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Venerdì 27 Gennaio 2017
5
La sentenza della Consulta lascia aperto il problema del premio di maggioranza
La parola passa al Parlamento
Anche le coalizioni consentite al Senato, non alla Camera
DI
DOMENICO CACOPARDO
B
enché Matteo Renzi ed Elena Boschi
cantino vittoria, la
sentenza della Corte
costituzionale sull’Italicum
(legge 6 maggio 2015, n. 52),
comunicata mercoledì 25, non
è un loro successo politico, visto che la principale novità, il
ballottaggio, è stata cancellata. Cerchiamo di approfondire
i termini della questione che
ora il Paese ha davanti: essa
deriva in parte dalla bocciatura della riforma costituzionale
nel referendum del 4 dicembre che, in sostanza, ha ridato
vita al Senato, e, per il resto,
proprio dalla decisione della
Corte, dichiarata di immediata applicazione. Con questa,
è stata stabilita, ripetiamo,
l’illegittimità del ballottaggio
e della facoltà del capolista
eletto in più collegi di scegliere a proprio piacimento quello
per cui optare: una garanzia
ulteriore, questa, per le segreterie dei partiti per manovrare candidati e territori. Sul
punto, rimanendo stabilito
che un candidato può essere
capolista in più collegi, va applicato l’art. 85 del D.P.R. 30
marzo 1957 che dispone: «Il
deputato eletto in più circoscrizioni deve dichiarare alla
Presidenza della Camera dei
deputati, entro otto giorni dalla data dell’ultima proclamazione quale circoscrizione prescelga. Mancando l’opzione, si
procede al sorteggio». Perciò il
candidato eletto in più circoscrizioni subirà un sorteggio:
viene, quindi, azzerata ogni
possibilità di manovra. È legittimo il premio di maggioranza stabilito dall’Italicum
a favore di chi superi il 40%
dei voti espressi. Attenzione a
questo punto: è cruciale.
Quanto al Senato, la sua
elezione è oggi regolata dalla
sentenza 15 gennaio 2014, n.
1 della Corte (Consultellum):
elezione su base regionale con
sistema proporzionale e soglie
di sbarramento, senza attribuzione di premio di maggioranza (incostituzionale). L’elettore
potrà esprimere una preferenza. Questo dello sbarramento
è l’altro punto critico.
In sintesi, quindi, dopo
l’ultima sentenza, i sistemi
di elezione di Camera e Senato si sono avvicinati, nel senso
che entrambi sono proporzionali. Le differenze, però, non
sono tecniche, ma politiche e
istituzionali.
Vediamo le soglie: al Senato sono ammesse le coalizioni (non alla Camera). Per
partecipare alla spartizione
dei seggi debbono superare il
20% dei voti espressi e ogni
lista coalizzata il 3%. Per le
liste singole non coalizzate la
soglia è dell’8%. A parte i gravi
dubbi di costituzionalità, questa divaricazione tra i sistemi
crea un grave disparità tra i l’intervento del Parlamento di discussione parlamentare
votanti al Senato e quelli alla per le correzioni occorrenti dell’Italicum).
Camera ed elude la parità tra alla legge della Camera e, per
E qui vale la pena di rielettori garantita dall’art. 48 le soglie, del Senato.
cordare che il Tribunale di
A questo punto, torna la Messina, nell’ordinanza di ridella Costituzione. A proposito, alla Camera, la soglia è del politica. Le dichiarazioni di messione alla Corte, aveva rap3%Rimane poi sul tappeto il ieri risultano scomposte e in- presentato anche i problemi di
premio di maggioranza alla congruenti rispetto al merito legittimità costituzionale che
Camera per il partito (o lista) (quello conosciuto, visto che le presentava il Consultellum
che superi il 40%. Alcuni co- motivazioni si leggeranno tra con particolare riferimento
stituzionaalle soglie. La
listi, anche
legge 11 marAl Senato sono ammesse le coalizioni (non alla Caautorevoli,
zo 1953, n. 87,
mera).
Per
partecipare
alla
spartizione
dei
seggi,
le
ritengono
istitutiva della
coalizioni
debbono
superare
il
20%
dei
voti
espressi
che la soglia
Corte, all’art.
e ogni lista coalizzata il 3%. Per le liste singole non
del 40% non
27 dispone che
sarà mai
«… dichiara …
coalizzate la soglia è dell’8%. Questa divaricazione tra
raggiunta
quali sono le ali sistemi crea un grave disparità tra i votanti al Senato
e che, quintre disposizioni
e quelli alla Camera ed elude la parità tra elettori gadi, essa è
legislative, la
rantita dall’art. 48 della Costituzione. A proposito, alla
puramente
cui illegittimiCamera, la soglia è del 3%. Rimane poi sul tappeto il
virtuale.
tà deriva come
premio di maggioranza alla Camera per il partito (o
L’osserconseguenza
vazione
della decisione
lista) che superi il 40%. Alcuni costituzionalisti, anche
non conadottata».Non
autorevoli, ritengono che la soglia del 40% non sarà
vince. Non
sarebbe stamai
raggiunta
e
che,
quindi,
essa
è
puramente
virtuale
solo è già
to peregrino,
accaduto
quindi, che la
che un partito superasse di almeno un mese) della sen- Corte, alla luce della sentenza
sfioro il 40% (da ultimo il Pd tenza della Corte (che, con sull’Italicum, si pronunciasse
alle elezioni europee del 2014, questa decisione, compie un sulle norme del Consultellum
40,82%, ma prima la Demo- imponente passo avanti nella diventate ormai incompatibili
crazia Cristiana nel 1948, propria capacità di occuparsi con il sistema elettorale stanettamente 48,51%, e nel delle leggi elettorali e non: in- bilito per la Camera. Invece,
1953 40,10%) ma i fenomeni fatti, si è attribuita la facoltà la rimessione del Tribunale di
politici cui assistiamo e la for- – o meglio il potere-dovere - di Messina, su questo punto, è
za delle emozioni indotte da intervenire anche prima che stata dichiarata inammissibinotizie scandalistiche possono esse abbiano esplicato i loro le. La ragione, probabilmente,
spingere un qualche partito, effetti con una almeno una è stata quella di non invadere
in particolare i 5Stelle e, in applicazione. Una sorta di il campo decisionale del Parsubordine, il Pd, a raggiun- vaglio preventivo, non molto lamento e di utilizzare il pringere la soglia.Perciò, appare lontano da quello immagina- cipio dell’economia dei mezzi
necessario e non rinviabile, to da Elena Boschi in sede giuridici. Ma, oggi e in questo
modo, i due sistemi (Camera
e Senato) hanno significativi
margini di incompatibilità.
Come abbiamo già scritto ieri, la fretta è la pessima
consigliera di Renzi: non riuscirà a eludere il confronto
con Mattarella e la sua posizione: nessuna elezione senza
che le leggi di Camera e Senato siano state conformate.
Il presidente della Repubblica le riterrà conformate dopo
l’ultima sentenza? Supererà
il pericolo 40% e le soglie del
Senato? Per le ragioni esposte
c’è da dubitarne, anche se nella vita istituzionale non sono
mai mancate le sorprese.
Un’ultima notazione: nel
movimento del pendolo delle
leggi elettorali e dei rapporti
di forza, da oggi si accresce
la forza del Parlamento e si
attenua quella dell’esecutivo. Anzi l’esecutivo si potrà
formare (a meno che scatti il
premio di maggioranza) solo
dopo estenuanti trattative e
il funzionamento dei governi
sarà sempre sottoposto a negoziati specifici su ogni questione.In tempi tempestosi
come gli attuali, con rivolgimenti continui e equilibri internazionali caduchi e incerti,
probabilmente non è un bene.
Il fantasma di Weimar, stabilitosi a Palazzo Chigi, vola
spesso a Palazzo Madama e
a Palazzo Montecitorio.
www.cacopardo.it
© Riproduzione riservata
LA SENTENZA DELLA CORTE CONSULTA NON HA MESSO IN DISCUSSIONE I CAPILISTA BLOCCATI
Resteranno quindi i capibastone
Segretari di partito potenti. Minoranze sotto schiaffo
DI
M
CESARE MAFFI
atteo Renzi, Silvio Berlusconi, Angelino Alfano,
Grillo&Casaleggio…: tutti arci soddisfatti. Tutti appagati. Tutti contenti. La Corte costituzionale ha dato il via libera ai capilista
bloccati e alle candidature multiple. Così
i presidenti, segretari, garanti, titolari,
proprietari delle formazioni politiche, di
qualsiasi orientamento, potranno comodamente scegliersi ciascuno un ampio
numero di deputati, fino a un massimo
di cento nel caso dei partiti che riescano a conquistare un seggio in ciascun
collegio.
C’era chi pensava o sperava o temeva che le capolistature bloccate sarebbero state giudicate incostituzionali.
Viene da pensare che la Corte le abbia
assimilate a candidature in collegi uninominali, pur se accompagnate da altre
per le quali vigono le preferenze. L’assimilazione potrebbe essere stata favorita
(vedremo le motivazioni) dalla presenza
del nome del capolista sulla scheda.
Di fatto, l’unica limitazione introdotta riguarderà le candidature multiple.
Esse sono rimaste, cosicché sarà possibile presentarsi fino a dieci collegi.
Semplicemente, nel caso di elezione
plurima, il fortunato non potrà scegliere il collegio in cui farsi eleggere, perché
sarà la sorte a decidere. Una sciocchezza, rispetto ai danni che si sarebbero
creati alle segreterie dei partiti qualora
i capilista fossero stati sottoposti alla
ricerca delle preferenze e quindi alla
diretta concorrenza elettorale.
Il Cav, quando in epoca di patto
del Nazareno si discuteva sulla riforma elettorale, aveva in testa alle proprie
preoccupazioni le liste bloccate. Bloccate integralmente, dal primo all’ultimo candidato, come nel porcellum. Il
passaggio ai soli capilista bloccati fu
per lui una concessione considerata
sanguinosa. Gli importava compilare
lui le liste in maniera tale da ragionevolmente precostituirsi gli eletti. Che
poi il destino dei nominati da lui gli
avesse, più volte, riservato amare disillusioni, da lui considerati tradimenti,
non gli sminuiva la volontà di privare
gli elettori della possibilità di scegliersi
gli eletti.
Renzi, a sua volta, aveva necessità di uno strumento per lui
essenziale al fine di epurare i gruppi
parlamentari. Sarà la segreteria del
Pd a decidere i capilista, cioè gli eletti.
L’operazione condotta da Pier Luigi
Bersani, segretario democratico, pre-
determinandosi deputati e senatori ancor oggi poco propensi a Renzi, verrà
rovesciata dal suo successore alla segreteria: saranno le minoranze interne
a pagare in termini di eletti.
Alfano non aveva un problema di
capilista bloccati, anche se ovviamente
la faccenda gli torna a giovamento per
potersi scegliere i futuri eletti (ammesso che alle prossime politiche ci siano
sue liste in grado di superare le soglie di
sbarramento). Se avesse dovuto sfidare
la concorrenza con le preferenze, non
ne avrebbe patito più di tanto. Invece
la questione era individuare i collegi
di sicura elezione, molto astruso per i
partiti minori a causa della macchinosità per la ripartizione territoriale dei
seggi conquistati e dei resti. Il cumulo
delle candidature, fino a dieci, permette
invece di garantirsi l’elezione: se non
sarà nel collegio A, sarà nel B, o eventualmente nel C o nel D.
Alla fine, l’operazione di potatura
della Corte costituzionale si concentra
nell’abolire il ballottaggio. Un’operazione violenta, indubbiamente. Ma sulle
candidature i giudici della Consulta si
sono limitati a una minima spuntatura, che non intacca assolutamente le
potestà dei vertici dei partiti.
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