Arruolava jihadisti in carcere

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Frosinone
Arruolava jihadisti in carcere
L’operazione Arrestato il trentaquattrenne tunisino Saber Hmidi accusato di cercare adepti per la guerra santa
Nel luglio 2015 è stato nel penitenziario di Frosinone dove ha provato a portare a termine il suo disegno
LO SCENARIO
ERMANNO AMEDEI
Con violenza e percosse il radicalismo islamico cercava adepti
per la guerra santa agli infedeli
anche nel carcere di Frosinone.
Che nessun istituto di pena fosse
al sicuro dal pericolo radicalizzazione lo si sapeva quantomeno dal
punto di vista teorico, ma a Frosinone si è capito che il rischio è stato concreto quando ieri è stato arrestato a Rebibbia un detenuto accusato di fare proseliti nelle carceri italiane e, tra questi, anche quella del capoluogo ciociaro. Saber
Hmidi, 34 anni, tunisino, ha seminato tempesta anche nel penitenziario di via Cerreto dove è transitato nell’estate del 2015 e allontanato dopo alcuni mesi, perché si
cere all’altro, cambiandone ben
sei, ha portato con sé quella che lui
riteneva essere la “Guerra Santa”,
con pestaggi e violenze. Corpulento, violento e radicalizzato, Hmidi
è arrivato nella carcere di Frosinone nel luglio 2015 con la fama di
predicatore dell’Islam più integralista e il suo gruppo di preghiera non predicava certamente la
comprensione. A Frosinone si è reso protagonista di una violenta aggressione nei confronti di un detenuto italiano che aveva contestato
i continui ed insistenti discorsi inneggianti all’Islam. La vittima è
stata dapprima circondata da diversi detenuti di fede musulmana
facenti parte del gruppo di preghiera e poi pestata con calci, pugni e con oggetti contundenti che
gli hanno procurato tagli profondi
al collo ed alla schiena, secondo
agenti e avrebbe fatto fuoco se l’arma non si fosse inceppata. Poi la
fuga. La sua identificazione, quindi è stata facile e la perquisizione
domiciliare ha permesso di rinvenire materiale che mostrava la pericolosità del soggetto e la sua vicinanza a gruppi terroristici. Gli
agenti hanno sequestrato 33 telefoni cellulari, 8 pc portatili, 2 Ipad,
1 hard disk esterno ed una bandiera nera. Il giorno dopo, l’uomo è
stato rintracciato dalla Digos e arrestato per i reati di detenzione e
porto illegale di arma, ricettazione, lesioni aggravate e resistenza a
pubblico pfficiale. Reati per i quali
è stato processato e condannato a
tre e 8 mesi di reclusione: la pena
che stava espiando al momento
dell’arresto.
Il trentaquattrenne tunisino Hmidi Saber arrestato ieri a Roma nell’ambito di una
operazione della Questura della Capitale denominata “Black flag”
era reso protagonista di un pestaggio. Le manette, nell’ambito
dell’operazione “Black flag”, sono
scattate ai suoi polsi nel carcere di
Roma dove stava scontando una
pena per altri reati ed era prossimo alla scarcerazione.
Il profilo
Il tunisino, sposato con una italiana convertita all’Islam, ha legami
fortissimi con il gruppo terroristico jihadista dell’Ansar al-Sharia,
seguaci della legge divina di Allah,
operante in Tunisia dal 2011 e considerato a pieno titolo facente parte del sedicente Stato Islamico.
Nel suo peregrinare da un car-
quanto si apprende da Massimo
Costantino, segretario generale
aggiunto Fns Cisl Lazio.
Le indagini
Il Nucleo Investigativo Centrale
(Nic) della penitenziaria, ha continuato a monitorare il tunisino
raccogliendo ulteriori elementi
investigativi in ordine all’opera di
radicalizzazione ed indottrinamento seguito dallo stesso. Saber
Hmidi è entrato in contatto con la
popolazione carceraria italiana
quando è stato arrestato il 9 novembre 2014. Fino ad allora, per la
giustizia, era un semplice mercante. Con regolare permesso di sog-
Nella casa
circondariale
frusinate
si è reso
protagonista
di un
pestaggio
giorno, residente in via Malafede a
Roma e padre di un figlio di pochi
anni, è stato fermato per un controllo della polizia mentre era alla
guida della sua Golf in via Sette
Metri. Era in compagnia di un cittadino marocchino senza documenti. Quando gli agenti hanno
ordinato ai due stranieri di scendere dal mezzo per procedere al
controllo dei documenti, al marocchino sono caduti in terra, accidentalmente, un passamontagna e un paio di guanti in lattice.
Altri guanti e passamontagna erano in macchina. Alla richiesta di
spiegazioni, Hmidi ha impugnato
una pistola, puntandola contro gli
Nel suo
passaggio
in Ciociaria
intercettata
una
telefonata
sospetta
Un personaggio da subito finito sott’occhio
Costantino: il rischio
del radicalismo è alto
ma non serve allarmismo
IL RISVOLTO
Saber Hmidi arrestato ieri
mattina aveva addosso, fin da
quando era in carcere a Frosinone, gli occhi del sistema dell’antiterrorismo italiano. Settimanalmente si riunisce il Casa (Comitato di analisi strategica anti
terrorismo) di cui fanno parte
tutti gli organi di polizia e funzionari della Penitenziaria per
condividere tutti i segnali legati
Mercoledì
11 gennaio 2017
al terrorismo. Particolare interesse arriva proprio dagli esperti
della penitenziaria che segnalano i personaggi considerati più
pericolosi e tra questi vi è stato
anche il tunisino indagato di fare proseliti in carcere per la
Jihad.
«Nelle carceri il rischio radicalismo è alto ma il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria l’ha sempre attenzionato – dichiara Massimo Costantino, segretario generale aggiunto Fns Cisl Lazio – Da un lato servono i controlli ai conduttori di
preghiere e le attenzioni ai cambiamenti che avvengono nel carcere: una barba tagliata in una
Il materiale
sequestrato
dalla polizia
durante
l’operazione
“Black flag”
Il modus operandi
Prima di arrivare a Frosinone il
trentaquattrenne è stato nel carcere di Civitavecchia dove nel febbraio 2015, si è posto a capo di un
gruppo di preghiera che aveva una
finalità di creare problemi di natura gestionale e di adattamento
con gli altri detenuti. Il suo modus
operandi ha assunto un carattere
violento a partire da giugno 2015,
quando è stato il mandante di una
vera e propria spedizione punitiva
con bastoni e sgabelli, nei confronti di un detenuto che si era lamentato delle preghiere notturne
imposte dall’indagato all’interno
della sezione di appartenenza. Da
lì a Frosinone dove, oltre al pestaggio, sarebbe stata anche intercettata una sua telefonata con il padre, durante la quale gli investigatori della Penitenziaria hanno raccolto non solo la preoccupazione
del genitore per le scelte del figlio
ma anche elementi che confermarono la conoscenza diretta dell’indagato con un leader di Ansar Al
Shari’a, tale Zarrouk Kamal, morto in Siria nella città di Raqqa, nota roccaforte del Daesh. Poi ancora trasferimenti, prima a Napoli
Secondigliano dove ha picchiato
violentemente un detenuto nigeriano di fede cristiana, e nei carceri di Salerno e Viterbo, lasciando
dietro di sé altre violenze e minacce di decapitazioni. In ultimo a Rebibbia dove ieri è stato arrestato. l
certa maniera, o un personaggio
che diventa più aggregante di altri sono tra i principali segnali
da cogliere. Dall’altro lato serve
continuare a preparare il personale con appositi corsi che servono a cogliere quei segnali. Quello
che non serve è l’allarmismo.
Nelle carceri i controlli ci sino e
sono efficaci e l’arresto di oggi
(ieri, ndr) lo dimostra.
L’attività del Nucleo investigativo centrale (Nic) della Penitenziaria quotidianamente dimostra di funzionare e la preparazione raggiunta dal personale
non deve essere mai indebolita,
anzi, è necessario favorirne lo
sviluppo e l’implementazione di
questo reparto specialistico di
altro profilo». Del resto, il terrorismo, pare non vi siano dubbi, si
contrasta anche dalle carceri dove vengono forgiate le volontà
dei terroristi. l
EDITORIALE
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