L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLVII n. 16 (47.450)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
sabato 21 gennaio 2017
.
Al Campidoglio il giuramento di Trump che alla vigilia ha promesso un cambiamento reale
Continuano in Abruzzo le operazioni di soccorso alla ricerca degli altri dispersi
Il giorno
dell’investitura
Superstiti
nell’hotel travolto dalla neve
WASHINGTON, 20. Donald Trump
diventa oggi il quarantacinquesimo
presidente degli Stati Uniti d’America. Alla vigilia della cerimonia di insediamento a Washington, Trump ha
promesso che «ci sarà un cambiamento reale», dicendosi «orgoglioso
delle nomine fatte» e impegnandosi
a unire il paese.
Il protocollo della mattinata prevede che Barack Obama accolga alla
Casa bianca il nuovo presidente e
che poi, insieme alle rispettive consorti, si rechino con uno stesso corteo di auto al Campidoglio, dove si
svolge la cerimonia di trasferimento
dei poteri con il giuramento solenne
di Trump e il suo primo discorso da
presidente.
Sono
attese
circa
900.000 persone.
Ieri Donald Trump, in un breve
discorso tenuto presso il Lincoln
Memorial, ha dichiarato: «Il viaggio
è iniziato e voglio fare l’America di
nuovo grande, per tutti. E voglio
unire il paese». Ha spiegato di essere «solo un messaggero» e di rappresentare «un movimento che non
si era mai visto da nessuna parte nel
mondo, qualcosa di molto, molto
speciale». Ha poi ricordato ancora
Preparativi al Campidoglio per la cerimonia di insediamento del nuovo presidente (Afp)
una volta come in pochi credessero
nella sua vittoria: «Si sono dimenticati — ha sottolineato — di molti di
noi: quando ho cominciato la mia
campagna per la presidenza ho chiamato queste persone gli uomini e le
donne dimenticati ma da adesso,
non siete più dimenticati». Intanto, i
media riferiscono che solo due delle
quindici nomine di governo fatte sono state finora approvate dal senato
e che sono stati confermati almeno
cinquanta alti funzionari dell’amministrazione uscente.
I vescovi irlandesi in visita «ad limina»
ROMA, 20. Sei persone sono state
trovate vive tra le macerie dell’hotel
Rigopiano, a Farindola, nel pescarese, travolto mercoledì da una slavina provocata presumibilmente
dalle forti scosse di terremoto verificatesi poche ore prima. Due sono
già state recuperate. Sarebbero la
moglie e uno dei figli, il maschio,
di Gianpiero Parete, l’uomo salvatosi per caso con un’altra persona e
che aveva dato l’allarme. Sono stati
già trasferiti in elicottero all’ospedale di Pescara e le loro condizioni sarebbero sostanzialmente buone considerate le 42 ore trascorse dalla
sciagura.
Il primo contatto con i superstiti,
che si trovavano nella cucina della
struttura, c’è stato dopo le 11 di
questa mattina, e il salvataggio è
stato condotto con due interventi
diversi. Ora, dopo questo salvataggio, le speranze di trovare in vita
altre persone sono aumentate.
Due gli elicotteri con il personale
medico arrivati sul posto, mentre i
carabinieri della forestale hanno acquisito le carte sui piani di emergenza e soccorso dell’area Vestina,
da Penne verso la montagna, predisposte e attuate dalla provincia.
I magistrati abruzzesi, intanto
hanno aperto un’inchiesta per omicidio colposo per verificare se ci sono state delle responsabilità nel ritardo dei soccorsi. Finora sono due
i corpi senza vita recuperati.
I soccorritori, che nelle prime ore
di giovedì avevano salvato le prime
due persone, hanno continuato a
scavare tutta la notte in condizioni
proibitive. Al momento della sciagura nella struttura c’erano circa
trentacinque
persone,
ventidue
clienti e sette dipendenti, più qualche altro ospite.
Nella notte ha smesso di nevicare
e le temperature sono risalite attorno allo zero. Anche per questo durante la mattinata le operazioni di
soccorso sono proseguite più spedi-
La lezione di Reuchlin
Per varcare
i confini confessionali
Con l’udienza ai vescovi dell’Irlanda, ricevuti nella mattina di venerdì 20 gennaio, Papa Francesco ha ripreso le visite «ad limina Apostolorum»
interrotte durante il giubileo straordinario della misericordia
DAVIDE SCOTTO
A PAGINA
5
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa
mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Horacio Manuel
Cartes Jara, Presidente della Repubblica del Paraguay, e Seguito.
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Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor James Kwame Bebaako-Mensah, Ambasciatore del
Ghana, in visita di congedo.
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:
le Loro Eccellenze i Monsignori:
— Eamon Martin, Arcivescovo
di Armagh (Irlanda), in visita
«ad limina Apostolorum»;
— Francis Duffy, Vescovo di
Ardagh (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Donal McKeown, Vescovo di
Derry (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Noël Treanor, Vescovo di
Down and Connor (Irlanda), in
visita «ad limina Apostolorum»;
— John McAreavey, Vescovo di
Dromore (Irlanda), in visita «ad
limina Apostolorum»;
— Philip Leo O’Reilly, Vescovo
di Kilmore (Irlanda), in visita
«ad limina Apostolorum»;
— Michael Smith, Vescovo di
Meath (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Philip Boyce, Vescovo di Raphoe (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Kieran O’Reilly, Arcivescovo
di Cashel and Emly (Irlanda), in
visita «ad limina Apostolorum»;
— William Crean, Vescovo di
Cloyne (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— John Buckley, Vescovo di
Cork and Ross (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Raymond Browne, Vescovo
di Kerry (Irlanda), in visita «ad
limina Apostolorum»;
— Brendan Leahy, Vescovo di
Limerick (Irlanda), con il Vescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor Donal Brendan Murray, in
visita «ad limina Apostolorum»;
— Alphonsus Cullinan, Vescovo
di Waterford and Lismore (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Diarmuid Martin, Arcivescovo di Dublin (Irlanda), con i Vescovi Ausiliari, le Loro Eccellenze
i Monsignori Eamonn Oliver
Walsh, Vescovo titolare di Elmhama, e Raymond W. Field,
Vescovo titolare di Árd Mór, in
visita «ad limina Apostolorum»;
— Denis Brennan, Vescovo di
Ferns (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Denis Nulty, Vescovo di Kildare and Leighlin (Irlanda), in
visita «ad limina Apostolorum»;
— Micheal Neary, Arcivescovo
di Tuam (Irlanda), in visita «ad
limina Apostolorum»;
— Brendan Kelly, Vescovo di
Achonry (Irlanda), in visita «ad
limina Apostolorum»;
— John Kirby, Vescovo di
Clonfert (Irlanda), in visita «ad
limina Apostolorum»;
— Kevin Peter Doran, Vescovo
di Elphin (Irlanda), con il Vescovo emerito, Sua Eccellenza Monsignor Christopher Jones, in visita «ad limina Apostolorum»;
— John Fleming, Vescovo di
Killala (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Fintan Monahan, Vescovo di
Killaloe (Irlanda), in visita «ad
limina Apostolorum»;
— Liam S. MacDaid, Vescovo
emerito di Clogher (Irlanda), in
visita «ad limina Apostolorum»;
i Reverendi Monsignori:
— Michael Ryan, Amministratore Diocesano di Ossory (Irlanda), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Michael McLaughlin, Amministratore Diocesano di Galway
and Kilmacduagh (Irlanda), in
visita «ad limina Apostolorum»;
— Joseph McGuinness, Amministratore Diocesano di Clogher
(Irlanda), in visita «ad limina
Apostolorum».
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo della Diocesi di Kerema
(Papua Nuova Guinea) il Reverendo Padre Pedro Baquero,
S.D.B., Vicario Provinciale dei Salesiani di Papua Nuova Guinea e
Isole Salomone.
tamente. C’è comunque il pericolo
di nuovi crolli e di nuove slavine
causate dall’appesantimento del
manto nevoso.
Intanto non si spengono del tutto le polemiche sul ritardo nei soccorsi. Nell’albergo in tanti, che erano bloccati sin dalla domenica, erano pronti a lasciare la struttura ma
lo spazzaneve atteso non è arrivato.
Inoltre, secondo le prime ricostruzioni, il primo allarme lanciato
sembra essere stato sottovalutato, e
ciò avrebbe causato un ritardo di
due o tre ore nell’avvio dei soccorsi.
Un altro salvataggio si è registrato
anche a Valledacqua, una frazione
di Acquasanta Terme sommersa
dalla neve nella zona fortemente
colpita dal terremoto del 24 agosto.
Due donne e due bambini sono stati salvati dopo tre giorni trascorsi al
freddo, senza luce e senza riscaldamento. Stamani una jeep cingolata
dell’esercito è riuscita a raggiungere
il gruppo e a portare tutti a valle.
Si sono invece concluse le ricerche del sessantenne sepolto da una
slavina a Ortolano, una frazione
del
comune
di
Campotosto
(L’Aquila). Il corpo senza vita è
stato trovato questa mattina.
Il presidente del Gambia deve lasciare il potere
Scaduto
l’ultimatum
BANJUL, 20. Precipita la situazione
nel Gambia. É scaduto oggi l’ultimatum dei paesi della comunità
economica degli stati dell’Africa
occidentale (Ecowas) al presidente
uscente del paese, Yahya Jammeh,
che dopo ventidue anni non intende lasciare il potere — nonostante la sconfitta nel voto di dicembre — al capo dello stato eletto, Adama Barrow.
I militari dell’Ecowas, che ieri
sono entrati nel paese, sono pronti
a intervenire con la forza per costringere alle dimissioni Jammeh.
L’operazione per riportare la democrazia nel Gambia ha il sostegno politico dell’Onu e degli Stati
Uniti. «Abbiamo fermato l’intervento militare per avanzare una
nuova, ma ultimativa, proposta a
Jammeh. Se allo scadere dell’ultimatum non sarà andato via, interverranno i nostri soldati», ha detto il presidente Ecowas, Marcel
Alain de Souza. La mediazione
sarà portata avanti dal presidente
della Guinea, Alpha Condé, dopo
un primo incontro tra Jammeh e il
presidente
della
Mauritania,
Mohamed Ould Abdel Aziz.
L’Ecowas ha mobilitato 7000
soldati di Senegal, Nigeria, Gha-
na, Togo e Mali. Ieri jet nigeriani
hanno sorvolato per ore la capitale, Banjul, dopo il giuramento del
presidente eletto Barrow nell’ambasciata gambiana a Dakar, in Senegal. Vincitore dalle presidenziali
dello scorso 1° dicembre e riconosciuto come legittimo capo dello
stato dalla comunità internazionale, Barrow si è rifugiato nel vicino
Senegal nel timore di violenze.
Banjul, dove si sono svolte manifestazioni a sostegno del nuovo
capo dello stato, appare tranquilla, anche se i negozi e le scuole
sono chiuse. Alle manifestazioni
ha partecipato anche il capo delle
forze armate, Ousman Badjie,
considerato un sostenitore di Jammeh. Lo stesso Badjie nei giorni
scorsi aveva comunque detto che
non avrebbe dato ordine ai suoi
uomini di opporsi a eventuali interventi militari stranieri.
O ttavario
per l’unità dei cristiani
PAGINE 6
E
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Udienza al presidente
della Repubblica del Paraguay
Nella mattina di venerdì 20 gennaio Papa Francesco ha ricevuto
in udienza Horacio Manuel Cartes Jara, presidente della Repubblica del Paraguay, il quale si è
successivamente incontrato con il
cardinale Pietro Parolin, segretario
di Stato, accompagnato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher,
segretario per i Rapporti con gli
Stati.
I colloqui, svoltisi in un clima
di cordialità, hanno evidenziato le
buone relazioni esistenti fra la
Santa Sede e il Paraguay. Sono
stati passati in rassegna temi di
comune interesse, quali lo sviluppo integrale della persona umana,
la lotta alla povertà e la pace sociale. In tale prospettiva, si è accennato pure alla collaborazione
con la Chiesa cattolica e al contributo che essa offre nell’ambito sociale, formativo e nell’assistenza ai
più bisognosi.
Nel prosieguo della conversazione si è avuto uno scambio di
vedute sulla situazione politica e
sociale regionale, con speciale riferimento allo sviluppo delle istituzioni democratiche.
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sabato 21 gennaio 2017
Isidro Baldenegro, primo a sinistra,
con anziani della comunità Tarahumara
(Goldman Environmental Prize)
Il boss El Chapo
estradato
dal Messico
negli Stati Uniti
Appello e proposte degli organismi umanitari
Sui migranti
serve una strategia
BRUXELLES, 20. Le organizzazioni
umanitarie internazionali presentano il loro piano per fare fronte alle
migrazioni che interessano l’Europa, ed è forte l’appello alla politica
perché collabori con strategie precise.
L’alto commissariato dell’O nu
per i rifugiati (Unhcr), l’O rganizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e altri 72 partner
hanno lanciato una nuova strategia
e un appello per rispondere alla situazione dei rifugiati e migranti nel
corso del 2017. Il «piano regionale
di risposta alla crisi di rifugiati e
migranti» mira a «completare e
rafforzare gli sforzi dei governi per
garantire l’accesso sicuro all’asilo e
la protezione di rifugiati e migranti». Il primo obiettivo è quello di
«sostenere soluzioni a lungo termine e una gestione più strutturata e
dignitosa» del fenomeno migratorio.
Il piano richiede un finanziamento complessivo di circa 691 milioni di dollari. Si considera, infatti, che complessivamente la popolazione interessata potrebbe arrivare fino a 340.000 persone, secondo
i trend degli arrivi precedenti e il
numero di persone presenti nei
paesi che riceveranno sostegno attraverso questo piano.
Vincent Cochetel, direttore per
l’Europa dell’Unhcr, ha spiegato
che «negli ultimi due anni la risposta dell’Europa all’arrivo di oltre 1,3
milioni di rifugiati e migranti sul
suo territorio ha dovuto fare i conti
con diverse sfide, tra cui quella sulla protezione di rifugiati e migranti». Dunque, questo piano deve
rappresentare «uno strumento operativo che giocherà un ruolo chiave
nell’assicurare operazioni più efficienti e una risposta più coordinata
nell’arco di tutto il 2017». Il documento, sottoscritto dalle organizzazioni internazionali, sottolinea la
necessità di «soluzioni a lungo termine per rifugiati e migranti, fra
cui uno schema efficace di ridistribuzione, il sostegno ai rimpatri volontari e il rafforzamento di canali
legali alternativi ai viaggi pericolo-
si, quali il reinsediamento e il ricongiungimento familiare.
Leonard
Doyle,
portavoce
dell’Oim, esprimendo preoccupazione in particolare per «la vulnerabilità e i bisogni dei minori, delle
donne e delle ragazze», ha spiegato che nel piano sono stati pensati
progetti-pilota per una risposta più
efficace ai bisogni dei minori non
accompagnati presenti in Europa
(oltre 25.000 sono arrivati in Italia
via mare solo nel 2016) e per assicurare sostegno alle vittime di violenza sessuale e di genere. Il piano
contempla un’area geografica d’intervento molto ampia, che copre
Turchia, Balcani occidentali, Europa meridionale, centrale, occidentale e settentrionale.
Intanto, guardando proprio ai
Balcani, giungono notizie di continui tentativi di passaggio. Nelle ultime ore, la polizia croata ha individuato una sessantina di migranti
nascosti in un furgone lungo l’autostrada Belgrado-Zagabria e la polizia serba ha scoperto nove migranti afghani, di cui tre minorenni, su tre camion che cercavano di
entrare illegalmente in Ungheria.
Nello stato messicano di Chihuahua
Ucciso leader ambientalista
CITTÀ DEL MESSICO, 20. Isidro Baldenegro, dirigente indigeno messicano noto nel mondo per le sue battaglie ambientaliste, è stato assassinato
ieri da un gruppo di uomini armati
nella sua comunità nelle montagne
della Sierra Madre settentrionale,
nello stato di Chihuahua.
Si tratta del secondo attivista vincitore del premio Goldman — considerato il “Nobel verde”, cioè il maggior riconoscimento internazionale
per la difesa dell’ambiente — ucciso
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in America latina negli ultimi dodici
mesi, dopo l’honduregna Berta Cáceres nel marzo dell’anno scorso.
Baldenegro ha promosso numerose battaglie contro la deforestazione
selvaggia e per la protezione della
Sierra Tarahumara. Nel 2003 era
perfino finito in carcere, accusato di
possesso di sostanze stupefacenti e
di armi da guerra, ma la giustizia
aveva dovuto liberarlo dopo una vasta campagna internazionale a suo
favore. Dal 2005 era costantemente
minacciato di morte.
«L’uccisione di Isidro ci indigna e
ci preoccupa. Non disponiamo
dell’informazione sufficiente per stabilire chi è il colpevole di questo
omicidio. Dal 2007 a questa parte
non esiste più una distinzione chiara
fra caporali locali, tagliaboschi e
narcotrafficanti», hanno dichiarato
al quotidiano «Norte Digital» militanti ambientalisti locali.
Per ridurre le emissioni nocive
Per stemperare le crescenti tensioni
A Bruxelles
conferenza sul clima
L’Ue convoca
Serbia e Kosovo
BRUXELLES, 20. L’emergenza clima
in Europa è sempre più alta. In una
conferenza in programma oggi a
Bruxelles, la direzione generale clima della commissione europea lancerà una consultazione con le parti
interessate e finanziatori per raccogliere idee e contributi sul fondo innovazione per l’Ets.
Il fondo, parte della proposta legislativa di riforma del sistema
dell’Ue per lo scambio delle quote
di carbonio (Ets), ha lo scopo di
aiutare l’industria e il settore
dell’energia a promuovere innovazione e investimenti per ridurre le
emissioni, attraverso la realizzazione
di progetti dimostrativi sulle più
moderne tecnologie per le energie
rinnovabili e la cattura e stoccaggio
del carbonio. Alla conferenza odierna, di alto livello, faranno seguito
una serie di tavole rotonde di esperti, nei mesi successivi.
Un recente studio dell’agenzia
europea per l’ambiente conferma
che nell’Ue il raggiungimento degli
obiettivi 2020 in materia di energia
e clima è vicino, anche se permangono alcune criticità significative.
Prima tra tutte quella rappresentata
dal settore dei trasporti, dove l’uso
delle energie rinnovabili è scarso e
le emissioni di gas a effetto serra derivate dalla mobilità sono di nuovo
in aumento.
Londra
punta
al commercio
globale
LONDRA, 20. Il premier britannico
Theresa May, intervenendo al forum economico di Davos che si
conclude oggi, si è detta certa che
«la Gran Bretagna ha l’opportunità
unica di assumere la leadership
mondiale del libero commercio e
del libero mercato». E il suo ministro del commercio internazionale,
Liam Fox, non a caso ha annunciato contatti preliminari con 12 paesi,
fra cui Cina, India e Australia, Corea del Sud e importanti partner
mediorientali. Oltre naturalmente
agli Stati Uniti di Donald Trump.
Dal canto suo, il presidente
dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha affermato che l’idea di
rendere il Regno Unito una sorta
di paradiso fiscale, una volta messa
a punto la Brexit, «è improduttiva
e dannosa». È quanto ha dichiarato commentando le parole del cancelliere dello scacchiere britannico,
Philip Hammond, che ha parlato
di un piano B con nuove politiche
fiscali, in caso di un cattivo accordo di uscita dall’Unione europea.
Intanto, in questi giorni, prima
dell’avvio formale del processo
Brexit, le più importanti banche
d’investimento stanno spostando
personale da Londra: Hsbc si prepara a inviare mille dipendenti a
Francoforte e Ubs ne ha dirottati
altrettanti a Parigi.
WASHINGTON, 20. Joaquín “El
Chapo” Guzmán, fondatore del
cartello di Sinaloa e uno dei narcotrafficanti più temuti e potenti
del Messico, è stato estradato negli Stati Uniti, dove rischia di essere condannato alla pena di morte. El Chapo è stato portato dal
carcere di massima sicurezza di
Ciudad Juárez all’aeroporto della
città dello stato messicano di
Chihuahua, alla frontiera con gli
Stati Uniti, e consegnato agli
agenti dell’Fbi, che poi lo hanno
accompagnato durante il volo
verso New York. Secondo i media, dovrebbe apparire in giornata
davanti a un giudice della corte
federale di Brooklyn.
Guzmán è stato per anni l’indiscusso leader del traffico di sostanze stupefacenti verso gli Stati
Uniti e nel 2009 è stato inserito
nella lista degli uomini più ricchi
del mondo della rivista «Forbes»,
con un patrimonio stimato in un
miliardo di dollari. Più volte arrestato, El Chapo era riuscito a
scappare ben due volte dalle prigioni del Messico.
Emissioni nocive da un impianto belga (Afp)
BRUXELLES, 20. Non si attenua la
tensione tra Serbia e Kosovo innescata dalla decisione serba di ripristinare, a diciotto anni dal conflitto, il primo collegamento su rotaia
tra Belgrado e Mitrovica, città settentrionale kosovara a maggioranza
serba. Il treno, decorato con scritte
nazionalistiche e patriottiche serbe,
è stato bloccato e fatto tornare indietro dalle autorità kosovare (il
presidente, Hashim Thaçi, ha parlato di una «provocazione»), causando una delle più gravi crisi diplomatiche tra i due paesi balcanici
degli ultimi anni.
Nel tentativo di stemperare il
contenzioso, l’alto rappresentante
per la politica estera e di sicurezza
comune dell’Unione europea, Federica Mogherini, ha convocato
una riunione con Belgrado e Pristina, nell’ambito del dialogo facilitato dall’Ue, per il 24 gennaio prossimo. Lo ha confermato una nota
del servizio europeo di azione
esterna. «Le tensioni degli ultimi
giorni mostrano la necessità di
maggiore impegno da parte della
Serbia e del Kosovo», ha scritto
Mogherini su Twitter. Sull’ulteriore
deterioramento dei rapporti diplomatici tra Belgrado e Pristina era
intervenuto anche il ministro degli
esteri russo, Serghiei Lavrov.
Le autorità di Belgrado hanno
frattanto deciso di impiegare su al-
tre tratte ferroviarie della Serbia il
cosiddetto, dagli analisti, “treno
della discordia” (un convoglio moderno di produzione russa).
Come riferiscono i media, a partire da oggi — e per dieci giorni —
il convoglio sarà operativo per il
servizio passeggeri sulla linea Kraljevo-Čačak-Požega-Užice, a sud di
Belgrado nella parte centroccidentale della Serbia.
Annuncio di Mario Draghi che rivendica i meriti della politica economica adottata
La Bce lascia invariati i tassi d’interesse
FRANCOFORTE, 20. La Banca centrale europea (Bce) ha confermato tutti
i tassi di interesse in vigore e ha reso
noto che «se le prospettive diverranno meno favorevoli o se le condizioni finanziarie risulteranno incoerenti
con ulteriori progressi verso un aggiustamento durevole del profilo
dell’inflazione, il consiglio direttivo
è pronto a incrementare il programma in termini di entità e/o durata».
Quindi si va avanti come da programma con gli acquisti di titoli di
stato da 80 miliardi al mese fino a
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
marzo e poi da 60 miliardi fino a dicembre e, se i prezzi non mostreranno un andamento convincente, la
quota potrebbe risalire. Le dichiarazioni giungono dopo la riunione del
consiglio direttivo della Bce che si è
tenuta ieri ed è stata incentrata
sull’andamento dell’inflazione.
L’indicazione è piaciuta ai mercati. In particolare i titoli bancari ne
hanno beneficiato. Di fronte alle richieste della Germania di modificare
la politica del quantitative easing, il
presidente della Bce, Mario Draghi,
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caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
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ha ribadito l’invito a «essere pazienti», sottolineando che «se la ripresa
crescerà, saliranno i tassi». Quelli
bassi, ha spiegato, «sono necessari
oggi per avere tassi più alti in futuro. E poi va ricordato che di questi
tassi anche i risparmiatori tedeschi
hanno beneficiato, come prestatori e
come imprenditori».
Secondo Draghi l’inflazione dovrebbe «risalire ancora nel breve termine», ma per ora «non ci sono segnali di un rialzo convincente». Con
l’occasione il presidente della Bce ha
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
chiarito i criteri in base ai quali viene giudicato credibile un rialzo
dell’inflazione: deve avere un obiettivo superiore al medio termine, deve
essere duraturo, non deve essere legato a interventi straordinari e deve
essere uniforme nell’area dell’euro.
In ogni caso Draghi si è mostrato
ottimista per quanto concerne l’andamento dell’Eurozona: dopo il +0,3
per cento registrato nel terzo trimestre «gli ultimi dati indicano una
crescita più forte nel quarto trimestre», ha sottolineato.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
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Insediato
il nuovo
presidente
bulgaro
SOFIA, 20. Il nuovo capo dello
stato bulgaro, Rumen Radev,
che ha vinto le elezioni presidenziali nel novembre scorso
appoggiato dal partito socialista,
si è insediato ieri dopo avere
prestato giuramento in parlamento. Nel suo discorso davanti
ai deputati, Radev ha dichiarato
che l’appartenenza della Bulgaria all’Unione europea e alla
Nato è una «scelta strategica
che non può essere messa in discussione», ma che, allo stesso
tempo, «la politica estera del
paese dovrebbe essere formulata
autonomamente».
Sul versante interno, Radev
ha detto che «l’indebolimento
della democrazia è un problema
reale». A suo dire, «la lotta alla
povertà, alla corruzione e alle
disparità economiche, il miglioramento del sistema dell’istruzione e della sanità, oltre alla riforma giudiziaria sono questioni
di massima priorità». Un altro
tema importante, secondo Radev, è la sicurezza ai confini della Bulgaria, in quanto l’accordo
di Dublino sull’asilo europeo
«rende gli stati periferici dell’Ue
delle zone cuscinetto» rispetto
alla pressione migratoria. Il
mandato di Radev inizierà ufficialmente il 22 gennaio.
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L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 21 gennaio 2017
pagina 3
Siriani tra le rovine
della città di Aleppo (Ap)
Decine di miliziani dell’Is uccisi a quaranta chilometri da Sirte
Raid statunitensi in Libia
Mentre non si fermano i combattimenti con i jihadisti
Sostegno dell’O nu
ai negoziati sulla Siria
NEW YORK, 20. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, è fiducioso che i colloqui di Astana sulla Siria possano segnare «un passo
positivo». Lo ha detto il portavoce
del Palazzo di Vetro, Stéphane
D ujarric. Guterres ha preso atto
dell’invito rivolto all’inviato speciale
delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, da parte di Russia, Iran e Turchia, e, «vista la complessità della situazione e l’importanza delle questioni che verranno sollevate, ha
chiesto a de Mistura di guidare la
squadra delle Nazioni Unite».
I negoziati di Astana sul conflitto
siriano «si prevede che durino diversi giorni», secondo quanto ha dichiarato la portavoce del ministero
degli esteri russo, Maria Zakharova.
E il presidente russo, Vladimir Putin, ha discusso ieri della preparazione dei negoziati intrasiriani ad Astana e del conflitto ucraino con i
membri permanenti del consiglio di
sicurezza russo: lo fa sapere il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.
Su fronte militare, più di 30 jihadisti del cosiddetto stato islamico
(Is) sarebbero stati uccisi in operazioni delle truppe siriane e dei miliziani alleati nella provincia di Homs,
nella Siria centrale. E decine di miliziani qaedisti e di altre fazioni delle
opposizioni armate siriane sono stati
uccisi nelle ultime ore nel nord-ovest
del paese in raid aerei della coalizione anti-Is a guida statunitense. Inoltre, la televisione Al Jazeera cita oggi un comunicato del Pentagono nel
quale gli Stati Uniti rivendicano
l’uccisione martedì di un leader qaedista di spicco nella regione di Idlib,
poco lontana da Daret Izza. I jihadisti avrebbero danneggiato altri due
antichi monumenti a Palmira, un colonnato e il teatro romano. Lo ha reso noto il responsabile delle antichità archeologiche della città siriana.
Intanto, in Turchia circa 500.000
bambini siriani rifugiati sono iscritti
a scuola, ma nonostante da giugno
ci sia stato un aumento di oltre il 50
per cento del numero di iscrizioni,
più del 40 per cento dei bambini in
età scolare — circa 380.000 minorenni siriani rifugiati — è fuori dalle aule. Lo denuncia il vice direttore generale dell’Unicef, Justin Forsyth.
«La Turchia — ha continuato
Forsyth — dovrebbe essere elogiata
per questo importante traguardo.
Ma se non saranno garantite ulteriori risorse si verificherà il rischio reale
di avere una “generazione perduta”
di bambini siriani, privati degli strumenti con i quali un giorno potrebbero ricostruire il proprio paese».
Sono oltre 1,2 milioni i bambini rifugiati che vivono in Turchia, divenuta
il paese con il più alto numero di
bambini rifugiati al mondo.
TRIPOLI, 20. Una tempesta di fuoco
si è abbattuta su due campi del cosiddetto stato islamico (Is) in Libia,
a poco più di quaranta chilometri a
sud-ovest di Sirte. A colpire i bombardieri B-2 statunitensi, affiancati
da alcuni droni. L’operazione si è
svolta meno di un mese dopo l’annuncio del Pentagono sulla fine della campagna aerea nel paese nordafricano. Il presidente uscente, Barack Obama, ha dato invece il via
libera al suo ultimo raid. Il segretario alla difesa statunitense, Ashton
Carter, ha reso noto che nelle operazioni sono stati uccisi più di 80
combattenti dell’Is.
L’attacco è avvenuto nella notte
tra mercoledì e giovedì. Il portavoce del Pentagono, Peter Cook, ha
spiegato che si stanno ancora valutando i risultati. Ma le prime indicazioni parlano di un successo, con
l’uccisione di decine di jihadisti,
tutti fuggiti da Sirte lo scorso autunno, quando l’ex roccaforte libica
del cosiddetto stato islamico subì
l’offensiva finale. L’attacco venne
condotto dalle forze libiche fedeli a
Tripoli appoggiate dagli Stati Uniti
anche con la campagna aerea denominata Operation Odissey Light-
ning, che a oggi conta oltre 500
raid aerei.
Tra le vittime dell’ultimo attacco
ai due campi a sud-ovest di Sirte —
assicurano le autorità statunitensi —
non ci dovrebbero essere civili.
L’azione si è svolta infatti in una
zona remota e desertica del paese,
dove si trovano altri due campi usati dai jihadisti ma oramai vuoti. A
Il consiglio presidenziale del governo di concordia nazionale guidato da Fayez Al Sarraj in un comunicato ha reso noto che «questi raid
sono una misura preventiva per
bloccare i tentativi dell’organizzazione terroristica» dell’Is «di riunire
i suoi esponenti con l’obiettivo di
sferrare un nuovo attacco contro la
città e altre zone della Libia».
Bombardiere statunitense impegnato nell’operazione in Libia (Afp)
Richiesta delle Nazioni Unite dopo il bombardamento di un campo profughi
Il parlamento di Strasburgo sollecita un’inchiesta
Indagine
sulla tragedia in Nigeria
L’Ue condanna
le violenze nel Burundi
ABUJA, 20. L’alto commissario Onu
per i rifugiati, Filippo Grandi, ha
chiesto alla Nigeria di «fare piena
luce» sulla tragedia avvenuta nel
campo profughi nel nord-est del
paese martedì scorso. Le autorità
nigeriane hanno parlato di «un errore» compiuto da un caccia
dell’aeronautica di stato, ma «devono emergere le carenze che hanno
provocato l’attacco», che è costato
la vita ad almeno 70 persone e ne
ha ferite oltre 200.
L’aereo di combattimento, secondo fonti governative, era in missione nello stato di Borno, al confine
con il Camerun, contro i fondamentalisti dell’organizzazione terrorista Boko Haram. Secondo i testimoni, è sfrecciato in un attimo sopra il campo profughi di Rann nel
nord-est della Nigeria, e l’esplosione delle bombe è stata talmente
forte da coprirne il rombo. Tra le
vittime, si contano alcuni degli
sfollati, scampati proprio ai massacri di Boko Haram, e alcuni dottori
e operatori umanitari delle organizzazioni che operano nel campo, a
partire dalla Croce rossa.
Il generale Lucky Irabor, comandante dell’offensiva in atto da qualche mese contro i terroristi di Boko
Haram nel nord-est del paese, ha
confermato il bombardamento «per
sbaglio» nella regione. Il generale
ha spiegato di aver ordinato la missione basandosi su informazioni relative a un raggruppamento di Boko Haram proprio nella zona indicata da quelle coordinate. Il comandante delle forze nigeriane ha
aggiunto che è presto per sapere se
si è trattato di un errore tattico o
geografico. L’alto commissariato
dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) ha
chiesto che la Nigeria presenti i risultati di un’inchiesta a tutto tondo
sull’accaduto. È la prima volta che
i militari ammettono di aver colpito
un obiettivo civile.
Il presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, ha espresso il proprio sgomento per la perdita di vite
umane e ha invitato alla calma la
popolazione e le autorità.
strategia dell’Akp. «Si tratta — ha dichiarato — di un argomento complesso, non alla portata di tutti, ma non
appena i lavori del parlamento saranno terminati inizieremo una campagna di informazione, per far capire al
paese che la democrazia ne uscirà
rafforzata».
Con queste parole il premier ha risposto a una domanda di un giornalista fuori dal parlamento di Ankara,
dopo che un recente sondaggio ha rivelato che il sì al passaggio della riforma sul presidenzialismo, allo stato
attuale, riceverebbe solo il 43 per
cento dei consensi. «Andremo nelle
piazze, parleremo con la gente e spiegheremo cosa è meglio per il paese»,
ha precisato Yıldırım.
Gli altri sette articoli saranno approvati dai parlamentari tra oggi e
domani. Seguiranno, quindi, la votazione sull’intero testo e il successivo
referendum, previsto per aprile.
BUJUMBURA, 20. Il parlamento
dell’Unione europea ha espresso ieri la sua condanna alle ripetute violenze e violazioni dei diritti umani
registrate in Burundi dal 2015.
Strasburgo ha manifestato anche
la sua «profonda inquietudine» per
l’aggravarsi della situazione politico-istituzionale e di sicurezza nel
paese africano, che ha portato — si
Morti trenta vigili del fuoco intervenuti per domare un incendio
Crolla un grattacielo a Teheran
TEHERAN, 20. Trenta vigili del
fuoco sono rimasti uccisi nel crollo
di un edificio in fiamme a Teheran. Lo hanno reso noto le autorità della capitale iraniana. Le fiamme si sono sprigionate, per cause
ancora da chiarire, nelle prime ore
del mattino di ieri nel grattacielo
Plasco, una nota struttura di diciassette piani nel centro della ca-
pitale iraniana, poco a nord del
bazar della città, che ospitava importanti aziende in particolare legate alla sartoria.
I vigili del fuoco erano al lavoro da ore per domare le fiamme
che hanno corroso la struttura
provocandone il crollo, mostrato
in diretta dalla televisione di stato che stava in quel momento in-
La Turchia accelera
sul referendum costituzionale
ANKARA, 20. Anche in seconda lettura, il parlamento di Ankara ha approvato altri quattro emendamenti di riforma costituzionale che porteranno
la Turchia a essere una repubblica
presidenziale. Una riforma espressamente voluta e ispirata dal presidente, Recep Tayyip Erdoğan.
Nonostante i repubblicani del
Chp, principale partito di opposizione, continuino a denunciare violazioni della procedura di voto a scrutinio
segreto da parte del partito di maggioranza Akp, al governo, i lavori
parlamentari procedono spediti.
Con il parlamento turco impegnato nel dibattito per l’approvazione
del pacchetto di 18 emendamenti costituzionali, la cui entrata in vigore è
legata non tanto all’esito, scontato,
della seconda lettura, quanto al responso del referendum popolare, il
primo ministro turco, Binali Yıldırım,
ha annunciato la seconda fase della
supporto dell’operazione anche una
nave da guerra statunitense equipaggiata con i missili Tomahawk,
ma non si sarebbe reso necessario il
suo intervento. «Gli Stati Uniti sono pronti a dare ulteriore sostegno
alle autorità libiche impegnate nello
sforzo per contrastare la minaccia
terroristica», ha dichiarato il Pentagono.
tervistando un giornalista sul
posto.
«Avevamo a più riprese messo
in guardia i responsabili dell’immobile» sulla sua fragilità, ha dichiarato il portavoce dei vigili del
fuoco, Jalal Maleki. «Gli amministratori di condominio hanno sempre ignorato gli avvertimenti», ha
aggiunto. Le autorità di Teheran
hanno ordinato un’indagine immediata e il risarcimento alle persone
colpite dalla tragedia. L’operazione di salvataggio potrebbe durare
più di due giorni. Sul posto sono
state mandate truppe per aiutare i
soccorritori.
Per motivi precauzionali dopo
la sciagura la polizia ha circondato
le sedi delle ambasciate britannica
e turca a Teheran che si trovano
nella vicinanza del palazzo crollato. L’edificio Plasco, primo grattacielo privato iraniano, era stato costruito più di 50 anni fa.
legge in una nota — ad abusi, atti
di tortura, deportazioni di massa,
arresti arbitrari e collettivi e a violenze generalizzate sulle donne con,
in particolare, numerosi casi di stupro collettivo.
Gli eurodeputati hanno, quindi,
invitato le autorità burundesi a realizzare inchieste approfondite e a
condurre i responsabili delle violenze e delle violazioni dei diritti umani di fronte alla giustizia. Strasburgo chiede, inoltre, al governo di
Bujumbura di ritirare due progetti
di legge depositati a fine dicembre
e che puntano a imporre dei controlli stretti sulle attività delle organizzazioni non governative che
operano nel paese.
La crisi politica è stata innescata
dalla rielezione per un terzo mandato consecutivo del presidente,
Pierre Nkurunziza. L’opposizione,
che ha boicottato le elezioni, ha accusato il capo dello stato di avere
violato la costituzione, che prevede
un massimo di due mandati.
Nel 2016, il parlamento, su invito
dello stesso Nkurunziza, ha votato
l’uscita del paese dalla Corte penale
internazionale (Cpi), dopo che l’organo giudiziario aveva aperto un
esame preliminare sulle continue
violenze. La situazione è peggiorata
successivamente, quando il presidente ha accusato gli oppositori di
avere orchestrato un colpo di stato
ai suoi danni. Soltanto nell’ultimo
anno, 500 persone sono state uccise
e altre 300.000 sono state costrette
ad abbandonare il paese africano
(che conta 11 milioni di abitanti).
Proprio il numero relativo ai profughi è tra le preoccupazioni principali di Strasburgo e Bruxelles, impegnati negli ultimi mesi a limitare
i
flussi
migratori
provenienti
dall’Africa e diretti in Europa.
Tribunale di Seoul non conferma
l’arresto del leader di Samsung
Vigili del fuoco sul luogo della sciagura (Ap)
SEOUL, 20. Respinta dalla Corte
centrale distrettuale di Seoul la richiesta d’arresto per il vice presidente del gruppo Samsung, Lee
Jae-yong. Secondo i giudici sudcoreani le accuse di corruzione, appropriazione indebita e falsa testimonianza non sono sostenute da
motivazioni sufficienti.
Indagando sullo scandalo che ha
travolto la presidente della Repubblica Park Geun-hye e la confidente Choi Soon-sil, secondo le accuse
è emerso che Lee avrebbe autoriz-
zato un pagamento da 18 milioni
di dollari a favore di una società di
Choi in cambio di favori per sostenere la fusione aziendale di due
gruppi sussidiari della Samsung.
«È difficile trovare la ragione, la
necessità e l’opportunità per l’arresto in questa fase», ha motivato il
tribunale rigettando la richiesta
della procura, osservando che sono
da chiarire fattori chiave quali se il
denaro fosse veramente per «favori
reciproci». Lee Jae-yong ha sempre
negato ogni accusa.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
sabato 21 gennaio 2017
Statua di Newman davanti
al Brompton Oratory (Londra)
Nella memoria cristiana tardoantica
L’eredità di Agnese
di FABRIZIO BISCONTI
Coscienza e verità in John Henry Newman
Una voce
che parla come Dio
indipendenza, l’assoluta autonomia, la pura
soggettività. Il santuario della coscienza è stato “desacralizzato”. La responsabilità nei confronti del Creatore è stata bandita dalla coscienza. Le conseguenze di questa visione deformata della coscienza ci stanno davanti agli
occhi: emancipandosi dalla responsabilità nei
confronti del Creatore, infatti, l’uomo tende a
segregarsi anche dal prossimo. Vive nel piccolo mondo del proprio io, spesso senza prendersi cura dell’altro, senza interessarsi dell’altro, senza sentirsi corresponsabile per l’altro.
Il puro individualismo e la ricerca illimitata
del piacere e del potere oscurano il mondo e
rendono sempre più difficile la
convivenza pacifica tra gli uomini. Pur vedendo in modo
realistico tutte queste sfide, non
dobbiamo tuttavia cedere alla
tentazione del pessimismo. Le
intuizioni di John Henry
Newman, infatti, possono aiutarci a trovare delle risposte
A John Henry Newman ed Edith Stein è dedicato il convegno
adeguate.
«Maestri perché testimoni» che si svolge dal 19 al 20 gennaio al
In Newman, il soggetto trocampus dell’Istituto universitario salesiano di Venezia-Mestre.
va un’attenzione che nella teoNewman e Stein, nati in contesti religiosi diversi (la Chiesa
logia cattolica non aveva più
d’Inghilterra di inizio Ottocento e il mondo ebraico mitteleuropeo
conosciuto forse dal tempo di
del Novecento) hanno impegnato la loro vita in una suprema sintesi
Agostino. Per il teologo ingledi rigorosa ricerca filosofica, fede e sequela evangelica. «Purtroppo —
se, tuttavia, non c’è opposiziochiosa Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz nel suo intervento — non
ne tra la centralità del concetto
esistono, a prescindere dalle traduzioni, pensieri esplicitamente
di coscienza e la centralità del
elaborati da Edith Stein su Newman, ma la scelta fatta nelle Briefe
concetto di verità. Coscienza
und Tagebücher vor der Konversion è eloquente. Nell’immediato
non significa per lui autodetercontesto della conversione di Newman, Stein traduce ad esempio il
minazione del soggetto contro
doloroso addio a sua sorella Jemima, il 15 marzo 1845: “Rattristo
le esigenze della verità, ma la
tutti quelli che amo, rendo inquieti tutti quelli che ho istruito o
presenza percepibile e imperatisostenuto. Vado da uomini che non conosco e dai quali mi aspetto
va della voce della verità nel
molto poco. Faccio di me stesso un reietto, e ciò alla mia età. Che
soggetto stesso. Il suo cammicosa può spingermi a questo, se non una severa necessità?”. Theo
no personale ne costituisce una
Gunckel, l’oratoriano di Leipzig, riassumeva questo tono
testimonianza eloquente. Paolo
malinconico della traduzione delle lettere da parte di Stein in modo
VI, pieno di ammirazione e di
commovente: “Abbandona il tuo popolo e la casa di tuo padre e va’
stupore, disse di Newman nel
in terra straniera”. Ciò permette di intuire un’immagine speculare
Discorso ai pellegrini convenuti
della giovane convertita all’ombra del grande predecessore». Nel
per la beatificazione di Domenico
necrologio in memoria di Joseph Schwind, suo direttore spirituale,
della Madre di Dio, del 27 ottoviene citata di nuovo una frase del cardinale Newman: «È
bre
1963:
«Guidato
solo
relativamente facile sviluppare in sé un lato della vita cristiana,
dall’amore alla verità e dalla feseverità o clemenza, serietà o allegria, ma la vera perfezione cristiana
deltà a Cristo, ha tracciato un
si mostra solo nell’unione di virtù contrapposte». Pubblichiamo
cammino, il più impegnativo,
l’intervento di Hermann Geissler.
ma anche il più grande, il più
significativo, il più risolutivo
che il pensiero umano ha mai
intrapreso durante il secolo
scorso, anzi si potrebbe dire
della verità», lasciando la persona sola in durante il tempo moderno, per arrivare alla
mezzo a «un deserto senza strade». Quasi 150 pienezza della sapienza e della pace». Questo
anni fa, John Henry Newman aveva già de- cammino è stato un cammino di coscienza,
nunciato questa interpretazione soggettivistica come vorrei mostrare in due momenti cruciali
e immanentistica della coscienza, scrivendo della sua vita: nella sua prima conversione e
nella sua famosa Lettera al Duca di Norfolk nel suo passaggio alla Chiesa cattolica. Il gio(1874): «Quando gli uomini si appellano ai vane John Henry crebbe in un ambiente andiritti della coscienza, non intendono assolu- glicano normale. Pur leggendo la Bibbia e
tamente i diritti del Creatore, né il dovere coltivando una certa forma di religiosità, non
che, tanto nel pensiero come nell’azione, la ebbe una solida fede personale in Dio. Scrisse
creatura ha verso di Lui. Essi intendono il di- nel suo Diario: «Mi ricordo del 1815; pensavo
ritto di pensare, parlare, scrivere e agire se- allora d’aver più desiderio di virtù che di piecondo il proprio giudizio e il proprio umore tà; c’era in questa qualcosa che non mi andasenza darsi alcun pensiero di Dio... La co- va. E il fatto d’amare Dio non aveva per me
scienza ha diritti perché ha doveri; ma al alcun senso». Il giovane, quindi, si trovò nelgiorno d’oggi, per una buona parte della gen- la tentazione di mirare ad alti ideali etici, ma
te, il diritto e la libertà di coscienza consisto- di rigettare la fede in Dio. Nel 1816, in mezzo
no proprio nello sbarazzarsi della coscienza, a questa lotta interiore, nel suo cuore avvenne
nell’ignorare il Legislatore e Giudice, nell’es- un grande cambiamento.
sere indipendente da obblighi che non si veNewman aveva trovato la realtà di Dio nel
dono. Consiste nella libertà di abbracciare o suo intimo, nella sua coscienza. Di consemeno una religione... La coscienza è una se- guenza, cercò di seguire la via della perfeziovera consigliera, ma in questo secolo è stata ne. Scelse in quel tempo come motto per la
rimpiazzata da una contraffazione, di cui i di- sua vita le due frasi «La santità piuttosto che
ciotto secoli passati non avevano mai sentito la pace» e «La crescita è la sola espressione di
parlare o dalla quale, se ne avessero sentito, vita». Questa ricerca di perfezione, tuttavia,
non si sarebbero mai lasciati ingannare: è il non fu un ripiegamento su se stesso, ma — al
diritto ad agire a proprio piacimento».
contrario — fu un’apertura verso il Dio persoQueste parole rivestono tuttora un’attualità nale che aveva parlato alla sua coscienza e gli
sorprendente: oggi la coscienza è spesso con- aveva rivelato la sua trascendenza e vicinanza.
fusa con l’opinione personale, il sentimento Newman, quindi, cercò di lasciarsi guidare da
soggettivo, il proprio piacimento. Per molti quella voce interiore nella quale percepiva
non significa più la responsabilità della crea- l’eco della voce dell’Invisibile, che è più reale
tura nei confronti del Creatore, ma la totale del visibile.
di HERMANN GEISSLER
a riduzione dell’uomo alla sua soggettività non lo rende libero, ma
schiavo dell’opinione pubblica. Chi
parifica la coscienza con la convinzione superficiale la identifica con
una sicurezza solo apparentemente razionale,
tessuta in realtà di presunzione, conformismo
e pigrizia; la degrada non raramente a meccanismo di assoluzione e ignora che essa rappresenta la trasparenza del soggetto al Divino. La riduzione della coscienza a certezza
soggettiva è allo stesso tempo «sottrazione
L
Maestri perché testimoni
facile indovinare la
fortuna che il culto
della martire Agnese
ebbe a partire dagli
anni centrali dell’età
tardoantica, quando la devozione dei membri dell’entourage
imperiale e dei pontefici del IV,
del V e del VII secolo, come riferito puntualmente da rapidi
quanto significativi passaggi
del Liber pontificalis, portò alla
creazione di un articolato e imponente complesso architettonico, specificatamente concepito
come un agglomerato di monumentali edifici, destinati a custodire le spoglie della santa, a
esaltarne il luogo della sepoltura e a dar vita a spazi funerari
eccezionali, primi fra tutti l’ambizioso mausoleo di Costantina
e l’annessa basilica circiforme.
Ma procedendo con ordine,
dobbiamo rilevare che sono
meno facili da individuare le
coordinate storiche e cronologiche riferibili al martirio della
piccola Agnese, che la Depositio
martyrum non manca di ricordare al 21 gennaio sulla via Nomentana.
Infatti, lo stesso Damaso,
l’instancabile papa archeologo,
in un carme iscritto ora conservato lungo lo scalone d’accesso
al nartece della basilica onoriana, apre il suo racconto dedicato alla santa, dichiarando al lettore le sue incertezze e specificando che le vicende gli sono
note solo per via indiretta o —
meglio ancora — per una storia
raccontata, secondo la tradizione, dagli stessi genitori della
fanciulla. La versione damasiana del martirio narra che, in
concomitanza con delle imprecisate persecuzioni, Agnese, ancora legata al seno della nutrice, si sia offerta spontaneamente alla rabbia del tiranno, subendo la condanna tra le fiamme; condotta nuda al supplizio
— continua Damaso — i capelli
le crebbero prodigiosamente
coprendo le nudità, per far sì
che nessuno dei presenti potesse violare con lo sguardo quel
tempio illibato del Signore.
Tuttavia, nel medesimo frangente cronologico, al racconto
damasiano, si affianca quello
del vescovo di Milano Ambrogio, che, nel suo De virginibus,
tramanda una storia divergente
da quella nota a Roma, tanto
che il martirio del vivicomburium viene sostituito con la decapitazione, mentre al prodigio
dei capelli che scendono per
coprire il corpo nudo della
condannata, subentra quello di
un panno che le si avvolge miracolosamente attorno. Per il
resto, le due versioni coincidono nel ritrarre Agnese come
una giovane fanciulla, casta,
pura e coraggiosa, al punto di
cercare autonomamente il martirio e disposta alla morte pur
di conservare intatta la sua verginità. Questi tratti peculiari
confluiscono in un inno che
Prudenzio compone, ormai agli
inizi del V secolo, in onore
della giovane, che anche agli
occhi del poeta spagnolo conserva tutte le sue eccezionali
qualità morali, mentre il martirio viene raccontato unendo la
tradizione
damasiana
delle
fiamme con quella ambrosiana
della decollatio, a cui si aggiunge, però, l’episodio dell’esposizione della giovane in un lupanare, dal quale esce totalmente
illibata, il tutto secondo un
espediente narrativo volto a enfatizzare maggiormente la divi-
È
na castità e purezza della martire fanciulla.
Ebbene, proprio l’incertezza
dei dati desumibili dai racconti
che circolavano tra la fine del
IV secolo e gli inizi del V riguardo
al
martirio
di
sant’Agnese ha costretto gli
studiosi a riesaminare il complesso catacombale con sguardo più attento, cercando di far
coincidere il dato monumentale
con le testimonianze storiche
disponibili. Per primo, Amato
Pietro Frutaz propose che le
persecuzioni
menzionate
nell’iscrizione di Damaso fossero quelle volute da Diocleziano
tra il 303 e il 304. Tale ipotesi,
tuttavia, come ha ben puntualizzato Umberto Maria Fasola,
non trova conferma dai rinvenimenti archeologici. La tomba
di Agnese, infatti, si colloca in
una regione delle catacombe
caratterizzata da una serie di
peculiarità che si riscontrano
unicamente
nelle
aree cimiteriali più
antiche e, nello specifico, in quelle riferibili al III secolo. In
questo senso, parlano le iscrizioni estremamente laconiche, i
diaframmi ampi lasciati tra i loculi scavati nel tufo e la regolarità con cui vengono progettate le
varie gallerie. A questo punto, è piuttosto intuitivo ricollegare le persecuzioni
ricordate da Damaso
con quelle di Decio
o di Valeriano che
proprio intorno alla
metà del III secolo
avevano fatto crescere in maniera esponenziale i processi e
le condanne nei confronti dei cristiani; a
questo punto, inoltre, si spiegano bene
le reciproche divergenze tra la narrazione damasiana, ambrosiana e prudenziana di cui si è già
detto, poiché raccontano di fatti accaduti
almeno un secolo
prima e di cui, evidentemente,
si stava perdendo la memoria
storica.
Di contro, mi sembra interessante constatare come il resto
del cimitero si sviluppi in un
periodo che oscilla tra la fine
del III e la seconda metà del IV
secolo, a dimostrazione del fatto che proprio la sepoltura di
Agnese nella catacomba deve
aver innescato un processo devozionale massiccio e immediato che ha portato alla creazione
di nuovi spazi sepolcrali sorti
attorno al luogo della sua deposizione, così da dar vita a
delle vere e proprie aree intensamente sfruttate dalle sepolture dei cristiani ordinari, come
al solito concepite per permettere ai fedeli di poter essere sepolti quanto più vicino possibile alla santa.
Insieme alla sepoltura della
martire, come sottolineato dianzi, un ruolo determinato per lo
sviluppo
del
cimitero
di
sant’Agnese viene giocato dalla
committenza imperiale e, in
particolare, dall’impresa architettonica voluta da Costantina,
figlia dell’imperatore Costantino. In onore della santa, infatti, venne commissionata una
grandiosa basilica circiforme
delle dimensioni di 98 metri
per 40 che, per essere edificata,
doveva colmare un dislivello di
12 metri che separava la via
Nomentana dalla zona corri-
spondente all’attuale piazza
Annibaliano. Per far ciò, si
creò, con un poderoso reinterro, un piano apposito su cui
gettare le fondamenta dell’edificio, mentre a valle, nel punto
in cui si imposta l’abside, si costruì un muro con contrafforti,
che doveva stabilizzare la statica della struttura in prossimità
del limite dello strapiombo.
Raccordato alla basilica, per
mezzo di un atrio a forcipe, si
eresse contemporaneamente il
mausoleo che avrebbe ospitato
le spoglie di Costantina.
L’edificio si profila, ancora
oggi, come una struttura a
pianta centrale, dotata di un
ampio peribolo esterno regolarmente scandito da nicchie e absidiole, mentre al centro, tramite un fitto ordine di doppie colonne, si imposta la cupola, la
cui luminosità e leggerezza rievoca tutte le caratteristiche architettoniche tipiche dell’età
Domenichino, «Sant’Agnese» (c. 1620)
costantiniana. La decorazione
della volta è andata perduta
dopo che il cardinal Francesco
Veralli, nel 1620, fece sostituire
l’antico mosaico con degli affreschi che rappresentavano la
vita di una presunta santa Costanza. In ogni caso, la preziosità dell’apparato musivo originario ci è parzialmente nota da
una serie di disegni eseguiti
prima di questi interventi.
Tornando, invece, alla basilica circiforme di sant’Agnese,
siamo costretti a constatare l’assoluta mancanza di segni o
tracce che possano suggerire la
tipologia, ma anche solo la presenza, del sistema decorativo
previsto al momento della sua
costruzione. Questo oblio figurativo, che del resto caratterizza
tutte le classi delle chiese a
pianta circiforme, così come la
maggior parte degli edifici di
culto romani, è stato parzialmente colmato da un filone di
studi, secondo il quale gli apparati decorativi delle basiliche
a vocazione martiriale e strettamente connesse con il culto dei
santi possono essere ricostruiti
per mezzo di testimonianze figurative indirette e, più precisamente, da oggetti devozionali,
da pitture catacombali e dalle
cosiddette arti minori che sembrano riprodurre al dettaglio i
programmi musivi e pittorici
dei più grandiosi edifici martiriali del tempo.
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 21 gennaio 2017
pagina 5
Ritratto di Johann Reuchlin
(XVI secolo)
di DAVIDE SCOTTO*
ell’anno delle celebrazioni
dei 500 anni dalla Riforma
luterana (1517) e dei 50 anni
dai trattati europei di Roma (1957), sarà bene rammentare, accanto a Lutero e all’opera
sua, un’altra figura coeva, meno nota ma
altrettanto influente nella storia religiosa
d’occidente: l’umanista cristiano tedesco
Johann Reuchlin (1455-1522), il cui lascito
intellettuale disvela un lato luminoso
dell’Europa interreligiosa. Che l’ultima
pubblicazione italiana in volume su questo autore sia la benemerita traduzione
del suo De arte cabalistica da parte di
Giulio Busi e Saverio Campanini uscita
più di due decenni fa (Firenze, Opus libri, 1995) non fa che rimarcare la necessità di meditare, alla luce di recenti studi
inglesi e tedeschi (David H. Price, Daniel O’Callaghan, Franz Posset), su una
figura che nell’Italia del Rinascimento ha
trovato ispirazione e conoscenze per opporsi all’emergere d’un moto distruttore.
Il 19 agosto 1509, nelle terre del Sacro
Romano Impero oggi ricomprese tra Germania, Austria e Slovenia, ebbe inizio
una campagna persecutoria senza precedenti volta a estirpare ogni traccia delle
tradizioni religiose ebraiche. Il piano,
avallato dall’imperatore Massimiliano I, si
concretava nella confisca e distruzione di
tutti i libri ebraici esistenti, a partire dai
libri di preghiere, indispensabili per le
pratiche religiose quotidiane. Il rogo di
libri doveva essere anticamera per l’espulsione o riduzione in schiavitù degli ebrei
dell’impero, già banditi dalle regioni
orientali di Stiria, Carinzia e Carniola,
ora parte di Austria e Slovenia. Ispiratore
e guida fervente della campagna antiebraica fu il convertito tedesco Johannes
Pfefferkorn, etnografo e missionario.
Dichiarò, costui, d’agire contro gli ebrei
non già per motivi e capacità personali,
ma in obbedienza a una chiamata divina
(Schickung, «ciò che è voluto da Dio»).
Oltreché da mandato imperiale, la campagna fu legittimata da parte non irrilevante della Chiesa e del mondo universitario tedesco: l’arcivescovo e l’università
di Mainz, l’università di Colonia, componenti degli ordini francescano e domeni-
N
Per vent’anni fu impegnato
nella strenua e appassionata difesa
dei libri ebraici e degli ebrei
nella controversia legale e dottrinale
con il teologo tedesco Pfefferkorn
cano, specie il convento dei predicatori di
Colonia. Quello stesso convento ove Alberto Magno, maestro di Tommaso
d’Aquino posto da Dante tra gli “spiriti
sapienti“ nel cielo del sole, aveva fondato
al principio del Duecento una celebre
scuola di teologia dando di fatto vita alla
prima università tedesca; e dove il filosofo Niccolò Cusano, noto tra l’altro per la
sua opera visionaria sulla pace tra le religioni (De pace fidei) e il suo interesse esegetico per il Corano (Cribratio Alkorani),
al principio del Quattrocento aveva studiato prima di discendere a Bressanone e
poi a Roma, accanto a Enea Silvio Piccolomini, Papa Pio II.
Al principio del Cinquecento, un decennio dopo l’espulsione degli ebrei di
Spagna (1492), il corpo malato dell’impero aveva prodotto anticorpi efficaci. Il
La lezione di Reuchlin
Per varcare con lo studio
i confini confessionali
più strenuo difensore dei libri ebraici fu
difatti Johann Reuchlin, nato a Pforzheim, nel braccio settentrionale della
Foresta Nera, legato all’università di Tubinga e alle origini degli studi ebraici in
Europa. Nel 1510 Reuchlin redasse una
difesa di carattere legale di tutti i libri
ebraici sotto accusa, incluso il Talmud.
Dapprima indirizzato all’imperatore, lo
scritto fu inserito nell’apologia intitolata
Augenspiegel («specchio degli occhi»),
scritta contro il Judenspiegel e altri pamphlet avvelenati di Pfefferkorn motteggiando le principali raccolte di leggi imperiali, il Sachsenspiegel e lo Schwabenspiegel: «Gli ebrei — scrive Reuchlin rimandando al Digesto di Giustiniano — in
quanto sudditi del Sacro Romano Impero devono essere trattati secondo le leggi
imperiali», dunque con equanimità; «agli
ebrei dev’essere permesso di
mantenere le proprie sinagoghe, chiamate “scuole”, in
pace e tranquillità, ed esse
non devono essere ostacolate». Attraverso un’esegesi inclusiva della prima epistola
di Paolo ai Corinzi (11, 1719), Reuchlin giungeva a
sconfessare un’accusa riversata contro gli ebrei almeno
dal secolo XII in polemiche
come l’Adversus Iudaeorum inveteratam
duritiem dell’abate di Cluny Pietro il Venerabile. Scriveva al proposito: «Gli
ebrei non possono essere “eretici” poiché
essi non hanno abbandonato la fede cristiana, non essendovi mai appartenuti».
L’apologia fu stampata nel 1511, a pochi
mesi dalla circolazione in 1000 copie del
libello anti-ebraico di Pfefferkorn. L’anno dopo, l’inquisitore generale Jacob
Hoogstraeten, insieme con l’università di
Colonia, bandì lo scritto di Reuchlin in
quanto prova d’inaccettabile favore verso
gli ebrei e formulò contro il suo autore
l’accusa d’eresia, la stessa da cui egli aveva tentato di difendere gli ebrei. Il caso
Reuchlin suscitò inaudito clamore tra ecclesiastici e umanisti europei: come nacque, in un esperto di legge nato nella Foresta Nera, siffatta sensibilità per il mon-
do ebraico in anni in cui gli ebrei venivano battezzati in massa, cacciati di Spagna e Portogallo, accusati di sacrilegi e
profanazioni e perseguitati in larga parte
d’Europa?
Reuchlin aveva studiato arti e diritto a
Freiburg, Parigi, Basilea, Orléans e Poitiers. Come Erasmo da Rotterdam, aveva
coltivato con assiduità lo studio di greco
e latino, specie in rapporto con l’esegesi
del secondo testamento. A Tubinga giunse nel 1481, fu per breve tempo lettore di
greco e ottenne il dottorato in diritto imperiale. Per le sue competenze linguistiche e legali, fu impiegato alla corte del
conte di Württemberg, Eberardo, fondatore dell’università di Tubinga. A differenza di lingue classiche e diritto, in cui
egli vedeva pure una professione di cui
campare, l’interesse per l’ebraico dovette
essere passione travolgente e personale,
ispirata dai primi contatti a corte e maturata nel corso di tre viaggi in Italia, fondamentali per comprendere il ruolo di
Reuchlin come mediatore culturale e interreligioso. Nel 1483, a Firenze, incontrò
Lorenzo de’ Medici e Papa Sisto IV, fondatore della Biblioteca Vaticana, prendendo frattanto lezioni su Tucidide da
Giovanni Argiropulo, stimato maestro bizantino. Nel 1490, a Roma, lavorò su
scritti cabalistici con Pico della Mirandola e Flavio Mitridate, fors’anche con
Marsilio Ficino. Nel 1498, di nuovo a
Roma, studiò ebraico col giovane, brillante rabbino di Bologna Obadja Sforno
e comprò una quantità tale di manoscritti
ebraici da doversi affidare a uno dei
maggiori mercanti tedeschi con sedi commerciali in tutt’Europa per far giungere
l’incetta romana in patria.
Rientrato in Germania, per vent’anni
fu impegnato nella difesa dei libri ebraici
e degli ebrei nella controversia legale e
dottrinale con Pfefferkorn. Restò fedele
alla causa grazie alla tenacia personale,
ad amici umanisti europei e agli appoggi
presso la curia romana. Al chiudersi del
contenzioso, dopo aver insegnato a Ingolstadt, nel 1521 fu incaricato dall’università di Tubinga del primo insegnamento di ebraico in terra imperiale:
l’onore lo raggiungeva appena un anno
prima della morte. L’ebraico che Reuchlin era giunto a definire «un sacramento» fu il primo tassello di un’opera teologica orientata a una radicale rivisitazione
della dottrina cristiana in chiave biblica e
sapienziale, umanistica e salvifica. L’influenza dei cabalisti italiani e i contatti
con bibliofili e umanisti quali Aldo Manuzio, Ermolao Barbaro e Poliziano
furono decisivi. Senza l’eredità greca ed
ebraica giunte in
Europa attraverso
l’umanesimo italiano non avrebbe
visto la luce il suo
De arte praedicandi
(1503), meditazione
sulla centralità delle
Bibbia nell’educazione cristiana, divenuto
fortunato
manuale per il rinnovamento
della
predicazione su base scritturale; né il
suo pionieristico De
rudimentis hebraicis
(1506), prima grammatica ebraica con
vocabolario redatta
per lettori latini,
nella cui prefazione
si torna a denunziare la persecuzione
degli ebrei; né infine il suo celebre De
arte
cabalistica
(1517), mirabile dialogo letterario sulla
Cabbala tra un filosofo pitagorico, un
ebreo e un “marrano maomettano”. Nella
prefazione all’opera, Reuchlin attribuisce
esplicitamente la riscoperta della filosofia
in Europa alla cerchia d’intellettuali convocati a Firenze da Lorenzo de’ Medici:
«Fu una gara di uomini sommi. (...) Tutti erano impegnati nel progetto e tutti
erano motivo di eccelse lodi (...)».
Gershom Sholem, fondatore degli studi cabalistici moderni emigrato in Palestina nel 1923, al tempo del mandato bri-
Tonache nelle trincee della prima guerra mondiale
La terribile esperienza della trincea, vissuta
alla luce di una spiritualità che si traduce in
servizio per i sofferenti, è al centro della
mostra Patria e religione. Religiosi e religiose
italiani nella Prima Guerra Mondiale. 19151918 al Museo centrale del Risorgimento, nel
Militari e suore francescane missionarie di Maria
nell’ospedale della Croce Verde a Torino (1917)
complesso del Vittoriano a Roma (fino al 5
febbraio). Le immagini e i testi che
scandiscono l’esposizione mostrano i volti e
le storie di coloro che vissero la loro
testimonianza di fede in terre segnate dal
sangue e dal dolore, al fianco delle migliaia
di soldati che, in difesa della patria,
riportarono ferite gravi, e spesso mortali. La
mostra serve anche a ricordare che alla
guerra, sulla base di una documentazione
comunque non completa, parteciparono più
di 9300 religiosi, appartenenti a quarantuno
istituti. Stando al censimento dell’Annuario
ecclesiastico del 1912, i religiosi in Italia erano
circa 14.200: ciò significa che oltre la metà di
loro partì per la guerra. Fu quello dei frati
minori, con 2275 membri, l’istituto con il
maggior numero di religiosi nel conflitto. Se
poi al numero dei religiosi precettati si
aggiunge quello dei sacerdoti e chierici
secolari (più di tredicimila) si raggiunge il
totale di circa ventitremila ecclesiastici
chiamati a partecipare alla guerra:
risulterebbe così, sottolineano i curatori della
mostra, che nessun’altra categoria di persone
in Italia (avvocati, ingegneri) abbia inviato al
fronte una percentuale così alta dei propri
membri. Non si conosce invece, se non con
approssimazione, il numero delle religiose
impegnate nel corso della grande guerra:
finora, infatti, non sono state fatte indagini
statistiche al riguardo. Ciò, tuttavia, non
impedisce di evidenziare che sulla base dei
dati relativi agli schedari dei singoli istituti
femminili, almeno un terzo delle religiose fu
attivo nei servizi di guerra. Tra gli istituti più
impegnati figurano, tra gli altri, le Figlie
della Carità di san Vincenzo de’ Paoli, le
suore di Maria Bambina, le suore del
Cottolengo di Torino, le francescane
elisabettine di Padova. L’esposizione dà
quindi rilievo alle “scritture di guerra”:
furono migliaia le cartoline e le lettere che i
religiosi al fronte inviarono ai loro superiori,
descrivendo la drammatica situazione in cui
si trovavano. Scrive Antonio Bizzotto, degli
Scalabriniani, nella lettera inviata al superiore
generale, padre Massimo Rinaldi: «Preghi e
faccia pregare il Signore, affinché io torni tra
i nostri cari compagni di collegio e vi torni
buono e gentile, perché qui si diventa feroci
come belve». (gabriele nicolò)
tannico, fu incaricato nel 1933 — mentre
in Germania s’insediava il nazismo — del
primo insegnamento di mistica ebraica
all’università Ebraica di Gerusalemme.
Fu in quegli anni ch’egli vide in Reuchlin il suo precursore, definendolo il
«primo studioso di ebraismo, della sua
lingua e del suo mondo, specie della Cabala (...), l’uomo che, circa cinque secoli
fa, diede vita alla disciplina degli studi
ebraici in Europa». Il riconoscimento oggi appare ovvio, ma a Reuchlin non fu
dato d’apprezzarlo in vita. Nella prima
metà del Cinquecento egli era percepito
da parte egemone del mondo cattolico
come parte d’un gruppo di provocatori e
scismatici, indistintamente accostato a
Erasmo, Ulrich von Hutten, Martin Lutero e Melantone, ancorché egli stesso si
fosse dissociato dalle posizioni dei riformatori preservando unicamente il rapporto di stima con Erasmo, cui nel 1514 prestò un importante codice del secondo testamento (Basel, Cod. AN IV 2) mentre
l’umanista olandese lavorava all’edizione
greca dei vangeli (1516). Al di là delle distanze circa l’amore per l’ebraico e l’approccio puramente filologico alle Scritture, Erasmo si schierò con Reuchlin nella
disputa contro Pfefferkorn e alla morte
dell’amico, nel 1522, ne compose l’elogio,
l’Apoteosi di Reuchlin, innalzandolo a padre del rinascimento ebraico.
Reuchlin in un’incisione su legno (1521)
Lutero, al contrario, da Reuchlin non
poteva che allontanarsi, non soltanto per
le diatribe teologiche all’origine della riforma protestante (sola gratia, sola fide,
sola scriptura), ma pure per l’attitudine rispetto alla Cabbala e più in largo verso
gli ebrei. Contro la tradizione ebraica e
gli ebrei contemporanei, disperando di
non poterli convertire, nel 1543 Martin
Lutero pubblicò la nota polemica Von
den Juden und ihren Lügen («Degli ebrei
e delle loro menzogne»), carica di stigmi
morali, invettive linguistiche e rancori
personali. Solo in questi mesi, fatto che
impressiona, sulla scia delle celebrazioni
della Riforma, vede la luce la prima traduzione dell’opera in tedesco moderno, a
cura di Matthias Morgenstern (Berlino,
BUP, 2016, pagine 328, euro 19,90) quindici anni dopo l’edizione italiana di Adelisa Malena introdotta da Adriano Prosperi, ora potendo l’opera essere soppesata
in Germania da un più vasto pubblico di
lettori.
Inutile negare che lo scenario di violenze fisiche e verbali in cui Reuchlin ebbe la ventura di vivere — da un lato gli
avversari conservatori, dall’altro i riformatori — riporti la mente alle incrinature
del presente, in Europa come in Medio
Oriente, ove i nomi delle grandi religioni
abramitiche s’intrecciano all’incerta ora
politica. L’opera di Reuchlin e il determinante elogio di Gershon Sholem, un
ebreo di Germania emigrato in Palestina
ispirato da un cattolico tedesco difensore
della tradizione ebraica, sono simmetriche dimostrazioni di un fatto: di quanto
cioè gli studi umanistici, se orientati alla
scoperta costruttiva e sensibili al fatto religioso, dunque liberi e vivi, siano strumenti potenti per varcare confini confessionali, custodire le tradizioni religiose,
onorarne l’alterità e perciò salvarne il lascito dinnanzi al ritorno d’istinti nichilistici e persecutori.
*Università di Tubinga
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
sabato 21 gennaio 2017
di MATTHIAS TÜRK*
«Non possiamo rassegnarci alla divisione e alla distanza che la separazione ha prodotto tra noi»: sono le
parole chiare e incisive che Papa
Francesco ha pronunciato nella sua
omelia durante la celebrazione ecumenica internazionale tenutasi il 31
ottobre 2016 come atto iniziale della
commemorazione comune della Riforma, nel 2017. «Cattolici e luterani
abbiamo cominciato a camminare insieme sulla via della riconciliazione.
Ora, nel contesto della commemorazione comune della Riforma del 1517,
abbiamo una nuova opportunità di
accogliere un percorso comune, che
ha preso forma negli ultimi cinquant’anni nel dialogo ecumenico
tra la Federazione luterana mondiale
e la Chiesa cattolica». Nella cattedrale evangelica-luterana di Lund,
nel sud della Svezia, dove fu fondata nel 1947 la Federazione luterana
mondiale (Flm), il Santo Padre ha
commemorato l’inizio della Riforma,
insieme al vescovo Munib Younan e
al reverendo Martin Junge, rispettivamente presidente e segretario generale della Flm, alla presenza degli
altri partner di dialogo dei cattolici e
dei luterani, rappresentati dai membri della Conferenza dei segretari
delle comunioni cristiane mondiali
provenienti da tutto il mondo. Il Papa ha poi proseguito la sua omelia
dicendo: «Abbiamo la possibilità di
riparare a un momento cruciale della
nostra storia, superando controversie
e malintesi che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli
altri». Per la prima volta nella storia,
un centenario della riforma di Martin Lutero è stato commemorato
congiuntamente da cattolici e protestanti a livello internazionale, in comunione ecumenica.
Alla domanda che spesso affiora,
ovvero se la Riforma sia un’occasione di festeggiamento o, al contrario,
di afflizione, l’incontro di preghiera
Il cammino di riconciliazione con luterani e protestanti
Di fronte al mondo
scovo Younan e ad altri testimoni
ecumenici della fede, durante l’incontro nella vicina Arena di Malmö
ha fatto appello a un impegno ecumenico nell’aiuto ai rifugiati, nella
promozione della pace e nella salvaguardia dell’ambiente.
La triplice dimensione della commemorazione comune della Riforma
del 2017 era già stata presentata nel
2013, nel documento prodotto dalla
Commissione cattolica-luterana di
dialogo per l’unità dal titolo Dal
conflitto alla comunione. Questo testo
rappresenta un decisivo passo in
avanti, poiché opera una distinzione
tra i diversi significati del termine
“riforma” e menziona chiaramente le
prospettive riformatrici con le quali
oggi luterani e cattolici possono dirsi d’accordo nel quadro del dialogo
ecumenico. Di tali convergenze cattolici e luterani sono consapevoli e
riconoscenti. Possono dunque, da un
lato, provare gioia, ma dall’altro anche rincrescimento laddove è necessario ammettere le proprie colpe. I
partecipanti all’evento di
Lund hanno preso atto
del fatto che l’intento di
Martin Lutero, cinquecento anni fa, era quello
L’unità dei cristiani
di rinnovare la Chiesa,
non di dividerla. A connon è il frutto
clusione della commemodei nostri sforzi umani
razione comune cattolicaluterana della Riforma,
ma è un dono che viene dall’alto
Papa Francesco e il vescovo Younan hanno fir(@Pontifex_it)
mato una dichiarazione
comune, che termina con
un appello ai cattolici e
di Lund ha offerto una triplice, con- ai luterani del mondo intero: «Facvincente risposta. All’inizio, si è data ciamo appello a tutte le parrocchie e
voce alla gratitudine per la comunio- comunità luterane e cattoliche, perne ecumenica tra cattolici e luterani ché siano coraggiose e creative,
che si è fortemente intensificata a gioiose e piene di speranza nel loro
partire dall’inizio del loro dialogo impegno a continuare la grande avufficiale, nel 1967. I passi compiuti ventura che ci aspetta. Piuttosto che
gli uni verso gli altri segnano un i conflitti del passato, il dono divino
cammino irreversibile: ciò che ci ac- dell’unità tra di noi guiderà la collacomuna nella preghiera, nella vita di borazione e approfondirà la nostra
fede e nei contenuti dottrinali è mol- solidarietà. Stringendoci nella fede a
to di più di ciò che ancora ci divide. Cristo, pregando insieme, ascoltanAccanto a numerosi testi comuni su doci a vicenda, vivendo l’amore di
temi quali la scrittura e la tradizione, Cristo nelle nostre relazioni, noi, catla vita sacramentale, l’eucaristia e il tolici e luterani, ci apriamo alla poministero ecclesiale, che si basano tenza di Dio uno e trino. Radicati in
sul fondamento condiviso del batte- Cristo e rendendo a lui testimoniansimo e, passando dalla Dichiarazione za, rinnoviamo la nostra determinacongiunta sulla dottrina della giustifi- zione a essere fedeli araldi dell’amocazione, arrivano ad aspetti relativi re infinito di Dio per tutta l’umanialla successione apostolica, il dialogo tà».
Anche in Germania, paese d’origiecumenico ufficiale tra luterani e
cattolici, nei suoi cinquant’anni, può ne della Riforma, e in molti altri
rallegrarsi delle molteplici conver- paesi del mondo, nel contesto della
genze che ha riscoperto e che ha commemorazione del 2017 è stato
espresso in maniera rinnovata. Alla espresso il crescente desiderio di un
gratitudine è seguito un atto di pe- maggiore riavvicinamento tra i crinitenza, nel quale si è chiesto perdo- stiani. Da questi festeggiamenti dono per le ingiustizie commesse da- vrebbe venire un segnale di rinnovavanti a Dio e gli uni nei confronti mento e di riconciliazione, come ha
degli altri nel corso di una storia osservato il presidente della Chiesa
spesso dolorosa, segnata da conflitti evangelica in Germania, il vescovo
e addirittura da guerre tra le diverse bavarese Heinrich Bedford-Strohm.
confessioni con i loro rispettivi Per la prima volta, l’anniversario delschieramenti politici. La preghiera la Riforma è stato celebrato in una
commemorativa si è conclusa con comunione ecumenica. Esso stimoleuna testimonianza comune di fede in rà sicuramente altre iniziative conGesù Cristo, resa in modo esplicito giunte a livello internazionale nel
e pregnante davanti al mondo, che 2017, in uno stesso spirito di gratituoggi più che mai ha bisogno della dine, pentimento e volontà di offrire
speranza di un aiuto e di una reden- una testimonianza di fede cristiana
zione; a questa testimonianza si è comune.
Anche il 2016, anno santo nel
aggiunta la conferma dell’impegno a
favore dei sofferenti e dei bisognosi, mondo cattolico sotto il segno della
in particolare nelle diverse regioni di misericordia, ha visto molte iniziaticonflitto del mondo. Dopo il mo- ve e incontri ecumenici a Roma e in
mento di preghiera nella cattedrale tutto il mondo. Già il 18 gennaio
di Lund, Francesco, insieme al ve- 2016, il primo giorno della settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani,
Papa Francesco ha ricevuto in
udienza privata una delegazione
ecumenica dalla Finlandia, composta
da membri luterani, cattolici e ortodossi e guidata dal vescovo evangelico-luterano di Helsinki, la reverenda
Irja Askola. In Finlandia, molto promettente è il lavoro portato avanti
da alcuni anni dalla locale Commissione di dialogo cattolica-luterana,
che al momento sta lavorando a
un’interpretazione comune della
Chiesa, dell’eucaristia e del ministero
ecclesiale. Anche la serie di consultazioni tra la Comunità delle Chiese
protestanti d’Europa e la Chiesa cattolica ha continuato a occuparsi del
tema della giustificazione, del fondamento e della forma della Chiesa,
del ministero ecclesiale e dell’unità
della Chiesa. A livello internazionale, la Commissione cattolica-luterana
di dialogo per l’unità ha proseguito
il suo studio su «Battesimo e comunione ecclesiale crescente».
In previsione della commemorazione della Riforma nel 2017, il Consiglio della Federazione luterana
mondiale si è riunito dal 13 al 21 giugno 2016 a Lutherstadt Wittenberg,
in Germania, intorno al tema
«Gounding in God’s Love. Discerning God’s Future». Accanto a importanti rappresentanti — come il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, reverendo Olav
Fykse Tveit, e il segretario generale
della Comunione mondiale delle
Chiese riformate, reverendo Chris
Ferguson, che hanno parlato rispettivamente su «Creation. Not for sale»
e su «Human Beings. Not for sale»
— il cardinale Kurt Koch, presidente
del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha
tenuto una conferenza su «Salvation. Not for sale». Il tema generale
si incentrava sul concetto della creazione e dell’opera redentrice di Dio
nel contesto del messaggio della giustificazione, muovendosi dunque
nella direzione dei contenuti che sarebbero stati trattati l’anno successivo nella commemorazione della Riforma. L’incontro annuale del consiglio della Flm ha avuto luogo appositamente a Wittenberg, città di Lutero. Nel 2017 la plenaria, che si tiene ogni sette anni, si riunirà invece a
Windhoek, in Namibia, paese del
Global South, dove oggi vive la maggior parte dei cristiani luterani. Sempre più evidente risulta il fatto che
la Riforma è diventata cittadina del
mondo ed ecumenica.
«Con Lutero dal Papa»: con questo motto, un migliaio di cattolici e
protestanti da tutta la Germania sono stati ricevuti in udienza da Papa
Francesco il 23 ottobre 2016. Nel
quadro del loro pellegrinaggio in occasione dell’anniversario della Riforma, i partecipanti hanno espresso al
Santo Padre proposte e desideri nei
confronti dell’ecumenismo. In tale
occasione, il Pontefice ha chiesto:
«Cosa è meglio, essere luterani o
cattolici?», dando poi lui stesso una
risposta e riscuotendo l’applauso entusiasta dei presenti: «Tutti e due insieme!». Sempre nell’ambito del centenario della Riforma, un particolare
contributo culturale è stato apportato dalla mostra «Rembrandt in Vaticano. Immagini fra Cielo e Terra»
che, organizzata grazie alla collaborazione tra i Musei vaticani, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno di
Svezia, è stata inaugurata il 23 novembre 2016 e rimarrà aperta fino al
26 febbraio 2017.
La preghiera pronunciata dal reverendo Martin Junge alla fine della
sua omelia durante la commemorazione della Riforma a Lund esprime
chiaramente quello che dovrà essere
il nostro compito futuro: «Quando
Dio ci incontrerà, possa egli trovarci
occupati a costruire ponti affinché ci
avviciniamo gli uni agli altri, case in
cui ci riuniamo, e mense — sì, mense
— intorno alle quali condividiamo
pane e vino, ovvero la presenza di
Cristo. Cristo, che non ci ha abbandonati un solo momento e che ci invita a rimanere in lui, affinché il
mondo creda».
Ma il dialogo ecumenico non deve occuparsi esclusivamente di questo desiderio di riunirci intorno alla
mensa del Signore, ovvero della questione della comunione eucaristica.
Piuttosto, partendo dal fondamento
comune che è il battesimo, esso deve
portare avanti uno studio più ampio,
per giungere a una dichiarazione comune su Chiesa, eucaristia e ministero. Sarà necessario, come primo passo, chiarire ulteriormente quelle che
sono le conseguenze ecclesiologiche
derivanti dal consenso conseguito
sulle verità fondamentali della dottrina della giustificazione. Nelle consultazioni che hanno avuto luogo finora, protestanti e cattolici sono arrivati insieme alla conclusione che la
giustificazione, ovvero l’azione salvifica di Dio che redime l’uomo, e la
Chiesa sono co-originari, e questo
concetto costituisce la base per un
consenso ecclesiologico. La natura, il
servizio e la missione della Chiesa,
anche da un punto di vista escatologico, fanno parte dell’essenza della
Chiesa. Essere Chiesa significa, da
sempre, essere in comunione con
Dio e gli uni con gli altri. Tuttavia,
la comunione esistente già grazie al
nostro battesimo comune non comporta ancora una comunione ecclesiale ed eucaristica. La Chiesa è più
ampia della comunione battesimale.
Dalla comunione sacramentale nata
nel battesimo per grazia divina il
cammino è ancora lungo fino alla
comunione piena e visibile della
Chiesa nell’eucaristia.
Si tratterà allora di chiarire nel futuro quella che dovrà essere una comunione protestante-cattolica che si
possa definire Chiesa, di modo che
le differenze che permangono non
siano più fonte di divisione. Una simile comunione ecclesiale non deve
essere intesa, secondo un modello
quantitativo, come una sommatoria
di elementi ecclesiali. Il battesimo,
per esempio, presuppone già una comunione ecclesiale, senza la quale
non potrebbe essere amministrato,
ed è in sé, pertanto, una prima affermazione ecclesiologica di base. Battesimo ed eucaristia costituiscono,
come sacramenti, un’unità ecclesiale
fondamentale. Per rendere visibile
questa realtà già esistente, che è il
Corpo mistico di Cristo — la Chiesa
— e per renderle servizio, sono necessari i carismi che Dio dona alla
sua Chiesa. La successione apostolica e il ministero universale della
Chiesa vanno compresi dunque come espressioni irrinunciabili della
comunione ecclesiale. I vari elementi
ecclesiali si sottintendono reciprocamente e derivano da un’unica sorgente, che è l’agire di Dio nella storia della salvezza. L’eucaristia e il
ministero ordinato fanno parte, sia
internamente sia esternamente, della
comunione ecclesiale, che scaturisce
dal battesimo quale inizio della salvezza; questo tutt’uno non è solo
espressione di cattolicità, ma è anche
il quadro entro cui iscrivere una comunione ecclesiale cattolica-protestante. Riflettere su tali tematiche sarà di fondamentale importanza per
giungere in futuro a una dichiarazione comune su Chiesa, eucaristia e
ministero.
*Assistente per la sezione occidentale
del Pontificio Consiglio
per la promozione
dell’unità dei cristiani
Attraverso sessantasette città europee
Itinerario
ecumenico
ROMA, 20. Ha fatto tappa a Roma mercoledì 18 gennaio, in
coincidenza con il giorno di
apertura della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, e
da oggi fino a sabato sarà a Venezia: si chiama Europäische Stationenweg, itinerario europeo che
collega realtà diverse, superando
confini linguistici, politici, culturali. Un bel messaggio lanciato
a un mondo che sembra andare
in tutt’altra direzione. La tappa
di Roma è stata un segnale forte
sancito anche dal titolo scelto:
«Roma, porta dell’ecumenismo». L’iniziativa è promossa
dal vescovo Heinrich BedfordStrohm, presidente della Chiesa
evangelica in Germania (Ekd),
insieme al Kirchentag evangelico. «L’itinerario europeo è proprio l’idea che ci serve adesso,
in Europa. Dobbiamo andare
oltre i confini», ha osservato
Bedford-Strohm.
L’evento è cominciato il 3 novembre 2016 a Ginevra e si concluderà il 20 maggio prossimo a
Wittenberg. Qui le storie raccolte nel corso delle varie tappe —
riferisce il sito in rete Riforma.it
— saranno riunite in una Mostra
mondiale della Riforma, grande
racconto collettivo, multimediale, che dovrebbe offrire uno
spaccato dei vari punti di vista
sulla Riforma oggi, la sua messa
a fuoco attraverso testimonianze
personali. Il motto che accompagna l’iniziativa è infatti «Storie di viaggio»: a ogni stazione
dell’itinerario si chiede ai membri delle comunità locali qual è
il significato della loro fede cristiana e il senso del proprio essere protestante (una domanda
particolarmente interessante in
paesi a maggioranza cattolica
come l’Italia).
L’itinerario si snoda in diciotto nazioni e sessantasette città,
toccando ben nove capitali:
Vienna, Praga, Berna, Roma,
Lubiana, Dublino, Londra, Riga, Berlino. In ogni città ci si
ferma 36 ore, e i partner locali,
in uno spirito ecumenico, invitano la popolazione a numerose
iniziative per scoprire le tracce
che la Riforma ha lasciato non
solo nella religione, ma nella
cultura, nella storia, nella politica dei vari paesi, anche quelli
meno conosciuti come «culla
del protestantesimo». L’itinerario toccherà infatti la Germania,
la Svizzera, la Francia, i paesi
scandinavi e la Lettonia, il Regno Unito e l’Irlanda, e poi Austria, Slovenia, Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, Polonia, Slovacchia. E ovviamente
l’Italia. Oggi, a Venezia, è stata
inaugurata la mostra che prevede filmati e riprese sulla storia
locale della Riforma e dei diversi riformatori. In una sala della
chiesa luterana di Campo Santi
Apostoli, è previsto l’intervento
di Michael Matheus, Presidente
del Centro tedesco di studi veneziani, che supporta l’iniziativa
insieme al Consiglio delle Chiese cristiane di Venezia.
L’inaugurazione sarà seguita
da una celebrazione ecumenica
nella chiesa luterana, animata
dal coro dell’Università Ca’ Foscari, con la partecipazione del
cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio
Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani, del pastore Luca Negro, presidente
della Federazione delle Chiese
evangeliche in Italia, di Thies
Gundlach, vicepresidente dell’Ufficio di chiesa della Ekd, di
Heiner Bludau, decano della
Chiesa evangelica luterana in
Italia, e i rappresentanti delle
diverse comunità cristiane di Venezia.
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 21 gennaio 2017
pagina 7
di BRIAN FARRELL*
Al centro della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di
quest’anno c’è il cinquecentesimo anniversario della Riforma.
Infatti, i testi proposti congiuntamente dal Pontificio Consiglio
per la promozione dell’unità dei
cristiani e dalla Commissione Fede e costituzione del Consiglio
ecumenico delle Chiese per la
settimana in corso sono stati preparati da un gruppo ecumenico
in Germania, proprio per rilevare
e palesare l’eredità teologica ed
ecclesiale dell’esperienza storica
della Riforma nel suo paese di
origine, come pure per sottolineare gli attuali positivi rapporti
tra cattolici e luterani, a cinquant’anni dall’inizio del dialogo
ecumenico. Tutto questo ha avuto espressione visibile e autorevole nell’incontro, il 31 ottobre
scorso, di Papa Francesco con il
presidente e il segretario generale della Federazione luterana
mondiale a Lund in Svezia, in
una preghiera comune, alla presenza di rappresentanti di quasi
tutte le Chiese e comunioni cristiane, a sigillo della fraternità riscoperta e dell’impegno a continuare a favorire la solidarietà e
la collaborazione nel testimoniare il Vangelo e nel servire l’umanità sempre bisognosa della vita
nuova offertaci in Cristo Salvatore.
Si è trattato di un momento
alto del cammino ecumenico,
che il concilio Vaticano II ha
considerato un movimento «sorto per grazia dello Spirito santo,
che si allarga di giorno in giorno
per il ristabilimento dell’unità di
tutti i cristiani» (Unitatis redintegratio, 1). Come è stato possibile,
dopo secoli di conflitto tra cattolici e protestanti, che i massimi
responsabili delle Chiese divise
tra loro abbiano, insieme, ringraziato Dio per «i doni spirituali e
teologici ricevuti attraverso la
Riforma», confessando e deplorando allo stesso tempo davanti
a Cristo il fatto che luterani e
cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa, e impegnandosi a intensificare gli sforzi comuni per servire la causa della ri-
Cinquecentenario della Riforma
La necessità di una profonda conversione
conciliazione? Forse la frase che
meglio spiega come sia diventata
possibile una commemorazione
comune della Riforma, la troviamo nella dichiarazione congiunta
firmata da Papa Francesco e dal
vescovo Munib Younan durante
la preghiera comune: «Mentre il
passato non può essere cambiato, la memoria e il modo di fare
memoria possono essere trasformati». Si tratta di quel processo
essenziale del dialogo ecumenico
che viene chiamato “purificazione della memoria”, cioè, la ricerca di un modo nuovo di comprendere e giudicare i profondi
dissidi che hanno dato origine a
due comunità incapaci di vivere
in piena comunione.
Il concilio Vaticano II — nel riconoscere che le divisioni sono
avvenute «talora per colpa di
uomini di entrambe le parti» e
che coloro «che ora nascono e
sono istruiti nella fede di Cristo
in tali comunità non possono essere accusati di peccato di separazione» (Unitatis redintegratio, n.
3) — aprì la strada a una profon-
da purificazione della memoria,
andando oltre l’unilateralità del
modo in cui cattolici e protestanti raccontavano, ognuno dalla
propria prospettiva, la storia della Riforma. Non si tratta di sentimentalismi o di superficialità.
La purificazione delle memorie
non può realizzarsi che sulla base della migliore comprensione
della verità oggettiva delle cose,
superando le tante verità deformate dalle polemiche gli uni
contro gli altri, trasmesse da generazione in generazione a servizio dell’autodifesa della rispettiva identità confessionale. Uno
sguardo intenso ma spassionato
ha permesso di cogliere nelle dispute del XVI secolo le vere intenzioni dei riformatori e della
controparte. Quando Lutero fece
pubbliche le sue tesi contro le
indulgenze era ancora un monaco agostiniano, con una intensa
vita spirituale, anche se scrupolosa e persino tormentata, genuinamente scandalizzato da come
la salvezza eterna delle anime, e
in primo luogo della propria, era
Appello dell’arcivescovo di Rabat
Documento dei presuli tedeschi
Europa
senza muri
In difesa
della famiglia
RABAT, 20. «Rompere i muri degli
egoismi che serpeggiano in Europa
e cercare di guardare l’altro, non
per scaricare su di lui una colpa
ma chiedendosi come poter aiutarlo e accompagnarlo, senza imporre
i nostri progetti». È quanto ha sottolineato nel messaggio lanciato alle Chiese in Europa monsignor
Vincent Landel, arcivescovo di Rabat. Il presule ha aggiornato i direttori di alcuni uffici della Conferenza episcopale italiana sulla situazione dei migranti in Marocco,
in particolare dei minori non accompagnati.
La Caritas in Marocco può contare su tre centri di accoglienza, a
Rabat, Casablanca e Tangeri, il cui
compito è quello di rispondere ai
bisogni primari e urgenti delle persone, accompagnarli, informarli e
orientarli verso i servizi esistenti.
Non solo, l’ente caritativo stimola
l’associazionismo marocchino nelle
varie iniziative per bambini o adulti in emigrazione.
Monsignor Landel ha raccontato
storie di violenze, soprusi e vere e
proprie situazioni di schiavitù nelle
quali vivono soprattutto i minori,
anche bambini di 7 anni. «Sono
tutti alla ricerca di una vita migliore — ha spiegato l’arcivescovo di
Rabat all’agenzia Sir — e il loro
obiettivo è quello di raggiungere
presto l’Europa. Sono disposti ad
andare dappertutto tranne che tornare indietro perché sanno che in
Africa non c’è futuro, non ci sono
prospettive. Non chiedo nulla ma
spero che la Chiesa che è in Europa diventi sempre più universale e
aperta», ha auspicato Landel nel
suo messaggio.
DÜSSELD ORF, 20. Azioni concrete
a favore delle famiglie: è quanto
chiedono i vescovi della Renania
Settentrionale - Vestfalia, a quattro mesi dalle elezioni politiche
che rinnoveranno il parlamento
del länder tedesco. In un documento ufficiale presentato a Düsseldorf, i vescovi di Aachen, Essen, Köln, Münster e Paderborn
non risparmiano critiche all’attuale situazione sociale dello stato, e
intervengono nel dibattito politico, prendendo ufficialmente le
parti in difesa della famiglia.
Un modo sostenibile di rafforzare
la politica nazionale della famiglia è
il titolo del documento, nel quale,
anche con studi delle Caritas locali e delle organizzazioni sociali
cattoliche, vengono presentate le
preoccupazioni della Chiesa. Secondo l’episcopato, «solo con le
famiglie vi sarà un futuro per il
nostro paese». Ma il tasso di povertà nel länder è aumentato tra i
bambini di 1,6 punti percentuali
in un anno, arrivando al 18,6 per
cento. Circa un bambino su cinque che vive in famiglia è esposto
al rischio di povertà. Nonostante
l’aumento del piano statale di assistenza ai minori, per i vescovi
sono necessarie urgenti misure aggiuntive. «Purtroppo — ha detto il
vescovo di Essen, Franz-Josef
Overbeck — a causa della povertà
delle famiglie è aumentata la povertà infantile».
Nel documento, sono richiesti
ampliamenti dei «centri di formazione e consulenza per le famiglie
mono-reddito» e una nuova fase
di edilizia sociale. Infine, vengono
evidenziate le carenze nei finanziamenti per gli asili nido, nei
quali «bisognerebbe migliorare il
carico di lavoro con orari di apertura adattati alle esigenze dei genitori».
subordinata a un “sistema”, quasi un commercio, un do ut des,
gestito dagli uomini di Chiesa.
Era da prevedere che la sua critica, che andava dritto al cuore
del “sistema”, attirasse una reazione forte. Ciò che non era possibile prevedere era lo sconvolgimento religioso, sociale e politico che seguì, con la conseguente
divisione della stessa Chiesa. La
storia dell’Europa e della cristianità non sarebbe stata più la
stessa.
Più di quattro secoli di conflitto, di mutua sfiducia e rivalità, di chiusure pregiudiziali tra
cattolici e protestanti, solo possono essere superati con una
profonda conversione — un andare in direzione opposta — che
permetta alle Chiese stesse, insieme, di discernere e assumere
quanto di positivo e legittimo c’è
stato nella Riforma, e di prendere le distanze dagli errori, esagerazioni e fallimenti, riconoscendo
i peccati che avevano portato alla divisione. Papa san Giovanni
Paolo II ha descritto bene la trasformazione richiesta: «La colpa,
dove esiste, dev’essere riconosciuta, da qualsiasi parte si trovi;
laddove la polemica ha offuscato
lo sguardo, la direzione di questo sguardo deve essere corretta.
Solo ponendoci, senza riserve, in
un atteggiamento di purificazione attraverso la verità, possiamo
trovare una comune interpretazione del passato e raggiungere
allo stesso tempo un nuovo punto di partenza per il dialogo di
oggi» (Messaggio al cardinale
Giovanni Willebrands, 31 ottobre
1983).
Conseguentemente,
il
cammino ecumenico richiede:
una migliore comprensione della
verità degli eventi, una interpretazione condivisa del giusto e
dello sbagliato nelle persone e
negli eventi e, su questa base, la
volontà di orientarsi in una direzione nuova, alla ricerca di una
più piena fedeltà al piano di Dio
per la sua Chiesa.
Questo è stato l’andamento
del dialogo cattolico-luterano in
cinque decenni, i cui risultati sono stati succintamente espressi
dalla Commissione internazionale per il dialogo nel documento
base Dal conflitto alla comunione
(2013), che presentava la comune
proposta per la prima commemorazione ecumenica della Riforma: cattolici e luterani, non
più gli uni contro gli altri ma insieme, per commemorare un centenario della Riforma per la prima volta in era ecumenica.
Molto ha contribuito a creare
questo nuovo clima di mutua
comprensione la storiografia
dell’ultimo secolo che sulla base
di approfondimenti seri ha portato a una valutazione meno polemica e settaria della figura di
Lutero e della sua critica talvolta
feroce contro la Chiesa e il papato. Questa revisione della figura
e opera di Lutero è arrivata fin
dentro i pronunciamenti degli
ultimi Papi, da Paolo VI in poi.
Chiarissimo, per esempio, è stato
Benedetto XVI, il 23 settembre
2011, nel corso della sua visita
all’ex-convento degli agostiniani
a Erfurt, dove Lutero pronunciò
i voti religiosi e insegnò per anni. Il teologo e Papa tedesco dis-
se: «Ciò che non gli dava pace
era la questione su Dio, che fu la
passione profonda e la molla
della sua vita e dell’intero suo
cammino. “Come posso avere un
Dio misericordioso?”. Che questa domanda sia stata la forza
motrice di tutto il suo cammino
mi colpisce sempre nuovamente
nel cuore. Chi, infatti, oggi si
preoccupa ancora di questo, anche tra i cristiani? Questa scottante domanda di Lutero deve
diventare di nuovo, e certamente
in forma nuova, anche la nostra
domanda, non accademica, ma
concreta. Penso che questo sia il
primo appello che dovremmo
sentire nell’incontro con Martin
Lutero».
In un’intervista del 26 giugno
2016, Papa Francesco disse: «Io
credo che le intenzioni di Martin
Lutero non fossero sbagliate: era
un riformatore. La Chiesa di allora non era proprio un modello
da imitare, c’era corruzione,
mondanità, attaccamento ai soldi
e al potere. Per questo lui ha
protestato». Oggi, il grido di
protesta dei riformatori — la
Scrittura ultimo criterio della fede e della vita cristiana; la fede
prima delle opere; la grazia al di
sopra dei meriti — non scandalizza più. Se non fossero intervenute altre circostanze e altri poteri,
non avrebbe neppure sconvolto
il secolo XVI.
L’evento di Lund ha mostrato
che il mondo ecumenico ha acquisito in maniera decisa la consapevolezza che il modo in cui il
passato influisce sul presente si
può rettificare e trasformare. «Il
punto non è raccontare una storia diversa, ma raccontare questa
storia in maniera diversa» (Dal
conflitto alla comunione, n. 16). In
tempi recenti ci sono stati begli
esempi della messa in pratica di
questo nuovo atteggiamento tra
le Chiese cristiane, cominciando
dai tanti incontri in cui i vescovi
di Roma hanno chiesto perdono
per i peccati dei cattolici contro i
fratelli delle altre Chiese. Negli
ultimi anni, importanti gesti di
mutuo perdono e riconciliazione
hanno segnato i rapporti delle
comunità protestanti tra di loro e
verso il cattolicesimo. L’ecumenismo “vissuto”, e non solo pensato e discusso, sta dando buoni
frutti, che sono una solida promessa e speranza per il cammino
ancora da percorrere.
In questa prospettiva, Lund
presenta una pressante sfida per
le Chiese: una ulteriore opportunità di accogliere il kairos costituito dal movimento ecumenico,
che arreca in sé un necessario
progetto di riforma spirituale,
teologica ed ecclesiale che la
provvidenza ispira nella coscienza di molte persone. In perfetta
armonia con il recente anno della misericordia, la commemorazione comune della Riforma a
Lund ha sottolineato che, in una
società economizzata e meritocratica, urge prendere sul serio la
dottrina della giustificazione
«per sola grazia divina». Per le
Chiese si tratta di annunciare,
anzitutto, il “cuore salvifico” di
questa sfida, e cioè, far capire il
peso della questione di Dio,
questione decisiva della vita, che
non può essere svincolata dall’impellente compito per le comunità cristiane di trovare il linguaggio che permetta di comunicare alle generazioni di oggi
che il messaggio, prima di essere
un libro, è la persona di Gesù
Cristo, unico mediatore e salvatore, punto di convergenza di
tutti gli sforzi della storia e della
cultura, e pertanto figura di rilevanza universale.
Tutte le Chiese vengono interpellate da questa decisiva sfida,
che nel mondo globalizzato non
può essere affrontata in ordine
sparso, ogni Chiesa per conto
suo. Il significato dell’evento di
Lund è anche questo: la consapevolezza che i cristiani, anche
se ancora divisi, non possono
più stare in isolamento, e tanto
meno in conflitto, quando si
tratta di testimoniare la fede davanti al mondo. Esiste già da
tempo nella cultura ecumenica
un principio che fu per primo
formulato proprio in quella città,
il principio detto “di Lund”. Lo
ha rievocato Papa Francesco,
parlando alla plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani: «La
mia recente visita a Lund mi ha
fatto ricordare quanto sia attuale
quel principio ecumenico lì formulato dal Consiglio ecumenico
delle Chiese già nel 1952, che
raccomanda ai cristiani di “fare
insieme tutte le cose, salvo in
quei casi in cui le profonde difficoltà di convinzioni avessero imposto di agire separatamente”».
Possiamo dire che la commemorazione congiunta dell’anniversario della Riforma presieduta
dal vescovo di Roma e dalle
massime autorità della Federazione luterana mondiale segna
un punto di arrivo e un punto di
partenza non indifferenti. Il
punto di arrivo è stato il solenne
riconoscimento del sostanziale
accordo tra cattolici e luterani
sulle fondamenta della fede e
sulla capitale questione che li
aveva divisi cinquecento anni fa.
Il punto di partenza è il grado
di mutua fiducia e di fraternità
ecclesiale manifestato nell’evento
di Lund, che diventa impulso e
impegno improcrastinabile per
una nuova era di testimonianza
comune. Le importanti differenze ancora esistenti non devono
impedire la stretta collaborazione delle Chiese nel portare
all’umanità confusa e sofferente
la grazia che ci è stata data in
Cristo Gesù fin dall’eternità (cfr.
2 Timoteo, 10).
*Vescovo segretario
del Pontificio Consiglio
per la promozione
dell’unità dei cristiani
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
sabato 21 gennaio 2017
Gwen Meharg
«L’arca della nuova alleanza»
Messa a Santa Marta
Un cuore nuovo
«La debolezza di Dio» è che, perdonandoci, arriva a dimenticare i nostri peccati.
E così è sempre pronto a farci radicalmente «cambiare vita, non solo mentalità e
cuore». Da parte nostra, però, ci dev’essere l’impegno a vivere fino in fondo questa
«nuova alleanza», questa «ri-creazione»,
mettendo da parte la tentazione di condannare e le stupidaggini della mondanità, e ravvivando sempre la nostra «appartenenza» al Signore. Ecco le indicazioni
pratiche suggerite dal Papa nella messa
celebrata venerdì mattina, 20 gennaio, nella cappella della Casa Santa Marta.
La liturgia, ha subito fatto notare Francesco, «ha un’orazione, una preghiera
molto bella, che ci fa capire la profondità
dell’opera di Gesù Cristo: “O Dio, tu che
hai creato meravigliosamente il mondo,
ma più meravigliosamente lo hai ricreato”,
cioè con il sangue di Gesù, con la redenzione». Proprio «questo rinnovamento,
questa ri-creazione è ciò di cui si parla oggi nella prima lettura», tratta dalla lettera
agli Ebrei (8, 6-13). Siamo di fronte, ha affermato, alla promessa del Signore: «Ecco:
vengono giorni, quando io concluderò
un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri». È
«un’alleanza nuova», dunque, «e l’alleanza nuova che Dio fa in Gesù Cristo è la
ri-creazione: rinnova tutto». Questo vuol
dire «rinnovare tutto dalle radici, non soltanto nell’apparenza».
«Questa alleanza nuova — ha spiegato il
Papa — ha le sue proprie caratteristiche».
Si legge ancora nella lettera agli Ebrei: «E
questa è l’alleanza che io stipulerò con la
casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente
e le imprimerò nei loro cuori». Ciò significa, ha affermato Francesco, che «la legge
del Signore non è solo un modo di agire
esterno», perché «l’alleanza che lui farà è
di mettere la legge proprio nella mente
nostra e nel cuore: ci cambia la mentalità». Perciò «nella nuova alleanza c’è un
cambio di mentalità, c’è un cambio di
cuore, un cambio di sentire, di modo di
agire: è un modo diverso di vedere le
cose».
Per far comprendere questo punto, il
Pontefice ha fatto ricorso a un esempio:
«io posso vedere l’opera di una persona,
pensiamo a un architetto», e valutarla
«con un atteggiamento freddo, tecnico,
oggettivo», dicendo: «sta bene, tecnicamente sta bene». Oppure, ha proseguito il
Papa, «posso vederlo con invidia perché
ha fatto una cosa bella che io non sono
capace di fare», e questo è «un altro atteggiamento». Ma, ancora, «posso vederlo
con benevolenza, anche con gioia», dicendo: «complimenti, sei stato bravo, questo
mi piace tanto, anch’io sono felice!». Sono
dunque «tre atteggiamenti diversi».
«La nuova alleanza — ha fatto presente
Francesco — ci cambia il cuore e ci fa vedere la legge del Signore con questo nuovo cuore, con questa nuova mente». Riferendosi, poi, «ai dottori della legge che
perseguitavano Gesù», il Papa ha ricordato che «facevano tutto quello che era prescritto dalla legge, avevano il diritto in
mano, tutto, tutto, tutto. Ma la loro mentalità era una mentalità lontana da Dio,
era una mentalità egoista, centrata su loro
stessi: il loro cuore era un cuore che condannava». Vivevano, insomma, «sempre
condannando». Ma ecco che «la nuova alleanza ci cambia il cuore e ci cambia la
mente: c’è un cambio di mentalità».
Riprendendo il passo della lettera agli
Ebrei, il Pontefice ha messo in evidenza
come «poi il Signore va avanti: “Porrò le
mie leggi nella loro mente e le imprimerò
nei loro cuori. Perché io perdonerò le loro
iniquità e non mi ricorderò più dei loro
peccati”».
Proprio riflettendo su queste parole, ha
aggiunto Francesco, «a volte a me piace
pensare, un po’ scherzando col Signore:
“Tu non hai una buona memoria!”». Questa «è la debolezza di Dio: quando Dio
perdona, dimentica, dimentica». Tanto
che «il Signore non dirà mai “me la pagherai!”: lui dimentica, perché perdona».
Davanti «a un cuore pentito, perdona e
dimentica: “Io dimenticherò, non ricorderò i loro peccati”». E «anche questo è un
invito a non far ricordare al Signore i peccati, cioè a non peccare più: “Tu mi hai
perdonato, tu hai dimenticato, ma io de-
Nomina
episcopale
La nomina di oggi riguarda la
Chiesa in Papua Nuova Guinea.
Pedro Baquero
vescovo di Kerema
(Papua Nuova Guinea)
vo...”». Si tratta, appunto, di un vero
«cambio di vita: la nuova alleanza mi rinnova e mi fa cambiare la vita, non solo la
mentalità e il cuore, ma la vita». Essa
spinge a «vivere così, senza peccato, lontano dal peccato». E «questa è la ri-creazione: così il Signore ricrea noi tutti».
Il passo della lettera agli Ebrei propone
poi «un terzo tratto, un cambiamento di
appartenenza». Si legge infatti: «Sarò il
loro Dio ed essi saranno il mio popolo».
È «quell’appartenenza» che porta a dire:
«Tu sei l’unico Dio per me, gli altri dèi
non esistono». Perché, ha aggiunto Francesco, «gli altri dei, come diceva un anziano che ho conosciuto, sono stupidaggini:
“tu solo sei il mio Dio e io sono tuo, questo popolo è tuo”».
Dunque, ha insistito il Pontefice, «cambio di mentalità, cambio di cuore, cambio
È nato a Manila, nelle Filippine, il 15 settembre 1970. Ha frequentato le scuole primarie e secondarie presso i salesiani a Pampanga. Entrato nel 1989 nel noviziato della Società salesiana di
San Giovanni Bosco, ha emesso i
voti temporanei il 1° aprile 1990.
Ha svolto gli studi filosofici nel
collegio Don Bosco a Canlubang,
in Laguna, e quelli teologici nel
centro studi Don Bosco a Paranaque, in Manila. Dopo aver emesso
i voti perpetui, è stato ordinato
sacerdote l’8 dicembre 1999 nel
santuario Mary help of Christians
di Manila. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti
incarichi: parroco a Lariau, diocesi
di Kerema, in Papua Nuova Guinea (2000-2006); consigliere nella
comunità salesiana in Lariau
(2000-2004); direttore della scuola
salesiana di Lariau (2004-2006);
parroco ad Araimiri, diocesi di
Kerema (2006-2008); direttore
della scuola salesiana ad Araimiri
(2006-2010); direttore della scuola
tecnica di Gabutu, Port Moresby
(2010-2013); delegato superiore dei
salesiani in Papua Nuova Guinea
e Isole Salomone (2014-2016). Dal
2016 è vice provinciale della nuova
provincia salesiana di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone.
di vita e cambio di appartenenza: questa è
la ri-creazione che il Signore fa più meravigliosamente che la prima creazione».
In conclusione, Francesco ha suggerito
di chiedere «al Signore di andare avanti in
questa alleanza, di essere fedeli; il sigillo
di questa alleanza, di questa fedeltà, essere
fedele a questo lavoro che il Signore fa
per cambiarci la mentalità, per cambiarci
il cuore». Ricordando sempre che «i profeti dicevano: “Il Signore cambierà il tuo
cuore di pietra in cuore di carne”». Ecco
allora, ha riaffermato il Papa, l’impegno a
«cambiare il cuore, cambiare la vita, non
peccare più e non fare ricordare al Signore
quello che ha dimenticato con i nostri
peccati di oggi, e cambiare l’appartenenza:
mai appartenere alla mondanità, allo spirito del mondo, alle stupidaggini del mondo, soltanto al Signore».
Il cardinale segretario di Stato a Davos
La crisi dell’Unione europea, le sfide imposte dall’emergenza migrazioni, l’importanza di una politica di disarmo, la difesa
della giustizia e della libertà religiosa: sono alcuni dei fronti dell’attività diplomatica della Santa Sede alla quale Papa Francesco, sin dalla sua elezione, ha dato tre
obbiettivi fondamentali da perseguire:
«lottare contro la povertà», «costruire
ponti» attraverso la ricerca costante del
dialogo, «raggiungere la pace nel mondo». Su queste linee si muove la Santa
Sede «cercando di intervenire nelle situazioni in cui è possibile intervenire». Lo ha
detto il cardinale segretario di Stato Pietro
Parolin intervenendo, mercoledì 19 gennaio a un colloquio su «I valori umani e il
ruolo fondamentale svolto dall’eredità culturale e religiosa, in un momento di rapida trasformazione globale», tenuti a Davos, in Svizzera, in occasione del quarantasettesimo World Economic Forum.
Quello del porporato è stato un intervento ad ampio spettro con la consapevolezza di chi, in un mondo sempre più tecnologizzato e governato da logiche «di
mercati e di economia», rivendica il ruolo
della religione: «La religione — ha detto —
non può essere relegata a una dimensione
privata. Non si tratta soltanto di una dimensione legata ai sentimenti delle persone: la religione ha qualcosa da dire anche
sulla scena pubblica. Certamente in dialogo con tutte le fedi». Il cardinale ha infatti specificato che la Chiesa cattolica non
pretende, in tal senso, alcun privilegio:
«Viviamo in una società pluralistica, caratterizzata da tante religioni, ed è importante che le autorità riconoscano il loro ruolo
pubblico». E a proposito della collaborazione e del dialogo tra le religioni, ha affrontato anche il delicato tema del terrorismo di matrice fondamentalista: «Il terrorismo può essere una espressione del credo religioso, ma noi pensiamo che sia una
chiara manipolazione della religione», e
ha aggiunto: «Il Pontefice ha detto tante
volte che la fede in Dio non può essere ricondotta a questi terribili atti contro le
persone e contro l’umanità».
Le religioni possono, invece, e devono
essere strumenti di pace, e perciò «uno
dei principali obbiettivi dell’azione della
Santa Sede — ha specificato il segretario
di Stato — è proteggere, difendere e promuovere la libertà religiosa che è il primo
dei diritti umani», infatti «se la libertà religiosa è protetta, anche gli altri diritti
Sulla paura non si costruisce la pace
umani vengono tutelati e promossi».
Quando la Chiesa parla di libertà religiosa, ha aggiunto, sta facendo «qualcosa per
tutti», anche perché «non si tratta solo di
difendere e promuovere i diritti dei credenti», ma «di difendere e proteggere la
stessa persona umana» che non può essere
«ridotta soltanto a una dimensione materiale». Bisogna tutelare la sua «dimensione trascendente».
Portando in un dettaglio più concreto
le sue affermazioni, il cardinale Parolin ha,
per esempio, toccato il tema dell’Unione
europea: «Dobbiamo riconoscere — ha
detto — che sta vivendo un periodo di crisi». Per superarlo «è necessario dare oggi
nuovamente un’anima all’Europa» e «tor-
nare ai padri fondatori», uomini «di grandi e profonde convinzioni, che volevano
un’Europa fatta di persone, di idee, di una
idea comune, e non soltanto un’Europa
fatta di mercati e di economia». In questo
modo, forse, si potrà meglio affrontare anche la drammatica questione dell’immigrazione: «La grande sfida oggi è come rendere le differenze non una fonte di scontro ma di arricchimento reciproco». Nel
vecchio continente, ha sottolineato il porporato, «c’è la paura di perdere la propria
identità, ma la chiusura e la non accettazione dell’altro sono attitudini che ci impoveriscono e non ci fanno progredire».
Fondamentale, ha suggerito, sarebbe final-
mente «l’elaborazione di una politica comune».
Non si costruisce sulla paura: seguendo
questo pensiero il segretario di Stato ha
anche affrontato i temi della pace e del disarmo: «La pace — ha detto — è frutto
della giustizia», perciò «se vogliamo la
pace dobbiamo lavorare per la giustizia.
In questo senso, stiamo riflettendo con la
comunità internazionale sulla moralità del
concetto di deterrenza nucleare. Ancora
una volta dobbiamo dire che una pace costruita sulla paura non è pace».
Sempre mercoledì, intervistato dal
«Wall Street Journal», il cardinale Parolin
ha anche toccato il delicato tema dei rapporti tra la Santa Sede e la Cina: «Da al-
cuni anni abbiamo ripreso il nostro dialogo per provare a superare le passate difficoltà». Il «fardello della storia», ha aggiunto, richiede un «dialogo graduale» e
«grande pazienza», ma «siamo ottimisti».
Lo scopo, ha concluso il porporato, è soprattutto quello di garantire «una vita
normale per i cattolici cinesi».
Il giorno successivo, invece, interpellato
dall’inviato della «Repubblica», il porporato è intervenuto sull’insediamento del
presidente statunitense Donald Trump, ribadendo, da parte della Chiesa l’atteggiamento che essa ha «verso tutti i poteri e le
autorità, al di là delle specificità dell’una
o dell’altro», e cioè: «Si collabora con tutto ciò che c’è di buono; si assume un atteggiamento critico quando ci sono decisioni che non rispondono a quelli che sono i valori del Vangelo che salvano la dignità delle persone».
Il coro della Westminster Abbey a Roma insieme alla Cappella musicale pontificia
Segno verso l’unità
di MASSIMO PALOMBELLA*
Anche quest’anno, in occasione della prossima festa della conversione di san Paolo e
della chiusura della settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani, la Cappella musicale
pontificia Sistina si unirà, nell’ambito del
dialogo ecumenico, a un coro non cattolico.
Sarà infatti a Roma il coro anglicano della
Westminster Abbey che il 24 gennaio terrà
un concerto — insieme alla Sistina — nella
basilica di San Giovanni in Laterano. I due
cori canteranno insieme ai vespri presieduti
da Papa Francesco il 25 gennaio nella basilica di San Paolo fuori le Mura.
È dal 2012 che ogni anno si rinnova una
sorta di gemellaggio con un prestigioso coro
non cattolico in occasione della celebrazione
della solennità dei santi Pietro e Paolo nella
basilica vaticana. Un cammino affascinante e
arricchente, inaugurato proprio con il coro
della Westminster Abbey, e dopo il quale
sono giunti a Roma il Thomanerchor di
Lipsia, il coro ortodosso del Patriarcato di
Mosca, il coro del New College di Oxford,
il Kammerchor der Frauenkirche Dresden, il
Windsbacher Knabenchor e i cori delle cattedrali di Winchester e Canterbury. Si tratta,
senza dubbio, di una forte esperienza spirituale. Ciò che nel cristianesimo è stato separato per vicende storiche e politiche, ha
mantenuto profonda e solida unità nell’arte,
e può continuamente trovare anche oggi
punti d’incontro nell’intelligente frequentazione delle fonti comuni.
In questa maniera la cappella musicale
pontificia si inserisce in modo fecondo in un
ambito indicato chiaramente dal concilio Vaticano II, quello del dialogo ecumenico.
La Cappella Sistina è la più antica formazione corale del mondo. Troviamo infatti
tracce di cantori al servizio del Papa fin dai
primi secoli della Chiesa e sappiamo che
Gregorio Magno nel 597 per l’evangelizzazione dell’Inghilterra, insieme ai monaci, inviò anche dei cantori. La cappella musicale
del Papa ha così seguito tutte le vicende della liturgia pontificia e, passando per tante riforme, è giunta ai giorni nostri in cui ha naturalmente acquisito i principi della riforma
liturgica del Vaticano II, un concilio che ci
interpella profondamente sul dialogo con la
modernità e la cultura. Del resto, leggendo
la sua storia, la Sistina ha vissuto i suoi momenti di massimo splendore proprio quando, pienamente inserita nell’oggi, sperimentava nuovi linguaggi, aveva tra i suoi cantori
i migliori musicisti d’Europa, respirava cum
ecclesia. E oggi, per esempio, intraprendendo
seriamente la strada tracciata dal concilio, la
Cappella musicale pontificia ha rivisitato ormai da qualche tempo un certo modo di
cantare atto a produrre forti e possenti “suoni basilicali”.
Impegnarsi seriamente nelle sfide che il
Vaticano II ci ha lasciato, significa per la
Cappella Sistina studiare e lavorare in modo
professionale esclusivamente per la Chiesa e
per l’evangelizzazione. Il cammino ecumenico diviene allora un dovere e non una possibilità. E lavorare con il più prestigioso coro
anglicano sarà il segno tangibile di una volontà di camminare insieme nel tentativo di
anticipare nella storia quella desiderata unità
che tutti cerchiamo.
*Maestro della Cappella musicale pontificia
Sistina