III Domenica del Tempo Ordinario

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Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace
via Arcivescovado, 13
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per l’Omelia domenicale a cura dell’Arcivescovo Mons. Vincenzo Bertolone
III Domenica del Tempo Ordinario
22 gennaio 2017
Sulla soglia della Luce, alla porta della Gioia
Introduzione
In queste prime domeniche del Tempo Ordinario stiamo “accompagnando” Gesù
nella sua vita pubblica e nella sua predicazione. Quella che respiriamo, dunque, è
l’atmosfera dell’esordio e perciò carica di ansie, novità, aspettative, speranze,
contrasti. Non si tratta di novità passeggere, né di aspettative vane, né di speranze
infondate né, tanto meno, possiamo considerarle gioie effimere. L’atmosfera
dell’INCIPIT è di ben altra portata rispetto al consueto, al quotidiano perché ha in sé
l’anelito di Infinito che ci fa sperare oltre ogni misura. Insomma, potremmo sentirci
autorizzati a ILLUMINARCI D’IMMENSO. È l’atmosfera dell’annuncio e, al tempo
stesso, compimento di una promessa. Così se domenica scorsa abbiamo raccolto il
consolante annuncio della remissione dei peccati: (Gesù è l’Agnello di Dio, il
Salvatore promesso da sempre che toglie il nostro peccato), oggi, III domenica del
Tempo Ordinario, raccogliamo il grande annuncio della luce e della gioia: Gesù,
venendo al mondo, ha aperto agli uomini immersi nelle tenebre del peccato “una
grande luce”; venendo al mondo ha aperto agli uomini la porta di una grande gioia.
Dunque, quelli che abbiamo vissuto e vivremo in questo Tempo sono “inizi”
all’insegna della luce e della gioia. Essi però non si presentano come un’assoluta
novità, ma affondano la loro radice in un passato di profezie e promesse che si sono
realizzate compiutamente nel Nazareno. Per questo tutto ciò che di bello si
accompagna a questi inizi non può dirsi passeggero o finito, anzi è tutt’altro: eterno,
incorruttibile, concreto. Infatti è impastato mirabilmente con la divinità e la piena
umanità di Cristo. La luce e la gioia di queste domeniche ci aiuta a riconoscere e
comprendere il mistero di questa meravigliosa unione fra divino e umano e ci spiega,
inoltre, quale grande novità porti nell’uomo. Tenere ben a mente tutto questo
significa ripensare alla nostra esistenza terrena come ad un quotidiano rinascere alla
letizia e alla pace, perché continuamente aperto allo Spirito del Risorto. Lasciamo,
allora, che questa atmosfera ci contagi e ci pervada, e impegniamoci a conservarla
sempre così.
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Una luce abbagliante
Gesù è la grande luce sorta sull’umanità: “Io sono la luce del mondo”. Ma che cosa
significa luce? Il simbolo della luce, costante in tutte le religioni, parla di divinità: è
da sempre presso Dio. Nella Genesi la luce è il primo elemento della creazione. Essa
esplode come prima cosa creata (Gn 1,3-4), principio di vita stessa. In quel “Fiat lux”
c’è tutta la meraviglia dell’esistenza che nasce dalla non-esistenza; la meraviglia che
avrebbe tolto il respiro per la sua repentinità abbagliante luminosità. Nel prologo di
Giovanni la luce è Cristo: vera luce che illumina ogni uomo. E come la prima
creazione è segnata dall’irrompere della luce, così la seconda creazione irrompe con
l’incarnazione del Figlio di Dio, la luce eterna che splende nelle tenebre del mondo.
Sintesi perfetta, a questo proposito, è quella dell’apostolo Paolo che trasmette il senso
di meraviglia per la prima creazione della luce fisica collegandola all’esperienza della
seconda creazione della luce spirituale: “Quel Dio che con la Parola fece brillare la
luce nelle tenebre”, è quello stesso che brillò nei nostri cuori, per far risplendere la
conoscenza dello splendore divino che brilla sul volto di Cristo” (2Cor 4,6). Quindi la
luce non si genera da sé, ma viene da Dio, entra nel mondo e illumina l’uomo per
trasformarlo in uno splendore trascendente. È dunque la luce stessa un forte simbolo
ambivalente: simultaneamente rappresenta la trascendenza e l’immanenza di Dio,
viene dall’alto ma permea la vita quotidiana. Ma nella vita quotidiana la luce può
entrare se l’uomo è consenziente, se l’accetta. Nella creazione le cose e, l’uomo
vengono create dal nulla. Non è chiesto loro di accettare d’esistere. Per nascere e
crescere sul piano della II creazione, quella del rapporto di figliolanza con Dio, si
esige invece la nostra accoglienza, la nostra disponibilità, la nostra risposta. Dio non
può comunicarci la sua vita divina, non può farci suoi figli se noi non vogliamo. Così
la presenza della luce, che squarcia le tenebre delle tante Galilee sparse nel mondo,
segnala da una parte l’iniziativa di Dio che rompe il suo isolamento e si rivolge
all’uomo; e dall’altra parte l’adesione dell’uomo, che si lascia avvolgere e
coinvolgere dalla luce di Dio divenendo creatura nuova secondo l’umanità di Cristo,
umanità che è modello di vita gioiosa e felice. Siamo arrivati, così a scoprire la
seconda parola di questa domenica: gioia.
La gioia in Cristo
Cristo, non è solo luce: è anche gioia. Tutta la sua vita sin dall’inizio, e ancora prima,
è un inno alla gioia. Il Battista, non ancora nato, sussulta di gioia nel ventre di
Elisabetta (Lc 1,44); quando nasce fu annunciato come “la grande gioia del mondo”
(Lc 2,10); ed è ancora la gioia a segnare i suoi discorsi della vigilia della morte:
“Perché la mia gioia sia in voi”; “perché la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11; 16,24).
La stessa parola del Vangelo risuona come gioiosa: essa, infatti, significa buona
novella, cioè annuncio di letizia e di gioia. Quando allora Gesù dice “Io sono venuto
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a portare la vita” (Gv 10,10), nella parola vita è da intendersi gioia, e gioia piena, la
vita stessa, la pienezza della vita. Cristo è, la vera gioia per noi, perché venendoci
incontro ci ha dato il modello della vera e piena umanità. Una umanità mossa
dall’anelito di realizzare un’esistenza buona e veramente felice. Non a caso Giovanni
XXIII diceva: “La gioia è espressione di una vita sana e tranquilla, abbellita e
animata dalla grazia di Dio”, e una vita sana, tranquilla e animata dalla grazia di Dio
è vita pienamente compiuta. Dunque, la gioia è conseguenza stessa del nostro essere
cristiani, è un effetto collaterale della vita con Dio. Un cristiano nella gioia è volto
radioso che attesta una vita vissuta in presenza di Dio, aperta e docile all’azione dello
Spirito Santo, del tutto orientata a seguire lo stile di vita inaugurato da Cristo. Se
poggia su questi presupposti la gioia cristiana è vera gioia, la vita cristiana è vera vita.
È gioia che fiorisce anche nella tribolazione, resiste nelle avversità e, ovunque passi,
contagia. È vita piena di senso, con i rami fioriti nel mondo, ma le radici nel Cielo. Il
mondo, che ancora non crede, ci sfida proprio su questo terreno, sulla capacità cioè di
saper essere nella gioia e di saper trionfare la vita. È una sfida antica quanto la fede in
Dio: “Hanno detto i vostri fratelli che si odiano: fateci vedere la vostra gioia” (Is
66,5). Dunque, in questo momento difficile in cui il pessimismo smorza, attenua ogni
speranza di felicità, per un cristiano è un dovere riconsiderare la pregnanza della
gioia. È un dovere dimostrare che essere nella gioia non è questione di sentimento, di
umore o di stato d’animo, né è un illudersi, chiudendo gli occhi, che sofferenze,
impegnative e malattie scompaiano come d’incanto. È, invece, dimostrare che una
vita nella gioia fa parte del progetto di Dio, saldamente radicata nella sua parola,
nella nostra speranza, nella sua promessa. Questo innesto genera nell’uomo una
nuova visione del mondo e dell’aldilà, del presente e del futuro, della vita terrena ed
eterna, e di conseguenza rende il credente fiducioso e gioioso. La nuova visione del
mondo, però, chiede da parte nostra un’adesione totale alla chiamata di Dio, ovvero
la disponibilità radicale a lasciarsi pensare da Dio in ogni momento della vita. Proprio
come hanno fatto i primi discepoli sulle rive del lago di Galilea, che dopo aver
incontrato il Cristo hanno convertito la propria vita. Da quel momento tutto nella loro
esistenza è diventato risposta fiduciosa e gioiosa al progetto di Dio su loro. Non
servono molte parole per mostrare al mondo la bontà della vita cristiana, è la nostra
gioia di vivere che parla per noi, che predica della nostra fede e dice del nostro amore
per Cristo. (cfr. Lett. A Diognet).
Conclusione
Chi incontra veramente Gesù, incontra la verità della propria esistenza: cioè
l’annuncio di una presenza luminosa che apre alla grande speranza di un quotidiano
sempre pieno di gioia: “ Se rinunci alla vita che oggi conduci, se perseveri nella
preghiera, sentirai di colpo che la tua fatica è colma di riposo, scoprirai in queste
tribolazioni e in queste pene, assai leggere, una gioia e una dolcezza immane…”
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(Pseudo –Macario). Se vorremo svelare il segreto del nostro essere cristiani basterà
che sul volto di ciascuno si apra il sorriso luminoso e gioioso di chi ha veramente
incontrato Cristo sulla propria strada.
Serena domenica
 Vincenzo Bertolone
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