In difesa dei bambini

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Transcript In difesa dei bambini

L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
lunedì-martedì 2-3 gennaio 2017
Giotto, «Strage degli innocenti»
(Cappella degli Scrovegni, Padova
1303-1305)
Francesco scrive ai vescovi di tutto il mondo denunciando i nuovi Erode che fagocitano l’innocenza dei minori
In difesa dei bambini
«Voglio che rinnoviamo tutto il nostro
impegno affinché» le atrocità commesse
sui minori «non accadano più. Troviamo
il coraggio necessario per promuovere tutti
i mezzi necessari e proteggere in tutto la vita
dei nostri bambini. Facciamo nostra
chiaramente e lealmente la consegna
“tolleranza zero” in questo ambito». Lo scrive
Papa Francesco nella lettera inviata
ai vescovi di tutto il mondo in occasione della
festa dei santi innocenti. Eccone la versione
italiana.
LETTERA DEL SANTO PADRE
AI VESCOVI
NELLA FESTA DEI SANTI INNO CENTI
Caro fratello,
Oggi, giorno dei Santi Innocenti, mentre continuano a risuonare nei nostri cuori
le parole dell’angelo ai pastori: «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il
popolo: oggi, nella città di Davide, è nato
per voi un Salvatore» (Lc 2, 10-11), sento il
bisogno di scriverti. Ci fa bene ascoltare
una volta ancora questo annuncio; ascolta-
re nuovamente che Dio è in mezzo al nostro popolo. Questa certezza che rinnoviamo anno per anno è fonte della nostra
gioia e della nostra speranza.
In questi giorni possiamo sperimentare
come la liturgia ci prende per mano e ci
conduce al cuore del Natale, ci introduce
nel Mistero e ci porta a poco a poco alla
sorgente della gioia cristiana.
Come pastori siamo stati chiamati per
aiutare a far crescere questa gioia in mezzo
al nostro popolo. Ci è chiesto di prenderci
cura di questa gioia. Desidero rinnovare
con te l’invito a non lasciarci rubare questa
gioia, dal momento che molte volte delusi
— e non senza ragione — della realtà, della
Chiesa, o anche delusi di noi stessi, sentiamo la tentazione di affezionarci a una tristezza dolciastra, senza speranza, che si
impadronisce dei cuori (cfr. Esort. ap.
Evangelii gaudium, 83).
Il Natale, nostro malgrado, viene accompagnato anche dal pianto. Gli evangelisti
non si permisero di mascherare la realtà
per renderla più credibile o appetibile.
Non si permisero di realizzare un discorso
“bello” ma irreale. Per loro il Natale non
era un rifugio immaginario in cui nascondersi di fronte alle sfide e alle ingiustizie
del loro tempo. Al contrario, ci annunciano la nascita del Figlio di Dio avvolta anch’essa in una tragedia di dolore. Citando
il profeta Geremia, l’evangelista Matteo lo
presenta con grande crudezza: «Un grido
è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli»
(2, 18). È il gemito di dolore delle madri
che piangono la morte dei loro figli inno-
centi di fronte alla tirannia e alla sfrenata
brama di potere di Erode.
Un gemito che anche oggi possiamo
continuare ad ascoltare, che ci tocca l’anima e che non possiamo e non vogliamo
ignorare né far tacere. Oggi tra la nostra
gente, purtroppo — e lo scrivo con profondo dolore — si continua ad ascoltare il lamento e il pianto di tante madri, di tante
famiglie, per la morte dei loro figli, dei loro figli innocenti.
Contemplare il presepe è anche contemplare questo pianto, è anche imparare ad
ascoltare ciò che accade intorno e avere un
cuore sensibile e aperto al dolore del prossimo, specialmente quando si tratta di
bambini, ed è anche essere capaci di riconoscere che ancora oggi si sta scrivendo
questo triste capitolo della storia. Contemplare il presepio isolandolo dalla vita che
lo circonda, sarebbe fare della Natività una
bella favola che susciterebbe in noi buoni
sentimenti ma ci priverebbe della forza
creatrice della Buona Notizia che il Verbo
Incarnato ci vuole donare. E la tentazione
esiste.
È possibile vivere la gioia cristiana voltando le spalle a queste realtà? È possibile
realizzare la gioia cristiana ignorando il gemito del fratello, dei bambini?
San Giuseppe è stato chiamato per primo a custodire la gioia della Salvezza. Davanti ai crimini atroci che stavano accadendo, san Giuseppe — esempio dell’uomo
obbediente e fedele — fu capace di ascoltare la voce di Dio e la missione che il Padre
gli affidava. E poiché seppe ascoltare la
voce di Dio e si lasciò guidare dalla sua
volontà, divenne più sensibile a ciò che lo
circondava e seppe leggere gli avvenimenti
con realismo.
Oggi anche a noi, pastori, viene chiesto
lo stesso, di essere uomini capaci di ascoltare e non essere sordi alla voce del Padre,
e così poter essere più sensibili alla realtà
che ci circonda. Oggi, tenendo come modello san Giuseppe, siamo invitati a non
lasciare che ci rubino la gioia. Siamo invitati a difenderla dagli Erode dei nostri
giorni. E come san Giuseppe, abbiamo bisogno di coraggio per accettare questa
realtà, per alzarci e prenderla tra le mani
(cfr. Mt 2, 20). Il coraggio di proteggerla
dai nuovi Erode dei nostri giorni, che fagocitano l’innocenza dei nostri bambini.
Un’innocenza spezzata sotto il peso del lavoro clandestino e schiavo, sotto il peso
della prostituzione e dello sfruttamento.
Innocenza distrutta dalle guerre e dall’emigrazione forzata con la perdita di tutto ciò
che questo comporta. Migliaia di nostri
bambini sono caduti nelle mani di banditi,
di mafie, di mercanti di morte che l’unica
cosa che fanno è fagocitare e sfruttare i loro bisogni.
A titolo di esempio, oggi 75 milioni di
bambini — a causa delle emergenze e delle
crisi prolungate — hanno dovuto interrompere la loro istruzione. Nel 2015, il 68 per
cento di tutte le persone oggetto di traffico
sessuale nel mondo erano bambini. D’altra
parte, un terzo dei bambini che hanno dovuto vivere fuori dei loro paesi lo ha fatto
per spostamento forzato. Viviamo in un
mondo dove quasi la metà dei bambini che
muoiono sotto i 5 anni muore per malnutrizione. Nell’anno 2016 si calcola che 150
milioni di bambini hanno compiuto un lavoro minorile, molti di loro vivendo in
condizioni di schiavitù. Secondo l’ultimo
rapporto elaborato dall’UNICEF, se la situazione mondiale non muta, nel 2030 saranno 167 milioni i bambini che vivranno in
estrema povertà, 69 milioni di bambini sotto i 5 anni moriranno tra il 2016 e il 2030 e
60 milioni di bambini non frequenteranno
la scuola primaria di base.
Ascoltiamo il pianto e il lamento di questi bambini; ascoltiamo anche il pianto e il
lamento della nostra madre Chiesa, che
piange non solo davanti al dolore procurato nei suoi figli più piccoli, ma anche perché conosce il peccato di alcuni dei suoi
membri: la sofferenza, la storia e il dolore
dei minori che furono abusati sessualmente
da sacerdoti. Peccato che ci fa vergognare.
Persone che avevano la responsabilità della
cura di questi bambini hanno distrutto la
loro dignità. Deploriamo questo profondamente e chiediamo perdono. Ci uniamo al
dolore delle vittime e, al tempo stesso,
piangiamo il peccato. Il peccato per quanto è successo, il peccato di omissione di assistenza, il peccato di nascondere e negare,
il peccato di abuso di potere. Anche la
Chiesa piange con amarezza questo peccato dei suoi figli e chiede perdono. Oggi,
ricordando il giorno dei Santi Innocenti,
voglio che rinnoviamo tutto il nostro impegno affinché queste atrocità non accadano più tra di noi. Troviamo il coraggio necessario per promuovere tutti i mezzi necessari e proteggere in tutto la vita dei nostri bambini perché tali crimini non si ripetano più. Facciamo nostra chiaramente e
lealmente la consegna “tolleranza zero” in
questo ambito.
La gioia cristiana non è una gioia che si
costruisce ai margini della realtà, ignorandola o facendo come se non esistesse. La
gioia cristiana nasce da una chiamata — la
stessa che ricevette san Giuseppe — a
“prendere” e proteggere la vita, specialmente quella dei santi innocenti di oggi. Il
Natale è un tempo che ci interpella a custodire la vita e aiutarla a nascere e crescere; a rinnovarci come pastori coraggiosi.
Questo coraggio che genera dinamiche capaci di prendere coscienza della realtà che
molti dei nostri bambini oggi stanno vivendo e lavorare per garantire loro le condizioni necessarie perché la loro dignità di
figli di Dio sia non solo rispettata, ma soprattutto difesa.
Non lasciamo che rubino loro la gioia.
Non ci lasciamo rubare la gioia, custodiamola e aiutiamola a crescere.
Facciamo questo con la stessa fedeltà
paterna di san Giuseppe e tenuti per mano
da Maria, la Madre della tenerezza, perché
non si indurisca il nostro cuore.
Con fraterno affetto,
Dal Vaticano, 28 dicembre 2016,
Festa dei Santi Innocenti, Martiri
All’Angelus del primo gennaio il Pontefice esprime vicinanza al popolo turco per l’attacco terroristico nella discoteca di Istanbul
La pace si costruisce dicendo no all’odio
«Purtroppo, la violenza ha colpito anche in questa notte di auguri
e di speranza. Addolorato, esprimo la mia vicinanza al popolo turco».
Lo ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus del 1° gennaio, ricordando
l’attacco terroristico compiuto nella discoteca di Istanbul. Prima di recitare
l’Angelus con i cinquantamila fedeli presenti per l’occasione in piazza
San Pietro, il Pontefice aveva commentato il vangelo domenicale.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nei giorni scorsi abbiamo posato il
nostro sguardo adorante sul Figlio
di Dio, nato a Betlemme; oggi, solennità di Maria Santissima Madre
di Dio, rivolgiamo gli occhi alla
Madre, ma cogliendo l’una e l’altro
nel loro stretto legame. Questo legame non si esaurisce nel fatto di
aver generato e nell’essere stato generato; Gesù è «nato da donna»
(Gal 4, 4) per una missione di salvezza e sua madre non è esclusa da
tale missione, anzi, vi è associata
intimamente. Maria è consapevole
di questo, pertanto non si chiude a
considerare solo il suo rapporto
materno con Gesù, ma rimane
aperta e premurosa verso tutti gli
avvenimenti che accadono attorno
a Lui: conserva e medita, scruta e
approfondisce, come ci ricorda il
Vangelo di oggi (cfr. Lc 2, 19). Ha
già detto il suo “sì” e dato la sua
disponibilità ad essere coinvolta
nell’attuazione del piano di salvezza di Dio, che «ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore,
ha rovesciato i potenti dai troni, ha
innalzato gli umili, ha ricolmato di
beni gli affamati, ha rimandato i
ricchi a mani vuote» (Lc 1, 51-53).
Ora, silenziosa e attenta, cerca di
comprendere che cosa Dio vuole
da lei giorno per giorno.
La visita dei pastori le offre l’occasione per cogliere qualche elemento della volontà di Dio che si
manifesta nella presenza di queste
persone umili e povere. L’evangelista Luca ci racconta la visita dei
pastori alla grotta con un susseguirsi incalzante di verbi che esprimono movimento. Dice così: essi
vanno senza indugio, trovano il
Bambino con Maria e Giuseppe, lo
vedono, riferiscono ciò che di Lui era
stato detto loro, e infine glorificano
Dio (cfr. Lc 2, 16-20). Maria segue
attentamente questo passaggio, cosa dicono i pastori, cosa è successo
loro, perché già scorge in esso il
movimento di salvezza che scaturirà dall’opera di Gesù, e si adegua,
pronta ad ogni richiesta del Signore. Dio chiede a Maria non solo di
essere la madre del suo Figlio unigenito, ma anche cooperare con il
Figlio e per il Figlio al piano di
salvezza, affinché in lei, umile serva, si compiano le grandi opere
della misericordia divina.
Ed ecco che, mentre, come i pastori, contempliamo l’icona del
Bambino in braccio a sua Madre,
sentiamo crescere nel nostro cuore
un senso di immensa riconoscenza
verso Colei che ha dato al mondo
il Salvatore. Per questo, nel primo
giorno di un nuovo anno, le diciamo:
Grazie, o Santa Madre del Figlio
di Dio Gesù, Santa Madre di Dio!
Grazie per la tua umiltà che ha
attirato lo sguardo di Dio;
grazie per la fede con cui hai accolto la sua Parola;
grazie per il coraggio con cui hai
detto “eccomi”,
dimentica di te, affascinata dall’Amore Santo,
fatta un tutt’uno con la sua speranza.
Grazie, o Santa Madre di Dio!
Prega per noi, pellegrini nel
tempo;
aiutaci a camminare sulla via
della pace.
Amen.
Al termine della preghiera mariana
il Papa ha ricordato l’attentato
in Turchia, quindi ha ringraziato
il capo dello stato italiano per
le espressioni augurali rivoltegli
la sera precedente durante
il tradizionale discorso televisivo
alla nazione. «Santità — aveva detto
il presidente Mattarella —
il messaggio che ha voluto rivolgere
alle donne e agli uomini di tutto
il mondo in occasione della 50a
Giornata mondiale della pace
costituisce una nuova, preziosa,
occasione per riflettere su alcuni
principi fondanti della convivenza fra
popoli». Ecco le parole del Papa, che
ha anche ricordato varie iniziative
di preghiera per la pace svoltesi
in diverse diocesi del mondo.
Cari fratelli e sorelle, buon anno!
E l’anno sarà buono nella misura
in cui ognuno di noi, con l’aiuto di
Dio, cercherà di fare il bene giorno
per giorno. Così si costruisce la pace, dicendo “no” — con i fatti —
all’odio e alla violenza e “sì” alla
fraternità e alla riconciliazione. 50
anni or sono, il beato Papa Paolo
VI iniziò a celebrare in questa data
la Giornata Mondiale della Pace,
per rafforzare l’impegno comune di
costruire un mondo pacifico e fraterno. Nel Messaggio di quest’anno ho proposto di assumere la nonviolenza come stile per una politica
di pace.
Purtroppo, la violenza ha colpito
anche in questa notte di auguri e
di speranza. Addolorato, esprimo
la mia vicinanza al popolo turco,
prego per le numerose vittime e
per i feriti e per tutta la Nazione in
lutto, e chiedo al Signore di sostenere tutti gli uomini di buona volontà che si rimboccano coraggiosamente le maniche per affrontare
Fiori e candele davanti al luogo dell’attacco terroristico a Istanbul (Reuters)
la piaga del terrorismo e questa
macchia di sangue che avvolge il
mondo con un’ombra di paura e di
smarrimento.
Desidero ringraziare il Presidente della Repubblica Italiana per le
espressioni augurali che mi ha rivolto ieri sera, durante il suo Messaggio alla Nazione. Ricambio di
cuore, invocando la benedizione
del Signore sul popolo italiano affinché, con il contributo responsabile e solidale di tutti, possa guardare il futuro con fiducia e speranza.
Saluto tutti voi qui presenti, le
famiglie, le associazioni, i gruppi
di giovani, augurando un felice e
sereno anno nuovo. Esprimo la mia
riconoscenza per tante iniziative di
preghiera e di impegno per la pace
che si svolgono in ogni parte del
mondo. Ricordo in particolare la
marcia nazionale di ieri sera a Bologna, promossa da Cei, Caritas,
Azione Cattolica e Pax Christi, con
il sostegno della Diocesi e del Comune di Bologna.
Saluto i partecipanti alla manifestazione «Pace in tutte le terre»,
promossa dalla Comunità di
Sant’Egidio. Grazie per la vostra
presenza e la vostra testimonianza!
E a tutti auguro un anno di pace
nella grazia del Signore e con la
protezione materna di Maria, Madre di Dio.
Buona festa e, per favore, non
dimenticatevi di pregare per me.
Buon pranzo e arrivederci!