Postcapitalismo e città

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Transcript Postcapitalismo e città

Postcapitalismo e città
Elaborazione a partire dall’intervento di Francesca Bria, Renata
Avila, Paul Mason e Evgeny Morozov al BITS (Barcelona Initiative
for Technological Sovereignty), 7 Ottobre 2016
Il post-capitalismo si basa su due ipotesi generate dall’information tecnology (IT).
La prima è che l’IT è contemporaneamente un acceleratore ed un ostacolo al normale
processo di adattamento del capitalismo, per cui il capitalismo, come sistema complesso,
reagisce alla bassa produttività dei vecchi settori ed imprese per esaurimento dei vecchi
modelli di business.
La seconda è che l’IT rende possibile il socialismo utopico. Più precisamente: le
tecnologie dell'informazione rendono possibile la transizione verso una relativa
abbondanza, attraverso la rapida caduta di prezzi di alcuni beni, l'automazione del
lavoro e l'utilizzo intelligente delle capacità delle cose, delle materie prime,
dell’energia e dei servizi umani.
Questa relazione tratta i principali aspetti dirompenti dell’attuale situazione
economica e dello sviluppo urbano e propone una serie di azioni che sintetezzerei,
facendo riferimento alla recente azione “Workers rebel”, promossa dalla prof.ssa
Francesca Gino della Scuola di Managementdi Harvard, con lo slogan “Workers
rebel for a city rebel”.
I principali aspetti dirompenti dell’economia
La tesi che propongono i relatori è che l’IT cambia l'economia in tre modi:
1_ dissolve il meccanismo dei prezzi.
Nel 1990 l'economista Paul Romer ha sottolineato che i beni informatici sono non
rivali - in grado di essere copiati e riprodotti all’infinito e utilizzati simultaneamente
senza usura. Secondo le regole del libero mercato essi dovrebbero tendere a un
prezzo il cui valore è prossimo allo zero. Infatti, sia che si faccia riferimento
all'economia marginalista o marxiana, vale lo stesso principio: l'atto del copiare e
riprodurre richiede energia, capitale e un po' di lavoro, ma le quantità sono così
piccole che il costo di produzione è trascurabile.
Tale effetto dell’IT sui prezzi sta colpendo anche il mondo fisico, non solo il mondo
dei beni informatici: come il prezzo della banda larga e dei processori che sono
caduti esponenzialmente negli ultimi 30 anni, come il prezzo di una sequenza del
DNA. Così l'IT genera un drammatico impatto al ribasso sul costo di produzione dei
beni reali, e lo stesso vortice al ribasso colpisce ovunque.
- Ma il capitalismo risponde inventando meccanismi che impongono un prezzo a
questi prodotti dal costo zero - e Romer lo ha sottolineato. Monopoli, brevetti, azioni
dell'OMC contro i paesi che non riconoscono il copyright, sono pratiche predatorie
comuni tra i grandi fornitori di tecnologia.
Questo significa che le relazioni essenziali di mercato non sono più
organiche; devono essere quotidianamente imposte da avvocati e legislatori;
2_ genera disoccupazione, perché l’automazione del lavoro è più veloce della
capacità di inventare nuovo lavoro umano.
Frey e Osborne (The future of emplyement: how susceptible are jobs to
computerization, Oxford, 2013) sostengono che circa il 47% di tutti i posti di lavoro
sono suscettibili di automazione. L’informazione trasforma in modo rilevante il
lavoro: lo rende modulare, in grado di allentare il legame tra ore lavorate e salari, in
grado di essere svolto al di fuori del ‘worplace’ - sfocando la separazione tra lavoro
e vita quotidiana.
Così, il calo dei prezzi e l'automazione del lavoro hanno un impatto dirompente sul
normale processo di adattamento, il quale comporta che mentre i vecchi processi
sono automatizzati e i posti di lavoro distrutti, nuovi processi innovativi richiedano
lavoro altamente qualificato. I nuovi prodotti permettono prezzi elevati, così i salari
dei nuovi settori possono aumentare, consentendo consumi di elevato
valore. Questo insieme di elementi è quello che Carlota Perez chiama il paradigma
tecno-economico dell’innovazione e si è verificato quattro volte nella storia del
capitalismo industriale: nella prima rivoluzione industriale, a metà dell’800, prima
del 1914 nella Belle Epoque e infine nel boom post-1945.
Oggi non sta accadendo.
L'automazione sta distruggendo posti di lavoro ad alto valore aggiunto più
velocemente di quanti ne crei; inoltre, l'effetto costo zero impedisce di aumentare i
costi di produzione, impedendo ai lavoratori di chiedere salari più alti.
Invece di elevata produttività abbiamo bassa produttività, oltre a quelli che
l'antropologo David Graeber chiama milioni di posti di lavoro ‘stronzate’ - posti di
lavoro che non avrebbero bisogno di esistere, come il lavaggio delle auto, che nel
giro di una vita è cambiato dall’essere svolto da una macchina all’essere svolto da
cinque uomini con gli stracci.
I meccanismi di risposta del capitalismo - a parte l'imposizione di monopoli e di
prezzi di monopolio - sono:
a) massimo utilizzo di manodopera poco qualificata e massimo sfruttamento della
capacità degli impianti. Così nascono Uber, Deliveroo e AirBnB che si basano sullo
sfruttamento della piena capacità delle strutture esistenti. Oppure:
b) gonfiare artificialmente il prezzo e la redditività degli input essenziali per i
lavoratori: così l’alloggio diventa la voce più importante di spesa - seguita
dall'educazione, la sanità e l'università.
Cose che nelle precedenti epoche le élite del capitalismo hanno desiderato essere
il più economico possibile - per allentare la pressione sui salariali - ora sono il più
costoso possibile, e il capitale si allontana dalla produzione e dai servizi del settore
privato verso i servizi del settore pubblico.
Se non si rompe questo ciclo, si può facilmente prevedere che il capitalismo sarà
sostituito da uno stagnante neo-feudalesimo.
Il motore di questo modello di crescita è la banca centrale, il cui ruolo è pompare
denaro nel sistema, con lo Stato, impegnato a puntellare in modo efficace le
banche insolventi. Un imprenditore tipico è lo sfruttatore del lavoro del
migrante; l'innovatore qualcuno che inventa un modo per estrarre rendita a persone
con basso salario - come Uber o AirBnB;
3_ crea modelli organizzativi e di business in cui la collaborazione è più importante
del prezzo o del valore.
Questo è un fattore molto positivo e si basa sulla comprensione del concetto di
esternaltà. I modelli di business in rete creano enormi esternalità positive o effetti
di rete: i dati, il benessere o l'utilità creati dalle interazioni di rete sono catturabili e
sfruttabili.
Nel 19 ° secolo la proprietà dei mezzi di produzione era dei lavoratori, nel 20 °
secolo dell’imprenditore, nel 21 ° secolo la proprietà dei mezzi di produzione sarà
condivisa e libera.
Dobbiamo smettere di fantasticare sulla terza rivoluzione industriale, o un terzo
capitalismo basato sulla ricchezza immateriale. Dobbiamo promuovere il passaggio
ad una forma dell'economia, che liberi tutte le potenzialità dell’IT, in termini di
produttività, benessere e cultura.
Non ho un programma per questa transizione, ma una metodologia fondata:
• sul coinvolgimento dei tre settori dell'economia: lo Stato e gli enti pubblici, il
mercato e il non-mercato - o settore collaborativo - in cui i beni vengono prodotti
e consumati al di fuori degli scambi monetari;
• sulla gestione pubblica e cooperativa delle esternalità prodotte dalle reti,
assimilando i prodotti dell’ingegno dei cittadini ai beni comuni.
L'obiettivo strategico è: 1_sfruttare le potenzialità dell’automazione e produrre più
beni a costo quasi 0, 2_ ridurre i costi degli input a carico dei lavoratori (affitto,
sanità, istruzione), in modo da garantire la sopravvivenza a chi dispone di bassi
salari e lavoro precario, 3_ portare avanti rapidamente il de-linking fra lavoro e
salari, 4_spostare il più possibile le attività umane dai settori di mercato e statali ai
settori collaborativi.
La pratica fattibilità di pratiche collaborative è una questione aperta perché non
appena la tecnologia l’ha permesso sono state create organizzazioni collaborative
in rete, i cui effetti postitivi tuttavia non si sono integrati nel mercato. Wikipedia è
l'esempio più evidente, o Linux, o le piattaforme cooperative, sempre più
numerose, dove la gente utilizza le reti e le app per combattere contro i modelli di
business ‘acchiappa rendita’ di aziende come Uber o Airbnb.
Il ruolo dirompente della città
La città è la sede primaria di questo processo di cambiamento, perché la città, e più
specificatamente il suo centro, è il luogo analogico strategico della connessione in
rete.
Cosa può fare una città per promuovere la transizione post-capitialista?
1_ essere aperta.
Aiutare le persone a concettualizzare la transizione dalla realtà attuale
parlandone. Il rinascimento si è realizzato in quelle città che hanno creato istituzioni
e luoghi pubblici destinati ad agevolare la transizione. Il mercato di Rialto a Venezia
era un istituto pubblico, come il Waag, ad Amsterdam, dove venivano pesate le
merci.
Mi piacerebbe vedere Barcellona diventare una città in cui le idee di sviluppo
cooperativo, la produzione di beni a basso prezzo, la non privatizzazione e un post-
capitalismo aperto diventino parte del discorso pubblico.
2_spegnere la grande macchina della privatizzazione neoliberista.
Sappiamo a cosa serve: a rendere pubblici settori privati decotti, per salvaguardare
artificiosamente i loro profitti, oppure rendere i servizi pubblici il più costoso
possibile, in modo da rendere ineluttabile la loro privatizzazione.
3_ gestire la realtà come sistema complesso.
Nessuno vuole proporre un’economia pianificata, ma pianificare sotto il capitalismo
neoliberista è una congettura. Se guardiamo indietro alla pianificazione delle
infrastrutture del tardo 20 ° secolo essa appare negativa alla pari di quelle
programmate nei piani quinquennali dello stalinismo.
I grandi investimenti si basano su valutazioni costi-benefici ridicole, a giustificazione
di spese che saranno accollate ai contribuenti. 50 anni dopo, quando l'infrastruttura
non ha fornito i benefici promessi, non c'è nessuno disponibile alla sua cura.
Perciò abbiamo bisogno di complessi modelli sistemici e cognitivi in grado di
sfruttare le possibilità dell’IT e dell’intelligenza artificiale.
Oggi non abbiamo strumenti adeguati per concettualizzare la transizione - sarebbe
importante che Barcellona, assieme alle altre “world cities”, avviassero uno studio
per individuare nuovi modelli di economia urbana e le misure necessarie per gestire
la lunga transizione imposta dai cambiamenti economici, sociali e territoriali.
4_promuovere il reddito di base.
Il reddito di base è un'idea ormai matura a causa della caduta del saggio di
occupazione. Intendo il reddito di base come un sussidio una tantum - sganciato
dall’esigenza di promuovere lavori inutili e sganciato dal lavoro e dai salari.
Dovrebbe trattarsi di una misura transitoria, i cui proventi sono generati dalle tasse
che lo Stato impone ai settori di mercato. Quindi l’importo disponibile è in relazione
allo stato di salute di questi settori, se essi declinano la base imponibile si restringe;
per questo non uso mai le parole "senza condizioni", o universale. Vorrei legare il
reddito di base al lavoro socialmente utile. Ad esempio, obbligando i percettori di
questo reddito all’assistenza dei malati cronici o dei poveri. Si potrebbe considerare
di conseguenza il reddito di base come spesa corrente.
5_promuovere attivamente le relazioni fra i settori dell’economia collaborativa e la
parte pubblica.
Gran parte dei modelli di sviluppo delle imprese a scala locale sostengono
l’esigenza di creare imprese ad alta tecnologia, anche se spesso accettano il
monopolio dei prezzi e le sovvenzioni massicce alle imprese tech
monopolistiche. Ma sostituendo semplicemente la cattiva creazione di imprese a
bassa qualificazione e a basso salario con la creazione di imprese collaborative o
con propensione alla condivisione, si dovrebbe innescare un cambiamento
importante.
Occorre considerare che i benefici di queste entità non sono misurabili
esclusivamente in termini di PIL; è necessario quindi promuovere nuovi modi per
misurarne l'attività e i benefici.
Una metrica semplice potrebbe essere: quante ore di lavoro vanno a favore dello
Stato (in termini di tasse sul salario); del mercato (rapporto salari con il volume
d'affari, comprendendo anche le coop e le ONG); e cosa è previsto per i salari
sociali (oppure quanto sarebbe necessario per il salario sociale)?
Successivamente potremmo pensare metriche capaci di rappresentare fenomeni
sociali complessi.
6_capire e combattere la battaglia per la gestione pubblica e cooperativa delle
esternalità.
Sia che si tratti dello sviluppo di un progetto per la Smart City; o di dati sulla salute
pubblica; o della pianificazione dei trasporti - i dati prodotti dalle reti hanno valore
per lo Stato, il mercato e il non-mercato.
Non vorrei procedere secondo il principio assoluto de "lo Stato deve possedere tutti
i dati"; o “tutti i dati pubblici dovrebbero essere gestiti in comune”. Ma lo Stato ed
eventualmente gli enti locali dovrebbero avere diritto di prelazione in materia di
gestione dei dati.
Lo Stato dovrebbe garantire l’anonimità dei dati in rete - e garantire che la loro
raccolta non è dannosa per i diritti umani dei cittadini. Ma la gestione dei dati
dovrebbe essere oggetto di trattativa. Ad esempio, se una parte privata ritiene utile
incentivare la diffusione di dati, attraverso tecnologie innovative, a livello urbano
che potrebbero garantire equità, bassi prezzi ed utilità per tutti, sarebbe utile un
accordo per la gestione di tali dati.
Tuttavia, il bene più grande è dato dalla comune proprietà e sfruttamento dei dati,
perché stabilisce il principio che questa vasta risorsa di nuove informazioni - frutto
del comportamento collaborativo dei cittadini catturato in forma di dati - è parte dei
beni comuni.
In sintesi, per affrontare adeguatamente le innovazioni indotte dall’IT Barcellona
potrebbe fare queste cose:
• identificare il proprio ‘brand’ come la città dei beni comuni e della produzione
collaborativa;
• porre fine alle privatizzazioni;
• ridurre massicciamente il costo dei servizi di base come l'alloggio, i trasporti,
l'istruzione e la salute, per aumentare la probabilità di sopravvivenza del
precariato;
• sviluppare un modello complesso e interattivo di sviluppo dell’economia, con
input reali, al fine che la democrazia partecipativa possa prendere decisioni
complesse;
• promuovere attività collaborative con la partecipazione sia della parte pubblica
che dei privati;
• istituire un reddito di base dei cittadini, condizionato alla partecipazione ad attività
non profit;
• decretare che i dati in rete della popolazione, in quanto gestiti dai servizi
pubblici, non possono essere oggetto di negoziazione economica.
Crollerà il capitalismo?
No, ma dovrebbero sparire i disperati, frenetici "capitalisti della sopravvivenza", le
società di consulenza che spennano la comunità, le imprese a basso salario, gli
affitto-estrattori.
Si dovrebbero attirare i capitalisti più innovativi, e si dovrebbe rendere la città molto
più vivibile per le persone che vi risiedono.
Tutte le sfide sono aperte: la sfida ambientale - non solo il basso tenore di
carbonio, ma la conservazione di ambienti di qualità in una città a volte inondata dai
visitatori, così come la sfida dell’invecchiamento e del debito.
L'agenda che ho delineato non è - e non può essere - proprietà esclusiva della
sinistra radicale. Credo che sia in grado di fornire una piattaforma comune per la
sinistra, per la democrazia sociale e per capitalismo liberale.
Penso che gente come me della sinistra radicale sia stata tra le prime a parlare di
questo perché l'élite del neoliberismo è priva di fantasia: questa è la prima élite
nella storia del capitalismo che ha reagito a una doppia crisi con un modello che
non funziona.
Non credo che l'era postcapitalista sarà segnata da imperi competitivi, come nel
primo capitalismo. In questo momento, nel mondo, ci sono centinaia di città in
concorrenza amichevole impegnate nella transizione - tendenti allo zero per quanto
riguarda l’impronta di carbonio e che programmano un radicale cambiamento nella
produzione e consumo di energia.
Potrei sbagliarmi, ma se ho ragione, ha senso che tutte le città si chiedano: potrei
diventare la prima città ad avviare una transizione dimostrabile e tangibile dal
capitalismo neoliberista verso una società ad alta uguaglianza, ad alto benessere,
ad alta collaborazione?
Se davvero non ti piace la parola post-captialista usa qualcos'altro - come città
collaborativa, città dalla democrazia partecipativa, città in rete. O città umana. Ma
agisci.
!