Approfondimento - Istituto Italiano Edizioni Atlas

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Approfondimento
Ville e giardini tra Seicento e Settecento
Fig. 1
André Le Nôtre,
Giardini del maniero
di Vaux-le-Vicomte,
a sud di Parigi, dal 1653.
Il Seicento: i giardini
tra sfarzo, perfezione, potere
All’inizio del Seicento in Europa le nuove istanze culturali legate all’assolutismo monarchico
portano a profondi mutamenti anche nel campo
dell’architettura e dell’arte: presso le grandi corti
si impone un gusto sfarzoso che trova la sua
massima espressione nelle regge e nei maestosi
palazzi dell’aristocrazia. Anche l’arte dei giardini
si ridefinisce secondo le tendenze del secolo:
il “giardino all’italiana”, espressione della civiltà
del Rinascimento e riferimento costante in tutta
Europa, in Francia evolve nella nuova tipologia
del “jardin classique” o “giardino alla francese”, destinata a diffondersi rapidamente nelle
grandi monarchie. Affermatosi progressivamente dal Cinquecento grazie anche al contributo
di maestranze italiane e ai viaggi compiuti dagli
architetti francesi nella penisola, il nuovo modello
si afferma definitivamente nel Seicento con l’opera del paesaggista André Le Nôtre, a cui si
devono i giardini delle Tuileries a Parigi e, nei
vasti domini fuori dalla capitale, i giardini del
maniero di Vaux-le-Vicomte, del Castello di
Chantilly e del Castello di Sceaux. Soprattutto,
divenuto capo giardiniere del re Sole (Luigi XIV di
Borbone), fu lui l’artefice del parco della Reggia
di Versailles, unico per grandezza e fasto con i
suoi 55 bacini d’acqua, le 372 statue e i grandi
viali che attraversano oltre 815 ettari (vedi anche
Capire l’arte 2, pag. 388). Il parco divenne il punto di riferimento per le opere successive, tra cui
in Italia la Reggia di Caserta (vedi anche Capire
l’arte 2, pagg. 420-421).
In questi grandi parchi del XVII secolo i valori
rinascimentali di ordine e simmetria si fondono
con un’impostazione scenografica e monumentale. Parallelamente, in consonanza con la
nuova visione dello spazio tipica del barocco,
il giardino occupa superfici enormi e perde le
antiche delimitazioni, sfondando l’orizzonte in un
susseguirsi di suggestive prospettive. Da spazio
Fig. 2
André Le Nôtre,
Giardini del Castello
di Chantilly, in Piccardia,
dal 1650.
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© Istituto Italiano Edizioni Atlas
messaggio generale: a Versailles, ad esempio,
ritorna spesso l’immagine del sole, diretto riferimento al sovrano (Luigi XV, detto il “re Sole”),
e richiamano istanze come la vittoria e la pace.
Il Settecento e il giardino pittoresco
Fig. 3
Veduta di Prior Park,
realizzato da Ralph Allen
su disegno di Alexander
Pope e Lancelot Brown,
1734-1764. Bath.
Fig. 4
William Kent,
Rousham Garden,
dal 1741. Oxfordshire.
circoscritto erede dell’hortus conclus romano e,
come quello, luogo privato dell’otium, i parchi
diventano luoghi di rappresentanza destinati a
manifestare in modo tangibile la grandiosità e la
forza del potere monarchico e, più in generale, il
dominio dell’uomo sulla natura.
Nell’insieme un ruolo di primo piano spetta
all’acqua, che sgorga copiosa da imponenti fontane, si raccoglie in eleganti cascate e scivola
in canali maestosi fino a raccogliersi in grandi
specchi. Elemento imprendibile e fecondo, necessaria alla vita ma anche capace di portare
rovina e distruzione, anche l’acqua ha un chiaro
valore simbolico: la sua presenza copiosa rimanda all’abbondanza e alla generosità delle
grandi casate; al tempo stesso, onnipresente
ma sempre irreggimentata e sapientemente
sfruttata, si fa estremo simbolo delle possibilità
illimitate dell’ingegno e del potere, capaci di dominare la natura nelle sue forme primigenie. Allo
stesso principio risponde sia la gestione degli
arbusti, tagliati in forme geometriche secondo
i dettami dell’ars topiaria, sia quella dei fiori e
delle aree a prato, che disegnano forme geometriche complesse e curate armonie di colori.
Statue a tema allegorico e mitologico creano
veri e propri musei all’area aperta, rafforzando il
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L’Italia era stata, nel Rinascimento, la patria dei
giardini, e questo primato passò, nel corso del XVII
secolo, alla Francia e al suo imponente giardino
classico. L’Inghilterra del Settecento fu invece protagonista di un radicale mutamento nell’estetica
del giardino, che portò al superamento dello stile
francese e di quello italiano.
Il giardino classico era caratterizzato dall’armonia delle forme, dalle severe potature degli alberi,
dalla presenza di canali di forma geometrica, di
fontane e giochi d’acqua spettacolari: veniva in
questo modo celebrata la capacità dell’uomo di
mettere ordine nel caos della natura. La nuova
moda che conquistò progettisti di giardini, architetti, pittori e letterati nell’Inghilterra settecentesca era invece proiettata a una totale rivalutazione
degli elementi naturali, della loro spontanea irregolarità e asimmetria.
Già nel 1712 Joseph Addison, influente scrittore
e uomo politico inglese, preferiva “guardare un
albero in tutto il suo splendore e in tutto il fiorire
dei suoi rami […] che quando è potato e mutilato
per prendere una forma geometrica”. Un’idea
ripresa qualche anno più tardi da Alexander
Pope, un letterato che ebbe grande influenza
nella definizione dell’estetica del pittoresco: egli
contrapponeva Natura e Arte celebrando “l’amabile semplicità della natura disadorna, che
diffonde nella mente una forma più nobile di
serenità […] rispetto persino alle più graziose
scene offerte dall’arte”.
Contemporaneamente, dalle missioni cristiane in
Oriente giungeva l’eco della bellezza dei giardini
imperiali cinesi, molto diversi da quelli europei per
la presenza di vasti spazi, laghi, isole e montagne
artificiali, ponti, edifici eleganti e templi, che componevano un quadro maestoso e irregolare. Fu
così che piccole pagode, percorsi tortuosi e architetture orientaleggianti iniziarono a popolare i giardini britannici, che già fra il 1720 e il 1730 esibivano
un deciso rifiuto dell’ordine e della misura classici.
A nutrire questo nascente gusto per il paesaggio
naturale contribuì l’esempio della pittura francese
di fine Seicento: i nobili inglesi apprezzavano molto
i quadri di Nicolas Poussin e di Claude Lorrain, in
cui trovava spazio una natura non addomesticata
e misteriosa, unitamente al gusto per le antiche
rovine che adornano i paesaggi.
Da questo insieme di suggestioni nasce il giardino
pittoresco o giardino paesaggistico (così viene
chiamato il nuovo giardino all’Inglese), che fiorisce
nei decenni centrali del XVIII secolo, grazie a grandi interpreti come William Kent (che progetta nel
1741 il Rousham Garden, nell’Oxfordshire) e Lancelot Brown (detto Capability, l’ideatore del parco di Blenheim Palace, sempre nell’Oxfordshire).
Il Rousham Garden di Kent è il paradigma del
giardino all’inglese: al suo interno si alternano laghetti, fiumi e piccole cascate artificiali, collegati
da sentieri sinuosi che sbucano in prossimità delle
grotte, delle imitazioni di statue romane o di edifici
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Fig. 5 Gabriel Thouin,
Progetto di ampliamento del Jardin des Plantes di Parigi.
Fig. 6 Friedrich Wilhelm von Erdmannsdorff,
Villa Hamilton, sull’isola rocciosa di Stein nel Regno giardino di Dessau-Wörlitz,
1788-1794. Dessau-Rosslau.
classicheggianti che costellano il giardino, nascosti spesso in angoli remoti.
La natura selvaggia, i boschi, gli aspri e incontaminati paesaggi montani, i corsi d’acqua naturali
con il loro incedere imprevedibile e il loro effetto
sublime sono dunque oggetto di una progressiva
rivalutazione, che si riflette sul modo di progettare i giardini e che tende ad una sempre maggiore
radicalità: verso la fine del Settecento i giardini
di Kent e di Brown sono già oggetto di critica, e
prevale un gusto, ormai pienamente romantico,
per gli aspetti più aspri e selvaggi del paesaggio
naturale.
La moda britannica non tarda a contaminare gli
altri paesi europei. In Francia compare il jardin
anglais, ben rappresentato dai giardini del Petit
Trianon a Versailles. Il piccolo edificio del Petit
Trianon era stato commissionato da Luigi XV, che
intendeva donarlo a Madame de Pompadour, che
tuttavia morì prima del suo completamento. Luigi
XVI lo consegnò a Maria Antonietta, che amava intrattenersi nei giardini circostanti all’edifico,
caratterizzati dalla presenza di laghetti, statue,
piccole cascate e sentieri che rievocano un’atmosfera idilliaca e bucolica. In una piccola isola
sorge il Tempio dell’Amore, che due piccoli ponti
collegano al parco.
In Germania il giardino paesaggistico si diffonde
sul finire del secolo. Il Giardino di Dessau-Wörlitz, voluto dal principe Leopoldo III, è uno dei primi
e dei più grandi giardini paesaggistici d’Europa.
Fu realizzato alla fine del Settecento su un ramo
del fiume Elba, e occupa una superficie di quasi
centocinquanta chilometri quadrati. Esso contiene più di cento edifici di vario stile e grandezza,
che spaziano dal gotico, allo stile orientale a quello neoclassico, con la mescolanza stilistica che
caratterizza il giardino all’inglese. Nel cuore del
parco è collocato il neoclassico Castello di Wörlitz
(1769-1773). L’edificio più curioso è la Villa Hamilton, che sorge su un’isola rocciosa artificiale.
Essa è una riproduzione della villa dell’ambasciatore inglese William Hamilton a Napoli, sulla
collina di Posillipo, e per questo è addossata a
una collina cava, che ricorda il Vesuvio e dal cui
cratere esce realmente del fumo.
In Italia, il nuovo stile è applicato in alcuni scorci
del giardino della Reggia di Caserta, o nei giardini
di Villa Borghese a Roma. Villa Borghese è un
parco molto grande, con numerosi edifici al suo
interno, in cui si alternano giardini all’italiana e aree
verdi all’inglese. Testimonianze dell’influenza anglosassone sono il Tempietto di Diana, il Tempio
di Antonino e Faustina, e il Tempio di Esculapio,
realizzato fra il 1785 e il 1792, che sorge in un’isola
del Giardino del Lago.
Il giardino paesaggistico o pittoresco all’inglese, in
sintesi, segna una rivoluzione nell’arte dei giardini
e precorre la passione tipicamente romantica per
il paesaggio naturale non antropizzato, che diviene oggetto di un interesse estetico in precedenza
sconosciuto.
Fig. 7 Cristoforo Unterperger,
Tempio di Esculapio nel giardino di Villa Borghese,
1785-1792. Roma.
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