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Luca Carmignani
06/01/2017
Il calcio sta cambiando rapidamente, la squadra che fa da anello di
congiunzione fra il precedente ventennio ed il successivo, è proprio il Cagliari scudettato di Gigi
Riva: stagione calcistica 1969-70. Quella squadra, mitica, riuniva tutte le componenti degli anni
romantici del calcio. Spirito di squadra, tecnica, forza mentale ma anche spensieratezza. Resta nelle
leggende popolari la sera in cui Scopigno (che era l’allenatore di quella squadra, lo dico a beneficio
dei più giovani) entrando per un controllo serale in una camera, scoprì Albertosi, Riva ed altri, che
giocavano a carte e stavano fumando. Il Cagliari in quel momento era in piena lotta per vincere il
titolo, la decisione da parte di Scopigno fu immediata: si mise anche lui al tavolo, si accese una
sigaretta ed iniziò a giocare. Esistono momenti, occasioni, situazioni, in cui essere severi, non è
produttivo; vale molto di più fare “gruppo”, rendersi quasi “complici” con i giocatori. Ad ogni modo,
vero o non vero l’episodio (è troppo bello per essere smentito), quel Cagliari vinse il suo unico
scudetto della storia.
Negli anni ’70 avviene il primo grande passo, che porta ad un calcio sempre più professionistico e
tattico: viene istituito il famoso “Corso allenatori di Coverciano”. Fu voluto, fra gli altri, anche da
Italo Allodi. Ad uno dei primi corsi, parteciparono i seguenti allenatori, occhio ai nomi: Marino
Perani, Gianni Di Marzio, Luisito Suarez, Osvaldo Bagnoli, Ilario Castagner, Giovanni Trapattoni e
Gigi Simoni. Ditemi voi, se quella “classe” di aspiranti allenatori, non ha fatto la storia del calcio
degli anni ’70 ’80 (ed anche degli anni successivi, penso a Trapattoni e Simoni, soprattutto). I loro
Insegnanti? Silvio Piola e Giuanin Ferrari. Per un paio di giorni, in cattedra, salì un allenatore che è
una nostra vecchia conoscenza: Vujadin Boscov.
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Negli anni 70, iniziano a delinearsi cinque differenze, per gli allenatori, rispetto al precedente
ventennio:
Preparazione tecnica (corsi di Coverciano).
Aumento della tecnologia (prevalentemente televisione, che consentiva di avere più
informazioni sugli avversari e maggiore diffusione / introiti economici).
Cambio dei regolamenti: aumento delle sostituzioni (il più importante).
Staff (inteso come vice allenatore, preparatore atletico, osservatori, medico, fisioterapisti,
nutrizionisti ecc.).
Cura della preparazione atletica sempre più vista come componente essenziale.
Fino agli anni ’60, i moduli di gioco erano pochi, tutti, o quasi, gli
allenatori giocavano con il libero e la difesa a quattro. Diciamo che i numeri dal 2 al 6, erano
difensori con l’unica eccezione del numero 4. Il 6, tipicamente era il libero. I moduli di gioco,
originariamente, sostanzialmente erano due: il WM (detto anche “il Sistema”) o il WW (detto anche
“il Metodo”). La differenza fra i due (in estrema sintesi) la faceva il centromediano. Nel WW il
centromediano aveva compiti di rilancio dell’azione (e fu chiamato “metodista”, così ora i più
giovani, sanno chi sia il “centromediano metodista”, nel “Sistema” il centromediano, aveva il compito
di marcare il centravanti. L’introduzione dei corsi per gli allenatori contribuì, in modo determinante,
ad un cambio di mentalità, ad uno scambio di idee sempre più proficuo. Si iniziarono a studiare
nuovi moduli tattici ed a perfezionare quelli esistenti.
La possibilità di sostituire un giocatore di movimento (introdotta nel 1968-69) detto “il tredicesimo”,
che si era aggiunta alla possibilità di cambiare il portiere, fu portata, nel ’73 ’74, a due giocatori di
movimento. Questo sicuramente, consentì agli allenatori, non solo di poter sostituire un giocatore
infortunato o che stesse rendendo poco, ma anche di mandare in campo giocatori con diverse
attitudini, per cambiare modulo o anche solo “atteggiamento” alla squadra, nel corso della partita.
Se l’ultima squadra che segnò la fine degli anni “romantici” (ventennio ‘50 ’60) fu il Cagliari di Gigi
Riva, la squadra che chiude il ventennio degli anni “ruggenti” (’70 ’80) è la mitica Inter del Trap,
stagione ’88 ’89. L’Inter dei record. In quella squadra straordinaria, divenne epico il cambio che
veniva effettuato nel secondo tempo (verso il ventesimo minuto, ci potevi rimettere l’orologio): fuori
Matteoli, dentro Beppe Baresi. Risultato in cassaforte, gli avversari potevano scordarsi di segnare.
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L’aumento della tecnologia fu molto importante e, negli anni a seguire, determinante (basta pensare
che adesso, con il computer, di una squadra si analizza tutto, le analisi del “nostro” Alberto Di Vita,
sono un esempio lampante, di come la tecnologia possa consentire una analisi dettagliatissima del
gioco di una squadra). In quel ventennio, la televisione, fu importantissima. Basta pensare che fino ai
primi anni ‘70, per conoscere l’avversario, si mandava l’allenatore in seconda (che, ricordo, non
poteva sedersi in panchina) a visionare l’avversario del turno successivo (anche qui, lo dico per i più
giovani: le partite si giocavano tutte la domenica pomeriggio, alle 14 in inverno poi, via via che le
giornate si allungavano, si arrivava alle 16).
Quando la televisione iniziò a trasmettere le partite, fu più facile vedere come giocava l’avversario,
esaminarlo, scoprirne i segreti.
Vale la pena, soffermarsi su tre allenatori che in quegli anni fecero “incetta” di vittorie nei
campionati (fra Serie A e Serie B), due sono italiani: Giovanni Trapattoni e Gigi Simoni (lo so, sono
“di parte”, lo ammetto, ma chiedete ad uno qualsiasi dei 607 calciatori che ha allenato, poi mi dite
che cosa vi risponde; Simeone, giusto per fare un nome a caso, è lapidario: Simoni è il suo modello di
allenatore, come gestione del gruppo e come valorizzazione dei giocatori). Entrambi hanno fatto il
corso di Coverciano (insieme, come detto), entrambi giocano “all’italiana”. Il terzo è olandese:
Marinus Jacobus Hendricus Michels, eletto allenatore del secolo nel 1999 ed allenatore simbolo del
cosiddetto “calcio totale”. Non fu Michels ad inventarlo in realtà, ma tale Jack Reynolds, allenatore
dell’Ajax dal 1921 al 1925, però certamente fu Michels (che ebbe Reynolds come allenatore) che lo
teorizzò (il calcio totale), a partire dal 1965, nel modo che conosciamo adesso.
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Con Michels allenatore e Cruijff giocatore, il calcio totale dal 1971 al
1974 toccò le vette più alte ed ebbe la definitiva consacrazione, facendo innamorare centinaia di
milioni di appassionati di calcio. E’ da quel calcio che nascono la zona ed il fuorigioco (non da
Sacchi, come qualcuno crede o vuole far credere), inteso come applicazione di un modulo tattico,
che mettesse in fuorigioco gli attaccanti avversari. Inutile che vi spieghi cosa sia, sapete meglio di
me cosa significhi. Il calcio totale infatti, oltre che prevedere che i giocatori si scambiano di ruolo,
prevedere rigorosamente marcatura a zona e applicazione del fuorigioco.
Ma torniamo ai “nostri” due italiani: Giovanni e Gigi. Il loro calcio è un calcio pratico, fatto di pochi
fronzoli e che bada al “sodo”, ed entrambi sono due allenatori che sono considerati, erroneamente,
difensivisti. Non lo sono affatto. Sono “pratici”, nel senso che se per vincere (o tenere un pareggio)
devono far entrare un difensore, lo fanno e basta. Pensano prima al risultato e poi al “bel gioco”,
certo, ma non sono assolutamente difensivisti. Non lo è neppure il calcio italiano, in generale. E’ a
mio avviso un “falso mito”, dovuto a due fattori: la presenza di fortissimi difensori in tutta la nostra
storia e l’italico senso di praticità. Ma l’Italia Campione del mondo nel 1982, (per fare un esempio)
rifilò 2 o 3 gol a tutti: Argentina, Brasile, Polonia e Germania. Ho chiesto direttamente a due
protagonisti di quel mondiale: Bruno Conti e Beppe Bergomi. Se Conti sentisse dire qualcuno che
quell’Italia era difensivista, gli riderebbe in faccia.
Torniamo un attimo ai nostri italici allenatori. Trapattoni, per fare un esempio concreto, con l’Inter
dei record schierava contemporaneamente: Bianchi, Berti, Diaz, Matthaus, Serena. Il numero 4 era
Matteoli, un regista arretrato, un Pirlo “ante litteram”. Vi sembra una formazione difensivista? 67
gol fatti in 34 partite, praticamente 2 gol a partita. Alla faccia del modulo difensivo. Ed era anche un
Inter spettacolare.
Quanto a Simoni: predilige il 4-3-3. Gioca sempre con 3 punte quando può. Il suo primo Genoa aveva
Conti, Pruzzo e Bonci. Le sue squadre, hanno sempre segnato tantissimo. Simoni è uno degli
allenatori più votati al gioco di attacco che esistano. Pretende dai suoi centrocampisti un continuo
apporto al gioco offensivo, senza per questo trascurare la fase difensiva. Certo: non è “scriteriato”
(in senso buono ovviamente) come Zeman.
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In quegli anni “ruggenti”, tutto era una scoperta. La TV portò proprio nel 1970, nelle nostre case
(più che altro nei Bar, visto che molti ancora il televisore non lo avevano) i famosi mondiali del 1970,
quelli della semifinale Italia Germania 4-3. Me la ricordo, anche se all’epoca avevo solo 6 anni.
Ricordo il silenzio spettrale che c’era nelle strade del mio “natio borgo selvaggio” che è Castagneto
Carducci, in Toscana. Ricordo il boato ai gol dell’Italia e l’urlo rabbioso dei tifosi, al momentaneo
pareggio (1-1) di Karl Heinz Schnellinger, praticamente a tempo scaduto. Non poteva esserci inizio
migliore, per il ventennio successivo, di quella partita. Un vero spot per il calcio. Poi i Mondiali del
’74, quelli del ’78 ed i già citati mondiali del 1982.
Proprio nel 1970, ha inizio una trasmissione a dir poco storica: 90° minuto.
Le mitiche telecronache di Gianni Vasino da Milano, Tonino Carino da Ascoli, Giorgio Bubba da
Genova, Giuseppe Giannini da Firenze, Luigi Necco per Napoli e Avellino. La conduzione di Paolo
Valenti, che terminò proprio allo scadere del ventennio: 1990.
Il calcio entrò nelle case di tutti, battendo di gran lunga tutti gli altri sport (negli anni ’50 ’60, il
ciclismo, era seguito quanto il calcio, forse in alcuni posti anche di più). Fu una vera rivoluzione. Nel
1977, per la prima volta la trasmissione fu a colori. Lo stupore ed il clamore furono enormi, ricordo
che andavamo tutti a casa di un mio amico, a vedere 90° minuto a colori. Che se lo dici oggi, ti
ridono dietro. Ricordo poi che si aggiunse Domenica Sprint. Le trasmissioni divennero quindi tre,
visto che c’era già la storica Domenica Sportiva, che andava in onda, in formato ridottissimo
peraltro, già dal 1953 (la prima puntata è dell’ 11 ottobre 1953: trasmisero le immagini di Inter
Fiorentina), ma che assunse i connotati di vera e propria trasmissione solo dal 1965.
Perché parlo di queste trasmissioni? Un pochino perché ho 52 anni, dunque sono ormai nella fase
del “ma ti ricordi?” ma, soprattutto, perché queste trasmissioni contribuirono molto all’evoluzione
del calcio. Lo resero sport di massa a tutti gli effetti, i diritti televisivi iniziarono a far lievitare il giro
di affari e, conseguentemente, l’interesse per il calcio. La determinazione da parte degli “addetti ai
lavori”, allenatori in primis, a fare di più e di meglio contribuì moltissimo all’evoluzione del “giuoco
del calcio”.
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Infine: se prima un allenatore faceva tutto da solo (curava la preparazione atletica, la tattica, faceva
il dietologo, il medico, insomma: tutto), gli staff iniziarono a diventare sempre più numerosi e
professionali. L’allenatore in seconda, il preparatore dei portieri, il preparatore atletico (pensate,
Simoni ebbe il suo primo preparatore atletico quando allenò il Pisa, stagione 1984-85), il medico,
persino il nutrizionista, iniziarono ad essere presenti nelle squadre. Impossibile non ottenere un
miglioramento, sotto tutti gli aspetti, sia atletici che tattici.
La stagione 1988-89, chiude questo ventennio splendido. Ripercorrendo tutta la storia del calcio,
forse questi venti anni sono i più belli, perché avevano moltissime componenti attuali, ma ancora
erano fatti di un calcio a cui ci si poteva davvero appassionare, un calcio in cui la spirito genuino
degli anni “romantici”, ancora non era svanito del tutto.
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