La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 25 gennaio 2017

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)

Rivolta dei lavoratori sullo scandalo Fiom (Piccolo) «Sono vittima di una faida interna» (M. Veneto) Intesa fa la prima mossa: puntiamo su Generali (Piccolo) Abbonamenti più cari del 10%. Iacop: così famiglie al collasso (M. Veneto) Latterie Carsiche in crisi: la situazione non si sblocca (M. Veneto) Tonutti non demorde: terza offerta (M. Veneto)

CRONACHE LOCALI (pag. 7)

Stangata sui canoni Ater per migliaia di inquilini (Piccolo Trieste) Le funi da record in mani austriache (Piccolo Trieste) La Regione accende i fari su Latterie Carsiche (Piccolo Trieste) Aeroporto Duca d'Aosta, ecco il via libera dell’Enac (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Legambiente: «No alla costruzione dell’outlet village a Latisana» (M. Veneto Udine) Palmanova, al consiglio aperto sull'ospedale annunciate 131 assunzioni (Gazzettino Udine) Scuola, caos delle iscrizioni. La protesta delle famiglie (Gazzettino Pordenone)

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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE

Rivolta dei lavoratori sullo scandalo Fiom (Piccolo)

di Giulio Garau - L’intenzione di Maurizio Landini, numero uno della Fiom, con l’imbarazzato tentativo di smentire il caso del doppio stipendio della funzionaria della Fiom di Udine, era quello di smontare lo scoop, ma si è trasformato in un boomerang. All’indomani delle sue dichiarazioni la rabbia è montata tra gli iscritti della Fiom, non solo in Friuli, ma in buona parte della regione. E nelle fabbriche e covato il risentimento contro i delegati sindacali e si sono moltiplicate proteste. «Quanti di voi prendono la doppia paga?» le domande ricorrenti dei lavoratori ai delegati della Fiom, ma anche di altri sindacati, e gli attacchi alla segreteria di Landini. Un malumore rimbalzato ieri anche durante le riunioni delle segreterie a tutti i livelli, in Cgil e nella Fiom. Clamore mai così alto che ha assediato i lavori della Commissione di garanzia della Fiom di Udine convocata per valutare la vicenda di Chiara Lucchetto, funzionaria della segreteria che tra il gennaio e il dicembre 2015, ha ricevuto un doppio stipendio. Dall’azienda che l’aveva assunta da poco, Alenia Aermacchi (confluita in Leonardo nel gennaio 2016) e dalla categoria dei metalmeccanici udinese dove svolgeva il suo lavoro, nell’ufficio dell’Alto Friuli a Gemona. Giorni fa la conferma della vicenda dallo stesso segretario Cgil di Udine, Natalino Giacomini che ha definito il fatto «grave». Ieri invece la presa di posizione del segretario regionale della Cgil, Villiam Pezzetta. Un apprezzamento della decisione della Fiom di Udine di fare chiarezza e la solidarietà di tutta la segreteria alla stessa Fiom e alla Cgil di Udine. Una chiara risposta alle smentite di Landini. «Noi sindacalisti siamo chiamati a svolgere il nostro lavoro non soltanto con impegno e onestà, doti che tutti riconoscono alla compagna coinvolta, ma anche con un’attenzione alle regole e alle procedure che in questo caso è probabilmente venuta meno». Un messaggio che non lascia ombre o dubbi quello di Pezzetta: «Credo giusto invitare tutta l’organizzazione, dai vertici ai delegati, a lasciare che la commissione di garanzia, giustamente chiamata dalla Fiom di Udine ad affrontare il caso, possa lavorare con la massima serenità. Esprimo solidarietà mia e di tutta la segreteria regionale, oltre che alla Fiom, anche alla Cgil di Udine, certo che entrambe, come è stato fatto finora, sapranno gestire il caso con trasparenza e il giusto rigore. Requisiti indispensabili, tanto più in momenti come questi, per difendere davanti a tutti il buon nome della Cgil e il quotidiano, straordinario impegno dell’organizzazione in difesa dei lavoratori e dei loro diritti».

I genitori offesi difendono Chiara: «Giochi di potere su nostra figlia»

«Increduli, indignati, addolorati, offesi. Questi sono gli aggettivi che rappresentano il nostro stato d’animo nell’aver appreso da stampa e tv la notizia su nostra figlia, che per chi l’ha data è solo uno scoop. Ma che per noi è un caso montato ad orologeria». Sono alcune delle parole scritte dai genitori di Chiara, Giuliana e Bruno Lucchetto. Sono arrivati da Staranzano e hanno voluto consegnare personalmente ieri in redazione a Monfalcone una lettera esternando momenti di grande rabbia e di dolore, che traspariva soprattutto da mamma Giuliana che, commossa, non ha smesso un secondo di difendere la figlia oltre ogni immaginazione. «I soldi sono stati versati, ma nostra figlia da subito ha segnalato all’azienda il fatto, c’erano però problemi burocratici. Non è stato toccato un euro, Chiara aspettava le indicazioni per restituire una somma». Nessun dubbio per mamma e papà Lucchetto, nemmeno di fronte all’obiezione che questi versamenti sono andati avanti per 12 mesi, che si parla anche di un premio di produzione. E che forse sarebbe bastato bloccare i versamenti intervenendo con la banca. «Cosa le devo dire? - lo sfogo di Giuliana Lucchetto - Mia figlia non se ne intendeva, è ingenua, pensava di fare tutto da sola per risolvere la vicenda». Disperazione per la figlia «la stanno attaccando anche su facebook, ma non è una ladra, non ha rubato nulla, è una persona trasparente, onesta, una figlia bravissima che ha dato il cuore per il lavoro e il sindacato». Nonostante questo però «a Monfalcone la facevano morire», racconta e per questo, spiega, che si è trasferita alla Fiom di Udine. Rabbia per lo scandalo e per lo scoop dei giornalisti. «Prima di diffondere una notizia accusatoria con tanto di nome e cognome - scrivono - pensavamo, a torto, che venisse prima accertata la verità vista la gravità delle accuse». Informazioni avute «in forma anonima» ricordano i genitori riferendosi alle lettere anonime che, sempre più numerose, arrivavano 2

da lavoratori, molti licenziati o cassintegrati che avevano appreso la notizia da fonti del sindacato ed erano scandalizzati dalla vicenda. «Individui ignobili - attaccano Giuliana e Bruno - che per il loro sporco gioco di potere hanno voluto provocare un terremoto politico all’interno dell’organizzazione sindacale, guarda caso uscite proprio alla vigilia della nomina del segretario provinciale della Fiom di Udine». Il segretario, della stessa corrente del numero uno della Fiom, Maurizio Landini, è Gianpaolo Roccasalva, la cui nomina si è schiantata innanzitutto sulle divisioni che spaccano la Fiom friulana prima ancora che sul caso Lucchetto. Una difesa totale quella dei genitori nei confronti di Roccasalva, ma anche di Landini che «È vicino a Chiara come a una figlia». «Non si è sentita poi l’interessata» insistono i genitori di Chiara che non si danno pace anche se in realtà le ricerche al telefono fatte in questi giorni non hanno dato frutto e lunedì scorso, incontrata a Udine la stessa Lucchetto non ha voluto rilasciare dichiarazioni o spiegazioni ai giornalisti minacciando solo querele. «Ci domandiamo come una persona onesta e dedita al proprio lavoro con impegno e serietà, indifesa, potrà essere risarcita dal grande torto subito». E dopo le accuse a giornali, tv e giornalisti la chiosa finale. «Per un errore non suo segnalato da lei, ma per delle lentezze burocratiche ancora non risolte è stato montato un caso ad orologeria. I giornalisti farebbero bene il loro mestiere indagando il perché tutto ciò sia potuto avvenire, ne verrebbe fuori un interessante articolo sulla rivalità malata e ignobile fra simili». (g.g.)

Una storia sindacale iniziata alla Finmek

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«Sono vittima di una faida interna» (M. Veneto)

di Maura Delle Case - «E’ una strumentalizzazione politica vera e propria di una questione organizzativa interna. Non aveva nessun senso uscisse ora se non per interferire con l’elezione del segretario provinciale della Fiom». Si difende con i denti Chiara Lucchetto, la sindacalista deferita al consiglio di garanzia per non aver avvisato l’organizzazione del doppio stipendio erroneamente percepito durante il 2015. Erogato sia da parte dell’azienda che dalla Cgil di Udine. Lunedì sera Lucchetto si è auto-sospesa, al termine della consultazione con il segretario nazionale di Fiom, Maurizio Landini, venuto a Udine per fare il nuovo segretario provinciale dei metalmeccanici. Risultato: l’elezione non c’è stata e il nome di Gianpaolo Roccasalva, che pure resta a oggi l’unico sul tavolo, traballa. A sentire Lucchetto era questo l’obiettivo di chi, proprio alla vigilia dell’elezione e della venuta di Landini - «che nulla aveva a che fare con la mia situazione» - ha reso noto il caso dei doppi emolumenti. «Una questione tutta interna - aggiunge la sindacalista originaria di Ronchi dei Legionari -, segnalata mesi or sono al consiglio di garanzia e in fase di risoluzione. Ho già fornito tutta la documentazione - email, sms, telefonate - che dimostra come fin dal primo mese di errato accredito io abbia avvisato l’azienda e chiesto non solo di bloccarlo per i mesi seguenti ma anche di sapere come restituire ciò che nel frattempo avevo indebitamente percepito». Avvisata in tempo reale l’impresa, quel che Fiom ha contestato alla sindacalista, tanto da segnalarne il caso come detto all’organismo di garanzia, è stata la mancata tempestività nel segnalare la situazione alla struttura. Che l’ha scoperto solo molti mesi dopo, durante l’estate 2016 quando chiamata a versare i contributi figurativi è venuta a sapere che vi aveva già provveduto l’azienda. Perché non dirlo? Seduta dietro alla sua scrivania, nell’ufficio di Gemona dal quale in questi ultimi anni ha guidato tante battaglie, Lucchetto guarda fisso il Pc. Perché? «Pensavo di risolvere la questione nel rapporto privato con l’azienda dalla quale ho il distacco sindacale. Tutto qui. C’è stata una sottovalutazione del problema dal momento che avevo segnalato l’errore e mi ero immediatamente resa disponibile a tornare i soldi. Quanto alla tutela dell’organizzazione - rilancia la sindacalista - un segretario generale farebbe bene a gestire i problemi interni e a proteggere il suo sindacato anziché darlo in pasto agli squali». La verità per la 44enne isontina è semplicemente questa: il caso è vecchio di mesi, la disponibilità a rendere i soldi manifestata dal primo minuto. «Fortunatamente amici ma anche tanti lavoratori sono con me». Sul suo profilo Facebook la lista degli attestati di stima si fa lunga mano a mano che le ore passano. Lucchetto risponde a tutti. Con una frase ricorrente: «Schiena dritta, testa alta».

«Qualche errore c’è stato, lasciateci lavorare»

L’invito è lasciar lavorare la commissione di garanzia con la massima serenità, «commissione giustamente chiamata dalla Fiom di Udine ad affrontare il caso» precisa il segretario generale di Cgil Fvg, Villiam Pezzetta. Un messaggio mandato forse un po’ troppo in politichese ma ugualmente chiaro di sostegno ai vertici della Fiom provinciale per la condotta tenuta sul caso Lucchetto. «Il clamore mediatico levatosi in questi giorni attorno alle vicende interne della Fiom friulana è lo specchio dell’attenzione e della sensibilità con cui l’opinione pubblica segue le vicende e l’azione di tutte le associazioni di rappresentanza, dai partiti fino ai sindacati. Proprio perché consapevoli di essere sottoposti quotidianamente al giudizio, oltre che dei nostri iscritti e dei lavoratori, anche di un tribunale spesso spietato come quello mediatico, noi sindacalisti siamo chiamati a svolgere il nostro lavoro con impegno e onestà, doti che tutti riconoscono alla compagna coinvolta, ma anche con un’attenzione alle regole e alle procedure che in questo caso è probabilmente venuta meno» aggiunge il segretario riconoscendo, al contrario di Landini, che qualche scivolone c’è stato. «Credo giusto - ha aggiunto - invitare tutta l’organizzazione, dai suoi vertici fino a ogni singolo delegato, a lasciare che l’organismo deputato possa lavorare ed esprimo la solidarietà mia e di tutta la segreteria regionale, oltre che alla Fiom, anche alla Cgil di Udine, certo che entrambe, come è stato fatto finora, sapranno gestire il caso con trasparenza e il giusto rigore». (m.d.c.) 4

Intesa fa la prima mossa: puntiamo su Generali (Piccolo)

di Piercarlo Fiumanò - Intesa San Paolo fa la prima mossa su Generali. La svolta arriva dopo una giornata convulsa a Piazza Affari con il titolo del gruppo triestino protagonista di un balzo dell’8,2% a 15,4 euro mentre sui mercati si rincorrono le voci di una possibile Opa sul Leone. In serata la prima banca italiana informa in una nota che «possibili combinazioni industriali» con le Generali sono «oggetto di valutazione da parte del management». Un chiarimento necessario dopo la discesa in campo della Consob che ha convocato per oggi e domani i vertici di Intesa, delle Generali e anche di Unicredit, primo socio Mediobanca, a sua volta azionista forte a Trieste. La conferma della banca guidata da Carlo Messina arriva dopo la contromossa preventiva delle Generali che hanno reagito ai venti di scalata mostrando i muscoli e comprando il 3% di Intesa in diritti di voto. Mossa che sterilizza acquisti immediati oltre il 3% ma non scongiura una possibile offerta pubblica di acquisto. In questo scenario i mercati si sono scatenati immaginando i possibili sviluppi di una battaglia annunciata sulle Generali. E proprio oggi ci sarà il grande consulto della compagnia triestina in un cda presieduto da Gabriele Galateri nel quale si consumerà lo strappo con il direttore generale Alberto Minali in un nuovo cambio di governance del Leone. Ma è inevitabile una riflessione sulla partita in atto. La rinuncia al ruolo di direttore generale (oggi ricoperto da Minali) comporterà probabilmente a un rafforzamento delle deleghe del Ceo francese Philippe Donnet. Nel comunicato diffuso ieri sera Intesa San Paolo, scesa in campo secondo le ricostruzioni di mercato per stabilizzare il controllo del gruppo triestino e sottrarlo alle mire dei francesi di Axa, si valorizzano gli aspetti strategici di una possibile integrazione con le Generali manifestando «il proprio interesse industriale per la crescita nel settore del risparmio gestito, del private banking e in quello dell’assicurazione in sinergia con le proprie reti bancarie, anche con possibili partnership internazionali». Secondo i rumors Intesa, per prevenire eventuali avanzate dei francesi di Axa, potrebbe agire in tandem con Allianz interessata ad alcune partecipate estere del Leone. Il management di Intesa -nella nota di ieri sera- valuta regolarmente le opzioni di crescita endogena e esogena proposte dalle banche d’affari» sulla base di «stringenti criteri di preservazione della leadership di adeguatezza patrimoniale e coerentemente con la politica di creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti». La partita in gioco mette in movimento tutto lo scacchiere della finanza Made in Italy e anche il governo considerato che Generali detiene 70 miliardi di debito pubblico italiano. Assieme al colosso bancario di Cà de Sass darebbe vita a un gruppo con una capitalizzazione di Borsa di 60 miliardi di euro. Ma soprattutto il Leone (che controlla un “gioiello” come Banca Generali) porterebbe in dote a Intesa più di 500 miliardi di masse gestite. La contesa viene anche letta come la riedizione dello scontro fra finanza laica e finanza cattolica viste le forze in campo. Intanto sul mercato impazza la febbre del Leone. Mediobanca è balzata del 5,6% a 8,5 euro. Unicredit è salita del 3,1% a 26,9 euro. Un nume della finanza bianca come Giovanni Bazoli, interpellato sull’ipotesi di una Opa su Generali, ha risposto con un laconico “non ho niente da dire”. Il mercato si concentra anche sulle mosse di Mediobanca, socio forte di Generali. Ieri è stata una giornata di febbrili consultazioni con i grandi soci industriali di Generali: dal gruppo Caltagirone (3,55%) a Leonardo Del Vecchio (3,1%) e De Agostini (l'1,7%) tutti schierati al fianco del Ceo Donnet ma attenti sul fronte della redditività. Assente nelle retrovie il numero uno di Unicredit (8% di Mediobanca) Jean Pierre Mustier molto impegnato nel road show per l'aumento di capitale della banca, al via fra tre settimane. Ora tutti i riflettori restano puntati sul consiglio d’amministrazione della banca anche se il cda che si terrà venerdì a Milano, secondo il presidente Gian Maria Gros Pietro, si limiterà ad un’esame dei conti.

Abbonamenti più cari del 10%. Iacop: così famiglie al collasso (M. Veneto)

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Latterie Carsiche in crisi: la situazione non si sblocca (M. Veneto)

di Maura Delle Case - E’ stato un incontro interlocutorio quello di ieri in Regione tra gli assessori Sergio Bolzonello (Attività produttive), Loredana Panariti (Lavoro) e Cristiano Shaurli (Agricoltura) con le parti sociali e i nuovi vertici delle Latterie Carsiche di Villesse dove nel frattempo i lavoratori sono tornati a incrociare le braccia. Per la seconda volta in pochi giorni. L’avvento della cooperativa Minerva alla proprietà non ha portato il sollievo sperato e la situazione di crisi in seno alla coop permane acuta. Se possibile aggravata dalla decisione della stessa Minerva di cedere in affitto il ramo della produzione - pare all’azienda Cepparo di Flaibano - con la conseguenza di 30 esuberi tra amministrazione, magazzino e autisti, che in base alla nuova normativa sugli ammortizzatori sociali non avrebbero diritto nemmeno alla cassa integrazione straordinaria. La speranza delle parti sociali è quella di trovare una soluzione al tavolo istituzionale che ieri ha iniziato a esaminare la complessa situazione e che proseguirà anche domani, il 26 gennaio, data per la quale è stato aggiornato così da poter acquisire ulteriori informazioni ed effettuare opportune verifiche tecniche. Per il sindacato: «La strada non può essere questa. Chiediamo si trovi un percorso diverso e proprio per questo la Regione si è presa 24 ore di tempo per capire quale può essere la strada alternativa e anche per verificare se gli interlocutori possono essere altri», ha commentato ieri a margine dell’incontro Enrico Coceani di Flai Cgil Gorizia, vicino ai lavoratori che sono tornati ieri a scioperare, per otto ore, presidiando l’esterno della Regione per denunciare la propria preoccupazione.

Tonutti non demorde: terza offerta (M. Veneto)

di Michela Zanutto - Carlo Tonutti non demorde. Dopo un tira e molla infinito per la proprietà della storica azienda di Remanzacco (dichiarata fallita a febbraio 2015) con il suo ex socio Luigi Blasi e la curatela, ora ci riprova. È datata 9 gennaio la terza offerta presentata al curatore Andrea Bonfini dalla famiglia Tonutti per l’acquisto della Tonutti Wolagri. La seconda offerta della famiglia, in un primo tempo accettata dal curatore, era stata superata da un contro rilancio della Ntw (società riconducibile a Blasi) che poi però non ha adempiuto al pagamento. Ennesimo nulla di fatto per il rilancio del lavoro, dunque. Terminato l’affitto d’azienda concesso alla Ntw, ormai nella sede di Remanzacco (dove fino a qualche anno fa si producevano macchinari per l’agricoltura) non resta praticamente più nulla. L’obiettivo dell’ex patron è riprendere l’attività produttiva. Ma il tempismo è tutto. Perché i macchinari per l’agricoltura si vendono fino alla primavera, altrimenti significherebbe avere perso un altro anno. A chiedere tempi stretti è anche il partner cinese che insieme a Tonutti punta a rilevare l’azienda dal fallimento. «La procedura dura ormai da quasi due anni e purtroppo non ha dato sino a oggi i risultati che tutti speravano», sottolinea Carlo Tonutti. In questa trattativa si instaurano le vicende umane degli ex dipendenti, non più coperti dalla cassa integrazione. «Ricevo continuamente chiamate dei miei ex operai che sperano in una ripresa dell’attività produttiva - sono ancora le parole di Tonutti -. Ci sono persone disperate che chiedono aiuto». Da subito la riapertura della fabbrica porterebbe al lavoro una cinquantina di persone e, se gli affari dovessero ricominciare a girare, il numero sarebbe destinato a salire. Insomma, il futuro del riavvio di un’impresa attiva dal 1864, è ormai nelle mani dei creditori e del curatore. Ed è proprio a Bonfini che Tonutti ha inviato un accorato appello: «Non fate morire la speranza per l’azienda e per i lavoratori, perché così fareste morire anche un pezzo di storia del nostro Friuli. Spero che la procedura di vendita possa essere completata prima possibile, sollecito quasi quotidianamente la curatela per questo». 6

CRONACHE LOCALI

Stangata sui canoni Ater per migliaia di inquilini (Piccolo Trieste)

di Silvio Maranzana - Duemila, forse tremila famiglie stanno per essere raggiunte da una stangata per quanto riguarda il canone degli alloggi Ater. I numeri ufficiali non sono ancora a disposizione, ma i bollettini stanno arrivando e ad alcune belle sorprese con l’ammontare dell’affitto addirittura calato, se ne affiancano altre di molto brutte, che in alcuni casi si traducono in autentiche batoste con aumenti addirittura superiori al 100% (in qualche caso del 120%) del canone dell’anno scorso. «Succede - spiega il direttore dell’Ater di Trieste, Antonio Ius - che, a seguito della legge regionale numero 1 del 2016, il criterio di valutazione della capacità economica dei locatari non si basa più sulla somma annuale dei redditi Irpef della famiglia, bensì sull’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) come del resto avviene già da tempo per tutte le prestazioni e gli interventi assistenziali, sociali, sanitari e scolastici. Genericamente ne guadagnano le famiglie più numerose e a rimetterci sono quelle monocellulari, comunque sono più i casi di ribasso piuttosto che di rialzo tanto che abbiamo stimato di incassare nel 2017, 18 milioni di euro, rispetto ai 18,5 dell’anno scorso. Questo logicamente - prosegue il direttore - non esclude qualche caso di balzo notevole all’insù. Va sottolineato peraltri che a fare le norme non è certo l’Ater, che invece è tenuto ad applicarle». I contratti di locazione attualmente a Trieste sono 10.800 per un totale di circa 20mila persone residenti in alloggi Ater. Ciò che è chiaro fin d’ora è la suddivisione in fasce degli inquilini. Nel segmento A con Isee fino a 10mila euro rientra la maggior parte degli assegnatari, il 57% del totale, cioé quasi 6mila contratti. In questo caso il canone medio mensile è di 75 euro fino a una massimo di 130. Il segmento B va da 10.001 a 33.334 euro e qui ci sono quasi tutti gli altri inquilini, cioé il 31%: il canone medio è di 213 euro fino a un massimo di 490. Solo il 2%, poco più di 200 famiglie, sono nel segmento C con Isee superiore a 33.334 euro. In questo caso il canone medio è di 439 euro mensili e quello massimo applicato arriva a 550 euro. «I nuovi importi sono calcolati in base all’Isee presentato nel 2016 - specifica Ius - ma logicamente se un assegnatario è stato vittima di un peggioramento della propria situazione economica o addirittura, caso purtroppo non rarissimo, della perdita del posto di lavoro, la correzione con conseguente abbattimento del canone, sarà immediata». «Teoricamente il nuovo sistema, basato sull’Isee e non più sulla somma dei redditi è più equo - afferma Renato Kneipp commissario provinciale del Sunia, sindacato degli inquilini -. In senso generico a ricavarne benefici saranno le famiglie più numerose, mentre i singoli si vedranno raggiunti da aumenti che in alcuni casi potrebbero essere anche sostanziosi. È chiaro - continua - che rischia di essere penalizzato in modo clamoroso chi l’anno scorso ha incassato la liquidazione o chi tiene in banca i risparmi di una vita». Anche i depositi bancari e postali infatti devono essere dichiarati ai fini dell’Isee, ma non solo. «Nell’Isee - fa rilevare Pietro Veronese anch’egli del Sunia - rientrano anche i valori catastali: di conseguenza sull’ammontare del canone inciderà la vetustà dell’abitazione, la presenza o meno dell’ascensore, il riscaldamento centralizzato, la classe energetica e via dicendo». «Invito gli inquilini - prosegue Kneipp - prima di denunciare casi clamorosi a distinguere bene quello che è effettivamente il canone da quelle che sono le spese accessorie che compaiono nel medesimo bollettino. Di certo grazie alla nuova procedura sarà soddisfatto chi si lamenta di persone che ususfruiscono di canoni Ater e pure tengono parcheggiati sotto casa automobili e camper di lusso». «Il meccanismo deve essere ancora metabolizzato - precisa Ius - ed è logico che questo non possa essere già avvenuto al primo mese di applicazione delle nuove regole». «Noi riteniamo - conclude Kneipp - che qualche correttivo sarà comunque necessario: per questo chiederemo una serie di incontri con i responsabili dell’Ater affinché la possibile maggior equità nel computo dei canoni non si trasformi in uno strumento che va a penalizzare alcune categorie che comunque non godono certo di agiatezza economica». 7

Le funi da record in mani austriache (Piccolo Trieste)

di Silvio Maranzana - Dai russi agli austriaci: passa di mano lo stabilimento triestino sul Canale navigabile di Zaule dove si producono le funi d’acciaio più lunghe e resistenti al mondo per l’attracco delle piattaforme off shore per l’estrazione di petrolio e gas. La storica azienda Redaelli Tecna che ha i due principali insediamenti italiani a Gardone Val Trompia (Brescia) e a Trieste ha infatti reso noto che è stato firmato l’accordo per l’acquisizione da parte di Teufelberger, azienda familiare di successo internazionale che ha il proprio quartier generale a Wels in Austria e che possiede stabilimenti di produzione anche in Repubblica Ceca, Tailandia e Stati Uniti. L’ambito in cui opera è appunto quello dello sviluppo, produzione e distribuzione di funi d’acciaio ad alta performance, cavi in fibra e imbracature. Nel 2015 Teufelberger ha raggiunto un fatturato di 180 milioni, generato per il 90% all’estero. La forza lavoro ha visto un incremento costante fino al raggiungimento delle atuali 950 unità. Teufelberger ha acquisito Redaelli dal gruppo russo Severstal-Metiz, un nome in precedenza tristemente noto a Trieste dato che controllava la Ferriera di Servola travolta dai debiti e finita in amministrazione straordinaria prima di venir acquistata dal Gruppo Arvedi. Redaelli ha anche un centro logistico a Castegnato in provincia di Brescia e un centro di engineering a Milano dove è collocato il quartier generale del Gruppo, oltre ad aziende controllate in Brasile, Cina e Stati Uniti. Impiega 330 dipendenti e nel 2015 ha conseguito un fatturato consolidato di 92 milioni di euro. Lo stabilimento triestino è fortemente strategico. L’insediamento sul Canale navigabile è avvenuto nel 2009 con un investimento, fatto allora, di 12 milioni di euro. Dal terminal situato di fronte, gestito dalla Frigomar di Artoni-Samer partono non solo i motori prodotti dalla Wartsila, ma appunto anche le gigantesche bobine con le funi Redaelli che possono essere movimentate solo via mare e che hanno come destinazione finale soprattutto il mare del Nord, ma anche la Cina, la Corea, il Golfo del Messico e il Brasile. Storicamente la Redaelli ha legato il proprio nome alla costruzione del più grande ponte sospeso d'Europa: lo Storebaelt in Danimarca e al London Eye, simbolo di Londra. Ha anche fornito funi e cavi a tre stadi dei recenti mondiali di calcio in Brasile. Il 9 settembre 2013 Redaelli è stata insignita del Guinness World Record per la terza volta consecutiva. L’ultima “Flexpack” dei record raggiunge la lunghezza di oltre 4 km, con un peso di 430 tonnellate. L’azienda ha partecipato anche alla straordinaria opera ingegneristica delle nuove funivie del Monte Bianco i cui impianti sono stati realizzati con l’installazione delle sue funi. Le macchine dell’impianto triestino sono state modificate per ingannare i competitor, che pur avrebbero tentato di copiare le innovazioni apportate. Oggi a Trieste sono impiegati solo un paio di decine di dipendenti ma a breve dovrebbe venir messo in atto un progetto di raddoppio dello stabilimento anche perché Redaelli ha già affermato di essere interessata a operare in area di Punto franco: una porzione di quello che copriva l’intero Porto vecchio verrà infatti trasferita proprio sul Canale navigabile. 8

La Regione accende i fari su Latterie Carsiche (Piccolo Trieste)

Bisognerà attendere domani pomeriggio per conoscere eventuali sviluppi della difficile situazione in cui si trovano le Latterie Carsiche. Su richiesta del vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello il tavolo riunito ieri pomeriggio a Udine è stato aggiornato a domani, sempre nella sede dell’amministrazione regionale. Bolzonello ha chiesto l’aggiornamento per poter approfondire, assieme ai colleghi di giunta Loredana Panariti (Lavoro) e Cristiano Shaurli (Risorse agricole), anch’essi presenti all’incontro di ieri, l’interesse manifestato dalla Cepparo lattiero-casearia di Coseano e da altre eventuali aziende ad affittare il ramo produttivo delle Latterie Carsiche. E ciò allo scopo di salvaguardare al meglio il futuro dell’azienda e, con esso, i posti di lavoro. L’intenzione di affittare questo ramo delle Latterie Carsiche alla Cepparo è stata comunicata, durante la riunione di ieri, dal presidente della Cooperativa Minerva, Domingo Bianco, che da quasi due mesi ha acquisito la proprietà dell’azienda di Villesse dalla famiglia Pelloni. Assieme a Bianco anche l’amministratore delegato delle Latterie, Massimiliano Pascottini, il legale Giulio Mosetti e, a significare l’importanza della riunione, anche il sindaco di Villesse, Claudio Deffendi. Per la parte sindacale hanno invece partecipato all’incontro i segretari provinciali di Fai Cisl e Flai Cgil, Marco Savi e Enrico Coceani, affiancati dai segretari regionali delle stesse sigle, Claudia Sacilotto e Fabrizio Morocutti. Nel corso della riunione i rappresentanti dell’azienda si sono soffermati sulla crisi di liquidità (il denaro fresco apportato non è stato sufficiente a coprire tutti i passivi accumulati dalla precedente proprietà, ndr) e sulla citata intenzione di affittare il comparto produttivo alla Cepparo, confermando inoltre che, per risanare la situazione, gli esuberi stimati sono passati a 30 lavoratori, rispetto ai 19 evidenziati qualche tempo fa. Per tutto il tempo in cui era in corso la riunione, davanti al palazzo della Regione gran parte dei lavoratori delle Latterei Carsiche, una cinquantina in tutto, ha attuato un presidio per manifestare ai vertici dell’amministrazione regionale la crescente preoccupazione per il loro futuro occupazionale. (gi.pa.) 9

Aeroporto Duca d'Aosta, ecco il via libera dell’Enac (Piccolo Gorizia-Monfalcone)

Nella migliore delle ipotesi l’aeroporto di Gorizia sarà operativo - atto al volo - a maggio, ma sa che i tempi potrebbero essere anche più lunghi. Questo il senso dell’ultima dichiarazione ufficiale - risalente a qualche settimana fa - di Ivo Boscarol (nella foto), presidente della società Pipistrel che all’aeroporto di Merna vorrebbe costruire e collaudare gli aerei Panthera e assumere 230 persone. Ora che la Società consortile annuncia per l’ennesima volta l’imminente firma con Enac per la concessione dello scalo, Boscarol si sottrae a dichiarazioni ufficiali. Tramite sms fa sapere che «la firma non è che mi dice tanto. Aspettiamo che l’aeroporto riapra ufficialmente». Intanto i lavori nello stabilimento della Pipistrel proseguono. Sta prendendo forma anche l’ingresso che rispetta le linee architettoniche dell’originale Duca d’Aosta. Maggio dunque come nuovo tempo d’attesa: tempi biblici per un imprenditore che ha fretta di far volare l’industria goriziana.(r.c.)di Francesco Fain Nuovi e decisivi passi in avanti per la società consortile che si accinge a gestire l’aeroporto “Duca d’Aosta”. La novità è costituita dal fatto che è stata individuata la figura di “responsabile tecnico operativo dello scalo”. Si tratta di Michela Clinec del Consorzio industriale e artigianale di Gorizia. Sarà supportata da Sergio Signore, direttore del Consorzio nonché dell’Azienda speciale Porto. Due designazioni fondamentali per ottenere, finalmente, chiavi e gestione dell’aviosuperficie. Intanto, tutte le pratiche ha ottenuto il “timbro” di Enac Nordest. «Adesso - spiega il presidente della Consortile, Ariano Medeoot - stiamo attendendo di ricevere l’ultima telefonata di questo lungo iter. Mi riferisco alla chiamata con cui Enac Roma ci darà appuntamento per le ultime firme di rito e la consegna delle chiavi». «È un risultato importante - rimarca Ariano Medeot -. Qualcuno continua a dire che ci abbiamo messo troppo tempo ma la consortile, che esiste da qualche anno, ha messo in moto un processo che era fermo da... 70 anni. Ho trovato grande disponibilità nei vertici romani dell’Enac. Quando avremo in mano le chiavi dell’aeroporto cosa succederà? Attiveremo tutte le procedure anche verso il Fondo Gorizia chiedendo la concessione di ulteriori contributi che possano permettere di recuperare la zona: dall’area verde agli alberi ad alto fusto che, al momento, precludono l’attività della pista. La Camera di commercio di Gorizia ha già stanziato un milione e mezzo, mentre l’ultimo progetto preliminare per la palazzina e l’ingresso ammontava a poco più di 700 mila euro. Si potrebbe pensare quindi di rimettere a posto anche altri ambienti da destinare, ad esempio, alla scuola di volo». Infine, da Statuto, va ricordato che oggetto principale dell’attività societaria della consortile «è lo sviluppo, progettazione, realizzazione, adeguamento, gestione, manutenzione ed uso degli impianti e delle infrastrutture per l’esercizio dell’attività aeroportuale, nonché delle attività connesse o collegate, purché non a carattere prevalente per la promozione dello sviluppo delle attività aeronautiche, turistiche, sportive e culturali sui sedime dell’aeroporto Amedeo Duca d’Aosta di Gorizia. La società può inoltre studiare ed elaborare progetti connessi con il tipo di attività svolta e potrà curare direttamente le costruzioni relative». «Essa - si legge all’articolo 3 dello Statuto - può perseguire l’oggetto previsto anche indirettamente mediante altre imprese. La società può anche promuovere e gestire, anche attraverso società allo scopo individuate, il riutilizzo degli immobili ed impianti dismessi che insistono sull’area al fine di una loro riconversione, compatibile con l’oggetto della concessione». 10

Legambiente: «No alla costruzione dell’outlet village a Latisana» (M. Veneto Udine)

di Michela Zanutto - Legambiente Fvg tuona contro il centro commerciale di Latisana. Gli ambientalisti sono contrari alla realizzazione di un outlet village con albergo all’uscita del casello autostradale dell’A4 sia per evitare la cementificazione del territorio sia perché la nostra regione è quella con la percentuale più elevata di centri commerciali in Italia. «La cementificazione del territorio è uno di più importanti e sottovalutati problemi ambientali del Paese, cosa che porta alla riduzione delle aree agricole, al deturpamento del paesaggio, all'alterazione dei flussi idrologici e alla frammentazione degli ecosistemi - lamenta Legambiente Fvg -. Studi condotti dall’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale posizionano il Friuli ai primi posti in Italia per superfici agricole che sono state trasformate per fare posto a centri commerciali, strade, capannoni e case. Eppure continuano a fiorire progetti di nuove aree commerciali ed espansioni delle esistenti. Questo va di pari passo ad altrettante chiusure. Fanno specie anche i dati forniti dall’Ires Fvg, l’istituto di ricerche economiche e sociali, che collocano al primo posto il Friuli e la provincia di Udine per metri quadrati di superfici della grande distribuzione organizzata ogni mille abitanti». Ma alla fine di dicembre, dopo quasi 15 anni di rinvii e attese, è stata siglata una convenzione fra il Comune di Latisana e le società Petrol Service srl di Montebelluna (non nuova a investimenti del genere nella Bassa Friulana) e Promo Center 2000 srl di Trento, per la costruzione di un centro commerciale da 58 mila metri quadrati e annesso hotel con una capacità iniziale di 120 posti letto. Un investimento da 35 milioni di euro che è finito nel mirino degli ambientalisti. «L’amministrazione latisanese rassicura che stano facendo solo dei passaggi urbanistici, ma quelli sono palesemente i presupposti per il progetto vero e proprio e dubitiamo fortemente che l’amministrazione non sappia nulla visti i rapporti intercorsi con i proponenti e i rendering – sottolineano da Legambiente Fvg –. Peraltro la convenzione fra Comune e proponente è stata firmata solo a fine 2016, per cui si sarebbe potuto rivedere la proposta edificatoria progettata oltre sei anni fa considerato che il piano attuativo acquisisce efficacia esclusivamente con la sottoscrizione della convenzione stessa». L’associazione è critica anche nei confronti della variante urbanistica rilasciata dal Comune di Osoppo che consente l’asfaltatura di due ettari di terreno attualmente a prato nell’ambito dell’aviosuperficie attigua alla Zona di protezione speciale del Medio Tagliamento. Provvedimento contro cui Legambiente ha presentato nota alla Regione e allo stesso Comune chiedendo la rettifica dei relativi atti. Le motivazioni, espresse nelle note, si incentrano sull’importanza ambientale del territori.

Palmanova, al consiglio aperto sull'ospedale annunciate 131 assunzioni (Gazzettino Udine)

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Scuola, caos delle iscrizioni. La protesta delle famiglie (Gazzettino Pordenone)

Valentina Silvestrini - «La situazione non è risolta, anzi continuano ad arrivarci segnalazioni di malfunzionamento e di rallentamenti in fase di iscrizione sia da parte di alcune scuole, sia da genitori -, spiega Giuseppe Mancaniello della segreteria provinciale della Flc Cgil -. Quest'anno le criticità sono state anche maggiori rispetto allo scorso anno», aggiunge il sindacalista. Dapprima il tilt del server avvenuto lo scorso 9 gennaio quando furono aperte le registrazioni: il problema tecnico, poi risolto dal ministero, però sembra non essere del tutto sparito. Tempi allungati a oltre un'ora per poter completare l'iscrizione, tanto che in alcuni casi il rallentamento è stato tale che una volta completato tutto il formulario (diviso in due sezioni) la pagina risultava scaduta, obbligando le famiglie o il personale scolastico a ricominciare da capo. Dal 16 di gennaio è scattata la seconda fase, ovvero la vera e propria iscrizione di bambini e studenti al primo anno di ciascun ordine di scuola: scuola dell'infanzia, primaria (ovvero le elementari), al primo grado (le scuole medie), e secondo grado (le ex superiori). Le iscrizioni, obbligatorie per le scuole statali, sono facoltative per le scuole paritarie. Iscrizioni che saranno possibili fino alle 20 del 6 febbraio. Quest'anno per la prima volta si è passati dalle consuete quattro alle tre settimane di tempo per effettuare l'iscrizione. Motivo per cui la segreteria pordenonese della Flc Cgil chiede «lo slittamento della scadenza almeno di una settimana - prosegue Mancaniello -. Anche perché se il portale non sarà potenziato e non saranno eliminati i disservizi tecnici, potrebbero insorgere ulteriori problemi a ridosso della scadenza del 6 febbraio». Anche i genitori hanno lamentato rallentamenti: i tempi necessari a completare l'iscrizione online «in alcuni casi hanno superato l'ora; il tutto diventa ancora più difficile da gestire nel caso in cui i genitori si rivolgano alle scuole per chiedere aiuto, il cui personale amministrativo si ritrova a dover dedicare un'ora per ciascuna iscrizione», conclude il sindacalista. Per far fronte ai problemi riscontrati dagli utenti, il ministero ha attivato anche un numero telefonico (06-58494025, attivo dal lunedì al venerdì dalle 09 alle 13 e dalle 14 alle 18). «Purtroppo rallentamenti e disservizi delle piattaforme ministeriali sono ormai diventati una costante - conferma anche Antonella Piccolo, segretario provinciale di Cisl Scuola -, come dimostra anche il blocco del portale per la richiesta di pensionamento, la cui scadenza prefissata per il 20 gennaio è slittata al 13 febbraio». 12