Panorama, n.1, 15 gennaio 2017

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Anno LXV - N. 1 | 15 gennaio 2017 | Rivista quindicinale - kn 14,00 | EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401
INA storia di
un declino, ma
la rivogliono
Per riacquistare
i titoli di MOL
bisognerà vendere
una parte della
HEP. Ed è subito
polemica
Si chiederà un
referendum?
Panorama
1
sommario
Iconografia in memoria del grande eroe capodistriano
Nazario Sauro, un nome un mito
editoriale
Verso il Giorno del Ricordo Il prossimo
10 febbraio sarà una data densa di significato
per gli italiani dell’Istria, di Fiume e Quarnero
e della Dalmazia: ricorreranno infatti i settant’anni dal Trattato di Pace di Parigi
3
attualità
INA, storia di un declino. Ora la rivogliono: ma a quale prezzo? La compagnia
spera di riottenere il diritto sui giacimenti
petroliferi in Siria e Irak, oggetto di future
trattative
4
Transizioni energetiche e nuovi mercati
8
società
Le uve non conoscono confini Dopo la
guerra dei cioccolatini ora ritorna in auge
prorompente come non mai la questione del
Terrano
10
italiani nel mondo
Più sostegno alla nuova generazione di
italiani Questo l’obiettivo che si pone il nuovo ministro degli Esteri e della Cooperazione
internazionale, Angelino Alfano
16
reportage
L’Erasmus arriva a 30 anni: è il momento
di cambiar pelle Nel 1987 i primi tremila
studenti europei varcarono i confini nazionali
per un periodo di studio in un ateneo straniero
18
La mostra allestita nei locali del Civico
Museo della Civiltà Istriana Fiumana e
Dalmata di Trieste, è stata proposta nel
centenario della morte del comandante ed
è a cura di Piero Delbello, direttore dell’Istituto Regionale per la Cultura
Istriano-fiumano-dalmata
21
qualità della vita; AMBIENTE: Soluzioni
verdi per respirare meglio Molte varietà
botaniche hanno la capacità di purificare
l’aria della vostra casa; SCIENZA: Fusi
orari addio: dal 2018 un unico tempo
universale!? Due studiosi americani propongono di abolirli e vivere tutti sulla stessa
ora; INNOVAZIONI: B3D World Arena: il
primo Parco tematico al mondo Creato
a Udine dall’esperto di robotica industriale
Massimiliano Soresini
40
32
concorsi
Virus e «bug»: i 10 peggiori - Anche gli
hacker sbagliano: quando il Cryptovirus
è un epic fail - Aggiornare a Windows
10 gratis? Ancora possibile grazie a un
piccolo trucco
54
curiosità
«Infinity Galaxy Puzzle», il puzzle
infinito che non ha inizio né fine 58
PASSATEMPI
Cruciverba di Pinocchio
59
personaggi
Livio Felluga: scompare
un isolano doc
50 CONCORSO ISTRIA NOBILISSIMA
Contributi della Regione FVG: le candidature
entro il 15 febbraio
34
RUBRICHE
SALUTE: Finite le feste rimettiamoci in
forma! Dopo Natale e Capodanno facciamo
una dieta disintossicante; RICERCA: Topi
anziani ringiovaniscono grazie a una
terapia genica; ASTRONOMIA: Aperta
l’anagrafe delle stelle: più di 200 già
registrate Un gruppo di lavoro dell’Unione
Astronomica Internazionale fa ordine tra
nomi vecchi e nuovi; COMPORTAMENTO:
Vuoi essere felice? Smetti di lamentarti
Ecco le dritte che ci aiutano a migliorare la
2
Panorama
Vademecum
per aspiranti scrittori
Con «Imparare a scrivere con i grandi» Guido Conti analizza i racconti dei grandi della
letteratura mondiale
30
multimedia
MADE IN ITALY
«Cibus è Italia» farà il bis a Dubai
2020 Adesione ufficiale dell’Italia all’Esposizione Universale negli Emirati Arabi
libri
Se n’è andato in silenzio, a 102 anni,
quello che era considerato il patriarca
dell’enologia d’eccellenza del Friuli Venezia Giulia
14
Anno LXV | n. 1 | 15 gennaio
Redattore capo responsabile
Ilaria Rocchi
[email protected]
Progetto grafico-tecnico
Sanjin Mačar
Redattore grafico-tecnico
Sanjin Mačar, Teo Superina
Collegio redazionale
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REDAZIONE
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PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e
della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione
con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra
Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare di Trieste
Ente giornalistico-editoriale
Rijeka - Fiume, Zvonimirova 20A
Direttore f.f.
Errol Superina
Consiglio di amministrazione
Oskar Skerbec (presidente), Roberta Grassi Bartolić (vicepresidente),
Roberto Bonifacio, Samuele Mori, Dario Saftich, Borna Giljević
editoriale
eeInterpretazione della Conferenza di Parigi ad opera dell’artista istriano
Gigi Vidris (Pola, 1897 – Torino, 1976): le sue vignette satiriche per “El
spin”, tra il 1945 e il 1947, raffigurano la drammaticità della maggior
città istriana che vide oltre il 90% della sua popolazione esodare
I
l prossimo 10 febbraio sarà una data densa
di significato per gli italiani dell’Istria, di
Fiume e Quarnero e della Dalmazia. Ricorreranno infatti i settant’anni dal Trattato
di Pace di Parigi, che ha posto così tanti
sacrifici alle genti di queste terre, lacerate da
scelte drammatiche. La maggior parte della
popolazione seguì la patria Italia, che dopo
la Seconda guerra mondiale aveva dovuto
cedere queste terre alla neonata federazione
jugoslava, abbandonando tutto. Gli esuli dovettero percorre una strada lastricata di dolore; ma anche coloro che rimasero, ridotti a
minoranza, ebbero vita tutt’altro che facile (e,
beninteso, si vedono costretti a lottare per l’affermarmazione di un’italianità di lunga data).
In Italia, il Giorno del Ricordo, dal 2004 solennità nazionale, rinnovare la memoria delle
tragedie e delle sofferenze patite dagli italiani
nella provincia di Trieste, in Istria, a Fiume e
nelle coste dalmate nel secondo dopoguerra.
Per non dimenticare questa triste pagina di
storia, che si vorrebbe condivisa, “per rafforzare la coscienza del nostro popolo, per contribuire alla costruzione di una identità europea
consapevole delle tragedie del passato”, come
ha dichiarato lo scorso anno il presidente della
Repubblica Italiana, Sergio Mattarella.
Il mondo degli esuli giuliano-dalmati guarda
ora proprio a Mattarella. Infatti, diverse associazioni e privati stanno scrivendo al presidente della Repubblica Italiana auspicando
la sua presenza alla cerimonia per il Giorno
del Ricordo 2017 al Quirinale. Una cerimonia
Verso
il Giorno
del Ricordo
che manifesta, in modo solenne, la vicinanza
e il conforto che arriva dalla suprema carica
dello Stato italiano nei confronti di questa
vicenda umana. La ricorrenza, del resto, ha
sempre impegnato in prima persona il Presidente: in passato sia Carlo Azeglio Ciampi
che Giorgio Napolitano hanno sempre attribuito al 10 febbraio un altissimo significato,
partecipando all’incontro col mondo delle
associazioni che sono impegnate da sempre
nel tener vivo il ricordo della secolare presenza italiana nell’Adriatico orientale e nel
promuovere, attraverso la scuola e il mondo
della informazione, la conoscenza dei tragici eventi delle foibe e dell’esodo presso le
generazioni più giovani, risparmiate dalla
conoscenza diretta degli eventi.
C’è dunque attesa per il rito di quest’anno.
Anche perché nell’ultimo biennio non si è
tenuto come in precedenza al Quirinale, bensì
alla Camera dei Deputati nel 2015 e al Senato nel 2016, e Sergio Mattarella non fece un
discorso ufficiale ma rilasciò un messaggio.
Ma da Roma ci si aspetta non solo un gesto
formale, per quanto significativo. Serve concretezza: nella fattispecie, l’erogazione dei
finanziamenti già stanziati e che, fino all’altro
giorno, non erano ancora arrivati. Si tratta dei
fondi previsti dalla legge nazionale 72/2001
per i progetti 2012 e, in alcuni casi, anche
2009, 2010 e 2011. Dal 19 settembre 2016 i
fondi complessivi (1,4 milioni di euro) per il
saldo dei progetti 2009-2012 sono depositati
sul conto della Banca d’Italia, dopo che il 12
agosto la Corte dei Conti li aveva dichiarati
erogabili.
I primi a farne le spese, in maniera evidente,
i periodici: “L’Arena di Pola”, organo dell’Associazione Libero Comune di Pola in Esilio, si è
ridotto a 12 pagine e in bianco e nero nella
versione cartacea (a colori invece in quella
pdf); il 21 dicembre scorso “Il Dalmata”, il
trimestrale dell’Associazione Dalmati Italiani
nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio,
è stato diffuso per la prima volta solo online, perché mancano i mezzi per la stampa
e le spese postali; invece la redazione de “La
Voce di Fiume”, mensile del Libero Comune
di Fiume in Esilio, ha deciso di non spedire il
giornale in via elettronica a nessuno, in segno
di protesta; e se i soldi non dovessero giungere a breve, “La nuova Voce Giuliana”, organo
dell’Associazione delle Comunità Istriane, potrebbe ridurre la periodicità da quindicinale a
mensile, pur conservando la forma cartacea.
La situazione si potrà provvisoriamente sbloccare solo se entro fino 25 gennaio arriveranno i saldi dei progetti 2012. Altrimenti sarà
inutile partecipare alle varie manifestazioni
ufficiali per il Giorno del Ricordo, come ha
rilevato con amarezza Manuele Braico, presidente dell’Associazione delle Comunità Istriane e vicepresidente della FederEsuli. Sarebbe
un’altra beffa, inferta da un’Italia “matrigna”,
ai danni di chi ha già tanto patito proprio rincorrendo la madrepatria. Ed è quanto tutti noi
giuliano-dalmati vorremmo non accadesse.
Ilaria Rocchi
Panorama
3
attualità
di Diana Pirjavec Rameša
A
lla vigilia di Natale il premier
croato Plenković ha reso noto
che la Crozia ha deciso di intraprendere la battaglia per il riacquisto del pacchetto azionario
dell’INA attualmente in mano
alla Mol. L’INA è attualmente controllata per
il 49,08 p.c. dall’ungherese MOL e per il 44,84
p.c. dal governo mentre il 6,08 p.c. è in mano
4
Panorama
a investitori istituzionali e privati. Il Governo
croato si appresta ad una scalata finanziaria
della cui entità non si sa ancora molto, ma è
certo che l’operazione sarà molto complessa
e si appoggerà su un’altra importante privatizzazione: la vendita di una consistente
quota della HEP (l’Ente elettroenergetico
croato), grazie a cui di dovrebbe rilevare la
quota controllata da MOL. Tra qualche mese
dovrebbe essere lanciata un’IPO che permetterà alle aziende, ma anche ai semplici cittadini, di acquistare titoli della HEP.
fTroppe incognite
La decisione è stata presentata come una
delle migliori possibili, ma le incongite sono
ancora parecchie. Per quanto riguarda i dettagli di questa intricata vicenda va rilevato
che la decisione di riprendersi l’INA è stata
resa pubblica solo qualche ora dopo che il
Governo aveva saputo che le richieste croate
circa l’annullamento del contratto di compravendita presentato alla Corte arbitrale dell’ONU con sede a Ginevra non erano state accol-
La compagnia spera di riottenere il diritto
sui giacimenti petroliferi in Medio Oriente,
oggetto di future trattative
INA, storia di un
declino. Ora la
rivogliono: ma
a quale prezzo?
te. Nella sua denuncia presentata a Ginevra la
Croazia ha fatto leva sulla condanna dell’ex
primo ministro Sanader giudicato colpevole di
essere stato corrotto dagli ungheresi che in tal
modo avevano ottenuto il pacchetto di maggioranza. L’anno scorso la Corte costituzionale
croata ha però ha annullato la sentenza contro
Sanader, imponendo di rifare tutto il processo. La posizione arbitrale della Croazia è stata
così indebolita, fino alla sentenza della Corte
arbitrale di Ginevra la quale ha rigettato le richieste croate relative all’annullamento della
vendita dei titoli INA alla MOL.
Lo stato croato attende il risultato di un’altra
iniziativa legale, quella avviata a Washington
nel 2013, presso la Corte internazionale di
Arbitrato (ICSID) intrapresa, questa volta, dalla MOL. Per ora non si hanno informazioni in
merito, ma se le richieste della MOL venissero
accolte, la Croazia dovrebbe pagare un salato
risarcimento alla MOL per non aver rispettato
le clausole del contratto che riguardano il business del gas, stilato sotto forma di integrazione e firmato nel 2009. L’intesa, tra le altre cose,
prevedeva che il governo croato rilevasse interamente il comparto gas dell’azienda, non profittevole. Ma non è stato dato seguito a questo
capitolo negoziale. Il risarcimento richiesto
dagli ungheresi è di un minimo di 2 miliardi
di kune. Se la richiesta ungherese dovessere
venir accolta, le casse dello Stato potrebbero
venir svuotate in un battibaleno... Ma è uno
scenario a cui per il momento non è bene pensare perché nel far fronte al pagamento di una
richiesta di simili entità la Croazia dovrebbe
fare dietro front su tutto il buono che si porta
Panorama
5
CAPEX- SPESE PER CAPITALE
5,013
milioni di kune
ENTRATE
appresso la recente Riforma fiscale, facendo
aumentare il deficit di bilancio e arretrando
nella graduadoria del rating stilato da banche
e istituzioni finanziarie.
fUn controsenso ma...
Sembra incredibile ma bisogna ricordare che
l’INA è stata ceduta agli ungheresi proprio
negli anni in cui l’HDZ era al potere e ed ora
l’HDZ, questa volta guidata da Plenković, il
quale ricopre la carica sia di Primo ministro
che di presidente del partito, la rivuole indietro. La storia è nota. Nel 2012 l’ex primo ministro croato, Ivo Sanader, è stato condannato a
dieci anni di carcere con l’accusa di tangenti.
in milioni di kune
Raffinerie e marketing
Commercio al dettaglio
Totale
In cambio della scalata all’INA ha ottenuto
dieci milioni di euro da MOL. Il suo amministratore delegato, Zsolt Hernadi, ha avuto
secondo la giustizia croata un ruolo esplicito
nell’affare. Nei suoi confronti è stato spiccato
un mandato di cattura internazionale, ma i
togati magiari si sono opposti alla consegna,
avendo giudicato loro stessi Hernadi e avendolo ritenuto pulito. Poi qualche settimana fa
il nome di Hernadi è stato levato dalla Lista
dei ricercati dall’Interpol.
Ora lo stesso HDZ e il premier Andrej Plenković
insistono sulla necessità di far rientrare i titoli
INA allo Stato croato offrendo, ma la cifra potrebbe cambiare, circa 900 milioni di euro per le
quote in mano alla MOL.
fUna questione politica
o economica?
“Per far ripartire l’INA quanto prima è necessario
il reintegro dei vecchi quadri delI’INA che hanno
lavorato all’ENI, o in altre compagnie petrolifere
in giro per il mondo. Sarà necessaria pure la figura di un consulente internazionale, anzi due,
uno per le questioni giuridico-legali e l’altro per
le finanze, i quali seguiranno il processo fino a
raggiungere una situazione di completa trasparenza” - lo sostiene un ex dirigente INA, Tomislav
Dragičević ex amministratore delegato dell’INA,
uscito di scena dopo la scalata ungherese.
“L’annuncio fatto alla vigilia di Natale dal premier Plenković il quale ha annunciato che la Cro-
Il piano di sviluppo
stilato nel 2003 prevedeva
l’ammodernamento delle
raffinerie, investimenti in
Siria e trivellazioni nel nord
Adriatico. Ma nulla è stato
realizzato
6
Panorama
265
68
333
9.500
DIPENDENTI
439
PUNTI VENDITA
265
Croazia
Bosnia ed Erzeg. 45
6
Slovenia
1
Montenegro
INA - dal bilancio aziendale per il primo semestre del 2016
ccLjubo Jurčić
azia si sarebbe ripresa tutta la proprietà sull’INA
non era sono uno spin per mascherare la grande
sconfitta ottenuta a Ginevra in materia di arbitrato tra Governo croato e la MOL. Il Governo ha
piani molto concreti ma non è uscito in pubblico
per tutelare tutta l’operazione”- rivela Dragičević
intervistato dalla rete televisiva N1 un’affiliata
della CNN per la regione dei Balcani.
fPrima valutare
poi decidere
L’economista Ljubo Jurčić interpellato su un
altro punto importante che riguarda la giustificabilità di un’operazione finanziaria così
complessa, che ha per finalità “statalizzare”
l’INA, ha rilevato che decisioni di questo tipo
non devono essere emotive e non devono venir prese ad hoc. “Si tratta di un’operazione che
per il Paese potrebbe essere anche buona, ma
se guardiamo il contesto internazionale allora
dobbiamo dire che è un’iniziativa ad alto rischio perche l’INA non è una compagnia petrolifera forte e propulsiva come lo era trent’anni
fa. Le condizioni sul mercato petrolifero sono
molto diverse da quelle di venti o trent’anni
fa... Farò un esmpio: fino a una decina di anni
fa l’Europa occidentale esportava derivati negli
Stati Uniti (parte occidentale), mentre oggi da
quest’area sempre più derivati vengono importati in Europa.
Per la prima volta gli Stati Uniti hanno una
bilancio positivo per quanto riguarda il commercio del petrolio e derivati, e ciò dimostra
che tante cose sul mercato sono cambiate. In
Croazia sono stati fatti pochi investimenti nel
business delle raffinerie, non c’era interesse.
Nel mondo, invece, dopo l’uragano Katrina
sono state ricostruite numerose raffinerie e
impiegate tecnologie del tutto nuove e innovative. Queste raffinerie sono talmente
moderne che hanno capacità di produzione
superiore a quelle in Europa, le quali diventano obsolete e rimangono indietro, sia da
un punto di vista tecnologico che di capacità
produttive. E questo è un grande problema
quando pensiamo al futuro dell’INA” - osserva Ljubo Jurčić.
“In passato l’INA era strutturata come una
qualsiasi altra compagnia che opera a livello
mondiale, non era grande ma aveva il suo
peso, oggi non è più così. Inoltre da più parti
la MOL è stata accusata di non essere stata un
buon partner dell’INA negli ultimi 13 anni.
Poche cose si sanno ed invece l’opinione pubblica dovrebbe venir informata di numerosi
dettagli in modo da poter prendere posizioni
basate su dati e non solo sull’eforia scatena-
ccAndrej Plenković
ta dal fatto che una grande azienda stia per
ritornare in proprietà allo Stato” - sostiene
Jurčić.
fL’azienda oggi
vale di meno
“Oggi l’azienda non vale tanto quanto l’hanno
pagata gli ungheresi” - aggiunge Dragičević, il
quale ricorda che il piano strategico di sviluppo
prevedeva l’ammodernamento delle raffinerie,
ma anche investimenti in Siria e nel nord Adriatico “La produzione in questo momento è ridotta
a 3 milioni di tonnellate ed è troppo poco.... rispetto agli 11 milioni di tonnellate che passano
per le raffinerie ungheresi. La MOL ha fatto sì
investimenti ma in funzione del fatto che l’INA
secondo loro doveva diventare solo un centro di
distribuzione e commercio”- conclude Dragičević.
Nei primi siei mesi del 2016 le entrate nel settore
delle Raffinerie (Fiume e Sisak) marketing e vendite al dettaglio ammontavano a 5,013 milioni di
kune. In data 30 giugno 2016 il Gruppo INA gestiva una rete di 439 punti vendita (di cui 387 in Croazia, 45 in Bosnia ed Erzegovina, 6 in Slovenia e 1
in Montenegro). Il numero dei dipendenti sfiora
appena le 9.500 persone. Nel 2014 i dipendenti
erano circa 13.000 ma numerosi snellimenti hanno ridotto l’organico alle quote odierne.
Panorama
7
attualità
Da anni l’entità delle riserve mondiali di idrocarburi e del petrolio in particolare è uno dei
maggiori interrogativi della comunità economica internazionale. La preoccupazione
di un imminente declino delle risorse fossili
tuttavia non è nuova. Nel 1956 M. K. Hubbert
elaborò la teoria omonima sul declino della
produzione di petrolio. Partendo da dati storici sul ritmo di estrazione e sull’entità delle
riserve disponibili in USA, la teoria sosteneva
di poter prevedere la dinamica di estrazione
e la data di produzione massima – il celebre
“picco del petrolio”. Su questa linea di pensiero è cresciuto nel tempo un coacervo di movimenti per cui la datazione del picco coinciderebbe con l’inizio del declino della civiltà
industriale, financo un ritorno a una nuova
età della pietra. Tornando sulla Terra, il dibattito su un eventuale calo della produzione
petrolifera mondiale, in particolare sulla sua
possibile irreversibilità, è quanto mai attuale
in virtù dell’interesse strategico che l’approvvigionamento energetico riveste nella cornice
nazionale e globale.
fLa teoria del picco
ha fallito
Pur avendo correttamente predetto la datazione del picco produttivo petrolifero dei primi anni ’70 negli USA, la teoria del picco del
petrolio ha ripetutamente fallito. Una lunga
serie di osservazioni empiriche dagli anni ’80
in poi ha evidenziato l’incompletezza della
teoria. In particolare, si è reso evidente come
essa si fondi esclusivamente su dati empirici
di tipo geologico e produttivo, mancando di
considerare che la quantità offerta di petrolio
è condizionata anche da fattori dinamici quali sviluppo tecnologico e prezzo di mercato. I
sostenitori della teoria di Hubbert hanno fornito nei decenni una lunga lista di datazioni
del picco della produzione globale di petrolio,
tutte puntualmente smentite. Al contrario,
non solo non vi è ancora alcuna evidenza di
un picco della produzione petrolifera mondiale, ma anche se l’entità delle risorse petrolifere mondiali fosse nota alla perfezione
– e non lo è – una datazione precisa del picco
8
Panorama
non sarebbe comunque possibile senza una
conoscenza altrettanto precisa della domanda
futura. Tale conoscenza è preclusa per l’ovvio
motivo che la domanda si forma sulla base di
elementi di progresso tecnologico e sociale
imprevedibili nel lungo periodo. Nessuno, ad
esempio, seppe predirre l’enorme domanda di
kerosene creata dal 1930 in poi, con la maturità tecnologica degli aerei commerciali.
fPochi investimenti
Le preoccupazioni sull’insufficienza dell’offerta mondiale di petrolio derivano essenzialmente dalla pochezza degli investimenti ef-
fettuati nel settore petrolifero negli ultimi 25
anni, dopo che lo scoppio della bolla petrolifera negli anni ‘80 provocò una caduta del prezzo
del petrolio e un imponente dispiegamento di
misure per una maggiore efficienza energetica. A questo va affiancata la progressiva
trasformazione delle economie avanzate da
industriali (ed energivore) a post-industriali,
basate su informazione e servizi. Nonostante
il consumo netto mondiale di petrolio sia comunque aumentato, la previsione sulle riserve sfruttabili non è diminuita. Al contrario, le
nuove tecniche di estrazione e i cambiamenti
nella domanda hanno infatti sistematicamente posticipato la data del picco: 20 anni
Transizioni
energetiche
e nuovi mercati
Da anni l’entità delle riserve
mondiali di idrocarburi e del
petrolio in particolare è uno
dei maggiori interrogativi
della comunità economica
internazionale
or sono le stime in assenza di nuovi ritrovamenti erano per 45 anni di consumi. Dopo
10 anni, con consumi in aumento, questo
numero è aumentato a 50 anni. Oggi si stima
che le riserve di petrolio siano sufficienti per
60 anni. Anche una pur sommaria analisi prospettica del rapporto tra capacità produttive
e riserve mondiali mostra che gli idrocarburi
non sembrano scarseggiare e che la futura
domanda di energia è molto probabilmente
destinata ad essere soddisfatta senza particolari affanni. Le riserve provate di carbone,
ad esempio, ammontano a 160 anni mentre
ci si attende un contributo crescente da biocarburanti e trivellazioni off-shore in acque
profonde (oramai si estrae senza problemi oltre i 2.000 metri). Per ciò che concerne le fonti
non convenzionali, sono disponibili il greggio
presente nelle sabbie bituminose dell’Alberta (Canada) e quello del bacino dell’Orinoco
(Venezuela).
brano destinati a crescere ulteriormente.
Tra il 2007 e lo scorso anno la produzione
statunitense di shale gas è cresciuta di circa
il 50% annuo, e nel 2012 ha contribuito per
circa il 40% nella produzione di gas naturale
americano. Va però detto che le potenzialità
dello shale sono gravate nel breve termine
da impatti ambientali negativi associati alla
tecnica del fracking e da difficoltà tecniche e
finanziarie non di poco conto. L’età del petrolio, dunque, non finirà per la scarsità di petrolio ma per lo sviluppo di una fonte di energia
più conveniente. Nella produzione di energia
elettrica, ad esempio, il petrolio è già oggi
progressivamente sostituito da gas, carbone
e nucleare, oltre che da energie rinnovabili
quali solare e eolico e occupa oramai un ruolo
molto spesso marginale.
Anche se è l’era del petrolio a basso prezzo
sembra essere finita, esso rimarrà comunque il carburante principale durante la prima
metà del ventunesimo secolo. Qualora l’estrazione di petrolio fosse in declino strutturale o
troppo costosa, semplicemente cominceremo
a farne un uso più efficiente e selettivo, intensificando la transizione energetica globale da
petrolio a gas naturale già in atto, quest’ultimo molto meno inquinante, e sviluppando
migliori alternative tecnologiche e produttive
(rinnovabili e nucleare). Germania, Svizzera e
Italia stanno già considerando un ricorso più
deciso al gas naturale, mentre il Giappone
ha aumentato gli acquisti di gas liquefatto
(GNL). Non v’è motivo di associare un eventuale declino della produzione di petrolio
all’inizio del declino della civiltà industriale.
fTransizioni energetiche
fFonti non
convenzionali
fL’era del petrolio a
basso prezzo è finita
Ora, al netto di discontinuità causate da variazioni dei prezzi di mercato o avanzamenti
tecnologici, il petrolio è una risorsa finibile
e prima o poi la quantità disponibile anche
se in modo molto progressivo non potrà che
declinare. Tuttavia, nell’impossibilità di prevedere il ritmo di estrazione, questa affermazione, benché incontestabile, è priva di utilità
o interesse. Certo, investire sul petrolio quando esso è destinato a esaurirsi può sembrare
insensato, ma abbandonarlo anzitempo trascurandone le potenzialità inesplorate è insensato per ragioni diametralmente opposte.
Le prospettive di progresso tecnologico per
lo sfruttamento delle fonti non convenzionali
sono incoraggianti, tanto che tra gli addetti ai
lavori la distinzione tra riserve convenzionali
e non convenzionali sta progressivamente
svanendo. Riguardo il gas naturale, il ruolo
chiave nella futura capacità di approvvigionamento energetico sarà quasi certamente
rivestito dallo shale gas, i cui già considerevoli ritrovamenti dell’ultimo decennio sem-
Le transizioni energetiche sono una realtà
con cui il genere umano coesiste da sempre,
siano esse passate (da biomassa a carbone
prima, da carbone a petrolio poi), presenti
(da petrolio a gas naturale) o future (da gas
naturale a rinnovabili e nucleare), stimolate
dal progresso tecnico e dal desiderio di esplorare la realtà che ci circonda. Come tutte le
transizioni energetiche, saranno necessari
decenni per riorganizzare infrastrutture e
mercati. Una sfida formidabile, come ogni
transizione energetica di cui la civiltà umana
ha memoria, volta a creare nuove economie
più ricche e produttive.
Panorama
9
Le uve non
conoscono
confini
Q
di Diana Pirjavec Rameša
ualche settimana fa
c’è stata la guerra dei
cioccolatini: prima
tra Serbia e Croazia
e poi ci si è messa di
mezzo anche la Slovenia. Nell’ultimo capitolo della disgustosa vicenda alcune scatole di cioccolatini inviate dalla Presidente croata
Kolinda Grabar Kitarović quale
dono natalizio e che sono state restituite al mittente perché i confini
riproposti sul coperchio della scatola non erano di gradimento dei
destinatari, alti funzionari del governo sloveno. I cioccolatini erano
della Kraš, storico marchio croato,
che ha fatto il giro del mondo con
i suoi prodotti, ma che in Slovenia,
Dopo la guerra dei
cioccolatini ora ritorna in
auge prorompente come non
mai la questione del Terrano,
contenzioso che riguarda
la Slovenia e la Croazia, ma
tocca pure i produttori del
Friuli Venezia Giulia
10
Panorama
società
Una
varietà
molto
estesa
in Istria
Il vino Terrano fu per la prima
volta menzionato alla fine del
XIV secolo, quando veniva
servito in bottiglie di ceramica
agli ambasciatori imperiali. Fino a circa un centinaio
d’anni fa era la varietà di vino
più estesa in Istria. Si tratta di
un vino dal carattere forte e
fermo; è il vino dei contadini
istriani con un gusto aspramente deciso, gradito anche
ccMoreno Coronica
qualche giorno prima di Natale, ha
suscitato alcune perplessità non
tanto per la qualità del prodotto
quanto, come detto, per l’imballaggio.
Qualche giorno dopo è ritornata
in auge la questione del vino Terrano. I toni, in questo caso, sono
forse meno polemici ma solo per il
fatto che il problema si trascina dal
2004 e non è ancora risolto del tutto. La notizia dell’ultima ora relativa al contenzioso legato al vino tra
Slovenia e Croazia, è che la Commissione europea ha proposto una
soluzione di compromesso in base
alla quale, a determinate condizioni, anche la Croazia potrebbe
usare lo stesso marchio. A gennaio dovrebbe iniziare la procedura
per l’ottenimento di questa dero-
ai nobili, mentre le famiglie
locali lo offrivano all’ospite.
fRicco e robusto
Già sulla vite il Terrano è distinto da un carattere ricco e
robusto. Cresce in grandi grappoli, la polpa è consistente e i
chicchi fitti con una buccia resistente. Il Terrano è un’ottima
idea per coloro che sono alla
ricerca dell’autentico e dell’inesplorato, per gli appassionati e
desiderosi di nuove scoperte.
Dicono che abbia il colore del
sangue di lepre; se fate ruotare il vino nel bicchiere noterete dei toni violacei, mentre
nell’aroma prevale l’odore del
lampone.
Un bicchiere di Terrano si sposa
ottimamente con piatti a base
di carne e con la selvaggina,
in particolare se sono speziati.
Viene consigliato con il prosciutto e il formaggio, il tipico
antipasto istriano, ancora più
saporito se servito con pane
casereccio.
ga, mentre entro luglio la vertenza potrebbe essere conclusa
definitivamente. Ma la Slovenia
si è mossa subito per contestare
questa piccola vittoria croata sul
vino e le reazioni non si sono fatte mancare.
fIl grande impegno
di Jakovčić
“La Slovenia non avrebbe il diritto di proteggere con il marchio
di origine controllata a livello europeo il vino «Terrano» (Teran)
e in questo modo danneggiare
i viticoltori croati e italiani”. Lo
sostiene l’eurodeputato croato
Ivan Jakovčić, storico leader del
partito regionalista Dieta democratica istriana (Ids), che della
Alcuni dei migliori Terrani che
attualmente si trovano sul
mercato croato hanno origine
nell’Istria nordoccidentale. Li
producono le cantine: “Coronica” nei dintorni di Umago,
“Kabola” nella propria cantina
presso Momiano, “Cattunar” di
Verteneglio.
fUna perla
istriana ignota
Lungo le strade del vino gli entusiasti come Moreno Coronica
vi svelerà che il Terrano è prodotto anche in versioni più leggere. Contrariamente al pensiero corrente lo potete offrire
agli amici anche durante una
chiacchierata pomeridiana. Il
Terrano è migliore se servito
ad una temperatura di 18°C.
Si tratta di un vino con alte potenzialità e di prossima ascesa.
Gli amanti del vino in Europa e
nel mondo devono ancora scoprire tutta la ricchezza e le varianti di questo gioiello istriano
nascosto.
disputa per il riconoscimento del
Terrano quale vino istriano tra i viticoltori sloveni e croati ha parlato
a Strasburgo con il Commissario
europeo per l’agricoltura Phil Hogan,.
Tra le prime mosse intraprese già
tempo fa vi è stata una missiva di
Jakovčić il quale ha fatto presente
a Hogan di avere già inviato a Bruxelles la documentazione che conferma la coltivazione plurisecolare
del Terrano sul territorio in Croazia, ovvero in Istria. Gli sloveni
sono stati più veloci nel senso che
nel 2004 sono riusciti a proteggere
come prodotto tipico il Terrano,
molto prima che la Croazia aderisse alla Ue. Questo fatto impedisce ai
viticoltori istriani croati di vendere
e pubblicizzare il vino sotto questo
Panorama
11
nome. La parte slovena non vuole
rinunciare all’esclusività dell’uso
del marchio di origine controllata
e annuncia anche di voler intraprendere vie legali.
Per il momento le cose stanno
così: il Ministero dell’agricoltura croata vorrebbe trovare una
soluzione assieme alla Commissione europea, una modalità che
che tenga conto degli interessi di
tutte le parti coinvolte. “ Siamo
convinti di aver addotto le argomentazioni storiche e di diritto
che danno ragione alle nostre ri-
chieste” - sostengono i produttori
di vino in Istria.
La Croazia, dunque, sostiene che
i propri produttori hanno il pieno diritto di continuare a vendere
le proprie bottiglie con l’etichetta
“Teran” assieme alla denominazione d’origine geografica “Hrvatska
Istra” ovvero Istria croata. Sarebbe
bene però attendere una presa di
posizione definitiva di Bruxelles su
questo contenzioso che ben poco
c’entra con il vino, quanto piuttosto con le politiche agricole dei
due Paesi contendenti.
fL’appello lanciato al
Commissario Hogan
Jakovčić aveva invitato pure a più
riprese il Commissario Hogan a
costituire un gruppo di esperti internazionali con il compito di trovare una proposta accettabile per
le parti in causa sulla fruizione
del nome Terrano. “I nostri amici
in Slovenia e nella Commissione
europea sanno molto bene che
il Terrano si coltiva da secoli in
Istria” - ha ricordato Jakovčić.
Terrano o Refosco? La diatriba nei secoli
Pare che sull’uguaglianza
del vitigno Terrano o Teran
non ci sono mai stati dubbi,
né prima della guerra 19141918, quando Istria, Carso e
Gorizia furono tutte Impero
Austro-Ungarico, né dopo,
quando sono state Regno d’Italia. A cominciare da una rivista triestina del 1868, in cui
compare un articolo dal titolo Un’escursione a Capodistria
nel quale si scrive: “Le varietà
migliori di uve nere sono: il
celebre refosco, il terrano...”.
12
Panorama
Nello stesso numero si trova
un articolo sul Territorio di
Trieste dove vi si può leggere:
“Le nostre regioni possiedono delle eccellenti varietà
di uve come, tra le altre, il
refosco e il terrano...”. Anche
sul periodico della Società
Agraria di Trieste L’amico dei
campi, del 1882, è pubblicata
una tabella con le varietà indigene del territorio triestino e istriano, fra cui Terrano
nero a graspo rosso e Terrano
di Canfanaro. Alla Fiera dei
vini di Trieste, del 1888, quasi tutti i produttori dell’Istria
portarono campioni di Terrano: da Parenzo, Dignano,
Verteneglio, Visignano, Capodistria, San Vincenti, Pola,
Decani, Cherso, Montona e
da Grisignana. Ma anche da
Sagrado, Duino e da Tomai.
Poi, al IV Congresso enologico austriaco, svoltosi a Gorizia nel 1891, lo scienziato
Giovanni Bolle, nella sua relazione sui vitigni autoctoni
a bacca rossa, inserisce il
Terrano. Nel 1910, M. Ritter
edita a Gorizia una pubblicazione contenente un vero
e proprio inno al Terrano del
Carso. Così, nel 1923, nella
Ampelografia del Friuli Norberto Marzotto cita più volte
la varietà Refosco d’Istria
come sinonimo di Terrano.
La vicinanza tra le due varietà è stata confermata pure,
nel 2004, dalle analisi del
Dna svolte dall’Istituto sperimentale per la viticoltura di
Conegliano Veneto (Treviso)
che hanno confermato un’elevata similarità genetica
tra il Refosco dal peduncolo
rosso e il Terrano.
Lo scrittore sloveno Janez
Valvasor, nel 1689, cita il
Terant e Matija Vertovc in
Vinoreja za Slovence, edito
nel 1844 a Lubiana, lo dice
presente pure a Trieste. Infine, significativa è L’ode
al Terrano di Silvio Benco
(1941), che fa capire come
questo vitigno e questo
vino siano sempre stati
prodotti dal Carso goriziano
all’Istria meridionale senza
primogeniture di alcuno.
Una conferma recente della ristrettezza dell’areale
di coltivazione del Terrano
viene da Francesco Del Zan,
curatore del volume La vite e
l’uomo. Dal rompicapo delle
origini al salvataggio delle
reliquie, edito dall’Ersa Fvg,
nel 2004, dove si esprime
così: “Questa varietà, che ha
sempre rappresentato per
l’Istria e per le zone carsiche
del Friuli un vitigno di fondamentale interesse, non
trova spazio al di fuori di
tale areale”.
società
fBenvenuti: viticoltori
in difficoltà
Sulla stessa linea di pensiero il
presidente dell’Associazione “Vinistra”, Nikola Benvenuti: “Già da
tre anni - ha dichiarato alle testate
che lo hanno interpellato - i nostri
produttori di Terrano subiscono
forti danni per il timore di venir
multati. La Commissione europea
deve trovare una soluzione quanto
più urgente”.
Ai viticoltori croati come anche
a quelli italiani deve essere permesso di utilizzare il nome Teran/
Terrano, trattandosi un vino autoctono dell’intera Istria. Ma sono
in molti a sostenere che iI Terrano,
un vino rosso secco tipico dell’I-
stria croata, del Carso sloveno e della
zona di Trieste e di Gorizia, è dunque
un vino che non conosce confini ma
a cui gli interessi di singole lobbi e la
politica in primo luogo impongono
una miriade di paletti, sia per quanto
riguarda la denominazione che per la
commercializzazione.
Panorama
13
personaggi
Livio Felluga
scompare
un isolano doc
N
on ha mai perso quella sua parlata
tipica “nostra”, intrisa di espressioni
istro-venete. Lui, istriano di nascita, di famiglia di contadini di Isola
d’Istria con spaccio di vini Refosco e
Malvasia fino a Vienna, esule ante
litteram (nel 1929) sull’isola di Grado, mandato da ragazzino fino in Carnia a proporre
la vendita dei vini della famiglia, ha sempre
mantenuto vivo il senso di appartenenza
alla terra d’origine, l’attaccamento alle
origini da famiglia contadina. Livio Felluga
(sopra, ritratto da Luigi Vitale tra le sue viti),
che in Friuli Venezia Giulia – e non soltanto
in quest’area di vini nobili – era considerato
il patriarca dell’enologia d’eccellenza, un
pioniere della migliore tradizione vinicola
italiana, dopo una vita lunga dedicata al
vino e alle viti, si è spento a 102 anni nella sua casa di Brazzano di Cormons. Se n’è
andato in sordina, come senza rumore ha
condotto la sua attività, riportando a nuova vita la collina dell’Abbazia di Rosazzo,
che da secoli racchiude tutta la storia e la
cultura enoica del Collio goriziano. Era considerato il patriarca del vino, l’uomo che ha
dato un’identità e una nobiltà all’enologia
della terra friulana.
Nato il 1.mo settembre 1914 a Isola d’Istria, quella di Livio Felluga, il contadino – come amava definirsi, dicendo “è il
massimo degli elogi” –, è una vicenda di
imprenditoria illuminata, che affonda le
sue radici nell’Impero austro ungarico,
“quando i tamburi di guerra rullano già
e le artiglierie degli eserciti incendiano il
14
Panorama
Se n’è andato in
silenzio, a 102
anni, quello che
era considerato
il patriarca
dell’enologia
d’eccellenza del
Friuli Venezia
Giulia. La sua cantina
era ambasciatrice dei
migliori bianchi. Nato
a Isola d’Istria nel
1914, dove si avvicinò
sin da ragazzino alle
vigne, negli anni ’50
acquistò i primi terreni
a Rosazzo, seguendo
un’intuizione che
porterà a una delle
aziende più floride
della zona
sVecchio Continente e iniziano numerosi
trasferimenti, i cambiamenti di confini”.
È l’epopea di una famiglia che è passata
attraverso due conflitti mondiali, è vissuta sotto Francesco Giuseppe prima e nel
giovane Regno d’Italia poi, ha abitato sulla costa rocciosa della penisola istriana e
nella Grado lagunare, per stabilirsi quindi
sul Collio.
La storia di questa famiglia con il vino
comincia nella seconda metà dell’Ottocento quando Michele, bisnonno di Marco,
l’attuale proprietario, aprì una locanda
molto frequentata e nota in città, e incominciò ad acquistare e commercializzare il
Refosco e la Malvasia a Isola d’Istria. Suo
figlio Marco continuò l’attività paterna
ma cominciò anche ad acquistare vigneti
e ad allargare il mercato trasportando in
barca fusti di vino istriano al di là del golfo, cioè a Grado, dove la famiglia si stabilì
negli anni Venti, dopo la fine della Grande
Guerra. Si arriva al secondo dopoguerra,
capofamiglia era Giovanni Felluga, padre
di Livio e di Marco, che dopo essere stato
costretto ad abbandonare l’Istria passata
sotto la Jugoslavia. La popolazione contadina se ne stava andando, impoverendo
la terra e abbandonando colture, valori e
tradizioni a essa legati.
Si trasferirono sul Collio. Livio Felluga intraprese una nuova battaglia per far risorgere
la collina, convinto che solo la rinascita della
coltivazione di qualità poteva riportare la
vita nella campagna. Con grande coraggio
cominciò a risistemare i vecchi vigneti e a
impiantarne di nuovi, introducendo idee e
metodi innovativi. Tocai, Refosco e Malvasia
non bastavano: servivano vini di qualità. Ed
è quello che fece il patriarca, che nel 1956
fondò l’azienda che porta il suo nome. Negli
anni ‘70 arrivò fino in America, e poi ancora
più in là. “Il mio sogno – raccontò in un’in-
tervista – si realizzò negli anni Cinquanta,
quando acquistai i primi ettari di vigneto a
Rosazzo. Erano tempi difficili. La collina era
in totale abbandono. Sorgevano le prime
industrie e i contadini preferivano avvicinarsi alle città e al lavoro nelle fabbriche.
Lo stesso paesaggio stava mutando. La mia
sfida era oppormi a tutto ciò cercando di
rendere nuovamente produttiva la collina.
Il tempo mi ha dato ragione: Rosazzo oggi è
considerata una delle zone più vocate. Con
l’inconfondibile etichetta della ‘carta geografica’ indicai la provenienza delle nostre
uve a garanzia di un prodotto di qualità.
Scelsi Brazzano come luogo definitivo della
cantina che si amplierà di pari passo con
l’aumentare della produzione. Oggi la nostra azienda vanta un’estensione di 155 ettari a vigneto per una produzione media di
800mila bottiglie l’anno apprezzate in tutto
il mondo. Ho creduto nelle mie convinzioni,
ho sconfitto la diffidenza, i luoghi comuni”.
Un’intuizione e un’attività sancite dalla laurea honoris causa in Viticoltura, conferitagli
dall’Università di Udine nel 2009 – anno in
cui nella sua città natale ricevette, da parte
della locale Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana, il Premio “Isola d’Istria”,
all’epoca alla sua prima edizione, per “per
l’impegno di una vita profuso nel sostenere
e approfondire i valori dell’appartenenza
ad una realtà territoriale, umana, storica
e culturale, e quale significativo riconoscimento al mantenimento, all’affermazione
e allo sviluppo delle tradizioni regionali,
promuovendo con le proprie attività i valori
della convivenza, della tolleranza e dell’impegno civile e sociale” – e dal Premio Internazionale Vinitaly, ottenuto nel 2015.
Nello stesso anno, il ritorno a Isola, dopo
un’assenza durata otto decenni. Infatti,
dopo un iter durato tre anni, la famiglia
ha ricevuto dallo Stato sloveno la concessione per 35 anni di 6 ettari di terreno in
una zona collinare nella parte alta della
località, poco distante dalla frazione di
Saredo dove il bisnonno di Livio Felluga
coltivava vigne di Refosco e Malvasia.
In occasione dei festeggiamenti per i
cent’anni del patriarca, i figli hanno piantato le prime barbatelle di Refosco, “un
gesto simbolico in quanto non abbiamo
ancora chiaro quale sarà il progetto di sviluppo della nostra attività”, aveva dichiarato nel giugno 2015 Filippo Felluga, oggi
al timone dell’azienda assieme ai fratelli
Elda, Maurizio e Andrea.
L’italiano al cinema
l’italiano nel cinema
L’edizione 2017 della Settimana della
Lingua italiana nel mondo sarà dedicata al tema “L’italiano al cinema, l’italiano nel cinema”: l’annuncio è stato dato
da Vincenzo De Luca, direttore generale
per la Promozione del Sistema Paese del
ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, durante la Conferenza dei Direttori degli Istituti Italiani
di Cultura nel mondo che si è svolta alla
Farnesina. “La diffusione e l’insegnamento della lingua italiana nel mondo occupa
nella vostra azione un posto di rilievo,
una cifra identitaria che costituisce uno
strumento importante per la proiezione
internazionale del nostro paese”, ha detto il presidente della Repubblica Italiana,
Sergio Mattarella, in un messaggio rivolto
ai direttori degli 83 Istituti Italiani di Cultura nel mondo. Nel suo messaggio, letto
da De Luca, il Capo dello Stato ha ricordato gli Stati generali della Lingua italiana
nel mondo, lo scorso ottobre a Firenze,
che “hanno registrato ampio consenso”.
“L’italiano è ed è percepito come lingua
di cultura – ha concluso Mattarella –. L’Italia è un Paese di cultura, patrimonio da
difendere e da diffondere”.
In quanto al leit motiv della Settimana
della Lingua italiana nel mondo, i docenti
di italiano L2/LS già sfruttano la componente verbale di film nazionali come
punto di partenza per esaminare la storia
dell’Italia unitaria, per approfondire i prin-
È il tema dell’edizione
2017 della Settimana
della Lingua italiana
nel mondo
cipali aspetti culturali della nostra civiltà (la
storia, i costumi e la cultura), avvicinandosi
al contempo alle componenti etno-linguistiche che caratterizzano l’italiano parlato
(varietà diatopiche, stili, registri, gerghi
giovanili, espressioni idiomatiche). Difatti,
oggi si guarda al cinema anche come a un
campo espressivo in grado di testimoniare il
modo in cui una società configura il proprio
sistema di relazioni discorsive e organizza
il proprio universo di senso; una “finestra
aperta”, attraverso cui esplorare l’autenticità
comunicativa degli italiani e approfondire
la realtà socio-culturale dell’Italia di ieri
(sotto, una scena dal film “Il Gattopardo”
del 1963, diretto da Luchino Visconti e tratto
dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi
di Lampedusa: è un dipinto dell’unità d’Italia, che esprime una posizione polemica
nei confronti degli esiti del processo risorgimentale) e di oggi. Il cinema è concepito
come uno strumento integrativo grazie al
quale si può approfondire la cultura italiana
in una prospettiva interdisciplinare, risultante dall’interazione di vari campi espressivi, quali film, narrativa, saggistica, poesia,
arte, musica, cucina...
Panorama
italiani nel mondo
Più sostegno alla nuova
generazione di italiani
«N
oi teniamo moltissimo alla
nostra comunità nazionale
presente all’estero – afferma il nuovo capo della Farnesina, Angelino Alfano,
in un videomessaggio rivolto agli italiani nel
mondo –. Sappiamo che oggi la presenza che
si è determinata all’estero è diversa da quella
di altre epoche della storia. Una presenza che
ha cambiato fisionomia, sia dal punto di vista
generazionale che dei titoli di studio. Il lavoro
che noi faremo, che abbiamo già fatto, ma che
faremo sempre di più, con la nostra rete diplomatica – assicura il ministro degli Esteri e della
Cooperazione internazionale – è di sostenere
la nuova generazione di italiani, quella fatta da
tanti quarantenni e tanti laureati. Molti sono
diventati imprenditori, tanti svolgono la libera
professione, altri ancora svolgono mestieri, arti
e professioni apprezzatissime».
“Voi – sottolinea Alfano – siete la nostra prima
rete diplomatica, voi siete quelli che portano
avanti il brand del Made in Italy nel mondo e
noi dobbiamo dare un aiuto perché abbiamo
insieme la passione per questa bandiera, la
bandiera tricolore, che ci unisce e che è il mantello del nostro popolo, ma anche del nostro
16
Panorama
L’obiettivo che
si pone il nuovo
ministro degli
Esteri e della
Cooperazione
internazionale,
Angelino Alfano,
è costruire un senso
di squadra tra i
connazionali che
vivono in Italia e
quelli all’estero
cuore”. “Il nostro lavoro sarà tutto orientato a
voi: sappiate che il nostro obiettivo sarà quello
di costruire un senso di squadra tra gli italiani
che vivono in Italia e voi all’estero. Ovviamente,
non si comincia da oggi – aggiunge il ministro
– tutto comincia dalla storia di questa relazione tra gli italiani in Italia e quelli che vivono in
altre parti del mondo”.
In quanto a strategie che proiettano l’immagine dell’Italia nel mondo, Roma ha deciso
di triplicare gli investimenti ma soprattutto
rilancia l’idea del Paese come “superpotenza
della cultura e della bellezza”, perché “dobbiamo esercitare questa nostra forza e nostra
influenza anche sul piano della diplomazia,
che diventa anche diplomazia culturale”. È
quanto ha dichiarato Alfano a fine dicembre
nel corso della Conferenza dei Direttori degli Istituti di Cultura Italiani – 83 in tutto il
mondo –, sintetizzando la filosofia del nuovo
programma “Vivere all’Italiana”, un’innovativa strategia di promozione integrata.
“Oggi – ha precisato il ministro – abbiamo riunito la rete che insieme a quella diplomatica
e consolare costituisce la rete della Farnesina.
Credo che questo rilancio sul vivere all’italiana,
che dà l’idea di tutti i nostri luoghi di cultura
e anche di bellezza che insieme vengono promossi, è una strada giusta che stiamo perseguendo con grande forza”, ha detto il ministro.
fVivere all’italiana
La promozione della cultura italiana nel mondo
è una componente strategica della politica estera di un Paese impegnato, qual è l’Italia, a favorire il dialogo, l’innovazione e la crescita sociale
ed economica. E “Vivere all’Italiana” punta sulle
eccellenze dell’Italian way of life: arte, cinema,
design e cibo con l’intento di coniugare la bellezza e la poesia a ogni dimensione del vivere, del
creare e del produrre. Ideato e sviluppato dalla
Farnesina insieme al Ministero dei Beni Culturali
e del Turismo e a quello dell’Istruzione – con la
collaborazione della Società Dante Alighieri e
della Rai – il piano di promozione “Vivere all’Italiana” sarà incentrato su aree strategiche: arte
contemporanea, cinema, archeologia, design,
enogastronomia, internazionalizzazione dei
musei e delle università, turismo culturale.
Grazie alla nuova iniziativa, già dal 2017 si
potrà avere un incremento significativo delle
iniziative culturali all’estero, l’apertura di nuove sedi in Paesi strategici extra-europei, l’aumento degli studenti di italiano all’estero e di
studenti stranieri presso le università italiane.
Nel biennio 2016-2017 la rete della Farnesina
all’estero ha organizzato e programmato oltre
5.000 eventi di promozione, di cui circa 1.000
per la XVI Settimana della Lingua Italiana nel
mondo e circa 1.300 per la prima Settimana
della Cucina Italiana nel mondo.
“Abbiamo trovato una strada, che è quella di
fare sposare la globalizzazione e l’identità. La
globalizzazione sembra fare annacquare l’idea
che vi sia un’identità nazionale, invece la nostra
identità deve essere salvaguardata e promossa in questo contesto di globalizzazione – ha
rilevato ancora Alfano –. Significa che c’è uno
specifico, non solo dell’Italia ma del vivere all’italiana, che è fatto della nostra cultura, della
nostra arte, della nostra bellezza, del nostro
gusto, del nostro design e di una serie di valori
che sono considerati eccellenza nel mondo.
Promuoverli insieme significa spingere ancora
più velocemente un motore importantissimo
della nostra economia, perché tutto questo è
un pezzo fondamentale del nostro Pil, non solo
per via diretta, ma anche come indotto”.
fLeadership
sul Mediterraneo
“Viviamo in un momento della storia in cui la
nuova missione da assegnare agli ambasciatori
della nostra cultura nel mondo è quella di trovare il modo più smart e intelligente per coniugare
identità e globalizzazione. Il nostro compito
deve essere quello di salvare l’identità nazionale, promuovere la nostra cultura nel mondo e
comprendere che la globalizzazione e l’idea di
un processo di integrazione europea per il quale
continuiamo a lavorare non è in contraddizione
con la nostra italianità. Trovare il canale di coniugio tra queste due idee che sembrano antinomiche è il nostro compito, l’Italia è nata prima come
nazione di lingua, letteratura e cultura che come
comunità istituzionale”.
“Questo momento della storia dimostra che
intorno al mar Mediterraneo, che in confronto
agli altri mari è piccolo, si giocano i destini del
mondo, i destini di pace, di libertà, di sicurezza
e di tutela dei diritti umani. L’Italia – secondo
Alfano – deve tenere ferma la propria vocazione e la propria leadership sul mar Mediterraneo, sapendo che questo mare ha l’esigenza di
una grande scommessa culturale di integrazione, come regione che può unificarsi dal punto
di vista delle culture”.
eeAngelino Alfano, ministro degli
Esteri e della Cooperazione internazionale. Nato ad Agrigento,
classe 1970, avvocato e dottore
di ricerca in Diritto dell’impresa,
giornalista pubblicista dal 1989,
dopo essere stato ministro
dell’Interno del Governo Renzi, il
12 dicembre scorso è subentrato
all’attuale premier Gentiloni alla
Farnesina. È in politica dalla metà
degli anni Novanta: ha iniziato
nella Democrazia Cristiana, di cui
è stato, all’interno del Movimento
Giovanile di Agrigento, segretario
provinciale; nel 1994 con la trasformazione della DC nel Partito
Popolare Italiano decide di aderire
a Forza Italia; nel novembre 2013
ha fondato il Nuovo Centrodestra
di cui è leader. Dall’8 maggio
2008 al 27 luglio 2011 è stato ministro della Giustizia (diventando
il più giovane Guardasigilli nella
storia della Repubblica Italiana)
nell’Esecutivo Berlusconi IV e
in queste vesti ha partecipato a
numerosi incontri internazionali
diventando anche membro del
Consiglio dell’Unione Europea per
il settore della Giustizia e Affari Interni. Tra i suoi prestigiosi incarichi
internazionali in qualità di Ministro
della Giustizia italiano risultano:
la presidenza nel maggio del 2009
del G8 Giustizia a Roma; la partecipazione, il 31 maggio del 2010 a
Kampala (Uganda), alla Conferenza di revisione dello statuto della
Corte Penale Internazionale (CPI)
e l’intervento (nel giugno 2010) in
qualità di rappresentante italiano
all’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite (ONU) al dibattito
internazionale sul “crimine organizzato transnazionale”.
Successivamente, dal 28
aprile 2013 al 22 febbraio 2014
è stato ministro dell’Interno e
vicepresidente del Consiglio dei
ministri con Letta, riconfermato
al Viminale nel Governo Renzi dal
22 febbraio 2014 al 12 dicembre
2016. È presidente della Fondazione De Gasperi
Panorama
17
reportage
Nel 1987 i primi tremila
studenti europei varcarono
i confini nazionali per
un periodo di studio in
un ateneo straniero. La
generazione che si è formata
con questo progetto è
arrivata in rilevanti posizioni
politiche ed economiche
e vuole essere diversa da
chi ha portato l’Unione
europea in questa spirale di
tecnocrazia e austerità
T
rent’anni e non sentirli. La prima
volta che gli studenti universitari
europei varcarono i loro confini per
una parentesi di studio in un ateneo
straniero fu nel 1987: allora erano
poco più di tremila universitari (per la precisione 3.244), oggi sono complessivamente
quattro milioni. È il lato bello dell’Europa e
di una carta d’identità che, nonostante un’età
che inizia a diventare importante – passando
nel 2014 all’Anagrafe per farsi aggiungere un
“Plus” come cognome –, continua ad assolvere alla propria missione con la stessa efficacia dei primi anni. Per milioni di giovani le
borse di studio per la mobilità internazionale
sono un’irripetibile opportunità per conoscere nuovi Paesi e culture, arricchire il proprio
bagaglio di esperienze e per prepararsi ad
affrontare un mondo sempre più globalizzato e interconnesso nel quale, soprattutto sul
mercato del lavoro, l’internazionalità è uno di
quei jolly che è sempre bene avere nel proprio
mazzo.
Una mobilità che arricchisce, sicuramente, e
che amplifica l’innata vocazione all’integrazione e alla contaminazione, in risposta ai
muri, ai desideri di frontiere, rappresentando una risposta forte in un momento storico
particolare, in cui soffiano sempre più venti di
isolamento, in cui c’è un’Unione europea alle
prese con le divisioni acuite dal dramma migranti, con la risposta in ordine sparso al ter-
18
Panorama
L’Erasmus arri
è il momento di
rorismo, con l’ipotesi Brexit (e il riaccendersi
del caso Grexit)...
fUna mamma italiana
Il nome del programma Erasmus – acronimo di European Region Action Scheme for
the Mobility of University Students – deriva
dall’umanista e teologo olandese Erasmo da
Rotterdam (XV secolo), che viaggiò diversi
anni in tutta Europa per comprenderne le differenti culture. La “mamma” è Sofia Corradi,
un’italiana di 82 anni, che il maggio scorso
nel monastero di Yuste a Caceres, in Estremadura (Spagna), ha ricevuto il prestigioso premio Carlo V, riconoscimento assegnato negli
anni a personaggi che hanno contribuito alla
costruzione europea, da Helmut Kohl a José
iva a 30 anni
i cambiar pelle
Barroso, Jacques Delors, Simone Veil, Michail
Gorbachov.
È questa donna, che fino al 2004 ha insegnato
Educazione degli adulti alla facoltà di Scienze
della Formazione dell’università di Roma Tre,
che ha reso possibile per milioni di studenti,
di quattromila atenei, un’esperienza all’estero
durante gli anni di studio.
Dopo aver compiuto studi e ricerche negli
Stati Uniti, all’Aja, alla London School of
Economics, all’Unesco, Sofia Corradi si è scontrata contro l’ottusità di una burocrazia che
le negava il riconoscimento degli studi (prestigiosissimi) svolti all’estero. “Dopo gli studi
in giurisprudenza vinsi una borsa di studio
Fulbright, finanziata con la vendita all’asta
dei residuati bellici della II Guerra Mondiale, che mi diede la possibilità di passare un
anno alla Columbia University di New York,
conseguendo un Master in diritto comparato.
Rientrata a Roma mi sono presentata alla segreteria dell’ateneo per farmi convalidare gli
esami: lì mi hanno guardata con disprezzo,
dileggiandomi davanti a tutti. In quel momento è nata l’idea dell’Erasmus”, ha raccontato alla stampa.
Una volta laureata, la Corradi svolge attività
di ricerca sul diritto allo studio presso l’Onu,
prima di diventare consulente della Conferenza dei Rettori Italiani. Siamo nel 1969,
sono gli anni della contestazione, le università sono in subbuglio, alla ricerca di autonomia e identità. Ed è a Ginevra, all’incontro dei
pari ruolo europei, che Alessandro Faedo, rettore dell’Università di Pisa, si presenta con un
appunto che riportava questo testo: “Lo studente, anche se non appartenente a famiglia
residente all’estero, può chiedere di svolgere
parte del suo piano di studio presso università straniere, presentandolo all’approvazione
del Consiglio di Facoltà in preventivo. Il Consiglio di Facoltà potrà dichiarare l’equivalenza,
che diventerà effettiva dopo che lo studente
avrà prodotto la documentazione degli studi
compiuti all’estero”.
“Era il nocciolo dell’Erasmus, un promemoria
redatto con la mia macchina Lettera 22 e che
conteneva i punti salienti del progetto – ricorda la studiosa –. Quando illustravo la mia
idea in tanti mi chiedevano a cosa serviva
mandare gli studenti in Germania a inseguire
le ragazze bionde. Io spiegavo che in Italia
potevano inseguire le brune, ma non era
quello il problema: se uno non aveva voglia
di studiare non avrebbe dato esami comunque. Quello che contava è che gli esami passati all’estero fossero ritenuti validi in Italia”.
L’appunto della Corradi viene adottato dal
ministro per la Pubblica Istruzione dell’epoca,
Panorama
19
reportage
eeSofia Corradi, l’italiana premiata
dal re di Spagna,
Filippo IV, e dal
presidente del
Parlamento Ue,
Martin Schulz.
Da studentessa
non le riconobbero un Master
alla Columbia,
ha lottato per
gli altri: “Ho
promesso a
me stessa che
nessun altro
studente avrebbe dovuto subire
un’offesa come
quella che avevo
patito io”
Mario Ferrari Aggradi, come base per un disegno di legge approvato anni dopo. Mentre
diventa il nucleo centrale degli incontri bilaterali con Francia e Germania per immaginare
i primi scambi. “Grazie alla mia insistenza, e
al fatto che forse in quei giorni c’erano poche
notizie, i giornali diedero comunicazione
di quello che stava accadendo. Era il primo
passo per educare anche l’opinione pubblica.
Ma eravamo davvero solo all’inizio e da quel
momento lo sforzo andava in due direzioni:
sollecitare l’ambito politico e parallelamente
preparare le tabelle di equivalenza dei singoli
esami tra vari atenei. Ogni nuovo documento
e ogni tabella la duplicavo in decine di copie
con il ciclostile, e inviavo lettere a rettori, docenti, politici, europarlamentari. 18 anni di
battaglie, di piccole e grandi sconfitte, in cui
ho rotto le scatole a tantissima gente. L’unica
cosa che sopravviveva era il mio promemoria,
che continuava ad essere usato come modello
di riferimento”. E così, mentre l’Ue, all’epoca
ancora Cee, prende forma, nel 1976 per la prima volta esami sostenuti da studenti italiani
in Francia vengono, a fatica, ritenuti validi: la
sperimentazione di quello che, seguendo le
lentezze della burocrazia, nel 1987 sarebbe
diventato l’Erasmus.
fSimbolo
d’integrazione
Oggi l’Erasmus – che per il settennio 20142020 ha ricevuto in dote un finanziamento
20
Panorama
di 125 miliardi di euro – è definito, nei documenti ufficiali della Commissione Europea, “il
programma di gran lunga di maggior successo tra tutti quelli di formazione ed educativi
dell’Unione”. Certo è che è divenuto un po’
il simbolo dell’integrazione europea, di una
rivoluzione nella mentalità. Molti dei ragazzi
che hanno fatto la valigia e sono partiti, per
sei mesi o un anno, per aumentare le conoscenze e le esperienze, nel frattempo solo arrivati in rilevanti posizioni politiche ed economiche. Questa generazione è diffusa in ogni
angolo del continente. Qualche esempio? Tra
tutti spicca Manuel Valls, nato a Barcellona,
vissuto da sempre in Francia ma con il passaporto francese solo a 18 anni. Di recente
si è dimesso dall’incarico di primo ministro
per correre all’Eliseo: scenderà ufficialmente
in campo per le presidenziali 2017 e il prossimo 22 gennaio parteciperà alle primarie
socialiste per la scelta del candidato. Nel suo
Governo ci sono altri due rappresentanti di
questa nuova generazione di europei: Emmanuel Macron, ministro delle Finanze, e Najat
Vallaud-Belkacem, ministro dell’Educazione,
dell’Università e della Ricerca. Ma in Francia
ci sono anche Emmanuel Macron, responsabile nel governo di Parigi per Economia, Industria e Digitale, e Olivier Ferrand, uno dei
più brillanti giovani politici francesi, capace di
ripensare la missione dei socialisti e di riportali al governo con François Hollande (Olivier
è un punto di riferimento per tutta una nuova
generazione di politici progressisti europei).
In Germania, è esemplare la storia di Michael
Roth, ministro aggiunto per gli Affari europei:
nato in Assia, a pochi chilometri dal Muro che
divideva in due la Germania, ora si batte per
un’Europa che non conosca più cortine. In
Portogallo, nella difficilissima sfida che attende il governo di Antonio Costa, il ministro
dell’Educazione è Tiago Brandão Rodrigues:
nemmeno quarant’anni, un passato da ricercatore con studi in Spagna e Gran Bretagna. A
Malta c’è un giovane premier laburista molto
brillante come Joseph Muscat, mentre in Svezia è un “erasmiano” anche il potente ministro
che riunisce Imprese, Innovazione, Agricoltura, Infrastruttura, Mikael Damberg; c’è poi il
finlandese Alexander Stubb, ministro delle
Finanze ed ex premier.
In Italia, in epoca renziana è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio con
deleghe alle Politiche Europee e al coordinamento, con il Ministro degli Affari Esteri, delle
attività inerenti il Semestre di presidenza
Italiana del Consiglio dell’Unione Europea,
Sandro Gozi, Erasmus a La Sorbonne e autore del libro “Generazione Erasmus al potere.
Il coraggio della responsabilità” (Università
Bocconi Editore, Milano, pp. 182). Per Gozi,
l’Erasmus è la “più geniale intuizione avuta
dall’Ue per costruire il proprio futuro”: ha formato la nuova classe dirigente. Un’oligarchia.
Per cui la sfida successiva sarà trasformare
un programma finora elitario in un Erasmus
universale, che da fenomeno ristretto diventi
di massa.
echi del passato
Iconografia di un eroe:
l’Istituto Regionale per la
Cultura Istriano-fiumanodalmata di Trieste
recupera la memoria del
grande capodistriano,
raccontando la sua figura
e quella di un tempo in cui
l’eroismo non era retorica
ma valore fondante
C
di Ilaria Rocchi
ome Buie è la vedetta dell’Istria, collocata nell’alto cuore della sua terra,
così Nazario Sauro è oggi per tutti gli
Italiani il vertice spirituale della piccola patria che domani sarà franca.
Così Gabriele d’Annunzio inneggiava
a Nazario Sauro in un’ode scritta a Venezia nel
settembre 1916, un mese dopo il martirio del
capodistriano. Le parole del Vate, insieme con
Nazario
Sauro
un nome
un mito
quelle di altri illustri personaggi della cultura,
ma anche di semplici cittadini, riecheggiano
nella mostra Nazario Sauro. Iconografia di
un Eroe 1916-2016, proposta nel centenario
della morte del comandante, a cura di Piero
Delbello, direttore dell’Istituto Regionale per
la Cultura Istriano-fiumano-dalmata. Visitabile
fino al 29 gennaio, voluta dall’IRCI e allestita
nei locali del Civico Museo della Civiltà Istriana
Fiumana e Dalmata di via Torino 8 (con l’apporto
del Gruppo Volontari IRCI), raccoglie documenti
originali, fotografie, cartoline, articoli di giornali
d’epoca, cimeli, brochure, acquerelli del pronipote Marco Sauro aventi come soggetto l’eroe
capodistriano; in particolare sul monumento costruito nella sua città natale, che nell’ambito del
percorso espositivo costituisce un’unità tematica
quasi a se stante. In visione diversi materiali già
di proprietà dell’IRCI, ma anche importanti prestiti, pubblici e privati. Infatti, l’evento si è realizzato con la collaborazione del Museo Storico navale della marina Militare (documenti originali
Panorama
21
echi del passato
eeIl sindaco di Trieste,
Roberto Dipiazza, accanto al
presidente dell’IRCI, Franco
Degrassi, all’inaugurazione
della mostra mentre sfoglia
l’elegante catalogo (ed
Mosetti, oltre cento pagine),
a cura di Piero Delbello, con
un intervento di Claudio Ernè
(“il comandante Nazario
Sauro”). In copertina,
Nazario Sauro con altri militi
irredenti nel 1915; in IV di
copertina, la targhetta di
identificazione 450 – 1905,
con il numero di matricola
1049, del sommergibile
Giacinto Pullino. La torretta
recuperata del Pullino era
stata collocata nel giardino
del Ginnasio Liceo Carlo
Combi di Capodistria il 10
agosto 1932. Degrassi, che
lo frequentò, ha raccontato
che tutti gli studenti, anche
quelli più discoli, avevano un
atteggiamento di rispetto nei
confronti del cimelio
ccLa copertina del catalogo curato da Piero Delbello
22
Panorama
e cimeli del comandante Sauro), della famiglia
Sauro, della Fameia Capodistriana con il presidente Piero Sardos Albertini, dell’Unione degli
Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio, del
Comitato per le Onoranze a Nazario Sauro, della
Società nautica “Giacinto Pullino”, che originariamente era di Isola, oggi in esilio a Muggia.
La mostra ricompone la figura di Sauro, la sua
epopea personale e familiare; ma, soprattutto,
si riescono a percepire i suoi ideali e comprendere i valori che lo guidarono fino all’estremo
sacrificio. E non solo: emerge con chiarezza la
commozione che i suoi concittadini e gli italiani
in generale provavano nei confronti del martire,
la cui impiccagione, così come quella di Cesare
Battisti, si sarebbero rivelate controproducenti
per la propaganda austriaca, tant’è che di Sauro
esistono oggi ben poche fotografie. Nato a Capodistria il 20 settembre 1880, dieci anni dopo
la breccia di Porta Pia, due anni prima del sacrificio di Guglielmo Oberdan, in una città austriaca ma di lingua e sentimenti italiani, rimase fedele a questa lingua e a quei sentimenti e lottò
perché questi appunto trionfassero, a dispetto
dei vari giochi geopolitici che si facevano sui
destini di questa terra.
fCosa rimane?
“La figura di Nazario Sauro, ma insieme quella
di Battisti, di Chiesa, di Filzi e di tanti altri – sottolinea il presidente dell’IRCI, Franco Degrassi –,
già nel 1917 cominciò a essere usata dall’Italia
per diffondere l’immagine di patriottici sacrifici,
dell’olocausto dell’uomo immerso nel più alto
ideale, quello di Patria, che determinava, per
contraltare, la nefasta visione di una potenza
non illuminata ma violenta, che si mostrava
truce, di un impero non umano ma malvagio,
che svelava la sua faccia più torbina ed atroce,
di un imperatore, Francesco Giuseppe, che non
era, né poteva più essere, il mite padre di tutti
i suoi popoli ma diventava il boia impiccatore”.
“Oggi, a distanza di tanto tempo, molte considerazioni si potrebbero fare – afferma Degrassi
–, non ultima quella del senso di certi valori,
del persistere o cedere della memoria”. Cosa
resta di Garibaldi e dei garibaldini? Cosa rimane della storia e dei sentimenti risorgimentali?
Quanti ancora portano avanti la memoria di
momenti di coraggio che hanno fatto l’Italia?
Come ricordiamo i martiri ed eroi della Grande
Guerra? Sono interrogativi che Degrassi ha posto all’inaugurazione della mostra. “Le risposte
non sarebbero né facili né scontate. Ma il nostro
Istituto – puntualizza – ha il compito di raccogliere, conservare, studiare e diffondere tutto
ciò che appartiene alla cultura della Venezia
Giulia e delle nostre terre. E in tal senso giova
produrre un’iniziativa come la presente, che va
non solo a toccare una memoria densa di significati morali ma contribuisce alla conservazione
di situazioni e tratti culturali necessari per continuare a studiare e approfondire, strappando
tutto ciò che da quell’oblio nel quale la storia,
per gli eventi che l’hanno contraddistinta, potrebbe oggi tendere a far cadere”, conclude il
presidente dell’IRCI.
fOccupare
Capodistria
“Sulla vita di Sauro, nel tempo, sono state
scritte copiose pagine e ricostruirne le vicende comporterebbe un’ulteriore pubblicazione
a sé”, rileva Piero Delbello, che firma anche il
catalogo, pubblicazione che offre un “piccolo
contributo con le note sfiziose“ di Claudio Ernè.
“Qui ci piace ricordare il giovane Sauro, mosso
più dalla passione verso il mare che dallo studio,
non dimenticando però che comunque conseguì a Trieste, il 29 dicembre 1904, il diploma di
capitano al ‘grande cabotaggio’ che gli consentiva di navigare in tutto il Mediterraneo, da Suez
a Gibilterra – spiega Delbello –. Ma di Sauro
piace ricordare anche quell’animo garibaldino
che lo fece tramare e cospirare con gli albanesi
per l’indipendenza del loro Stato, il cui problema emerse con prepotenza dopo la fine delle
guerre balcaniche nel 1912”, aggiunge Delbello.
E a cita le parole di Silvio Benco: “Non è Nazario
Sauro temperamento da starsene tranquillo
spettatore di quegli avvenimenti. [...] Ora allaccia rapporti con gli albanesi da parte italiana
[...] non solo è pronto alla guerra ma si può dire
che egli sia già in guerra, con l’animo e con la
mente, quando scoppia tremendo [...] l’uragano mondiale”.
Un tipo che non se ne stava con le mani in mano
di fronte ai grossi mutamenti in atto. Tra i “ritagli” di giornali scelti per l’esposizione, una sosta
obbligatoria è quella davanti alle “Pagine Istriane”, Rassegna bimestrale di Letteratura, Scienza
ed Arte con particolare riguardo all’Istria, che
nel fascicolo V del settembre-ottobre 1922 in
“Ricordi di guerra”, in cui Carlo Pignatti Morano
– accogliendo un’idea di Giovanni Quarantotto
– rievoca l’occupazione di Capodistria progettata da Nazario Sauro. Per quest’ardita operazione credeva gli sarebbero stati sufficienti 120
marinai. II progetto, sottoposto all’attenzione
dell’ammiraglio Thaon di Revel – che sul finire della guerra condusse il bombardamento di
Durazzo e organizzò la rapida occupazione delle
PIERO DELBELLO: «Le testimonianze sono ora
legate solamente ai cimeli superstiti»
Sono immagini che segnano
i tratti del tempo e degli eventi
“Rievocare la sua figura significa cercare
di mostrare la sua immagine, l’iconografia della figura del martire, quanto e
come divenne un simbolo”, afferma Piero
Delbello, ideatore e curatore del percorso
espositivo in visione nel Civico Museo
della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata. Il pensiero di Delbello va al successo
della mostra allestita nel 1966, presso la
Sala comunale d’Arte, in piazza dell’Unità
d’Italia, ad opera del giornalista capodistriano Ricciotti Giollo – intitolata “Cimeli
e ricordi di Nazario Sauro nel 50° del sacrificio”, fu aperta il 10 agosto, in concomitanza con l’inaugurazione della statuta
eretta lungo le Rive, di fronte la Stazione
Marittima, quasi in tentativo di riparazione al danno dell’odio che distrusse il complesso capodistriano –, quand’era ancora
possibile avere la “voce di chi vide, conobbe e seppe”. Oggi, purtroppo, per ordine
naturale delle cose, le testimonianze
“sono legate ora solamente alle cose superstiti, a quei cimeli che ancora esistono
e possiamo esporre, alle fotografie che ci
segnano i tratti del tempo e degli eventi.
Come quello insuperabile che vide l’olocausto rappresentato nel monumento di
Capodistria. Appunto, oggi solo fotografie”, conclude il direttore dell’IRCI.
Quella di Giollo (autore, tra l’altro, del
volume “San Nazario protovescovo e
patrono di Capodistria”, il più completo
studio mai stampato sul patrono della
città di Capodistria e della sua antica
diocesi) fu la mostra più grande mai
fatta su Sauro. Ma oltre all’IRCI, a Trieste
ha voluto rendere omaggio alla figura di
Sauro anche l’Unione degli Istriani, che
nell’ottobre scorso, nel palazzo del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,
ha proposto la rassegna “Nazario Sauro
1916 – 2016”. Tra gli esposti, un busto
molto particolare, copia esatta dalla
parte superiore della statua di Sauro
pertinente al monumento dello scultore
Attilio Selva e dell’architetto Enrico Del
ccPiero Delbello
Debbio inaugurato sulla riva di Capodistria il 9 giugno 1935, smantellato dai
tedeschi il 22 maggio 1944 per pretese
esigenze di difesa antiaerea e successivamente distrutto dalle autorità jugoslave.
La copia era stata collocata nel Collegio
“Nazario Sauro” in Via Cantù 10 a Trieste e
alla cerimonia di scoprimento dell’opera,
il 4 novembre 1968, assistettero il presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, e il presidente della Camera, Sandro
Pertini. Sia il busto bronzeo che l’epigrafe
erano stati commissionati dall’Unione
degli Istriani e dalla Fameia Capodistriana. La targa è l’esatta copia di quella che
fino al maggio 1945, quando venne divelta e distrutta durante una delle prime
manifestazioni antitaliane promosse a
Capodistria dalle autorità di occupazione
jugoslave, si trovava murata sulla casa
natale di Nazario Sauro, nel rione di Bossedraga. L’originale venne inaugurato il
10 agosto 1919, nella ricorrenza del terzo
anniversario della morte dell’eroe.
Panorama
23
echi del passato
isole e delle coste dell’Istria e della Dalmazia –
non ebbe seguito. “Non si ritenne che l’obbiettivo
da raggiungere e cioè l’occupazione temporanea
di una piccola città e la cattura di pochi prigionieri,
giustificasse il rischio cui si poteva andar incontro
e le perdite, sia pure esigue, che da parte nostra si
potevano avere. E poiché altre azioni offensive più
importanti si stavano in quell’epoca studiando e
preparando – scrive Carlo Pignatti Morano, più
volte decorato durante la Prima guerra mondiale per la difesa costiera nell’alto Adriatico e nel
Mediterraneo – non parve opportuno, anche per
questo, provocare il nemico con operazioni di poca
importanza militare, ad intensificare la vigilanza
e la difesa dei suoi porti” .
Alla guida dell’operazione, oltre a se stesso
Sauro aveva previsto una serie di irredenti,
molti capodistriani e istriani, tutti fuoriusciti:
Paolo Almerigogna, sottotenente; Piero Al-
merigogna Piero; Salvatore Bonnes Salvatore,
ingegnere; Nazario Depangher, soldato del 2°
Fanteria; Nicola Derin, possidente; Ernesto Gramaticopolo, volontario motonauta di II classe;
Gerolamo Gravisi, possidente; Arnaldo de Maiti; Romano Manzutto, volontario motonauta di
II Classe; Giulio Marsich, macchinista navale;
Egidio Parovel, sottotenente; Vico Predonzani,
sottotenente; Paolo Sardos, sottotenente riformato; Antonio Sartori, soldato del 2° Fanteria;
Virgilio Sansone, soldato del 2° Fanteria; Antonio Quarantotto, avvocato.
Ecco il piano: “1) Due torpediniere approderanno alle ore 20 al Molo di Porta Isolana e sbarcheranno 6 squadre di 20 uomini ciascuna. Queste
truppe da sbarco, superata l’erta di Porta Isolana, imboccheranno la Calle d’Este e arriveranno in Piazza del Brolo, in circa 5 minuti. Mezza
squadra (10 uomini) attaccherà l’edificio postale
e distruggerà tutti gli apparati telefonici e telegrafici. Contemporaneamente quattro squadre
e mezza (90 uomini) attaccheranno con bombe
a mano, esplosive ed incendiarie, il Fondaco.
Una squadra e mezza (30 uomini) discenderà
dalla Piazza del Brolo in Riva Castel Leone. Venti
uomini di questa attaccheranno la Casa Almerigogna, dove sono accasermate truppe e dieci
sbarreranno la strada della Muda. La mezza
squadra, che nel frattempo avrà distrutto le comunicazioni telefoniche e telegrafiche, scenderà
per la Calle Annunziata ed occuperà la Centrale
Elettrica e possibilmente illuminerà la città. 2)
Una torpediniera approderà alla Riva del Sale
(Molo Patschioski) alle ore 20 e 5 min. e sbarcherà 3 squadre di 20 uomini ciascuna; due attaccheranno la Caserma di Finanza, mezza squadra
andrà a sbarrare la strada di Semedella, e l’altra
mezza in tre minuti arriverà alla casa di Giovanni
La parabola del monumento eretto a
Una parte della mostra, indubbiamente interessante, ricca di spunti e materiali anche
inediti, è quella legata alla parabola del complesso monumentale eretto a Capodistria,
che nella sua imponente grandiosità doveva
sfidare i secoli. La storia, purtroppo, andò
diversamente. Oggi di quel monumento,non
esiste che un frammento: l’orecchio della
statua di Sauro. L’IRCI è riuscito a recuperare
e proporre ai visitatori una copiosa documentazione, soprattutto fotografica, delle varie
fasi del progetto, che riproponiamo in sintesi:
 10 agosto 1917: nella ricorrenza del primo anno del martirio di Sauro, La Gazzetta di
ccIl monumento inaugurato a Nazario Sauro il 9 giugno 1935 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III
24
Panorama
Venezia n. 227 pubblica un appello ai cittadini per una sottoscrizione per il monumento
all’eroe a Capodistria;
26 dicembre 1918: viene costituito un
comitato promotore (presidente il capitano
Biagio Cobol) per erigere il monumento a Nazario Sauro a Capodistria;
7 gennaio 1919: al fine di raccogliere i
fondi necessari, il Comitato pubblica un “Appello agli Italiani”;
18 settembre 1919: il capo dell’Ufficio
centrale per le Nuove province presenta la
proposta al presidente del Consiglio dei Ministri;
31 marzo 1920: viene dichiarata la disponibilità a procedere da parte del Governo;
2 aprile 1922: la legge n. 648 per la costruzione dei monumenti nazionali a Cesare
Battisti e Nazario Sauro è promulgata. Si
costituisce una commissione di cui fanno
parte sia il senatore Felice Bennati (Pirano,
1856-Capodistria, 1924) che il senatore e e
generale Vittorio Italino Zuppelli (Capodistria, 1859-Roma, 1945), nonché il sidaco di
Capodistria;
30 giugno 1925: il sito destinato a ospitare il monumento viene visitato da una
commissione governativa, presieduta dal senatore Corrado Ricci e della quale fanno parte
Derin (Caserma dei Gendarmi) e l’attaccherà;
questa casa si trova a circa 100 passi dalla Casa
Almerigogna, che sarà già da 3 minuli attaccata
dalla squadra arrivata da Porta Isolana. 3) Due
torpediniere approderanno con la poppa, una
al Molo di Legno, e l’altra in testa al Molo delle
Galere, e sbarcheranno una squadra di 20 uomini ciascuna. Una andrà ad attaccare l’Ufficio
di Porto per sequestrare le riservatissime; l’altra
andrà in Piazza del Duomo ad attaccare l’Edificio
del Capitanato Distrettuale, farà prigioniero il
Comando, sequestrerà le riservatissime e la Cassa di Stato; dopo di che si recherà all’Ufficio Imposte e sequestrerà la Cassa. Se da Punta Grossa
eventuali cannoni aprissero il fuoco, le due
torpediniere di Porta Isolana lascieranno, dopo
eseguito lo sbarco, l’approdo ed evoluzieranno
per entrare in Porto a riparo del Molo-Diga, alto
due metri e mezzo e qui imbarcheranno le trup-
pe da sbarco che avranno compiuta l’operazione.
Se cannoni sparassero da Prove o da Monte S.
Marco, le torpediniere usciranno dal Porto ed
andranno, riparate dalla città, ad imbarcare le
truppe al Bagno Poli. 4) Un macchinista e due
fuochisti, scenderanno in macchina del piroscafo
della Società di Navigazione Capodistriana, che
è ormeggiato al Pontile di Legno, e ne alimenteranno i fuochi che di solito sono già in piccolo
alimento. I prigionuri, i feriti, i militari in licenza,
ed i cittadini ancora validi che vorranno disertare, saranno imbarcati su questo piroscafo che
sarà rimorchiato da quella torpediniera che si
sarà ormeggiata al Pontile di Legno. II bottino
di armi, sarà distribuito sulle altre torpediniere.
5) Una piccola Sezione Sanitaria sarà imbarcata
sulla torpediniera ormeggiata in testa al Molo
delle Galere. 6) Eventualmente si consegnerà a
persona fidata una dozzina di piccioni viaggia-
tori, questionari ed istruzioni. L’operazione complessiva dovrà svolgersi al massimo in un’ ora.
Se la città potràvenire illuminata, si segnalerà
operazione compiuta oscurando per tre volte la
città. Questi segnali saranno trasmessi dalla torpediniera di Punta Grossa e da quella di Isola, alle
altre torpediniere ed a Grado, dove si accenderà
un fanale a luce fissa; un fanale a lampi si accenderà a Golometto. Se la luce elettrica della Centrale di Capodistria non funzionerà, il segnale sarà
dato con fuochi Very o con la telegrafia. In caso
di ritirata della compagnia da sbarco, i segnali
convenzionali saranno fatti con fischio e sirena”.
fOltre 150 esposti
Tra molte altre curiosità, la targa affissa sulla casa natale di Sauro – una perfetta copia
dell’originale fu distrutto dai titini nel 1945,
a Capodistria nel 1935
anche lo scultore Pietro Canonica e l’architetto Gustavo Giovannoni;
16 dicembre 1925: Piero Almerigogna,
Massimo Podule e Vittorio Zuppelli ottengono la promessa di un diretto interessamento
di Benito Mussolini per l’erezione del monumento;
16 marzo 1926: il bando di concorso per
il monumento viene pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale e il Governo si assume tutte le spese. Il Comitato promotore cittadino, formato
da Giovanni Quarantotto, Piero Almerigogna,
Giovanni Relli, Ghino de Favento e Iginio
Bassich, cui si aggiungono Stefano Derin e
Ranieri Mario Cossàr, diventa Comitato per le
onoranze a Nazario Sauro;
7 luglio 1926: si avvia la demolizione del
vecchio magazzino del sale, detto Pacioschi,
in modo da creare un ampio piazzale per il
monumento;
16 luglio 1926: nella palestra di San
Francesco si allestisce la mostra dei bozzetti
accettati per il concorso del monumento. La
giuria presieduta dallo scultore Leonardo Bistolfi sceglie la proposta dell’architetto Enrico
del Debbio e dello scultore Attilio Selva;
10 agosto 1926: posa della prima pietra,
alla presenza del ministro Giovanni Giurati. Il
Comitato per le onoranze a NS viene rinnova-
to con i giudici Guido Bensich e Silvio Tulliani,
il colonnello Federico Bianchi, il sottoprefetto
Vittorio Ceccato, il sindaco Piero de Manzini e
l’avvocato Nino de Petris;
 14 agosto 1929: i lavori riprendono dopo
rallentamenti e persino una battuta d’arresto;
si richiede un intervento di Mussolini, sollecitato da Piero Almerigogna e Attilio Selva;
12 novembre 1930: la commissione nazionale si reca alle cave Gorlato di Momiano
e Orsera, che forniranno la pietra bianca necessaria;
10 maggio 1932: la ditta Mazorana e Co.
di Trieste dà inizio ai lavori per le fondamenta;
23 luglio 1933: Attilio Selva annuncia di
aver intrapreso il lavoro per la grande statua
– 7,5 metri di altezza – da collocare al culmine del monumento: è la “Gloria marinara”,
che sarà comunemente chiamata “Vittoria”;
30 dicembre 1934: dalla fonderia Laganà arriva la grande statua della “Vittoria”;
presenta una lesione, che Selva provvede a
riparare in loco;
 18 gennaio 1935: iniziano i lavori di sistemazione del grande piazzale; contemporaneamente si restaurano le case prospicienti
(ing. Giovanni de Madonizza);
10 marzo 1935: arrivano anche le tre altre statue: “Il nocchiero”, “La madre” e “L’eroe”;
ccAldo Raimondi, “Monumento a Nazario
Sauro a Capodistria”, cartolina ed. Ente
Provinciale per il Turismo, Pola, stampa
S.A.I.G.A, già B&G, Genova 1939
Panorama
25
echi del passato
e che fu rifatta e collocata nel convitto “Nazario Sauro” di Trieste (restaurata dall’esule
istriano Tullio Pizziga) – e un’inedita foto di
Nazario Sauro accorso ad Avezzano per aiutare le genti flagellate dal terribile terremoto della Marsica del 1915, che fece 30.000
morti in mezzora. E poi, ancora: il berretto
del capitano; una ciocca di capelli, prelevata al momento dell’esumazione dalla sua
salma il 10 gennaio 1919 a Pola (Sauro fu
sepolto tre volte: dopo l’impiccagione per
tradimento nel 1916, in un’anonima fossa
sconsacrata; quindi, individuati i resti, nel
1919 le autorità italiane danno all’eroe,
medaglia d’oro al valor militare, una nuova
tomba monumentale a Pola; infine, dopo
la Seconda guerra mondiale, gli esuli caricano nel 1947 sul “Toscana” anche la bara
di Sauro, destinata per la terza sepoltura
al Lido di Venezia); un pezzetto della divisa
grigioverde militare indossata durante l’esecuzione capitale; frammenti della cassa che
contennero i resti esumati di nazario Sauro;
l’orecchio della statua di Sauro, recuperato
dalla distruzione del monumento.
Da ammirare, oltre 150 oggetti, tra cui le
prime cartoline che lo commemorano già
nel 1917 (emblematica quella illustrata dal
triestino Guido Marussig), la velina di un primo ricordo del martire, pure questa risalente al 1917, componimenti di odi e rimembranze (con un componimento di Domenico
Fragiacomo, scritti di Gabriele d’Annunzio e
Sem Benelli), il progetto di massima originale del 1938 predisposto dall’ing Giovanni
Majer per la scuola elementare che doveva
essere intestata alla madre, Anna Sauro,
costruzione mai realizzata ma la cui documentazione fu in parte ripresa per un’ala
dell’hotel “Triglav”, in periodo jugoslavo (ci
sarà invece la Scuola professionale marittima “Nazario Sauro”, aperta nel 1939, dove
insegnò il pittore Giovanni Antonio Zamarin) e tanti altri preziosi tasselli, che compongono un’esposizione da far conoscere al
più vasto pubblico. E soprattutto, da portare
a Capodistria.
 14 e 15 aprile 1935: il giorno 14 giunge
in visita il ministro dei Lavori pubblici, Giovanni Razza, accompagnato dal sottosegretario Giuseppe Cobolli Gigli; il giorno 15 viene
completato il montaggio delle statue, operazione condotta dall’ingegner Giovanni Majer;
tolte le impalcature, il monumento appare i
piena vista;
9 giugno 1935: inaugurazione ufficiale
del monumento con una cerimonia grandiosa
alla presenza del re Vittorio Emanuele II e del
Duca d’Aosta. Il podestà Nino Derin, nel ma-
nifesto dell’8 giugno dirà, tra l’altro: “Onore
altissimo e gioia ineffabile riempiono e commuovono l’animo nostro nel momento che
la Nazione sta per inaugurare il Monumento
consacrato all’Eroe e Martire Nazario Sauro in
questa Capodistria che ha la fortuna di averGli dato i natali e l’orgoglio di averLo educato,
in tempo di servaggio, nel culto delle auguste
venete memorie del nostro passatoglorioso e
di averLo temprato alla fiamma ardentissima
d0amore per Venezia e per l’Italia”;
 22 maggio 1944: inizia lo smantella-
mento del monumento, ordinato dall’autorità militare tedesca. Le tre statue più piccole
vengono portate nell’atrio del Civico Museo
di Storia ed Erte, mentre la “Vittoria” trova
sistemazione sotto il porticato della pescheria. L’opera muraria, a forma di torretta di
sommergibile elevata, che reggeva la “Vittoria” viene abbassata a postazione antiaerea;
accanto viene eretta una casamatta. La cittadinanza protesta, invano;
 estate 1945: alla riapertura del Civico
Museo d’Arte il professor Benedetto Lonza fa
ricomporre e risistemare nell’atrio le statue
del “Nocchiero”, della “Madre” e di Sauro;
 febbraio 1947: i partigiani titini dispongono la distruzione della “Vittoria”, che viene
avviata alla fonderia insieme con altra ferraglia rastrellata in città;
2-3 aprile 1953: durante una manifestazione anti-italiana attivisti slavo-comunisti
tentano di distruggere le statue custodite
nel Civico Museo. Queste vengono asportate
e inviate in fonderia. Sul piazzale del porto si
elimina anche la base del monumento. Sparisce così ogni traccia dell’omaggio a Nazario
Sauro nella sua Capodistria.
ccAlcuni dei cimeli di Nazario Sauro
eParticolare:
e
“Il confronto
con la madre”,
Foto Lux
et Umbria,
Trieste, ed.
Fotocelere,
Torino 1935
26
Panorama
echi del passato
CLAUDIO ERNÈ:
«Un patriota
a ventiquattro
carati». Fu prima di
tutto italiano, poi
padre e poi uomo
Comandante di vaporetti e di piroscafi, soccorritore dei terremotati di Avezzano, burlone
intemerato nell’organizzazione di spettacoli
aviatori, come la famosa Settimana aviatoria di Zaule nel 191, ma soprattutto patriota
a ventiquattro carati, nel solco storico della
tradizione mazziniana. È così che, in sintesi,
Claudio Ernè tratteggia la figura di Nazario
Sauro in apertura del suo intervento nel catalogo che accompagna la mostra. Il noto
giornalita e fotografo triestino rievoca, anche
rileggendo le cronache di quei tempi, alcune
imprese compiute o solamente abbozzate da
Sauro e il loro impatto sull’opinione pubblica
dell’epoca. A partire dal “colpo di mano” tentato nel 1910 a Trieste: voleva impadronirsi
di dodici torpediniere della Marina imperiale
asburgica ormeggiate lungo le rive del porto
giuliano per portarle a Venezia e consegnarle
agli italiani. Non se ne fece nulla. D’altronde
il giornalista Angelo Scocchi, punto di riferimento dei mazziniani, al caffè Municipio
dove il nostro cercava uomini per compiere
il gesto gli fece notare: “Sai cosa succede il
giorno dopo? Il Governo italiano si affretta a
restituire le dodici torpediniere all’Austria. Se
non lo facesse, scoppierebbe la guerra”.
Di antica famiglia istriana (infatti, il cognome è
attestato a Pola e Pirano sin dal Duecento, poi
continuato a Capodistria dal secolo successivo
fino ai giorni nostri) dedita alla marineria, Nazario Sauro nacque il 20 settembre 1880 a Capodistria da Giacomo Sauro e Anna Depangher.
Trascorse l’infanzia e la giovinezza nel popolare
rione di Bossedraga, un tempo prospiciente il
mare ed oggi chiuso dalle strutture del grande
porto sloveno. Ragazzino vivace e allegro, non
andò oltre al terzo anno del Ginnasio della sua
città ma seguì il richiamo del mare, frequentando con successo l’Istituto Nautico di Trieste. Terminati gli studi, abbandonò la natia Capodistria
per imbarcarsi prima quale mozzo e poi come
capitano di piccolo cabotaggio. Percorse in lungo e in largo l’Adriatico, che imparò a conoscere
ccClito Monestier, “Nazario
Sauro. Capodistria nel
XV anniversario agosto
1916-agosto 1931”, cartolina ed. La Promotrice,
Milano, 1931
Morì a 34 anni
gridando
«Viva l’Italia!»
e ad amare.
Così lo descrisse lo storico Giovanni Quarantotto:
”Acceso nella larga faccia sempre eretta, vigilante, sincera; bassotto di statura ma largo di torace
e di spalle come un atleta; arrotondato alquanto
da una precoce pinguetudine eppur svelto ed
agile come un ragazzo; egli troneggiava davvero sulla passerella del comando, dall’alto della
quale soleva, come un orator sacro dal pergamo,
scagliare incessante ordini, lodi, rimproveri o fa-
cezie, a seconda delle circostanze e dell’umore,
usando sempre il saporoso dialetto natio e gesticolando con energia”.
fDi ideali mazziniani
Già negli anni della gioventù Sauro era pervaso
da un acceso patriottismo, accompagnato a un
odio viscerale per lo stato austro-ungarico che
considerava dispotico e prevaricatore della culPanorama
27
tura italiana della sua gente. In seguito s’ispirò
agli ideali mazziniani, che concretizzò in azioni
intrepide e coraggiose. Pochi anni prima dello
scoppio dellaGrande Guerra, rientrò stabilmente a Capodistria avendo trovato impiego come
capitano dei vapori della Società istriana di
navigazione, che facevano la spola tra Trieste e
l’Istria. Mentre era al comando del piroscafo della sua compagnia, la mattina dell’8 agosto 1911
ostacolò l’entrata in porto di un altro mezzo, un
vaporetto della ditta Lampo dei Cosulich, che era
entrata in competizione con la società per cui lavorava e soprattutto era ritenuta filo-austriaca.
“Era uno di quei tiri birboni – come riporta un
opuscolo stampato a Trieste nel 1931, “Episodi
bellici della vita di Nazario Sauro, da documenti
inediti” – in cui tanto si compiaceva nel suo animo sempre un po’ infantile; ma era anche una
grave infrazione al Codice marittimo”. Nell’inchiesta Sauro si difese con la scusa di un ritardo:
“Potrebbe darsi che il mio orologio differisca di
qualche minuto”. Se la passò liscia.
Il giorno successivo, però, sempre al comando
del piroscafo San Giusto, accompagnò con frasi
ingiuriose i passeggeri del piroscafo Lampo, urlate a gran voce contro quei “porchi de s’ciavi” e
contro il governo che li proteggeva. Il comportamento gli valse una condanna a 14 giorni di
arresto, congiunti a un giorno di digiuno totale.
Allo scoppio del conflitto, Nazario partì immediatamente per non essere chiamato alle armi
dall’Austria. Riuscì ad aggirare i controlli con un
pretesto e raggiungere Venezia (qui progettò
uno sbarco improvviso a Trieste, dove insieme
con un gruppo di irredentisti avrebbe tentato
di occupare il palazzo della Prefettura, sede del
Governatore, allo scopo di suscitare un moto
popolare; acquistarono le armi, ma le autorità
scoprirono il piano); partecipò alle iniziative del
movimento interventista (e a Benito Mussolini,
che dalle pagine del Popolo d’Italia appoggiava
le iniziative dei patrioti istriani e trentini, inviò
un biglietto con scritto: “Il pensiero riconoscente
di un istriano”); fu tra coloro che organizzavano
e davano supporto ai tanti volontari giuliani in
arrivo, facendo base presso il modesto caffè sotto le Procurative, in piazza San Marco, divenuto
il ritrovo di tanti fuoriusciti istriani tra cui Giovanni Quarantotto e Pio Riego Gambini. Guidò
anche un gruppo di volontari giuliani in Marsica
(Abruzzo), in soccorso alla popolazione colpita
da un catastrofico terremoto (insieme con lui
partì per l’Abruzzo un gruppo di irredentisti
istriani e trentini tra i quali Antonio Bergamas,
che poi cadde sulle Alpi in combattimento, figlio
di Maria Bergamas, la donna che al termine della guerra scelse la salma del Milite ignoto).
fUna sessantina
di «missioni»
Il giorno dopo la dichiarazione di guerra italiana all’Austria, all’alba del 24 maggio, il tenente
di vascello Nazario Sauro – che si era arruolato
nella Marina d’Italia come pilota, con il grado
di tenente di vascello assimilato – si mise in
evidenza nella sua prima missione, con un’ardita incursione nel lido di porto Buso, presso
Grado. In circa 14 mesi di guerra egli portò a
termine ben 60 missioni. Significativa fu la
eeNazario Sauro e la madre Anna Depangher.
Dopo la cattura del figlio, avvenuta il 31 luglio
1916, fu chiamata presso il tribunale militare di
Pola perché si voleva ottenere da lei la conferma
dell’identità del prigioniero che aveva dichiarato
di chiamarsi Nicolò Sambo
28
Panorama
eeNazario Sauro in divisa italiana da marinaio col suo
tabarro, con amici e familiari (fotografia dal fondo Quarantotti Gambini presso l’IRCI). Sul retro, l’elenco parziale
dei nomi, manoscritto da Giovanni Quarantotto: Nazario
Sauro, Nicolò Derin, Nino Sauro, moglie e figlia di Vico
Predonzani, nonn Gambini, prof. Mauroner
Fotografia dal fondo Quarantotti Gambini 
presso l’IRCI che ritrae Sauro e altri volontari irredenti. Nell’elenco manoscritto, da sin.:
“Ten Riccoboni, Nazario Sauro, medico Ten.
Janovitz da Trieste, Slataper cap. da Trieste,
Sallustio Gide Ten. da Trieste, Cirillo Ten.
da Trieste, condann. a morte dall’Austria e
fuggito dal carcere 2 novembre”
sfacciata incursione all’interno del porto di Pirano, nella notte del 24 giugno 1916, a bordo
della torpediniera 19.
A Parenzo, ad esempio, il 12 giugno 1916 condusse bellamente il cacciatorpediniere Zeffiro
nel porto della cittadina istriana occupata
dagli austriaci, sventolando non una ma due
bandiere della Regia Marina Italiana. Un’azione talmente temeraria che le tre sentinelle
asburgiche non credettero (letteralmente) a
ciò che vedevano e lo aiutarono nelle manovre
di ormeggio obbedendo ai suoi ordini gridati
in dialetto istro-veneto. Le povere sentinelle
furono costrette a rivelare il luogo in cui erano nascosti gli idrovolanti che ogni giorno
sganciavano il loro carico di morte su Venezia.
Sauro distribuì alla gente che intanto si era radunata nel porto copie di giornali italiani che
annunciavano le nostre vittorie sul mare e sugli altipiani trentini. Le sue imprese divennero
subito leggendarie e il suo spirito indomabile
accese gli animi di tanti irredentisti pronti a
seguirlo. Grazie alle sue azioni valorose, nel
giugno del 1916 Sauro fu fregiato della medaglia d’argento.
Il 30 luglio del 1916 ricevette l’ordine di imbarcarsi sul sommergibile Giacinto Pullino, per una
missione che prevedeva il siluramento di un
piroscafo austriaco nel porto di Fiume. L’imbarcazione, in circostanze mai chiarite, si incagliò in
una secca tra le isole di Unìe e Galiola, all’imbocco del golfo del Quarnero, in una zona che Sauro
conosceva benissimo. Fuggì da solo verso Unìe
su una piccola barca a remi, ma fu catturato e
portato nel carcere di Pola. E nonostante il capodistriano cercasse comunque di salvarsi, confermando sempre di essere il veneziano Nicolò
Sambo, fu riconosciuto, purtroppo anche grazie
alla testimonianza di un concittadino. E mandato a processo.
fLa condanna a morte
Il dibattimento passò alla storia per la drammaticità dell’incontro con la madre Anna, che
assieme all’altra figlia fu appositamente prelevata dal campo di prigionia dove si trovava
e portata a Pola per essere messa a confronto
col figlio, azione che fu giudicata dai più come
barbara e crudele. Come attestato da Giorgio
Cobol, capodistriano compagno di prigionia
della famiglia, la donna riferì di essersi sentita
raggelare alle parole del figlio che rispose al
giudice: “Non conosco quella donna”; anche
Anna Sauro, pur sentendosi morire, cercò di salvare il suo “Nazarì”, fingendo di non conoscerlo.
I giudici lo condannarono a morte per impiccagione. Il giorno stesso della sentenza, 10 agosto
1916, la pena fu eseguita. Un documento austriaco (sparito dalle carte processuali e ritrovato anni fa a Zagabria) testimonia come Sauro
tenne un comportamento tranquillo e impassibile, durante e dopo la lettura della sentenza
e che, durante il tragitto verso il luogo del patibolo, egli iniziò a gridare “Viva l’Italia, abbasso
l’Austria, abbasso il vostro imperatore Francesco
Giuseppe, quel mascalzone”.
Quando il boia Joseph Lang strinse il cappio
attorno al collo dell’eroe capodistriano, Nazario
Sauro aveva compiuto 62 missioni di guerra a
bordo di unità della Marina militare italiana.
Gran parte si erano svolte a ridosso del cosiddetto Litorale austriaco, da Grado, Monfalcone,
Sistiana e Trieste, a Capodistria, Pirano, Parenzo.
Particolarmente commoventi furono le lettere
lasciate da Sauro al figlio maggiore e alla mo-
glie, con la quale ebbe cinque figli (che si chiamavano Nino in memoria di Bixio, Anita per la
moglie di Garibaldi, Libero, Italo e Albania, in
onore di una nazione che come l’Italia combatteva per l’indipendenza). All’ultima figlia scrisse: “Cara Nina, Non posso che chiederti perdono
per averti lasciato coi nostri figli ancora col latte
sulle labbra. So quanto dovrai lottare e patire
per portarli e conservarli sulla buona strada che
li farà procedere su quella del loro padre, ma
non mi resta da dire altro che io muoio contento
di aver fatto solamente il mio dovere di italiano. Siate pur felici che la mia felicità è soltanto
quella che gli italiani hanno saputo e voluto fare
il loro dovere. Cara consorte, insegna ai nostri figli che il padre loro fu prima italiano, poi padre,
poi uomo. Tuo Nazario”.
Alla sua memoria fu concessa Medaglia d’oro
al valor militare con la seguente motivazione:
“Dichiarata la guerra all’Austria, venne subito
ad arruolarsi volontario sotto la nostra bandiera per dare il contributo del suo entusiasmo,
della sua audacia ed abilità alla conquista
della terra sulla quale era nato e che anelava
a ricongiungersi all’Italia. Incurante del rischio
al quale si esponeva, prese parte a numerose, ardite e difficili missioni navali di guerra,
alla cui riuscita contribuì efficacemente con la
conoscenza pratica dei luoghi e dimostrando
sempre coraggio, animo intrepido e disprezzo
del pericolo. Fatto prigioniero, conscio della
sorte che ormai l’attendeva, serbò, fino all’ultimo, contegno meravigliosamente sereno, e
col grido forte e ripetuto più volte dinnanzi al
carnefice di ‘Viva l’Italia!’ esalò l’anima nobilissima, dando impareggiabile esempio del più
puro amor di Patria” (Alto Adriatico, 23 maggio 1915 - 10 agosto 1916).
Panorama
29
libri
Guido Conti analizza
i racconti dei grandi della
letteratura mondiale,
entrando nella loro
macchina creativa per
insegnare a usare quello
che «ancora oggi è lo
strumento più importante
per raccontare la realtà»
Vademecum per asp
S
crittori si nasce o si diventa? Entrambi. Difatti, sono innati lo stimolo alla
creazione di storie e mondi e la propensione per la scrittura, ma per praticarla bene occorre, come con ogni
arte, imparare le tecniche. E nessuno
può insegnare a scrivere meglio dei “big” della
letteratura, a patto che li si sappia leggere, cioè
che si sappia che cosa e come cercare. Questa
l’idea di fondo dalla quale parte Guido Conti,
romanziere, giornalista critico e docente di
scrittura creativa, autore di un manuale per studenti, insegnanti e aspiranti autori, Imparare
a scrivere con i grandi (Rizzoli BUR, 560 pp.,
15 euro), costruito non sulle regole “scolastiche”
ma sui testi. La scrittura diventa una forma di
osservazione e in quest’osservazione Conti, che
non crede alle scuole di scrittura, guida il suo
pubblico con grande umiltà, lasciando il più
possibile la parola ai maestri . Del resto, l’aveva
già fatto con “La scuola del racconto”, collana da
lui curata e uscita in edicola con il Corriere della
Sera nel 2014, scandagliando i segreti di Anton
Čhecov (L’arte di leggere), Guy de Maupassant
(Scrivere e riscrivere), Nathaniel Hawthorne
(Dall’idea alla pagina), Giovannino Guareschi
(La nascita del personaggio), Edgar Allan Poe
(Suspense e thriller), Hans Christian Andersen
(Scrivere una favola), Cesare Zavattini (Il gioco
dell’umorismo), Giovanni Bocaccio (L’architettura delle novelle), Gilbert Keith Chesterton (La
30
Panorama
costruzione del giallo), Michail Bulgakov (Le forme della scrittura breve), Carlo Collodi (La satira
politica e di costume) e Franz Kafka (Dall’apologo
all’aforisma).
Ora torna a tu per tu con i grandi. Brani che fanno continuamente saltare le regole dello scri-
vere insegnate delle scuole, e che contengono
originalità e talento. Pagina dopo pagina, Conti
ci spiega che non esiste una “tipologia di scrittura” definita da seguire, che il segreto consiste
nell’essere curiosi e leggere molto e di tutto, per
poi scegliere gli autori di cui si percepisce l’em-
Scrittori si nasce o si 
diventa? Un po’ entrambi. Il presupposto di base è essere
curiosi. Lo scrittore
deve in primis saper
osservare con attenzione. E leggere
molto, perché la
lettua “insegna ad
ascoltare gli altri,
educa all’attenzione
al particolare ed
educa a guarda il
mondo con occhi
nuovi, nutre la curiosità”, spiega Conti
piranti scrittori
patia, quelli che piacciono di più. Egli attinge da
una vastissima cultura letteraria per costruire
una selezione per forza di cosa personalissima
e parziale, che comprende autori di epoche
e Paesi diversi. Di tutti, però, vengono scelti
esclusivamente racconti, ossia unità perfettamente chiuse in sé stesse: “I racconti – si legge
nell’introduzione – sono il vero ring sul quale
gli scrittori si allenano e si fanno i muscoli. Nei
pezzi brevi, come nella poesia, non si può bluffare: gli autori esibiscono in modo così evidente
la propria arte che bastano due o tre pagine per
portarsi a casa una lezione importante”.
Come si scrive un incipit d’impatto? Ce lo insegna Anton Čhecov. In che modo si può tenere
eeSe lette nel modo giusto, le opere dei grandi
scrittori rappresentano una fonte inesauribile
di idee, stimoli e strumenti per imparare a
scrivere. Guido Conti – autore e docente di
scrittura creativa – raccoglie in questo volume
i racconti di alcuni tra i massimi esponenti
della letteratura mondiale, per svelarci le
tecniche che rendono uniche le loro opere: il
modo di impostare la trama, l’impiego di uno
specifico punto di vista, l’equilibrio tra detto
e non detto, la scelta dello stile, i trucchi per
rielaborare un’idea, e la distribuzione di tutti
questi ingredienti a seconda dei diversi generi
letterari
alta la tensione narrativa? Basta chiederlo a
Jack London. Come si costruisce un colpo di
scena perfetto? La risposta la dà Aleksandr
Puškin. Mark Twain ci svela i segreti della parodia e Victor Hugo quelli del reportage. Ecco,
nell’antologia Conti offre l’analisi de “I funerali
di Napoleone” di Victor Hugo come un esempio
meraviglioso su come fare un reportage, come
raccontare in presa diretta un evento storico,
con l’insegnamento che la scrittura e la letteratura offrono molto di più di qualunque video,
fotografia o altro. “La scrittura è ancora oggi lo
strumento più potente per raccontare la realtà”, ha dichiarato in un’intervista a La repubblica. “Tutti pensano invece il contrario, al fascino
dei video, della foto d’effetto, o della diretta,
senza capire che solo la scrittura può davvero
raccontare e indagare nelle pieghe della realtà,
svelando ciò che accade sul serio di fronte ai
nostri ingannevoli occhi. Non è questo, forse,
l’origine e il futuro del giornalismo quando non
si riduce a sola informazione?”.
Alle voci dei “suoi” autori, aggiunge poche, essenziali note introduttive e una breve analisi
finale, in cui attira l’attenzione del lettore sugli
insegnamenti più importanti che ci vengono
da ciascuno. Chiude ogni capitolo un esercizio,
o piuttosto un invito alla scrittura, per mettere
subito a frutto quello che si è imparato, come
comporre un racconto con un solo periodo ispirandosi a Dürrenmatt o costruire un racconto
giallo facendo tesoro delle dritte di Chesterton.
Il libro è godibile anche per chi non ha velleità
di scrittore, per chi già conosce gli autori citati
e vuole rileggerli con maggiore consapevolezza, così come per chi li incontra per la prima
volta (e magari avrà poi voglia di approfondirne lo studio). E se al termine non si avrà alcuna garanzia di diventare novellieri di successo,
si potrà almeno dire di aver imparato a leggere con occhi un po’ più attenti e ad ammirare
ancora di più l’arte e la tecnica che ci fanno
amare certe pagine di letteratura.
Nato a Parma nel 1965, Conti ha alle spalle
una vastissima attività editoriale, di promozione della lettura e della scrittura, all’interno
della quale si segnalano la cura del carteggio
fra Cesare Zavattini ed Attilio Bertolucci (Un’amicizia lunga una vita. Carteggio 1929-1984,
Parma, 2004), il volume di racconti Il coccodrillo
sull’altare (Premio Chiara 1998), Giovannino
Guareschi, biografia di uno scrittore (Premio
Hemingway per la critica 2008), Il grande fiume Po: una storia da raccontare (Mondadori,
2012). Il volo felice della cicogna Nilou (Rizzoli,
2014, tradotto in Grecia, Spagna e Corea del
sud), Nilou e i giorni meravigliosi dell’Africa
(Rizzoli, 2015), più una ventina di libri in print
on demand, con progetti innovativi e all’avanguardia. Insegna tecniche della scrittura presso
biblioteche e università. È tra i fondatori del
Festival del racconto di Carpi.
I. R.
Panorama
31
˝made in italy
«Cibus è Italia» far
S
ono iniziati i preparativi
per la prossima Esposizione Universale che si
terrà a Dubai nel 2010, sul
tema “Connecting Minds, Creating the Future”. Dopo il
successo riscontrato all’Expo2015
di Milano, il padiglione “Cibus è
Italia”, realizzato da Federalimentare e da Fiere di Parma, con il suo
format innovativo sarà presente
all’appuntamento. Lo ha annunciato una delegazione di Federalimentare e Fiere di Parma che
ha partecipato alla missione del
Governo italiano negli Emirati
Arabi Uniti, guidata dal ministro
delle Politiche Agricole, Maurizio
Martina. La delegazione italiana
ha potuto presentare il progetto
del padiglione “Cibus è Italia” al
Comitato Organizzatore di Dubai2020 e sottolineare l’expertise
32
Panorama
Adesione ufficiale
dell’Italia
all’Esposizione
Universale negli
Emirati Arabi,
il cui tema sarà
«Connecting
Minds, Creating
the Future»
maturata in occasione dell’Esposizione di Milano.
Il tema “Connecting minds, creating the future” era stato anticipato proprio dal Padiglione degli
Emirati Arabi Uniti in occasione di Milano Expo 2015, il cui
concept, che si rifaceva al tema
“Nutrire il Pianeta”, non a caso
si intitolava “Cibo per la mente.
Delineare e condividere il futuro“.
Una trama ben intrecciata e un
argomento che lascia molto spazio alle innovazioni e al confronto tra i popoli.
L’Esposizione di Dubai 2020 cadrà
nell’anno del cinquantesimo anniversario della nascita degli Emirati Arabi Uniti, il Golden Jubilee
dello Stato, una festività che, tra le
altre cose, ricorda l’indipendenza
dal Regno Unito. Dubai è da sempre la città dell’innovazione ma
anche degli sprechi e dello sfarzo.
Per il prossimo 2020 questa città
araba ha in mente di trasformarsi nella metropoli più eco friendly
del Pianeta. Così come suggerisce
il tema scelto per l’Expo, la soluzione ai problemi del pianeta può
rà il bis a Dubai 2020
maturare solo attraverso la collaborazione tra le diverse culture, la
cooperazione tra Nazioni e soprattutto connettendo le menti tra loro,
in un continuo brain storming per
conquistare traguardi sempre più
importanti e con una maggiore
consapevolezza. Il tema di Expo
Dubai 2020 è strettamente collegato al nome arabo della città al-Wasl
(in arabo significa letteralmente “il
collegamento”.
“Cibus è Italia” è un Padiglione dei
prodotti alimentari italiani. Nato
da un progetto di Federalimentare
– Federazione dell’Industria Alimentare e delle Bevande – in collaborazione con Fiere di Parma, è
stato concepito come un grande
collettore che mette in mostra le
eccellenze alimentari italiane lungo un percorso composto da 15
aree tematiche. L’itinerario è strut-
turato come un viaggio attraverso
le più significative filiere produttive e ha lo scopo di fornire una
panoramica esaustiva del Made in
Italy alimentare e un momento di
condivisione della cultura alimentare italiana, della sua storia e della
varietà unica dei suoi prodotti, dal
vino ai dolci, da latte e formaggi a
pasta, ortaggi trasformati (passata
di pomodoro in testa), prosciutto,
salumi e carni trasformate, caffè,
riso, birra... Classici del food Made
in Italy, che vanno fatti conoscere
e vanno spiegati ai consumatori di
tutto il mondo.
Panorama
33
concorsi
UNIONE ITALIANA
Talijanska unija - Italijanska Unija
Via-Ulica Uljarska 1/IV
51000 FIUME - RIJEKA - REKA (HR)
Tel. +385/(0)51/338-285(911);
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GIUNTA ESECUTIVA
Settore “Cultura”
fBANDO DI CONCORSO
Articolo 1
L’Unione Italiana e l’Università Popolare di Trieste bandiscono la L
edizione del Concorso d’Arte e di Cultura Istria Nobilissima.
Articolo 2
Il Premio si prefigge di promuovere e affermare la creatività artistica e culturale della Comunità Nazionale Italiana di Croazia e
Slovenia e di diffonderla sul territorio del suo insediamento storico e su quello della sua Nazione Madre.
f CATEGORIE, SEZIONI
Articolo 3
Il Concorso si articola nelle seguenti Categorie e Sezioni:
A) Categoria Letteratura - Premio OSVALDO RAMOUS
Sezioni:
1. Poesia in lingua italiana o in uno dei dialetti della Comunità
Nazionale Italiana;
2. Prosa in lingua italiana o in uno dei dialetti della Comunità Nazionale Italiana;
3. Saggi di argomento umanistico o scientifico
B) Categoria Teatro - Premio RANIERO BRUMINI
Sezione:
1. Testi teatrali
C) Categoria Arti visive - Premio ROMOLO VENUCCI
Sezioni:
1. Pittura, scultura e grafica
2. Design, arti applicate, illustrazione
3. Fotografia
4. Arte digitale
D) Categoria Arte cinematografica, video e televisione
Sezione:
1. Arte cinematografica, video e televisione
E) Categoria Musica- Premio LUIGI DALLAPICCOLA
Sezioni:
1. Composizione (coro e musica da camera)
34
Panorama
2. Esecuzione strumentale, vocale o corale
F) Categoria Premio giovani - Premio ADELIA BIASIOL (per i
giovani dai 12 fino ai 18 anni compiuti d’età).
Sezione unica:
“IN_2017” - 1. Prosa o poesia in lingua italiana o in uno dei dialetti della Comunità Nazionale Italiana; Ricerca di argomento
umanistico o scientifico, testo teatrale, opera artistica (pittura,
scultura, grafica, fotografia, arte digitale), composizione o esecuzione di un brano musicale, realizzazione di un filmato.
G) Categoria Cittadini residenti negli altri Paesi, di origine
istriana, istro-quarnerina e dalmata attestata da un apposito documento.
Sezione:
1. Prosa narrativa e poesia, anche in dialetto, su tematiche che interessano il mondo comune istriano, istro-quarnerino e dalmata,
nella sua più ampia accezione culturale, umana e storica.
H) Categoria Cittadini della Repubblica di Croazia e Slovenia, nati e residenti nell’Istria, nell’Istro-Quarnerino o in
Dalmazia in possesso di un’ottima conoscenza della lingua
italiana.
Sezione:
1. Prosa narrativa e poesia su tematiche che riguardano la convivenza, la multiculturalità, le prospettive del suo sviluppo e del
suo approfondimento nel quadro europeo, la partecipazione comune alla storia umana, culturale e civile del territorio istriano,
istro-quarnerino e dalmata.
f MODALITÀ DI CONCORSO:
NORME GENERALI E SCADENZE
Articolo 4
Possono concorrere i cittadini maggiorenni (all’infuori della Categoria Premio giovani) di nazionalità italiana (o di madre lingua e
cultura italiana) che allegheranno un attestato rilasciato dalla Comunità degli Italiani della loro località di residenza, comprovante
la loro iscrizione in qualità di soci effettivi.
Possono concorrere alla categoria “G” i cittadini italiani residenti
in qualsiasi altro Paese (ad eccezione della Croazia e della Slove-
nia) di origine istriana, istro-quarnerina e dalmata, attestata da
un apposito documento.
Possono concorrere alla categoria “H” i cittadini croati e sloveni
di nazionalità non italiana, residenti in Croazia o Slovenia, che
allegheranno un attestato comprovante il luogo di nascita e la
residenza.
I concorrenti che non sono già stati premiati nelle precedenti edizioni del Concorso sono tenuti a presentare un breve curriculum
vitae.
Articolo 5
I concorrenti possono partecipare a una sola Categoria e Sezione
di concorso. I concorrenti che sono risultati vincitori (I premio) in
una delle sezioni di concorso nell’ultima edizione non possono
partecipare alla medesima sezione di concorso prevista dal presente Bando di Concorso.
Articolo 6
I lavori dovranno pervenire all’Unione Italiana, via delle Pile
– Uljarska 1/4, HR – 51000 Fiume-Rijeka, entro e non oltre
il 3 aprile 2017 (fa fede il timbro postale). Sulla busta dovrà essere riportata la scritta Per il Concorso d’Arte e di Cultura “Istria
Nobilissima”, dovrà essere chiaramente indicata la Categoria e la
Sezione a cui il concorrente intende partecipare e non dovranno
apparire le generalità e l’indirizzo del concorrente.
Per tutte le opere in forma scritta, si richiede l’invio di 7
(sette) copie cartacee, ovvero su altro supporto mediatico
(CD, DVD, chiave USB). Le opere in concorso nella Categoria Arte
cinematografica, video e televisione, dovranno essere inviate in 3
(tre) copie su supporto mediatico standard atto alla riproduzione
da parte dei membri della rispettiva Commissione giudicatrice.
Le opere in forma scritta dovranno recare in calce un motto e in
alto, a destra, l’indicazione della Categoria e della Sezione prescelta. Il motto dovrà essere ripetuto su una busta chiusa, contenente le generalità, l’indirizzo, il recapito telefonico e l’indirizzo
di posta elettronica del concorrente, come pure il certificato di
iscrizione, in qualità di soci effettivi, a una Comunità degli Italiani
(fatta eccezione per i concorrenti alle Categorie G e H).
Le opere in forma diversa da quella scritta dovranno comunque
indicare la Categoria e la Sezione prescelta, con collocazione e
forma a discrezione dell’autore, e sarà pertanto omessa la prassi
del motto. Le opere concorrenti nella Categoria Arte cinematografica, video e televisione dovranno riportare nelle sigle di testa o di
coda, ovvero nelle note di accompagnamento le generalità degli
autori, e sarà pertanto omessa la prassi del motto. Tutti i partecipanti sono tenuti comunque a fornire le generalità, l’indirizzo, il
recapito telefonico e l’indirizzo di posta elettronica, come pure il
certificato d’iscrizione, in qualità di soci effettivi a una Comunità
degli Italiani. Il trattamento dei dati personali è effettuato esclusivamente ai fini inerenti al presente Concorso.
Articolo 7
La mancata osservanza delle disposizioni del presente Bando di
Concorso comporterà l’automatica esclusione dell’opera.
Articolo 8
I premi ai vincitori saranno conferiti nel corso della cerimonia di
premiazione del Concorso Istria Nobilissima che sarà organizzata
nei tempi e nelle modalità previste dagli Enti promotori. Una scelta delle opere in concorso sarà raccolta e pubblicata in un’Antologia e diffusa nei termini previsti dagli Enti promotori.
Articolo 9
Le opere premiate in forma scritta non saranno restituite. L’accettazione del premio è subordinata alla consegna dell’elaborato da parte dell’autore in formato elettronico. Le opere
premiate con il primo e con il secondo premio nella Categoria Arti
visive diverranno proprietà dell’Unione Italiana.
Tutti gli autori conservano i propri diritti d’autore. Tale diritto non
sarà applicato soltanto in occasione della pubblicazione dell’Antologia delle opere in concorso.
fMODALITÀ DI CONCORSO
DISPOSIZIONI PARTICOLARI (PER
CATEGORIE)
Categoria LETTERATURA
Articolo 10
Gli autori concorrenti dovranno presentare esclusivamente lavori originali integralmente inediti, non tradotti da
alcuna lingua e non estrapolati da altri lavori più ampi.
Articolo 11
Gli autori concorrenti alla Sezione Poesia in lingua italiana o in
uno dei dialetti della Comunità Nazionale Italiana dovranno presentare una sola raccolta di liriche. Per le poesie in dialetto si richiede obbligatoriamente la traduzione in lingua italiana.
Articolo 12
Gli autori concorrenti alla Sezione Prosa in lingua italiana o in uno
dei dialetti della Comunità Nazionale Italiana potranno presentare un solo romanzo breve, ovvero un’unica raccolta di novelle,
racconti o altri lavori in prosa. Per la prosa in dialetto si richiede
obbligatoriamente la traduzione in lingua italiana.
Articolo 13
Le opere presentate in concorso dovranno essere inviate in copia
cartacea e dovranno comprendere dai cinquanta ai trecento versi complessivi per la poesia, dalle cinque alle cinquanta cartelle
dattiloscritte per la prosa, dalle venti alle cinquanta cartelle per
i saggi Per cartella si intende un foglio dattiloscritto di 30 righe
per 60 battute ciascuna, ovvero un’unità di testo di 1.800 caratteri
con spazi.
Categoria TEATRO
Articolo 14
Gli autori concorrenti nella Categoria Teatro, Sezione testi teatrali,
potranno presentare un solo testo teatrale (monologo, drammaturgia, riduzione teatrale, radiodramma, soluzione di regia per
una messa in scena) in lingua italiana oppure in uno dei dialetti
della Comunità Nazionale Italiana con obbligatoria traduzione in
lingua italiana.
Categoria ARTI VISIVE
Articolo 15
Gli autori concorrenti alla Sezione Pittura, scultura e grafica, dovranno presentare da un minimo di due a un massimo di tre opere.
Le tele dovranno essere montate su telaio e possono essere incorniciate; i dipinti su altro tipo di supporto e le grafiche dovranno
essere debitamente montati e incorniciati. Le opere in concorso
Panorama
35
concorsi
alla Sezione Pittura, scultura e grafica dovranno essere predisposte per venire appese a parete o collocate autonomamente
su altro piano espositivo.
Articolo 16
Gli autori concorrenti alla Sezione Design, arti applicate e illustrazione, dovranno presentare un unico lavoro tematico, che
deve contemplare da un minimo di tre ad un massimo di sette
lavori ovvero applicazioni o elaborazioni tematiche. Fanno eccezione a tali limitazioni i lavori di design e illustrazione compresi
in pubblicazioni di stampa presentate in concorso nella Sezione
Design, arti applicate e illustrazione.
Articolo 17
Gli autori concorrenti alla Sezione Fotografia dovranno presentare una collezione tematica da un minimo di sei a un massimo di dodici stampe fotografiche di uguale formato, in bianco
e nero o a colori. Il formato minimo richiesto è di cm 20x30, il
formato massimo consetito è di cm 40x60.
Le stampe fotografiche non dovranno venir montate su alcun
supporto, né assemblate in composizioni d’assieme. Nella Sezione fotografia sono ammesse elaborazioni personalizzate
eseguite direttamente sulle stampe fotografiche, ma non sono
ammesse tecniche miste non fotografiche.
Articolo 18
Gli autori concorrenti alla Sezione Arte digitale potranno presentare un unico lavoro tematico, che deve contemplare da un
minimo di tre a un massimo di sette lavori, ovvero applicazioni o
elaborazioni tematiche su supporto mediatico standard atto alla
riproduzione da parte dei membri della rispettiva Commissione
giudicatrice.
Articolo 19
Nella Categoria Arti Visive verrà premiata un’unica opera tra
quelle presentate in concorso dal singolo autore, ad eccezione
della Sezione fotografia, dove potrà essere premiata sia la singola foto sia l’intera collezione tematica.
Articolo 20
Tutti i lavori della Categoria Arti visive dovranno essere accompagnati sul retro dalle indicazioni nel seguente ordine: Autore,
titolo, tecnica, misure e anno di realizzazione (anche per la Sezione fotografia).
Categoria ARTE CINEMATOGRAFICA, VIDEO
E TELEVISIONE
Articolo 21
Gli autori concorrenti alla Categoria Arti cinematografiche, video e televisione, dovranno presentare una produzione recente
(anno di produzione risalente a un massimo di due anni dalla
pubblicazione del presente Bando di Concorso) di un cortometraggio, documentario, videoclip, telefilm o altra realizzazione
filmica di contenuto artistico e culturale senza limitazioni di
genere e della durata massima di 60 minuti.
Categoria MUSICA
Articolo 22
Gli autori concorrenti alla Categoria Musica, Sezione Composizione, potranno presentare su supporto cartaceo composizioni
di loro creazione di qualsiasi genere e forma musicale (sono
ammesse al massimo 3 composizioni). Le composizioni devono
36
Panorama
essere inedite e originali e preferibilmente attingere al patrimonio artistico culturale degli italiani sul territorio del loro insediamento storico (temi musicali, versi, opere d’arte di autori italiani
dell’Istria, Quarnero e Dalmazia). L’organico di ogni composizione può prevedere al massimo il rispettivo numero di esecutori:
- composizione strumentale (da 1 a 15 esecutori)
- composizione corale (da 8 a 20 esecutori)
- composizione di lirica vocale (da 1 a 3 esecutori vocali, con o
senza l’accompagnamento d’uno strumento).
Le composizioni strumentali non potranno superare ciascuna la
durata di 25 minuti, mentre le composizioni corali e di lirica vocale non potranno avere durata inferiore a 6 minuti.
Articolo 23
Gli esecutori concorrenti alla Categoria Musica, Sezione Esecuzione strumentale, vocale o corale dovranno presentare da un
minimo di uno ad un massimo di tre brani della durata minima complessiva di 15 minuti e massima di 30 minuti. Al fine di
promuovere e valorizzare la creatività artistica e culturale degli
italiani sul territorio del loro insediamento storico, si richiede
l’esecuzione di almeno un brano d’autore appartenente al mondo comune istriano, istro-quarnerino e dalmata.
Il numero ammesso degli esecutori dovrà rientrare nelle seguenti disposizioni di concorso:
- esecuzione strumentale (da 1 a 15 esecutori)
- esecuzione vocale (da 1 a 3 esecutori, con o senza strumento
guida)
- esecuzione corale (da 8 a 20 esecutori, con o senza strumento
guida)
I concorrenti nella Categoria Musica, Sezione Esecuzione
strumentale, vocale o corale dovranno, prima delle rispettive
audizioni, mettere a disposizione della Commissione giudicatrice almeno una copia degli spartiti delle musiche presentate. L’esecuzione avrà luogo nei termini previsti dagli Enti
promotori.
Per i partecipanti alla Categoria Musica, Sezione Esecuzione
strumentale, vocale o corale sarà omessa la prassi del motto.
I partecipanti alla Categoria Musica, Sezione Esecuzione strumentale, vocale o corale, sono tenuti comunque a fornire le
generalità, l’indirizzo, il recapito telefonico e l’indirizzo di posta
elettronica, come pure il certificato d’iscrizione, in qualità di soci
effettivi a una Comunità degli Italiani.
Categoria PREMIO GIOVANI
Articolo 24
Gli autori che partecipano a questa categoria possono inviare
una sola opera ispirata al tema “IN_2017”. Le modalità di partecipazione in questa Categoria sono analoghe a quelle previste
par le altre Sezioni e Categorie.
fPREMI, MENZIONI ONOREVOLI
E PREMIO ACQUISTO
Articolo 25
Ad ogni sezione di concorso, ad esclusione della Categoria Premio giovani, possono venire assegnati un Primo premio di €
1.500,00; un Secondo premio di € 800,00 e un massimo di due
Menzioni onorevoli € 200,00 € ciascuna. Per la Categoria Premio
giovani possono venire assegnati un Primo premio di € 800,00; un
Secondo premio di € 500,00 e un massimo di due Menzioni onorevoli da 200,00€ ciascuna.
Articolo 26
I premi sono unici e indivisibili e non è prevista l’assegnazione di primi e secondi premi ex aequo.
Articolo 27
Ai vincitori del Primo e del Secondo premio nella Categoria Arti
visive sarà inoltre corrisposto, in aggiunta al valore del Primo, rispettivamente, Secondo premio, un Premio acquisto in denaro, che
prevede la cessazione della proprietà dell’opera da parte del partecipante al Concorso e l’acquisizione della stessa da parte degli
Enti promotori.
L’ammontare del Premio acquisto viene stabilito nei seguenti importi per le rispettive Sezioni: € 1.000,00 per il Primo premio nella
sezione Pittura, scultura e grafica; € 500,00 per il Primo premio
della sezione Design, Arti applicate e Illustrazione (soltanto per
gli elaborati e realizzazioni in originale, escluse le riproduzioni e
le pubblicazioni a stampa); € 250,00 per il Primo premio nella sezione Fotografia. L’importo dei premi acquisto per i Secondi premi
è dimezzato rispetto al valore dei Primi premi cui si riferiscono.
Articolo 28
I premi, rispettivamente le menzioni, saranno erogati ai destinatari entro il 31 dicembre 2017, previa consegna dell’elaborato da
parte dell’autore in formato elettronico, per le opere richieste. Gli
importi dei premi si intendono al netto. I premi verranno corrisposti ai cittadini croati negli importi corrispettivi in kune. Sarà cura
degli Enti promotori provvedere alla copertura dei relativi oneri
fiscali.
fPREMIO PROMOZIONE
Articolo 29
Nell’ambito di ogni edizione del Concorso, la Commissione giudicatrice potrà proporre, a propria discrezione, un Premio promozione
destinato all’autore di un’opera ritenuta particolarmente meritevole della Categoria Premio Giovani. A decidere sull’assegnazione
del Premio promozione saranno gli Enti promotori del Concorso,
che riunitisi con i Presidenti delle Commissioni giudicatrici e preso
atto delle proposte formulate in sede di Commissione giudicatrice,
valuteranno collegialmente in merito all’assegnazione del Premio
promozione. Per ogni edizione del Concorso può essere assegnato
un solo Premio promozione.
Articolo 30
Il vincitore del Premio promozione verrà reso noto nel corso della
cerimonia di conferimento dei premi del Concorso di cui al presente Bando.
Articolo 31
Per il Premio promozione che prevede la presentazione dell’opera premiata in diverse località, saranno tenuti in considerazione i
criteri di interesse specifico di dette località. Il Premio promozione
verrà realizzato dagli Enti promotori nei termini da essi previsti.
Articolo 32
Le modalità di realizzazione del Premio promozione è definita in base alla natura dell’opera vincitrice. Per la Poesia o prosa
in lingua italiana o in uno dei dialetti della Comunità Nazionale
Italiana, Ricerca di argomento umanistico o scientifico e Teatro, il
Premio Promozione prevede la pubblicazione e la presentazione dell’opera premiata. La diffusione e promozione dell’opera
avverranno nei termini previsti dagli Enti promotori e in base
alle disposizioni relative ai contratti con l’editore. Per le Arti
visive, il Premio Promozione prevede la stampa di un catalogo
personale dell’autore premiato e l’allestimento di una mostra
itinerante.
Per opere di Cinema e Video il Premio Promozione prevede
la promozione e diffusione in modo adeguato dell’opera premiata. Per la Musica, la composizione o l’esecuzione aggiudicatasi il Premio promozione potrà venir incisa su supporto
musicale e presentata. La diffusione avverrà nei termini previsti dagli Enti promotori e in base alle disposizioni relative
ai contratti con l’Editore. Nel caso in cui l’opera premiata non
fosse quantitativamente sufficiente alla realizzazione di una
pubblicazione, di una mostra, di un prodotto musicale e/o
multimediale, l’autore, previo consenso degli Enti promotori
potrà integrare l’opera premiata con altri lavori da lui firmati
o eseguiti.
Articolo 33
La regolamentazione dei diritti d’autore relativi al Premio
promozione viene definita a parte in accordo tra il premiato,
gli Enti promotori e l’Editore ovvero il Produttore o Distributore.
fCOMMISSIONI GIUDICATRICI
Articolo 34
Le Commissioni giudicatrici sono composte da esperti scelti
pariteticamente e autonomamente dai due Enti promotori.
Ad ogni Categoria di concorso corrisponde una Commissione
giudicatrice salvo diversa disposizione degli Enti promotori.
Articolo 35
Le Commissioni giudicatrici, oltre a formulare il loro giudizio
di merito, sono tenute a verificare che le opere in concorso
rispettino le norme previste dal presente Bando di concorso
(ad eccezione delle norme previste agli Articoli 4, 5 e 6 del
presente Bando di Concorso, che saranno applicate d’ufficio
dai Servizi amministrativi dell’Unione Italiana).
Articolo 36
Le modalità particolari di lavoro, di valutazione delle opere e
audizione dei partecipanti in concorso verranno accolte autonomamente da ogni singola Commissione giudicatrice nelle
rispettive sessioni di lavoro, riportando nel verbale della Commissione giudicatrice i criteri particolari di valutazione adottati. Le Commissioni giudicatrici saranno tenute a redigere un
verbale della rispettiva sessione di lavoro, nel quale saranno
evidenziate le opere premiate e le motivazioni per l’assegnazione dei primi e dei secondi premi. Le menzioni onorevoli non
prevedono la motivazione scritta.
Articolo 37
I verdetti delle Commissioni giudicatrici sono inappellabili.
Eventuali controversie saranno risolte d’intesa tra gli Enti promotori.
Articolo 38
La partecipazione al Concorso implica l’accettazione di tutte le
disposizioni del presente regolamento.
Panorama
37
concorsi
fBANDO DI CONCORSO
PER IL PREMIO GIORNALISTICO
«PAOLO LETTIS»
Articolo 1
L’Unione Italiana, in collaborazione con l’Università Popolare di
Trieste, bandisce un Concorso per
la migliore realizzazione nel settore giornalistico della Comunità
Nazionale Italiana, in Croazia e
in Slovenia. Tale concorso rientra
nell’ambito del Concorso Istria
Nobilissima, ma come Categoria
a parte con un suo regolamento.
Articolo 2
Il premio, a scadenza annuale,
viene conferito per il miglior servizio, commento, articolo e altro
genere giornalistico, trasmissione radio o televisiva, o per una
serie di questi, pubblicati sui
giornali, alla radio o alla televisione della Comunità Nazionale
Italiana nel 2016, di particolare
interesse per la stessa e per l’affermazione sociale e professionale della categoria.
Articolo 3
Al concorso possono partecipare
tutti i giornalisti della Comunità
Nazionale Italiana in Croazia e in
Slovenia. Le proposte possono
essere avanzate dai singoli giornalisti, dalle redazioni, dalle Istituzioni e da singoli appartenenti
alla Comunità Nazionale Italiana
(lettori, radio e telespettatori).
Articolo 4
I lavori concorrenti al premio previsto dall’articolo 2, come pure
le proposte, debitamente documentate, relative al premio per
l’attività professionale complessiva, presuppongono l’invio di
6 (sei) copie, che dovranno pervenire alla Segreteria dell’Unione Italiana, via delle Pile
1/4, Fiume, entro e non oltre
il 3 aprile 2017 (fa fede il timbro postale). Sulla busta dovrà
essere riportata la scritta Premio
38
Panorama
giornalistico “Paolo Lettis”. Il materiale inviato non sarà restituito.
Nei casi diversi dall’auto candidatura, la segnalazione da parte
di terzi dovrà comprendere l’indicazione del nome del giornalista
candidato, il titolo e la data di
pubblicazione/trasmissione del
lavoro giornalistico. La mancata
osservanza delle disposizioni
del presente Bando di Concorso
comporterà l’automatica esclusione del candidato.
Articolo 5
Le proposte pervenute saranno valutate da un’apposita
Commissione giudicatrice. La
Commissione giudicatrice potrà
assegnare anche un premio per
l’attività professionale complessiva che abbia contribuito allo
sviluppo e alla promozione della Comunità Nazionale Italiana.
Il verdetto della Commissione
giudicatrice è inappellabile.
Eventuali controversie saranno
risolte d’intesa tra gli Enti promotori.
Articolo 6
Il premio giornalistico consta di
€ 1.500,00. Il premio per l’attività professionale complessiva
consta di € 2.000,00. I premi si
intendono al netto e saranno
corrisposti rispettivamente in
Kune ai cittadini croati ed in euro
ai cittadini sloveni. Sarà cura
degli Enti promotori provvedere
alla copertura dei relativi oneri
fiscali.
Articolo 7
I nomi dei vincitori saranno resi
noti nel corso della cerimonia
di conferimento dei premi del
Concorso Istria Nobilissima che
sarà organizzata nei tempi e
nelle modalità previste dagli Enti
promotori.
Progetti per la conservazione
e lo sviluppo del patrimonio
culturale e linguistico italiano
nei Paesi dell’ex Jugoslavia
P
er la prima volta nella sua storia – o meglio
dal 1964, da quando è diventata il “braccio
operativo” della Farnesina negli affari legati
alla minoranza italiana dell’allora Jugoslavia –, l’Università popolare di Trieste lancia
un Bando per l’esecuzione dei progetti finanziati dalla
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia volti a promuovere la conservazione e lo sviluppo del patrimonio culturale e linguistico del gruppo etnico italiano dell’Istroquarnerino, della Dalmazia, del Montenegro, della
Slavonia e della Bosnia ed Erzegovina e i rapporti dello stesso gruppo con la nazione italiana.
Dunque, proposte progettuali e non più finanziamenti
“a pioggia”, come rileva il presidente dell’ente morale
triestino, Fabrizio Somma. “È un passo importante verso la massima trasparenza nella valutazione e selezione
delle iniziative, in linea con il regolamento della Regione Friuli Venezia Giulia, con la cui Direzione Centrale
Cultura, Sport e Solidarietà abbiamo condiviso il percorso per la redazione del bando”, spiega Somma, citando
l’articolo 27 bis della Legge Regionale 11 agosto 2014.
“Un percorso – aggiunge – iniziato con la Convenzione
sottoscritta dalla Regione FVG e dall’Ente lo scorso 14
giugno e che delega all’Università Popolare di Trieste
l’esercizio delle funzioni amministrative relative agli
interventi contributivi”.
Il sostegno finanziario da parte dell’Amministrazione
regionale – si legge nel bando (disponibile sul sito
dell’Università Popolare di Trieste all’indirizzo www.
unipoptrieste.it) – comporterà per l’anno 2017 un ammontare complessivo di Euro 510.000,00 (al netto delle
spese di gestione), finalizzato al funzionamento e allo
sviluppo di interventi promossi dall’Upt e volti principalmente alle seguenti attività progettuali: grandi
eventi artistici culturali e socio-economici; concessione di borse di studio e di borse-libro; fornitura di libri,
giornali, periodici, mezzi e materiali audiovisivi, sussidi
didattici; organizzazione di corsi, seminari, congressi, convegni e conferenze; organizzazione di viaggi di
istruzione e di studio; rappresentazione e scambio di
spettacoli musicali, di prosa e folcloristici; proiezione
di film e documentari; organizzazione di mostre d’arte;
concessione di premi per l’arte e la cultura; pubblicazione di opere, saggi, studi; messa a disposizione in rete
del materiale documentale concernente le attività di
studio e gli interventi proposti; ogni altra utile iniziativa
per lo sviluppo del gruppo etnico italiano nei dei Paesi
della ex Jugoslavia e per la tutela del suo patrimonio
culturale e linguistico.
Contributi della Regione FVG
le candidature entro il 15 febbraio
fGestione di competenza UPT
I soggetti interessati a partecipare al bando per i contributi
erogati per le iniziative culturali a favore delle comunità
italiane dovranno presentare domande entro il termine
improrogabile del 15 febbraio 2017, indirizzandole alla
commissione giudicatrice che sarà nominata dall’ente
morale di piazza Ponterosso 6, e la valutazione delle
stesse sarà a cura di una Commissione indetta dall’UPT
sulla base di una serie di precisi criteri, come ad esempio
la qualità delle proposte culturali e il grado di innovatività
delle stesse, la rilevanza territoriale, l’ottimizzazione delle
risorse, nonché la spesa storica su finanziamenti regionali
destinata ai singoli soggetti rappresentativi. Sarà compito dell’UPT stipulare poi delle specifiche convezioni con i
diversi soggetti destinatari dei finanziamenti, nelle quali
saranno indicati l’ammontare dell’incentivo, le attività
previste ed eventuali vincoli di rendicontazione.
La Legge regionale n. 16 dell’11 agosto 2014 disciplina
il sostegno alle iniziative culturali riguardanti l’Adriatico
orientale in due passi. Il primo è contemplato all’articolo 27 e parla di contributi alle associazioni degli esuli
istriano-fiumano-dalmati per l’organizzazione e la
gestione di manifestazioni, attività culturali e didattiche, progetti che hanno come fine la conservazione e
la valorizzazione della cultura e delle tradizioni italiane dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, nonché della
memoria e della testimonianza storica. Il secondo è
contenuto nell’articolo 27 bis e fa specifico riferimento
all’UPT. In esso si afferma che la Regione FVG concorre
con lo Stato “a promuovere la conservazione e lo sviluppo del patrimonio culturale e linguistico del gruppo
etnico italiano dei Paesi dell’ex Jugoslavia, e i rapporti
dello stesso gruppo con la nazione italiana, e a tal fine
concorre a sostenere le attività svolte dall’Università
popolare di Trieste a sostegno di particolari e qualificati
progetti da attuarsi nell’ambito dei rapporti culturali
con tale gruppo etnico”.
L’Unione Italiana è citata, indirettamente, al comma 3, che
autorizza “un finanziamento annuale per il funzionamento e lo sviluppo delle attività dei soggetti rappresentativi
del gruppo etnico italiano dei Paesi dell’ex Jugoslavia (l’accordo italo-croato del 1996 riconosce la personalità giuridica dell’UI quale unica organizzazione rappresentantativa della Comunità nazionale italiana, ndr). A tale scopo
la Regione è autorizzata a delegare all’UPT “l’esercizio di
funzioni amministrative relative agli interventi contributivi a favore dei soggetti rappresentativi del gruppo etnico
italiano dei Paesi dell’ex Jugoslavia”.
FABRIZIO
SOMMA:
«Solo proposte
progettuali e
non interventi “a
pioggia”, all’insegna
della massima
trasparenza nella
valutazione e
selezione delle
iniziative»
La precedente normativa (vedi Legge regionale n. 70
del 21 luglio 1978) concedeva contributi all’Università
popolare di Trieste “per concorrere, fra l’altro, a sostenere la sua attività volta a favorire la conservazione e
lo sviluppo del patrimonio culturale e linguistico del
gruppo etnico italiano in Jugoslavia e i rapporti dello
stesso gruppo con la nazione italiana”. Gli interventi
erano coordinati dall’UPT e da questa predisposti in accordo con l’Assessorato dell’Istruzione, della Formazione professionale e delle Attività culturali (da sottoporre
all’approvazione dalla Giunta regionale su proposta del
competente assessore.
Panorama
39
salute
Natale e Capodanno sono
ufficialmente passati e oltre a
ricordi sereni di tempo passato
in buona compagnia, lasciano
sempre qualche chilo in più e
quella fastidiosa sensazione di
pesantezza, da sconfiggere con una
sana dieta disintossicante
a cura di Nerea Bulva
F
inite le feste, assieme
ai doni, certamente
Babbo Natale ci avrà
portato qualche chilo
di troppo. Ritrovare la
forma perduta è una priorità per
la nostra salute prim’ancora che
per il nostro ego. Le abbuffate
natalizie non hanno compromesso solo la nostra linea, ma hanno
anche contribuito ad affaticare il
nostro organismo che, a questo
punto, ha bisogno anche di disintossicarsi.
Come prima cosa occhio agli
“avanzi”: tanto apprezzati durante i giorni scorsi, i dolci e i piatti
sopravvissuti alle feste potrebbero rappresentare una minaccia ai
buoni propositi. Meglio evitare
qualsiasi tentazione.
fDepurarsi con acqua
e cereali
Per dare una mano all’organismo
a liberarsi dalle scorie accumulate nei giorni scorsi, basta aggiungere alla dieta quotidiana
qualche alimento disintossicante. Provate con cereali integrali,
fibre e vitamine: vi aiuteranno a
purificare il corpo in modo naturale, recuperando così una sana
condizione. Un supporto in questa azione può arrivare anche dai
liquidi: oltre all’acqua, aggiungete anche del tè verde o, se prefe40
Panorama
rite, le tisane depurative, magari
senza zucchero.
Bisogna poi ricalibrare la nostra
alimentazione, limitando più che
mai l’uso di grassi, soprattutto dei
grassi saturi (quelli che a temperatura ambiente si presentano solidi, come ad esempio il burro) e
soprattutto se di origine animale
(lardo, strutto), ma tenendo alla
larga anche fritture e prodotti
dolciari, particolarmente ricchi in
lipidi e zuccheri semplici. Limitiamo le bevande particolarmente
zuccherate, e quindi caloriche, ed
anche l’abuso di alcool.
fEvitiamo il digiuno
Dite la verità: ci avevate pensato! Sono in molti a credere che
per compensare le abbuffate,
basti sottoporsi ad un periodo
di ferreo digiuno. Niente di più
sbagliato. Gli esperti consigliano
di riportare il fisico a regimi alimentari corretti, utilizzando un
approccio graduale con una dieta
ricca ed equilibrata, evitando accuratamente grassi, dolci e fritti.
fLargo a frutta
e verdura
Frutta, verdura e legumi dovrebbero divenire gli alimenti maggiormente ricercati, per le loro proprietà nutrizionali e detossificanti.
Senza dimenticare l’importanza
dell’apporto vitaminico fornito, che
aiuta non poco il nostro sistema
immunitario, impegnato in questi
mesi più che mai, a difenderci dalle
malattie da raffreddamento tipiche
del periodo invernale.
fMuoviamoci di più!
Chi ha uno stile di vita all’insegna dello sport e del movimento
sarà maggiormente avvantaggiato, per un duplice aspetto. Avrà
“incassato” meglio i duri colpi inferti alla linea da torrone e lasagne e, oltre ad essere aumentato
di peso relativamente poco, non
farà fatica a smaltire rapidamente qualche centimetro di troppo,
continuando semplicemente con
una sana e consolidata abitudine.
Per chi invece svolge una vita
sedentaria, sarà il momento più
opportuno per intraprendere
una pratica sportiva. L’impegno
iniziale dovrà essere modesto ma
costante. Il vostro corpo ringra-
Finite le feste
rimettiamoci in forma!
zierà, e tutto l’organismo ne trarrà beneficio. Se il freddo non vi
fa paura, niente è più efficace e
salutare della corsa, magari su un
fondo di terra battuta, e comunque evitando per quanto possibile l’asfalto. La corsa è l’attività
più naturale per l’uomo, unica
nel farci ritrovare la forma fisica,
non richiede iscrizioni in strutture apposite, ne costringe a rigidi orari, si può praticare da soli o
in compagnia. Ha innumerevoli
vantaggi di ordine pratico ed è
estremamente salutare.
Largo spazio anche a tutte le altre discipline aerobiche, e quindi ottime attività per conseguire
il nostro scopo sono: il ciclismo,
lo sci di fondo, il nuoto, il canottaggio. La pratica costante ci farà tornare in forma e ci
aiuterà a prevenire l’obesità, il
diabete, l’ipertensione e anche
malanni di stagione, per l’effetto benefico dell’attività motoria
sul sistema immunitario. Se tutto questo non è ancora bastato a
convincervi, forse lo farà sapere
che, appena 4 km al giorno, riducono di oltre il 40% il rischio
d’infarto e vi aiuteranno ritrovare la linea perfetta.
Ben vengano i periodi di riposo e
libagione ma, trascorsi i fasti del
Natale e del capodanno, scrolliamoci di dosso la pigrizia e riprendiamo le sane vecchie abitudini. Trasgredire a tavola ha più
gusto, e comporta meno rischi,
quando normalmente si segue la
retta via.
Panorama
41
ricerca
L’
invecchiamento è un processo
progressivo e irreversibile ma,
nonostante tutto, l’uomo ha
sempre cercato diversi modi per
poterlo contrastare, o almeno
nasconderne i segni più evidenti: si è prima fatto ricorso alla cosmetica e poi
alla chirurgia per poter correggere rughe e
inestetismi tipici dell’avanzare dell’età. Eppure sembrerebbe che sia possibile invertire un
processo finora considerato irreversibile grazie a importanti risultati ottenuti da un team
di ricercatori della California che sono, infatti,
riusciti a far “ringiovanire” alcune cellule di
topi in laboratorio, che hanno quindi riacquistato alcune importanti funzionalità allungando la loro vita del 30%. È quanto emerge
da uno studio condotto dal Salk Institute for
Biological Studies. È la prima volta che si dimostra che il processo di invecchiamento non
ha un’unica direzione e che potrebbe essere
reversibile.
fCocktail di quattro geni
Nell’esperimento i ricercatori hanno utilizzato
una versione “ridotta” della tecnica introdotta
nel 2006 dal giapponese Shinya Yamanaka.
Quest’ultima ha dimostrato come far tornare
“bambine” le cellule adulte grazie a un cocktail
di quattro geni, chiamati Oct-3/4, Sox2, c-Myc,
e Klf4. Le cellule così ottenute sono pluripotenti, ossia capaci di seguire diverse direzioni nello
sviluppo, e vengono pertanto chiamate cellule
ccIl passo verso un’eventuale sperimentazione di
questa tecnica nell’uomo non sarà breve
42
Panorama
staminali pluripotenti indotte (Ips). La tecnica
prevede che le cellule adulte siano immerse
nel cocktail di geni per circa tre settimane. Per
applicarla su animali vivi gli scienziati del Salk
Institute hanno deciso di prendere una “scorciatoia”, abbreviando i tempi da tre settimane a soli
quattro giorni.
fI rischi
L’obiettivo non era infatti riportare le cellule dei
topi anziani ad essere nuovamente bambine,
ma farle ringiovanire “solo un po’”, cioè quanto
basta per garantire una buona salute. Un’impresa non facile, considerando che uno dei rischi
maggiori di questa stimolazione delle cellule in
animali vivi è la formazione di tumori. Per questo motivo il gruppo californiano ha integrato il
cocktail di geni con un antibiotico a largo spettro,
nella giusta quantità per impedire la formazione
di tumori senza altri effetti collaterali.
fI test sulle cellule
È bastato
«riprogrammare» le
cellule dei roditori per
allungare la loro vita
del 30%. La tecnica
funziona anche su
campioni umani
Il primo passo è stato quello di sperimentare la
tecnica su colture di cellule umane e di topo. Il
risultato? Tutte sono “ringiovanite”, nel senso
che le disfunzioni molecolari associate all’età si
sono ridotte. Incoraggiati da questo risultato, gli
studiosi hanno somministrato la stessa terapia a
topi vivi, utilizzati come modello dell’invecchiamento precoce. Gli animali erano stati infatti
modificati in modo da avere una malattia genetica rara chiamata progeria.
Topi anz
grazie a
ziani ringiovaniscono
a una terapia genica
fProve su topi anziani
può intervenire”, ha aggiunto.
Nei topi anziani è stato iniettato quindi il cocktail di geni in modo da far regredire le cellule nel tempo, ma in modo parziale, assieme
all’antibiotico. I ricercatori hanno osservato così
che negli animali sono migliorate le condizioni
del sistema cardiovascolare, così come quelle
di pancreas e muscoli. Non sono comparsi tumori e in generale la loro vita si è allungata del
30%, ossia da una media di 18 mesi a 24 mesi.
Nonostante il successo, il passo verso un’eventuale sperimentazione di questa tecnica
nell’uomo non sarà breve. “I topi non sono
esseri umani e sappiamo che sarà molto più
complesso ringiovanire una persona”, ha rilevato Juan Carlos Izpisua Belmonte, coordinatore della ricerca. “Ma lo studio dimostra che, a
differenza di quanto si riteneva finora, l’invecchiamento è un processo ‘plastico’, sul quale si
fPerché invecchiamo?
Il processo di invecchiamento è un fenomeno
fisiologico che ci accompagna dalla nascita
fino alla morte, ed è sostanzialmente simile
in tutti gli esseri viventi, pertanto è chiaro che
le componenti genetiche giochino un ruolo
fondamentale in questo processo. Nel caso
dell’uomo, inoltre, appaiono importanti anche
fattori ambientali, come l’esposizione prolungata a sostanza tossiche o anche la facilità di
accesso a cure mediche. Si tratta di elementi
che spiegano le differenze dell’aspettativa di
vita nei diversi paesi del mondo, aspetti che
esulano dalla componente genetica comune a
tutti gli esseri umani.
In ogni istante della nostra vita, all’interno del
corpo avvengono migliaia di reazioni chimiche
che rilasciano radicali liberi dell’ossigeno, i cosiddetti ROS che sono tra i principali responsabili del danno al DNA e che innesca poi il processo di invecchiamento. È necessario, quindi,
l’intervento continuo di geni e molecole proteiche per riparare il danno al DNA e garantire
la corretta funzionalità delle cellule. Una delle
proteine impegnate in questo processo è la
sirtuin, che è in grado di attivare o silenziare
l’espressione di determinati geni in base alle
esigenze della cellula, ma soprattutto può
intervenire sui danni del DNA. Negli anziani, i
danni al DNA aumentano e quindi aumentano
anche gli interventi di sirtuin, che essendo impegnata nella riparazione dei danni, non provvede alla sua funzione di regolazione genica.
In conclusione, secondo gli studiosi, un metodo per arrestare l’invecchiamento potrebbe
essere quello di aumentare i livello di sirtuin
all’interno delle cellule.
Panorama
43
astronomia
P
ensare di dare un nome
a tutte le stelle del cielo
è un compito improbo,
un po’ come contare
i granelli di sabbia di
una spiaggia, ma da
qualche parte bisogna pure cominciare. Per questo motivo l’Unione
Astronomica Internazionale (IAU),
il massimo organismo mondiale dell’astronomia, ha istituito una
apposita commissione, il Working
Group on Star Names (WGSN,
gruppo di lavoro sui nomi delle stelle). Il primo risultato del lavoro dei
suoi otto membri, tutti importanti
scienziati, assurti al ruolo di semidèi (perché possono decidere per
sempre che cosa sta in cielo e cosa
no), è una lista di 227 nomi ufficiali
(al momento in cui scriviamo).
Fomalhaut o
Fomal’khaut?
Deneb, Gallina o
HIP 102098? Un
gruppo di lavoro
dell’Unione
Astronomica
Internazionale fa
ordine tra nomi
antichi e indica
criteri per quelli
nuovi
fDecidiamoci
Nessuno però vuole sconvolgere
l’ordine della volta stellata, che deriva da millenni di tradizioni. Lo scopo è quello di ufficializzare i nomi
delle stelle già in uso o di scegliere,
tra le alternative che lo stesso astro
ha in base a tradizioni differenti,
quella che potrà (e dovrebbe) essere usata senza il pericolo di fraintendimenti. In più, il WGSN deve
sancire quale sia la dizione corretta
tra le diverse più o meno in uso: per
esempio, la stella più brillante del
Pesce Australe, Fomalhaut, è stata
indicata in passato anche come Fomahandt, Fomahant, Fomal’gaut,
Fomal’khaut e altre varianti.
Così, in questo primo elenco troviamo stelle superfamose come Sirio
(nel Cane Maggiore, la più brillante
del cielo) e Proxima Centauri, la più
vicina a noi (attorno alla quale è stato di recente trovato un pianeta), e
anche la splendente Deneb (Cigno),
Castore e Polluce, i due gemelli celesti, e gli astri più brillanti di Orione:
Betelgeuse, Bellatrix e Rigel. E anche stelle meno note, come Tegmine (nel Cancro), Kurhah (Cefeo) o
Ankaa (Fenice). Nella lista c’è anche
la stella Polare, che d’ora in avanti
dovremo abituarci a chiamare Po44
Panorama
Carta celeste Hemisphaerii borealis coeli 
et terrae sphaerica scenographia, Johannes Janssonius, Olanda 1660
Aperta l’anagr
più di 200 già
laris, come già fanno gli anglosassoni. Sottolinea Piero Benvenuti,
astronomo all’Università di Padova
e Segretario generale IAU: “Non abbiamo inventato nomi nuovi, abbiamo solo reso ufficiali quelli che da
tempo immemorabile astronomi di
varie tradizioni e civiltà avevano assegnato alle stelle più luminose”.
fLettere e genitivi
Nel corso dei secoli, battezzare le
stelle è sempre stato un problema.
Quelle più luminose hanno a poco a
poco assunto nomi propri, ma spesso la stessa stella aveva più nomi,
appunto a seconda delle tradizioni e
dei popoli: Deneb, nel Cigno, a vol-
le stelle di una costellazione, anche
solo quelle visibili a occhio nudo,
spesso molte di più.
fE poi le sigle
rafe delle stelle
registrate
te è comparsa anche sotto le spoglie
di Arided, Aridif, Gallina, Arrioph.
Nel 1603, il tedesco Johann Bayer,
avvocato e cartografo, propose un
nuovo metodo di nomenclatura:
per ogni costellazione, andando in
ordine di luminosità decrescente,
le stelle erano indicate con le lettere dell’alfabeto greco e il genitivo
latino della costellazione stessa.
Per esempio, Deneb è anche Alfa
Cygni (Alfa, quindi la stella più
brillante, del Cigno), Bellatrix è
Gamma Orionis, Algol è Beta Persei e così via. Il sistema di Bayer,
ancora oggi in uso, presenta però
dei problemi: il principale è che le
lettere greche sono solo 24, mentre
Più recentemente, con l’avvento di
telescopi sempre più potenti, il numero delle stelle osservabili è salito
in modo esponenziale e il catalogo
si è rapidamente riempito di numeri
e sigle: soluzione pratica, ma decisamente poco evocativa. Per esempio,
restando sempre su Deneb, negli
articoli scientifici può comparire
come HR 7924, BD +44°3541, HD
197345, SAO 49941, HIP 102098
e altre varianti. Queste sigle non
saranno abolite, ma se una stella si
trova nella lista definitiva dalla IAU,
la raccomandazione è che sia indicata con il suo nome proprio.
Nel suo documento sulle linee guida
utilizzate per la nomenclatura stellare, la IAU ricorda i criteri utilizzati per questo lavoro: per esempio,
che i nomi non siano offensivi, che
siano pronunciabili almeno in alcune lingue, che possibilmente siano
brevi e, soprattutto, che preservino
il patrimonio culturale della storia
dell’astronomia. Vietati i nomi di
animali domestici o di natura commerciale (per fortuna), e vietati anche i nomi di persone, tranne alcuni
rarissimi casi storici che sono stati
mantenuti: è il caso, per esempio,
delle stelle Sualocin e Rotanev (rispettivamente Alfa e Beta della costellazione del Cigno). I due nomi,
attribuiti nel 1814, sono la versione
latinizzata e scritta al contrario di
Nicolò Cacciatore (Nicolaus Venator), assistente dell’astronomo Giuseppe Piazzi.
Il lavoro del Working Group on
Star Names continuerà analizzando
stelle via via più deboli, presumibilmente per molto, molto tempo,
considerato che il telescopio spaziale Gaia (ESA), che sta compilando
la più completa mappa 3D del cielo mai realizzata, ha già catalogato
oltre un miliardo di oggetti celesti,
la maggior parte dei quali sono proprio stelle.
Panorama
45
comportamento
Ecco le dritte
che ci aiutano
a migliorare la
qualità della vita
S
econdo le neuroscienze la tendenza a
lamentarsi influenza
negativamente l’ippocampo, inibendo
la capacità di trovare
soluzioni ai problemi. Persone
disfattiste, talk show e telegiornali allarmisti possono peggiorare i
problemi di ansia e creare uno stato di allerta continuo, offuscando
la nostra capacità di reagire agli
eventi a causa di una visione eccessivamente pessimista. Ecco le
dritte per cambiare atteggiamento
e dare una svolta alla tua vita.
fChe cosa leggi?
Scegli con attenzione le fonti d’informazione. Evita di dare ascolto
(e peso!) a un’unica prospettiva e
impara a cercare il confronto. Visita siti stranieri, sintonizzati sui
canali televisivi di altri Paesi: ti
permetterà di fare esercizio sviluppando le capacità linguistiche.
Inoltre, aumentare il senso critico
aiuta a costruire una visione più
equilibrata e ampia, in grado di accogliere voci diverse.
fAl lavoro
Al lavoro è normale venire a contatto con persone completamente
diverse dal nostro modo di essere.
Hai a che fare con un capo ansioso
o una collega che ti assilla? Impara
a dare fiducia all’altro senza cadere vittima delle ossessioni altrui.
Concentrati, sii un professionista
affidabile e calmo: la tua serenità
si trasmetterà agli altri, ma soprattutto, costituirà una forza in grado
di guidarti in ogni momento della
giornata.
46
Panorama
Vuoi essere
felice? Smetti
di lamentarti
fI tuoi amici
Abbi il coraggio di scegliere le
persone che desideri veramente
nella tua vita. Circondati di personalità positive, in grado di trasmettere entusiasmo, comprensione e passione per la vita. Chi
trascorre la vita a lamentarsi, fare
pettegolezzi e concentrarsi sugli eventi negativi getta sulle tue
spalle una sensazione di pesantezza e malumore: prendi distanza da
chi ha l’abitudine di fare gossip e
malignare, impara a guardare con
gioia ai successi degli altri.
fPaura di fallire
L’invidia nasconde il senso di
inadeguatezza verso se stessi.
Inizia a nutrire la tua autostima
con ciò che fa crescere la tua
ispirazione: ogni persona ha
risorse e competenze diverse,
individua le tue e punta su
ciò che ti rende diverso dagli altri. Ti senti insicuro e
facile al fallimento? La tendenza al controllo e il perfezionismo spesso avvelenano
la spontaneità autentica: impara a
ridere dei tuoi errori, rialzati con
grazia e abbi il coraggio di osare.
A prescindere dai risultati!
fAgisci sui pensieri
Il vero successo non è avere fortu-
na o riuscire immediatamente nei
propri obiettivi, bensì la capacità
di tener fede a ciò in cui si crede.
Acquista un taccuino speciale da
tenere in borsa dove annotare i
momenti di difficoltà, gli eventi della giornata, le tue risposte
alle diverse situazioni. Tenere un
diario è terapeutico: nel tempo ti
insegnerà a prendere coscienza
delle tue emozioni profonde, discriminando i pensieri funzionali
dalle convinzioni che ci allontanano dalla felicità.
fIn famiglia
Ascoltare meno… ogni tanto fa
bene! In famiglia è normale avere persone con cui ci si sente in
maggior sintonia e altre con cui,
chissà perché, si finisce sempre
per litigare. Evita di cedere alle
provocazioni di una discussione
accesa: quando chi abbiamo di
fronte dimostra un atteggiamento
polemico, non c’è posto per uno
scambio di idee autentico. Evita di
dare ascolto alle frecciatine o cedere alla battuta che ha il potere di
darti sui nervi: aiuterà la pace in
famiglia e ti permetterà di lasciar
perdere quello che non ti interessa, usando meglio il tuo tempo.
La sfida? Concentrati su ciò che
smuove il tuo entusiasmo, porta
nella tua vita più creatività e ispirazione, coltiva un atteggiamento
costruttivo.
Panorama
47
ambiente
Non tutti lo sanno, ma molte varietà botaniche hanno la capacità di purifi
Soluzioni verdi pe
L’
inquinamento domestico è ancora
oggi un problema
troppo sottovalutato, soprattutto se
consideriamo che la popolazione mondiale trascorre la maggior parte del proprio tempo in
ambienti chiusi addirittura più
inquinati di quelli esterni, dove
si nascondono pericolose sostanze chimiche che provocano
varie patologie. Benzene, xylene, formaldeide, ammoniaca,
tricloroetilene sono i nomi di
alcune di quelle più nocive, che
circolano ogni giorno nell’aria
che respiriamo.
Gli effetti nocivi sulla salute dipendono da alcuni fattori, quali
la forma di queste sostanze, le
loro quantità e il modo e la durata dell’esposizione. Introdotte
nelle nostre case tramite il riscaldamento e l’aria condizionata,
l’utilizzo di apparecchi elettrici
ed elettronici, spray, vernici,
detergenti e altri prodotti chimici, si sprigionano anche dal
semplice fumo di sigarette, candele, fornelli o camini, ma anche da smacchiatori, insetticidi,
vernici, collanti, disinfettanti,
ammoniache, formaldeide. In
vari studi condotti già dalla fine
degli anni ’80, la NASA – mentre stavano studiando come ricreare un ambiente ideale per
gli astronauti sui mezzi spaziali
– ha identificato tutta una serie
di piante da appartamento ed
interni che purificano l’aria, grazie alla loro capacità di eliminare tossine e agenti inquinanti. Il
segreto, per chi non ha il pollice
verde, è scegliere solo varietà
botaniche che richiedano poca
manutenzione e che sono:
48
Panorama
ccFICUS BENJAMIN questa pianta è un grande classico.
Quasi tutti, infatti, ne hanno avuto
uno in salotto e con grande piacere
per gli occhi considerando che si
tratta di una pianta davvero decorativa. Il Ficus filtra, in particolar
modo, la formaldeide presente sui
tappeti o nei mobili e il benzene,
purtroppo onnipresente. Necessita
di luce, dunque va posizionata in
una zona luminosa della casa e
annaffiata regolarmente. È molto
diffuso e, dunque, facilmente
reperibile in qualsiasi garden
ccPOTHOS - si tratta di una pianta molto bella
poiché dotata di foglie che ricadono dolcemente ai
suoi lati. L’effetto depurativo si ottiene soprattutto
sulla formaldeide che, d’altronde, è anche il maggiore
inquinante (insieme al benzene) degli appartamenti.
Per sopravvivere e crescere rigogliosa questa pianta
non necessita di particolari cure e neppure di una casa
molto luminosa. Le sono, infatti, sufficienti un po’ di
penombra e un’innaffiatura regolare (resiste anche alle
saltuarie dimenticanze). La camera da letto è un posto
ideale per questa pianta in quanto emette ossigeno di
notte e riduce l’elettrosmog
ficare l’aria della vostra casa agendo come veri e propri filtri depuratori
er respirare meglio
ccALOE VERA - è un’enorme risorsa per tutta la famiglia
innanzitutto perchè funziona
da depuratore naturale filtrando formaldeide e benzene
molto efficacemente. Ma non
solo... Come sappiamo, le
foglie di aloe contengono una
sostanza gelatinosa e un succo
in grado di agire come lenitivi e
cicatrizzanti su ferite, scottature
ed escoriazioni. Tenere una
pianta di aloe vicino alla cucina è un’idea furba per avere
sempre a portata di mano
una farmacia contro i piccoli
inconvenienti domestici
ccEDERA - riesce a purificare l’aria
in modo incredibile! È perfetta sia per
arredare pareti e pensiline del giardino
che per allestire un angolo verde in
casa. Riesce ad inibire la formaldeide
presente in molti prodotti per la
pulizia della casa. Inoltre sembra che
sia in grado di ridurre la diffusione di
particelle inquinanti trasmesse con le
feci degli animali domestici. Cresce
bene anche all’ombra e non necessita
di particolari cure
ccGERBERA - fa fiori splendidi e
colorati, è una pianta che depura l’aria
di casa da diverse sostanze tossiche,
con particolare menzione per la trielina.
Quest’ultima è, spesso, presente nelle
stanze dove vengono lavati i capi, dove
vi sono armadi e nei luoghi in cui si stira
Panorama
49
scienza
Fusi orari addio:
dal 2018 un unico
tempo universale!?
M
ai più lancette dell’orologio
diverse a seconda del meridiano: dagli Usa arriva una
proposta dal sapore rivoluzionario che consiste nell’abolire i fusi orari del mondo.
Tutti i Paesi in qualsiasi longitudine avrebbero
la stessa ora. L’idea appartiene a due studiosi,
l’economista Steve Hanke e l’astrofisico Dick
Henry, che hanno lanciato la proposta di un
50
Panorama
calendario universale ritenendo che il mondo
ne trarrebbe enormi vantaggi.
Alcuni anni fa Hanke, economista, e Henry,
professore di fisica e astronomia, collaborarono per proporre un nuovo calendario progettato per risolvere le inefficienze di quello attuale.
Il piano è stato soprannominato “Hanke-Henry
Permanent Calendar”. I due scienziati ebbero
poi un’altra idea per risolvere il caos causato
dai fusi orari. Una soluzione semplice: invece di
regolamentare una serie di fusi orari in tutto il
mondo, basterebbe distruggere quelli esistenti
utilizzando tutti un grande Tempo Universale:
se a Roma sono le 7, è così in tutto il mondo.
“Ovunque tu sia, il tempo è lo stesso” spiegano.
Secondo Richard bisogna ripartire da capo
con un anno di 364 giorni (divisibili perfettamente per 7). Otto mesi sono da 30 giorni,
quattro mesi sono da 31. Ogni 3 mesi da 30
giorni c’è un mese da 31. Ogni 5 o 6 anni si
Abbiamo fatto così tanta
confusione, negli anni, che due
studiosi propongono di abolirli
e vivere tutti sulla stessa ora
aggiunge un’intera settimana a inizio anno
(la Xtr o extra-week) per compensare l’anno
solare, fatto di 365,2422 giorni.
Anche se può in ultima analisi semplificare
la nostra vita, il concetto richiederebbe alcuni grandi cambiamenti nel nostro modo di
pensare il tempo. Gli orologi sarebbero basati
sul Coordinated Universal Time (il successore
del Greenwich Mean Time) ma le persone
dovrebbero cambiare il loro modo di considerare gli orari. A Washington, ad esempio,
bisognerà abituarsi a vedere l’alba mezzogiorno e cenare all’una del mattino.
fI tentativi dei governi
In tutto il mondo i fusi orari sono controversi:
gli spagnoli sono costantemente stanchi perché a loro dire sono nel fuso orario sbagliato. E
il Nepal è l’unico paese al mondo ad avere un
fuso orario di 45 minuti oltre l’ora (5 ore e 45
minuti sull’UTC). Alcuni governi poi dispongono dei fusi orari a piacimento: il leader della Corea del Nord ha deciso autonomamente
di imporre uno spostamento delle lancette
di 30 minuti inventandosi il “mezzo” fuso di
Pyongyang per differenziarsi da Seul. Idem
per il presidente venezuelano Hugo Chávez,
che cambiò l’ora all’improvviso per raggirare
gli imperialisti americani. Nel passato si ricorda l’esempio della Spagna franchista che
volle annettersi al fuso orario della Francia tedeschizzata durante la Seconda Guerra Mondiale per simpatizzare con il regime nazista.
fLa storia
Proposto e imposto nel 1884 dalla cosiddetta
commissione di Washington, l’Utc (il Tempo
Coordinato Universale) divide la superficie
terrestre in 24 spicchi corrispondente ciascuno a un’orario fino a 12 ore avanti o indietro
rispetto al meridiano zero posto per convenzione in corrispondenza del Royal Greenwich
Observatory alla periferia orientale di Londra. In teoria a ogni meridiano dovrebbe corrispondere lo stesso orario, ma se guardate
la mappa dei fusi vi accorgerete che ci sono
molte deviazioni, curve, enclave, anomalie.
Molti Paesi, pur molto estesi e quindi “sdraiati” su più meridiani, hanno infatti deciso per
comodità di avere un solo fuso: il più impor-
tante è la Cina. E la gigantesca Russia ha più
fusi orari (11) ma da confini assai fantasiosi.
fInconvenienti e...
vantaggi?
Con un calendario universale ci sarebbe qualche inconveniente e bisognerebbe cambiare
le nostre abitudini. Tutti gli orologi segnerebbero mezzogiorno, ma in alcuni territori
del pianeta si mangerebbe, in altri si lavorerebbe e in altri ancora si dormirebbe.
Una volta presa l’abitudine, secondo gli ideatori ci sarebbe un mucchio di vantaggi. “Tutte
le compagnie aeree - svelano i due - usano
già oggi il tempo universale per non far
scontrare gli aerei”. Vantaggi che sarebbero
anche economici (ma loro non quantificano).
In fondo se le stagioni sono un’opinione e da
noi a luglio si va al mare e in Argentina a sciare, perché non può diventarlo anche l’orario?
Chissà se la loro idea potrà in futuro diventare realtà... Per adesso di certo c’è solo la data
entro cui secondo Hanke ed Henry dovrebbe
entrare in vigore il sistema: il 1° gennaio
2018. Sì, ma a che ora?
Panorama
51
innovazioni
3D World A
il primo Parco tematico
I
n provincia di Udine, a Feletto Umberto,
comune di Tavagnacco, il futuro è già arrivato. Il 26 novembre scorso ha aperto
infatti i battenti 3D World Arena, il primo
parco tematico al mondo dedicato alla
Hyper Reality. Dietro questa grande e innovativa avventura c’è la giovane Startup italiana SNR S.r.l. nata dall’idea di Massimiliano
Soresini, programmatore informatico con 14
anni di esperienza nel campo della robotica
industriale, e composta da diversi imprenditori che hanno creduto nell’iniziativa.
fL’immaginazione
approda
nel quotidiano
Entrando nelle varie attrazioni del centro,
l’ambiente generato dal computer si fonde
con quello fisico. “In 3DWA, se mi avvicino a
una finestra virtuale e la apro” racconta Soresini, “sento lo spiffero d’aria fredda o calda
che entra”. Grazie a speciali sensori e attuatori, le attrazioni in Hyper Reality di 3DWA ci
fanno muovere fisicamente all’interno dello
spazio simulato. Si tratta di una mobilità del
tutto immersiva che “consente di correre,
camminare, saltare, sedersi e interagire con
cose e persone. Non è un semplice video a
360°, ma un mondo virtuale a tutti gli effetti”.
fTante esperienze
immersive disponibili
“Oltre ad aver contestualizzato la Hyper Reality” continua Soresini, “utilizziamo da un
lato simulatori classici 7D con gli occhialini
e dall’altro dispositivi con visori che riproducono viaggi sulle montagne russe, voli su un
deltaplano, corse automobilistiche e tragitti
in canoa sul Colorado River nel Grand Canyon”. Non solo, ma “ci sono postazioni di 3x3
metri in cui, armati di katane, pistole o archi
con frecce laser, diamo battaglia ai robot”.
Non finisce qui perché, come racconta Soresini, “abbiamo altre postazioni di esplorazione e combattimento che sfruttano vere
piattaforme mobili. Qui il giocatore, grazie a
una speciale imbragatura, può camminare,
correre e saltare pur rimanendo nello stesso
punto”.
“Non mancano aree dove interagiamo addirittura con ciò che abbiamo intorno. Pensiamo per esempio a un’abitazione coloniale di
fine ‘800 o a una casa degli orrori. Una volta
entrati, grazie a un visore e alla tecnologia
di body tracking tipica del cinema, viviamo
in completa libertà tutto ciò che vediamo”.
Infine, ci sono le Escape Room in Hyper Reality, con un richiamo a format molto importanti.
fUn’esperienza
mai vista prima
Venire al 3DWA significa vivere un’avventura unica nel suo genere. “Al momento”
spiega Soresini, “non ci sono altre strutture capaci di offrire un’esperienza simile.
È come viaggiare nello spazio e nel tempo senza farlo realmente, dando però alla
mente tutti gli stimoli per ricordare questi
momenti come se fossero accaduti davvero. È come essere in un film, dove i protagonisti siamo noi”.
Le attrazioni sono dedicate a tutte le fasce
d’età e hanno un valore importante dal
punto di vista fisico e psicologico. “Si va dai
14 ai 90 anni. Ci sono persone molto anziane che possono fare esperienze sul Colorado River, dove la canoa virtuale è in realtà
un vogatore da palestra”. Se poi qualcuno
ha bisogno di scrollarsi di dosso lo stress
quotidiano, “basta impugnare un’arma,
rigorosamente virtuale, e competere con
L’esperto di robotica industriale Massimiliano
Soresini, insieme all’intraprendenza di alcuni
illuminati imprenditori, ha creato a Udine un vero e
proprio portale d’accesso verso nuovi mondi in cui è
possibile sperimentare in prima persona un livello di
realtà immersiva che non si era mai vista prima
52
Panorama
Arena
o al mondo
ccRa
altri giocatori in sala o, quando ci saranno,
con i player presenti in strutture collegate
di nostra proprietà o in franchising”.
fNon solo per gioco
I progetti sono tanti e vanno oltre il semplice intrattenimento. “Questa tecnologia”, ci
tiene a precisare Soresini, “è rivolta anche e
soprattutto alle aziende che hanno bisogno
di progettare edifici, processi produttivi,
sistemi di manutenzione e molto altro ancora”. La realtà virtuale immersiva, infatti,
permette di realizzare un impianto e vedere
come funziona ancor prima che sia costruito.
Le applicazioni sono infinite e spaziano dal
campo medico a quello architettonico, passando per la parte gestionale e produttiva.
Panorama
53
multimedia
I
a cura di Igor Kramarsich
computer sono ormai un elemento centrale
della nostra vita: ormai non esiste praticamente nulla che non passi, in un modo o
nell’altro, attraverso un PC o una rete informatica. Che parliamo di comunicazione
interpersonale, giochi online, o servizi di
ogni tipo, è ben raro che oggi almeno in qualche
momento non passi per il digitale. Ecco perché
è fondamentale che tutto funzioni alla perfezione: un malfunzionamento di un computer
può portare grosse conseguenze, che a volte
rischiano di avere ripercussioni potenzialmente
drammatiche.
fQuando i PC
fanno male
A volte il malfunzionamento
può essere dovuto ad un errore
di programmazione (i famosi
“bug”) e la storia ne è piena.
Così il software del St. Mary’s
Mercy Medical Center, ospedale
di Grand Rapids in Michigan, ha
“ucciso” 8.500 pazienti, fortunatamente solo sulla carta. A causa
di un problema informatico, infatti,
tutti i pazienti operati tra il 25 ottobre e l’11 dicembre 2003 sono stati
dichiarati morti dal software, benché
tutti fossero vivi e vegeti. Tutto bene
quel che finisce bene? Fino ad un certo
punto, perché il software ha comunicato
la “dipartita” anche ad enti pubblici ed
assicurazioni, e quindi potete immaginare la trafila burocratica cui i “deceduti”
hanno dovuto sottoporsi per dimostrare di
essere ancora vivi.
Nell’ottobre 2005, invece, un errore del software ha portato negli USA al rilascio anticipato di 23 detenuti, per cui si sono aperte le
sbarre tra i 39 e i 161 giorni prima del dovuto.
Fortunatamente non avevano commesso crimini gravi. Sempre negli Stati Uniti invece a ben
450 detenuti per reati gravi è stata concessa la
libertà vigilata benché la loro sentenza di
condanna lo escludesse esplicitamente.
Molti di questi ne hanno approfittato
per fare perdere le proprie tracce.
Il bug più curioso però è forse uno all’interno del gioco online World of Warcraft:
un errore nell’introduzione di una nuova
arma per i personaggi del gioco di ruolo ha
causato una sorta di epidemia virtuale, in cui i
54
Panorama
personaggi dei giocatori perdevano forza fino a
morire. C’è voluto un po’ prima che l’errore fosse
corretto, ma l’accaduto ha portato un effetto
collaterale positivo: diversi scienziati hanno
studiato le dinamiche di evoluzione della “malattia” per capire come si propaga un’epidemia,
un’analisi che (fortunatamente) non è possibile
fare su esseri umani, permettendo di migliorare
i protocolli di tutela della salute.
Il bug che poteva però avere le conseguenze
peggiori della storia riguarda un malfunzionamento dei sistemi sovietici di allerta antimissile, che la notte del 26 settembre 1983
avevano rilevato erroneamente un lancio di
missili nucleari da parte degli USA. La conseguenza avrebbe dovuto essere l’immediata
rappresaglia, con lancio
Virus
i 10 p
s e «bug»
peggiori
dei missili nucleari russi, che inevitabilmente avrebbe scatenato il vero
lancio delle bombe atomiche americane. La terza guerra mondiale non è
scoppiata solo perché l’ufficiale russo in servizio, Stanislav Petrov, era
dubbioso del fatto che un attacco
americano avvenisse solo con una
manciata di missili, quando sarebbe
stato secondo lui logico aspettarsi
che un attacco a sorpresa avvenisse
con la massima violenza possibile
per cercare di infliggere i maggiori
danni possibili al nemico e minimizzarne le capacità di reazione.
Il suo intuito ha salvato il mondo
dalla distruzione totale.
fQuando
i danni
sono volontari
Ma non sempre i “problemi
informatici” sono involontari, a volte il
malfunziona-
mento è causato volontariamente dai ben noti
virus che possono fare danni su larga scala: la
buona notizia è che spesso è possibile proteggersi in modo efficace adottando delle adeguate attenzioni, a partire dall’installazione di un
buon antivirus e l’adozione di alcune cautele
(primo tra tutti quello di non aprire mail o file
di provenienza dubbia).
Come si è sviluppato il mondo dei computer,
allo stesso modo si è sviluppato quello dei virus:
una volta il veicolo di contagio erano i floppy
disk che passavano da un PC all’altro, oggi è
invece internet il principale canale di trasmissione. Il contagio via internet può avvenire non
solo via email, ma anche andando a visitare un
sito “compromesso”. A tal proposito, il rapporto
del 2015 di Cisco sulla sicurezza informatica
presenta alcune sorprese: a livello mondiale,
la categoria di siti più rischiosi sarebbero quelli
medici e farmaceutici. A livello di macro-regioni, però, nelle Americhe il primato (negativo) va
ai siti legati al mondo dell’aviazione, nella zona
dell’Asia e del Pacifico ai siti di assicurazioni,
e nell’area di Europa, Medioriente e Africa ai
siti della categoria dell’agricoltura. La cosa, a
ben vedere, non è così strana: si tratta in fondo delle categorie di siti più diffuse e quindi è
più facile che un sito “compromesso” rientri in
questa categoria. Per questo è importante affidarsi sempre a siti che addottano standard di
sicurezza elevati, specie nei casi in cui la
visita può comportare una transazione economica (non solo acquisti
o banche, ma anche siti di
casinò online).
Nel corso degli anni
i virus hanno fatto
moltissimi danni, con
conseguenze economiche non trascurabili. Se guar-
diamo a 10-15 anni fa, lo scopo dei virus era fare
più danni possibile. Oggi invece hanno lo scopo
di far fare soldi facili ai loro creatori (pensate ai
vari “cryptolocker” che impediscono l’accesso ai
vostri dati, a meno che non accettiate di pagare
un riscatto): uno dei primi di questa nuova generazione di virus è stato Zeus, identificato per
la prima volta nel 1999, che è riuscito a penetrare oltre un milione di computer nel mondo,
rubando password e dati personali e bancari e
dando il via così a numerosi furti sui vari conti
correnti. Il valore del denaro sottratto sarebbe di
oltre 70 milioni di dollari.
Guardando invece ai virus che hanno fatto
maggiori danni economici non si può non citare
Sasser, che avrebbe causato danni per ben18
miliardi di dollari. Il numero di computer infettati (sfruttando una falla di Windows) sono stati
alcuni milioni, e soprattutto tra questi c’erano
anche diversi sistemi che controllavano infrastrutture critiche. L’effetto del virus è durato a
lungo, perché nonostante Microsoft avesse rilasciato una patch che correggeva la vulnerabilità
sfruttata dal virus, su numerosi computer non è
stata installata.
Melissa è stato uno dei primi virus a larga diffusione della storia, nel 1999: si spacciava per una
lista di password di siti a luci rosse e, a causa
del fatto che inviava mail automaticamente ai
contatti del virus infetto, ha intasato numerosi
server di posta rendendoli inoperativi. I danni
sono stati di 80 milioni di dollari e il colpevole
(un certo David Smith) è stato arrestato e condannato a 10 anni di prigione, che sono poi stati
ridotti a 20 mesi e una multa grazie alla sua
collaborazione per far catturare numerosi altri
creatori di virus.
Il secondo posto di virus più aggressivo va a
Code Red (chiamato così perché i due ricercatori
stavano bevendo una bibita chiamata Mountain
Dew Code Red quando lo hanno scoperto): ha
infettato tra gli 1 e i 2 milioni di server. Una cifra
però notevole considerando che infettava solo
i server Microsoft IIS, stimati in circa 6 milioni
all’epoca.
Però il primato del virus più virulento va a ILOVEYOU, che nel 2000 avrebbe infettato il 10%
dei computer collegati ad internet del mondo,
al punto da spingere molte grandi aziende a
disconnettere del tutto i loro server di posta
elettronica. I danni economici causati dal blocco
dei sistemi sono stati enormi: la stima supera i
10 miliardi di dollari dell’epoca. I due autori, due
programmatori filippini, sono stati individuati,
ma a causa della legislazione dell’epoca non è
stato possibile accusarli di nulla.
Panorama
55
multimedia
Anche gli hacker sbagliano:
quando il Cryptovirus è un epic fail
I
ransomware e i cryptovirus possono
essere annoverati purtroppo e a buon
titolo tra i peggiori flagelli degli ultimi
due anni, almeno per quanto riguarda
il mondo della sicurezza informatica:
una minaccia insidiosa e pericolosa per la
quale spesso è fin troppo facile caderne
vittime, e capace di mettere seriamente
a rischio tutti i dati conservati sul nostro
sistema.
Ne avevamo già discusso approfonditamente all’inizio dell’anno, in un periodo in
cui i ransomware mietevano molte vittime
tra gli utenti comuni. Nel corso dell’anno
tuttavia la minaccia si è spostata anche
verso realtà commerciali e attività, con la
vicenda delle cliniche ospedaliere prese
di mira in alcune zone degli Stati Uniti, a
testimoniare la vera pericolosità di questo
tipo di attacchi informatici.
Per chi ancora non fosse a conoscenza del
problema, facciamo un piccolo riassunto:
nella famiglia dei cryptovirus/ransomware
rientrano tutti quei malware il cui meccanismo di funzionamento prevede la cifratura dei dati presenti sull’hard disk (tutti
o parte di essi) con tecniche di crittografia
più o meno robuste. In questo modo i dati
sono inaccessibili all’utente, che non conosce la chiave di cifratura, e possono essere
recuperati pagando un riscatto all’autore
del malware. In alcuni casi, e la ricerca nel
campo della sicurezza ha comunque fatto
qualche piccolo passo avanti, diviene possibile riuscire a “crackare” il cryptovirus e a
recuperare i dati senza dover pagare il riscatto. Ma un cryptovirus/ransomware ben
implementato non lascerà di fatto alcuna
scelta all’utente che vuole rientrare in possesso dei propri dati.
Il successo di questa forma di attacco informatico è dovuta al fatto che i ransomware
rappresentano un modo molto facile di
“battere cassa”, facendo leva sulle paure
o sulle necessità della vittima. Le tecniche
di diffusione sono quelle abitualmente
usate per la diffusione di altre categorie
di malware (phishing e via discorrendo) e,
come spesso accade nel mondo dei crimini
informatici, è anche relativamente sempli-
56
Panorama
ce realizzarli: sulla rete è possibile trovare
veri e propri “kit” che permettono, anche
a chi non ha competenze di “hacking”, di
poter realizzare la propria piccola “arma”
tecnologica.
Questo aspetto, però, ha la diretta conse-
guenza di mettere strumenti potenti nelle
mani di inesperti ed i passi falsi e gli “epic
fail” in cui anche gli hacker possono incappare, che spesso risultano in crittografie
del tutto inefficaci le quali vanificano l’originario proposito criminoso.
Sono la più forte piaga negativa nel
mondo informatico. Ma non sempre
sono perfetti come sottolinea
Hardware Upgrade
W
indows 10 è stato offerto gratuitamente durante tutto il primo anno
dal debutto ufficiale. Microsoft le
ha tentate davvero tutte per imporre la nuova versione ai propri utenti, imperniando la
propria strategia - definita di recente troppo
aggressiva dalla stessa società - sull’applicazione Ottieni Windows 10. Installando
l’app in maniera quasi coatta su Windows
7 e Windows 8.1 Microsoft sponsorizzava
l’aggiornamento e forzava l’installazione
della nuova release.
Ottieni Windows 10 è stata eliminata dai sistemi operativi a settembre, e con essa è andata via anche l’opportunità di aggiornare
gratuitamente alla nuova versione del sistema operativo. Ma qualora vi foste pentiti di
non essere riusciti in tempo ad aggiornare,
Aggiornare a Windows 10 gratis?
Ancora possibile grazie a un piccolo trucco
c’è ancora un metodo per forzare l’installazione
gratuita di Windows 10 partendo da un’installazione di Windows 7 o Windows 8.1. Il trucco è
attivo da mesi e pare che Microsoft non l’abbia
ancora corretto.
L’offerta dell’update gratuito è scaduta, al
momento in cui scriviamo, da ormai cinque
mesi, ma la piccola “falla” nel sistema di
aggiornamento è ancora applicabile come
lo era nei mesi precedenti. Come abbiamo
riportato in passato infatti Microsoft mantiene attiva la promozione per gli utenti
che utilizzano tecnologie assistive e il sito
TechPowerUp ha verificato che l’offerta è
ancora attiva e per di più non richiede alcuna dimostrazione pratica del proprio status
all’utente. Di seguito riportiamo il testo della
pagina ufficiale Microsoft sull’offerta gratuita per i clienti che usano tecnologie assistive:
”Per gli utenti in generale, l’offerta di aggiornamento gratuito per Windows 10 è
terminata il 29 luglio. Tuttavia, se usi tecnologie assistive, potrai usufruire dell’offerta di
aggiornamento gratuito anche dopo la data
di scadenza applicabile agli altri utenti, in
quanto Microsoft continua a impegnarsi per
migliorare l’esperienza Windows 10 per tutti
coloro che usano questo tipo di tecnologia.
Con l’Aggiornamento dell’anniversario di
Windows 10 sono state attuate diverse procedure al fine di migliorare l’accessibilità di
Windows 10.
Prima di effettuare l’aggiornamento, rivolgiti
ai provider delle tecnologie assistive che usi
per informazioni sulla compatibilità del software fornito con Windows 10. Se desideri
scaricare ora Windows 10 e usufruire dell’offerta di aggiornamento gratuito, fai clic sul
pulsante qui sotto per iniziare.”
Insomma, dichiarando che si fa uso delle
tecnologie d’assistenza presenti sul sistema
operativo (ad esempio l’Assistente vocale o
la Lente di ingrandimento) si ottiene gratuitamente l’accesso all’ultima versione. Basta
recarsi a questo indirizzo per richiederlo e,
come scrive TechPowerUp, pare che “Microsoft non compia nessun controllo sull’utilizzo
reale delle feature d’assistenza”. Insomma,
c’è ancora speranza di ottenere l’aggiornamento gratuito anche per i ritardatari.
Panorama
57
curiosità
Infinity Galaxy Puzzle
il puzzle infinito che non ha inizio né fine
A
differenza del celebre nastro di Möbius,
che si può costruire
in meno di un minuto con una semplice
strisciolina di carta o di stoffa e impressionare legioni di bambini, la
bottiglia di Klein è una cosiddetta
superficie non orientabile (in cui
cioè l’esterno e l’interno coincidono) che però non si può né disegnare né fabbricare dentro al classico
spazio a tre dimensioni a cui siamo
abituati. Ispirati dalla “magia” matematica di questa figura descritta
dal tedesco Felix Klein a fine ‘800,
i designer di “Nervous System”,
studio americano specializzato in
design generativo, hanno realizzato
Infinite Galaxy Puzzle, un puzzle
senza confini, in cui cioè si possono continuare ad aggiungere pezzi
da un lato prendendoli dall’altro e
ribaltandoli, e che permette di costruire decine di migliaia di varianti, senza però raggiungere mai la
fine, aumentando quindi all’ennesima potenza la vera essenza di ogni
puzzle, la frustrazione.
Il prodotto è realizzato in legno ed
è disponibile in due versioni: “Infinite Galaxy Puzzle”, contenente
133 pezzi, che raffigura il centro
della Galassia catturato dal telescopio spaziale Hubble; “Infinity
puzzle”, contenente 51 pezzi, disponibile in quattro colori diversi.
58
Panorama
Può essere assemblato come vi
pare e l’unico freno sarà la vostra
immaginazione
Ad aggiungere fascino e un pizzico di ansia all’idea, l’immagine da
completare ma impossibile da finire è quella del centro della galassia,
mentre tre pezzi del puzzle — un
astronauta, uno space shuttle e un
satellite — sono un omaggio all’esplorazione spaziale.
passatempi
1
2
3
4
5
6
7
8
15
11
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50
53
51
54
58
ORIZZONTALI: 1. È sempre utile se
va in giro - 8. Gli occhi di chi sta sul
chi vive - 13. Congiunzione avversativa - 15. L’Estremo nel paese del
Sol Levante - 16. Venti regolari e
costanti - 17. Aereo russo - 18. Imbarcazioni anfidrome - 19. Si adopera in bagno - 21. Il precettore di
tanto tempo fa - 22. La linea calda
tra i belligeranti - 24. È noto quello
di Münchhausen - 25. Antichissi-
33
37
39
41
14
17
19
21
57
10
16
18
34
9
mo gioco giapponese - 26. Il più
vecchio dei due - 27. Falsamente
lusinghieri - 29. Qualcuno lo cerca
nell’uovo - 30. Li dà chi esce di senno - 32. Usato per cuciture - 34. Le
avvolge il serpente - 36. Un nano di
Biancaneve - 37. Un regalo dei Re
Magi - 38. I primi erano trainati
da cavalli - 39. Non ha un domicilio fisso - 40. Il sostituto facente
funzioni - 41. Cuoio lavorato - 43.
Calore esagerato
Soluzione del numero precedente
nell’esprimersi 45. Il Coyote tra
gli attori (iniz.)
- 46. Una salsa
piccante - 47.
Congiunge due
ruote - 48. Si
valuta col contro
- 49. Poco stabile
e malsicuro - 51.
Festa dissoluta -
52
55
56
59
53. Lussi da benestanti - 54. Altro
nome della Grecia - 55. Vi nacque
Italo Svevo - 57. Il simbolo del sodio
- 58. Il superiore di una comunità
monastica - 59. Terreno libero da
impedimenti.
VERTICALI: 1. Il centro di Cracovia
- 2. Vaso di terracotta - 3. Il verso
del soriano - 4. Codice valutario del
Nuevo sol peruviano - 5. La zanzara
che trasmette la malaria - 6. Osso
piatto del torace - 7. Esprime un
dubbio - 8. Ha le corna palmate 9. Profondamente religiosi - 10.
Quantità eccedente del personale
- 11. Sono presenti se sono graditi
- 12. Il copricapo detto anche triregno - 13. Se brillano è meglio star
lontani - 14. È inutile cercarlo in un
pagliaio - 16. Complicata e difficile da capire - 17. L’educato usa le
belle - 19. Lettere di autori scono-
sciuti - 20. Trainano i rimorchi - 21.
Il mese con la festa dell’Assunzione
- 23. Le hanno corvi e poiane - 26.
Discorsi dal pulpito - 27. Insulse o
sdolcinate - 28. Guerra tra i ciclisti 29. Li fa il servizievole - 31. Lo sono
le persone di poche pretese - 33. Il
simbolo del francio - 35. Parma su
targa d’auto - 36. Impugnatura per
tiretti - 37. Povertà assoluta - 39.
Fu capitale del Regno delle Due Sicilie - 40. Oggetti preziosi - 42. Motoscafo da competizione - 44. Nota
musicale - 45. Hugo creatore di
Corto maltese - 46. Quella per pietre è senza denti - 47. Culminano
con l’Aconcagua - 48. Città distesa
fra le due rive dell’Arno - 49. S’invaghì della Siringa - 50. Il fiume di
Berna - 52. Comanda il corpo d’armata (abbr.) - 55. Trapani su targa
d’auto - 56. Una mezza idea.
Pinocchio
Panorama
59