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giovedì 02 febbraio 2017, 17:30
Vaccini: i pro e i contro di una Legge nazionale
Alla base del dibattito, c’è un vero e proprio dilemma etico: scelta dei genitori contro obbligatorietà
di Gisella Governi
Nelle ultime settimane la questione vaccini ha fatto molto clamore, ma la situazione risulta tutt'ora complessa e stratificata.
Innanzitutto bisogna comprende come mai l’opinione pubblica, in questo periodo, ha focalizzato l’attenzione su un tema così
specialistico. L’incontro tra il Ministro della Salute Lorenzin e gli assessori delle Regioni ha accentrato su di sé
l'attenzione dei media poiché, durante il colloquio, il Ministero ha ipotizzato una nuova Legge nazionale, che
renderebbe obbligatorie le vaccinazioni ad oggi solamente consigliate. In secondo luogo, possiamo dire che l’allarme
vaccini nasce dalla diminuzione della prevenzione su tutto il territorio: l’ISS (Istituto Superiore della Sanità), infatti, ha
affermato che «anche per il 2015 le coperture vaccinali nazionali a 24 mesi confermano l’andamento in
diminuzione in quasi tutte le Regioni. Un calo che riguarda sia le vaccinazioni obbligatorie (anti-difterica, anti-polio, antitetanica, anti-epatite B), che alcune di quelle raccomandate. Le uniche coperture che mostrano un incremento del dato
nazionale sono pneumococco e meningococco (nei due anni precedenti avevano registrato bassi valori in alcune Regioni)».
La diminuzione vaccinale ha creato molto allarme e, per questo motivo, l’ISS ha annunciato che «tutti i vaccini contenuti nel
nuovo calendario del Pnpv (piano nazionale prevenzione nazionale) 2017-2019 sono stati inseriti nel Dpcm (decreto
ministeriale) di definizione dei nuovi Lea (livelli essenziali di assistenza). In attesa di registrazione presso la Corte dei conti e
di pubblicazione in Gazzetta ufficiale, i cittadini avranno il diritto a usufruirne gratuitamente, secondo il calendario nazionale.
L’offerta di ogni specifico vaccino sarà mirata a specifiche fasce di età e ai soggetti a maggior rischio». Per far luce sulla
questione abbiamo chiesto il parere di due esperti: Daniel Fiacchini, dirigente medico del Dipartimento di Prevenzione
di Fabriano, coordinatore del Gruppo tecnico vaccini e strategie di vaccinazione della Regione Marche, membro di TeamVax
Italia; e Luca Benci, Giurista e direttore dal 1998 al 2004 della Rivista di diritto delle professioni sanitarie, autore di libri
sugli aspetti giuridici delle professioni sanitarie e di articoli sul giornale quotidianosanità.it. Per prima cosa è fondamentale
comprendere in quale modo queste leggi e questi piani nazionali sulle vaccinazione si sono stratificati nel tempo. “Le leggi
sulle vaccinazioni obbligatorie sono quattro“, afferma Benci, “l’ultima della quali risale al 1992. Nel 1999, sempre
sulla proposta del Ministero della Sanità, il Presidente della Repubblica ha varato un DPR (decreto del presidente della
repubblica), in cui eliminava l’obbligatorietà vaccinale per l’ammissione scolastica, garantendo il diritto allo studio anche ai
ragazzi non vaccinati. I piani nazionali sono nati per superare l’obbligatorietà vaccinale, varando dei programmi
raccomandati a livello nazionale, ma non più obbligatori”. Dunque la distinzione primaria che bisogna fare è sulle
vaccinazioni obbligatorie e raccomandate: la questione etica sull'obbligatorietà dei vaccini ha creato un grosso dibattito,
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/vaccini-pro-legge-nazionale/
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poiché alcune regioni importanti si oppongono a tale provvedimento. Benci, a questo proposito, ha spiegato come si stanno
muovendo le regioni più importanti alla luce dei recenti piani vaccinali: "la diminuzione dei vaccini ha portato una reazione
confusionale da parte delle regioni. L’Emilia Romagna ha proposto una legge richiedendo le vaccinazioni
obbligatorie per l’accesso ai nidi (anche se solo il 50,60 % dei bambini sotto i tre anni frequentano le scuole materne).
Anche la Toscana ha ideato un disegno di legge simile: per entrare nelle scuole materne/elementari un bambino, fino
ai sei anni d’età, deve avere come requisito d’accesso le vaccinazioni obbligatorie e facoltative. Queste decisioni regionali
hanno scatenato molte opposizioni, infatti, regioni come Lombardia e Veneto sono contrarie a tale proposta. In questo
dibattito tra Regioni non si capisce bene se l’obbligatorietà imposta da un’ipotetica legge nazionale sarebbe una cosa
positiva o meno. Probabilmente ad oggi non lo sarebbe, perché la popolazione non è stata sensibilizzata abbastanza per
accettare obbligatoriamente un piano vaccinale. È assolutamente anticostituzionale privare i bambini del diritto allo studio
solo perché i genitori non credono nei benefici delle vaccinazioni. Sarebbe più giusto sensibilizzare le persone che non
credono in tali benefici, spiegando i pro e i contro dei vaccini. Dobbiamo tenere conto anche di aspetti particolari: un conto è
essere allontanati dalla popolazione se si è affetti da una malattia pericolosa e contagiosa (come la Sars), mentre è
totalmente ingiusto essere discriminati in via preventiva, ovvero non essersi vaccinati per una malattia che potenzialmente
potremmo non prendere mai ̓". Dunque, i piani nazionali per le vaccinazioni consigliano quali vaccini fare, senza
nessun obbligo legislativo. Proprio per questo il numero delle vaccinazioni cambia molto tra una Regione e l’altra, e
anche il servizio vaccinale risente molto dell’organizzazione a livello locale. Come ha spiegato Daniel Fiacchini "alla fine del
2014 il Ministero della Sanità aveva bisogno di un nuovo piano vaccinale, e l’elaborazione di quest’ultimo è cominciato,
appunto, nel 2015 e si sta concludendo adesso. Questo programma è utilizzato dalle varie Regioni affichè l'offerta vaccinale
in Italia sia omogenea su tutto il territorio nazionale. Ci sono state regioni, come la Toscana e l’Emilia-Romagna, che prima
ancora dell’attuazione del recente piano sono riuscite a garantire economicamente l’offerta per vaccini che non erano stati
inclusi nel calendario vaccinale precedente; mentre altre regioni, con meno risorse economiche, hanno aspettato
quest’ultimo accordo per avere i fondi necessari all'ampliamento dell'offerta". "Questo piano vaccinale", spiega Fiacchini,
"comporta un aumento ingente delle attività vaccinali, poiché introduce molte vaccinazioni che prima non
c’erano: come quelle per il meningococco B, per la varicella, Rotavirus, pneumococco per le persone sopra i 65 anni e la
vaccinazione per il papilloma virus, offerti anche agli uomini. Questo evidente incremento vaccinale necessiterà di nuove
risorse economiche, sia per l’acquisto dei vaccini, sia per il potenziamento dei servizi che offrono le vaccinazioni. Sono soldi
che verranno messi a disposizione dallo Stato, ovviamente come fondi aggiuntivi rispetto al fondo nazionale per la Sanità. Ci
sarà, dunque, un potenziamento di fondi destinati a coprire le spese di questo piano, che ha introdotto le vaccinazioni nei
LEA (livelli essenziali di assistenza), garantendo la gratuità delle vaccinazioni previste dal nuovo calendario vaccinale".
Ovviamente il piano nazionale indicherà le strategie generali, ma ogni regione si occuperà autonomamente
della programmazione vaccinale locale. Questo passaggio lo ha spiegato chiaramente sempre il dottore Fiacchini: "Per
le attività vaccinali c’è da distinguere due livelli: quello strategico, di cui si occupa il Ministero della salute, identificando le
strategie e le tipologie di vaccinazioni che devono essere offerte; e quello operativo, relativo all'organizzazione regionale: i
dipartimenti regionali di prevenzione organizzano le attività vaccinali senza nessun coinvolgimento da parte dello Stato, che
si ferma all'ambito delle strategie e degli obiettivi da raggiungere. L’organizzazione dei piani vaccinali cambierà sempre da
regione a regione, anche se siamo giunti ad una standardizzazione di molte strategie. In gran parte delle regioni italiane le
vaccinazioni vengono curate dai dipartimenti di prevenzione regionale: in Italia abbiamo molte ASL (azienda sanitaria
locale), e ogni ASL possiede più dipartimenti di prevenzione che organizzano le attività vaccinali. La semplificazione dell’iter
vaccinale dipenderà anche dalle risorse economiche che verranno stanziate per far fronte a questo incremento dei vaccini,
se i fondi saranno sufficienti ci sarà la possibilità di facilitare tutto il sistema. Tutte le nuove vaccinazioni, introdotte nei LEA,
saranno gratuite e lo Stato dovrà garantire alle Regioni la possibilità di offrire questo servizio al massimo delle possibilità. I
fondi serviranno, in primo luogo, per l’acquisto dei vaccini ma anche per il potenziamento dei servizi vaccinali: è impossibile
fare un’offerta di qualità senza sufficienti fondi a disposizione." Il piano per le vaccinazioni in Italia ha risentito del «Piano
d’azione Europeo per le vaccinazioni 2015-2020 (European Vaccine Action Plan 2015–2020, EVAP), che rappresenta la
contestualizzazione del Piano Globale (Global Vaccine Action Plan 2011–2020, GVAP) dell’ OMS (organizzazione mondale
della Sanità) nella Regione Europea». "L’Italia sicuramente è stata influenzata in questo processo a livello mondiale ed
europeo", spiega Fiacchini, "ad esempio esiste un piano mondiale per eliminare il morbillo, come è stato fatto in anni
precedenti per il vaiolo: l’OMS ha stabilito un piano mondiale per gli standard sanitari ed è logico che tali standard
influenzino tutti gli Stati membri di questa organizzazione, fra cui i Paesi europei e, nel nostro caso, l’Italia". In conclusione, il
problema evidenziato grazie al parere dei due esperti nasce da qui: ogni regione, cercando di seguire gli obiettivi proposti
dal piano nazionale, si organizza a suo modo attraverso i dipartimenti di prevenzione delle ASL, e ciò rende eterogeneo il
sistema vaccinale nazionale. Dunque, solo una Legge sarebbe in grado di rendere omogenea l’offerta vaccinale, che però,
d’altra parte, renderebbe obbligatorie le vaccinazioni, sostituendosi in molti casi alla potestà genitoriale. Perciò, alla base
del dibattito, c’è un vero e proprio dilemma etico: non sembra giusto garantire l’omogeneità dell’offerta
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vaccinale tramite una Legge che, rendendo i vaccini obbligatori, toglie la possibilità decisionale ai genitori. Sia
Daniel Fiacchini che Luca Benci hanno dato la medesima risposta: se ci fosse maggiore sensibilizzazione sicuramente non ci
sarebbe bisogno di obbligare le persone a vaccinarsi. Solo una campagna di sensibilizzazione nazionale, che spieghi
veramente gli aspetti positivi dei vaccini e che risponda alle domande di genitori spaventati, potrebbe aumentare la
consapevolezza della prevenzione vaccinale e, di conseguenza, aumentare il numero delle vaccinazioni.
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