Che fare se si presenta un`emorragia digestiva dopo una procedura

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CfS
Che Fare Se...
Che fare se si presenta
un’emorragia digestiva
dopo una procedura di
rivascolarizzazione coronarica
Alessandro Durante1, Arnaldo Amato2, Giovanni Corrado1, Giovanni Foglia Manzillo1,
Silvia Paggi2, Franco Radaelli2
problema clinico
Un uomo di 77 anni, affetto da BPCO, ipertensione arteriosa e IRC di grado moderato, viene ricoverato
in UTIC con diagnosi di sindrome coronarica acuta (infarto miocardico senza sopralivellamento del tratto
ST - NSTEMI), a seguito di un dolore tipico intermittente, con reperto ECG di diffuso sottolivellamento ST,
che regredisce al termine del sintomo, e di significativo rialzo al primo punto di troponina I ad alta sensibilità.
Previa somministrazione di farmaci antiaggreganti (carico di acido acetilsalicilico 500 mg e clopidogrel 600 mg)
e con bolo intra-procedurale di eparina non frazionata di 100 UI/kg viene eseguita la coronarografia,
che mostra una malattia critica trivasale con occlusione cronica della coronaria destra; si procede nella stessa
seduta ad angioplastica con impianto di stent medicati su arteria discendente anteriore e ramo diagonale
(figura 1). Viene impostata doppia terapia antiaggregante (DAPT) con acido acetilsalicilico 100 mg die
e clopidogrel 75 mg die, oltre a gastroprotezione con rabeprazolo 20mg die. In quarta giornata si verifica
un episodio lipotimico con comparsa di ematemesi e melena con instabilità emodinamica,
corretta dopo infusione di cristalloidi. I valori di emoglobina sono 9.1 g/dL
Quale è la incidenza dei
sanguinamenti maggiori post-PCI?
Le manifestazioni più comuni di sanguinamento gastrointestinale in pazienti post-PCI (percutaneous coronary intervention) sono costituite da ematemesi, melena, proctorragia oppure dal rilievo endoscopico di sanguinamento
in pazienti anemizzati (1-5). L’utilizzo combinato di aspirina e inibitori del recettore P2Y12 (clopidogrel, ticagrelor
o prasugrel), che rappresenta la combinazione
Figura 1 Proiezione “spider” (caudata sinistra)
di farmaci antitrombotici
prima (A) e dopo (B) l’angioplastica con impianto di stent medicati
più frequentemente utisu arteria discendente anteriore (frecce nere) e su ramo diagonale (frecce bianche)
lizzata dopo una PCI con
impianto di stent, si associa come atteso ad un
incremento del rischio di
sanguinamento, la cui incidenza globale varia tra
0.7% e 2.4% a 30 giorni
(1-3,5,6). In letteratura
esistono criteri specifici
per definire i sanguinamenti peri-procedurali
nella PCI, che correlano
con la mortalità a breve e
lungo termine; tra questi,
i più utilizzati sono i criA
B
teri ARC (Academic Re1Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Ospedale Valduce di Como
2Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia, Ospedale Valduce di Como
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INTRODUZIONE
Il sanguinamento digestivo acuto dopo un intervento di
rivascolarizzazione miocardica è un problema clinico importante, la cui corretta gestione necessita dell’integrazione
di competenze specifiche cardiologiche e gastroenterologiche, spesso basate più sulla collaborazione e la valutazione
complessiva del bilancio rischio-beneficio del paziente che
su robuste fonti di evidenza
47
Tabella 1 Criteri per la definizione della severità dei sanguinamenti post-PCI
Criteri TIMI - Thrombolysis in Myocardial Infarction
Maggiori
• Qualsiasi sanguinamento intracranico (tranne le microemorragie < 10 mm visibili solamente alla risonanza
magnetica gradient-echo)
• Segni clinici evidenti di sanguinamento associati ad una riduzione di emoglobina
≥ 5 g/dL o a una riduzione assoluta ≥ 15% dell’ematocrito
• Sanguinamenti fatali (sanguinamenti che risultano in morte entro 7 giorni)
Minori
• Sanguinamenti clinicamente evidenti (compresi quelli osservati con metodiche
di imaging) che risultano in una riduzione della emoglobina tra 3 e 5 g/dL oppure
una riduzione dell’ematocrito ≥ 10%
• In assenza di evidenza di sanguinamento: una riduzione nella concentrazione
di emoglobina ≥ 4 g/dL oppure una riduzione ≥ 12% dell’ematocrito
• Qualsiasi sanguinamento evidente che soddisfi uno dei seguenti criteri e non soddisfi
i criteri elencati in precedenza:
- Necessità di intervento medico
- Aumento della durata dell’ospedalizzazione
- Necessità di pronta valutazione (esecuzione di una visita non programmata oppure
di accertamenti di laboratorio o di imaging)
Minimi
• Qualsiasi sanguinamento evidente che non soddisfi i criteri esposti in precedenza.
• Qualsiasi sanguinamento clinicamente evidente con una riduzione < 3 g/dL dell’emoglobina e < 9%
dell’ematocrito
Criteri GUSTO - Global Use of Strategies to Open Occluded Coronary Arteries
Gravi o che mettono
a rischio la vita
• Emorragie cerebrali
• Che risultano in una compromissione emodinamica che richiede intervento
Moderati
• Che richiedono trasfusioni ma che non risultano in una compromissione emodinamica
Lievi
• Sanguinamenti che non soddisfano i criteri precedenti
ARC - Academic Research Consortium
48
Tipo 0
• Non sanguinamento
Tipo 1
• Sanguinamento che non richiede azioni e per cui il paziente non richiede esami non previsti,
ospedalizzazioni o valutazioni mediche; sono compresi episodi di sospensione spontanea della terapia
medica da parte del paziente
Tipo 2
• Qualsiasi evidente segno di emorragia e che non soddisfa i criteri per i tipi 3, 4 e 5, ma che soddisfa uno
dei seguenti criteri:
- Che richiede un trattamento medico, non chirurgico
- Che richiede ospedalizzazione
- Che richiede valutazione medica a breve
Tipo 3
• Tipo 3a
- Sanguinamento evidente con riduzione di emoglobina da 3 a < 5 g/dL
- Qualsiasi trasfusione con sanguinamento evidente
• Tipo 3b
- Sanguinamento evidente con riduzione del livello di emoglobina ≥ 5 g/dL
- Tamponamento cardiaco
- Sanguinamento che richiede un intervento di tipo chirurgico per essere controllato
(ad esclusione di sanguinamenti nasali/dentali/cutanei/emorroidari)
- Sanguinamento che richiede agenti vasoattivi endovenosi.
• Tipo 3c
- Emorragia intracranica (non include microemorragie, trasformazioni emorragiche - include sanguinamenti
spinali)
- Sottocategorie confermate a autopsia/imaging/puntura lombare
- Sanguinamento oculare che compromette la visione
Tipo 4
• Sanguinamenti correlati a by-pass aortocoronarico (non esplicate le sottocategorie)
Tipo 5:
sanguinamenti fatali
• Tipo 5a
- Probabile sanguinamento fatale; sospetto clinico senza conferma autoptica o di imaging
• Tipo 5b
- Sanguinamento sicuramente fatale; sanguinamento evidente oppure conferma autoptica o di imaging
Il rischio maggiore in caso di sospensione della DAPT
per sanguinamenti è quello di trombosi dello stent. La
trombosi di stent è un evento solitamente catastrofico,
che si verifica principalmente nei primi 30 giorni dopo
l’impianto di stent di qualsiasi tipologia (11). Una ampia
Implicazioni prognostiche
meta-analisi ha mostrato tassi di trombosi di stent tra
Numerosi studi hanno dimostrato l’impatto negativo dei
0.5% e 0.6% nei primi 30 giorni, sia con stent medicati
sanguinamenti post-PCI sulla prognosi (7-9). Uno stu(DES) che con stent metallici tradizionali (BMS). Con i
dio di Kinnaird et al. ha mostrato che il sanguinamento
DES di nuova generazione i tassi di trombosi di stent
dopo PCI allunga i tempi di degenza (8.9 vs 3.1 giorni;
sono simili a quelli degli stent metallici tradizionali anche
p < 0.001), ed è associato ad una maggiore mortalità
dopo 30 giorni. Per gli scaffold riassorbibili (ossia stent
intraospedaliera e ad un anno. Ad esempio in questo
di nuova generazione costituiti da materiale completastudio la mortalità intraospedaliera era di 7.5% per i
mente biodegradabile) i dati sui tassi di trombosi rispetsanguinamenti TIMI maggiori, 1.8% per i minori e 0.6%
to agli stent tradizionali non sono ancora sufficienti per
in assenza di sanguinamenti; la mortalità corrispondentrarre conclusioni, seppur negli studi di confronto con
te ad un anno era di 17.2%, 9.1% e 5.5% (10). Risultati
gli stent medicati i tassi sembrino comparabili. Questo
simili sono stati osservati in altri studi in cui i sanguidato, insieme a studi recenti, che hanno mostrato come
namenti sono stati valutati mediante la classificazione
si riducano i rischi di trombosi di stent anche in caso
GUSTO (7).
di interruzione precoce della DAPT con i DES di nuova
I sanguinamenti gastrointestinali sono associati ad una augenerazione, hanno fatto si che questi ultimi siano dimentata mortalità sia precoce che tardiva, ma anche ad
ventati la prima scelta nel trattamento percutaneo della
un aumento degli eventi ischemici e di trombosi di stent.
coronaropatia, con una riduzione della durata consigliaNello studio ACUITY, dei 13.819 pazienti con sindrome
ta della DAPT nelle linee guida a soli 6 mesi nei pazienti
coronarica acuta (SCA), l’1.3% ha presentato una comstabili, contro una durata di 12 mesi nei pazienti con
plicanza emorragica gastrointestinale a 30 giorni, che è
sindrome coronarica acuta (12,13). Nonostante questo,
risultata essere un fattore di rischio indipendente per la
l’interruzione della DAPT rappresenta il principale fattore
mortalità (HR 4.87), per l’infarto miocardico non fatale
di rischio per trombosi di stent e reinfarto. Uno studio ha
(HR 1.74) e per l’ischemia miocardica (HR 1.94). Inoltre
mostrato che la sospensione prematura di clopidogrel
il rischio di trombosi di stent era significativamente magporta un hazard ratio di 50 per trombosi di stent a 9
giore nei pazienti con sanguinamento gastrointestinale
mesi (14).
(5.8% vs 2.4%), in parte attribuibile ad una temporanea
Uno studio su pazienti trattati con DES ha mostrato che
precoce sospensione della terapia antitrombotica (5).
le due principali cause di sospensione della DAPT sono gli eventi emorragici
(50%) oppure la necessità di
Tabella 2 Fattori di rischio per trombosi dello stent
procedure invasive (32%) (15).
Altro fattore di rischio importante per
Fattori legati al paziente
Fattori legati alla procedura
la trombosi di stent è la presentazioInterruzione della DAPT
Lunghezza maggiore stent
ne clinica del pazienti in occasione
Diabete mellito
Diametro minore stent
dell’impianto dello stent stesso; i
pazienti con sindrome coronarica
Insufficienza renale
Flusso TIMI post-PCI < 3
acuta hanno infatti un rischio magPresentazione clinica come SCA
Tipologia e timing della terapia antitrombotica peri-PCI
giore rispetto ai pazienti stabili (16).
Disfunzione ventricolare sinistra
PCI su biforcazioni (> se tecniche a 2 stent)
Oltre a questi due fattori di rischio
Tumori
Malapposizione dello stent
se ne contano numerosi altri, che si
Coronaropatia estesa
Dissezione residua su coronaria
possono classificare in fattori correlati al paziente o alla procedura
Abuso di sostanze
Trombo residuo intracoronarico
(14,17,18) (tabella 2).
che fare se...
Rischio trombotico
per interruzione DAPT e fattori
di rischio
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search Consortium), TIMI (Thrombolysis in Myocardial
Infarction) e GUSTO (Global Use of Strategies to Open
Occluded Coronary Arteries) (tabella 1).
Sebbene non esistano criteri specifici per definire la gravità del sanguinamento digestivo nei pazienti post-PCI,
i suddetti criteri possono essere estesi anche a questo
setting.
49
Strategia trasfusionale
in acuto in paziente con SCA:
in particolare a che livello
di emoglobina portare
il paziente?
Un importante studio randomizzato controllato ha dimostrato che in pazienti con sanguinamento gastrointestinale
acuto, una strategia trasfusionale restrittiva (trasfusioni per
valori di emoglobina < 7g/dl) si associa ad esiti favorevoli
(19). I risultati di questo studio non sono però generalizzabili, in quanto i pazienti con severa co-morbidità (es.
cardiopatia ischemica) sono stati esclusi.
Il livello ideale a cui trasfondere il paziente nel contesto
di una sindrome coronarica acuta rimane ancora oggetto
di discussione (20). Infatti, se ormai è riconosciuta l’utilità
di trasfondere i pazienti con sindrome coronarica acuta
ed emoglobina < 8 g/dl, la zona grigia rimane quella con
valori di emoglobina compresi tra 8 e 10 g/dl. In mancanza di trial clinici ampi e randomizzati in grado di chiarire
la questione, un trial pilota su 110 pazienti sottoposti ad
angioplastica per sindrome coronarica acuta o angina
stabile ha mostrato che una strategia più liberale di trasfusioni per portare i livelli di emoglobina sopra i 10 g/dl
mostrava un trend verso la riduzione degli eventi avversi
cardiovascolari a distanza, rispetto ad una strategia più
restrittiva con target a 8 g/dl (21). In realtà, il valore di emoglobina è talvolta scarsamente rappresentativo dell’entità
della reale perdita nella fase acuta del sanguinamento, in
quanto falsato dalla emoconcentrazione per la deplezione
volemica. Pertanto la decisione se trasfondere o meno un
paziente è da definire anche sulla base di altri importanti
variabili. Le caratteristiche del sanguinamento (sanguinamento attivo, velocità della perdita) e le condizioni cliniche
del paziente (condizioni emodinamiche, sintomi associati) sono variabili forse ancora più importanti. In generale,
un paziente ipoteso, con dolore anginoso in corso e con
modificazioni ischemiche all'ECG, il valore soglia al di sotto del quale trasfondere è ovviamente più alto che in un
paziente stabile ed asintomatico.
Timing dell’EGDS, come eseguirla,
quale il ruolo diagnostico?
La gastroscopia in urgenza è procedura sicura anche in
un paziente che è stato sottoposto a PCI, ed anche in
questo caso va condotta solo dopo averne ottenuto la
stabilizzazione emodinamica.
Uno studio caso-controllo su 200 pazienti sottoposti a gastroscopia dopo infarto miocardico sembrava
50
evidenziare, rispetto al gruppo di controllo, un tasso
significativamente più alto di complicanze gravi (7.5 vs
1.5%), tutte però verificatesi in pazienti con instabilità
emodinamica (22). Tuttavia, un più recente studio retrospettivo su 5.673 pazienti sottoposti a PCI, 65 dei
quali sottoposti a gastroscopia durante il ricovero in
seguito ad una emorragia gastrointestinale superiore,
non ha mostrato significative complicanze post-procedura (23). Il messaggio che ne scaturisce è che la
gastroscopia è una procedura sicura dopo PCI, a patto che il paziente sia emodinamicamente stabile o che
lo sia divenuto dopo le manovre pre-endoscopiche di
rianimazione.
In linea con questi dati recenti, la gastroscopia, diagnostica e/o terapeutica andrebbe eseguita entro 24
ore, in endoscopia o nell’unità di terapia intensiva cardiologica, dopo l’adeguata rianimazione e stabilizzazione emodinamica, allo scopo di identificare la fonte
del sanguinamento, arrestare l’emorragia e stimare il
rischio di mortalità e recidiva emorragica, tutti elementi
cruciali per la decisione riguardo al timing di reintroduzione della terapia antitrombotica (24). Come per tutte
le procedure in urgenza, il paziente andrebbe sedato
e dovrebbe ricevere una supplementazione di ossigeno per via nasale, con monitoraggio della saturazione
dell’ossigeno e della traccia elettrocardiografica. L’assistenza anestesiologica è fortemente raccomandata,
considerata la co-morbidità del paziente ed il rischio
cardiologico. L’endoscopia può essere svolta con un
endoscopio terapeutico standard; tutte le manovre terapeutiche, utili all’ottenimento dell’emostasi, possono
essere condotte anche nel paziente sottoposto a PCI.
Anche l’iniezione di l'adrenalina intramurale, che può
essere assorbita per via sistemica e potenzialmente
raggiungere il miocardio, producendo stimolazione
indesiderata del sistema simpatico, può essere considerata sicura. Uno studio pubblicato nel 1993 condotto su pazienti sottoposti a endoscopia terapeutica
per ulcere sanguinanti, mostrava che l'adrenalina, pur
raggiungendo la circolazione sistemica, non comportava complicazioni cardiache (25). Inoltre, in uno studio retrospettivo olandese condotto su 2.002 pazienti con emorragia GI, i 20 soggetti precedentemente
sottoposti a PCI e nei quali è stata effettuata terapia
emostatica iniettiva con adrenalina, non hanno sviluppato eventi avversi (26).
Le cause dell’emorragia gastrointestinale, in un paziente sottoposto a PCI sono molteplici e sostanzialmente sovrapponibili a quelle osservabili in un qualunque paziente con sanguinamento digestivo (26)
(tabella 3).
Pz ospedalizzati
(n=23)
Tutti i pazienti
(n=57)
Emorragia GI superiore
N (%)
N (%)
Gastrite
6 (8.6)
Esofagite
6 (8.6)
Mallory-Weiss
4 (5.7)
Ulcera duodenale
3 (4.3)
Ulcera gastrica
2 (2.9)
Polipo esofageo
1 (1.4)
Ulcera esofagea
1 (1.4)
Diverticolo di Zenker
Trauma
Carcinoma gastrico
Carcinoma esofageo
Stratificazione del rischio
di risanguinamento
I Pazienti che hanno avuto un sanguinamento digestivo dopo PCI hanno un rischio aumentato di recidiva
emorragica, specie se proseguono l’assunzione di
una terapia antiaggregante, che è però cruciale per
minimizzare il rischio trombotico. Lo studio olandese
retrospettivo (26) ha mostrato un’incidenza del 16.7%
di recidiva emorragica in questi soggetti. Anche altri
studi hanno confermato tale dato, evidenziando come
la recidiva sia più probabile nei pazienti con lesioni ad
alto rischio (27).
La definizione di aumentato rischio di recidiva emorragica si basa principalmente sulla diagnosi endoscopica.
Ruolo del second-look
endoscopico
Nonostante le evidenze riguardo alla utilità del secondlook endoscopico nell’ambito della emorragia gastrointestinale siano tutt’ora controverse, un controllo precoce endoscopico nel setting di un paziente in doppia
anti-aggregazione può avere un
ruolo importante, soprattutto in
Tabella 4 Classificazione dei reperti endoscopici in base al rischio di risanguinamento merito alla gestione della terapia
antitrombotica.
Alto rischio
La ripetizione molto precoce
dell’endoscopia, eventualmenUlcera peptica con necessità di terapia endoscopica (Forrest I, IIa, IIb)
te dopo somministrazione di
Lesioni vascolari trattate endoscopicamente (es. Dieulafoy, angiectasie, varici)
eritromicina, somministrata allo
scopo di accelerare lo svuotaLesioni neoplastiche
mento dello stomaco (28), anSangue nello stomaco senza fonte di sanguinamento identificabile
drebbe considerata nei pazienti
con sangue nel tratto digestivo
Basso rischio
superiore ma fonte di sanguinaUlcere senza necessità di terapia endoscopica (Forrest IIc, III)
mento non identificata, con prosecuzione o recidiva del sanguiMallory Weiss
namento ed in tutti i pazienti che
hanno ricevuto una emostasi
Altre lesioni minori (es. esofagite, erosioni gastroduodenali, gastropatia)
endoscopica. Questo secondo
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Angiectasia
Se l’emorragia è stata causata da un’ulcera peptica,
predittori di recidiva sono la
13 (9.4)
presenza di sanguinamento
6 (4.3)
attivo all’endoscopia (Forrest
8 (5.8)
Ia e Ib), le dimensioni e la
9 (6.5)
posizione dell’ulcera (parete posteriore del duodeno e
1 (0.7)
piccola curva gastrica) (24),
2 (1.4)
e la presenza di vaso visibile
4 (2.9)
(Forrest IIa) o coagulo adeso
1 (0.7)
(Forrest IIb).
La presenza di sangue nello
1 (0.7)
stomaco senza rilievo del1 (0.7)
la fonte di sanguinamento,
1 (0.7)
comportando un’impossibilità di terapia endoscopica,
oppure di lesioni vascolari necessitanti terapia endoscopica, oppure non passibili di
trattamento endoscopico (es. neoplasie sanguinanti),
sono altre condizioni da considerare ad alto rischio di
recidiva emorragica. A basso rischio di recidiva emorragica sono invece da considerare le ulcere a fondo
ematinico (Forrest IIc) o fibrinoso (III) ed altre lesioni
minori (tabella 4).
10 (7.2)
che fare se...
Tabella 3 Cause di sanguinamento digestivo superiore in paziente post PCI (5)
51
aspetto risulta particolarmente importante alla luce della valutazione della tempistica di reintroduzione della
terapia antitrombotica per ridurre il rischio ischemico.
Timing della reintroduzione
della terapia antiaggregante
La decisione se e per quanto tempo interrompere i farmaci antitrombotici rappresenta il punto più controverso e critico nella gestione del paziente con complicanza
emorragica dopo PCI, non essendoci alcuna evidenza
a tale riguardo.
In letteratura non esistono dubbi circa la raccomandazione di riprendere precocemente la terapia con ASA in
pazienti in profilassi secondaria dopo un evento cardiovascolare che abbiano sviluppato una emorragia digestiva e in cui sia stata ottenuta l’emostasi endoscopica.
Uno studio retrospettivo ha dimostrato che i pazienti in
cui la profilassi cardiovascolare secondaria con aspirina
dopo una emorragia gastrointestinale veniva interrotta
avevano, a sei mesi, un rischio circa doppio di morte
o eventi cardiovascolari acuti, rispetto a coloro in cui il
trattamento veniva continuato (29). Inoltre un RCT che
ha valutato la continuazione vs sospensione dell’aspirina in pazienti con sia elevato rischio trombotico che
elevato rischio di recidiva emorragica, ha dimostrato
che la prosecuzione della terapia è sì associata a un
modesto incremento della recidiva emorragica precoce, senza sequele a lungo termine, ma ad un netto
calo della mortalità e della recidiva di eventi trombotici
a 8 settimane, rispetto ai pazienti in cui il farmaco veniva sospeso (30). Purtroppo in questi studi sono stati
esclusi i pazienti in DAPT, per cui le raccomandazioni
delle linee guida sulla gestione di questa terapia dopo
un evento emorragico sono caratterizzate da un minore
grado di evidenza.
Le linee guida (28,31) e le consensus di esperti raccomandano che la gestione della DAPT dopo una emorragia gastrointestinale sia operata in maniera congiunta dal Gastroenterologo e dal Cardiologo, modulata
sulla base dei rischi emorragico e trombotico del
paziente (vedi sopra), in base ai reperti endoscopici,
coronarografici, clinici e all’anamnesi remota. In linea
generale, la scelta decisionale sulla gestione della terapia anti-trombotica è relativamente facilitata qualora
via sia una ragionevole presunzione, sulla base delle
caratteristiche cliniche del sanguinamento e dei reperti endoscopici, che la fonte del sanguinamento sia
dal tratto digestivo superiore. In questi casi, si raccomanda che nei pazienti a basso rischio di risanguinamento venga proseguita la DAPT, mentre in quelli ad
alto rischio venga proseguita la terapia con almeno
52
un farmaco antiaggregante, con la possibilità, specie
nei pazienti con incerto controllo dell’emostasi, di una
sospensione completa della DAPT per 24 ore (32). Va
precocemente ottenuta una consulenza Cardiologica
per valutare l’urgenza di ripristinare la terapia con il
secondo antiaggregante, tanto maggiore quanto più
recente sia il posizionamento dello stent coronarico.
Le linee guida ESGE consigliano la prosecuzione della
terapia con aspirina, anche se alcuni esperti suggeriscono di mantenere inizialmente il clopidogrel (32),
visto il suo maggiore effetto protettivo sulla trombosi
dello stent. Va tuttavia segnalato che, in studi randomizzati controllati, la combinazione di aspirina e PPI si
è dimostrata superiore al clopidogrel nella prevenzione di complicanze emorragiche in pazienti con recente emorragia gastroenterica (33,34), per cui anche la
scelta del primo antiaggregante da mantenere deve
basarsi su uno stretto bilancio rischio-beneficio per
il singolo paziente. Le linee guida non si esprimono
circa la tempistica precisa di ripresa della DAPT, ma,
in caso di stretta necessità, alla luce del fatto che il
rischio di risanguinamento precoce è elevato nei primi
tre giorni (30), l’aggiunta del secondo antiaggregante a
72 ore potrebbe essere un ragionevole compromesso
per minimizzare il rischio trombotico ed emorragico,
posto ovviamente che sia stata ottenuta una emostasi
efficace o si sia verificata una interruzione spontanea
del sanguinamento.
Più controversa è la scelta decisionale nei pazienti
con sanguinamento attivo o recidivante nei quali la
gastroscopia non sia risultata diagnostica per definire la causa del sanguinamento o inefficace. In tali
casi, è necessaria la programmazione urgente di una
colonscopia (previa somministrazione di soluzione di
lavaggio intestinale a base di PEG) o il consulto con
il radiologo interventista per uno studio angioTC preliminare ad una eventuale arteriografia. La definizione
della causa del sanguinamento e l’eventuale terapia
è infatti cruciale per la decisione riguardo la gestione
della terapia anti-trombotica.
La figura 2 riassume in un algoritmo decisionale la
gestione della terapia anti-trombotica in pazienti con
emorragia digestiva.
Le linee guida non considerano né consigliano di eseguire trasfusioni piastriniche nel setting dell’emorragia
in pazienti in terapia antiaggregante; viene solo citato il
problema della piastrinopenia, con soglia di 50x109/L,
al di sotto della quale le consensus di esperti propongono di somministrarle, in assenza comunque di
solide evidenze. Peraltro in altri setting, come quello
dell’emorragia cerebrale in pazienti in terapia antiaggregante, dati l’assenza di dati di efficacia e i rischi
associati alle trasfusioni piastriniche, è raccomandato
Emorragia digestiva acuta (ematemesi e/o melena)
che fare se...
Figura 2 Algoritmo decisionale per la gestione della terapia anti-trombotica in pazienti con emorragia digestiva
Misure di rianimazione, eventuali emotrasfusioni, bolo PPI ev
EGDS entro 24 ore con emostasi standard
di non eseguirle, almeno in pazienti non candidati ad
un intervento di neurochirurgia (35). Infatti, va sottolineato che in letteratura, per quanto riguarda il setting
post-PCI, esistono segnalazioni di trombosi acuta dello stent in pazienti con emorragia digestiva sottoposti a trasfusioni piastriniche, per cui, anche alla luce
dell’assenza di prove certe di efficacia in questi casi,
questo trattamento non è raccomandabile di routine
e può essere preso in considerazione solo in casi di
emorragia life-threatening (36,37).
Gestione a lungo termine
I pazienti con emorragia digestiva post-PCI sono ad
aumentato rischio di risanguinamento, soprattutto se
hanno necessità di proseguire la DAPT, che ne costituisce un fattore di rischio importante; è altresì noto che
la terapia con PPI riduca questa probabilità. Si è molto
dibattuto in letteratura negli ultimi anni sulla possibile
interazione in vivo tra PPI e clopidogrel, dimostrata in
vitro. Sebbene alcune meta analisi ponessero il sospetto di un possibile incremento di eventi cardiovascolari in
caso di co-somministrazione di questi farmaci, queste
includevano studi molto eterogenei che non permettevano di trarre conclusioni solide. Di recente è stata condotta una meta analisi limitata ad RCT e studi
propensity-matched che non ha dimostrato differenti
outcome in pazienti trattati con clopidogrel e con clopidogrel e PPI, indipendentemente dal tipo di PPI (38). Va
segnalato che l’incidenza di emorragia gastrointestinale
era 4 volte inferiore nei pazienti trattati con PPI.
Non vi è quindi al momento evidenza che ostacoli
la prescrizione di PPI a lungo termine nei pazienti in
DAPT che abbiano sviluppato una emorragia digestiva,
almeno fintanto che assumono anche un solo farmaco
antiaggregante. Peraltro in diversi studi la terapia con
Giorn Ital End Dig 2016;39:47-55
* Sangue e/o lesioni emorragipare nel tratto digestivo superiore
^ Sangue rosso nel tratto digestivo superiore senza possibilità di identificazione di lesioni emorragipare
53
PPI per la prevenzione e la terapia del sanguinamento
gastrointestinale in pazienti in DAPT si è dimostrata sicura ed efficace.
Nel caso in esame, un ulteriore passo per minimizzare il rischio di risanguinamento si basa sulla ricerca ed
eventuale eradicazione dell’Helicobacter pylori, con
successiva verifica dell’efficacia della terapia, che si
associa a una riduzione del rischio di recidiva emorragica (39). Inoltre, nei pazienti che hanno sviluppato una
complicanza emorragica, la DAPT andrebbe utilizzata
per il minor tempo possibile, ovviamente sempre in accordo con il cardiologo. Va infine stressata l’importanza
di minimizzare l’utilizzo di farmaci gastrolesivi, primariamente gli antiinfiammatori non steroidei, ma anche gli
steroidi e gli inibitori del re-uptake serotonina (40), che
potrebbero ulteriormente aumentare il rischio di sanguinamento.
Evoluzione del caso
Il paziente è stato sottoposto a EGDS dopo 8 ore
dall’evento acuto, in condizioni di stabilità emodinamica; è stata riscontrata un’ulcera della giunzione esofago-cardiale con sanguinamento a nappo e grossolano
vaso visibile (figura 3). Il sanguinamento è stato interrotto con iniezione di adrenalina ed apposizione di due
clip metalliche.
Figura 3 Ulcera della giunzione esofago-cardiale con
grossolano vaso visibile e sanguinamento a nappo
è stata proseguita la terapia con ASA ed impostata
infusione continua con PPI; previo controllo endoscopico a 24 ore, che non ha mostrato stigmate di rischio
emorragico significativo, è stata ripristinata la terapia
con clopidogrel dopo 72 ore dall’esordio dell’evento
emorragico.
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Corrispondenza
Alessandro Durante
U.O. Cardiologia
Ospedale Valduce
Via Dante, 11 - 22100 Como
Tel. + 39 031 324 661
E-mail: [email protected]
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