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CUNEO
Dispiace aver letto, sul Corriere della Sera di ieri commenti all’accordo sulla scuola quali quelli del
Dott.Rusconi, vice presidente di ANP (associazione Nazionale Presidi). Dicevo dispiace, perché, ancora una
volta, la scuola non viene vista come bene comune, di tutti (alunni, famiglie, Dirigenti Scolastici e, perché
no, docenti), quanto piuttosto come terra di lotta per affermare il proprio pensiero. Quando il Dott.Rusconi
sostiene che l’accordo è “un passo indietro rispetto alla Buona Scuola, si tornano a favorire le necessità
personali degli insegnanti (?) a scapito dei diritti degli studenti”, legando il tutto all’insuccesso scolastico,
probabilmente fa riferimento ad una realtà sconosciuta alla scuola italiana. Mi spiego. Se il 2015/16 e il
2016/17 possano essere considerati anni scolastici che racchiudono l’immagine di quella che deve essere
una “Buona Scuola” dovremmo chiederlo agli alunni, alle famiglie e financo ai D.S. (ai docenti, invece, pare
non possa essere chiesto). Allora scopriremmo scuole che hanno elaborato le proprie esigenze (attraverso il
PTOF – Piano Triennale dell’Offerta Formativa) e poi non hanno ottenuto le risorse necessarie (nonostante
la tanto osannata, dal Prof.Rusconi, chiamata diretta). Troveremmo classi (appartenenti a qualunque ordine
di scuola) che fino a dicembre inoltrato non hanno avuto i propri docenti in cattedra. Scopriremmo alunni
disabili che ad oggi sono ancora privi del docente di sostegno. E facilmente, individueremmo Dirigenti
Scolastici che, proprio a causa della chiamata diretta, a fine agosto non erano ancora in grado di conoscere i
propri docenti. Scopriremmo, anche, che la “supplentite” (come viene vergognosamente chiamato il lavoro
di tanti precari che sono impegnati nella scuola) non solo non è stata eliminata e neppure ridotta ma ha
raggiunto punte raramente conosciute dal sistema scolastico italiano. Se questi sono da annoverare tra i
caratteri distintivi che consentiranno alla nostra scuola di colmare la distanza con gli altri Paesi, sbagliamo
mira. Se, invece, il vero timore del Prof.Rusconi, come può leggersi chiaramente sul finire del citato articolo,
è il rischio dello smantellamento della chiamata diretta allora il discorso è diverso. Sono convinto che la
scuola, per fare quello scatto in avanti che anche il Prof.Rusconi auspica, abbia bisogno di condivisione di
sforzi, di progetti a lungo respiro e, soprattutto, di rispetto. Abbia necessità di stabilità e coerenza, non di
dirigismo e di accentramento di poteri. Allora, forse, la svolta che si è iniziata con l’accordo sulla P.A. e poi
sulla mobilità vanno in questa direzione. Il sapersi confrontare con chi deve applicare le norme non è
sinonimo di debolezza quanto piuttosto volontà di condividere obiettivi che devono essere comuni. La
scuola, in questo modo, non si privatizza (a favore del posto del docente, come sostenuto dal Prof.Rusconi)
ma, invece, si fa di tutti, diventa bene comune in cui tutti si devono sentire responsabilmente attori
protagonisti di un cammino verso il futuro, senza protagonismi e sterili difese di posizione che non
conducono a nulla.
Cuneo, 31/12/2016
Il Segretario Provinciale
Cisl Scuola Cuneo
(Attilio Varengo)