GLOBAL BREXIT: UN NUOVO IMPERIALISMO – di Roberto

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GLOBAL BREXIT: UN NUOVO IMPERIALISMO – di Roberto Stasi
LONDRA\ aise\ - Il percorso di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea parte e si delinea nella parole della PM Theresa
May. Fino ad oggi ci siamo sentiti dire “brexit means brexit”, ed oggi abbiamo la conferma che uscire vuol dire proprio questo:
andare via dal mercato comunitario, non esserne più membri, e quindi rinunciare ai principi di libera circolazione delle merci, dei
capitali, dei beni e delle persone su cui negli ultimi 30 anni abbiamo costruito l’Europa ma sulla quale si è anche modellata
l’economia inglese.Sono chiare e nette le parole sulla fine della libera circolazione per il dopo negoziati, con una promessa,
tanto attesa, di non modifica dei diritti per coloro europei che sono già nel Regno Unito.La May dice di voler cosi rispettare il
volere dei cittadini, di quel 51.2% che ha votato Leave al referendum dello scorso giugno. Promette certezza sull’uscita,
annuncia che non ci saranno periodi transitori, che si discuterà di un nuovo modo di esser partner dell’UE e che su questo sarà
responsabilità europea quella di negoziare il nuovo rapporto di amicizia, con un avvertimento che assomiglia molto ad una
minaccia, meglio un non accordo che un accordo fatto male, perché se l’economia inglese dovesse risentire del nuovo scenario
in cui si verrà a trovare nei prossimi anni, la scelta obbligata è un dumping fiscale per attrarre investimenti e capitali, ma anche
idee ed eccellenze, cioè solo il meglio che possiamo prendere dal mondo.Il percorso di uscita non sarà facile per niente,
invece, le ripercussioni avranno tempi lunghi. Le parole della May sono sembrate più il lancio del suo futuro manifesto politico
GlobalBrexit, come futura candidata a PM di una forse probabile early election piuttosto che un piano di negoziazione. È stato
un discorso pieno di una retorica nazionalistica, teso a rassicurare gli elettori inglesi, anche coloro che hanno votato Remain,
sollecitando un antistorico, ma mai sottaciuto, orgoglio imperialista.Le parole della May trovano dall’altra parte dell’Atlantico un
grande immediato alleato, mentre, a Davos, il presidente della Cina difende il libero scambio e la globalizzazione. Sembra non
crederci, ma in pochi mesi il mondo ha archiviato le categorie mentali, culturali, sociali e politiche a cui siamo stati abituati dalla
fine della seconda guerra mondiale. Se la caduta del muro di Berlino è stato un primo punto di svolta, questi 30 anni sono stati
un periodo di transizioni in cui si è provato a costruire un nuovo modello, l’UE è il progetto più rivoluzionario, ma con i piedi
ancora fortemente radicati nel passato. Oggi, invece, si apre una fase sconosciuta, incerta, disordinata, dove i paradigmi del
passato sembrano apparentemente remoti.Noi, italiani in UK ed europei senza frontiere, dovremo abituarci, forse, ad un cambio
culturale, che per le generazioni più giovani è impensabile, innaturale: quello di ritrovarsi in un altro Paese europeo da
straniero.Sta qui la sfida più importante per noi nei prossimi mesi, lottare perché questo cambio culturale non attecchisca,
perché l’europeismo non retroceda ma si rinnovi, perché si lanci un nuovo internazionalismo sui diritti alla salute, all’ambiente,
allo sviluppo. Perché la disgregazione non diventi normalità, ma resti solo un unico e limitato caso, nella nostra Europa.
(roberto stasi*\aise) * Segretario del PD Londra & UK