L`arte “dello Scompiglio”

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09 febbraio 2017 delle ore 18:01
L’arte “dello Scompiglio”
Alla tenuta nella campagna lucchese continua il dibattito multidisciplinare sulla cultura della
diversità e l’identità di genere. Contro gli stereotipi
Ci sono artisti che riescono a non essere
fagocitati dal sistema della società del consumo,
del primato delle banche e dei potentati
finanziari globali. Sono artisti che, attraverso la
loro ricerca, continuano a incarnare l’identità
civile della società contemporanea. E lo fanno
quasi sottotraccia, lontano dai clamori,
ricordandoci come, oggi più di ieri, ci sia
bisogno di un’arte in grado di defibrillare le
coscienze, di mutare in positivo i luoghi in cui
viviamo. Un loro manipolo, il 28 gennaio
scorso, mentre nei padiglioni di Arte Fiera di
Bologna andava compiendosi l’ennesima
liturgia del mercato che celebra l’arte come dei
contratti a termine, dei futures, degli swaps, con
contorno di guru del marketing "culturale” e
artistar, si è dato appuntamento nella tenuta "
Dello Scompiglio”, alle porte di Lucca, sulla
collina del Vorno. Luogo tutt’altro che casuale.
Per la serie Nomen omen ("Il nome è un
presagio del destino”). Perché questa antica
proprietà nobiliare è diventata ormai da tempo
un centro internazionale della sperimentazione
culturale e sociale, a patto che sia
anticonformista. Tra performance e installazioni
d’avanguardia, spettacoli di teatro, concerti, qui
si discute, si dibatte, ci si interroga. Si offre
un’alternativa all’individualismo e all’indifferenza
dei nostri tempi. Senza alcun approccio
dogmatico. Con la mente aperta. Come gli "
scapigliati” degli anni Sessanta e Settanta del
XIX secolo, questi moderni "scompigliati”
rinnovano la volontà di difendere l’autonomia
dell’arte dalle forze regressive, di richiamarla
a un più intimo contatto con la vita e la natura.
Autrice e cuore pulsante di questo ambizioso
progetto è Cecilia Bertoni, poliedrica teatrante,
regista e performer. Tutti mestieri da lei praticati
nei molti anni trascorsi all’estero, e rivelatisi
congeniali per dare alla luce la tenuta Dello
Scompiglio. Nome con cui è stato ribattezzato
questo luogo ameno, non senza un pizzico di
ironia, dalla stessa Cecilia a ricordo del grave
stato di abbandono in cui versava prima del suo
intervento (insieme alle due socie Michela
Giovannelli e Maria Lucia Carones).
E continuando a "mescolare e scompigliare”
luoghi comuni, i territori delle nostre certezze
(o delle nostre più intime inquietudini), sabato
28 gennaio presso la tenuta è stata inaugurata
l’installazione "Camera #4 – Il Naufragio” di
Cecilia Bertoni e Claire Guerrier con musiche,
suoni e rumori di Carl G. Beukman. È una nuova
tappa di "Assemblaggi Provvisori”, la
manifestazione nata da un bando internazionale
dell’Associazione culturale Dello Scompiglio
rivolto ad artisti in ogni declinazione delle arti,
per la produzione, la coproduzione o la
programmazione di progetti legati al tema
dell’identità di genere. "Camera #4 – Il
Naufragio” è una grande installazione
ambientale visibile fino al prossimo giugno e
accessibile a un visitatore alla volta. Al suo
ingresso si affonda subito il passo in uno strato
spesso e profondo di sabbia che ricopre tutto il
pavimento della stanza: metafora di un percorso
iniziatico che non risparmierà fatica né
sconcerto/sofferenza a colui che è in cammino.
I passi sono, pertanto, inevitabilmente rallentati
mentre al visitatore si svelano alcuni indizi:
strumenti chirurgici, siringhe su vetusti carrelli
medici, oggetti di misurazione "dilapidati” e in
disuso, quaderni e antichi album di famiglia con
i ritratti di un’infanzia lontana e perduta. Il tema
di riflessione ispirato dalle autrici seguendo
questa drammaturgia implacabile (complici per
entrambe i trascorsi teatrali) appare sempre più
chiaro: l’imposizione, compiuta attraverso
l’educazione, della dicotomia tradizionale tra
maschile e femminile. E le domande che ne
derivano risultano incalzate dalla rumoristica
orchestrata da Beukman. Uomo o donna?
Psiche o biologia? Natura, convenzione sociale
o destino? Qual è il tratto fondante, l’origine
della nostra identità di genere? E ancora, ha
senso continuare a ragionare secondo una rigida
contrapposizione/divaricazione tra i generi e la
loro identità? Oppure si dovrebbe prendere atto
dell’ormai conclamata "transgenderizzazione”
della società reale? Siamo oggi finalmente
liberi di costruirci la nostra propria identità di
genere? «Perché – si interroga Cecilia – una
volta deciso se il nascituro è maschio o
femmina, quella persona viene omologata e
incapsulata in costruzioni e stereotipi del genere
maschile e femminile, come se questa
dicotomia fosse un fatto naturale, come se tra i
due ci fosse un muro o un’incompatibilità
intrinseca?».
da profondi squarci e dense bruciature,
un’inquietante sindone laica in cui i colori
emblematici del rosa e dell’azzurro si
dispongono come schiere ordinate, ma
separate. Sono lembi di una ferita che, per
quanto ancora madida di sangue, aspira alla sua
ricomposizione. Ed ecco, infatti, lungo il
lenzuolo campeggiare dei punti di sutura
impartiti dalla paziente mano della Bertoni,
colpi di ago e filo (ripresi in una serie di video
proiettati sulle pareti) che veicolano la speranza
di una società non più divisa dalla
contrapposizione tra uomini e donne. La tela di
questa sindone contemporanea rivela anche la
morfologia di una pulsante epidermide. A
significare che queste ferite ce le portiamo
ancora sulla pelle. E le loro cicatrici dovrebbero
servire da ammonimento, proprio quando il
femminicidio, l’omofobia, il bullismo (e le sue
nuove frontiere, come il cyberbullismo) stanno
conoscendo una recrudescenza esponenziale.
Proseguendo sul tema dell’individualità in
relazione e/o in conflitto con il genere, il
dibattito in corso alla tenuta Dello Scompiglio
diverrà ancora più scottante – c’è da
aspettarselo – dal prossimo 25 marzo, con
l’inaugurazione dalla mostra personale di
Teresa Margolles, coraggiosa artista messicana
dalla cifra stilistica notoriamente anticonformista
tanto da essere classificata addirittura
"borderline”. Ma qui, nello "scompiglio” della
tenuta lucchese, tra campi di lavanda, alberi di
gingko e della canfora, tassi, frassini, uliveti,
vigneti, frutteti e orti, modernissime strutture in
bioedilizia, eccellenze enogastronomiche a
"chilometro zero” ispirate ai principi
dell’agricoltura biodinamica, il dibattito delle
idee con i suoi immancabili conflitti e sussulti
riesce a svolgersi sempre con profonda
leggerezza. E se l’arte è l’ultimo baluardo per
quell’umanesimo messo in pericolo dalla
società globalizzata tra innovazione tecnologica
e trasformazioni economiche, la tenuta Dello
Scompiglio e il suo progetto culturale ne
rappresenta un piccolo, ma prezioso avamposto.
Da tutelare, a partire dalle istituzioni del
territorio.
Cesare Biasini Selvaggi
Sono questi gli interrogativi che riecheggiano
nella stanza mentre il visitatore è immerso nella
sabbia che, a tratti, ma è solo un effetto
dell’autosuggestione, assume le caratteristiche
delle sabbie mobili. E sembra di affondare nella
nostra ricerca di un’identità che assume i
contorni sempre più sfumati e incerti. In questa
specie di paesaggio lunare domina un grande
totem dalle fattezze di un lenzuolo attraversato
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