una comunità in cammino

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Transcript una comunità in cammino

Editoriale
Carissimi,
mercoledì 26 ottobre, Papa Francesco durante l’udienza in Piazza san Pietro ha
raccontato:
“Alcuni giorni fa, è successa una storia piccolina, di città. C’era un rifugiato
che cercava una strada e una signora gli si avvicinò e gli disse: “Ma, lei cerca
qualcosa?”. Era senza scarpe, quel rifugiato. E lui ha detto: “Io vorrei andare a San
Pietro per entrare nella Porta Santa”. E la signora pensò: “Ma, non ha le scarpe,
come farà a camminare?”. E chiama un taxi. Ma quel migrante, quel rifugiato
puzzava e l’autista del taxi quasi non voleva che salisse, ma alla fine l’ha lasciato
salire sul taxi. E la signora, accanto a lui, gli domandò un po’ della sua storia di
rifugiato e di migrante, nel percorso del viaggio: dieci minuti per arrivare fino a
qui. Quest’uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era
fuggito dalla sua Patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre
la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all’inizio non voleva che questo
migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: “No, signora, sono io che
devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il
cuore”. Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il
sangue armeno e conosceva la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo
una cosa del genere, all’inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po’ di incomodità, “ma
… puzza …”. Ma alla fine, la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a
questa storia…”
Sì, una storia che ti cambia il cuore!
Davvero noi siamo parte di una storia che è stata cambiata radicalmente da una
Storia: il Vangelo è la buona notizia, la buona storia che ha cambiato e cambia
la storia. È fantastico pensare che la storia di una giovane coppia: Giuseppe, il
falegname di Nazareth, Maria, la sua giovane promessa sposa, e la storia di un
neonato, per il quale a Betlemme in quella notte “non c’era posto nell’albergo”, ha
cambiato la storia dei pastori che vegliavano il gregge, dei Magi che arrivavano
da lontano, di Erode e della sua corte chiusi nel loro palazzo freddo e dorato, ma
anche la storia di generazioni per ben due millenni. È straordinario contemplare
una storia semplice, normale, “piccolina” la chiamerebbe Papa Francesco, una
storia di “periferia”, che ha cambiato e cambia l’anima di milioni di persone.
È inquietante riascoltare la storia di Betlemme e domandarsi se quella storia
riesce a profumare e cambiare la mia anima.
Penso allora che sia importante per noi e per le nostre comunità domandarsi:
Siamo capaci di ascoltare storie che possono cambiare l’anima?
Spesso la nostra indifferenza, la nostra fretta, la nostra sordità ci impediscono di
vedere e di ascoltare le storie che chi ci è vicino vorrebbe tanto raccontarci.
Siamo capaci di raccontare storie che possono cambiare l’anima?
L’ascolto dovrebbe far nascere in noi il coraggio e la volontà di raccontare le
storie che incontriamo per donare ai nostri vicini e ai nostri amici la possibilità
di cambiare.
Siamo capaci di narrare, quasi di gridare la Storia che ci ha cambiati?
Sì, la storia del Natale va raccontata, cantata, condivisa. Non può restare un
piccolo nostro tesoro gelosamente custodito. È una storia che ci chiede di uscire
per essere raccontata per strada, in piazza, in centro e in periferia, a tutti.
Che bello se a Natale troveremo il tempo e lo spazio per raccontarci la Storia e
tante storie per cambiarci e profumarci l’anima!
Che festa se a Natale, come Maria nella grotta di Betlemme, saremo capaci di
custodire e meditare nel nostro cuore storie “vere”!
Che Natale se a Natale faremo un po’ di fatica a riconoscerci perché ormai
cambiati e profumati di nuovo!
Auguri di un Natale di buone storie!
don Giovanni
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RIVOLI
Parrocchie nella Città
Diaconato
di Filippo
La nostra comunità rivolese, domenica 9 ottobre,
ha vissuto la bella esperienza della celebrazione di
un’ordinazione diaconale. Certamente si è trattato
di ricevere un ministero personale che tuttavia è
anche un ministero profondamente ecclesiale e
comunitario. Non c’è tale sacramento senza una
comunità, giacché è finalizzato alla sua edificazione.
Detto altrimenti esso è volto alla salvezza altrui,
e la propria è ricompresa solo nella misura in
cui realizza la prima. Il diaconato in particolare
viene conferito col sacramento dell’Ordine, il quale
consta di tre gradi: due che sono partecipativi del
sacerdozio di Cristo (Episcopato e Presbiterato) e
uno di servizio (Diaconato appunto). Tutti e tre i gradi
dell’Ordine costituiscono un sacramento unitario che
si realizza per essenza coll’imposizione delle mani
da parte del Vescovo sul capo dell’ordinando e con
la specifica preghiera consacratoria che domanda a
Dio l’effusione dello Spirito Santo e l’elargizione dei
doni specifici richiesti dal ministero.
Storicamente il diaconato venne istituito per il
servizio, giacché molto presto gli apostoli si accorsero
di non poter attendere a tutte le necessità della comunità
cristiana senza venire meno ai loro doveri di annuncio
della Parola e di assiduo Spezzare il pane. Decisero,
dunque, di imporre le mani ad alcuni uomini fidati al
fine di essere da loro aiutati nel sostenere le esigenze
della carità: in particolare in essi è impresso un segno
che li configura in modo indelebile a Cristo servo di tutti,
Cristo diacono di ogni uomo.
Oltre alla carità incombe sui diaconi il compito di
assistere il Vescovo e i Presbiteri nella celebrazione dei
divini misteri, soprattutto dell’Eucaristia, distribuirla,
assistere e benedire il matrimonio, proclamare il
Vangelo e predicare, e ancora presiedere i funerali.
Il diaconato, infine, può essere di due tipi: diaconato
permanente, perché conferito in modo stabile anche a
persone sposate; ed il diaconato transeunte, destinato a
coloro che sono stati ammessi a proseguire il cammino
verso il presbiterato. A questi ultimi è sempre richiesto
che abbiano una specifica chiamata previa al celibato
per il Regno dei cieli (Mt 19, 12).
diacono Filippo Massarenti
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L'Albero di Lutero
Cinquecento anni saranno passati nel 2017 da quando
Martin Lutero ha affisso le sue novantacinque tesi sulla
porta della cattedrale di Wittenberg, dando inizio a
quel movimento che sarebbe poi diventato la Riforma
protestante. Un movimento che da allora ha portato alla
nascita di varie denominazioni evangeliche e protestanti,
ma che ha anche lasciato la sua impronta nelle culture e
nelle società del nostro mondo.
È questa storia, e la sua attualità per il nostro presente,
che ha voluto ricordare la Chiesa Evangelica Battista con
la celebrazione che si è svolta sabato 14 maggio presso
il Parco Salvemini. La Chiesa Battista ha aderito ad una
iniziativa della Federazione Mondiale Luterana per la
celebrazione della Riforma, che prevede, entro il 2017,
la creazione a Wittenberg di un parco con cinquecento
alberi. E per ogni albero lì piantato, se ne mette a dimora
uno in un'altra parte del mondo. A ispirare questa
iniziativa sono state le parole di Martin Lutero: “Anche
se sapessi che domani il mondo finisse, oggi pianterei
ugualmente un albero di mele”.
Nel pomeriggio del 14 maggio, perciò, la Chiesa
Battista si è riunita presso il Parco Salvemini per
mettere a dimora un albero - un ulivo - insieme agli
amici della comunità e con la presenza del sindaco e
di altri rappresentanti del Comune che ha dato il suo
patrocinio all’evento. Proprio la presenza della città, e
di amici appartenenti ad altre chiese cristiane, è stata
importante per la comunità: crediamo infatti che ciò
che nel 1517 ha avuto inizio come una rottura, una
separazione, nel tempo sia diventato un’occasione di
arricchimento per tutti, proprio per la diversità di vedute
e di tradizioni. Diversità che però trovano il loro posto
all’interno di un clima di amicizia e di dialogo con altri
credenti e cittadini.
Intorno all’albero, al Parco Salvemini si è svolta una
piccola celebrazione con meditazioni, preghiere, canti,
e saluti da parte del Comune e delle altre chiese – le
Parrocchie di Rivoli, la Chiesa delle Assemblee di Dio di
Rivoli e la Chiesa Luterana di Torino. Un saluto è anche
giunto da Ravensburg e dalla Chiesa Luterana di quella
città, gemellata con la nostra chiesa battista, attraverso
la presenza del pastore Friedemann Manz. Insieme alla
messa a dimora dell’albero è stata scoperta una targa
che ricorda l’occasione della celebrazione, citando
anche due versetti biblici che sono stati di fondamentale
importanza per i primi riformatori: “Tutti hanno peccato
e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati
gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione
che è in Cristo Gesù” (Romani 3:23-24) e “È per grazia
che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene
da voi, ma è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché
nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8-9). Parole che ancora
oggi sono di ispirazione per le chiese che affondano le
loro radici nella Riforma, mentre vivono il presente e
guardano verso il futuro.
Helene Fontana
Papa Francesco in Svezia chiede perdono
per la scomunica a Martin Lutero:
«Abbiamo sbagliato»
Malmo “Sarà un viaggio molto importante per l'unità dei cristiani” ha detto il Papa in aereo, non appena partito
per Lund, città chiave della realtà luterana, dove è andato per celebrare in modo congiunto i 500 anni dell'affissione sul duomo di Wittenberg delle 94 tesi di Martin Lutero. Una cerimonia commemorativa densa di elementi
simbolici perché mai prima d'ora un pontefice aveva sdoganato la Riforma in modo tanto esplicito e intenso.
“Lutero ha messo la Parola di Dio nelle mani del popolo”. “Anche noi dobbiamo guardare con amore e onestà al
nostro passato e riconoscere l'errore e chiedere perdono. Dio solo è giudice”. E ancora. “Si deve riconoscere con
la stessa onestà che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira
naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetrata da uomini di potere di questo mondo più che
per volontà del popolo fedele”.
Il viaggio di Francesco nelle terre del mondo luterano sembrano portare a compimento un lungo tragitto di ricerca comune. “Come cristiani saremo testimonianza credibile della misericordia, nella misura in cui il perdono,
il rinnovamento e la riconciliazione saranno una esperienza quotidiana tra noi”.
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RIVOLI
Parrocchie nella Città
Bevo per noia. Bevo per consolarmi.
Bevo per non sentire la fame. Bevo per sopravvivere.
Bevo per sballarmi. Bevo per vincere la paura.
Bevo perché non posso più farne a meno.
Campagna Gennaio 2017- Maggio 2018
STORIE DI ALCOL
TRA EUROPA (ITALIA) E AFRICA (CONGO-KENYA-SWAZILAND)
Due continenti accomunati da uno stesso “amore malato”: l’alcol.
L’alcoldipendenza è un disturbo multidimensionale e sistemico; include fattori genetici e neurobiologici
(vulnerabilità psicologica, effetto gratificante...), fattori psichici relazionali (carenze di personalità, situazioni
emotive e relazionali negative, stress, disturbi psichiatrici o di personalità) e fattori sociali, culturali e
ambientali (disponibilità, gruppo sociale di riferimento incentivante, difficoltà sociali e condizioni conflittuali
interpersonali e familiari).
Può colpire trasversalmente qualsiasi fascia di età, ma per i giovani può rappresentare l‘inizio di un degrado
spesso senza fine. Noi vogliamo impegnarci in favore di una cultura per la vita, libera dalla dipendenza.
Presentiamo storie di uomini, donne e ragazzi vittime dell‘alcol, altri delle droghe, altri che invece raccontano
di come sono riusciti ad emanciparsi dalla dipendenza. Alcuni sono africani. Altri italiani. Come cittadini
del mondo lanciamo una sfida per sostituire a quei vuoti un Pieno: segno di una chiara rivoluzione delle
coscienze. Perché insieme si può, con coraggio e ostinazione: nel ricco Nord e nel profondo disperato Sud. In
Italia come in RDCongo, Swaziland e Kenya, con particolare attenzione ai giovani.
Da Roma Papa Francesco così esorta i giovani: "Giovani, siate artigiani del vostro futuro!!! Perché? Perché
dentro di voi avete voglia di bellezza, siete profeti di bontà e cercate la verità. Ci saranno sempre persone
che vorranno bloccare la vostra strada, voi andate controcorrente, andate per la vostra strada, rifiutate alcol
e droga, questo significa fare rumore. Con i valori della bellezza, della verità e della bontà“ (28 agosto 2013).
E, quale testimone del nostro tempo, così si rivolge alle Nazioni Unite a Nairobi: "Da tempo siamo testimoni
di un rapido processo di urbanizzazione, che purtroppo porta spesso a una smisurata e disordinata crescita di
molte città che sono diventate invivibili e inefficienti. E sono luoghi dove si diffondono preoccupanti sintomi
di una tragica rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale, che porta all‘aumento della violenza
e il sorgere di nuove forme di aggressività sociale, il narcotraffico e il consumo crescente di droghe fra i più
giovani, la perdita di identità, lo sradicamento e l‘anonimato sociale“ (Papa Francesco, 26 novembre 2015).
Di fronte a tali sfide i missionari della Consolata sentono il dovere di unirsi alla Chiesa locale in RDCongo,
Swaziland e Kenya e a tutte le forze disponibili per seminare una nuova cultura di coraggio, solidarietà, e
pace, in modo particolare fra i giovani, aiutandoli a liberarsi dalle nuove schiavitù quali l‘alcolismo e le droghe
di ogni tipo. L‘Associazione Impegnarsi Serve Onlus - OdVfa suo questo impegno promuovendo una serie di
attività di sensibilizzazione, formazione e solidarietà in Italia, Congo, Kenya e Swaziland.
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Il consumo di alcol in Italia
L’alcol è comunemente presente nelle case e sulle tavole degli italiani.
Se però consultiamo i dati nazionali dell’Osservatorio Permanente Giovani e Alcol troviamo che il 28,7%
dei giovani si è ubriacato già almeno una volta nella fascia di età compresa fra 13 e 24 anni. Nelle città
metropolitane la percentuale sale e il punto di riferimento di questo tipo di esperienza è il gruppo.
Le motivazioni addotte dai giovani al bere alcolici sono: per divertirsi, per adeguarsi al gruppo, per darsi delle
arie, per dimenticare i problemi, per sballare o per trasgredire... I Pronto Soccorso degli ospedali soprattutto
delle grandi città accolgono ogni weekend ragazzi sotto i 18 anni ubriachi, spesso in stato di coma etilico.
Se la fascia più a rischio è quella tra i 16 e i 17 anni, sono fortemente coinvolti anche i più piccoli e i più
grandi. Alcuni poi col tempo diventano alcoldipendenti. La dipendenza da alcol è una patologia cronica,
ad andamento progressivo, con tendenza alla recidiva (ossia alla ricaduta alcolica dopo un periodo più o
meno lungo di astinenza). Non necessariamente il soggetto dipendente beve tutti i giorni o assume grandi
quantità di bevande alcoliche; ciò che contraddistingue l’alcoldipendenza è la perdita definitiva del controllo
del proprio bere. Secondo la Relazione al Parlamento su alcol e problemi di alcol (2015) il binge drinking
interessa il 21% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e il 7,6% degli undicenni: consiste nel bere alcolici di diverso
tipo (oltre sei bicchieri) in un arco ristretto di tempo, in modo consecutivo. Le percentuali di binge drinker,
più maschi che femmine, aumentano nell’adolescenza (mettendo in luce un mancato rispetto del divieto di
vendita di alcolici ai minorenni: sono ben 790mila i binge drinker sotto i 25 anni di età) e raggiungono i valori
massimi tra i 18-24enni, per poi diminuire e raggiungere valori minimi nell’età anziana. L’assunzione di alcol
in quantità eccessive e prolungate espone a seri danni per la salute che sono, nel migliore dei casi, vuoti di
memoria, cefalee, nausea, vomito, fino a seri e irreversibili danni a cervello, fegato e pancreas per giungere
al coma etilico. Ci sono rischi sia nell’immediato sia sul lungo periodo, con danni cronici per la salute non solo
fisica, ma anche psichica e relazionale, con conseguenze che talora espongono il soggetto anche a problemi
legali (risse, guida in stato di ebbrezza...).
Il consumo di alcol in Africa
Congo Uno dei Paesi più ricchi al mondo di cobalto, diamanti e risorse naturali, ma col PIL più basso in assoluto
ed un reddito pro-capite annuale di circa 270 dollari, meno di uno al giorno. Mangiare non è scontato ed in
media si muore a 48 anni. Questa drammatica incertezza devasta l’equilibrio delle persone. La precarietà di
massa, il rassegnato fatalismo e il pessimismo, tolgono ogni speranza in una possibilità di riscatto. Ecco allora
il rifugiarsi in soluzioni provvisorie quali lo sniffare la colla, bere alcol di qualsiasi tipo e soprattutto gli alcoolici
locali.
Swaziland stato dell’Africa del Sud tra i più piccoli del continente con circa il 40% della forza lavoro impiegata
nel settore primario. L’agricoltura contribuisce però solo per il 12% alla formazione del PIL nazionale a causa
della prevalente gestione delle terre secondo i costumi tribali, il che le rende scarsamente produttive. In tale
contesto sociale di estrema povertà, l’alcol costituisce un grave problema, che lo stato tenta di affrontare
in diversi modi. Tra questi colpisce la pubblicazione giornaliera dei nomi di coloro che sono stati fermati
dalla polizia per “drinking and driving”. Gli effetti devastanti dell’alcol colpiscono l’intera società, in particolar
modo giovani e famiglie.
Kenya Per comprendere la drammatica situazione del problema alcol in Kenya riportiamo quanto scritto su
Africa Rivista 2015, Fonte BBC: “Le autorità del Kenya hanno iniziato una quattro-giorni di guerra totale all’alcol
prodotto. La drastica iniziativa segue una recente ondata di decessi. Gli alcolici prodotti a livello casalingo
sono molto popolari nel Kenya centrale, dove molte persone non possono permettersi di acquistare liquori
nei negozi. Il presidente Uhuru Kenyatta ha dichiarato che molti uomini nella zona sono «dipendenti» da
quello che viene chiamato «alcol assassino» che uccide per l’alto grado di metanolo. Il Governo ha revocato
tutte le licenze di produzione artigianale. L’operazione è iniziata nella Kiambu County, dove la birra fatta in
casa ha letteralmente distrutto alcune famiglie”.
Eventi ipotizzati
Convegno internazionale a Milano e a Torino
Progetto educativo interculturale per scuole secondarie in Italia
Eventi teatro-live in città italiane
Ricerca e studio del problema dell’alcolismo in RDCongo, Kenya e Swaziland
Progetti di solidarietà in RDCongo, Kenya e Swaziland
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RIVOLI
Parrocchie nella Città
ACCOGLIERE,
UNO STILE DI VITA
L’esperienza del Mantello di San Martino, al di là dei
numeri, dell’impegno quotidiano dei volontari, delle
persone e famiglie accolte, rende testimonianza di due
aspetti.
Da un lato la scoperta, giorno dopo giorno, che la parola accoglienza ha tante facce, diverse ma tutte meritevoli di ricevere attenzione, fiducia ed un sorriso. La
faccia di una persona che ha perso il lavoro, la casa,
la famiglia e, molte volte, la voglia di lottare. La faccia della famiglia che, per la maggior parte dei casi in
modo incolpevole, si ritrova senza la casa e, quindi,
del punto di riferimento della propria vita e dei propri sentimenti. La faccia della donna che deve fuggire
da una situazione familiare difficile, a volte violenta e
deve quasi nascondersi, assieme ai suoi figli. La faccia,
infine, simpatica e sorridente, ma con un retroterra di
difficoltà dei profughi fuggiti dalla loro terra per guerra, fame e disperazione.
Dall’altro lato la consapevolezza che ogni giorno bisogna essere pronti a dare le risposte nuove e che l’impegno sembra non essere sufficiente.
In questi tre anni di attività il Mantello ha saputo e
dovuto cambiare pelle ed adattarsi per dare risposte
pronte ed efficaci alle esigenze che di volta in volta venivano a presentarsi:
Il dormitorio che, fin dall’inizio, ha accolto e accoglie persone che hanno perso tutto e che nell’accoglienza notturna trovano conforto e, in molti casi, la
forza di ripartire.
I quattro alloggi di emergenza abitativa che accolgono
famiglie che, per un periodo di 12 – 18 mesi, attendono
l’assegnazione di un alloggio più definitivo.
Casa Sagum che accoglie donne in una situazione
più protetta.
Casa MIA che sta aiutando i ragazzi profughi a inse-
rirsi nella realtà italiana.
L’esperienza di questi tre anni ha portato a cogliere
un’ulteriore necessità: accompagnare le persone, in
particolare quelle che sono accolte nel dormitorio, a
recuperare il senso dell’autonomia e ripartire per una
vita indipendente. Sta nascendo, così, l’esperienza del
social housing in cui 2 o 3 persone, che hanno ritrovato
un lavoro, condividono un piccolo alloggio, contribuiscono alle spese e progettano un futuro indipendente.
In quest’ottica va inserito l’impegno che i volontari
del Mantello hanno assunto con il Comune di Rivoli e
il Consorzio dei Servizi Sociali (CISA) per la gestione
della struttura di Casa Capello. Questa struttura è stata recuperata ad iniziative di social housing ma anche
di accoglienza di famiglie in emergenza abitativa, un
problema molto rilevante per la nostra Città.
A fronte di questi impegni potrebbe sembrare che la
Mantello di San Martino
necessità di risorse economiche sia il problema principale. Fortunatamente, grazie al contributo di molti
generosi benefattori e ad un’oculata amministrazione,
la struttura riesce a mantenersi anche se ogni offerta
è gradita e gestita per le finalità dell’accoglienza. La
risorsa più importante è quella dei volontari. Attualmente circa una trentina di persone ruotano intorno al
progetto. Ma ogni nuova collaborazione è ben accetta e
l’impegno richiesto non è gravoso. Si tratta di dedicare
due ore del proprio tempo al mese (o più, qualora vi sia
la disponibilità) per accogliere gli ospiti alla sera o per
provvedere alla chiusura del dormitorio al mattino con
le relative pulizie.
Un piccolo impegno che può aiutare concretamente ed
essere una risposta reale a tante demagogie che ci circondano quando parliamo di accoglienza.
Alessandro Molinario
Se volete essere dei nostri, ci potete trovare
tutte le sere al Mantello, piazza San Martino 3
e potete contattarci telefonando al 3409481125
Cortile interno di Casa Capello
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Casa Capello: da oltre 2 secoli accoglie
Una porta aperta
apre un nuovo centro di accoglienza diurno
“Quando l’azienda dove lavoravo ha chiuso e sono
rimasto senza stipendio, sono stato messo fuori casa,
con cambio di serrature e mi sono trovato solo, travolto
dalla tossicodipendenza. Cercavo una macchina aperta
e dormivo lì al caldo, oppure un portone aperto, salivo
fino all’ultimo piano e dormivo sul pianerottolo. Lunghi
anni…,” Il frammento di una storia. Simile a tante altre
storie. Vite che si disegnano molto lontane da qualsiasi
sogno o desiderio, nel disagio e nell’esclusione, a
margine delle nostre strade, sfiorate dai nostri occhi.
Vite che non sono vite, ma sopravvivenze. E se questa
appare una realtà estrema, molte altre esistenze,
sempre più numerose, sono segnate da marginalità,
disagio economico e sociale insostenibile, da
disperazione. Anche accanto a noi, anche nelle strade
della nostra città. A Rivoli esistono realtà concrete e
importanti che si occupano di accogliere e confortare
chi si trova in condizioni di grave fatica, ascoltando,
permettendo di dormire al caldo, di mangiare, di essere
vestiti e assistiti. Da pochissime settimane una nuova
iniziativa sta prendendo vita in città, frutto del desiderio
e dell’impegno di un gruppo di cittadini, quasi tutti
rivolesi, provenienti da diverse esperienze associative
e non, che hanno riconosciuto la necessità di creare
una struttura che accolga, per qualche ora al giorno, le
persone in disagio personale, senza riferimenti o che
si trovano per strada. È nata così, il 17 ottobre scorso,
“Una porta aperta”, associazione che gestirà un punto
di incontro diurno, aperto, inizialmente, al mattino e un
8
pomeriggio alla settimana. Il desiderio dei volontari
è quello di accogliere in modo amichevole chi è in
difficoltà, creando occasioni per relazioni personali
positive e sostegno nel provare a migliorare la propria
condizione di disagio o sofferenza. Ciò potrebbe
avvenire anche attraverso gesti semplici: leggendo
un libro o un giornale al caldo, giocando a carte,
imparando a usare un computer o riavvicinandosi,
insieme ad altri, ad attività che si provava piacere
a fare; oppure provando a riprendere in mano
qualche elemento della propria esistenza, sentendosi
sostenuti, in una vicinanza non giudicante, in questo
sforzo. Il contributo dell’associazione si realizzerà in
collaborazione e sinergia con tutte le altre realtà che
sul territorio si occupano di disagio e marginalità
sociale, riconoscendo la forza e la ricchezza di essere
una rete a maglie strette sul territorio.
L’associazione nasce in rapporto continuo e stretto
con l’associazione Opportunanda di Torino, che da più
di vent’anni si impegna nel sostegno, reinserimento,
solidarietà e amicizia di persone che vivono un grave
disagio sociale e in situazione di completa esclusione
sociale, in particolare “senza dimora”.
“Una porta aperta” è in attesa dell’assegnazione
di una sede in Rivoli: l’amministrazione comunale
ha assicurato tutto l’impegno per sveltire il più
possibile i passaggi necessari per tale assegnazione,
condividendo l’urgenza della struttura di accoglienza,
anche in vista dell’imminente inverno.
I volontari di “Una porta aperta”
RIVOLI
50 anni
di impegno
Parrocchie nella Città
LA VITTORIA
PIÙ IMPORTANTE
Storia di William, ragazzo affetto dalla “Sindrome
dell’X fragile"
La sindrome dell'X fragile (o sindrome di Martin-Bell
o FRAX) è una malattia genetica umana causata dalla
mutazione del gene FMR1 sul cromosoma X, mutazione presente in un maschio su 4000 e in una femmina
su 6000.
Ci scrive un papà…..
Caro San Martino, sono qui a guardare William che si
sta allenando con la squadra e mi è venuto in mente quando circa 6 anni fa cercavo una squadra perché
mio figlio mi aveva detto per la prima volta di voler
giocare a calcio.
Le squadre interpellate avevano espresso le difficoltà
ad avere in squadra un ragazzino "speciale". Probabilmente erano squadre con giocatori fuoriclasse, che a
12 anni giocavano in Champions League...
Così una sera mi misi sul computer e cercai squadre
legate al CSI (Centro Sportivo Italiano) nei pressi di
Collegno. Mi spuntò come primo nome proprio il vostro. Andai sul sito e scoprii che l'arancione era il colore sociale predominante, nonché il colore preferito
di mio figlio.
Così, senza cercare altro, scrissi una lunga mail. La risposta si fece attendere pochi giorni. Fui invitato a presentarmi in sede qualche giorno più tardi. Fui stupito
nel trovare gli allenatori di tutte le categorie, pronti ad
ascoltare la storia di William e il suo desiderio di far
parte di una squadra.
Parlai poi con i ragazzi dell'Under 12, la settimana successiva. Costruimmo un progetto con una persona che
lo affiancasse per i primi tempi. Nessuno era certo che
William potesse farcela a stare in una squadra con le
sue regole.
Grazie a chi rispose a quella mail, agli allenatori che si
sono susseguiti, ai compagni di squadra, oggi William
è in prima squadra, portando da due anni con orgoglio
la fascia da capitano (anche durante gli allenamenti!).
Qui si sente a casa, qui si sente felice.
Grazie San Martino!
Gianni
Caro Gianni, le tue parole ci hanno fatto emozionare,
colpiti nel profondo, siamo orgogliosi di aver fatto (e
fare) parte di questo progetto che coinvolge William ed
il San Martino.
Pensiamo che ciò che è accaduto e sta accadendo ha
del prodigioso e non può che renderci felici, motivandoci ulteriormente; come in tutte le cose è possibile
fare meglio, e noi ci impegneremo in questo senso,
felici di aver contribuito a portare un po’ di felicità a
William e, se possibile, anche a voi sua famiglia.
L’U.S. SAN MARTINO tutta.
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San Bernardo e Santa Maria della Stella
da 45 anni al servizio della città
San Bernardo: una comunità in cammino ...
45 anni fa, il nostro quartiere, chiamato “regione San
Bernardo”, era molto diverso da oggi… poche case,
poche strade (la tangenziale ancora in costruzione!)…
se si voleva andare a Messa bisognava andare alla
Stella, a Borgo Nuovo o ai Servi di Maria (l’attuale
Villa Elena); allora l’Arciprete Don Foco decise, con la
Diocesi, di costruire la nostra chiesa.
In realtà noi che c’eravamo
possiamo dire che sia passato
qualche anno in più, perché nel
fabbricato all’inizio c’era anche
la scuola materna… ma nel
sottochiesa Don Ezio di Brione
veniva a dire la Messa domenicale,
se non pioveva troppo perché
le fogne non funzionavano e si
allagava tutto… una ventina di
centimetri d’acqua… ci potevamo
mettere le rane!!!
Finalmente nel 1971 la
consacrazione della Chiesa da
parte del Cardinale Pellegrino
e l’entrata del nostro primo
parroco, Don Piergiorgio Coccolo.
Con grande semplicità ed
entusiasmo e la sua immancabile
bicicletta, cominciò a creare la
nostra comunità, organizzando
gite, pellegrinaggi, fondando i
primi gruppi per attrare persone:
il gruppo dei giocatori di bocce,
poi il coro delle “voci bianche”…
tanti bambini guidati dalla “grande amante della
musica” la compianta Signora Ivonne Garbellini. Il coro
allietava la Santa Messa e intanto i genitori venivano
coinvolti… venne formato il primo gruppo famiglia,
dalla cui crescita nacque la vocazione dei nostri diaconi
“Lucio e Clemente e poi Renzo”.
L’anziano Canonico Don Baietto collaborava con Don
Pier, assistito da Sorella Ida.
Tanti personaggi ritornano alla mente, sono state le
colonne della nostra chiesa… e poi ci sono le persone
instancabili e sempre disponibili ancora oggi, a cui
negli anni si sono aggiunti molti altri, tutti in cammino
e pronti a far crescere la nostra comunità.
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Dopo varie presenze di suore e preti missionari, in
parrocchia arrivò quello che poi è diventato Padre
Renzo, missionario della Consolata, che trascinò il
nostro gruppo di giovani in bellissime esperienze
spensierate ma anche formative a livello di animazione,
partenza per i successivi gruppi giovani.
Nell’agosto 1979, purtroppo la triste morte di Don
Pier sul Rocciamelone, con conseguente periodo di
tristezza della parrocchia… siamo stati assistiti da Don
Reviglio, fino all’arrivo di Don Giovanni Oddenino.
Il nuovo Don, persona molto
semplice e dinamica, puntò
molto sull’aggregazione sportiva,
fondando la polisportiva ESSEBI
(San Bernardo naturalmente) in
cui si giocava a calcio, pallavolo,
basket e attività di oratorio
ed il gruppo GRESB, basato
sull’attività volontaria di alcuni
genitori portava i giovani a
sciare d’inverno e a camminare
d’estate; iniziarono i campi estivi
ed importanti ritiri al Fortino di
Santa Chiara.
Tante persone nel frantempo hanno dato una mano alla
Parrocchia: sorella Elide, i vari preti della Consolata
(P. Alessandria, P. Giulio, P. Paviolo, P. Francois e i vari
“consolatini” che studiavano per diventare missionari).
Importanti sono state le presenze di Don Giuseppe
Locatelli (che ha seguito per anni il gruppo giovani) e
di Don Luciano, entrambi “giuseppini”.
Anche i “Salesiani” hanno sempre
aiutato nella celebrazione delle
Messe, con presenze costanti e
importanti come Don Bartolino, i
chierici Marian e Peter che hanno
collaborato con Don Tonino
nell’oratorio.
Nel 2000 grazie a Don Giovanni,
nasce il gruppo Scout Rivoli 4, che
da allora si occupa dei bimbi e dei
ragazzi offrendo a loro avventure
nella natura, educando all’amore
per la creazione.
RIVOLI
Dopo 14 anni, il Vescovo ha deciso che Don Giovanni
doveva cambiare, ed è stato sostituito da Don Tonino…
dopo la calma, un vulcano di persona che con il suo
carattere entusiasta e determinato (a volte anche un
po’ “irascibile” ) ha rivoluzionato il tutto….
A partire dalla chiesa che con l’affresco, le stazioni della
Via Crucis e le finestre con i mosaici ha decisamente
cambiato faccia, per non parlare del salone! Ma anche
e soprattutto puntando sui gruppi, sulla preparazione
liturgica della Messa che ha lasciato il segno in tutti
noi… insistendo sulla collaborazione instancabile
delle catechiste, dei lettori, delle mamme super attive,
cercando di attirare in tutti modi le famiglie, di cuochi
eccellenti, di anziani impegnati e attivi, dell’attività
della San Vincenzo...
E ora siamo ai nostri giorni… Don Mauro e Don Paolo
danno una mano al nostro parroco Don Andrea Zani,
giovane tra i giovani che con la sua energia ci sta
rivitalizzando e rimovimentando la parrocchia... vive le
Messe con passione ed entusiasmo trascinando tutta
la comunità, che con i suoi pregi e i suoi difetti continua
a camminare verso il Signore… speriamo per tanti altri
anni!
Parrocchie nella Città
Una nuova esperienza è iniziata, la creazione dell’Unità
Pastorale, le quattro parrocchie della città collaborano
attivamente nella Pastorale.
La nostra Comunità dopo 45 anni, continua con
entusiasmo il suo cammino, attraverso l’annuncio della
parola, il servizio ai bambini, agli adulti, agli anziani,
ai bisognosi ... la celebrazione della liturgia, la Messa
comunitaria, condividendolo con le altre comunità il
cammino sui passi di Gesù ...
Carlo e Ida
11
45 anni: radici profonde e
nuova linfa per crescere
Nel 1971 il cardinale Michele Pellegrino consacrava la
chiesa di San Bernardo in un quartiere profondamente
diverso da quello attuale: iniziava il cammino della nostra comunità, che con la guida di parroci dalla personalità e dai carismi profondamente diversi, è cresciuta
nella comunione e continua ad interrogarsi su come
testimoniare la propria fede e accogliere chi si avvicina alla parrocchia.
L’entusiasmo e le energie spese dal primo parroco,
don Piergiorgio Coccolo, per avviare la parrocchia, l’esempio di semplicità di don Giovanni Oddenino, attento
a coinvolgere giovani e adulti attraverso l’aggregazione e lo sport e l’avvio dei gruppi famiglia, le ventate
di novità a volte travolgenti di don Tonino, il coinvolgimento dei giovani di tutte le comunità parrocchiali
rivolesi con proposte e nuove attività da parte di don
Andrea, ma anche la collaborazione di tanti religiosi,
hanno sollecitato nuove esperienze nella comunità e
tracciato segni per un cammino che va sempre ripensato. La scelta del diaconato di Lucio, Clemente e Renzo, presenza discreta e continuativa, la prossimamente ordinazione di Pino, la testimonianza silenziosa di
persone che hanno servito e servono in modo diverso
la parrocchia, sono frutto ed espressione di una comunità che è cresciuta nella fede, nell’attenzione verso i
poveri, nella ricerca di linguaggi e forme nuove di annuncio anche per chi non frequenta abitualmente la
parrocchia.
Festeggiare i quarantacinque anni ha significato ricordare il cammino percorso e riconoscere quanto si è
ricevuto da chi, con sensibilità diverse, ha contribuito
a plasmare la vita della parrocchia; ma è stata soprattutto un’occasione per riflettere sul senso di quanto
si sta facendo e su come continuare questo cammino
comunicando ad altri la bellezza e la ricchezza di una
scelta che cambia la vita. In quest’ottica, il Consiglio
Pastorale ha dedicato ampio spazio alla conoscenza
dei diversi gruppi, delle finalità e modalità di lavoro,
delle difficoltà e delle fatiche per coinvolgere altre persone; questo confronto ha favorito una maggiore condivisione e ha portato alla scelta di presentare i diversi gruppi durante le messe domenicali o in occasioni
particolari. Ci si è interrogati sul tema dell’accoglienza
e su come coinvolgere nella vita comunitaria altre persone; un interrogativo che sollecita tutta la comunità
a chiedersi cosa significa essere cristiani oggi e come
si possa trasmettere speranza a donne e uomini che
faticano a dare un senso alla vita, a superare l’individualismo e la superficialità; camminare insieme nella
comunità, costruire percorsi comuni con le altre parrocchie, testimoniano anche ai non credenti la possibi12
lità di costruire una società migliore cercando insieme
il bene comune.
Accoglienza, comunione, preghiera, gioia, sono le parole chiave dei diversi momenti organizzati per festeggiare questi quarantacinque anni.
L’iscrizione ai catechismi e al sabato Sambe con giochi
e il coinvolgimento delle famiglie, gli incontri di preparazione con genitori e padrini dei cresimandi, le prime
comunioni dei lupetti e le cresime sono stati momenti importanti di accoglienza e comunione; il concerto
del Coro San Bernardo come la Commedia del Gruppo
Teatro, il pranzo comunitario preceduto dall’aperitivo
per tutti dopo la messa solenne del 2 ottobre hanno
trasmesso quel clima di gioia e fraternità cresciuto negli anni. I momenti di riflessione e preghiera sono stati
importanti per fermarci e accogliere stimoli a vivere
con maggiore coerenza la fede nella quotidianità. La
liturgia penitenziale, la lettura meditata della Parola di
Dio sotto la guida di don Andrea, che ci ha stimolato a
ripensare come viviamo la comunità e nella comunità, sono stati occasione preziosa per porci in ascolto
della Parola: con umiltà, riconoscimento delle nostre
fragilità e della responsabilità che ciascuno ha verso
la comunità.
Due incontri hanno permesso di riflettere sulla preghiera e sulla santità testimoniata nel proprio tempo.
“Preghiera: azione di Dio, esperienza dell’uomo” è
stato il tema affrontato da don Paolo Scquizzato, sacerdote del Cottolengo. Un intervento che ci ha costretto a ripensare al nostro modo di pregare, alla
necessità di fare silenzio, di accogliere la luce che è
in noi e in ogni uomo, anche non cristiano. Pregare
è fermarci, lasciare spazio alla Parola di Dio facendo
tacere le nostre parole; è rivedere la nostra vita alla
luce del Vangelo, piuttosto che chiedere piccoli o gran-
RIVOLI
di miracoli che cambino la vita; è lasciare spazio alla
preghiera comunitaria e non rifugiarsi in un colloquio
personale con Dio, ripiegati sui nostri bisogni, incapaci
di sentire la Sua presenza. La preghiera non facilita
la vita, trasforma il modo di affrontarla se lasciamo
che Dio ci parli nel silenzio. Gli altri riconosceranno se
saremo donne e uomini di preghiera dalla nostra vita,
dall’onestà, dalla serietà, dall’impegno generoso nella
famiglia, nel lavoro, nella comunità.
Il salesiano don Cristian Besso ci ha aiutato a conoscere meglio il santo a cui è dedicata la nostra parrocchia: “San Bernardo, spiritualità e impegno: cosa
può ancora annunciare alla Chiesa del nostro tempo”.
Uomo del suo tempo, innamorato di Dio e degli uomini,
politico e letterato, mistico infaticabile nell’azione, ci
insegna a riscoprire che l’amore di Dio precede ogni
altra realtà, che la preghiera, l’umiltà, l’essenzialità,
debbono animare il nostro impegno per la Chiesa e per
ogni uomo.
Parrocchie nella Città
San Bernardo ha ancora molto da insegnarci:
• La grandezza di un Dio che ci ama prima di ogni nostra scelta, oltre ogni nostra debolezza e fragilità.
• L’importanza del silenzio interiore, dell’ascolto della
Parola, della preghiera costante.
• La curiosità, la conoscenza, il confronto con il mondo
in cui viviamo e l’impegno per migliorarlo.
San Bernardo ha vissuto pienamente la sua umanità,
coniugando preghiera e azione: anche noi non dobbiamo temere di sporcarci le mani nella società e nella
politica. Anche a noi è chiesto di sentirci responsabili
della Chiesa e della comunità, di riscoprire l’amore di
Dio incarnato, di alimentare nell’incontro con il Signore
e nella riflessione sulla Scrittura l’amore per i fratelli.
Tre settimane di vita comunitaria intensa, di gioia e riconoscenza per quanto abbiamo ricevuto, di stimolo a
continuare nel cammino di fraternità e aiuto reciproco
cercando di trovare nuova linfa per la nostra piccola
comunità di San Bernardo.
Nicoletta Viglione
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Santa Maria della Stella
“Perché la famiglia diventi più Chiesa, la Chiesa diventi più famiglia”
14
RIVOLI
Parrocchie nella Città
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Festa di San Martino
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La città sul monte
È uscita la lettera pastorale del nostro Arcivescovo, dal
titolo «La città sul monte». Con stile agile e operativo,
essa presenta alcune proposte per accompagnare
l’appropriazione della Evangelii Gaudium, che a
Firenze papa Francesco ha consegnato alle chiese che
sono in Italia come vera e propria guida per un progetto
pastorale diocesano e comunitario.
La recezione a livello diocesano delle indicazioni di
papa Francesco e del Convegno ecclesiale di Firenze
deve tener conto del particolare momento storico
che la nostra Chiesa è chiamata a vivere, nel quale
si rende urgente un riassetto complessivo della
diocesi. In questa operazione, la lettera invita a porre
particolare attenzione a tre soggetti della pastorale:
la famiglia, le giovani generazioni, i poveri. Il tema
liturgico apparentemente è assente, ma in realtà
attraversa il cammino di questi soggetti, chiamati a
vivere le cinque vie di evangelizzazione e umanizzazione proposte a Firenze: uscire, annunciare, abitare,
educare, trasfigurare.
La liturgia è coinvolta in modo particolare nella quinta
via, dedicata al «trasfigurare». La scheda numero 5
della Lettera offre al proposito interessanti spunti di
riflessione, che riconoscono nella trasformazione del
cristiano a immagine di Cristo la sintesi e la meta del
cammino. In un tempo di attivismo pastorale, afferma
la lettera, «è necessario riportare al centro della
vita personale, familiare e comunitaria il primato di
Dio e della preghiera, altrimenti si perde l’anima del
proprio vissuto spirituale e umano» (57). Trasfigurare
è accedere alla verità del mistero di Cristo, come
i tre discepoli sul Tabor, nella consapevolezza che
«solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera
luce il mistero dell’uomo» (Gaudium et Spes, 22). In
linea con Evangelii Gaudium, la trasfigurazione non
può essere ridotta alla sola esperienza liturgica: anche
nel volto del fratello, che pure si presenta con le vesti
stracciate, è possibile contemplare il volto di Cristo
trasfigurato.
Parrocchie nella Città
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
RIVOLI
don Paolo Tomatis
17
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
La città sul monte
La lettera pastorale del vescovo Cesare per il 2016
è frutto di un lavoro collegiale (delle Assemblee
diocesane e delle consultazioni parrocchiali, ma
anche delle visite pastorali alle parrocchie) che vuole
delineare il programma pastorale per la diocesi,
ma anche indicare un metodo, quello sinodale,
necessario per affrontare la difficile evangelizzazione
in un contesto decisamente cambiato e in continua
evoluzione.
Il metodo sinodale
Lo stile con cui l'arcivescovo è giunto alla stesura di
questa lettera lo propone alla diocesi come strumento
indispensabile per convertirci ad uno stile di essere
Chiesa, secondo le indicazioni di papa Francesco, per
sentirci e diventare tutti consapevoli e corresponsabili
nell'impegno di evangelizzare, cioè di portare la "Gioia
dell'Evangelo" agli estremi confini della terra.
E questa mentalità di vivere la Chiesa diventa il criterio
che deve guidare il riassetto della diocesi, la riduzione
delle parrocchie, il nuovo impegno missionario verso
le "periferie".
Riferimenti essenziali
Riprendendo l'invito del Papa a Firenze il vescovo
ricorda la necessità di un approfondimento serio della
Evangelii Gaudium per fare di questo documento un
impegno pastorale della comunità diocesana.
E in questo senso richiama nel corso del documento i
passi essenziali dell'enciclica programmatica, dedicata
alla nuova evangelizzazione, all'impegno missionario
di tutta la Chiesa e di ogni cristiano in questo mondo
globalizzato.
E riferimento non meno importante viene indicato
il documento conclusivo dello stesso Convegno che
indica alcuni punti programmatici indispensabili alla
Chiesa per questa fase delle nuova evangelizzazione.
Cinque vie
Uscire
Ormai l'espressione Chiesa in uscita è diventata
uno slogan ripetuto su cui il papa sta insistendo per
indicare l'impegno missionario di tutti i battezzati.
Non più una parrocchia che si organizza nell'attesa dei
fedeli, ma una comunità che si rende testimone della
sua fede nei diversi ambiti della sua vita.
Rimane la centralità dell'Eucarestia, ma siamo
chiamati, tutti, a diventare portatori del vangelo nella
vita quotidiana, negli ambienti più diversi, oltre le
rassicuranti mura che delimitano i fedeli e i credenti.
Annunciare
Andate a fare discepoli in tutto il mondo: questo
è l'impegno che coinvolge tutto il popolo di Dio in
cammino. Annunciare la gioia del vangelo, soprattutto
la misericordia di Dio rivolta a tutti, per rendere
18
presente la salvezza come proposta a tutti, con grande
rispetto e amore.
La Chiesa, luogo della misericordia, deve rendere
visibile questo amore che accoglie, che incoraggia e
che perdona perché significa la vita buona proposta da
Gesù nel vangelo.
Abitare
La chiesa – tutta la comunità – è impegnata a
testimoniare la gioia del vangelo anche nella realtà
sociale: sia nel contesto della natura, sia nei rapporti
degli esseri umani.
Abitare la madre terra per renderla conforme al
disegno voluto da Dio nella creazione. Abitare le
relazioni degli uomini, nell'impegno sociale e politico,
abitare soprattutto i poveri e i sofferenti, con gli stessi
sentimenti che aveva Gesù.
Acquisire l'arte dell'accompagnamento per imparare
il ritmo salutare della prossimità, a togliersi i sandali
davanti alla terra sacra dell'altro.
Educare
Nel senso etimologico del termine condurre la propria
fede alla testimonianza viva e attualizzata.
In primo luogo educare gli adulti che siano formati per
un ruolo cosciente e responsabile nei confronti dei più
giovani e dei diversi settori formativi: famiglia, genitori,
religiosi, insegnanti…
Educare in comunità, per vivere coerentemente la
propria fede come dono ricevuto e soprattutto impegno
a trasmetterlo alle nuove generazioni.
Ed educare in rete per vivere la propria fede con lo
sguardo attento "fuori" delle nostre comunità, anche
per "fare rete" con tutte le istituzioni educative del
territorio.
Trasfigurare
Soprattutto di fronte al prevalere dell'attivismo è
necessario ritrovare il senso di Dio e della preghiera.
Come Gesù ritrovava la quiete interiore e la spinta ad
aprirsi a tutti nell'incontro con il Padre siamo chiamati
a ritrovare il tempo per Dio come essenziale per
l'essere cristiani, per trasfigurare la nostra vita, per
renderla testimonianza visibile e concreta.
Da sottolineare
Il Kerigma al centro.
Se l'annuncio del Signore risorto era il centro della
predicazione apostolica dobbiamo ripristinare questa
centralità: è il Signore il centro della nostra fede e del
nostro annuncio e ogni giorno richiede un adeguato
approfondimento per consentirci di mantenere e
rafforzare questa centralità.
Chiesa in uscita
Tema caro a papa Francesco, viene riproposto anche
dal vescovo.
La struttura e lo stile della parrocchia attuale rispecchia
una prospettiva statica e radicata nella convinzione di
essere un "centro di servizi" cui la gente può accedere
secondo i bisogni.
È necessario cambiare prospettiva e ritornare alle
origini: la predicazione di Gesù era tutta compresa nel
cammino e nell'incontro sulla strada e nelle case, dove
la gente vive. Con questo stile dobbiamo ripensare
il nostro essere cristiani che sono in cammino e
realizzano la loro fede nella quotidianità.
Tutti missionari
Anche questo termine risuona spesso nelle parole e
negli scritti del papa.
Tutti siamo chiamati ad essere battezzati-missionari,
a improntare la nostra vita su questo stile pastorale:
non preoccupazioni organizzative o programmatiche,
ma impegno missionario costante accompagnati dalla
Parola e dalla Carità.
L'opzione privilegiata per i poveri
E se lo sguardo della Chiesa è rivolto a tutti, un occhio
privilegiato deve riguardare i "poveri", intendendo
tutte le persone che vivono le diverse povertà: la
solitudine, la mancanza di lavoro, l'abbandono, le
schiavitù moderne… per tutti la vita buona del Vangelo
Parrocchie nella Città
deve diventare un richiamo, una risorsa, una luce per
ritrovare dignità e senso nella propria vita.
Una Chiesa che sogna
Ancora riferendosi alle parole del papa richiama
una Chiesa di sogno perché capace di sognare, ma
anche realizzatrice di imprese alte come in un sogno
che diventa realtà. La Chiesa voluta da Gesù, una
Chiesa sul passo degli ultimi, capace di privilegiare i
"poveri" di ogni tipo fino a realizzare quelle beatitudini
sconvolgenti che restano ancora il programma
"politico" del predicatore di Nazaret.
Conclusione
È il Vangelo che rimette in piedi!
Ricorda in conclusione l'incontro con una donna che in
una missione nel Camerun, ai ringraziamenti tributati
ai missionari per i grandi impegni sociali (pozzi, scuole,
ambulatori…) aggiungeva il dono del Vangelo, il solo in
grando di "rimetterci in piedi".
Una lezione di catechismo che ci viene dai poveri, da
chi pur nel bisogno dell'essenziale, ci ricorda che il
senso non viene dalle tante e necessarie cose fatte,
ma dal Vangelo, dalla Gioia dell'Evangelo che ci dona
luce e senso per la vita.
Silvano Giordani
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
RIVOLI
Firenze 2015: V convegno ecclesiale nazionale intitolato "In Gesù Cristo il Nuovo umanesimo". La sostanziosa
Esortazione Apostolica con cui papa Francesco sostiene i suoi punti programmatici per la nuova evangelizzazione.
19
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
Una chiesa
in uscita
La tenda della Chiesa in uscita
C’è la Missione, cioè il progetto di Dio per l’umanità: un
progetto che si fa missione e che vuole che tutti gli uomini vivano come figli di Dio, fratelli fra loro e custodi
del creato. Dio stesso è responsabile della Missione, e
la vuole realizzare con la collaborazione della Chiesa e
di tutti gli uomini di buona volontà.
Il Concilio Vaticano II segna il termine di una tappa e l’inizio di una nuova tappa nella storia della Chiesa come
si evidenzia nella Esortazione” Evangelii Nuntiandi” di
papa Paolo VI e nell’Esortazione “Evangelii Gaudium”
di papa Francesco. Finisce la tappa della seconda
Chiesa, la Chiesa occidentale eurocentrica, la Chiesa
delle missioni, e inizia la tappa della terza Chiesa, la
Chiesa policentrica, la Chiesa della Missione. Si tratta
ora di passare dalla Chiesa delle missioni alla Chiesa
dei Discepoli missionari. Così la missione passa dalla
periferia al cuore della Chiesa.
Papa Francesco, il Papa venuto dal Sud, presenta questa nuova tappa della evangelizzazione come la tappa
di una “Chiesa in uscita”: ECCONE ALCUNI ASPETTI
Uscita da una Chiesa-fortezza che proteggeva i suoi
fedeli dai pericoli della cultura moderna verso una
Chiesa-Ospedale di campagna che si preoccupa di tutte le persone ferite, senza badare alla sua situazione
morale o ideologica.
• Uscita da una Chiesa che parla dei poveri verso
una Chiesa che cammina con i poveri, parla con
loro, li abbraccia e li difende.
• Uscita da una Chiesa dell’ordine e del rigore allo
stile degli scribi e dei farisei verso una Chiesa impegnata nella rivoluzione della tenerezza, della
misericordia e della cura, seguendo l’esempio del
Buon Samaritano.
• Uscita da una Chiesa triste, “con faccia da funerale” verso una Chiesa che vive la gioia e la speranza
del Vangelo.
Si tratta di formare una Chiesa nuova, che ritorni alla
scuola di Gesù, una Chiesa di Discepoli Missionari, che
viva e dia testimonianza del messaggio essenziale
del Vangelo e si faccia collaboratrice di Dio nella costruzione di un mondo nuovo che sia sacramento del
Regno. I discepoli missionari si impegnano con la loro
vita nella liberazione dei poveri-scartati, nella inculturazione del Vangelo, nel dialogo inter-culturale e inter-religioso, nella cura del creato. Questa nuova tappa
è iniziata specialmente nelle Chiese del Sud del mondo
che hanno assunto la loro responsabilità missionaria.
p. Giordano Rigamonti e p. Antonio Bonanomi
• Uscita da una Chiesa-Istituzione centrata in se
stessa verso una Chiesa-Movimento, aperta al dialogo universale, con altre Chiese, religioni e ideologie.
• Uscita da una Chiesa-autorità ecclesiastica, lontana dei suoi fedeli e alle volte dando le spalle ad
essi, verso una Chiesa-Buon Pastore che cammina
in mezzo al popolo, che ha l’odore delle pecore e il
profumo della misericordia.
• Uscita da una Chiesa-Maestra di dottrine e di norme verso una Chiesa-Madre tenera e misericordiosa con le porte aperte per incontrarsi con tutti, senza guardare la loro appartenenza religiosa,
morale o ideologica, ponendo al centro le periferie
esistenziali.
20
La casa dei missionari della Consolata di Rivoli
Parrocchie nella Città
Annunciare
Le tante povertà, antiche e nuove, si condensano nella povertà constatata da Gesù con preoccupazione:
la carenza di operai che annunciano il Vangelo della
Misericordia (gli apparivano “come pecore senza pastore”, ricorda l'evangelista Matteo 9,36). La gente ha
bisogno di parole e gesti che partendo da noi indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. “Nessuno può essere
escluso dalla Misericordia di Dio”. “Siate misericordiosi come il Padre”, non dimentichiamo che Dio perdona
tutto e perdona sempre. La Misericordia è la via che
unisce Dio e l'uomo, perché apre il cuore alla speranza
di essere amati sempre nonostante il limite del nostro
peccato. Anche nel nome di Gesù, scelto da Dio per
un bimbo nato e cresciuto in maniera straordinaria, è
iscritta la parola salvezza. Quel nome vuol dire “il Signore salva”. La vita di Gesù non fu che questo annuncio in parole e azioni che Dio salva , che Dio interviene per salvare il suo popolo che incontrando guariva.
Salvezza dalla sofferenza, dalla morte, dal dominio di
forze distruttrici, da maledizioni, da emarginazioni, da
solitudini, dal vizio, dall’avidità, da paura, da giudizi e
da condanne, da ingiustizie e ipocrisia, da se stessi.
”La tua fede ti ha salvato” usava dir loro.
Ma cosa siamo chiamati ad annunciare?
Il perdono delle offese diventa l'espressione più evidente dell'amore misericordioso e per noi cristiani è
un imperativo da cui non possiamo prescindere. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la vendetta e la violenza sono condizioni necessarie per vivere felici. Il
perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde coraggio per guardare il futuro con speranza.
La Chiesa ha la missione di annunciare la Misericordia di Dio che per mezzo del Vangelo, dove raggiunge
il cuore e la mente di ogni persona, verso tutti senza
escludere nessuno. Il cristiano attraverso il linguaggio
dell'amore e le sue mani operose devono trasmettere
misericordia per penetrare nel cuore delle persone e
provocarle e ritrovare la strada per ritornare al Padre.
Oggi il mondo reclama la necessità di essere fasciato,
ascoltato, liberato, accolto, abbracciato. Essere “colti
su Dio” e non saper trasmettere il linguaggio dell'a-
more di Dio, non serve a nulla. Quindi non “fare” ma
“dare”. Si può fare senza aver nulla da dare ma non si
può dare se non si è ricevuto qualcosa.
Dare qualcuno, quel Gesù che ogni giorno ci viene
donato. L'amore non va solo detto ma anche dato, la
nostra vita deve diventare una prova d'amore. Occorre aprire il cuore ai fratelli, solo il cuore è capace di
recepire tutto. Occorre essere capaci di sorvegliare il
proprio cuore per sorvegliare quello dei fratelli.
Gesù si rivolse a Pietro dicendo “mi ami tu”?
Quando diciamo a Gesù che lo amiamo ciò significa
restituirgli i nostri fratelli salvati e cresciuti.
Restituiamo il nostro cuore al Signore perché Lui ce
lo restituisca nuovo.
Dobbiamo tutti i giorni dire “Ti Amo di più di ieri”.
“Venite dietro a me “ (MT 4,19 ), Andate in tutto il mondo” (MC 16, 15), due espressioni del mandato per evangelizzare.
Il verbo “vieni” è il tempo della scoperta di Gesù, della
ricostruzione personale, della ricezione dello Spirito
Santo.
Il verbo “Vai” è il tempo della rivelazione di Gesù, il
tempo dell'amore da consegnare agli uomini.
Quindi se si viene a Gesù e ne facciamo esperienza, e
si va nel mondo, questa è già vita eterna...
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
RIVOLI
Augusta Lucente
A Rivoli in Via Piol, davanti alla Parrocchia Santa
Maria della Stella, già da alcuni anni, si annuncia
l'amore di Dio, porta di salvezza per la nostre vite,
mentre in chiesa si fa l'Adorazione Eucaristica.
Si intercede per tutta la città di Rivoli e si invitano i
passanti ad entrare in chiesa per presentarsi anche
solo un attimo davanti al Santissimo per una breve
preghiera.
A volte alcuni fanno resistenza ma nel momento in
cui entrano, i loro occhi si illuminano e a volte ad
alcuni dall'emozione scende una lacrimuccia.
21
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
È il Vangelo
che ci rimette in piedi!
Ecco una proposta per rimetterci in piedi…
tutti i giovedì sera dalle ore 21 alle 22
ci incontriamo nella Chiesa di Santa Maria della Stella
Insieme leggiamo e riflettiamo sulle letture bibliche della domenica
la chiesa rimane aperta per la preghiera personale dalle ore 15 alle ore 23
al centro LA PAROLA
È il Vangelo ad essere al centro del nostro vivere: ci
indica lo scopo da raggiungere e ci sostiene lungo il
cammino!
Una testimonianza del nostro vescovo Cesare…
In un viaggio nelle missioni del Camerun ho
celebrato l’Eucaristia per un gruppo di cristiani e
una donna ha pregato così: «Ringrazio i missionari
che sono venuti tra noi e ci hanno portato il Vangelo
che ci ha rimesso in piedi».
I missionari avevano dotato il villaggio di pozzi per
l’acqua, scuola per i ragazzi, ambulatorio medico
per far fronte alle tante malattie, scuola agraria per
insegnare a usufruire al meglio dei raccolti della
terra… ma quella donna non ha ringraziato per queste
22
importanti opere. Ha incentrato la sua preghiera sul
dono del Vangelo che li aveva «rimessi in piedi» per
una vita nuova e per guardare avanti con speranza. Il
nuovo umanesimo in Gesù Cristo che siamo chiamati
ad annunciare e vivere ha le sue radici prima di tutto
nei nostri cuori, nell’esperienza contagiosa di Gesù
Cristo che viviamo insieme con gioia e fraternità
nell’ascolto della sua Parola, nell’Eucaristia e nella
testimonianza in ogni ambito e ambiente di vita.
«Non ci sarebbero più pagani – diceva san Giovanni
Crisostomo – se ci comportassimo da veri cristiani»
(Ep ad Tim. 3, ho. 10).
Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino, padre e amico
Parrocchie nella Città
Una chiesa che abita la vita
(sogno ad occhi aperti)
Nelle pagine iniziali della Lettera del Vescovo leggo
queste parole che i giovani torinesi ci consegnano sulla
questione del riassetto: «Nel rispetto delle parrocchie
che abitano il vissuto del popolo di Dio, occorre che la
Chiesa diocesana persegua le vie più idonee a incarnare
nei diversi territori una presenza cristiana inclusiva,
aperta all’ascolto e capace di favorire una stretta
sinergia di idee, culture, esperienze e realtà diverse».
Mi colpiscono e mi piacciono. I giovani “sono sul pezzo”,
sono capaci - se e quando stimolati - di cogliere la
novità che abita la storia di oggi. Come chiedeva loro S.
Giovanni Paolo II, sanno essere “sentinelle del mattino”,
del nuovo all’orizzonte. E parlano di “parrocchie che
abitano il vissuto del popolo di Dio”. Parlano di una
Chiesa incarnata, immersa (“battezzata”!) in “idee,
culture, esperienze e realtà diverse” che non fanno
paura, ma che costituiscono “compagne di viaggio” con
cui camminare insieme oggi.
Sarà forse che stanno sognando ciò che un po’ già c’è,
ma di cui non ci si rende tanto conto? Sarà che stanno
sognando… ad occhi aperti?
Sì, ecco anche il mio sogno! Mi piace una Chiesa così,
che senza far rumore si muove curiosa, aperta e
fiduciosa per le strade della nostra città, con gli occhi
spalancati su ciò che la circonda, che accoglie come
risorsa, possibilità di vivere il Vangelo.
Un sogno ad occhi chiusi è come una casa con finestre
e porte sbarrate: triste, inutile, tetra, abbandonata a se
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
RIVOLI
l'orto di Casa MIA
23
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
stessa, destinata ad andare presto in rovina. Solo un
sogno ad occhi aperti, una casa con porte e finestre
spalancate permettono di “stare dentro”, di essere
popolati spazi di accoglienza e ascolto in cui le più
belle speranze trovano dimora e concretezza.
Gesù «venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14); la
sua Chiesa è chiamata a fare lo stesso e lo sta già
facendo: ogni volta che condivide la quotidianità con le
persone, nel bene e nel male; ogni volta che si mette al
passo degli altri, specialmente di chi fa più fatica; ogni
volta che sa trascinare con entusiasmo e accorgersi
del bene, del bello e del vero che c’è.
A volte basta poco, non servono voli pindarici, le “vie
più idonee” sono le più apparentemente banali: un
sorriso, una lacrima, un lavoro condiviso, uno sguardo
sereno, un peso portato in due, un “buongiorno” detto
con gioia, un caffè preso insieme… “Cose di casa”.
Insieme a quei giovani sogno anch’io una Chiesa
che abita la vita, “ci sta dentro” con semplicità e sa
scorgere i germogli della Buona Notizia per coltivarli
con intelligenza e passione!
Spazi per futuri laboratori di Casa Capello
Sr. Erika
Gabriel e Romeo:
due nuovi diaconi
Domenica 13 novembre 2016 alle 15.30
ordinazione nella Cattedrale di Torino,
in occasione della solennità della Chiesa locale, altri
due seminaristi del Seminario Maggiore di Torino
diventeranno diaconi.
Sono due giovani per tanti aspetti molto diversi tra
loro, ma anche con tanti punti in comune. Innanzitutto
la loro provenienza: tanto Romeo Antica (34 anni)
quanto Gabriel Scripcaru (31 anni) sono entrambi
originari della Romania, entrambi del territorio di
Bacau e, cosa ancora più singolare, entrambi della
stessa parrocchia. Ambedue sono in Italia da molti
anni e ambedue hanno lavorato con competenza
e professionalità nel campo dell’edilizia prima di
entrare nel Seminario di Torino, dove hanno compiuto
il loro percorso di formazione.
È un bel segno di questo nostro tempo l’ordinazione di
due giovani rumeni, perché ci parla della nostra città
caratterizzata da una grande comunità rumena e ci
dice come questa presenza sia un motivo di ricchezza
non solo per la nostra società, ma anche per la nostra
Chiesa.
24
Accomunati da questi fattori, Gabriel e Romeo sono
anche diversi: ognuno porta nel ministero la sua
unicità personale che è il tesoro più prezioso di
ciascuno. Ma c’è soprattutto qualcosa che li unisce
a un livello ancora più profondo di tutto il resto: la
chiamata del Signore e il loro desiderio di servirlo
con tutta la loro vita. Che la loro testimonianza possa
essere di esempio anche ad altri giovani, italiani,
rumeni o ancora di altri popoli, per ascoltare la voce
del Signore e rispondere con generosità, facendo
della loro vita un dono a Dio e ai fratelli.
don Ferruccio Ceragioli
(testo tratto da “La Voce E Il Tempo” del 6 novembre 2016)
A sinistra Romeo Antica e a destra Gabriel Scipcaru,
seminaristi di Torino, ordinati diaconi il 13 novembre
2016.
Parrocchie nella Città
Sogno una Chiesa che educa
Educare è una grande impresa. Impone di guardarsi dentro,
vedere che cosa c’è e scavare, togliere per tirare fuori la
persona che potremmo diventare.
Condurre noi stessi e gli altri verso un traguardo, attraverso
un percorso. Immaginare una crescita, insomma, e trovare
gli strumenti che la rendano possibile. Se penso a me e ai
miei reali contesti di vita, questa tensione può diventare un
progetto se parto dalla ricerca dei bisogni, dalla lettura della
situazione di oggi, e chiarisco gli obiettivi, do spazio a un
sogno per domani. Solo tenendo insieme la realtà e il sogno
è possibile l’educazione.
Muovendoci dunque tra questi due poli, partendo dalla
prima e tendendo all’altro, senza lasciare né un capo né
l’altro del filo, possiamo pensare percorsi di crescita che
evangelizzino e umanizzino.
Il polo del sogno, della meta per dirla con san Paolo, è
rappresentato dall’affermazione della lettera ai Galati già
riportata dalla Evangelii Gaudium (160-161): “Non sono più io
che vivo, ma Cristo vive in me.” e dalla gioia che viene da una
vita fedele al Vangelo. Il polo della realtà, invece, è la fatica
che viviamo ogni giorno in un’epoca che è stata definita “delle
passioni tristi” (Benasayag&Schmit): siamo immersi in una
cultura della crisi, della difesa dalla minaccia, una cultura
della precarietà che ci fa sentire insicuri. Siamo passati
dalla categoria del “futuro come promessa” a quella del
“futuro come minaccia”. Allora, se la tristezza e il quotidiano
della precarietà sono – dolorosamente e realisticamente –
i tratti del nostro contesto culturale, quali passi possiamo
immaginare per altrettanto concreti e performanti percorsi
di crescita?
Educare noi adulti e i giovani alla vita buona del Vangelo,
alla notizia che il Regno è già in mezzo a noi, vuol dire allora
allargare gli spazi della speranza, restiuire al presente
la sua dimensione di opportunità, sottrarci e sottrarli alla
tentazione della paura e della noia. Se possiamo e dobbiamo
sognare, immaginiamo percorsi che educhino alla bellezza,
al senso di responsabilità individuale e collettiva, alla
solidarietà come strumento di giustizia che si esprime in
gesti di restituzione. Se è vero che il tempo è superiore
allo spazio, come ci ha detto più volte il Papa, allora
investiamo su progetti di accompagnamento delle persone,
permettendoci di lavorare a lunga scadenza, rispettando i
tempi e le stagioni della vita, accettando la crisi come tappa
necessaria per la crescita. Se il tutto è superiore alla parte,
non si tratta solo di rispettare le diversità ma di accoglierle,
valorizzarle, integrarle, mantenendo l’originalità di ogni
parte.
Raccogliendo gli spunti di riflessione per la progettazione
pastorale sul territorio offerti dai documenti della Chiesa,
dal Convegno di Firenze, dalla lettera del Vescovo e
dall’osservazione del nostro quotidiano, teniamo insieme
realtà e sogno quando pensiamo di proporre e insegnare ai
giovani e agli adulti una vita di preghiera come quotidiano
incontro con Gesù maestro e salvatore; quando alle famiglie
e soprattutto alle coppie indichiamo concrete strade di
incontro e di dialogo profondo, che aprano spazi in cui
respirare unità e differenziazione; quando sosteniamo la
genitorialità e in generale la famiglia, mettendo la nostra
spalla sotto quella di chi sta facendo fatica, non riducendo
la complessità ma cercando insieme soluzioni. Penso
anche al mondo della scuola, più volte indicato dal Vescovo
come importante ambito con cui costruire reti educative:
ai nostri ragazzi insegniamo ad essere competenti in
un’ottica di autonomia. Forse, insieme, possiamo chiederci
per che cosa, in vista di quale obiettivo, insegniamo loro
ad essere competenti, distinguendo bene tra autonomia e
individualismo. Se sogno una Chiesa che educa, insieme alle
altre istituzioni educative del territorio, sogno una Chiesa
che educa a fare comunità, perché la felicità sia un orizzonte
e un progetto condiviso che include, promuove e rilancia il
futuro.
Lidia Zanette
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
RIVOLI
25
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
"Io ho un SOGNO:
una Chiesa che Educa!"
La Lettera Pastorale rinnova in suo invito alle Comunità
Cristiane a prendersi cura della formazione umana e
cristiana dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie.
Dentro una tensione verso il futuro, ci chiede di rafforzare
l'impegno all'Annuncio del Cristo Risorto nel qui ed ora
del nostro oggi; verso una tensione all'uscire ci invita a
formare il nostro "dentro" per imparare a guardare con
occhi nuovi il "fuori".
Sogniamo una Chiesa per tutti, ma proprio per tutti,
capace di annunciare la bellezza del Vangelo anche a chi
non è "sintonizzato" sul suo linguaggio; sogniamo una
Chiesa nella quale le Comunità siano davvero unite e
accoglienti; sogniamo una Chiesa che si preoccupa e si
occupa nelle nuove generazioni, che mette al centro per
loro la conoscenza di Gesù e della sua Parola, affinché
da essa siano plasmati e sostenuti nelle scelte radicali,
nell'impegno responsabile, nella gratuità della rinuncia,
nella gioia della testimonianza, nella sete di Dio. Donatella
26
Parrocchie nella Città
PROGETTO DI PASTORALE GIOVANILE 2016/17
Il progetto di Pastorale Giovanile 2016/17, in continuità
con le progettualità degli anni precedenti, si costruisce
attorno a quattro parole chiave: formazione, aggregazione, servizio, comunità.
Da qui si consolidano e crescono le proposte dei Gruppi Preadolescenti (per i ragazzi di 2° e 3° media) ed i
Gruppi Adolescenti (per i ragazzi dalla 1° alla 5° Superiore) accompagnati e guidati da giovani universitari o
lavoratori. I giovani dai 19 anni in su si raccolgono nella
Comunità Giovani e sviluppano per lo più un cammino
di crescita spirituale attraverso lo studio del Vangelo.
La proposta aggregativa si sviluppa sia in modo informale attraverso l’apertura quotidiana dell’Oratorio
Stella (Bar dell’Oratorio, Sala Accoglienza, Preghiera
Quotidiana, Tornei …), che in modo formale attraverso
le ormai consolidate proposte del Teatro (Gruppo Teatro Ragazzi e Gruppo Teatro Giovani presso il teatro
di San Martino), dello sport (US. San Martino Calcio e
Corsi di Hip Hop e Latino Americano), della Musica (Laboratori di Canto e Chitarra) e della Creatività (Corso di
Fotografia).
Ritorna con grande successo la proposta del SabatoSanbe per i bambini delle elementari: una bella occasione per stare insieme attraverso il gioco e la proposta di realizzare insieme un Musical in occasione del
Natale.
Un tema importante che si sta sviluppando è quello del
lavoro: attraverso la partecipazione a Bandi si cerca di
supportare le progettualità dei nostri oratori (Laboratori, Sportello per il Lavoro, Animazione di Strada) attraverso la valorizzazione delle competenze dei nostri
giovani. Continua l’opportunità del Servizio Civile Volontario per due giovani impegnati per lo più nell’accoglienza quotidiana in cortile. Attraverso la convenzione
con le scuole superiori del territorio molti adolescenti
possono svolgere le ore di tirocinio previste dall’alternanza scuola/lavoro nei nostri oratori.
Per i giovani vi è per la prossima estate la proposta di
un’esperienza missionaria in Tanzania.
E poi le tante piccole proposte di festa, di aggregazione, i cammini di preghiera quotidiana in Avvento e Quaresima, i ritiri, le Settimane Comunitarie, la formazione
per animatori, la conoscenza delle proposte caritative
delle nostre realtà, il Progetto Estate, …
A far da cornice a tutto questo e il desiderio di aiutare i
nostri ragazzi e i nostri giovani a crescere in uno spirito
di unità e comunione all’interno delle nostre Comunità
parrocchiali, per sentirsi parte di una grande famiglia
che gli vuole bene, li supporta e porta loro l’esempio di
una vita adulta incarnata nella gioia del Vangelo.
Donatella
PROPOSTE DELL’ORATORIO PER BAMBINI E RAGAZZI
Oratorio Stella
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
RIVOLI
Apertura quotidiana (Accoglienza, Preghiera Quotidiana, Bar, Spazio Bimbi, Campi, Ping-Pong, Calcetto, …):
• Lunedì – Giovedì: h. 16-19
• Venerdì: h. 15-19
• Sabato – Domenica: h. 15-18
Laboratori pomeridiani
Bimbi 0-5 Anni “1…2…3… Stella”
• “Happy Time” e “Orto-Cucina – Manualità”: Lunedì
• “Giocomotricità”: Mercoledì
Laboratori Bambini Elementari:
Canto Corale 1°-3° Elem. : Lunedì h. 17.15-18.15
Ballo Hip Hop 1°-3° Elem. : mercoledì h. 17-18; 4°-5° Elem.: Mercoledì 18-19
Ballo Latino Americano 4°-5° Elem. : Venerdì h. 16.50-17.50; 1°-3° Elementare: Venerdì h. 17.50-18.50
Chitarra 4°-5° Elem. : Venerdì h. 17-18
Laboratori Ragazzi delle Medie:
Fotografia 3° Media: Lunedì 17.30-18.30
Chitarra: Venerdì h. 15.30-16.30
Laboratori Adolescenti:
Fotografia 1°-2° Super: Lunedì 17.30-18.30
Oratorio S. Bernardo
SabatoSanBe: realizzazione del Musical “Le follie dell’imperatore” per i bambini dalla 1° Elementare alla 1°
media. Sabato h. 15.00-17.30
Corso di Inglese
per ragazzi 5° Elementare
2° Superiore: martedì, giovedì, venerdì.
Oratorio S. Martino
Gruppo Teatro Ragazzi 2° Media – 2° Superiore: venerdì h. 17-19
27
La lettera pastorale del Vescovo Cesare
La trasfigurazione
La Lettera pastorale La città sul monte di Mons. Cesare Nosiglia, dedica una breve ma significativa scheda (segnatamente la N.5) al tema della “Trasfigurazione” traendo materiale in abbondanza dall’Esortazione apostolica di Papa
Francesco, Evangelii Gaudium, e dalle riflessioni del Convegno di Firenze.
Il tema con evidenza si fonda sull’episodio in cui Gesù salito
su un alto monte si trasfigurò, il suo volto brillò come il sole
e le sue vesti divennero candide come la luce, e vedendo
tale spettacolo Pietro prese a dire: “Signore è bello per noi
stare qui!” (Mt 17,1-9; Mr 9, 2-13; Lc 9:28-36). Ma perché un
episodio così meraviglioso, avvenuto in disparte dalle grandi folle, su un colle appuntito dovrebbe parlare anche per il
presente? Cosa vuole dirci Gesù mostrandosi in un forma
tanto gloriosa, quasi anticipatrice della Risurrezione? Perché in un certo senso con questo avvenimento ci vien detto
che “Gesù lava più bianco”?
Con evidenza non si tratta solo di infondere coraggio a coloro che sono nella prova, come se tale evento si riducesse
a significare che dopo la morte c’è la risurrezione, ma dice
qualcosa di più, qualcosa che vale per la vita anche prima
della morte. Ci dice che la nostra esistenza dev’essere attraversata non solo da esigenze di quantità ma anche e soprattutto di qualità. La trasfigurazione significa dunque che
siamo chiamati a rendere bianca e splendente la nostra
vita, che siamo chiamati a santificarci.
Allora questo processo qualitativo che chiamiamo trasfigurazione segue un andamento preciso. Innanzitutto Gesù
può circonfondersi di luce sul monte Tabor perché prima ha
compiuto lunghe e assidue ascese sui monti della preghiera, perché ha intrattenuto una profonda e fruttuosa relazione col Padre. Nella preghiera, dunque, si scopre che l’attore
primo di ogni cambiamento è sempre Dio e che essa è il
motore della vita cristiana. È dalla preghiera, dall’ascolto
della Parola di Dio, dall’adorazione e dalla partecipazione
alla vita liturgica, che parte ogni cambiamento possibile. In
secondo luogo la qualità irrompe quando dopo aver udito,
visto e toccato la Parola si è spinti ad annunciarla, ancor
meglio a donarla agli altri e a sé: la scoperta di un amore è
talmente coinvolgente che si è invincibilmente spinti a gridarlo dai tetti, in parole e fatti.
Ed è questa condivisione evangelizzatrice che fa fratelli, per cui un’altra esigenza della vita trasfigurata e
bella è la fraternità, la comunione ecclesiale, il piacere
di stare sotto la stessa luce divina. Dinnanzi a questa
bellezza, a questa radiosità i deserti della vita non atterriscono più, non paralizzano più; certo non si possono sottovalutare ma si affrontano con la speranza
che la luce di Cristo può portare vita anche laddove
sembra che dominino solo desolazione e morte. La vita
trasfigurata si pone sotto l’egida della parola che non
conosce disperazione, ma speranza nella forza della
Risurrezione, speranza nel fatto che la Vita comunque
trionferà.
La trasfigurazione, inoltre, ci richiama un valore che
oggi sembra un po’ messo da parte ma che nella nostra società sembra ancor più urgente ritrovare, ovvero “il bello”, “l’attraente”. Sembra che nei nostri circoli
ecclesiali ci si debba concentrare solo sul “vero” e sul
“buono”, dimenticandosi che oggi è di bello che questa
società, e soprattutto i giovani, sono assetati; un bello,
però, che sia pieno di bontà e verità e non vuoto e fine
a se stesso. Ecco allora la necessità di riscoprire una
liturgia bella, trasfigurante capace ancora di attirare a
sé, di chiamare alla partecipazione festosa ma sobria,
per farci dire insieme a Pietro: “Signore è bello per noi
stare qui”, bianchi nel Bianco, buoni nel Buono, belli nel
Bello.
Filippo Massarenti
Il Vescovo Cesare nel Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli nella Notte dei Santi (31 ottobre 2016)
28
RIVOLI
Parrocchie nella Città
Al fianco di una persona
che si ammala
Recensione di Il viaggio indesiderato
quando la malattia entra in casa, di Lorenzo Cuffini
Lorenzo Cuffini è un consulente aziendale torinese di
57 anni. A inizio anni Novanta, dopo un solo anno di
matrimonio, alla moglie è stata diagnosticata la sclerosi
multipla, che negli ultimi anni l’ha costretta sulla sedia
a rotelle. Cuffini ha esposto le sue riflessioni sul tema
della malattia nel volumetto Il viaggio indesiderato.
Quando la malattia entra in casa (Effatà Editrice,
Cantalupa 2014).
Un’esperienza personale
Questo libro – scrive l’autore nell’introduzione –
non è né un trattato sulla malattia né un testo di
pastorale della salute, ma è, “semplicemente, il
frutto di un’esperienza personale”, di vicende private
che “hanno portato a trovarmi faccia a faccia con la
difficoltà e la malattia di chi mi sta vicino. E mi hanno
obbligato (…) ad aprire gli occhi (…) e a farci i conti. Poi,
a capire cosa davvero io volessi – prima ancora che
dovessi o potessi - fare” (p. 7).
Cuffini affronta, dal punto di vista della persona “vicina”
al malato, molte delle tematiche che riguardano
l’”universo” della malattia. Il “momento-verità” della
scoperta della malattia, in cui le sicurezze di una vita
si dissolvono; il rischio che il malato venga “bollato”
come tale e che venga “spersonalizzato”; i rischi, per
chi è vicino al malato, da una parte di “rinunciare”, di
dire “io non posso farci niente” o “nulla sarà più come
prima”, e, dall’altra parte, di cadere nel burnout (o,
come si diceva una volta, nell’”esaurimento nervoso”).
Tutte queste sono situazioni che Cuffini stesso si è
ritrovato a vivere e che ha imparato, con il tempo, ad
affrontare.
l’evoluzione della propria fede in seguito alla scoperta
della malattia della moglie. Egli distingue tra l’“idea di
Dio” che aveva prima della malattia (l’idea tradizionale
del “vecchio padre, bonario e onnipotente, che veglia
su di te dall’alto dei cieli, pronto a correre in tuo aiuto
ad ogni difficoltà incontrata (…) nella modalità del
pronto intervento” – p. 14) e l’inizio di una relazione
con Dio “che magari può farsi meno devota ma sempre
più personale, che progressivamente si approfondisce
e si fa più franca e diretta” (p. 94).
In viaggio
Ma, secondo Cuffini, la cosa più importante è la
consapevolezza di essere sempre all’interno di un
viaggio da vivere insieme: “In fin dei conti, si era deciso
e progettato di viaggiare insieme una vita intera. Ora,
sia il viaggio in programma che l’intera vita sembrano
andarsene a gambe all’aria: anzi, se ne vanno
senz’altro. Che fare, allora? Tenere bene al centro – e
ribadirselo con forza – che il viaggio era l’importante;
non i progetti saltati e le prospettive crollate. Un’altra
cosa certamente rispetto ai piani originari: ma che
valesse sempre la pena di essere viaggiato, e insieme
(p. 8). Un viaggio nuovo quindi, non desiderato (da qui il
titolo del libro), senza guide né tracciati, ma comunque
accettato in sé, nelle sue rotte sconosciute, percorso
nelle sue strade tutte da scoprire. Da vivere al meglio,
e anche, come tutti in viaggi, da godere fino in fondo”
(p. 8).
Stefano Coscia
Come vivere la malattia (dell’altro)
In che modo? L’autore individua alcune possibili strade.
Innanzitutto è importante imparare a “stare” nella
situazione, nel senso di restare saldi, “ben piantati”,
senza farsi “stordire” e trascinare troppo dalle urgenze
e dalle “cose da fare” nell’assistenza di una persona
cara malata.
In secondo luogo, l’umorismo può essere un’arma
vincente anche nelle situazioni difficili: l’umorismo
– scrive Cuffini - “rende tutto relativo”, impedisce di
diventare troppo “seriosi”, permette di tollerare la
situazione e di imparare a conviverci, e soprattutto fa
sorridere.
Infine, la fede. L’autore, credente, descrive la crisi e
29
Alcuni pensieri
dei giovani della GMG:
Dal 19 luglio al 1 agosto alcuni giovani delle Parrocchie di Rivoli hanno vissuto l'esperienza della Ventinovesima
Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia, in Polonia. Dal 19 al 24 luglio siamo stati ospiti di alcune famiglie
della diocesi polacca di Sosnowiez, con cui la diocesi di Torino aveva previsto numerosi momenti di gemellaggio
in preparazione alla successiva settimana della "vera e propria" GMG: il pellegrinaggio a Częstochowa, già
sede della GMG del 1991, per la preghiera al santuario della Madonna Nera; la visita al campo di sterminio di
Auschwitz-Birkenau, e svariati momenti di condivisione, festa, cene insieme e scambi culturali. Dal 25 al 31 luglio
ci siamo poi spostati a Cracovia, nuovamente ospiti di alcune polacche che si sono rese disponibile ad accogliere
i pellegrini torinesi. In piccoli gruppetti siamo stati accolti nelle case delle nostre famiglie adottive polacche,
per poi vivere, durante la giornata, i vari momenti forti del programma della Giornata Mondiale della Gioventù.
L'evento mondiale è culminato con la messa finale con Papa Francesco, dove quasi tre milioni di giovani da tutto
il mondo si sono raccolti attorno a Cracovia, attorno ai santi patroni di questa GMG, ma soprattutto attorno alla
loro fede e alla Misericordia di Cristo, per pregare insieme a Papa Francesco sulle parole di Matteo: «Beati i
Misericordiosi, perché troveranno Misericordia».
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grande cuore
30
RIVOLI
Parrocchie nella Città
UNA PREGHIERA DALLA GMG DI CRACOVIA
scritta da alcuni giovani delle Parrocchie di Rivoli di ritorno dalla GMG di Cracovia
Ti ringraziamo Signore
per questi giorni ricchi di entusiasmo e di preghiera vissuti a Cracovia.
Grazie per le famiglie che ci hanno accolto,
testimonianza di una Chiesa che apre le porte.
Grazie per il dono della misericordia,
per la veglia di preghiera che ci ha visti fratelli e sorelle nella Fede.
Mano nella mano, con milioni candele accese
siamo stati luce nel buio del nostro tempo.
Non ci arrendiamo al male perché tu
attraverso le parole del nostro amato Papa Francesco
ci inviti a rischiare e vivere con coraggio il nostro futuro.
Siamo giovani che non vogliono rimanere sul divano,
ma desiderano rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco.
Tu ci ami così come siamo!
Noi ci sentiamo amati da te.
Non abbiamo paura!
A te portiamo le nostre fragilità.
Sappiamo che i semi di questa GMG
porteranno frutti nei giorni che verranno.
Noi siamo pronti a raccoglierli,
nella speranza che sazino il desiderio di pace e umanità
di cui abbiamo bisogno.
31
QUATTRO PASSI… VERSO ROMA
Pellegrinaggio sulla Via Francigena
Eravamo seduti intorno a un tavolo, in un tranquillo
sabato di fine marzo, quando due carissimi amici ci
hanno invitato ad andare a Roma.
Io e Francesco ci siamo guardati e senza tante domande
abbiamo risposto “Perchè no!”…e i nostri amici hanno
aggiunto “…sì, ma a piedi!!!”.
Ecco il bello: arrivare a piedi scalzi davanti alla tomba
di Pietro, attraversando la porta Santa, nell’anno
del Giubileo della Misericordia, percorrendo la Via
Francigena.
Difficile, difficilissimo esprimere attraverso poche
parole ciò che abbiamo vissuto durante i nostri 22
giorni di pellegrinaggio. E probabilmente, anche se
avessimo la possibilità di usare tante parole (con il
rischio di annoiarvi) non saremmo mai completamente
soddisfatti, perché ciò che abbiamo vissuto è entrato
nei nostri cuori, nella nostra anima e lì ci rimarrà per
sempre.
Abbiamo camminato 175 ore, ovvero 10500 minuti,
ovvero 630000 secondi.
Orientativamente sulla
retina viene "impressionata" un’immagine ogni
66millesecondi. Quindi, cammin facendo, abbiamo
memorizzato quasi 10 milioni di immagini. E da
un’immagine, quante emozioni possono scaturire?
Ora, abbiamo parlato solo delle emozioni nate da ciò
che abbiamo visto. E se ci mettiamo l'olfatto? E il gusto
di quelle prugne, di quei fichi, di quelle pere, di quelle
nocciole raccolte passo dopo passo?
Insomma... il cammino ti cambia. E lo fa proprio a
partire dai tuoi sensi, dalla percezione che il tuo corpo,
il tuo fisico e la tua anima ha di tutto ciò che ti circonda.
Aumentando questa apertura al mondo sperimenti
una indiscutibile apertura alla vita. I tuoi limiti li senti
tutti, ma in questa nuova dimensione come per incanto
vengono ridimensionati, per dare spazio a una forma
di energia che si rinnova, giorno dopo giorno. La sera
sei stanco, al mattino, con le sveglie (e le luci ) che
alle 5 ti impongono di rialzarti, ti sembra impossibile
ripartire. Eppure ce la si fa. Ce l'abbiamo fatta.
Ci ricordiamo ancora la partenza, il 13 Agosto (il gruppo
era in cammino già da 10 giorni). Chiudiamo casa e,
come due scolaretti con zaino in spalla, passiamo di
fianco alle scuole del paese per raggiungere la fermata
del pullman. Raggiunta porta Nuova prendiamo il
treno, destinazione Parma dove, un altro pullman, ci ha
condotto a Fornovo del Taro. E qui abbiamo incontrato
il gruppo partito da Rivoli il 3 Agosto. Noi eravamo
pieni di energie, loro erano contenti ma per qualcuno
il fisico tradiva un po' di stanchezza. Pochi giorni
dopo l'avremmo conosciuta anche noi. Compagna
insopportabile ma, forse, necessaria per dare un gusto
speciale a tutto ciò che abbiamo vissuto.
Come detto in precedenza milioni di immagini viste,
32
milioni di parole dette o ascoltate, moltissime risate
donate o ricevute, alcuni pianti a cui abbiamo assistito
sono duri da spiegare. Ma allora, cosa è stato per noi il
pellegrinaggio?
È stato un continuo meravigliarsi di fronte a città o
borghi medioevali resi belli quando l'uomo sa onorarli
con la sua arte, o di fronte ad una natura in cui l'opera
dell'uomo diventa di nuovo arte per i nostri cuori
(vigneti curati, cipressi come compagni di viaggio).
E poi è stato un incontro, sia con noi stessi, sia con
persone che più di una volta ci hanno aperto le porte
di casa per accoglierci, attraverso un semplice ma
preziosissimo bicchiere di acqua.
È stato sicuramente un valorizzare ciò che si aveva
(quando, alla sera, avevamo un letto per dormire era una
festa) ma anche ciò che non si aveva (quando Roberto
ed Elena ci hanno portato via i nostri materassini, così
pesanti e dato i loro così leggeri, è stata un'altra gioia).
E' stato poi un continuo adattarsi a situazioni diverse
ogni giorno e che non sempre dipendevano da te (un
giorno con i bagni ci poteva andare bene, un altro
giorno ci toccava portare un po’ più di... pazienza).
E ancora è stato un alleggerirsi da tanti pensieri, da
tante preoccupazioni (siamo partiti con un po' di timore,
siamo tornati con un po' di nostalgia).
E infine è stato un emozionarsi (cosa dire quando
abbiamo camminato a piedi nudi davanti all'altare in
San Pietro) e un crederci fino alla fine.
DI fatto il nostro pellegrinaggio è stato un piccolo, poi
diventato grande, sicomoro. Salendo sui di lui abbiamo
incontrato e rincontrato Gesù, i suoi insegnamenti e la
sua voglia di fare festa con noi. Ci siamo sentiti amati,
sia come persone, sia come coppia. Tutto è passato
attraverso il camminare, le parole di don Andrea,
lo stare insieme agli altri pellegrini del gruppo. Ma
crediamo che tutto è passato anche grazie a ciò che
era già presente nei nostri cuori, dono di persone a
noi care, sicomori delle nostre vite. Sta a noi ora dirgli
grazie.
Alessia e Francesco
RIVOLI
Parrocchie nella Città
33
SONO TORNATA!
Sono tornata da una “passeggiata” durata 33 giorni e 33 notti,
lunga 990 km (passo più, passo meno…).
Una camminata splendida su strade asfaltate, sentieri, ciottolati, sterrati e sabbia.
Ho visto vigneti, ulivi, campi arati e coltivati a riso, pomodori, grano e nocciole.
Ho letto cartine e cartelli stradali, simboli, timbri, la Parola di Luca e la Bibbia,
fedele compagna quotidiana.
Ho vissuto in compagnia di compagni colorati, gioiosi, un po’ stanchi (molto stanchi),
acciaccati e, a volte, nervosi, ma tanto splendidi e indispensabili!!!
Ho annusato tra le vie profumi di pietanze cucinate, fiori, foglie d’eucalipto e menta.
Odori di sudore, piedi vissuti, spallaci puzzolenti e bagni sporchi delle palestre.
Ho riso per una panchina appena verniciata, una barzelletta, un tuffo nel mare, nel fiume,
per due spighe in bocca e una trippa rovesciata.
Rientro da una “passeggiata” dove il cibo era l’essenziale e:
fichi, uva, noci, more, pere colti da una pianta... PROVVIDENZA!!!
E che felicità festeggiare i compleanni !!
Torno da un lungo viaggio che regalava sorprese:
una fontana, un caffè inaspettato, un bicchiere d’acqua, l’ombra di una quercia da
abbracciare, la corsa sfrenata in una pineta, il vento contro il viso, un letto “vero” ,
una doccia calda, colazioni e cene pronte !
Sono tornata da un cammino guidato da un giovane esperto Capitano (molto elastico),
improvvisato dottore, che con l’aiuto dello Spirito Santo faceva stare tutti bene insieme
e gioiva gridando: “VIVA GESùùùùù!!!”.
È stata una “passeggiata” a volte silenziosa e malinconica sulle colline deserte,
a volte chiassosa ed esuberante nelle cittadine turistiche.
Ho visto saggi settantenni andare avanti in testa, passo dopo passo, con il cuore, quando
i piedi non ce la facevano più e passare il “testimone di guida” a trentenni belli,
ambiziosi e tecnologici.
Ho sofferto vedendo lacrime di rinuncia, quando il corpo, stremato, ti presentava
il conto e DOVEVI tornare a casa.
Ho pianto… ho pianto con lo sguardo rivolto al Cielo, e, quando la nostalgia delle mie piccole
donne era insopportabile e Roma così lontana!
Ho ammirato luoghi dove l’uomo s’incontra con la natura in maniera armoniosa e a volte no.
Ho accarezzato cani liberi e legati con catene, gatti, cavalli, asini, pecore e che emozione
l’incontro con un riccio meraviglioso!
Ho camminato ascoltando la musica dei passi sul selciato, bastoni fastidiosi,
cani che abbaiavano, uomini russanti, galli, campane, preghiere, canti e urla a squarciagola!!
Ho dormito in ostelli, palestre, saloni d’oratorio, prati, su un colle e sul pavimento in una Pieve
del 1200 vicina ad un Gesù illuminato. BELLISSIMOOOO!!!
Sono tornata da una “passeggiata” dove il Sole sorge e tramonta con serenità, le Stelle cadono,
gli abbracci danno vero calore, gli sguardi confortano e allungando una mano c’era sempre
qualcuno pronto a stringerla rassicurante.
Sono tornata da un fantastico pellegrinaggio a piedi, la cui meta era attraversare una
“Porta Aperta” che in realtà si è rivelata un varco di passaggio per iniziare un nuovo faticoso
cammino, dove, con le scarpe al petto, una mano sulla testa e un dolce sorriso mi
proteggeranno, e non avrò più paura!!!
GRAZIE GESÙ
Grazie CapitanDon
Grazie Pellegrini, siete stati una famiglia, Rivoli è dentro di me!
p.s. E alla gente che mi ha augurato: “Buona Passeggiata!” ho risposto sorridendo:
“Grazieeeeeeee!!!“
Norita Zanetti
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RIVOLI
Parrocchie nella Città
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Robe da scout!
Giocare… per credere
Anche in questo 2016, come ogni anno, i Lupetti del
Branco “Fiore Rosso” del Gruppo Rivoli 1 hanno
trascorso una splendida Vacanza di Branco, per una
settimana, nella nostra casa scout di Exilles.
Le Vacanze di Branco (che noi scout, amanti delle sigle,
abbreviamo in VdB) sono la conclusione del cammino
annuale del Branco. Rappresentano una tappa
fondamentale, sono la verifica conclusiva delle attività
svolte durante l’anno; in breve sono come la semina
dopo l’aratura, l’una non ha senso senza l’altra. È
specialmente durante le VdB che un lupetto può dare
il meglio di sé, avendo maggiori possibilità di crescita
anche grazie al raggiungimento di varie tappe della
propria progressione personale. Vivere insieme per
una settimana, senza famiglia e senza tornare a casa
a fine attività, permette di tessere rapporti significativi
con gli altri fratellini e sorelline e stimola i bambini a
vivere le loro prime piccole esperienze di autonomia.
Per quanto ci riguarda, ci siamo trovati la mattina del
22 agosto con i nostri zaini e tanta voglia di partire, di
fare nuove esperienze e di vivere una settimana ricca
di alcuni ingredienti che fanno parte dell’essere scout,
come per esempio il gioco, la gioia di stare insieme e
la condivisione.
e, dato che da soli si fa inevitabilmente fatica, che si
può scegliere di confidare in un amico buono e sincero
come Gesù e, perché no, anche provare a fare come
Lui ci ha insegnato. Infine concludiamo con le parole
del fondatore del movimento scout, Robert BadenPowell: “Lo scoutismo è un gioco pieno di allegria”. Con
il fortissimo augurio di volerci continuare a giocare
ancora per molto, molto tempo.
I Vecchi Lupi
Akela (Stefano Giorda) e Bagheera (Arianna Farsella)
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L’ambientazione scelta quest’anno è stata Mulan,
cartone animato della Walt Disney ispirato a un’antica
fiaba cinese. Giunti alla meta ci siamo subito
catapultati nell’antica Cina e siamo stati chiamati ad
essere dei guerrieri dal cuore leale per sconfiggere
gli Unni, acerrimi nemici dell’impero cinese. Tra feste,
esercitazioni, banchetti orientali e giochi abbiamo
affrontato gli Unni, salvato la Cina e vinto le nostre
paure.
Infine il 28 agosto abbiamo concluso la nostra
avventura raggiungendo a Pierremenaud, sopra Oulx,
i nostri “fratelloni” del Reparto e del Clan, con i Capi
Gruppo e le famiglie. È stata una giornata speciale,
dove si è respirato un bel senso di appartenenza al
nostro gruppo; insieme abbiamo pranzato e celebrato
la Santa Messa con don Giovanni. È difficile cercare
di descrivere le emozioni che si provano nel vedere
e nel vivere momenti come questi, ma da Capi scout
possiamo sentirci gratificati di ciò che pian piano, con
impegno, costanza e determinazione, costruiamo con i
bambini e i ragazzi che le diverse famiglie ci affidano.
Il nostro obiettivo è di educare attraverso esperienze
concrete, di far capire ai ragazzi che è bello puntare
in alto per la propria vita, di fare del proprio meglio
RIVOLI
Parrocchie nella Città
Una route tutta in sella a una bici
il campo estivo del Clan Brownsea del Rivoli 1
VenTo. Questo è il nome della ciclabile (in verità
ancora più progetto che realtà) Venezia-Torino. Per noi
è stata una Torino-Venezia tutta in sella ad una bici,
scenario della route del Clan Brownsea dell’estate
2016. Alla partenza da Torino il campanile di San
Marco sembra proprio lontano, quasi irraggiungibile;
eppure, condividendo la tanta fatica e i momenti di
difficoltà, quel traguardo si è materializzato davanti a
noi in maniera quasi inaspettata. Protagoniste tredici
bici e una Cargo bike (incrocio mostruoso fra una
bici e un carretto capace di trasportare a fatica fino
a due persone; vedi la foto). Abbiamo attraversato i
campi di mais di Casale Monferrato e le risaie di Pavia,
siamo stati divorati dalle zanzare di Piacenza, testato
l’ospitalità delle cascine della provincia di Mantova,
pagaiato attraverso l’Adige per raggiungere le nostre
tende su un’isola in mezzo al fiume (traghettati da un
“Caronte” dotato di alquanto scarsa pazienza) e infine
rinfrancato il nostro corpo nel freddo mare Adriatico
di Chioggia. Non sono stati solo tanti chilometri
percorsi lungo la Pianura Padana, ma anche tanti
incontri con persone che hanno dato un volto a questo
viaggio: chi ci ha dato un’indicazione o una parola di
incoraggiamento, chi una chiave da 15, chi, ancora, ha
fatto un pezzo di strada insieme a noi.
Ecco qualche numero di questa route:
584 km lungo il Po;
7 giorni di pedalata;
15 ciclisti impavidi quanto sconsiderati;
2 cambusieri su un furgone;
17 forature;
1 frontale con un motorino;
1 Cargo Bike.
Infine, un grazie speciale a chi ha pedalato sino a
Venezia, a Fabrizio che ha adattato la Cargo bike, a
padre Giordano che ci ha fornito il furgone e a don
Giovanni per il costante supporto.
Daniele Bergamo
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È nato il Garden Powell, un vero orto urbano e condiviso
Ciao a tutti, siamo il Clan/Fuoco La Rupe del gruppo
Scout Rivoli 2. Clan/Fuoco, ovvero ragazzi e ragazze
tra i 16 e i 20 anni. La Rupe, il nostro nome, ovvero la
Pera Grosa di Rosta, che simboleggia l’appartenenza e
il radicamento sul territorio (ci torneremo più avanti).
Rivoli 2, ovvero il gruppo Scout della Parrocchia di San
Martino.
Questi tre elementi bastano per spiegare tutto o quasi
riguardo al progetto di Orto Urbano e Condiviso (il
Garden Powell) che stiamo portando avanti da ormai
2 anni.
Qualche anno fa, osservando Piazza Cavallero, la
piazza che ospita la nostra sede, abbiamo “scoperto”
un fazzoletto di terra a lato della chiesa di Maria
Immacolata Ausiliatrice. Era un po’ nascosto da
una siepe bassa, con qualche alberello piantato da
poco, ben curato dai volontari della parrocchia, ma
inspiegabilmente vuoto. E proprio da lì è partita l’idea:
prendersi cura di un piccolo pezzo del nostro territorio,
cercando anche un modo per condividere il nostro
lavoro (ma noi preferiamo chiamarlo Servizio) con la
comunità della nostra Parrocchia.
L’idea è subito piaciuta a Don Giovanni e dal miscuglio
di questi ingredienti è nato il Garden Powell (per
capire il gioco di parole cercate di scoprire chi è stato
Baden Powell). Con tanta buona volontà, con l’aiuto di
esperti agricoltori e con il lavoro di tutti, il nostro orto
ha preso pian piano vita. La soddisfazione di vedere
(e raccogliere) il frutto della propria fatica ci ha spinto
a fare di più: abbiamo ingrandito la zona coltivata,
piantato nuove verdure (pomodori, cavoli, melanzane,
peperoni, patate, ecc...), piante aromatiche e “gusti”.
Ma a dirla tutta, la cosa più bella del nostro orto è che
non è nostro.
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Molte persone infatti, tra cui i ragazzi africani ospiti a
CasaMia, ci hanno dato una mano a girare la terra, a
piantare e raccogliere, o anche solo a dare un’innaffiata
durante i caldi mesi estivi. Così questo piccolo
appezzamento è diventato un punto di riferimento non
esclusivo, senza staccionate o recinti, in modo che
chiunque passi da lì possa raccogliere due pomodori,
prendere un rametto di rosmarino oppure togliere le
erbacce, un vero Orto Urbano e Condiviso.
Noi ragazzi siamo entusiasti per quello che abbiamo
creato e ci stiamo proiettando verso il terzo anno di
coltivazione, con grandi progetti in mente e soprattutto
con la speranza che il Garden Powell sia considerato il
“nostro” orto da sempre più persone.
Al prossimo raccolto,
Clan/Fuoco La Rupe, Rivoli2
RIVOLI
Parrocchie nella Città
Campi estivi – Rivoli 4
Quest'estate, per festeggiare il quindicesimo
anniversario della nascita dello scoutismo targato
Rivoli 4, tutto le unità si sono recate a Serra di
Pamparato, vicino Mondovì, per vivere tutti insieme
l'esperienza del campo di gruppo.
Sulla rotta del Grande Blu e inseguiti dalla temibile
Marina, lupetti esploratori e guide hanno cercato e
trovato tesori pirata, costruito navi, cucinato prelibate
pietanze, cantato e giocato con l'aiuto dei capi scout e
dei cambusieri.
I ragazzi del clan sono arrivati gli ultimi tre giorni di
campo per vivere qualche attività e gioco insieme agli
altri e poi col treno si sono spostati a La Spezia, dove è
iniziata la route sui sentieri delle 5 Terre.
Partendo da Portovenere, dopo 4 giorni di gradini, caldo
e fatica ma soprattutto allegria, splendidi panorami
e bagni al mare, i rover e le scolte sono arrivati a
Monterosso, dove hanno concluso il loro cammino.
Paolo Burzio
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“Accogliere i figli per donarli –
responsabilmente liberi – al mondo”
Questo è il pensiero che ha stimolato gli organizzatori
a dare vita alla 5a edizione di “Essere genitori, un’arte imperfetta”, un progetto di formazione per genitori
che guarda al futuro con speranza, pensato per adulti
con figli in tutte le fasce d’età (infanzia, età scolare,
adolescenza), che prevede 6 conferenze a rotazione
sulle città di Collegno, Rivoli e Grugliasco tenute da
professionisti appartenenti a diversi ambiti di studio.
I soggetti promotori, le parrocchie di Rivoli e l’Associazione di Volontariato Famiglialcentro di Collegno, intendono con questo percorso condividere esperienze
e fornire ai genitori strumenti per educare i figli, per
accompagnarli a conoscere se stessi ed entrare in relazione con gli altri, sviluppando la loro autostima, liberi di scegliere, lasciandoli sbagliare, senza paura di
ferirli o di essere da loro feriti, affinché possano gradualmente camminare con le loro gambe, affrontare
responsabilmente le sfide poste dalla realtà e vivere
la propria vita in pienezza e felicità.
Diventare genitori comporta un processo di cambiamento e di ridefinizione dell’identità sia del singolo
che della coppia; passare dalla dimensione di coppia
alla definizione di genitori rappresenta una transizione
che modifica la vita e l’organizzazione familiare, implica aggiustamenti e nuove modalità di funzionamento.
Essere genitori è una condizione che si modifica col
tempo: man mano che i figli crescono cambiano le
loro esigenze, cambia il modo di relazionarsi con loro,
cambiano i tempi della famiglia. Essere genitori è una
bella esperienza, ricca di gioie ed emozioni, segnata
da molti momenti magici ma anche talvolta da piccole e grandi preoccupazioni, scoraggiamento, senso di
inadeguatezza: i genitori spesso si trovano spiazzati di
fronte a situazioni sempre nuove da affrontare.
In particolare, nell’ambito delle prime due serate
dell’edizione in corso rivolte ai genitori dei bambini
da 0 a 5 anni, emerge l’immagine di un genitore attento
ad ascoltare il bambino, consapevole del suo ruolo di
guida, che pone le regole senza far ricorso ad influenze mortificanti, cioè all’utilizzo di messaggi distruttivi
come forma di controllo. “La nostra mente immagina
ciò che la parola suggerisce e spesso la condiziona”
ha affermato la dott.ssa Maria Marcella Accardi, Pedagogista Clinico con Master in Difficoltà Specifiche
di Apprendimento e dello sviluppo, di fronte a circa 150 genitori intervenuti alla conferenza “Educare
all’autostima. Gli ingredienti per nutrire l’autostima
dei bambini e favorire l’integrazione dell’aggressività”. La relatrice ha sottolineato in maniera chiara e approfondita quanto l’autostima nel bambino sia legata
alla comprensione della propria capacità di conoscere
il mondo, facendo esperienza con serenità, con adulti
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che possano essere di sostegno e contenimento. Ha
evidenziato l’importanza dell’ascolto attivo e dell’utilizzo di un linguaggio positivo, rispettoso del fanciullo, che dia spazio alla sua espressione e che faccia
emergere i suoi talenti. “L’ascolto attivo permette di
accogliere l’aggressività recuperando il suo significato
originale di andare verso l’ambiente per conoscerlo: in
realtà, non è l’aggressività, ma la sua inibizione a produrre episodi di violenza!” ha concluso.
Assolutamente allineata su questi principi, la relatrice
della seconda conferenza, Barbara Di Gisi, specializzata in naturopatia pediatrica, disciplina che si occupa
di far crescere il bambino in sintonia con se stesso per
favorire il suo sviluppo naturale e armonico. Intervenuta sul tema “Come crescere un bambino rispettando la sua natura. Strumenti per affrontare i passaggi
evolutivi della crescita”, ha asserito più volte che in
questo percorso risulta determinante la qualità del
ruolo dell’educatore/genitore che accompagna il bambino nell’esprimere la sua vera natura. Riportiamo alcune frasi significative della relazione: “I bambini hanno voglia di crescere liberi, di manifestarsi. Dobbiamo
uscire dalla logica della performance, superare il sistema dei premi e delle punizioni, evitare di generare
in loro delle ansie da prestazione e di renderli dipendenti dal nostro giudizio. Noi adulti dobbiamo imparare
ad accettare noi stessi per primi, chiederci cosa viviamo dentro di noi di fronte ad un dato comportamento dei bambini, cosa ci procura determinate reazioni,
perché solo così riusciremo a conoscere, accettare ed
amare pienamente i nostri figli.”
Gli incontri sono patrocinati dai comuni di Rivoli, Collegno, Grugliasco e sono gratuiti.
Nei prossimi numeri di questo giornale avremo modo
di approfondire le tematiche trattate per le altre fasce
d’età.
Per informazioni potete contattare lo staff all’indirizzo: [email protected]
Elena Cavargna
RIVOLI
Parrocchie nella Città
Nella terra dei like...
Nel volo verso nuovi umanesimi, stiamo facendo
scalo nella terra dei like. Il decollo è avvenuto dalla
terra della coerenza, dov’era considerato un valore
mostrarsi per quel che si è: dico quel che faccio;
racconto quel che sono. Lasciata quella terra sicura,
siamo transitati dalla terra dell’apparenza: mi mostro,
quindi sono; appaio, quindi valgo. Infine, da poco più
di un lustro, anche la terra dell’apparenza è stata
semi-abbandonata ed abbiamo iniziato a colonizzare
la magmatica terra dei like: non solo dico e faccio,
ma addirittura penso ciò che ottiene consenso o che,
quantomeno, non solleva dissenso.
In questa nuova terra, si percorrono prevalentemente
due strade. La prima è la novità: basta
scorrere YouTube per trovare milioni di visualizzazioni
a video di “cose mai viste prima”: dal leone che
abbraccia scodinzolante il suo padrone, al sacerdote
in paramenti liturgici che, ad un matrimonio, canta e
balla “Mamma Maria”. Siccome non son cose di tutti
i giorni, ecco scattare il consenso. Tuttavia, la strada
della novità nella terra dei like è difficile da percorrere
ed è molto breve: tutto nasce e finisce con il consenso
che si riceve e chi lo offre è già pronto a cercare altro.
La seconda strada è l’uniformità, meno insidiosa della
prima e, per questo, più praticata: che corrisponda o
meno al vero, nella terra dei like l’uniformità porta
a mostrarsi contro il bullismo, il razzismo, l’odio,
le fobie e la para-fobie; a dirsi costruttori di ponti,
dialoganti, accoglienti, multiculturali. Man mano però
che si percorre questa strada, avviene un’evoluzione
antropologica: il pensiero smette di essere articolato,
declinato, sfumato, per divenire pensiero semplice (mi
piace-non mi piace) e poi pensiero unico (mi deve
piacere-non mi deve piacere). Siamo così portati a
censurare il nostro stesso pensiero, quello che, per
esempio, fa rabbrividire quando si viene a sapere che
nel cuore dell’Europa un minore ha subito l’eutanasia.
Si tratta di una notizia-novità passata nel soffio stesso
del suo racconto e finita nel dimenticatoio, pronta
per un’altra novità. In più, la mancanza di reazioni
significative ci induce a credere che il pensiero stesso,
quello che si indigna per cani e gatti maltrattati, diventa
uniformemente muto quando si ritiene che qualcosa
abbia già tutti a favore, finendo così per accettarla
senza discussioni. Succede così che il pollice alzato
nella terra dei like, al contrario di quanto avveniva
nelle arene romane, finisca per significare morte.
Marco Brusati
(direttore di Hope)
http://www.hopeonline.it/
41
La Croce Dorata di Rivoli
A Rivoli esiste una realtà che merita di essere
approfondita per la sua storia e per ciò che rappresenta.
Si tratta della CROCE DORATA, che ha come riferimento
la Cappella che si erge sul piazzale del Cimitero.
La costruzione di tale edificio risale al 1685 e fa
seguito di pochi anni a un evento miracoloso avvenuto
davanti ad un preesistente pilone votivo che poi venne
incorporato in una nicchia dell'altare monumentale,
dove si trova attualmente.
La cittadinanza di Rivoli è sempre andata molto fiera
della tradizione legata a quell'evento e ogni anno,
rigorosamente la Domenica successiva alla ricorrenza
della natività della Beata Vergine Maria (8 Settembre),
si celebra una solenne liturgia alla quale prende parte
un gran numero di fedeli.
La missione di mantenere questa tradizione è affidata
a un gruppo di cittadini rivolesi che si tramandano il
ruolo di generazione in generazione.
Di questo gruppo denominato "Abbadia della Croce
Dorata" fanno parte 21 membri, comunemente
chiamati SIRIOT, oltre al Parroco pro-tempore della
Collegiata di Santa Maria della Stella.
La data di costituzione dell'Abbadia non è nota, ma
l'esistenza della stessa è documentata da un registro
risalente al 1904, scrupolosamente conservato, e che
costituisce la base di tutta la documentazione che si è
poi susseguita fino ai giorni nostri.
L'edificio di culto appartiene alla Città di Rivoli, mentre
tutti i beni contenuti all'interno sono affidati in custodia
all'Abbadia.
Attualmente la Cappella è chiusa al pubblico causa
problemi manutentivi. L'edificio necessita di interventi
conservativi, ma il Comune non può attuarli in tempi
brevi per mancanza di fondi e l'Abbadia, a sua volta, non
ha titolo per intervenire sulla struttura non avendone
la titolarità.
Pur avendo manifestato l'interesse a intervenire, a
totale onere dell'Abbadia, non si è potuto dar seguito
42
ai lavori per gravi impedimenti di ordine burocratico.
L'Abbadia auspica che vengano intraprese tutte le
misure necessarie, affinché, in tempi brevi, la Cappella
possa ritornare nella disponibilità dei fedeli.
Una più approfondita conoscenza di questa tradizione
può avvenire consultando il sito Internet www.
crocedorata.it
che illustra nel dettaglio la storia,
anche con supporto di documenti, fotografie, video.
Luigi Luttati
RIVOLI
Parrocchie nella Città
BATTESIMI 2017
San Bernardo
Domenica 8 gennaio 2017 – festa del Battesimo di Gesù
Battesimi nella messa delle ore 11
Domenica 26 febbraio 2017 ore 16
PASQUA 2017
SABATO SANTO 15 aprile 2017
Battesimi nella messa delle ore 22
PASQUA 16 aprile 2017
Battesimi nella messa delle ore 11
Domenica 23 aprile 2017 ore 16
Domenica 21 maggio 2017 ore 16
Domenica 18 giugno 2017 ore 11
Domenica 25 giugno 2017 ore 16
San Martino
Domenica 8 gennaio 2017
Battesimi nella messa delle ore 10
Domenica 5 febbraio 2017 ore 15
Santa Maria della Stella
Domenica 8 gennaio 2017
Battesimi nella messa delle ore 11
Domenica 5 febbraio 2017 ore 15,30
PASQUA 2017
SABATO SANTO 15 aprile 2017
PASQUA 2017
SABATO SANTO 15 aprile 2017
PASQUA 16 aprile 2017
PASQUA 16 aprile 2017
Battesimi nella Veglia pasquale delle ore 21
Battesimi nella messa delle ore 10
Domenica 30 aprile 2017 ore 15
Domenica 14 maggio 2017 ore 15
Domenica 28 maggio 2017 ore 15
Domenica 18 giugno 2017 ore 15
Domenica 10 settembre 2017 ore 15
Domenica 8 ottobre 2017 ore 15
Domenica 12 novembre 2017 ore 15
FESTA DELL’IMMACOLATA
8 dicembre 2017
Battesimi nella Messa delle ore 10
Battesimi nella Veglia pasquale delle ore 21
Battesimi nella messa delle ore 11
Domenica 30 aprile 2017 ore 15,30
Domenica 21 maggio 2017 ore 15,30
Domenica 4 giugno 2017 ore 15,30
Domenica 25 giugno 2017 ore 15,30
FESTA – SANTA MARIA DELLA STELLA
Domenica 17 settembre 2017 ore 15,30
Domenica 1 ottobre 2017 ore 15,30
Domenica 5 novembre 2017 ore 15,30
FESTA DELL’IMMACOLATA
8 dicembre 2017 ore 15,30
Itinerari di fede per coppie che intendono celebrare
il Sacramento del Matrimonio (Oratorio Stella)
domenica - ore 19.00
gennaio: 15, 22, 29 e 5 febbraio
11 e 12 febbraio (Ritiro)
19, 26 febbraio, 5 e 12 marzo
giovedì - ore 21.00
gennaio: 19, 26, 2 e 9 febbraio
11 e 12 febbraio (Ritiro)
16 e 23 febbraio, 2 e 9 marzo
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GRUPPI DI VOLONTARIATO VINCENZIANO
Gruppo Suor Annunziata
Gruppo San Bernardo
Gruppo San Giovanni Bosco
Gruppo San Martino-Santa Maria della Stella
Anno 2016 – 2017 per dare “anima” al nostro servire - incontri aperti a tutti
lunedì 9 gennaio 2017 – ore 15 a San Giovanni Bosco
“… gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”
Mt 10
lunedì 3 aprile 2017 – ore 15 al “Salotto e Fiorito”
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la
sua vita per i propri amici” Gv 15,13
lunedì 6 febbraio 2017 – ore 15 a San Martino
“Chi è stato prossimo?” Lc 10,25-37
lunedì 6 maggio 2017 – ore 15 a San Martino
ore 17 ritiro spirituale… alla scuola di santa Luisa
cena condivisa
ore 21 veglia di preghiera – chiesa di San Martino
lunedì 6 marzo 2017 – ore 15 a San Bernardo
“una regola di vita: preghiera, digiuno e carità"
Mt 6,1-18
lunedì 5 giugno 2017 - ore 15 a San Giovanni Bosco
verifica e programmazione
Gruppi anziani - proposte 2017
ETÀ D’ORO - San Martino - giovedì dalle 14.30 alle 18.00
ORE SERENE – Stella - martedì dalle 14.30 alle 18.00
MOMENTI DI SPIRITUALITA’
Martedì 4 aprile 2017 – Via Crucis – ore 15 a Gesù Salvatore
PELLEGRINAGGI
mercoledì 4 gennaio 2017 – visita alla mostra “Presepi del Mondo” a Bornato (BS)
e poi visita a Iseo, Pisogne e Lovere (Lago d’Iseo)
mercoledì 24 maggio 2017 - Pellegrinaggio al Santuario “Madonna della Guardia” a Ceranesi (Genova)
FESTE
Maggio 2017 – Festa di fine anno (San Bernardo)
Il CORO ALPINO RIVOLI si rinnova e cambia il direttivo. Nell'Assemblea straordinaria del 20
Ottobre 2016 sono stati eletti i nuovi membri del Consiglio :
Presidente: LUCCO BOSSU' Piero
Vice-Presidente: FERRERO Pasquale
Segretario: LUTTATI Luigi
Tesoriere: NEIROTTI Mario
Consiglieri: Oria Pietro, Cattaneo Carlo, Malandrino Pierangelo, Ferrero Michele, Lionello
Luciano, Dosio Guido, Vietti Sergio.
SERVIZIO PER IL LAVORO
Il Servizio per il lavoro a Rivoli opera presso l’Oratorio della Stella, via Fratelli Piol 44, con il seguente orario:
martedì 16-19
Punto di contatto telefonico (negli orari di apertura dello sportello e via sms): 333.332.0073
GERMOGLI
incontri di preghiera e condivisione insieme alle persone separate o in nuova unione
ogni mese alle ore 21.00:
Parrocchia Santa Maria della Stella
giovedì 19 gennaio, martedì 21 febbraio - giovedì 27 aprile e martedì 23 maggio
Pianezza - Villa Lascaris
ritiro domenica 26 marzo e domenica 18 giugno
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RIVOLI
Incontri di cammino verso la Cresima
per Giovani e Adulti:
ogni lunedì alle ore 21 alla Stella
dal 23 gennaio al 17 aprile 2017
Celebrazione il 23 aprile 2017 alle ore 11 alla Stella
Per iscrizioni passare o telefonare
alla Segreteria della Stella
(tutte le mattine ore 9 – 12
tel. 011.9586479)
Parrocchie nella Città
MINISTRI DELLA COMUNIONE
A CASA
Se in qualche famiglia delle nostre comunità
ci fossero persone anziane o ammalate che
desiderano ricevere la Comunione in casa, ci
si può rivolgere ai parroci o alle segreterie
parrocchiali per concordare gli incontri con i
Ministri della Comunione.
La tenda dell’attesa, dell’adorazione,
dell’Emmanuele – Dio con noi…
La tenda della Chiesa in uscita!
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio”. Apocalisse 21,3
Anche quest’anno nel tempo della novena di Natale,
da venerdì 16 dicembre 2016
a venerdì 23 dicembre 2016,
dalle ore 7 alle 20
sul sagrato della Stella ci sarà il tempo del silenzio, della meditazione,
della preghiera e dell’adorazione nella tenda dell’Avvento
per ricordarci e vivere che la chiesa esce dalla chiesa
affinché possiamo incontrare Gesù che pone la sua tenda in mezzo a noi!
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ANAGRAFE PARROCCHIALE
dal 1° agosto al 31 ottobre 2016
Battezzati
San Bartolomeo
Chetti Davide, Carollo Riccardo, Miseo Arianna, Faragasso Greta
San Bernardo
Murzio Alice, Scanuzza Edoardo, Scanuzza Vittoria
San Martino
San Martino: Falchero Federico, Magnino Elisabetta, Muraro Matteo Jonut, Odinu Christian, Lionello Elisa,
Antonellini Leonardo, Conti Cristian, Fagnoni Andrea, Bonura Noemi, Golisano Christian, Fuda Cristina,
Barcello Francesca, Olivero Christian, Cionfi Allyson, Paggiolu Michael, Renna Gaia, Roso Greta
Santa Maria della Stella
Virgilio Erika, Calautti Alessandro, Bellitti Rachele, Caffaratto Giorgia, Cetani Francesco, Ferigo Francesco,
Mantovani Sydney, Saporito Christian, Serra Nicole, Carollo Gioia, Forte Rebecca, Annuzzi Greta, Cassine
Filippo, Gambula Francesco, Moda Lorenzo, Tierno Gaia, Maranto Giorgia, Rossino Giulia, Valvano Giada,
Sturno Lorenzo
Sposi
San Bartolomeo
Ricciardi Michele e Maxoumova Elena
San Bernardo
Chinelli Luca e Stranges Raffaella – Tiotto Roberto e Arcolin Chiara – Fantinutto Roberto e Morra Elena –
Antenucci Claudio e Rapetti Simona
San Martino
Siviero David e Galaverna Serena Elisabetta - Savio Angelo e Pedronetto Elisa – Palmieri Luigi e Milano
Chiara – Garola Giacomo e Borio Virginia – Amadio Andrea e Lanzillotta Manuela- Favarato Elia e Tricomi
Luisa – della Volpe Anthony e Racca Federica – Landi Ferruccio e Saida Venera Eleonora – La Gamba Luca
Enzo e Ricciardi Vanessa – Immacolato Savino e Orlando Erika
Santa Maria della Stella
Davini Edoardo e Di Gerolamo Giulia – Celano Mauro e Stefano Viviana
Defunti
San Bartolomeo
Boero Angela (89) – Campana Adelfo (91) – Ferrero Luigi (54) - Zaccaria Rosa (94) – De Stefanis Lorenzo
(90)
San Bernardo
Mottura Nadir Luigi (79) – Robotti Giuseppe (92) – Malandrino Paolo (77) – Boscolo detto Bozza Gian Maria
(71) – Girodo Nella (94) – Ghirardelli Anna Maria (86) – Pafundi Luigi (76)
San Martino
Campanale Giuseppe (70) – Fortezza Luciana (87) – Foglio Para Giuseppina (82) – Martinetti Stefania
Angiolina (80) – Beltrame Nerino (87) – Franchi Andrea – Rovetto Flavia (80) – Pintau Eusebio – Fasciano
Grazia (83)
Santa Maria della Stella
Maglio Giovanni Michele (99) – Gambato Alberto (70) – Crepaldi Marcello (79) – Di Paolo Ilario (92) – Colla
Alessandrino (84) – Basiricò Giuseppina (43) - Tricerri Maria (86) – Dughera Carolina ved. Trabucchi (87)
- Pedrini Costantino (85) – Bonino Paola ved. Thedy (80) – Vinai Paolo (85) – D’Elicio Michele (92) – Filippi
Olga Carmen (84) – D’Agostino Domenico (83) – Magliana Lorenzina ved. Castelletti (96) – Duò Ampelio
(86) – Graffi Rita in Simioli (86) – Dadduzio Pasquale (90) – Schiafone Sara (26) – Russo Raimondo (78) –
Pagliassotto Roberto (85) – Tiengo Santina ved. Menegato (90) – Baloire Anna Maria ved. Porta (85) – Testa
Filomena ved. Renga (91) – Pranio Concetta ved. Parisi (86) – Tasso Francesca ved. Marino (96) – Baricco
Giulio (89) – Barberis Maria Domenica ved. Pastore (80) – Ieluzzi Antonio (54) – Francovig Alice ved. Casadio (99) – Martina Gianni (81) - Ronco Mario (88) – Siviero Maria ved. Crepaldi (88) – Chiantone Ezio (74)
– Inglima Maria ved. Tribolo (74) – Ciccardi Natalina ved. Ceravolo (83) – Locatelli Osanna ved. Crotta (93) –
Sereni Ornella in Pietrobono (85) – Suriano Antonio (80) – Milazzo Maria in Dorino (69)
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In ricordo di....
RIVOLI
Parrocchie nella Città
Giulio Baricco, uomo dei poveri
Così abbiamo letto sul necrologio sul giornale.
Così l'hanno giustamente voluto definire i suoi figli.
Così lo ricordiamo tutti, insieme alla sua inseparabile Giovanna.
La Città e le parrocchie di Rivoli hanno un grande debito di
riconoscenza a un uomo (per dirla con San Paolo ) che "da ricco che era
si è fatto povero" per la causa dei poveri e del Vangelo. Era difficile
stare al passo di Giulio e di Giovanna.
Erano sempre... oltre. Erano sempre più avanti in una dedizione ai
poveri che è stata la loro "passione". Passione che dice... appassionarsi
e patire.
Chi è stato vicino a Giulio, in primis i suoi figli, sa che Giulio ha preso il Vangelo alla lettera. Noi
tentavamo di ammorbidirlo un po' in nome del... buon senso...
No, Giulio non accettava un Vangelo facilitato, ammorbidito.
È stato un grande "imprenditore dei poveri". Un vulcano la sua mente e il suo cuore. Sapeva solo
"eruttare" amore, dedizione, presa in carico.
La radice di tutto questo? La sua incrollabile, anche se molto provata, fede.
Solo nella preghiera trovava con Giovanna la forza di una dedizione... oltre l'umano. Voleva
"dire" Dio ai poveri che seguiva. Certamente ha "dato" Dio! Perché chi dona amore dona Dio e
diventa segno concreto del Suo amore.
Grazie, Giulio. Grazie, Giovanna.
Il primo novembre, festa di tutti i santi... vi ho pensato molto!
Don Guido
Rita (Olocco Margherita), la nostra Presidente dell’A.C.
Il tuo ricordo risale a tanti anni fa: il tempo della mia giovinezza è sempre vivo nel mio cuore,
come il ricordo delle belle domeniche passate all’oratorio, che per noi era Villa Mater.
Ti rivedo giovane con il tuo bel sorriso e penso a quando ti vedevo arrivare con il fascio di
giornali dell’Azione Cattolica e a quando sedute sulla panchina vicino alla vasca dei pesci dove
c’era la statua della Madonna, tu ci tenevi l’adunanza.
Le tue parole hanno lasciato in noi grandi insegnamenti della vita che non si dimenticano più.
Quanto hai amato la nostra cara parrocchia!
Penso agli ammalati che con tanta gioia ti aspettavano perché tu portavi loro Gesù e quante
cose belle hai continuato a fare per la Sua Gloria.
Cara Rita, ora che sei vicina a Gesù e ricevi il premio dei buoni, pregalo per noi che siamo
ancora in questa vita con i suoi momenti belli, ma a volte tanto difficili.
Ciao, Rita, arrivederci a quando il Signore vorrà
M. T.
Alcuni pensieri che ti erano cari:
Ogni cosa è grande se fatta con amore.
Siamo nati per vivere con gli altri, siamo chiamati a portare la gioia.
Oggi costruiamo il domani.
Nella vita di tutti noi c’è un colore che dà un significato alle cose: il
colore dell’amore.
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