PDF - Il Malpensante

Download Report

Transcript PDF - Il Malpensante

ilMalpensante.com
Alberto Bossi
12/01/2017
Il berretto bianco in testa nelle giornate più calde, un po’ di sbieco, come quei bambini dall’aria
discola che si vedono talvolta nelle foto degli anni ’20, i capelli pettinati dal vento e dalla brillantina,
due occhi accesi che fanno contorno a un naso importante, proteso a fendere l’aria, che un po’
ricorda quello del suo collega, coetaneo e immortale Fausto Coppi, e l’aria scanzonata e guascona
così poco… svizzera.
Kübler testimonial, assetato e con una tifosa d’eccezione: la moglie Rosa.
Con Ferdi Kübler se ne va l’ultimo pezzettino del ciclismo eroico, quello del secondo dopoguerra,
quello delle sfide epiche tra Coppi, Bartali, Magni, l’altro svizzero Hugo Koblet, Bobet e Robic, Stan
Ockers, Van Steenbergen e Geminiani…
Col Fausto aveva in comune l’anno di nascita (1919) e quel “naso che divide il vento”, come cantava
Gino Paoli, perché un naso da raccontare sembra una caratteristica peculiare di tanti campioni a
pedali, come, guarda caso, anche “il naso triste (o allegro a seconda della strofa o dell’umore) come
una salita” del Bartali di Paolo Conte.
E con loro tutti ha contribuito al mito immortale del ciclismo della rinascita dopo la guerra mondiale,
quello dei personaggi unici, quello della “fatica muta e bianca” come le strade sterrate, in un
decennio nel quale lo sport delle due ruote era in assoluto il più popolare nell’Europa della
ricostruzione, ancora più del calcio.
“Le Fou pedalant”
La fama, meritata, di attaccante spericolato non gli ha impedito di mettere assieme un palmarès che
nel ciclismo attuale farebbe curriculum da campione per almeno cinque carriere differenti.
I suoi soprannomi più celebri erano “il cowboy” (toh, un cowboy elvetico, e mezzo secolo prima di
Lance Armstrong!) e l’“Aquila di Adliswil”, per i francesi era il “Fou pedalant” (il folle che
pedala…).
In salita era solito incitarsi da solo ad alta voce: “Allez Ferdi” era il suo mantra. E a titolo
personale vi assicuro che quando la strada sale, a qualsiasi livello, può aiutare anche l’auto
incitamento.
http://www.ilmalpensante.com
1/6
ilMalpensante.com
Alberto Bossi
12/01/2017
Ferdi in tre immagini degli anni ’50, a relax e con abbronzatura “a tema”, nella foto ufficiale di
squadra e dopo una vittoria.
La madre morta in una caduta con la bici nel 1947, il rapporto tormentato col padre, la fame come
molla motivazionale, anche questo fa parte della storia di Ferdi. Colorata, come le maglie da leader
di un grande giro, come l’iride che fascia i campioni del mondo della strada.
Nasce nei pressi di Zurigo, a Marthalen, il 24 luglio del 1919, si affaccia al ciclismo
professionistico nel 1940. La nazionalità elvetica gli risparmia gli orrori della guerra e soprattutto
almeno tre o quattro anni di stop all’attività agonistica, che tanto incide ad esempio sulle carriere di
Coppi, fatto addirittura prigioniero dagli Alleati in Africa, e di Bartali, che deve rinunciare ai migliori
anni per un atleta professionista, quelli dai 26 ai 30.
Dopo le vittorie ripetute in patria, anche in una corsa a tappe di prestigio come il Giro della Svizzera,
non appena la Francia riesce ad organizzare di nuovo un Tour, ecco che Ferdi comincia a battere
colpi importanti, con vittorie di tappa ma senza mai arrivare al Parco dei Principi, dove allora
terminava la Grande Boucle.
Il trionfo al Tour del 1950 e al Mondiale 1951
La maturità atletica per i grandi giri arriva, come per tanti corridori, dopo i trent’anni. Al
Tour del 1950 i favoriti sono gli italiani (allora il Tour si correva per squadre nazionali), e la corsa
diviene celebre anche per il clamoroso ritiro della squadra capitanata da Bartali, favorito per la
vittoria finale, ma indignato dalle reiterate intemperanze del pubblico francese, insofferente per il
dominio sportivo dei nostri, e ancora incattivito dalle recenti vigliaccate belliche di stampo fascista.
Fiorenzo Magni in maglia gialla e cinque vittorie tricolori su undici tappe, l’ultima proprio di
Ginettaccio a Saint Gaudens, sono troppo da sopportare per i transalpini (“e i francesi che si
incazzano…”), e non basta più il ringhio del fiorentino di Ponte a Ema, che si fa largo tra il pubblico
insultante (e sputante) agitando la pompa.
Kübler comunque è lì, e senza più italiani in gara vince alla grande, mettendo in carniere
anche tre vittorie di tappa e lasciando il secondo, il belga Ockers, a più di nove minuti.
http://www.ilmalpensante.com
2/6
ilMalpensante.com
Alberto Bossi
12/01/2017
Ferdi in trionfo al Parco dei Principi di Parigi, dopo la vittoria al Tour del 1950
Al Giro d’Italia si presenta tre volte, il risultato peggiore è un quarto posto al suo esordio nella corsa
rosa, poi sale due volte sul gradino più basso del podio, nel 1951 dietro Magni e nel 1952 dietro
Coppi.
Sempre nel 1951, e sempre in Italia, la gioia più grande nelle corse in linea, con la vittoria
al Mondiale di Varese, dove regola allo sprint un certo Fiorenzo Magni.
http://www.ilmalpensante.com
3/6
ilMalpensante.com
Alberto Bossi
12/01/2017
Mondiali di Varese, 1951: Ferdi supera Magni allo sprint.
La rivalità con Koblet
In un ciclismo sempre contraddistinto da dualismi epici, speso montati ad arte ad uso e
consumo del pubblico, negli anni ’50 è molto sentita la rivalità tra Kübler e il connazionale
Hugo Koblet, stesso passaporto svizzero, ma diversi in tutto.
Figlio dall’aspetto gentile e dalle maniere affettate della borghesia svizzera, Koblet è elegante in
sella e davanti ai cronisti, mondano e attento alle apparenze al punto da correre con tanto di pettine
nella tasca della maglia per potersi sistemare i capelli prima dell’arrivo, occhio ceruleo e aplomb da
star del cinema, corridore tanto atleticamente dotato quanto, si diceva allora, indolente. Una sorta di
nemesi di Ferdi, che è invece di umili origini, aggressivo in corsa e molto attento agli allenamenti e
poco alle apparenze, tratti marcati e profilo aquilino, di simpatia immediata e spontanea, rapace
come un’aquila appunto, che non vuole lasciare nulla di intentato per centrare la vittoria.
http://www.ilmalpensante.com
4/6
ilMalpensante.com
Alberto Bossi
12/01/2017
Kübler e il Mont Ventoux
Indole da attaccante, carattere spavaldo, nell’estate del 1955, ancora in corsa per la vittoria
finale al Tour, affronta per la prima volta il Mont Ventoux (le due volte precedenti in cui la corsa
francese lo presentava in percorso, Ferdi non era al via). Lo svizzero parte deciso sui primi tornanti
immersi nella macchia mediterranea della Provenza, ignaro delle difficoltà insolite che quella salita,
vero e proprio percorso dell’anima, quasi mistico, presenta in maniera tanto insolita quanto subdola
e senza appello.
Narra la leggenda che il francese Geminiani, ben consapevole del tipo di difficoltà che avrebbero
dovuto affrontare, cerca di dissuaderlo dall’attaccare. Invano.
Negli ultimi chilometri della salita, in mezzo alla pietraia spazzata dal vento e sotto un sole
infernale, Ferdi comincia a zigzagare, bava alla bocca. Scollina in qualche modo, poi in fondo alla
discesa si ferma in un bar a rifornirsi, disidratato, risale in sella ma è talmente stordito dalla fatica
da imboccare la strada nella direzione opposta a quella di gara. Arriva ad Avignone, in “cotta”
clamorosa, ma il giorno dopo non si presenta al via.
http://www.ilmalpensante.com
5/6
ilMalpensante.com
Alberto Bossi
12/01/2017
Due immagini di Ferdi in piena crisi negl ultimi chilometri dell’ascesa al Mont Ventoux, tour de
France 1955.
Un campione universale, completo, in grado di dominare anche nelle classiche delle Ardenne,
vincendo due Liegi Bastogne Liegi e una Freccia Vallone e trionfando anche in una Milano –
Torino a fine carriera. Per ben tre volte, nel 1950, 1952 e 1954 è primo nel Challenge
Desgrange – Colombo, una sorta di classifica Pro Tour ante litteram, che conteggiava
punteggi considerando i piazzamenti in tutte le più prestigiose corse, a tappe o in linea, a
testimoniare la sua costanza ad altissimi livelli.
Questo è Ferdi Kübler, pochi giorni fa la sua ultima fuga, quando cominciavo a credere che fosse
immortale.
Riposare in pace? Piuttosto che possa non rinunciare mai alla sua indole e scappare, andare in fuga
appena può, senza paura. Niente riposo allora, solo sogni coraggiosi verso traguardi sempre nuovi.
Sempre a tutta, Allez Ferdi!
http://www.ilmalpensante.com
6/6