Visualizza in PDF

Download Report

Transcript Visualizza in PDF

PRIMO PIANO
Giovedì 12 Gennaio 2017
5
Se la vicenda stesse com’è stata raccontata dovrebbero risponderne i capi dell’intelligence
Occhionero ci sembra iperbolico
Il problema non sono gli spioni ma chi deve contrastarli
DI
S
MARIO SECHI
pie all’italiana. Facciamo finta che tutto quello che
c’è scritto sui
quotidiani sia vero,
esattamente com’è
stato raccontato dalla
Polizia postale. A quel
punto, la notizia non
è più quella di due
imperfetti sconosciuti
che spiavano le conversazioni digitali di
Renzi, Monti, Draghi e mezza Italia che
più o meno conta (o fa
finta di contare qualcosa), ma che lo stato
italiano è un colabrodo
informatico. È tutto
vero? Allora è in discussione l’operato dei
capi dell’intelligence,
della cyber sicurezza e
della Difesa. Se è tutto
vero (e qui su List coltiviamo il dubbio che la
Occhionero Spy Story
abbia qualcosa di iperbolico
e pasticciato) si moltiplicano le domande: il presidente
del Consiglio, Matteo Renzi,
usava un account di posta
ufficiale, dello stato, oppure ne utilizzava uno privato
per comunicare?
Il premier scambiava
messaggi importanti riguardanti l’attività politica e la sicurezza nazionale
su un server privato o su
uno gestito dalla struttu-
ra informatica dello stato?
Era sotto controllo anche il
suo smartphone? E quale?
Le stesse domande si pos-
Legami, è stato rimosso
dall’incarico subito dopo la
brillante operazione, stiamo alle cronache, che ha
Gabrielli è persona capace
e serissima, cosa sta succedendo? Più di qualcosa non
torna: o siamo di fronte a
un colossale buco nero della sicurezza dello Stato o
tutta questa storia è da riscrivere. Tra le due ipotesi,
è difficile capire quale sia
la peggiore.
Giornali da Spy Story.
È tutto un Occhionero tipografico. Primo caffè, Corriere della Sera: «L’archivio
segreto delle spie». Meglio
Il titolo di BuzzFeed dice: «Questi documenti attestano
che Trump ha profondi legami con la Russia». Nel sommario
si aggiunge però che si tratta di notizie non verificabili
e che i report contengono errori
sono fare per il senatore
Mario Monti e per il presidente della Banca centrale
europea Mario Draghi. Le
cronache lette finora non
chiariscono niente di tutto
questo e la comparsa delle
sigle di ieri (P2) e di oggi
(P4) non fa che alimentare
la confusione dove invece
servirebbe un po’ di chiarezza. I dubbi salgono se si
pensa che il capo della polizia postale, Roberto Di
messo al tappeto la Spectre degli Occhionero. Non
avrebbe avvisato i suoi superiori dell’indagine, cioè il
capo della polizia, Franco
Gabrielli, questa è la motivazione.
Ma come? Di Legami fa
un colpo da superpoliziotto della Rete e subito dopo
viene defenestrato come un
pusillanime? Svolge indagini di tale portata e non
ha capito su cosa indaga?
Giulio Occhionero
di Le Carrè. Repubblica
non si lascia sfuggire il colpo: «Così spiavano Draghi e
Renzi». Così come? La Stampa introduce elementi letterari: «Il giallo dei fratelli
che spiavano l’Italia». Carlino-Nazione-Giorno vanno in
stereofonia: «Il mistero dei
cyber spioni». Il Messaggero avanza come un ragno:
«Una rete spiava i segreti
di Stato». Il Manifesto fa
un titolo senza calembour:
«Cyberspionaggio sull’Italia
che conta». L’Unità trae le
conclusioni: «Democrazia
indifesa dai cyberspioni».
Bene, se è tutto vero, attendiamo dimissioni a raffica
ai piani alti della sicurezza.
Andrà così?
Spie, insalata russa e
fake news. Il giornalismo ha toccato ground
zero quando sui media
americani è stato pubblicato il contenuto di un
report di 35 pagine confezionato da un’ex spia
britannica. Il dossier è
pieno di errori e falsità.
BuzzFeed (vedere illustrazione qui a fianco)
lo pubblica lo stesso sia
con questo avviso, nel
sommario: si tratta di
notizie non verificate e
non verificabili. Occhio
alla titolazione, siamo
al sottosopra del giornalismo. Il titolo infatti
è sul report che racconta i legami di Trump
con la Russia. Il sommario
dice che il report sul quale
viene costruito quel titolo è
una sòla. Complimenti vivissimi. E mi raccomando,
tenere alto il dibattito sulle
fake news.
Il Foglio.it – List
IL CARDINALE LOMBARDO È PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA
Le intercettazioni a Ravasi miravano alle sue importanti relazioni
DI
L
ANTONINO D’ANNA
a fame di comunicazioni intercettate (questa
è l’accusa) dai fratelli
Francesca Maria e Giulio Occhionero ha colpito anche
in Vaticano. Mentre i due negano
ogni addebito, tra i nomi degli intercettati è apparso anche quello
di Gianfranco Ravasi, cardinale
presidente del Pontificio Consiglio
per la Cultura e uomo del Cortile
dei Gentili, realtà (con annessa
Fondazione). Che, con una certa
ironia, al Corriere ha detto che
tra le sue comunicazioni non vi
sia niente di interessante, solo
benedizioni ed esegesi bibliche.
In effetti lui manco usa il computer: scrive le sue comunicazioni
a mano (diciamo che le eminenze tecnologiche sono poche, come
ebbe a suo tempo modo di lamentare la diplomazia americana nei
cablo di Wikileaks) e le passa ai
collaboratori, che poi mandano le
mail a suo nome.
Ma Oltretevere c’è chi commenta questa sua inclusione
tra le vittime di Occhionero facendo notare alcune cose. La prima:
sebbene stiamo parlando di un
cardinale (Ravasi) ed una realtà
(Il Cortile dei Gentili) che sono
ben al di sopra di ogni sospetto,
non bisogna dimenticare che per
Gianfranco Ravasi
tali attività necessariamente Ravasi (o chi per lui) deve contattare imprenditori, personalità e
quant’altro.
Ed è questo che può interessare
ad un hacker, naturalmente. La
seconda: c’è qualche monsignore
che si chiede se tra i contatti «che
contano» possano spuntare altre
vittime illustri, magari appartenenti all’Opus Dei o ai Legionari di
Cristo visto che queste due realtà,
generalmente, vengono avvicinate
da professionisti di alto livello e
vantano (sia pure con discrezione)
membri illustri.
Accanto al cardinale Ravasi,
inoltre, finisce un altro danneggiato eccellente: il Grande Oriente d’Italia. Che ieri ha sospeso il
«fratello» Occhionero e che, dal
suo account Twitter riporta le
parole del Gran Maestro Stefano Bisi (spiato pure lui) a Porta
a Porta: anche il Goi è vittima di
questi fatti e collaborerà, se richiestogli, con la magistratura.
In un certo senso, questa è
una storia di simboli. Simboli
della massoneria e simboli, cioè
icone, dei computer che sarebbero stati violati. Ravasi subisce la beffa degli eventi, verrebbe da dire. Perché anche se nel
1985 si è chiarito che, malgrado
l’ammorbidimento del nuovo Codice di diritto canonico del 1983,
l’iscrizione alla massoneria resta
vietata ai cattolici e chi vi si iscrive è: «in stato di peccato grave e
non possono accedere alla Santa
Comunione» (come i divorziati risposati fino alla vera o presunta
«apertura» dell’Amoris Laetitia di
Papa Francesco, per capirci), il
14 febbraio 2016 sul Sole 24Ore
il cardinale si era rivolto proprio
ai «cari fratelli massoni». E aveva detto loro che sì, la dottrina
cattolica e il pensiero massonico
non possono integrarsi: ma ci sono
punti di contatto culturali e non
solo (il cardinale notava come la
liturgia massonica sia ispirata a
quella cattolica) da cui partire per
un nuovo dialogo. Trovando l’interesse dei «fratelli» del Goi.
Verrebbe da dire che ancora
una volta i cartoni animati abbiano anticipato i tempi. Il caso
dei fratelli Occhionero pare uscire
da una puntata di Futurama, la
serie creata dal padre dei Simpson
Matt Groening (e che aveva anticipato la presidenza di Donald
Trump): nella Nuova New York
del 3000 degli strani alieni sbarcano in città. Hanno una specie
di proboscide con cui annusano
indirizzi email e dati sensibili,
che incamerano mettendo la città
a soqquadro. Monsignor Ravasi,
uomo di cultura e ospite di Gnosis, la rivista trimestrale dell’Aisi
(i servizi segreti italiani), magari
commenterebbe la cosa divertito.
© Riproduzione riservata