorcia, diventa affannoso, inconsistente.
L’istinto non può svilupparsi. Rimane
solo un allenamento ripetitivo e noioso.
E qui devo dirlo: non si tratta solo di
parlare delle arti marziali, perché tutti
le, è necessario per acquisire una postusentire bene i movimenti, come quando si
a partire da un certo livello il momento
e l’intensità devono rimanere aleatori e si
deve dare il massimo. Il movimento libe-
ta – è il momento in cui si può appunto,
nel rispetto del livello di ognuno, lavorare
sulle proprie reazioni.
Quello che fa la differenza con i grandi
Maestri del passato non è la loro tecnica
eccezionale ma la loro presenza, la qualità della loro presenza. Quello che fa la
differenza ancora oggi è la qualità dell’essere e non la quantità di tecniche.
il suo corollario, la lotta contro se stesso
L’aggressione fa paura
rendeva paralizzante. La paura, che in
partenza è una sensazione naturale, deriva dal nostro istinto. Non è altro che il
blocco della nostra energia vitale quando
quest’ultima non trova una via di uscita.
Si trasforma in stimolo, in attenzione, in
do trova la giusta via.
Quando si pratica con una sciabola o
un bastone ci si può rifugiare nell’arte,
lo stile, la bellezza del gesto, le regole,
perché è più vicino alla nostra realtà. Il
coltello, il pugnale, sono purtroppo delle
armi troppo spesso utilizzate ancora oggi.
L’aggressione fa paura, trasformarci in
aggressori per qualche minuto ci impressiona. Questo vincolo è estremamente fastidioso e addirittura a volte quasi impossibile da superare per alcune persone. Il
mio lavoro consiste ad aiutarli, per uscire
da questo immobilismo, da questo blocco
questa paura, a rivelarla, a mostrare che è
questa ad impedirci di vivere pienamente. Il tanto è un rivelatore di quello che
avviene dentro di noi. E qui, due grandi
orientamenti sono possibili: la via del
rafforzamento o la via della spoliazione.
Nel primo caso, la lotta contro la paura ed
sensibilizzazione, d’irrigidimento del
corpo, d’indurimento muscolare e la sua
nostra umanità.
Oppure il superamento per l’accettazione
di questa paura per quello che è e per il
il Movimento rigeneratore (una delle praNoguchi sensei) come possibilità di normalizzare il terreno tramite un’attivazione del sistema motore extrapiramidale.
Questa normalizzazione del corpo passa
attraverso lo sviluppo del nostro sistema
involontario che, invece di un funzionadi allenamento, ritrova le sue capacità oriallora che poco a poco scopriremo che un
gran numero delle nostre paure, della nostra incapacità a vivere pienamente, a reatezze, sono dovute alla mancanza di reazione del nostro corpo. Ai blocchi della
o a una “mentalizzazione” troppo rapida
ed inoperante. L’immaginario, quando è
girato verso il negativo e che si sviluppa
in maniera eccessiva, è spesso all’origine
quotidiana e si rivela drammaticamente
bloccante in circostanze eccezionali.
Flessibilità esteriore e fermezza
interiore
Itsuo Tsuda ci da un esempio che colpisce, preso dalla vita del samurai Kami-
Difesa tramite schivata su attacco con tanto.
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Kurosawa: “Un assassino si è rifugiato
nel granaio di una casa privata, prendendo un bambino in ostaggio. Allertato dagli abitanti, Kamiizumi, di passaggio nel
villaggio, chiede ad un monaco buddista
di prestargli la sua veste nera e si traveste
da monaco, radendosi la testa. Porta due
polpette di riso, ne dà una al bambino e
l’altra all’assassino per calmarlo. Nell’i-
Immobilizzazione e disarmo.
stante in cui quest’ultimo tende la mano
verso la polpetta, lo afferra e lo fa prigioniero.
Se avesse agito da guerriero, il bandito
avrebbe ucciso il bambino. Se fosse stato
semplicemente un monaco, non avrebbe
avuto altro modo che supplicare il bandi-
pio, potrebbe evitare un buon numero di
inconvenienti, di piccoli incidenti, preparare il momento in cui essendo meno giovani, per continuare a praticare, si dovrà
contare su risorse diverse dalla forza, la
velocità di esecuzione o la fama, ecc.
Kamiizumi era famoso per essere un
uomo molto riservato ed umile e non
aveva per niente l’arroganza frequente tra
-
Il Movimento rigeneratore è appunto
quello che Germain Chamot chiama “una
pratica di salute personale e regolare”, nel
denota una maturità, una elasticità ed una
che gli ha permesso di compiere questa
trasformazione istantanea guerriero-bonzo-guerriero.
Quando penso a questa personalità dalla
riore, paragonata a quello che siamo, noi
civilizzati di oggi, con la rigidità esteriore
e la fragilità interiore, credo di sognare.”*
La via del Seitai
Se io insisto sulla via del Seitai, che è pura volte viene talmente deviata, è che mi
sembra essere realmente la via che può
accompagnare la ricerca di un gran numero di praticanti di arti marziali.
senza mai praticare niente altro, perché è
una via in sé e per sé. Ma quando si prapraticare il Movimento rigeneratore qualsiasi sia il livello raggiunto e anche, o so-
Il Movimento rigeneratore
apertura mentale. Non posso che essere
coltà, nella nostra società, a proporre una
pratica regolare, sul lungo termine, come
sul costo che rappresenterebbe una pratiterapeuta prende in carico il paziente in
maniera individuale, ha anche un obbligo
di risultato, e il fatto di essere consultato
puntualmente per dei problemi che deve
risolvere il più velocemente possibile gli
Il Seitai non è una terapia ma un orienstero dell’Educazione giapponese.
Noguchi Sensei desiderava che si sviluppasse la pratica del Movimento rigeneratore (Katsugen undo in giapponese). La
sua azione mirava a “seitaizzare” (normalizzare) cento milioni di Giapponesi ed è
per questa ragione che ha sostenuto Itsuo
Tsuda sensei nel suo desiderio di creare
dei gruppi di Movimento rigeneratore
di quest’ultimo, moltiplicando gli stage
e le conferenze in Francia, in Svizzera,
in Spagna, ecc., che ha fatto conoscere il
Movimento rigeneratore e permesso lo
sviluppo di questo approccio alla salute
Oggi il suo lavoro si continua.
Note
*Itsuo Tsuda “La Via degli Dei”
** “Aïkijo : une histoire de contexte”
(ultimo paragrafo, sullo Shiatsu),
Dragon Magazine Spécial Aïkido
n°13, p.12-14.
Bio-express
Régis Soavi inizia la pratica marziale con il judo all’età di dodici
anni. Studia in seguito l’Aikido, in
particolare presso i maestri Tamura, Noquet e Noro.
Incontra Tsuda Itsuo Sensei nel
scomparsa, nel 1984. Diventa
insegnante professionista con l’approvazione dello stesso e diffonde
il suo Aikido in Europa. Maggiori
informazioni su:
www.ecole-itsuo-tsuda.org
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