Notizie Utili - Parrocchia Santo Spirito di Ferrara

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Transcript Notizie Utili - Parrocchia Santo Spirito di Ferrara

Per conoscerci
Anno Pastorale 2016/17
Vita della parrocchia
di Santo Spirito
in Ferrara
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Sia per tutti noi un Natale Santo!
2
IL PICCOLO MENDICANTE
DI NATALE
L’Eterno irrompe nel tempo:
ora la storia ha un prima e un dopo.
L’Infinito germoglia nel nostro campo,
e l’universo inverte il suo moto:
scoprendosi finito, esaurisce la sua espansione;
da oggi ha un nuovo Centro, che ne esige la conversione.
Umiliate, fuggono le tenebre,
quando il Sole, nemico di sempre,
sceglie una capanna per sorgere.
Il creato abbraccia la carne del suo Creatore
nella ruvida paglia dove nudo giace.
Cessa ogni rumore,
Pace.
Al vagire del Verbo ogni voce tace;
e nel silenzio di quest’istante divino
la Vergine-Madre lo adora Bambino.
Al mirare questa divina poverta’, si ribella l’esistente;
E, come puo’, si dà tutto al Dio fattosi indigente.
Ma questo a Lui non basta, e dalla greppia protende la mano;
Del cuore all’uomo indifferente domanda il libero dono.
O tu, che mi stai leggendo:
la tua vita scriva qui il finale.
Ma, ti prego,
non negar anche quest’anno la tua elemosina di amore
al Piccolo Mendicante di Natale!
Fra’ F.M.D.
IL PRESEPE ARTISTICO STORICO DI SANTO SPIRITO,
QUELLO ORIGINATO DAL GRANDE FRA’ GIUSTINO,
E’ TORNATO AL SUO POSTO TRADIZIONALE.
VENITE A VISITARLO!
SI ACCEDE DALLA NAVATA SINISTRA DELLA CHIESA
RECENTEMENTE RIAPERTA
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2016- 2017:
Dalla Misericordia alla Mitezza
I tradizionali auguri di Buon Natale nel libretto che la Parrocchia distribuisce ogni anno prima della grande solennità dell’Emanuele - Il Verbo nato per essere il Dio con noi - quest’anno
diventano l’occasione non solo per far conoscere, nel dispiegarsi delle narrazioni dei gruppi, alcuni aspetti di crescita nella
vita della nostra comunità, ma anche l’opportunità per sviluppare con calma alcuni pensieri che possano essere di stimolo alla comune riflessione, per il nostro cammino di vita e di
testimonianza cristiana nel mondo.
Dopo aver vissuto la grazia dell’Anno Santo per il Giubileo
speciale per la Misericordia ci sono due ricorrenze significative che si affacciano particolarmente al nostro orizzonte: i centenari delle Apparizioni mariane di Fatima e della fondazione della Milizia dell’Immacolata da parte di san Massimiliano
M. Kolbe, il santo ispiratore dell’Istituto dei Frati Francescani
dell’Immacolata, da poco più di sei anni reggenti la Parrocchia
di Santo Spirito.
L’itinerario spirituale delle pagine a seguire è volto a suggerire
come nel permanere di questo tempo di misericordia che ci è
dato da vivere, in qualità di “peccatori perdonati” progredienti
in una via di conversione, proprio in forza dell’amore misericordioso che abbiamo ricevuto dal Signore, la nostra carità è
chiamata a crescere e ad intensificarsi nell’unione con Cristo
e tra noi nella Chiesa. Essa potrà così maturare davanti alle
molteplici situazioni della vita, talvolta favorevoli e talvolta avverse, quella particolare e preziosa disposizione interiore che
è la mitezza, tanto necessaria perché la nostra testimonianza
quotidiana nei rispettivi ambienti possa far sentire la voce di
Cristo a chi ci vive accanto.
Con gli auguri più cordiali per un Natale veramente santo auspico per chi avrà la pazienza di seguirmi in questo percorso
una buona e fruttuosa lettura!
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Il “Piccolo Mendicante di Natale”
Il paradosso del “piccolo mendicante di Natale” è pensato e
scelto per far percepire, in modo quasi estremo, quanto nella
sua prima venuta il Figlio eterno di Dio non abbia inteso imporsi con la forza della Sua potenza divina, ma abbia voluto
invitarci al Suo amore e al dono di noi stessi, quasi bussando
alla porta del nostro cuore e sollecitando, così, con la dolce
tenerezza di un pargolo la corrispondenza della nostra libertà.
Il Santo Natale che viviamo realmente nel mistero della Liturgia, in effetti, è innanzitutto questo: la celebrazione della
prima venuta di Cristo nella modalità storica da Lui scelta per
manifestarsi a noi, avendo assunto la debolezza della nostra
natura umana. Apparentemente tutto è molto ordinario: un
bimbo inerme tra le braccia di una donna; solo che quel bimbo è il Verbo di Dio Padre e quella madre è la Donna attesa
da secoli, perchè con Suo Figlio avrebbe schiacciato la testa
al serpente antico, al nemico infernale, come il Signore aveva
promesso nei tempi più remoti (cf. Gen 3,15).
Certamente, la seconda venuta vedrà un giorno questo stesso bimbo venire - i n e s o r a b i l m e n t e - nella Sua gloria
di Figlio di Dio “per giudicare i vivi e i morti e regnare per sempre”, come preghiamo ogni domenica nel Credo, ma, intanto,
il tempo in cui viviamo – anche completata la grande sottolineatura del Giubileo speciale – rimane un tempo di misericordia, il tempo in cui farsi conquistare dalla tenera povertà e
semplice condiscendenza del Festeggiato di Natale. Lasciamoci toccare il cuore dalle parole del celeberrimo canto di
sant’Alfonso de’ Liguori: «A Te che sei del mondo il Creatore,
mancano panni e fuoco o mio Signore. Caro eletto pargoletto
quanto questa povertà più m’innamora, giacchè ti fece amor
povero ancora».
Una volta aperto questo nostro cuore, in effetti, accadrà che
anche la nostra intelligenza recupererà la luce necessaria per
capire che davanti al Figlio di Dio fatto bambino offrire una
qualche sorta di elemosina è troppo poco! Occorre rispondere con larghezza … Donare quanto più è possibile … Magari
porgergli con amore il dono di tutta la nostra vita!
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L’intelligenza del Natale nello stile di san Francesco d’Assisi
Un grande innamorato del Bimbo di Betlemme è stato, si sa,
san Francesco d’Assisi. Per entrare meglio in questo mistero
egli ha voluto “vedere” al vivo il contesto concreto del Bimbo
nel suo Natale, realizzando di esso, nel 1223 a Greccio nella
valle di Rieti, una rappresentazione vivente, peraltro funzionale ad una straordinaria Eucaristia. Una tale comprensione
in questo sommo contemplativo del Natale non era qualcosa
meramente di emotivo e di romantico, bensì faceva tutt’uno
con la sua vita: per seguire Cristo il grande assisiate si era
spogliato di tutto fino a divenirne la più vera immagine delle
Sue povertà, umiltà, semplicità e mansuetudine.
La potenza attrattiva di tale immagine fu ai suoi tempi impressionante. Decine, centinaia e migliaia di uomini e donne nel
giro di pochi anni si unirono, nei vari Ordini, per condivivere l’esperienza di Cristo testimoniata da Francesco. Lo stile
della loro testimonianza doveva pure essere genuinamente
conforme a quello di Cristo, per questo ai suoi frati il Poverello
nella Regola Bollata si trova ad insegnare: «Consiglio, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di
parole, né giudichino gli altri, ma siano miti pacifici e modesti,
mansueti ed umili, parlando onestamente con tutti così come
conviene» (RB, cap. III).
Incredibile a dirsi, ma storicamente avvenuto, la dolcezza e
la tenerezza dell’amore di Cristo vivente in san Francesco e
nei suoi frati si sono espanse, conquistando migliaia di cuori:
e non sono mancati i potenti che si sono inchinati davanti a
loro, né i violenti che sono stati disarmati dalla forza irresistibile della mansuetudine di Cristo. Ecco, in questa beatitudine della mitezza mi sembra possa esserci un insegnamento
evangelico importante, da recuperare e approfondire per la
missione di Cristo al mondo del nostro tempo, e dunque, in
piccolo, anche per la comunità della nostra parrocchia.
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Alla figlia di Sion è venuto Cristo, il Re mite
La mitezza è innanzitutto un attributo di Dio. Il Serafico Padre
Francesco lo afferma ben due volte cantando le lodi di Dio
Altissimo (“Tu sei mitezza”, cf. Fonti Francescane n. 261), ma
a questa sapienza egli è pervenuto a partire dalla contemplazione di Cristo, nella sua vita e nelle sue parole, così come
l’aveva conosciuto nel Santo Vangelo.
In tutto il Nuovo Testamento il sostantivo mitezza (in greco
praytes) si trova nelle lettere degli Apostoli a proposito del
comportamento dei cristiani nel mondo (Cf. Col 3,12; Ef 4,2,
1 Tm 6,11; 2 Tm 2,24; Tt 3,2; Gc 1,19; e 3,13-16). In un caso
san Paolo per dare forza al suo insegnamento arriva a richiamare così i cristiani di Corinto: «Vi esorto per la mansuetudine
e la mitezza di Cristo» (2 Cor 10,1). Questo aspetto del mistero del Salvatore era dunque tanto noto da risultare proverbiale, eppure letteralmente l’aggettivo mite (prays) lo si trova
unicamente nel Vangelo secondo Matteo, in un paio di detti
di Gesù e in una profezia riferita a Lui. Siamo quindi davanti
ad una caratteristica precipua del primo Vangelo, quello che
la Chiesa legge nei Vangeli domenicali del presente anno liturgico e che la nostra Parrocchia approfondisce in un percorso
di preghiera e studio pensato per quest’anno pastorale (all’oratorio ogni 3° lunedì del mese alle 21; a questo proposito si
fa presente che è possibile passare in Chiesa a ritirare l’opuscolo contenente l’intera proposta formativa parrocchiale per
il presente anno pastorale).
Nel riportare il celebre discorso della montagna, l’evangelista
riferisce come il Signore Gesù abbia insegnato come quinta
beatitudine: «Beati i miti perché erediteranno la terra». Il riferimento è qui ad un brano della sapienza antica dei Salmi
dove si legge: «I miti possederanno la terra e godranno di una
grande pace» (Sal 37,11), ma il significato cristiano di queste
parole, come si vedrà a seguire, conosce una sorprendente
intensificazione dello stesso contenuto.
Descrivendo poi l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme
l’“evangelista del compimento delle promesse” ricorda sì la
profezia messianica di Zaccaria (Zc 9,9) sul Re che viene per
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la figlia di Sion a cavallo di un asino, ma la modifica leggermente: omette gli aggettivi “giusto e vittorioso” e amplia la
caratteristica messianica dell’essere “umile” con la qualifica
di essere “mite” (cf. Mt 21,5). La rilettura di san Matteo, qui, richiama perfettamente la tradizione ebraica per la quale umiltà
e mitezza sono i due aspetti inseparabili della disposizione di
spirito di abbandono confidente in Dio tipica degli ânâwim (i
poveri del Signore), laddove l’umiltà autentica contiene necessariamente in sé la mitezza e la vera mitezza ha la sua
radice nell’umiltà. L’operazione di san Matteo, però, si com-
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prende ancora meglio alla luce del mistero del compimento
storico della messianicità di Gesù, la quale, nel suo eccesso
di amore, sorprende l’attesa di Israele, sia per l’essere il Cristo
mandato sulla terra misericordiosamente per la salvezza dei
peccatori, sia per il fatto che ciò si realizza attraverso l’accettazione di una passione cruenta e ignominiosa. Pur avendo
in sé la potenza di Dio, Gesù, che afferma davanti a Pilato la
Sua regalità (cf. Gv 18,36-37), non ricorre a mezzi straordinari
o a prodigi per compiere la sua missione. Anche in mezzo agli
scherni e alle derisioni di Erode e dei soldati, come davanti
alle offese e alle ingratitudini di sacerdoti e mentitori, il Messia si mostra mansueto portando alle estreme conseguenze
pratiche ciò che aveva rivelato: perfettamente padrone di sé,
fino alla fine, in un estremo atto d’amore obbediente e misericordioso prega il Padre chiedendo il perdono per i suoi uccisori, proprio secondo quanto aveva detto: «io vi dico: amate
i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori (Mt 5,44, ma
anche 5,39).
È così che si realizza fino in fondo quanto indicato dal Battista
con le parole: «Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del
mondo» (Gv 1,29). Nel disegno sapiente di Dio, questo stesso
mitissimo Agnello immolato è però poi definitivamente glorioso per la vittoria eterna della Risurrezione, come si fa ammirare e viene cantato costantemente nel libro dell’Apocalisse (cf.
Ap 5, 6-10; ma un po’ ovunque, questo appellativo per Cristo
compare nel libro quasi una trentina di volte).
Imparate da Me che sono mite e umile di cuore
Alla luce di tutto questo si comprende meglio come Gesù, in
un passaggio chiave del Suo insegnamento – sempre riportato da san Matteo – possa aver apertamente detto: «Venite
a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono
mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11,2530). A pensarci bene viene da chiedersi: perché tra tutte le
virtù che avrebbe potuto attribuirsi, Gesù ha scelto proprio la
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mitezza e l’umiltà, offrendo in esse quasi una sintesi dell’insegnamento del suo esempio?
È nella verità dell’amore del mistero pasquale che si arriva ad
intendere come il giogo che viene a pesare sulle spalle dei
discepoli è la croce e, quindi, come l’invito rivolto a tutti gli
affaticati e gli oppressi, e dunque anche a noi, sia quello di
scoprire nel dolore una somiglianza e una partecipazione con
il dolore di Cristo, e quello di accogliere la croce per partecipare alla grazia e alla beatitudine che viene dalla Sua opera
di Redenzione. Andando a Gesù, fonte della grazia, unendosi
a Lui nell’amore, la nostra libertà ha con ciò la forza di trasformare il dolore in amore, sperimentando in esso misteriosamente anche la gioia dell’unione con Dio. La beatitudine
della mitezza, dunque, non riguarda solo l’eternità! È già qui
un “ereditare la terra”, è già qui un fare esperienza del Regno
di Dio! Certo la sofferenza, generalmente, non scompare del
tutto, ma è addolcita e trasfigurata, addirittura può diventare
nell’amore di Cristo una fonte di gioia. Tutto questo, è chiaro,
è sostegno e conforto per il cristiano che si oppone al malvagio non con la violenza dell’odio, ma vincendo il male con il
bene, con la forza dell’amore frutto della Morte e Risurrezione
di Cristo.
È vero, a volte la tragedia può essere tanto grande da risultare
alquanto scandalosa, è il caso per esempio dei nostri fratelli
cristiani perseguitati in Iraq e Siria, a tutt’oggi esuli e scacciati
dalle loro case, ma non per questo la verità della mitezza di
Cristo viene in meno. Nulla del resto può essere più paradossalmente scandaloso della morte in Croce del Figlio unigenito
di Dio, eppure è proprio da questo dono d’amore che è venuta la redenzione di tutti e la gloria perenne della Risurrezione.
Portare con gioia il giogo dolce di Cristo, nelle piccole e nelle
grandi prove della vita, offrire oggi una tale testimonianza, ha
un valore immenso per far risuonare la voce del Vangelo alla
gente lontana da Dio che vive nel nostro mondo, perché tutto
ciò non è qualcosa di meramente terreno, bensì di soprannaturale, possibile solo per la potenza della grazia del Santo
Spirito di Dio che agisce nei nostri cuori.
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La mitezza, frutto dono e virtù
A questo punto del percorso intrapreso, per chi mi ha benevolmente letto sin qui, vorrei offrire alcune precisazioni. La
prima è che non stiamo parlando della mitezza solo come
virtù etica, ma di quella mitezza cristiana che è anche, e soprattutto, frutto del dono dello Spirito Santo. Per intendersi
è necessario probabilmente colmare una lacuna, perché sono
in molti a ricordare almeno confusamente i sette doni dello
Spirito Santo (Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Timor di Dio), ma sono davvero pochi quelli che conoscono anche solo di nome i frutti dello Spirito Santo, così
come la tradizione cristiana ce li ha consegnati ricavandoli
dall’insegnamento di san Paolo (sono dodici: amore, gioia,
pace, pazienza, longanimità, bontà, benevolenza, mitezza, fedeltà, modestia, continenza, castità, cf. Gal 5,22-23).
Precisamente cosa sono i “frutti dello Spirito Santo”? Risponde il Catechismo della Chiesa Cattolica: sono «perfezioni che
lo Spirito Santo plasma in noi come primizie della gloria eterna» (n. 1832), sono quindi atti che l’azione dello Spirito Santo
produce abitualmente nell’anima. Spiegato più semplicemente? Chi si apre all’azione dello Spirito Santo e da Lui si lascia
guidare matura questi frutti. Se non glielo impediamo con i
nostri ostacoli, in una parola con il nostro egoismo, lo Spirito
Santo ci fa partecipare al mistero di Cristo che può agire in
noi. Così dallo Spirito riceviamo dunque anche la Sua mitezza, e, comunicandoci la mitezza di Dio, il Santificatore ci rende più simili al Nostro Salvatore.
È da notare che nella comprensione cristiana della mitezza
dono e virtù si trovano strettamente compenetrate, dunque,
con il dono che viene a perfezionare la virtù sia filosoficamente intesa, sia biblicamente arricchita, è dunque virtù potenziata dal dono e resa frutto per la potenza di Dio. Nel suo
non piccolo spettro nozionale questa mitezza rende possibile,
perciò, la sopportazione paziente e senza ribellioni davanti
alle prove che la vita ci infligge, in una sottomissione fiduciosa e tranquilla alla Provvidenza divina, in un docile abbandono alla volontà di Dio. La mitezza, ancora, frena così in noi
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gli impulsi della collera o di un’aggressività incontrollata, così
come di altre venefiche inclinazioni affini (arroganza e prepotenza), mentre, favorendo la padronanza di sè (dominio),
rende possibile la carità fraterna, rivestendo le forme della
dolcezza e della cortesia. In ultima analisi, si può dire che la
mitezza, vincendo l’ira, diventa la più cara custode della più
preziosa realtà presente nei nostri cuori: la carità che dura per
l’eternità.
La mitezza è dei deboli?
Ciò considerato, è importante fugare un malinteso possibile
con una seconda precisazione. La mitezza in quanto virtù è
per l’appunto virtus, e dunque forza e valore, non certo debolezza, non ha proprio nulla a che vedere con la mollezza di
carattere. Il segno della fortezza del resto non può essere la
violenza, perché il violento – sia verbalmente che fisicamente – non è un forte, bensì un debole. La mitezza non deve
essere confusa con la remissività di chi rinuncia alla lotta per
paura o rassegnazione. Essa non significa semplicemente e
sempre subire, ma porta con sé anche l’istanza della reazione
con fermezza e chiarezza, quando sono in causa l’onore di
Dio, la verità e la giustizia, secondo l’esempio stesso di Gesù
stesso. Egli, mentre si presenta davanti al giudizio dei Sommi
Sacerdoti mite come un agnello condotto al macello, prende
però la parola per affermare: «Se ho parlato male, dimostrami
dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»
(Gv 18, 23). Così pure, numerose volte smaschera e condanna la falsa giustizia degli scribi e dei farisei, apostrofandoli
con grande veemenza: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti...
guide cieche... sepolcri imbiancati... serpenti, razza di vipere...» (Mt 23). E non si può dimenticare la santa ira di Gesù
che nel tempio compie un gesto di forza, rovesciando i banchi
dei cambiavalute e cacciando i mercanti che profanavano la
casa di Dio, che è casa di preghiera: «Voi invece ne avete fatto
una spelonca di ladri!» (Mc 11, 17).
Ora, come tenere insieme parole e azioni apparentemente
contrastanti e per certi versi paradossali? Si può riconosce12
re, da una parte, con san Giovanni Crisostomo, che «se tu
trascendi nei tuoi modi, non si tratta più di franchezza, ma di
impulso passionale, e in base a questo sarai giudicato. Senza dolcezza, non c’è vera libertà di linguaggio». Nondimeno è necessario ritenere che esiste una giusta ira ed essa è
un aspetto della vera mitezza, poiché questa non è né priva
di carattere, né insulsa o sdolcinata (cf. 2 Tm 2,25). D’altra
parte, dal punto di vista sociale, per non essere unilaterale,
questo nostro discorso deve tenere in conto il principio della
legittima difesa, specie per quanto concerne chi è costituito
in autorità rispetto alle persone affidate: un padre rispetto a
moglie e figli, un governo rispetto ai suoi cittadini, … Il che
non è in opposizione alla mitezza della testimonianza personale, quantunque si esprima nell’esercizio della tutela motivata dell’autorità per via di caratteristiche integranti quali la
moderatezza, la clemenza, il ricorso a mezzi proporzionati al
pericolo in corso.
Riconcentrando l’attenzione sul tema possiamo dire, infine,
che proprio il comportamento deciso e forte di Gesù ci fa
capire come la mitezza cristiana non sia la debolezza degli
imbelli, l›acquiescente conformismo, la tolleranza supina del
male, per paura delle conseguenze che possono derivare dalla sua denuncia, ma sia anche la franchezza e il coraggio del
comportamento e del linguaggio dei martiri, che non temono
di testimoniare la verità e il loro amore a Dio, affrontando tutti
i rischi che questa testimonianza comporta.
Santi della mitezza nella verità
A questo proposito è doveroso riconoscere che non sempre
è facile per il cristiano vivere la mitezza nella linea evangelica
che Gesù ha tracciato col suo esempio, ovvero saper discernere nel comportamento verso il prossimo, ciò che è doverosa denuncia del male, proclamazione o difesa della verità, da
ciò che può essere invece sfogo dei propri istinti, mancanza
di controllo, di padronanza di sé. I guai che Gesù non ha risparmiato ai farisei e agli scribi, l’energia con cui ha scacciato
i mercanti dal tempio, possono trarre in inganno e cancellare
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nel nostro cuore quella mitezza e quell’umiltà che mai venivano meno in Gesù e davano ai suoi gesti e alle sue parole
la forza e l’efficacia del vero amore a Dio. Va detto subito, in
effetti, che il cristiano può riuscire a comportarsi come tale,
solo se è un “altro Cristo”, solo se è unito intimamente a Dio e
quindi riesce a cogliere dentro di sé la voce e le mozioni dello
Spirito Santo e si lascia guidare soltanto da Lui.
Per questo i santi, uomini e donne plasmati dallo Spirito Santo di Dio, sono come al solito i migliori testimoni e i maestri
nel vivere il vangelo, anche quello della mitezza, in una crescente imitazione conformante a Cristo.
In questo senso vorrei ora richiamare la figura, a noi FFI tanto
cara, di san Massimiliano M. Kolbe. Egli, chiamato per la sua
riconosciuta dolcezza dai confratelli “fra’ Marmellata”, davanti
alla tracotanza empia e blasfema dei massoni di Roma che in
ricordo di Giordano Bruno nel 1917 inneggiavano a Lucifero,
con san Michele sotto i suoi piedi, regnante in Vaticano con il
Papa quale suo servitore, non esitò a dare vita con alcuni altri
giovani frati ad un movimento significativamente denominato
Milizia dell’Immacolata (M.I., fondata nel Collegio Serafico di
via san Teodoro in Roma, il 16 ottobre 2017).
Nell’anno centenario della fondazione della M. I. lo zelo missionario ed apologetico di P. Kolbe continua ad essere di
grande ispirazione per chi vuole difendere la fede e dilatare
il Regno di Dio nel mondo, in una missione-lotta che è sì essenzialmente spirituale, ma conosce oltre all’impegno della
preghiera, anche lo sforzo della ragione che pensa, del cuore
che ama, del corpo e di tutta la persona umana che testimonia e che accetta ogni fatica e privazione, per portare la luce
e l’amore di Cristo ai fratelli, nel rispetto del diritto di tutti e
nel confronto con tutti, ma anche usando ogni mezzo lecito
per un annuncio franco e cristallino della verità salvifica che
è Gesù Cristo.
Martire della mitezza nella carità
Dopo aver dato vita ad una grande iniziativa di evangelizzazione in Polonia – Njepokalànov, la città dell’Immacolata
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– capace di irradiare il Vangelo in ogni angolo del paese per
mezzo della stampa, dopo essere stato missionario ad gentes
in Giappone realizzando su scala più piccola un’impresa per
molti versi anche più epica, finalizzata sempre al bene delle
anime che incontrava, proprio P. Kolbe si trovò ad affrontare
l’invasione della sua nazione da parte della Germania nazista
in quello che è stato l’innesco della II Guerra Mondiale.
Sempre onesto nella condanna dell’ingiustizia, ma pacifico
nelle sue relazioni anche con gli invasori, venne individuato
dagli occupanti come persona di valore troppo influente sul
popolo e per questo internato nel campo di sterminio di Auschwitiz nel 1941. Qui, tra scherni e percosse, stenti e torture,
egli è rimasto sempre un testimone lucente della mansuetudine e della pazienza di Cristo, pieno di speranza nel suo
abbandono alla Volontà di Dio, nella certezza che tutto quel
male sarebbe finito perché – sono parole sue – l’odio non
giova a nulla, serve unicamente a distruggere, mentre solo
l’amore crea. Fino all’ultimo operoso nella carità spirituale e
materiale nei confronti degli altri detenuti, mosso dallo Spirito Santo, egli ebbe l’ardire di uscire dalle righe per offrirsi a
prendere il posto di un padre di famiglia condannato a morte
nel bunker della fame.
Alla domanda confusa “Chi sei tu?” del crudele ufficiale del
campo, visibilmente stordito dalla grandezza di tanto eroismo,
san Massimiliano ebbe a rispondere con poche parole: “Sono
un sacerdote cattolico”, offrendo così la definizione della sua
piena configurazione sacerdotale a Cristo, Pastore-Sacerdote e Agnello-Vittima, che in tutta mitezza offre se stesso al
sacrificio, liberamente per amore e per la salvezza dei fratelli.
Solo il Signore conosce la fecondità di tale martirio di carità
e mitezza portato a compimento fino all’ultimo senza un’ombra di odio nel cuore, ma nella preghiera volta alla salvezza
dei compagni di sventura e alla riconciliazione dei criminali
uccisori. Un fatto conosciuto è, però, la riconciliazione con
Dio del Comandante in Capo di Auschwitz, il pentito Rudolf
Höss, il quale, accettando la morte come riparazione per le
proprie colpe, prima di andare alla pena capitale ha ricevuto
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il conforto religioso dell’incontro con un sacerdote, quasi novello Disma, il buon ladrone convertito all’ultimo dalla mitezza
amante di Cristo in croce, colui che ebbe la somma consolazione di sentire per se le più decisive parole: «Oggi sarai con
me in Paradiso» (Lc 23,43).
Il fulgido esempio di san Massimiliano, il martire mansueto
della carità, come la storia commovente di san Disma, motivo
per tutti di grande incoraggiamento, sono, in effetti, una notevole riprova per noi che la mitezza donata da Dio non è solo
bella e grande, ma soprannaturalmente feconda e realmente
vittoriosa per l’eternità.
Evento Fatima, luce per il presente
C’è però un segreto che non può essere taciuto e che è ben
noto ai devoti non superficiali di P. Kolbe, ovvero quanto il
cuore della sua esperienza di vita spirituale sia stata l’unione
d’amore con l’Immacolata, congiuntamente ad una vita eucaristica molto intensa. È da questa comunione di vita intimissima che sono venuti a P. Kolbe tutte quelle virtù e quei doni
dello Spirito Santo che lo hanno conformato a Cristo Sacerdote e vittima. Lo Spirito Santo, del resto, è sempre comunicato da Colui che lo può donare senza misura (cf. Gv 3,34),
come pure è sempre presente e operante dove trova Maria,
la creatura talmente unita e trasformata da Lui da esser detta
la Sua Sposa.
Il 2017 non è solo il centenario della Milizia dell’Immacolata,
ma anche il centesimo anniversario di un altro evento avvenuto quasi in contemporanea: le apparizioni mariane occorse alla
Cova de Iria di Fatima in Portogallo. Dopo un attento discernimento la Chiesa ha dapprima approvato e poi grandemente
valorizzato queste rivelazioni. Esse evidentemente rimangono
sempre delle rivelazioni private, ma sono state particolarmente apprezzate dai Papi nel loro carattere di rimando alla Rivelazione pubblica e hanno, di fatto, rappresentato un enorme
evento di grazia per la Chiesa nel suo cammino storico, sia
come sorgente di grazia salutare nei suoi appelli e richiami,
sia come faro di luce profetica per l’avvenire.
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Diversi sono, in effetti, gli eventi predetti già accaduti: la II
Guerra Mondiale, il dilagare nel mondo degli errori del comunismo (si badi che l’evento Fatima nel 1917 si compie praticamente nel mentre che in Russia si avvia la rivoluzione bolscevica), le sofferenze della Chiesa diventata “città tutta in
rovina” e in cammino verso la Croce bersagliata dai nemici. Il
secolo scorso, effettivamente, è stato chiamato il “secolo dei
martiri”, perché questi sono stati più numerosi nel Novecento
che in tutta la precedente storia del cristianesimo. Ma non si
pensi, come ebbe a rimarcare nel 2010 Benedetto XVI pelle-
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grino alla Cova de Iria, che la missione profetica di Fatima sia
finita. Fatima non riguarda solo il recente passato della Chiesa, ma il suo presente e il suo prossimo avvenire.
A Fatima la Bianca Signora, vista “più splendente del sole”
dai tre pastorelli Lucia, Francisco e Giacinta, apparve sì bellissima, ma ebbe a parlare con un tono di dolce rimprovero,
richiamando tutti alla conversione di vita perché Dio Suo Figlio
“è già troppo offeso”. Ella chiese il ritorno all’osservanza dei
comandamenti di Dio, alla considerazione delle realtà ultime
ed eterne (inferno e paradiso), alla preghiera personale e nelle
famiglie, in particolar modo a quella del Rosario per la pace
nel mondo. Missione speciale di Lucia, rivelatale direttamente
dalla Madonna nella seconda apparizione, il 13 giugno 1917,
è stata poi quella di promuovere la devozione al Suo Cuore,
perché secondo le stesse parole della Vergine: “Gesù vuole
servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire
nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”. Al timore
di Lucia di restare da sola sulla terra in questa opera, la Madonna volle poi rispondere così: “Non scoraggiarti! Io non ti
abbandonerò mai. Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio
e la via che ti condurrà fino a Dio”.
Qualche anno più tardi, nel dicembre del 1925, a Lucia fu
dato di vedere ancora la Vergine e al suo fianco un Bambino,
come sospeso su una nube. La Madonna gli teneva la mano
sulle spalle e, contemporaneamente, nell’altra mano reggeva
un Cuore circondato di spine. In quel momento il Bambino
disse: “Abbi compassione del Cuore della Tua Madre Santissima avvolto nelle spine che gli uomini ingrati gli configgono
continuamente, mentre non c’è chi faccia atti di riparazione
per strapparglieLe”. A questo fine di consolazione riparatrice
fu rivelata da Maria a Lucia la pratica dei “primi 5 sabati del
mese” che costituisce, vero dono inestimabile per noi, la promessa del Cuore Immacolato: “a tutti coloro che per cinque
mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa
Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia
per quindici minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con
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tutte le grazie necessarie alla salvezza”. È, questo, un aiuto
in vista del Paradiso da non trascurare, bensì da accogliere
e valorizzare. In parrocchia cercheremo di farlo insieme, con
tutti coloro che vorranno intervenire, a partire dal 1° sabato
del mese di febbraio. Per dirlo con l’entusiasmo pieno di gioia di san Francesco, tornato ad Assisi con il riconoscimento
papale dell’Indulgenza plenaria della Porziuncola concessagli
direttamente da Nostro Signore e la Sua Santa Madre, anche
noi diciamo con forza: “Vogliamo portarvi tutti in Paradiso!”.
Il dono del Cuore della Madre
Al centro dell’evento Fatima c’è, dunque, questo grande regalo del Signore: per volontà di Cristo stesso c’è indicato il
Cuore della Madre di Dio che è anche nostra Madre, un cuore
pieno di affetto e di sollecitudine per ogni suo figlio, un cuore
che desidera con tenerezza ed energia la gioia e la pace della salvezza per ciascuno di noi, un cuore che – se possibile
– ama ancora più fortemente i suoi figli peccatori, ingrati e
infedeli, proprio perché, quale la più Madre delle madri, Maria cerca fino all’ultimo, tessendo e approntando occasioni
di grazia, di riorientarci al Signore, perché possiamo essere
salvati e stare con Lei nella famiglia di Dio per l’eternità.
Guardando con attenzione l’attualità del mondo, una volta
dichiarata la giusta premessa che viviamo in un tempo che
è bellissimo ed esaltante perché, in fondo, è l’unico che Dio
ci ha dato da vivere come protagonisti sulla scena di questo
spazio-tempo, possiamo obiettivamente riconoscere che il
nostro occidente è una realtà in dissoluzione sotto molti punti
di vista, ma soprattutto morale, sociale, culturale e dunque
anche politico e per certi versi ecclesiale.
La crisi economico-finanziaria che fa tanto soffrire le nostre
famiglie e i nostri poveri, appare sempre più solo la punta di
un iceberg molto più vasto, che ha tra le sue cause principali l’incapacità di trasmettere alle nuove generazioni ragioni per cui valga veramente la pena vivere, sacrificarsi e dare
la propria vita. Non è questo il luogo per dimostrarlo, ma è
soprattutto qui che hanno origine i problemi che minano la
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salute della società fondata sul matrimonio tra un uomo e una
donna, la denatalità tara per un’economia di lungo respiro, la
crisi educativa avvertita violentemente negli ambienti scolastici e delle associazioni, l’approccio utilitaristico di esistenze
privatissime fondate sull’effimero, di vite di fatto diminuite ad
essere improntate ad un meschino individualismo che mira a
godere fin tanto che si può campare, come ostentano le tante
venerate figurine mass-mediatiche. Anche personalità di area
laicista ormai cominciano a riconoscere che più si riduce la
matrice cristiana nell’identità nella nostra gente e più cede il
collante socio-cultural-valoriale che ha reso possibile questa
nostra civiltà. Ci sono evidentemente tante altre questioni e
tante nuove sfide, si pensi solo per menzionare alcuni delle più
colossali: ai riassetti in corso per gli equilibri geo-politici in trasformazione, agli epocali flussi migratori, follemente prodotti
e messi in atto su scala globale, alla minaccia del terrorismo
islamico fanatico su tutto il pianeta, alle tecnoscienze con le
loro straordinarie potenzialità ma anche con i loro orrori per le
derive senza etica, per cui semplicemente si deve fare ciò che
si può fare, senza scrupoli di coscienza e remore di sorta, …
In tutto questo panorama molto problematico la nostra Chiesa
in Europa, anche in Italia, benchè non certo come nei paesi
più continentali, si accorge di essere diventata una minoranza sempre meno ascoltata dai vettori dominanti dell’opinione
pubblica. È una situazione sconcertante che i nostri nonni non
si sarebbero mai aspettati di fronteggiare, ma è ormai la nostra attualità. Ciò ovviamente desta preoccupazione, ma non
ci deve scoraggiare e inquietare oltremodo.
Se da una parte questa semplice constatazione non ci esime dall’impegno con ogni sforzo culturale, e anche politico,
per difendere ad oltranza i principi cardini della società civile
(difesa della vita, della famiglia, della libertà di pensiero e di
educazione, sussidiarietà, …), dall’altra, come continuamente
ci esorta Papa Francesco, siamo chiamati all’uscita missionaria per annunciare la gioia e la pienezza di vita della Pasqua di
Cristo a quanti non la conoscono o l’hanno dimenticata. Una
volta recuperata la fede diventa più facile poi riattivare una
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retta ragione che sappia riconoscere l’ordine morale.
La nostra mite resistenza missionaria in questo mondo
Certo non giova a nessuno nascondere che, per il pesante inquinamento relativistico presente nell’atmosfera culturale del
mondo, capita abbastanza spesso a quanti vogliono semplicemente vivere con coerenza la loro fede cattolica, in linea
con i Comandamenti e con il Catechismo cattolico ufficiale
del 1999, di essere additati dalla massa come retrogradi fuori
dal tempo e dal mondo, quando non come degli integralisti o
degli osservanti fanatici. Quanta violenza cristianofobica serpeggia oggi nel mondo virtuale e reale! Come sta diventando
sempre più difficile per i cristiani anche solo esercitare professioni con marcata responsabilità etica come l’insegnamento
(tsunami gender come colonizzazione culturale), la medicina
(movimento per proibire l’obiezione di coscienza), la farmacia
(pillole dei giorni dopo), la giustizia, la politica … Messi davanti a scelte drammatiche per la coscienza, messi davanti
alla perdita dell’impiego e dell’onore i nostri fratelli che cosa
sceglieranno? Noi che cosa sceglieremo? Resteremo con Cristo nelle verità dogmatiche della fede e della morale diventate
così impopolari oppure accetteremo mestamente l’ingiustizia
e ci uniremo alla massa che a volte in modo più o meno acritico, a volte in modo quasi compiaciuto, si lascia condurre dai
gruppi di pressione dei potenti plutocrati (per fare un nome
noto il Bilderberg Group, …) oggi dominatori di questo mondo?
Tutto questo è drammatico e doloroso, realmente, ma non c’è
davvero di che sgomentarsi troppo. Capitava anche alle generazioni dei cristiani dei primi secoli che vivevano in una società
pagana ancora da evangelizzare. Il pericolo più grande semmai è che il pensiero del mondo entri nella Chiesa e il criterio
fondamentale normante la vita di fede e di morale del Popolo
di Dio cessi di essere unicamente quello che ha origine in Cristo, nelle fonti della Rivelazione (Scrittura-Tradizione-Magistero), per ispirarsi ad altri pensieri e ad altre dottrine che siano
più conformi alle voglie del mondo (cf. 2 Tm 4,2-4). Quanta
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sofferenza c’è oggi anche all’interno della Chiesa per questo.
Nella terza parte del segreto manifestata dalla Chiesa nel 2000
con la certa qual solennità di un documento della Congregazione della Fede, firmato dal Card. Ratzinger ma voluto da san
Giovanni Paolo II, quasi a farci cogliere da subito la serietà del
messaggio, all’inizio si trova un Angelo del Signore pronto a
castigare la terra, il quale viene fermato dalla luce che promana dal Cuore di Maria e ripone la sua spada di fuoco gridando
per tre volte “Penitenza!”. In quest’ultima parte del Segreto,
si parla della sofferenza e della fatica della Chiesa, per mezzo
della scena di una lunga processione che passa attraverso
una città ridotta in rovina, mentre i membri della Chiesa, chierici, religiosi e laici, vengono via via colpiti dai nemici, finchè si
arriva in cima dove c’è la Croce, mentre gli Angeli raccolgono
il sangue dei martiri e testimoni della fede, così che da esso
possano sorgere i nuovi cristiani. Quanti nostri fratelli sono
morti e stanno morendo in queste ore in varie parti del globo
semplicemente per il fatto di essere e voler rimanere di Cristo!
Nell’ultimo decennio si stima che nel mondo possano esser
stati circa 105 mila ogni anno (se così fosse sarebbero dunque
circa 288 al giorno, 12 all’ora, 1 ogni 5 minuti). Ci rendiamo
conto?
È, questo, davvero il tempo della testimonianza in cui, partendo dalla nostra unione con Cristo e con la Chiesa, fare tutto
ciò che è nelle nostre possibilità, con uno sguardo positivo
sul reale, per cogliere e salvare quanto rimane di salutare nel
tessuto sociale, a livello di fondamenti e di relazioni, ben sapendo tuttavia che anche se questo mondo muore, i ciristiani, sostenuti dalla speranza teologale, devono lavorare per
farne sorgere uno nuovo. Davanti a ciò che però si palesa
come potere oppressivo e sproporzionatamente dominante,
nelle grandi come nelle piccole prove della vita, siamo chiamati a rispondere con quella mitezza su cui abbiamo cercato
di meditare in queste pagine: rimanere saldi nella verità e
nella carità, nella fermezza e nella dolcezza, come Cristo
Agnello Immolato, come san Massimiliano Maria Kolbe
martire della carità ad Auschwitz.
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Maria l’Addolorata così vicina alla Croce di Gesù, nel Suo
strazio impotente, è rimasta in piedi (stetit, cf. Gv 19,25), annichilita davanti all’assassinio di Suo Figlio, condividendo fino
all’ultimo il Suo martirio. Alla lancia che ha trapassato il costato del Redentore ha fatto da pendant la spada che ha trafitto
l’anima della Madre Socia nella Redenzione. Da questo apparente fallimento, da questo amore di sacrificio, noi e tutto il
genere umano siamo stati redenti. Dall’alto della Croce nelle
Sue ultime parole prima del «Tutto è compiuto», quasi in un
legato ereditario, il Signore Gesù ha rivelato la maternità spirituale universale di Maria, perché in Giovanni ci siamo tutti noi
(cf. Gv 19,26-27). Come è stato proclamato ufficialmente dal
Beato Paolo VI durante l’ultimo Concilio Ecumenico: Maria è
la Madre della Chiesa, dei pastori e dei fedeli laici, di tutto il
Popolo di Dio. Modello, emblema e vertice della mitezza in
una persona umana, Maria, che porge a Lucia il Suo Cuore circondato dalle spine del dolore, è la Madre che ci vuole
sostenere con il Suo amore pieno di compassione in questo
cammino che comunque è in viaggio verso un termine certo.
Dal punto di vista escatologico, è vero, tutti, presto o tardi, ci
accomiateremo da questa vita per andarcene all’eternità, con
la sua biforcazione necessaria di pena o di beatitudine, ma
anche qui sulla terra nel segreto di Fatima c’è una promessa
che alimenta la nostra speranza: la Madonna ha detto infatti
“Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”.
Portare tutti a questo Cuore, portare tutti nell’Eucaristia
L’ultima profezia non ancora avverata di Fatima fa tornare alla
mente un’affermazione del testamento di Giovanni Paolo II,
che in realtà l’aveva appresa dal grande cardinale primate
della Polonia, Stefan Wyszynski: “La vittoria, quando avverrà,
sarà una vittoria mediante Maria”. Da questa grande convinzione, fondata nell’elevata comprensione teologica della Vergine di cui ha fatto mostra nel suo magistero Karel Woytyla,
ebbe origine la scelta del suo motto episco-papale – T o t u s
T u u s – che riprende prima ancora che la dottrina mariana di
san Luigi Grignon di Montfort una bella intuizione del Dottore
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Serafico, san Bonaventura di Bagnoregio, il quale, nel Piccolo Ufficio della Beata Vergine Maria, offre ogni giorno questa
preghiera: “Io sono tutto tuo, o Maria, e tutto ciò che è mio e
tuo”.
Davanti alla contemplazione del ruolo oggettivamente attribuito da Dio Unitrino nell’economia di salvezza a Maria, una
piccola creatura innalzata fino ad essere la Madre di Dio fatto
uomo e quindi la Regina di tutto alla destra di Suo Figlio, la risposta coerente è proprio quella di andare a Lei, per affidarLe
e consacrarLe tutto quanto siamo e facciamo.
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Penso anche prima, ma almeno fin dai tempi di Padre Immacolato l’intendimento direttivo è stato questo, con tutti i nostri
limiti e difetti, per chi è stato chiamato a guidare pastoralmente la comunità di Santo Spirito. L’ultimo rinnovo è avvenuto
durante la bella processione seguita l’8 dicembre scorso ad
una liturgia di cielo sulla terra, con i frutti che continuano ad
arrivare.
Da quando siamo riusciti a riaprire una parte notevole della
Chiesa titolare di Santo Spirito si sta verificando una ripresa
mirabile di partecipazione e di attività per la nostra comunità
parrocchiale, di cui le pagine di questo libretto sono solo una
piccola testimonianza. Ciò che le parole di carta e le grigie
fotografie stenteranno a trasmettere è però il fervore e la gioia che si avverte alla Messa domenicale del Popolo, come
nei gruppi e negli incontri infrasettimanali, come tra i nostri
bimbi, tra i ragazzi e i giovani. I discorsi seri come quello sviluppato nelle riflessioni qui precedenti possono risultare per
alcuni tristi e un po’ “lugubri” – lo capisco – ma non possono
essere omessi quando sono veri, nondimeno non devono far
dimenticare come la gente che oggi frequenta Santo Spirito
pur avendo, come tutti, i suoi motivi d’afflizione è, secondo
l’insegnamento dell’Apostolo Paolo, un piccolo popolo molto
lieto (2 Cor 6,10).
Tra l’altro, come è stato da qualcuno osservato, in forza delle
numerose iniziative intraprese per valorizzare la congiuntura
provvidenziale di questo centenario di Fatima, anche da altre
aree fuori città diverse persone si sono avvicinate alla chiesa
di Santo Spirito, per pregare con noi (l’iniziativa delle 24 ore
per Maria davanti a Gesù) e condividere insieme il fervore spirituale che ci è stato donato. Momenti come la processione
cittadina del 13 ottobre scorso o in piccolo anche come la
domenica In onore di Maria del 4 dicembre documentano la
realtà viva di quello che è pure un piccolo movimento mariano
che guarda alla Signora del Santo Rosario di Fatima, ora presente in modo particolare anche a Santo Spirito.
Per questo nuovo anno, come è noto, ho invocato la protezione speciale di Madre Teresa di Calcutta, canonizzata da Papa
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Francesco lo scorso 4 settembre in piazza san Pietro, e devo
dire che sto sperimentando grandemente la sua assistenza.
Alla sua potente intercessione e alla mediazione materna di
Maria, sempre ovviamente nell’Unico Mediatore Gesù Cristo,
affido e consacro questi pensieri e tutto questo libretto, ma
soprattutto le nostre opere d’evangelizzazione e di carità spirituale e materiale, e ancora più le singole persone che ci sono
state affidate dalla Chiesa, in particolare i piccoli, gli anziani
e i malati - a cui chiedo di ricordare me e la parrocchia nelle
loro preziosissime preghiere ed offerte – le famiglie, ma anche
i giovani, specialmente l’abbondante fila degli universitari che
vive nel nostro territorio di Santo Spirito, ma che noi come
comunità facciamo fatica ad incontrare perché essa è spesso
così impegnata negli studi e negli interessi secolari, da non
darsi troppo pensiero del fondamento dell’esistenza e delle
realtà ultime, sulle quali è la fede a gettare una luce risolutiva.
Ricordiamoli con affetto al Signore!
Come si vede nel patchwork iconico della copertina, per la
quale sono grato a Laura Magni, una figlia e madre spirituale
della nostra parrocchia, le mediazioni dei santi e anche quella
della stessa Vergine Immacolata hanno un senso solo se al
centro del centro, e al centro di tutto, c’è il Signore Gesù, il
Verbo incarnato (cf. Gv 1,14), l’Uomo morto e risorto, in cui
abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (cf. Col
2,9) e che ha voluto rimanere con noi tutti i giorni fino alla fine
del mondo (cf. Mt 28,20), lasciandoci il Sacramento del Suo
Amore fino alla fine (Gv 13,1).
Davanti a Lui, realmente e sostanzialmente presente nell’Eucaristia, e con Lui Agnello Immolato e Glorioso, implorando
su di noi l’abbondanza dei doni dello Spirito Santo, a cui siamo singolarmente dedicati come comunità, camminiamo sinceramente in una via di conversione e penitenza, viviamo e
lavoriamo per il Regno di Dio sulla terra, testimoniando con
le opere oneste e buone della nostra vita, così come con la
felicità dei nostri volti, quanto è bello appartenere a Cristo e
vivere insieme quella Comunione di vita trinitaria che pulsa
nel cuore della Sua Chiesa, che siamo anche noi.
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Possa, ora, anche per effetto di questa ormai lunga lettera di
Natale, molto più elaborata di quanto inizialmente preventivato, risultare più chiaro perché passando davanti al Piccolo
Mendicante di Natale, nella Sua festa annuale, non possiamo
transitare svelti quasi snocciolando con indifferenza l’ “elemosina” di un ricordo fuggente come un’emozione. Lasciamoci
coinvolgere dalla grazia di questa Festa delle feste, anche noi
possiamo come i Magi guidati dalla Stella, giungere davanti
al Bimbo e a Sua Madre, dopo tanta fatica, per prostrarci ad
adorarLo con tutta la nostra persona, per porgerGli tutti i doni
della nostra vita, e ancor più restituirGli, con il più appassionato dei baci, il regalo del nostro cuore e con esso di tutta
questa nostra esistenza.
Auguri ancora di cuore a tutti perché sia
un nuovo anno di grazia,
nel Sigonre e nella Sua Madre Ss.,
P. Massimiliano M. D. e confratelli FI
27
“Chiesone” Santo Spirito:
lo stato dell’arte al 12.12.2016
La mappa con le varie evidenziature mostra la situazione attuale,
per cui come si vede abbiamo ricevuto l’agibilità statica di buona
parte dell’edificio. Ciò non significa tuttavia che i problemi siano
risolti, perché in realtà il grande
cantiere per il recupero e il risanamento del tempio deve ancora cominciare. Dal punto di vista delle
procedure nell’ultimo anno ci sono
stati degli importanti passi avanti.
Il progetto preliminare approntato
dai tecnici degli studi Mezzadri e
Querzoli-Malacarne è stato approvato dalla Commissione della
Regione Emilia Romagna con poche osservazioni su alcuni aspetti
da chiarire e perfezionare. Così finalmente il restauro di Santo Spirito
è stato finanziato per oltre 1 milione di euro ed ora è ufficialmente “a
piano”. Ora siamo in attesa che gli studi tecnici forniscano le risposte necessarie approntando il progetto esecutivo. Una volta che esso
sarà approvato dalla Regione, la Curia Arcivescovile, a cui il Demanio dello Stato, proprietario dell’immobile, ha demandato la direzione
del restauro, procederà alla gara d’appalto e quindi si aprirà il grande
cantiere con i lavori che riguarderanno innanzitutto l’area più problematica, che è costituita dalla situazione dell’arco trionfale sovrastante presbiterio e abside, ma anche, con una serie di studiate misure
d’intervento, si giungerà ad una migliore sicurezza statica dell’intero
edificio. Per parte nostra faremo ogni sforzo perché la chiesa rimanga
comunque aperta a settori, quanto più possibile, perché la vita della
comunità possa continuare il suo cammino di crescita. Se si giungerà
a chiusure importanti, siamo al lavoro per conservare la possibilità di
continuare ad avvalerci della Chiesa di san Giovanni Battista che continua ad esserci concessa in comodato d’uso dall’ASP.
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Un’amica e una madre in Cielo!
Canonizzata da
Papa Francesco
il 4 settembre 2016
A Lei è stato affidato
l’anno pastorale 2016/17
della nostra Parrocchia
Preghiera di novena
Madre Teresa di Calcutta,
tu hai permesso all’amore assetato di Gesù sulla Croce
di diventare dentro di te una fiamma viva,
così da essere per tutti luce del Suo Amore.
Ottieni dal Cuore di Gesù la grazia di cui ho tanto bisogno
(esporre la grazia che si vuole chiedere). Amen Gloria al Padre, …
Cuore Immacolato di Maria, Causa della nostra Gioia, prega per
noi.
Santa Madre Teresa di Calcutta, prega per noi.
29
La nuova crescita del catechismo per
l’iniziazione cristiana
L’anno catechistico 2016-2017 è iniziato domenica 2 ottobre,
con una novità piena di significato: a differenza dagli anni precedenti, in cui era l’Arcivescovo a conferire il mandato ai catechisti
in cattedrale, quest’anno ne è stata data la facoltà ai Parroci nelle rispettive parrocchie. Pertanto alla Messa delle ore 10, Padre
Massimiliano ha chiamato per nome ciascuno di noi invitandoci
all’altare per affidarci, davanti a tutta la comunità, il compito di
trasmettere la fede ai più piccoli. È stato molto emozionante per
noi, perché ci siamo sentiti
ancor più responsabili della nostra difficile missione;
allo stesso tempo, la comunità parrocchiale è stata
chiamata a conoscere e sostenere con la preghiera il
gruppo dei catechisti, come
pure…..ad avere pazienza
quando, a volte, non riusciamo a domare l’esuberanza
dei bambini più piccoli durante la messa.
Altra bella novità: è stata la prima volta, dopo il terremoto del
2012, che l’anno catechistico
è iniziato nella nostra chiesa
madre di Santo Spirito e, ancora, la recentissima apertura
di una nuova ala della chiesa
ci consente di raggiungere
agevolmente le classi di catechismo.
Motivo di grande soddisfa30
zione per il Parroco, ed anche
per noi, è stato poi il notevole aumento del numero di iscritti nelle prime classi del catechismo:
evidentemente le tante iniziative
attuate in parrocchia a favore dei
bambini, dei ragazzi e delle loro
famiglie stanno cominciando a
dare frutti!
Oltre l’incontro settimanale al termine della messa delle ore 10,
proponiamo ai nostri ragazzi alcune iniziative per i momenti particolarmente intensi dell’anno
quali il Natale, con la tradizionale recita, la settimana santa, con
Via Crucis e lavanda dei piedi, e fioretto nel mese di maggio.
Nella prossima primavera poi ci saranno, come ogni anno, le
giornate di pellegrinaggio, di ritiro e di preparazione conclusiva
ai sacramenti.
Il gruppo dei catechisti della nostra parrocchia è ormai consolidato: quest’anno la classe prima (corrispondente alla prima elementare) è affidata a Maria Gemma e Maria Chiara; la classe II
(seconda elementare) a Lucia e Luisa; la classe III (III elementare, Sacramento della Confessione) a Maria Enrica e Chiara; la
classe IV (IV elementare, Sacramento dell’Eucaristia) a Miriam e
Antonella; la classe V (V elementare) ad Anna Maria e Laura e la
classe VI (I media) a Nadia
e Gianluca, con il prezioso
supporto di fra’ Giustino.
La nostra formazione si articola in numerosi incontri
tenuti dal parroco, sia allargati a tutta la parrocchia
(quest’anno
consistono
nell’approfondimento
del
Vangelo di Matteo), che de31
dicati alla formazione specifica dei catechisti. Il 12 novembre
scorso, presso la parrocchia di Santo Stefano, è stato tenuto un
interessantissimo incontro per i catechisti della diocesi da don
Andrea Lonardo, direttore dell’ufficio catechistico di Roma. Con
grande competenza, entusiasmo contagioso e con esempi pratici, ci ha illustrato esperienze innovative attuate in alcune parrocchie per migliorare la partecipazione e l’impegno dei ragazzi
nella catechesi. P. Massimiliano già dall’anno scorso ci aveva
incoraggiato a introdurre nella nostra proposta alcuni elementi
di questo metodo che vuole superare la frammentarietà della
spiegazione di fede tenendo sempre presente il grande quadro
di insieme del disegno rivelato da Dio valorizzando la storia della
salvezza sottolineando
gli aspetti drammaticamente belli e felici, così
che i bimbi possano
cogliere
l’importanza
dell’incontro con il Signore e la grandezza
del Suo amore per noi.
Nell’augurare un Santo Natale ai nostri Sacerdoti e a tutta la comunità
parrocchiale,
chiediamo una perseverante preghiera per
sostenerci nel delicato
compito a noi affidato.
Maria Enrica Ferretti
(per Gruppo Catechisti)
32
“Sono molto grata alla Parrocchia per avermi dato l’opportunità di frequentare questa accademia. In questo gruppo mi sento
proprio bene come in una grande famiglia, imparo tante cose
dal punto di vista artistico che mi aiutano ad esprimermi e a diventare più sicura per la vita. È un’esperienza molto bella. Posso
coltivare delle passioni come la danza il canto e la recitazione
e lo posso fare in un gruppo dove c’è l’amore di Gesù. Grazie!”
Stella L.
33
Una Casa a misura di famiglia
Il Gruppo Famiglie della parrocchia di Santo Spirito è per
me un punto di riferimento,
una sorta di faro nella notte.
Per ragazzi e giovani adulti esistono molte iniziative e
corsi vocazionali; per i fidanzati vi sono i relativi supporti
e percorsi. Giunti al matrimonio sembra di essere arrivati
al traguardo, e molto spesso
non si scorgono più corsi ne’ sostegno; laddove inizia una nuova
vita e si va formando una famiglia a volte si crea un vuoto intorno.
Il Gruppo Famiglie della parrocchia di Santo Spirito si inserisce
proprio in questo contesto.
Grazie alla guida di un Padre si segue, anno per anno, un percorso insieme. Vengono approfondite tematiche riguardanti il
rapporto tra gli sposi oppure volgendo l’attenzione a loro come
genitori. Per le famiglie che partecipano agli incontri è davvero
una ricchezza guardare alla loro vita coniugale alla luce di scritti
del Vangelo, di Pontefici, di Santi, grazie alla mediazione di un
Padre.
Ideale è la formula di un incontro mensile,
inizialmente un
pranzo
domenicale, divenuto
poi una cena sabatina, durante il
quale si possono
già stringere rapporti di amicizia
e
conversare
34
amabilmente. Il momento conviviale è seguito da
un tempo di riflessione
per i genitori, mentre i figli possono, nelle sale attigue, giocare o guardare
un cartone animato selezionato. In tal modo si ha
il tempo di confrontarsi,
di gettare raggi di luce su
argomenti che spesso restano nell’ombra.
In un cammino coniugale ci si imbatte in difficoltà, domande,
dubbi che aumentano quando si diventa genitori e si ha il difficile
compito di educare dei figli di Dio. Grazie al percorso che si segue
con il Gruppo Famiglie si risolvono più facilmente i dubbi, si trova
quasi con naturalezza
la
risposta alle
domande. Da
non sottovalutare è poi la
ricchezza del
confronto con
altri
sposi,
con altri genitori, la bellezza di stringere
rapporti d’amicizia con persone vere, profonde, desiderose di capire e di
migliorarsi.
La società di oggi e di domani è costituita da questi piccoli nuclei, le famiglie, e più si lavora bene per loro e con loro migliori
saranno i risultati. Per questo credo che il Gruppo Famiglie della
parrocchia di Santo Spirito sia un punto di riferimento, un vero
faro nella notte.
Nunzia B. (per Gruppo Famiglie Santos)
35
Domenica 15 gennaio riparte l’Ape-Catechismo
Una proposta di nuova evangelizzazione per adulti leggermente
insolita, tanto da attirare anche l’attenzione di Radio Rai. Sono
conversazioni domenicali che si rivolgono innanzitutto, ma non
solo, ai genitori e nonni che accompagnano a catechismo i bimbi. In contemporanea alle lezioni per i fanciulli si ha la breve trattazione di un punto preso dalla vita di fede o dall’attualità su cui
i presenti dialogano e si confrontano amichevolmente. Il tutto si
conclude in modo festoso con l’aperitivo per grandi e piccini.
Presso l’Oratorio le domeniche in cui c’è il catechismo dalle
11.30 alle 12.15.
Testimonianze
“Dio ci ha fatto dono dei nostri figli e noi impariamo ad essere genitori
anche grazie a loro. Nel percorso di crescita dei bambini i genitori sono
il primo esempio da seguire e non possiamo lasciarli soli nemmeno nel
loro cammino cristiano, perché tornati a casa dal catechismo le nostre
risposte alle loro domande guideranno la loro vita verso Gesù. Per aiutare noi genitori in questo compito, contemporaneamente al catechismo
dei bambini, è stato un grande aiuto l’incontro dell’ape-catechismo”.
Chiara C.
“Affrontando alcuni temi con gli amici di questo gruppo ho imparato
ad apprezzare di più quello che ho e a perdonare quelle che considero
ingiustizie e da questo ho ritrovato una pace interiore che mi rende una
mamma e una moglie migliore” Valentina M.
“Partecipare all’iniziativa dell’ape-catechismo mi ha permesso di confrontare con altre persone le mie idee e valutarle alla luce della Fede
cristiana, perchè la Fede riempie l’anima e da senso a tutta la vita, non
è solo un modo di comportarsi”. Janet A.
36
L’avventura della Compagnia
… continua!
Sono passati due anni e
mezzo dalla nascita della
compagnia dello Spirito
Santo e in questo periodo
sono nate nuove amicizie
e nuovi legami. La compagnia è ormai un gruppo molto unito, un gruppo “speciale”, come una
grande famiglia!
Non è un gruppo come
tutti gli altri, c’è qualcosa che lo differenzia, e
questa “cosa” è la fede in
Gesù, che ci sorregge sempre nelle difficoltà. È un modo per
tutti noi per riunirci e stare in armonia e, allo stesso tempo, per
trattare temi importanti ed essenziali per la vita di tutti i giorni, al
fine di vivere insieme
a Gesù ogni momento della nostra vita e
diventare così testimoni per chi ci è vicino dell’amore di Dio.
Inoltre, gli incontri ci
aiutano a conoscere
meglio la nostra fede
grazie alla lettura del
“Catechismo
della
Chiesa Cattolica”, l’approfondimento della vita dei santi, tra cui
Josè del Rio e Faustina Kowalska, come dei problemi della vita e
del mondo, ma tutto ciò non ci potrebbe essere senza un team di
adulti che ci accompagnano e ci fanno maturare nella fede. Loro
mettono a nostra disposizione una gamma ammirevole di competenze (dall’architettura all’artigianato, dalla cultura letteraria e
cinematografica alla passione per il presepe e le campane). Noi
37
in loro abbiamo
la possibilità di
vedere ciò che
anche noi possiamo diventare
col tempo: cattolici maturi ed
impegnati nella
vita della famiglia, della comunità e della società civile.
Tutti i sabati ci incontriamo per fare attività sempre nuove e
interessantissime: facciamo uscite alla scoperta delle radici
cristiane della nostra città (il campanile del Duomo e di san
Giorgio, il Castrum Bizantino), lavoriamo l’argilla, siamo andati a Bologna a trovare le suore della carità e abbiamo anche partecipato alla colletta alimentare… c’è sempre qualcosa di nuovo, di interessante e divertente. Un momento
atteso tutto l’anno poi è il campo estivo in montagna sulle
Dolomiti.
Ci sarebbe anche molto altro da dire ma … Insomma… La
compagnia per noi è UN SOGNO che viviamo nella realtà!
Giovanni, Irene, Roberta, Rachele & friends
per La Compagnia dello Spirito Santo
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Vangelo, Affetto, Gioco e
... Musica
Da alcuni anni la parrocchia di Santo Spirito offre la possibilità
di incontri settimanali per i giovani che intendono proseguire la
loro vita di fede. Il “Gruppo Giovani Santo Spirito” è composto
da ragazzi e ragazze di Ferrara e fuorisede, che studiano e lavorano. Questo nostro gruppo si ritrova in genere al mercoledì sera
(ma a volte anche il lunedì), con incontri dedicati alla lettura e alla
meditazione della Parola di Dio, al tema dell’amore umano, ma
anche per giochi da tavolo con il semplice fine di stare tutti insieme. L’adesione è assolutamente libera perchè fonte di crescita
personale e di gioia. Una fonte, questa nostra, che tante volte
riesce a lavare via tutte le preoccupazioni accumulate durante la
settimana. Una vera e propria serenità dell’anima.
Va spesa una parola, e forse anche più di una, per ciò che di
profondo si vive: la dimensione spirituale, la si vede progredire
nel cammino verso la conoscenza di se stessi e del prossimo
(mediante anche l’ausilio del Vangelo), come pure nella costruzione di rapporti che possano improntarsi sull’umiltà, sulla carità
e sulla fratellanza.
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La nostra volontà è quella di
portare fuori da
questo
contesto ciò che qui
apprendiamo e
viviamo,
nella
speranza di poterci rendere testimoni del messaggio che Gesù
ci ha mandato,
manifestandolo nella nostra
quotidianità: la
predicazione del
Vangelo non è lasciata, così, alle
sole parole ma
si poggia, ancor
di più, sulla credibilità di coloro
che l’annunciano. Perché, più
che le parole,
conta quanto chi
parla riesce a far
trasparire.
Possiamo affermare, dunque, che l’esperienza in oratorio è per
noi un vero e proprio ponte, un collegamento tra la Chiesa e la
strada. E la bellezza che si può riconoscere è innegabile. Finalmente qualcosa che unisce bontà e bellezza assieme.
Qualcosa che non si ferma nelle mura dell’oratorio ma, per la capacità che ha di improntare relazioni sull’autenticità, tale esperienza è “vita viva”, capace di uscire fuori, raggiungere tutti, tutti
quelli che incontriamo, tutti quelli che hanno occhi e orecchie
dediti ad ascoltare e a vedere.
Vorremmo, in effetti, essere espressione viva di un “ponte”. Pon40
te fra Chiesa e strada. Ponte fra i piccoli e il Regno di Dio. Ponte
fra l’uomo e Dio.
Silvia I. per Gruppo Giovani Santos
In collegamento con il Gruppo Giovani è ripreso da qualche
mese anche il corso di chitarra per apprendere insieme le basi
e le tecniche di questo strumento. Al sabato pomeriggio si offre
questa bella occasione di aggregazione, per imparare ad esprimere i propri talenti con lo strumento generalmente più amato
e usato pressoché in ogni comunità parrocchiale. Il referente è
Giovanni Squintani 3470546419.
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Imparare e vivere la carità
Il Gruppo della Carità quest’anno riflette sulla figura di Madre
Teresa di Calcutta e su come ha testimoniato il Vangelo tra gli
ultimi degli ultimi.
Per noi che viviamo in una società del benessere, sebbene con
evidenti disuguaglianze e grosse storture,è forse difficile pensare a situazioni così estreme e capire la risposta data da Madre
Teresa. Il perché sta nel suo amore incondizionato a Gesù di cui
è stata testimone. Il suo voler stare fino in fondo dalla parte degli umili perché in loro c’è il Signore, ci interpella profondamente
sul senso della vita, sul nostro modo di essere Cristiani e su
come anche noi possiamo testimoniarlo.
Scopriamo che nelle condizioni ordinarie della nostra vita ci sono
tanti modi per aprire strade verso gli altri, sia in famiglia che nella
nostra comunità parrocchiale. Sono strade che possiamo cercare e costruire insieme. Le richieste di aiuto che giungono a noi a
volte sono gridate, a volte silenziose, ma per questo non meno
pressanti. Ci provengono da membri della nostra famiglia, da
persone della porta accanto o di alcune strade più in là, o da
persone che vengono da mondi diversi. La nostra è in particolare
una parrocchia composta prevalentemente da persone anziane,
spesso sole. Poter in qualche modo creare una efficace rete di
relazioni ampliando e consolidando ciò che già esiste, è la risposta che possiamo dare per trasmettere un senso di speranza, di
fiducia che niente nella nostra vita va perduto, che anche i giorni
della vecchiaia, a volte desolati, sono preziosi davanti a Dio.
Una carità molto apprezzato da un buon numero di nostri fratelli e sorelle è il servizio di portare Gesù nell’Eucaristia a cui ci
prestiamo come ministri straordinari costituti. Quest’anno all’opera di Giuliana e mia si aggiunge il dono di nuovi 4 ministri
dell’Eucarestia: Renato, Laura, Maria Gemma e Antonella. Si
sono preparati per un anno frequentando il corso diocesano e
stanno venendo inseriti in questo esercizio di carità per la nostra
Parrocchia. Questa attività è certo particolarmente preziosa, ma
ogni collaborazione volta ad avvicinare le persone sole e bisognose in parrocchia è realmente molto necessaria e benvenuta.
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Per immaginare strade nuove e cominciare a costruirle, in effetti,
c’è bisogno del contributo di tutti ed è per questo che invitiamo
coloro che vorrebbero condividere questo progetto a partecipare ai nostri incontri quindicinali, guidati da Padre Massimiliano,
presso l’Oratorio.
(Maria F. per Gruppo Carità dello Spirito Santo)
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La provvida operosità
del Banco Alimentare
“ L’amore del Cristo ci spinge“ scriveva san Paolo ai Corinzi e
a questa dolce pressione cerchiamo di prestarci come collaboratori del Banco Alimentare parrocchiale. Rispondere concretamente alle necessità di tante famiglie e di tante persone sole che
vivono un momento di reale difficoltà è un compito che come
comunità parrocchiale avvertiamo fortemente, in nome di quella
diakonia “ servizio della carità “ che richiama all’intima natura
della Chiesa
Organizzare una
rete di aiuti oggi
comporta
andare aldilà della
sola disponibilità, pur grandemente meritoria,
dei tanti protagonisti che permettono al Banco Alimentare di continuare nella sua funzione di dispensatore.
Questa bella realtà oggi vive purtroppo una evidente difficoltà
nel corrispondere ad una richiesta sempre crescente.
Ciò malgrado noi riusciamo a portare avanti questa iniziativa,
convinti come siamo che non si debba tradurre in un semplice
passaggio di un pacco di aiuti alimentari, ma in un mezzo per
relazionarci con l’altro, dimostrando così una reale vicinanza ai
drammi che sconvolgono la vita di tanti fratelli e sorelle.
Non dimentichiamo mai che partecipare alla sofferenza del nostro prossimo è una forma di dono che non umilia, che carità è
amore e come tale aiuto e consolazione.
Fiorenza e Piero - Banco Alimentare Parrocchia S. Spirito
“Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza
e la carità; ma di tutte la più grande è la carità “ 1 Cor 13,13
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Per vivere la verità nella carità.
Il Centro Culturale.
Quando si parla di centro culturale non è improbabile che da alcuni sia ancora associato a luogo elitario, a “salotto bene” e probabilmente anche ad una realtà fuori dal tempo in questa era dei
social network, di una cultura individualistica e massmediatica,
ovvero di una cultura della solitudine e del pensiero dominante.
In verità i Centri culturali cattolici, rappresentano un mirabile strumento per l’evangelizzazione e la pastorale della cultura, luoghi
previlegiati per promuovere un cammino ispirato ai valori cristiani, attraverso il dialogo, la ricerca scientifica e la formazione. I
Centri culturali cattolici sono strumenti per far conoscere ad
un vasto pubblico le opere di artisti, scrittori, scienziati, filosofi,
teologi, economisti e saggisti cattolici e suscitare un’adesione
personale ed entusiastica ai valori dalla fede in Cristo. Anche la
nostra parrocchia si è “dotata” di un centro culturale, quello di
San Massimiliano Kolbe, che ebbe il suo “battesimo di volo” il
26 ottobre 2014 promuovendo una indimenticabile Marcia dei
Nazareni per la sensibilizzazione della opinione pubblica sulla
dimenticata persecuzione
dei
cristiani in medioriente ed Africa. Da allora, a
cadenza quasi
mensile,
sono
state organizzate
conferenze presso il Cinema di
Santo Spirito su
svariati temi che grazie anche la disponibilità di illustri relatori,
ha visto la partecipazione di centinaia di persone.
L’unico scopo comunque che accomuna le persone che collaborano con il nostro Centro è quello di cercare di irrobustire la
Fede del popolo di Dio, di infondere nei cuori la fierezza di essere
cattolici, di fornire argomenti per esporre le ragioni dei cattolici
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e attuare quella Nuova Evangelizzazione alla quale ci richiama,
con passione e costanza, il Santo Padre papa Francesco. Siamo
consapevoli di essere uomini e donne ai quali la Fede è stata donata e bisognosi di tutto, ma con l’aiuto di Dio e l’intercessione
della Sua Santissima Madre, cercheremo di essere sempre di
più difensori della Fede e della cultura che ne deriva per poter
essere apostoli della Nuova Evangelizzazione.
Gianluca C.
Visita il sito del centro culturale San Massimiliano Kolbe:
http://www.santospiritofe.it/centro-culturale.html
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I primi 30 anni del Coro Polifonico
di Santo Spirito
Nel 2016 il Coro Polifonico di Santo Spirito “festeggia” i trent’anni di attività musicale, in primo luogo all’interno della Parrocchia
di Santo Spirito, che ospita le prove tutte le domeniche sera, a
Ferrara, in Italia ed in Europa. Il 2016 si sta chiudendo con un
bilancio assolutamente importante che ha visto le esecuzioni,
solo in quest’anno, da parte del coro di opere di Bach (Magnficat e Ostern-Oratorium), Mozart (Requiem e Missa Solemnis),
Haendel (Alcina), Cherubini (Requiem) e Vivaldi (Juditha Triumphans e il Vespro il prossimo 18 dicembre). Sempre nel 2016
sono usciti i due primi CD di registrati con la Radio Austriaca
(ORF 1) e la casa discografica TACTUS. Ma il collegamento con
Santo Spirito è sempre forte: se nel 2015 è stato eseguito “The
Messiah” di Haendel per raccogliere fondi per la riapertura della
nostra chiesa, nella Settimana Santa 2017 (martedì 11 aprile) il
coro eseguirà il magnifico ciclo di cantate di Dietrich Buxtehude
Membra Jesu Nostri BuxWV 75, proprio in preparazione al Triduo Pasquale. Il Coro è un po’ cambiato in questi trent’anni di
attività trasformandosi da coro liturgico a compagine musicale
specializzata nell’esecuzione del repertorio prevalentemente sacro antico e barocco di rilevanza ultraregionale.
Dir. Francesco Pinamonti
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Congiunti in un Sì
che offre un gran bene
Da alcuni anni ormai la Parrocchia ha intrapreso una collaborazione con il Consorzio Sì per mettere a disposizione dei suoi
fedeli la realtà di un centro estivo bello ed affidabile, come pure
di un centro aiuto allo studio pomeridiano per i bimbi delle elementari e delle medie durante l’anno scolastico. Ecco brevemente qualche cenno e un’immagine che documenta la riuscita
straordinaria anche a livello di impatto visivo per una parrocchia
del centro.
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Una contea Hobbit a Ferrara
Giugno - Luglio 2016. Tra il campetto da calcio, teatro di sfide
calcistiche all’ultimo fiato, e le stanze dell’oratorio di Santo Spirito, di scoperte e avventure ce ne sarebbero di cosse da raccontare. Sulle tracce di Bilbo e della Compagnia dell’Anello abbiamo giocato, fatto laboratori, conosciuto le passioni dei nostri
amici più grandi, ma anche dei più piccoli. Ci sono stati grandi
capitani come grandi litigi.
Giochi d’acqua rinfrescanti e premi sky sensazionali. Ognuno, si
può dire, ha lasciato il segno e - come diceva il buon Gandalf non è più lo stesso di quando è arrivato il primo giorno.
Questo e molto altro ancora è il centro estivo “La vacanza per
l’Ideale”
Elena
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Un bel gioco dura… Tanto!!!
Il gioco dello scoutismo si appresta a compiere i suoi 110 anni con
quasi 30 milioni di scout e guide, giovani e adulti, in 216 paesi nel
mondo. Nella nostra parrocchia di Santo Spirito siamo presenti fin dal
1997 ed il prossimo anno ci prepariamo a spegnere le 20 candeline.
Ma cos’è lo scoutismo oltre alla camicia azzurra ed al fazzolettone?
Una famosa rivista statunitense di economia e finanza ha stilato un
decalogo che illustra le qualità di uno scout: sa stare in mezzo agli
altri, cooperare, elaborare strategie, essere disponibile, inventivo e
pieno di risorse.
Se siete un’azienda e dovete decidere chi assumere, date un occhio
se nel curriculum del candidato risulta che abbia fatto un’esperienza
come scout. Potrebbe avere una marcia in più. Ne è convinta l’edizione spagnola di Forbes che ha stilato un decalogo per sostenere
quanto sia “consigliabile assumere uno scout”.
Sa lavorare in squadra. Uno scout sa montare una tenda e organizzare
un campo estivo per 40 bambini. È cooperativo e in grado di realizzare
progetti.
È creativo. È abituato a trovare soluzioni creative in situazioni avverse.
Sa costruire rifugi di fortuna, inventare giochi, organizzare una campagna di raccolta fondi.
Rispetta i valori e la sua parola. Tra i suoi valori la verità, la nobiltà, la
giustizia, la solidarietà e il rispetto per la parola data. Crede nei progetti che rientrano nei suoi interessi e passioni.
Sa guidare ed essere guidato. Dall›età di otto anni ha imparato a pren-
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dere decisioni e, contemporaneamente, a lavorare a progetti diversi.
In alcuni di questi è lui a guidare, in altri è guidato dai suoi compagni.
Quando guida lo fa con il consenso e la fiducia degli altri, mettendosi
nei loro panni e rimanendo coerente nelle sue decisioni. Quando viene
guidato lavora in squadra con rispetto, promuovendo il consenso e la
coesione.
È empatico. Come in un’azienda, in un gruppo scout convivono bambini e bambine di età, capacità e interessi diversi. L’empatia gioca un
ruolo essenziale per la convivenza e l’aiuto reciproco. Uno scout sa
che ogni compito è relativo alle capacità di ciascuno e che una buona
esperienza è quella che può essere condivisa da tutti.
Valorizza lo sforzo. Gli scout imparano a sorridere davanti alle difficoltà e a sforzarsi per raggiungere ogni obiettivo prefissato.
Sa porsi degli obiettivi e valutarli. Da subito, lo scout fa pratica nel
proporsi degli obiettivi, sia personali che di squadra, per poi valutarsi
e ricevere la valutazione altrui.
È generoso. Lo scout impara a condividere sia il suo tempo che le sue
risorse, e, diventato adulto, spesso spende molto del suo tempo a
titolo volontario come educatore di altri scout in quanto l’educazione
ricevuta orienta al Servizio.
Lotta contro l’ingiustizia. Il suo motto è «Lascia il mondo migliore
di come lo hai trovato»; il suo slancio è quindi quello di migliorare
l›ambiente che lo circonda cercando di cambiare la situazione e risolvendo le ingiustizie.
È una persona “con risorse”. È abituato a risolvere vari tipi di problemi,
sa gestire una riunione, inventarsi un gioco per risolvere un conflitto,
parlare in pubblico o trovare le risorse per effettuare una gita, gestire
una dispensa, cucinare.
Ma noi vogliamo aggiungere anche altro al decalogo economico-finanziario di Forbes.
Vive la fede. L’educatore scout punta sulla catechesi «narrativa». Non
si tratta quindi solo di raccontare fatti e poi ricavarne la morale, il metodo è molto più esigente e «incarnato». Significa acquistare, come
capi, la capacità di raccontare se stessi e la bellezza del proprio Dio,
rivelando una confidenza quasi familiare con alcune pagine del testo
biblico e facendo vivere appieno ai ragazzi l’esperienza della preghiera.
Ogni anno, come capi scout ed educatori, anche qui in parrocchia
cerchiamo di trasmettere queste piccole cose ed attenzioni, durante
le nostre attività, in modalità commisurata all’età, ai nostri ragazzi nella
speranza che, crescendo, possano anche loro contribuire a lasciare il
mondo un po’ migliore di come lo hanno trovato.
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Uniti in sant’Antonio.
L’amicizia col Rione S. Spirito
Nello spazio di questa piccola finestra
desidero dedicare un
pensiero di ringraziamento agli amici del
Rione Santo Spirito
per la vicinanza fraterna che è cresciuta
nell’ultimo anno con
piccoli ma importanti
segni concreti, come
l’imponente partecipazione voluta dal nuovo presidente Matteo Cristofori alla processione di san Giuseppe, il 19 marzo 2016, in quella che per
molti di noi rimane una serata indimenticabile per il rientro, a
distanza di quasi 4 anni, nella parte resa agibile di Santo Spirito.
Il passaggio in piazza Ariostea di quel corteo festoso e devoto, fatto di musici e sbandieratori, come di fedeli di tutte le età
grati per l’intercessione fattiva del grande Custode della Chiesa
intera, ha fatto scrivere i giornali della realtà di questo piccolo
grande nuovo popolo di Santo Spirito. Il tutto è stato davvero
qualcosa di memorabile.
In seguito si è ripetuta per il nostro Maggio in uscita con Maria
la già sperimentata
ospitalità del Rione, nel suo quartier generale del
Chiostro di santa
Maria della Consolazione, con l’importante momento
d e l l ’ a ff i d a m e n t o
della Contrada alla
Madonna
sottolineata dal suono
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delle chiarine,
ma soprattutto
c’è stata un’iniziativa senza
precedenti per
la festa del comune patrono
sant’Antonio.
Grazie al saper
fare dei contradaioli sapientemente guidati
dall’esperto Michele è stata messa in piedi una tre giorni di festa – una sorta di
minisagra – con ristorazione serale tra spettacoli di danza rinascimentale ed eventi musicali e culturali. Insieme abbiamo gioito per la vittoria dell’Italia sul Belgio, insieme abbiamo lavorato
fianco a fianco in un’esperienza nuova, nel complesso positiva,
che speriamo possa avere nuove occasioni di essere ripresentata. Voglio qui ricordare in particolare le parole dello storico
capocontrada Gabriele Mantovani nel suo tornare alle memorie
giovanili nei nostri cortili, dove del resto il Rione ha mosso i suoi
primi passi ormai diversi anni fa. Come mi dice sempre lui: “Siamo fratelli. Siamo un’unica famiglia”. Prego che anche nel 2017
questa comunione si intensifichi nella fede e nella carità, nella
cortesia e nella “spiritosaggine”.
P. Massimiliano M. D.
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Sono partiti dalla Sorgente ed hanno
iniziato a vivere con il Battesimo
Emmanuel Christopher Giuseppe Etame
Kouoh, Giuseppe Obinna Maria Godgift
Ani, Ruggero Maria Balzano, Fabio Maria Mazzoni, Michele Francesco Manservigi, Giulio Vincenzo Maria Usurini, Sara
Maria Favour Ani, Nathan Ghirelli, Beatrice Maria Destro, Filippo Francesco
Maria Scutellari, Davide Leonardo Saltari
Chiamati dalla Sorgente hanno ricevuto il Pane eucaristico che li invia
nel mondo a donare l’amore:
Andrea Aiello, Jacopo Bertoni, Riccardo
Umberto Bonazza, Filippo Casoni, Francisco Cavazzuti, Vanessa Dalle Rive,
Francesco Mancini, Alyssa Pedroso,
Cecilia Mezzaro, Edoardo Pinamonti,
Martino Pinamonti, Giulia Rubini.
Chiamati dalla Sorgente, hanno ricevuto lo Spirito Santo che li invia a
fare nuovo il mondo:
Francesco Spadaro, Sofia Mari, Francesco Nannini, Federico Edoardo Bonazza, Francesca Antonucci, Francesca De
Candia, Luigi Trilli, Alessandro Luppi,
Stella Luongo, Sabrina Meli, Elena Mortimer, Christea Angelicka Cordova.
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Hanno attinto alla Sorgente dell’amore ed hanno consacrato la loro vita di
sposi:
18/06 Manservigi Mauro e Closcaru Georgiana
27/08 Erriquez Andrea e Sandri Federica
17/09 Schiavi Matteo e Chiedeu Noubissie Marthe
Sono risaliti alla Sorgente della vita e
si sono ricongiunti al Padre:
07.09.2015 Gabriele Ulissi
Nel 2016:
03/05 Lilliana Vincenzi
20/05 Maurizio Nonato
28/06 Ida Vigagna ( suor Agostina)
29/06 Maria Stefania Tuffanelli
01/07 Pietro Partigiani
27/07 Anna Boari
04/08 Giovanni Buttino
04/10 Maria Luisa Piffanelli
25/10 Giovanna Tani
31/10 Lidia Borghini
08/11 Laura Noccioli
11/11 Giuseppe Vincenzi
16/11 Marusca Fergnani
02/12 Mercedes Tosi
Nota Bene
A questa lista mancano purtroppo i nomi di molti nostri fratelli. Ciò
accade quando ci si rivolge alla pompe funebri e la pratica viene
compiuta saltando la parrocchia. Tutti i Parrocchiani sono vivamente
esortati a rivolgersi al Parroco per porgere il conforto del sacramento
degli infermi (olio dei malati) ai propri cari quando sono ancora vivi e
a celebrare - se possibile - la Messa esequiale nella riaperta chiesa
di S. Spirito.
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Realtà da consolidare … nel 2017
L’anno scorso si diceva: se una cosa ti sembra importante e
manca alla tua comunità, significa che la puoi fare tu : )
A distanza di un anno possiamo dire che – grazie a Dio – qualcosa si è mosso!
Ora si tratta di consolidare e continuare a sviluppare i progetti.
CORO PARROCCHIALE
Alla Messa del popolo delle
ore 10
Per partecipare:
Francesco P. 370 3232151
GRUPPO UN AIUTO PER
SANTO SPIRITO
Volontari per pulizia di Chiesa
e sale parrocchiali
Per inserirsi nei turni:
Nadia M. 333 3417977
GRUPPO DEI CUSTODI
DELLA PARROCCHIA
Per papà nonni e volontari per
aiutare nei lavori
di manuntenzione, di piccola
manovalanza.
Per partecipare:
Angelo B. 334 6584149
CIRCOLO LUDOTECA
Giochi di società, di ruolo, e
affini, da 12 a 99 anni
Per partecipare:
Pierfrancesco S. 349 4971840
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IDEE PER IL FUTURO
Una realtà che ci manca è un
circolo per favorire l’incontro
negli ambienti parrocchiali per
le persone di una certa età,
una specie di circolo anziani
della parrrocchia o qualcosa di
simile. Per chi volesse aiutare
in questo progetto che potrebbe organizzare Incontri Culturali letterari o artistici, Tornei di
Burraco, Lotterie, …
Se qualcuno fosse interessato
a sviluppare dal punto di vista
strutturale e delle attività l’oratorio dal punto di vista sportivo
o anche a costituire un circolo
di appassionati di sport, tifosi
di squadre di calcio o di basket, o di moto gp, …
Contattare il Parroco:
P. Massimiliano 3460131161