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13 gennaio 2017 delle ore 11:12
Ma quale arte? I rifugiati vanno aiutati! Parola di
un ex donatore anonimo che ora si rivela: l'artista
inglese Jake Chapman
Lui, Jake Chapman, insieme al fratello Dinos,
è uno dei ragazzi terribili dell'arte contemporanea.
Ma spesso, quando si è "cattivi", si è anche
molto generosi. E non è un caso, infatti, che
Jake Chapman abbia fatto un regalo semplice e
utile all'associazione Refugee Rescue che, in
parole povere, pesca dal mare i migranti che
cercano di attraversare a nuoto quelle 3 miglia
e mezzo di mare che separano l'isola di Lesbo
dalla Turchia, e che spesso rischiano di morire
assiderati. Conferito in forma anonima, il dono
di Chapman ha permesso dunque la messa a
punto di questa "missione", con una vera e
propria barca rispetto a quello che vi era prima:
solo jet-ski e gommoni di salvataggio. Ma
perché Chapman se ne esce solo ora,
raccontando di questo dono? Un po' per
riservatezza, un po' perché «Penso che sia lo
Stato ad avere realmente la responsabilità
primaria di risolvere questo pasticcio, e non gli
individui - spiega - E inoltre, sono molto cauto
circa l'idea che la carità paghi le colpe. Ma in
pratica, vedendo quel che serviva all'associazione,
non è eufemistico quando dico che l'acquisto
della barca e il suo invio alla Grecia era il
minimo che potessi fare». Ma non è finita,
perché Chapman non le manda a dire, e
sottolinea che mai e poi questo gesto deve essere
confuso per arte, nonostante l'associazione sia
nata dalla volontà del curatore irlandese Jude
Bennet: «Quello che sta succedendo a Lesbo è
terribile. Si tratta di trascinare la gente nelle
ultime centinaia di metri di mare a riva.
L'acquisto della barca e la raccolta di fondi,
quindi, non è simbolico: sono fatti. C'è qualcosa
di patetico nei gesti di Ai Weiwei, nell'andare a
sdraiarsi sulla spiaggia, nell'estetizzare la
miseria della gente». Insomma, non una
provocazione, o un modo per sentirsi migliore,
ma un messaggio perché anche qualcun altro
arrivi ad aiutare come si deve gli uomini di
Refugee Rescue, nonostante ormai Lesbo sia
diventata, per certi versi, anche un'isola di artisti
impegnati, come accadrà anche nei programmi
di Documenta 14.
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