Un caso? Lo scorso anno, come molti di voi hanno sentito nel “Te

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Transcript Un caso? Lo scorso anno, come molti di voi hanno sentito nel “Te

La terza manifestazione

Abbiamo ascoltato la manifestazione di Gesù ai Magi nella Epifania, abbiamo contemplato la manifestazione del Giordano nel Battesimo del Signore, oggi siamo introdotti nella terza epifania, cioè nella terza manifestazione: quella di Cana di Galilea, ovvero il primo “segno”, o miracolo di Gesù. Poiché rileggiamo questo brano ogni anno, e, quindi, credo che tutti lo conosciamo abbastanza bene, vorrei soffermarmi quest’anno sulle parole di Maria: “

fate quello che egli vi dirà

”. Parole che nascono dal suo cuore e dalla sua riflessione. Cosa aveva nel cuore Maria? Quale riflessione ella andava facendo?

Il tempo della prova.

Anzitutto penso che Maria fosse nel tempo della prova. Il tempo passava, Gesù era ormai adulto, aveva circa 30 anni, Giuseppe ormai era morto. La vita era trascorsa felice a Nazareth, ma, tutto sommato, era stata una vita normale: che senso avevano le parole dell’Angelo? Che senso avevano avuto le discussioni con Giuseppe? Che cosa c’era stato di straordinario nella vita del Messia, fino a quel momento? Apparentemente niente! È il tempo della prova della fede. Maria ha avuto le sue prove nella fede. Così come di prova ci parlava la prima lettura che abbiamo ascoltato. Nel deserto, al tempo dell’Esodo, il popolo è provato dalla mancanza di acqua. Non sa come proseguire il cammino, non sa come abbeverarsi, non sa come dissetare i propri figli e non sa nemmeno come fare con il bestiame. Ecco allora la mormorazione contro Mosè. Ecco la mormorazione contro Dio, cioè il dubitare di Dio nel momento della prova, il dubitare della sua salvezza, il dubitare, perfino del fatto che Egli possa salvare. Ed ecco la figura di Mosè, l’uomo pieno di fede, che non dubita di Dio, ma che, al tempo stesso, parla con il popolo, si schiera dalla parte del popolo, intercede presso Dio per il suo popolo. Una figura bellissima ed altissima, che sa essere solidale con il suo popolo senza perdere la fede. Egli si reca alla tenda, il luogo dell’incontro con Dio, parla con Dio, dal quale si sente dire: “

parla alla roccia

”. Ed ecco il prodigio: la roccia percossa con la sua verga diventa sorgente per tutto il popolo, per il bestiame, per tutti coloro che si stanno addentrando nel cammino dell’Esodo. Una parola bellissima che ci spiega che il tempo della prova è il tempo in cui rimanere fedeli a Dio, come Mosè, come Maria. Non sapendo quello che Dio farà, ma confidando nella sua parola e nel suo amore. Con spirito di vero abbandono nelle sue mani, di vero abbandono nella sua provvidenza. Il tempo della prova, che spesso chiamiamo il tempo del silenzio di Dio, è una costante nel cammino di fede e nella vocazione dei grandi. Non fu risparmiato a Mosè, non fu tolto a Maria. Il tempo della prova è il tempo nel quale far brillare la propria fede. 1

La speranza.

Il secondo atteggiamento che c’è nel cuore di Maria è quello della speranza. Maria sa che non può venire meno la fedeltà di Dio e sa benissimo che nell’agire di Dio, è iscritta anche la sua felicità. Ella non sa cosa farà Gesù: non sa come interverrà, se farà qualcosa lui o se manderà a comprare del vino. Ma sa che quello che farà sarà la sua felicità e la felicità degli sposi che li hanno invitati. Maria sa che il segreto della sua felicità non è dato da quello che lei farà, non è dato da quello che lei pensa. La felicità di tutti nasce dalla volontà di Dio. È una professione di fede chiara e serena che nasce dal cuore di Maria. Esattamente come San Paolo ci ha detto nella seconda lettura: “

nella speranza siamo stati salvati

”. Papa Benedetto ci ha aiutato a capire che il segreto di una vita veramente cristiana è questo: imparare che il proprio destino di felicità è nelle mani di Dio. Molto spesso, come Paolo lasciava percepire, gli uomini, e quindi anche noi, pensano di sapere bene dove sia il segreto della loro felicità, vogliono autodeterminare la loro gioia, vogliono costruire da soli il proprio destino di felicità. Per questo la cercano, spesso, nelle cose, nelle emozioni, negli eventi. Paolo ci dice e ci ricorda che solo in Dio c’è la vera felicità di ogni uomo, solo Dio custodisce il segreto della piena gioia di ogni essere vivente. San Paolo, insieme a Maria, ci aiutano a comprendere che solo chi dice a Dio: “

tu sei il mio progetto

”, realizza quella felicità e quella gioia di cui il vangelo è portatore.

Uno spirito pratico.

Maria è dunque nella prova, è però forte nella speranza, ma sbaglieremmo se pensassimo che Maria non vivesse anche un certo spirito pratico. Maria, quando dice ai servi: “

qualsiasi cosa vi dica, fatela

!”, intende anche dire che, concretamente, occorre darsi da fare, occorre anche una certa operatività, occorre spendersi, e magari anche faticare per qualcosa. Certo i servi non saranno stati contentissimo di dover attingere almeno 80 litri per giara! E le giare erano 6! Una fatica, un lavoro, un peso. Eppure il vangelo ci sta dicendo questo: costruire la gioia è anche una fatica, implica il passare attraverso il lavoro, la fatica concreta e pratica. Maria contesta, in altre parole, lo spirito discorsivo di chi ragiona e basta, ma non agisce mai. Lo spirito contemplativo di Maria è lo spirito di chi, in silenzio, contempla, prega, ragiona, ma, alla fine, agisce.

Il superamento del turbamento.

Infine, il miracolo realizzato, ci dice che Maria superò pienamente il suo turbamento e la sua incertezza. Essendosi affidata a Dio, supera anche quel momento difficile che, 2

insieme con quegli sposi, le era capitato di vivere proprio durante la festa del loro banchetto nuziale. Maria ci insegna che la gioia del cristiano è quella di chi confida sempre in una via di uscita, è la via di chi non si dispera mai del tutto, è la via di uscita di chi sa che Dio, a suo tempo, magari anche con qualche apparente ritardo, opera sempre per il bene e non lascia i suoi figli nel dolore per sempre.

Per noi.

Ecco, anche per noi, le caratteristiche della meditazione sulla gioia del Vangelo che deve essere la gioia della nostra vita. La gioia del cristiano passa anche attraverso i momenti di prova. Noi abbiamo le nostre prove. Possono essere piccole e momentanee come anche durare per molto tempo nella nostra vita. Possono essere prove dolorose, o prove più superficiali, che non ci toccano nell’intimo. Come reagisco io alle mie prove? Mi dispero o sono comunque persuaso che tutto concorre a farmi vivere quel progetto di gioia della mia esistenza che solo io, insieme con Dio, posso conoscere? La gioia del cristiano si dimostra nella speranza. Sono capace di avere e di crescere nella speranza o penso di sapere io quale è la via sulla quale devo camminare? Mi autocostruisco il mio progetto di felicità oppure so cercare la mia gioia nel Signore? Molto spesso, specie i giovani, sembra che vogliano costruirsi da soli il loro progetto di gioia e di realizzazione, escludendo Dio. Ma è davvero possibile? Come potrebbe esserlo se Dio è colui che conosce e vuole la gioia di ogni uomo? Come vivo il mio progetto vocazionale, alla luce di quanto mi appare nella esistenza? Una gioia senza Dio è sempre illusoria e passeggera. Ricordiamocelo! La gioia del cristiano è sempre capace di operatività, è sempre rimando a ciò che si deve fare. La mia fede è questo? Mi aiuta a capire che c’è qualcosa che devo fare? Oppure sono uno che si perde in 1000 parole senza mai arrivare al dunque? Infine chiediamoci: la nostra gioia è anche il superamento del turbamento del cuore? È anche il sapere che Dio non ci lascia soli e che c’è sempre una via di uscita e di superamento di ogni turbamento? In questo mese di gennaio, mese che abbiamo voluto così esplicitamente dedicato alla famiglia, ci sia di aiuto anche la preghiera che rimettiamo nelle mani di Dio per le nostre famiglie. Il Signore conceda a tutte, nonostante i possibili momenti di smarrimento, di difficoltà e di dolore, di giungere a quella gioia che Egli ha preparato per ciascuno di noi! Maria, regina della famiglia e nostra patrona, interceda per noi! 3