IN QUESTE PAGINE SI RIPORTANO ALCUNI TESTI CHE SONO

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Transcript IN QUESTE PAGINE SI RIPORTANO ALCUNI TESTI CHE SONO

IN QUESTE PAGINE SI RIPORTANO ALCUNI TESTI CHE SONO STATI
IMPORTANTI PER LA TESSITURA DEGLI ARAZZI.
1. Anselm Grϋn - "La forza terapeutica delle immagini interiori" - Ed Queriniana 2012
Imprimersi nella mente l'immagina unica che Dio si è fatto di ognuno di noi. Ogni persona è unica. Di ogni
persona Dio si è fatta un'immagine. Soltanto se ci avviciniamo a questa immagine di Dio dentro di noi, la
nostra vita va a buon fine. Soltanto allora viviamo in maniera autentica. Allora siamo interamente noi stessi,
in maniera conforme alla nostra essenza interiore. Lo sforzo di scoprire quest'immagine unica dentro di noi
e di imprimerla in noi è una lotta che dura tutta la vita. Eppure spesso non siamo nemmeno in grado di
descrivere tale immagine. Ma essa risplende quando siamo in armonia con noi stessi, quando abbiamo la
sensazione che qualcosa sia giusto così. Siamo in accordo con la nostra essenza interiore, con il nostro sé
autentica. E quando la nostra vita scorre senza intoppi e fiorisce, possiamo aver fiducia nel fatto che siamo
a contatto con l'immagine interiore....(pag. 17-18)
Da sempre l'animo umano viene plasmato da immagini archetipe....
Le strutture archetipe sono impresse nell'essere umano. Le immagini archetipe vengono dall'esterno...Sono
soltanto uno stimolo per gli schemi strutturali della psiche. E sono responsabili della centratura dell'animo
umano. lo conducono al suo baricentro, al suo centro, al sé autentico dell'essere umano.
Josef Goldbrunner, un teologo cattolico che ha ripreso le idee di Jung per arricchire con esse la teologia
pastorale, descrive così l'effetto delle immagini archetipe: le immagini archetipe emergono spesso
nell'analisi e, per la precisione, quando l'essere umano entra in contatto con il profondo della sua anima. Le
immagini archetipe smuovono qualcosa nell'essere umano. Lo portano in contatto con il potenziale
racchiuso nella sua anima. Non appena l'archetipo agisce nella persona, " il paziente si libera per il suo
lavoro esistenziale. Torna a percepire un significato in ogni cosa, ha il coraggio di agire e non teme più di
scegliere ovunque la cosa sbagliata. Torna a fidarsi del proprio istinto!" (Goldbrunner 113s.).... Le immagini
archetipe sono portatrici della verità della vita. ... Chi lascia che le immagini archetipe agiscano su di lui è
portato a contatto con il proprio Sé autentico e con la propria sorgente interiore. Per quella persona la vita
fluisce. La vita riesce. La persona vive a partire dalla sapienza che si è accumulata nel corso dei millenni nel
suo inconscio. (pag 22-24)
Nel loro bisogno di rappresentare le immagini della Bibbia, i cristiani hanno dovuto confrontarsi con il
divieto delle immagini nell'Antico Testamento. Da un lato avevano ben chiaro che Dio non può essere
rappresentato, dipinto. Motivarono la scelta di creare delle immagini, però, con il fatto che, in Gesù Cristo,
Dio si è fatto uomo. Cristo è la vera immagine del Padre. Chi vede Cristo, vede il Padre. I teologi occidentali
parlano di memoria. Osservando le immagini, ci vengono richiamate alla memoria le opere di salvezza di
Dio. Sono riprodotte, per così dire, nel nostro intimo e in tal modo, tramite l'immagine, agiscono in
profondità nella nostra anima. " Quanto più spesso contempliamo un'immagine, tanto più forte diventa in
noi la memoria e l'anelito degli archetipi" (RCA, art. Bild, 336). I teologi orientali, invece, parlano della
santità delle immagini. "Nella rappresentazione è presente qualcosa della santità dell'archetipo" (Ibid
337)... Per Dionigi Aeropagita "ogni cosa visibile è immagine dell'invisibile e, viceversa, mediante le
immagini percettibili siamo innalzati alla contemplazione divina" (ibid 337). L'immagine è un'impronta
dell'archetipo. Nel momento in cui fissiamo in noi l'immagine, nel nostro cuore si imprime l'archetipo, si
imprime Dio stesso. Contemplare le immagini, perciò, è un atto spirituale.....
Ingrid Riedel è convinta che l'armonia e la bellezza di un'immagine esercitino una funzione e un'azione
chiarificatrici, integranti, anzi, addirittura terapeutiche dell'immagine sulla psiche dell'osservatore". Le
immagini spesso sono "segni contro il caos, contro la mancanza di senso e, dal punto di vista emozionale,
contro la paura. Anche se contengono la paura, sono comunque, in quanto opere strutturate, contenitori
che la bandiscono". Le immagini scatenano in noi delle emozioni. E da esse si sprigiona una forza che
muove la nostra anima e spesso la spinge in direzione dell'individuazione. (Pag 133-137)
2. Antonia Tronti - "... e rimanendo lasciati trasformare" - Servitium Editrice - 2002 - pagg. 67-70
La consapevolezza che l' oggetto scelto chiede tempo. Chiede attenzione. Chiede che ci si fermi lì, davanti a
lui. Che lo si guardi cambiare e rimanere.
Che lo si osservi da tutte le diverse angolature possibili. Che si entri con esso in un rapporto esclusivo. Che
lo si trasformi, dunque, in 'vero e proprio oggetto di meditazione.
Un lavoro siffatto è il contrario dell'istantaneità, il contrario dell'impressione momentanea e invece il trionfo
di un tempo lento, che scorre sulle cose, le plasma le unifica entro il velo di una luce silenziosa.
Il pittore ha bisogno, per dipingere la natura, di una stringente familiarità con i luoghi, di essere a essi
consanguineo: ha bisogno di misure conosciute che solo il permanere gli può dare27.
Perché su due cose poggia il lavoro del pittore: « ... sulla visione, come strumento primo di conoscenza. E
sulla durata estrema di questa visione. Poiché nella durata si fondono insieme l'istante e l'eterno»28.
Da qui la fatica di sintonizzare tempi della natura, tempi della visione, tempi d'elaborazione e tempi
d'esecuzione. Necessità di un abitare insieme perché ci si possa armonizzare. Rimanere di fronte a.
Rimanere dentro a. E lasciar pian piano scaturire. E qui diventa maestra l'esperienza.
Monet scrive da Belle-Ile: «So bene che per dipingere veramente il mare, bisogna vederlo tutti i giorni, a
ogni ora e sempre dallo stesso posto per conoscerne la vita in quel posto preciso; così rifaccio gli stessi
motivi fino a quattro o sei volte»29. E ancora in una lettera da Fresselines: «A forza di guardare sono
finalmente penetrato nella natura del paese.
Adesso lo capisco e vedo meglio cosa si deve fare»30.
O dalla Norvegia: «Sono qui da diciotto giorni e non ho ancora potuto lavorare, ma ci vuole molto tempo
per capire e vedere bene le cose»31. E; similmente, Van Gogh, da Arles, spiega al fratello Theo: «Avendo
iniziato con il sud, posso difficilmente immaginarmi di cambiare strada; è meglio non muoversi per
penetrare di più nel paese»32. «Vorrei che passassi un po' di tempo qui, capiresti dopo un po', l'occhio
cambia, si vede con un occhio più giapponese, si sente il colore in modo diverso»33.
Il sogno di comprendere la natura, di penetrare in essa con lo sguardo. Uno sguardo che, più che catturare,
si lascia catturare. Che si pone di fronte a, attendendo di essere trasformato. Uno sguardo che,
permanendo nel luogo prescelto, accoglie ed acquisisce nuove forme, nuovi colori, nuove luci.
La visione ne è trasformata. E così anche l'interiorità. La visione da esterna diventa interiore. La natura
entra dentro, prima ancora di comparire sulla tela. Anzi, la sua entrata all'interno diventa condizione
perché poi possa nuovamente, in altra forma, uscire. Ed il quadro è connubio creativo. Scaturito da
quell'incontro. Con una natura sempre lì, eterna e mutabile, pre-esistente rispetto allo sguardo.
Esistente indipendentemente dallo sguardo. Che chiama. Invita alla visione. Pro-voca a farsi discepoli Allora
sì, inizia un nuovo viaggio. La si segue, se ne diviene discepoli.
27 M. Goldin, Colore, profondità e natura, in Da Cezanne a Mondrian. Impressionismo, espressionismo, cubismo e il paesaggio del nuovo
secolo in Europa, Linea d'ombra Libri, Conegliano 1999, p. 26.
28 Ibidem.
29 Ibidem.
30 Ibidem.
31 Ibidem.
32 Ibidem.
33 G. Mori, Impressionismo, Van Gogh e il Giappone, Giunti, Art &
dossier, p. 26
3. ...