Anno LVII | n. 1 | 10 gennaio 2013

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Transcript Anno LVII | n. 1 | 10 gennaio 2013

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/31/2012; “TAXE PERÇUE” “TASSA RISCOSSA”
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Il punto
???????????????????
di Michele Zanzucchi
È L’ORA DELLA SANTITÀ
NELLA CITTÀ
I
Letture
Commenti spirituali
Note esegetiche
Esperienze
Testimoni
l giallo storico è di moda e conta ormai nel
mondo milioni di lettori e autori affermati:
da Lynda Robinson a Thanos Kondylis, da
Claude Mossé a Margaret Doody, da Guillaume
Prévost a Barbara Hambly (quasi tutti tradotti
in Italia). Da noi si possono annoverare fra i
giallisti storici pure nomi come Umberto Eco o
Carlo Lucarelli. Ma la nostra autrice più dotata
è senza dubbio Danila Comastri Montanari, con
le avventure di Publio Aurelio Stazio, colto e
raffinato senatore romano del tempo di Tiberio,
aspirante filosofo con l’hobby dell’indagine
poliziesca. Questa volta le vittime sono tre neonati
di altrettante famiglie romane della nobiltà e
della plebe ricca, fra le quali Publio Aurelio
si muove con la consueta sagacia, l’esperienza
consumata e il disincato dell’aristocratico evoluto e come in una storiografia del quotidiano animata
anticonformista: tutto è buono per vincere la noia e da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo
scoprire le bizzarie delle humanae res. L’autrice è
nell’Urbe antica, come in una storiografia del
maestra nel trasferire i meccanismi del
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DEL GIORNO
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Il punto
BUON 2013!
di Michele Zanzucchi
DONNE E UOMINI
DELLA PROVVIDENZA
V
iviamo una fine 2012 – in cui scrivo queste
righe che giungeranno nelle vostre case
all’inizio del 2013 –, occupata da riflessioni,
immagini televisive e messaggi mediatici
incentrati su personaggi considerati salvatori
della patria, o addirittura uomini e donne della
provvidenza. Non solo in campo politico, ma
anche religioso, sportivo, culturale... Si ritiene,
infatti, che una persona possa portarci fuori dalla
crisi, che un solo essere umano abbia la capacità,
o piuttosto l’unzione dall’alto, per cavarci dai
guai e condurci in una terra di prosperità infinita.
In fondo è facile e rassicurante porre tutte
le proprie preoccupazioni in un superman o
superwoman. Ma nessuno resiste alla prova dei
fatti. Obama non è più l’uomo di ogni sogno
americano; Putin è sempre più contestato nel
suo Paese; Chavez lotta con il cancro... Qui da
noi, Berlusconi invecchia, Monti non è solo il
salvatore dei conti dello Stato ma anche il padre
di una salatissima Imu. Renzi non ce la fa ad
essere l’uomo che – “Adesso!” – rottama
il vecchio, mentre Bersani non sa se guardare
a destra o a sinistra. La società è così complessa
e complessificata che non ci si può aspettare
che un uomo solo, una donna sola possa salvarci
dal peggio.
Guardiamo però le cose da un altro punto
di vista, proprio avendo in mente le “società
complesse” nelle quali ci troviamo a vivere: di
uomini e donne della provvidenza ce ne possono
essere, anzi ce ne sono non uno, ma tanti.
Certamente anche Obama e la Merkel e tutti gli
altri, ognuno nel proprio ambito e per le proprie
capacità, hanno dato alla società contributi
positivi, frammisti ad altri aspetti meno esaltanti:
la Storia li giudicherà con serenità. Pensiamo
anche ad Aung San Suu Kyi, a Mandela, a
Edhi Abdul Sattar e alle legioni di missionari,
religiosi o laici, che lavorano al bene comune
senza interesse... Tutti siamo o possiamo essere
uomini e donne della provvidenza, se saremo
coscienti che nessuno di noi ha e mai avrà poteri
taumaturgici assoluti. Sarà uomo o donna della
provvidenza colui o colei che saprà mettere
assieme gli altri per lavorare al bene comune. È
irrimediabilmente finita l’epoca del “faccio tutto
io”: la Shoah, le nefandezze del comunismo e la
rivoluzione digitale hanno portato l’umanità a
scoprirsi interconnessa, fragile, interdipendente,
globalizzata nel bene e nel male. Servono quindi
molti uomini e molte donne della provvidenza
per tirarci fuori dai guai. Se volete anche della
Provvidenza (con la maiuscola), che per noi
cristiani è il Dio fatto uomo, che è venuto
anch’egli – guarda caso – non per essere dittatore
onnipotente ma facitore d’unità, umile servitore
dell’umanità.
L’augurio che possiamo rivolgerci
reciprocamente per il 2013, allora, è quello di
trovare tra di noi tanti uomini e tante donne
della Provvidenza: chiunque sia responsabile
del proprio pezzo o pezzetto di società può
essere tale. Ricordando Romano Guardini,
che sottolineava come «la Provvidenza è una
realtà che non dobbiamo pensare soltanto, ma
compiere».
PAGINA
PAGINA
16
20
Dopo Bossi Roberto Maroni e il popolo Uomini del dialogo Intervista
della Lega
di Maddalena Maltese
In copertina: Addio, 2012! Il
2013 sarà un anno decisivo per
la nostra società (pagg. 8-12)
Foto La Presse
Opinioni
3
13
82
Sommario
Attualità
15
Positiva o negativa?
di Pietro Parmense
19
La solidarietà in 400 bonifici
di Tiziana Nicastro
Ping Pong
di Vittorio Sedini
28
Il villaggio della salvezza
di Giulia Martinelli
Penultima fermata
Maltodestrine
o polenta?
di Paolo Crepaz
30
31
L’energia sostenibile dell’altro
di Mariagrazia Baroni
Un progetto che educa
a cura di Aurora Nicosia
34
Amico cane
di Michele Genisio
Il Punto
Uomini e donne
della provvidenza
di Michele Zanzucchi
Quindicinale di opinione del Movimento dei focolari
fondato nel 1956 da Chiara Lubich
con la collaborazione di Pasquale Foresi
DIRETTORE RESPONSABILE – Michele Zanzucchi
CAPOREDATTORE RIVISTA – Paolo Lòriga
REDAZIONE Sara Fornaro – Maddalena Maltese - Giulio Meazzini
Aurelio Molè - Aurora Nicosia – Oreste Paliotti
EDITORIALISTI – Vera Araújo – Gianni Bianco - Luigino Bruni – Vincenzo
Buonomo - Gianni Caso – Roberto Catalano – Fabio Ciardi - Pietro Cocco
Piero Coda – Paolo Crepaz – Michele De Beni – Pasquale Ferrara - Alberto
Friso – Lucia Fronza Crepaz - Alberto Ferrucci - Anna Granata - Elena
Granata - Gennaro Iorio - Alberto Lo Presti – Iole Mucciconi - Nedo Pozzi
all’arcivescovo metropolita Gennadios
Zervos a cura di Oreste Paliotti
45
Cinquant’anni fa su Città Nuova
a cura di Gianfranco Restelli
Invito alla lettura
di Elena Cardinali
54
61
Solidarietà a cura di Tomaso Comazzi
62
Media
di Claudia Di Lorenzi
Il flusso della ragione
di Daniele Fraccaro
Famiglia e società
23
Efficaci schemi comunicativi
di Raffaele Cardarelli
24
Scommettiamo sul futuro
di Sara Fornaro
COLLABORATORI – Ezio Aceti – Chiara Andreola - Raffaele Arigliani
Paolo Balduzzi – Mariagrazia Baroni - Giovanni Bettini - Maria Chiara
Biagioni – Riccardo Bosi – Elena Cardinali – Cristiano Casagni – Giovanni
Casoli – Marco Catapano – Francesco Châtel – Giuseppe Chella – Franz
Coriasco – Mario Dal Bello - Paolo De Maina – Raffaele Demaria – Claudia Di
Lorenzi - Giuseppe Distefano – Luca Fiorani – Daniele Fraccaro
Mariateresa Franza - Tonino Gandolfo – Annamaria Gatti - Michele Genisio
Letizia Grita Magri - Benedetto Gui - Annalisa Innocenti - Pasquale Ionata
Walter Kostner - Maria Rosa Logozzo - Pasquale Lubrano – Andrea F.
Luciani – Roberto Mazzarella - Fausto Minelli Tanino Minuta – Eleonora
Moretti – Enzo Natta - Marianna Fabianelli - Maria Rosa Pagliari – Vito
Patrono – Vittorio Pelligra - Lauretta Perassi - Maddalena Petrillo
Triggiano – Giovanna Pieroni – Adriano Pischetola - Stefano Redaelli
Daniela Ropelato - Caterina Ruggiu – Maria e Raimondo Scotto - Vittorio
Sedini – Lella Siniscalco – Loreta Somma - Michel Vandeleene
CORRISPONDENTI DALL’ESTERO – Alberto Barlocci (Argentina)
Michel Bronzwaer (Olanda) – Luigi Butori (Thailandia) - Ed Herkes
(Belgio) – Antonio Faro (Brasile) – Carlo Maria Gentile (Filippine)
Frank Johnson (Gran Bretagna) – Silvano Malini (Uruguay)
Javier Rubio Mercado (Spagna) Jean–Michel Merlin e Alain Boudre
(Francia) - Liliane Mugombozi (Kenya) – Djuri Ramac (Slovenia)
Joachim Schwind (Germania) - Clare Zanzucchi (Stati Uniti)
CORRISPONDENTI IN ITALIA – Loreta Somma (Campania) – Tobia
Di Giacomo (Piemonte) - Silvano Gianti (Lombardia) – Patrizia Labate
(Calabria) – Emanuela Megli (Puglia) – Tiziana Nicastro (Emilia–Romagna)
Stefania Tanesini (Toscana)
PROGETTO GRAFICO – Umberto Paciarelli
GRAFICA E FOTOGRAFIA – Umberto Paciarelli
Priscilla Menin - Domenico Salmaso
SEGRETERIA DI REDAZIONE – Carlo Cefaloni (responsabile)
Edoardo Mastropasqua – Luigia Coletta – Luciana Cevese - Roberta Ruggeri
ABBONAMENTI, PROMOZIONE E DIFFUSIONE – Marta Chierico
Silvia Zingaretti – Desy Guidotti – Antonella Di Egidio
COLLABORATORI SITO – Elena Cardinali – Paolo Friso – Paolo Monaco
Valentina Raparelli – Franco Fortuna - Antonella Ferrucci
PAGINA
36
Per vivere meglio L’alpinismo utile
per capire come “fare squadra”
di Donato Chiampi
PAGINA
PAGINA
71
46
Reportage Teramo, segno di
apertura, solidarietà, cultura
di Aurelio Molè
25
Il sacerdote risponde
di don Tonino Gandolfi
26
55
Vita di sposi
di Maria e Raimondo Scotto
Lo psicologo
di Pasquale Ionata
Basta con l’usa e getta
di Lorenzo Russo
56
Il lato umano di Nadal
di Marco Catapano
Vita in famiglia
di Giovanna Pieroni
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Buon appetito con... di Cristina Orlandi
27
Dal vivo e spiritualità
38
I tocchi dell’anima
di Violetta Conti
Vita sana
Alimentazione di Giuseppe Chella
Educazione sanitaria
di Andrea F. Luciani
76
Fantasilandia | Anno nuovo, asinello
nuovo di Annamaria Gatti
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Basta un ciao!
di Tanino Minuta
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Vedesti il fratello, vedesti il Signore
di Igino Giordani
64
Televisione di Paolo Balduzzi
Radio di Aurelio Molè
42
La nostra via: “io – il fratello – Dio”
di Maria Voce
65
44
Cinema di Cristiano Casagni,
Giovanni Salandra e Raffaele Demaria
Teatro di Giuseppe Distefano
In un paese sperduto della Transilvania
di Stefan Tobler
DIREZIONE e REDAZIONE
via degli Scipioni, 265 | 00192 ROMA
tel. 06 3203620 r.a. | fax 06 3219909
[email protected]
UFFICIO PUBBLICITÀ
via Pieve Torina, 55
00156 ROMA | tel. e fax 06 96522201
uffi[email protected]
UFFICIO ABBONAMENTI
via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA
tel. 06 3216212 - 06 96522231 | fax 06 3207185
[email protected]
Coaching Nuove tecniche
di potenziamento personale
di Emanuela Megli
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67
Musica leggera di Franz Coriasco
CD e DVD novità
Musica classica di Mario Dal Bello
Appuntamenti a cura della redazione
Cultura e tendenze
68
Fede, Scritture, laicità
di Giovanni Casoli
72
Realtà, verità, letteratura
di Moreno Orazi
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75
Il piacere di leggere
a cura di Gianni Abba
In libreria di Oreste Paliotti
Arte e spettacolo
In dialogo
78
79
La posta di Città Nuova
Incontriamoci a Città Nuova la
nostra città
Questo numero è stato chiuso in tipografia
lunedì 17-12-2012. Il numero 23/24 del 10/25-12-2012
è stato consegnato alle poste il 11-12-2012.
Segnaliamo su www.cittanuova.it
POLITICA
Quali novità sul proscenio politico? di Marco Fatuzzo
PER NON DIMENTICARE
La ferita di piazza Dalmazia di Massimo Toschi
L’INTERVISTA
Lino Guanciale insegue “Il ratto d’Europa” di Giuseppe Distefano
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UN ANNO DECISIVO
di Paolo Lòriga
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Città Nuova
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orse ci salverà un’impiegata delle Poste. Una di
quelle anonime signore, che stanno appollaiate su
quelle poltroncine-trespolo al di là del vetro dello
sportello. Perché gli italiani, anche nell’ultimo, rantolante scorcio del vecchio anno, erano ormai così
addomesticati al peggio che si sono svenati per pagare l’Imu senza colpo ferire, hanno racimolato gli ultimi spiccioli per qualche sobrio regalo senza inveire, hanno festeggiato come potevano Natale e fine anno senza invidia
verso quel 12,5 per cento della popolazione italiana che
possiede una ricchezza superiore ai 500 mila euro e non è
stato sfiorato da alcuna patrimoniale. Erano pronti persino
a far fronte con dignità alla fine del mondo prevista il 21
dicembre dalla cosmologia maya.
Ma la goccia (si fa per dire) che ha fatto traboccare il
tino del Paese è stata la sfiducia improvvisa decretata dal
Pdl nei confronti del governo Monti, dopo l’ipotizzato ritorno in campo di Berlusconi. Conseguenza? L’Italia si
gioca la sua credibilità a livello internazionale. «Ciò che
lascia sbigottiti – ha tuonato il card. Bagnasco – è l’irresponsabilità di quanti pensano a sistemarsi mentre la casa
sta ancora bruciando».
Preoccupa gli italiani il fatto che «si può mandare in malora i sacrifici di un anno – per dirla ancora con il presidente dei
vescovi –, che sono ricaduti spesso sulle fasce più fragili».
In questo stato di prostrazione l’impiegata delle Poste
– senza alcuna intenzione di volerlo – ha dato una salutare scossa ai connazionali. Non se ne conosce il nome. Si
sa che lavora da 33 anni allo sportello e che non è affatto
una capopopolo. Ha solo scritto che lei non ci sta – come
invece suggerito dalla direzione – a proporre ai pensionati di acquistare tagliandi del “Gratta e vinci”: un’illusione
spacciata per speranza a poco prezzo.
«Io non credo che tutto quel che non è nettamente fuori
legge sia legittimo e corretto», ha vergato nella missiva la
sportellista di Taranto. Che bel sussulto di responsabilità personale! Poteva dire tra sé: «Non ci posso fare nulla» o «Me
ne frego». Invece ha innescato una campagna nazionale.
L’EREDITÀ DELLO SCORSO
ANNO RESTA GRAVOSA.
LE ELEZIONI POLITICHE
GIOCATE DA PARTITI
ARROCCATI. MOLTO È
RIMESSO ALLA REAZIONE
DELLA SOCIETÀ CIVILE
Il nuovo anno viene comunque presentato come «dodici mesi di occasioni e sfide sotto un cielo che promette
ogni fortuna». In particolare, nella deprecabile situazione dell’economia si intravede nel 2013 l’opportunità di
«staccare da situazioni stagnanti, trovare un’occupazione
o ritrovarla nel caso siate disoccupati o cassintegrati». E,
se non bastasse, «un nuovo progetto potrebbe finalmente
decollare. Dunque, se avete nel cassetto un’invenzione è il
momento giusto per tirarla fuori».
Previsioni incoraggianti: peccato che siano state accuratamente estratte per voi lettori dal numero di gennaio
2013 di Astra, «il primo mensile di astrologia e benessere
dell’anima», come si legge sotto la testata.
La realtà, ahinoi, è ben diversa. I dati di tutti i centri di
ricerca concordano nell’indicare un 2013 ancora pesantemente gravato dalle crisi. Con il lusso di una campagna
elettorale polemica e virulenta, al termine della quale si
voterà con la vituperata legge che i partiti non hanno avuto il coraggio di riformare, dove si dimenticherà che metà
degli elettori non sono propensi ad andare ai seggi.
Il ceto medio è in pesante affanno. Si tratta di quel 60
per cento delle famiglie italiane che vede contrarsi i propri redditi, la propria ricchezza, il lavoro e il futuro. Muta anche la struttura della società, perché rapidamente sta
crescendo il numero dei singoli, di chi, cioè, si arrangia da
solo, senza alcun spirito di squadra.
La crisi – ha commentato in dicembre il sociologo De
Rita alla presentazione del Rapporto Censis sulla situazione del Paese – «ha favorito le culture oligarchiche, i
circuiti chiusi, la solidarietà di casta». Lo abbiamo costatato anche noi. Tra élite intellettuali e cittadini le distanze
si sono accentuate.
Se l’anno nuovo sarà buono dipenderà molto da quello
spirito di collaborazione che non ci siamo stancati di indicare come unica modalità risolutiva. Ci fa perciò piacere che
anche il Corriere della Sera, a firma del suo vicedirettore
Dario Di Vico, si auguri che «nelle relazioni industriali, nel
campo dell’istruzione, delle professioni, della pubblica am-
BENVENUTO
2013!
Città Nuova - n. 1 - 2013
7
Primo piano
BYE BYE 2012! BENVENUTO 2013!
ministrazione i soggetti sappiano ripensare i loro ruoli in
un clima di collaborazione». Lo documentano anche gli
apporti degli specialisti che di seguito presentiamo.
Paolo Lòriga
Luigino Bruni
docente di Economia politica all’università Lumsa di Roma
L’ECONOMIA
M. Scrobogna/LaPresse
È LA NUOVA
GRAMMATICA
I
l 2012 è stato soprattutto l’anno della crisi economica
e dell’invasione dell’economia nelle nostre vite. Parole come spread, spending review, fiscal compact (tutte parole inglesi, e non a caso, essendo questa la lingua
dell’economia globalizzata), sono diventate consuete nei
pasti delle famiglie e hanno determinato preoccupazioni e speranze. La crisi non solo non è finita ma è solo
all’inizio, come è solo l’inizio la centralità dell’economia nelle nostre vite, una economia che è diventata la
nuova grammatica della società. La crisi sarà lunga perché il mondo è cambiato e ha reso velocemente obsoleto
il sistema economico italiano, anche per istituzioni che
non hanno fatto le scelte giuste negli anni giusti (Ottanta e Novanta). È stata e sarà crisi del lavoro, e quindi
della vita. Altra lezione di questo anno è l’importanza
dell’economia per la vita della gente, e quindi l’invito ad
occuparcene di più tutti, senza lasciarlo agli addetti ai lavori. Non aspettare che il lavoro arrivi, ma inventarlo, e
possibilmente assieme. Infine, per poter gestire e governare l’economia occorre studiarla e capirla. Mi auguro
che nascano scuole popolari di (buona) economia, nelle
parrocchie, associazioni e movimenti, perché senza capire oggi le parole dell’economia non si capisce e non si
governa la democrazia, piombata in una profonda crisi.
Da questa lunga e profonda notte usciremo lavorando di
più e diversamente, studiando meglio, giovani e tutti.
AP
Precarietà (nella foto una manifestazione di disoccupati)
e crisi dei mercati (nella foto al centro la Borsa
di Francoforte) sono state pane quotidiano nel 2012,
mentre il problema degli immigrati permane
(a sin., nel Canale di Sicilia).
A fronte: la cattura di latitanti della camorra, la protesta
di piazza Tahrir, il nuovo leader cinese Xi Jinping.
8
Città Nuova - n. 1 - 2013
Giacomo Santini
senatore della Repubblica (che non si ricandida)
HO NEGLI
OCCHI
I RIFUGIATI
M. Hartwell/AP
M. Cantile/LaPresse
È
stato l’anno del grande vuoto. Le tasche vuote di
soldi, il frigo vuoto di cibo, la testa vuota di idee,
un futuro vuoto di prospettive. Anche la macchina della solidarietà è rimasta senza benzina. Su questa situazione di grande difficoltà si è innestata una recrudescenza del fenomeno dell’immigrazione clandestina.
Un parlamentare è chiamato ad interrogarsi più di
altri cittadini sulle proprie responsabilità. Come presidente della commissione immigrazione e rifugiati
del Consiglio d’Europa, ho visitato centri di raccolta
e detenzione in Europa ed Africa, dove alla disperazione di chi fugge da un Paese in guerra o in miseria
si unisce quella di constatare che nel Paese di approdo non vi sono margini di sopravvivenza. Molto problematica anche la vicenda nei Paesi della cosiddetta
“primavera araba”, dove la conquista della democrazia
è ancora macchiata di sangue e rallentata dall’odio.
L’augurio che faccio per il 2013 a tutti noi che gravitiamo attorno al padre Mediterraneo è che nel Nord
Africa si trovino le strade della vera pace sociale, che
i Paesi dei Balcani – in cammino verso l’Unione europea – trovino più chiare garanzie democratiche per
farsi accettare e che noi ritroviamo la voglia di tendere la mano a chi sta peggio di noi. Dopo due legislature al Parlamento europeo e altrettante al Senato,
lascio per mia scelta l’impegno attivo in politica.
Giuseppe Gatti
sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Bari
SVILUPPARE
H
anno destato grande preoccupazione sul futuro del
Paese i numerosi episodi di corruzione e di appropriazione di denaro pubblico, così come l’incremento
di investimenti e operazioni finanziarie che la criminalità organizzata, con il riciclaggio dei capitali sporchi,
E. Jones/AP
LA LEGALITÀ
ORGANIZZATA
Città Nuova - n. 1 - 2013
9
C. Kaster/AP
Michelle e Barack Obama all’indomani della rielezione.
A fronte, un momento del Sinodo dei vescovi sulla nuova
evangelizzazione. Nella pagina seguente, il ritorno
delle biciclette; Mario Monti a colloquio con Giorgio
Napolitano.
va operando in regioni che, fino a poco tempo fa, erano
considerate immuni dal contagio mafioso.
Ma il 2012 si è contraddistinto pure per una serie di importanti successi per i tanti milioni di euro sequestrati e
confiscati ai boss e ai loro prestanome. Importanti anche le
catture di latitanti eccellenti. Dietro una latitanza mafiosa
ci sono molte complicità, connivenze e, soprattutto, tantissima omertà. La cattura di un latitante di mafia (che quasi
sempre avviene nel proprio territorio di riferimento) rappresenta allora un segnale prezioso per una comunità che
cerca di liberarsi dall’assoggettamento mafioso.
Mi auguro che, riguardo al contrasto patrimoniale – lo
strumento più efficace nella lotta alla mafia –, si facciano
altri decisivi passi in avanti. Occorre che i patrimoni confiscati vengano poi effettivamente utilizzati per l’attività
di contrasto o per finanziare progetti a favore di persone
bisognose. La vera forza della criminalità organizzata risiede nella sua capacità di delinquere agendo “a corpo”.
Spero che il 2013 veda svilupparsi una legalità organizzata, ovvero un sistema in cui tutte le componenti sociali e
istituzionali siano capaci di avviare una comune e unitaria
attività di contrasto, facendo crescere quella cultura del
“noi” che è alla base del modello di legalità della nostra
stupenda Carta costituzionale.
10
Città Nuova - n. 1 - 2013
Pasquale Ferrara
segretario generale dell’Istituto universitario europeo
UNA LEZIONE
PER LA POLITICA
INTERNAZIONALE
C
i sono questioni internazionali che nessuno può seriamente pensare di risolvere in pochi mesi, e nemmeno
da un anno all’altro. Specialmente quando si tratta di
un’area del mondo come il Medio Oriente. Al confronto israelo-palestinese, che ha fatto registrare nell’ultimo
scorcio del 2012 il riconoscimento da parte dell’Assemblea generale dell’Onu della qualifica di “Stato non-membro” alla Palestina, si è aggiunta la grave crisi siriana,
rispetto alla quale la comunità internazionale è restata a
lungo indecisa – e lo è tuttora. Per restare nell’area, è ancora piena di incognite la transizione in Egitto. L’Iran è
ormai sotto pesante embargo a causa della mancanza di
trasparenza nel suo programma nucleare. Per non parlare delle armi nucleari e dei missili nordcoreani. I cambiamenti o le conferme nella leadership di importanti
Paesi (rielezione di Obama, rielezione di Putin in Russa,
vittoria di Hollande in Francia, nuovo leader cinese, Xi
Jinping, prossime elezioni in Germania e in Italia) certamente influiranno sul quadro internazionale, ma c’è una
lezione che abbiamo appreso: nessuno può risolvere da
solo questioni globali e persino locali – basti pensare al
tema del lavoro in rapporto alla globalizzazione.
Lucetta Scaraffia
docente di Storia contemporanea, Università di Roma “La Sapienza”
MICHELLE
E LE ALTRE
DONNE
Piero Coda
LaPresse
S
e è stato scritto che l’unica rivoluzione vincente del
Novecento è stata quella delle donne, tutti concordano nel dire che la strada da percorrere è ancora lunga, e in questa strada hanno più valore i passi in avanti
di tipo culturale – quelli cioè che segnalano una trasformazione della mentalità nei confronti delle donne
– delle conquiste politiche, che possono anche venire
cancellate. Nel 2012 si sono realizzate conquiste significative di questo tipo, che salutiamo con gioia: il ruolo di
Michelle Obama nella campagna elettorale del marito è
stato considerato fondamentale, e non si trattava di sorridere graziosa ed elegante accanto a Barack. Michelle
ha convinto gli americani di essere intelligente e capace,
votando Obama compravi due al prezzo di uno… E nella
politica europea la cancelliera tedesca Angela Merkel si
è affermata senza dubbio come il leader politico più importante, quello la cui parola è più ascoltata.
Persino nella Chiesa, apparentemente così lenta nel
registrare passi avanti della presenza femminile, accanto
all’Osservatore Romano è comparso un inserto mensile,
Donne, Chiesa, Mondo, che dà voce alle donne che fanno
parte della Chiesa, rende visibile questo tesoro nascosto.
deserto. Sì, proprio di deserto! Non dobbiamo aver paura di chiamare le cose col loro nome. Deserto spirituale,
deserto del senso, deserto della speranza. In fin dei conti:
deserto di Dio. Rare si fanno le oasi in cui è possibile attingere l’acqua viva della fiducia, dell’amore, della bellezza. Rari i momenti in cui riusciamo a bucare la fitta coltre
di nebbia che aleggia sul paesaggio della nostra esistenza
e che inibisce la visione dell’oltre. Ma il deserto – ecco il
punto – non è solo il luogo della penuria e della prova. È
anche il luogo della purificazione, dell’attesa, del rinnovamento. Guardando al lungo e accidentato periodo vissuto
da Israele nel suo pellegrinare dalla schiavitù alla libertà,
Dio promette alla sua sposa per bocca di Osea: «La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore». Che sia questo
il dono che Dio ha in serbo per noi oggi? Farci stazionare
nel deserto per renderci capaci di accogliere col cuore, e
non per modo di dire, ciò che davvero vuol comunicarci
perché la strada si riapra davanti a noi?
preside Istituto universitario Sophia, Loppiano (Fi)
CHIESA
PASSAGGIO
NEL DESERTO
T
ra gli avvenimenti che hanno segnato il cammino della Chiesa cattolica nell’anno che sta per concludersi,
senz’altro un momento alto e promettente è stato il
Sinodo sulla Nuova evangelizzazione. Non si è trattato
di un evento di routine. Vuoi perché si è svolto in concomitanza con il cinquantesimo anniversario dell’inizio
del Vaticano II, vuoi perché ha dato il la all’Anno della
fede voluto da Benedetto XVI. Il fatto è che – il papa non
si stanca di ripeterlo – stiamo attraversando una sorta di
Elena Granata
docente di Geografia urbana e Analisi della città al Politecnico di Milano
CITTÀ
IL SORPASSO
DELLE BICICLETTE
C
omplici la crisi economica e il costo della benzina, nel
2012 gli italiani hanno riscoperto la bicicletta. Un piccolo sorpasso della vendita di biciclette su quella delle
auto dalla forte valenza simbolica: l’anno passato sono
state vendute oltre 2 milioni di biciclette, con un incremento di oltre 200 mila pezzi. La bicicletta viene utiliz-
Città Nuova - n. 1 - 2013
11
Primo piano
BYE BYE 2012! BENVENUTO 2013!
zata per andare al lavoro o a scuola da oltre 6 milioni
di italiani. Quasi 11 milioni la usano occasionalmente.
Si tratta di un innamoramento momentaneo o davvero
qualcosa sta cambiando nelle nostre città?
Molte città italiane, inseguendo il mito di una crescita senza regole, hanno perso i negozi sotto casa, sacrificati
alla grande distribuzione, hanno investito poco sul verde e
sugli spazi per il gioco, hanno venduto le terre agricole ai
costruttori, non hanno investito nella messa in sicurezza di
scuole e edifici pubblici. Oggi queste città si trovano al bivio: proseguire così, diventando sempre meno abitabili,
o cambiare rotta, investendo sul recupero del patrimonio
edilizio esistente, sulla relazione tra città e campagna,
sulla produzione di cibo, sul valore sociale degli spazi di
prossimità. Chi va in bicicletta oggi pone una domanda
politica di spazi a misura d’uomo.
Alberto Lo Presti
docente di Storia delle dottrine politiche, Università Angelicum, Roma
MONTI
IL CAMMINO
DELLA POLITICA
L’
suor M. Fernanda Dima
clarissa del monastero L’Immacolata in San Casciano Val di Pesa
COGLIAMO
L’OCCASIONE
DEL TEMPO NUOVO
L’
immagine delle chiese diroccate a causa del terremoto che ha colpito nello scorso mese di maggio
l’Emilia potrebbe a mio avviso diventare un simbolo dell’anno appena trascorso: tempo ricco di moltissimi
eventi, ma che sembra avere avuto come comune denominatore la preoccupazione, talora l’angoscia, il pianto,
la morte. Troppi fratelli e sorelle hanno smarrito la via
della gioia. Basta pensare al peso sociale della crisi economica che ormai ci accompagna da alcuni anni, e a certi suoi drammatici sviluppi, fino alla tragedia del suicidio. Ha ragione Benedetto XVI quando parla del deserto
di valori umani e spirituali proprio della cultura odierna.
Ma proprio in una situazione così complessa, la speranza
dà i suoi segnali: la città di Milano ha ospitato il VII Incontro mondiale delle famiglie, e l’undici ottobre il papa
ha inaugurato l’Anno della fede. Se i cristiani, le famiglie
in primis, sapranno farsi testimoni e portatori della speranza cristiana, che è Gesù Cristo, la prova economicosociale, da cui desideriamo uscire, sarà stata l’occasione
di una purificazione che ci ha sospinto verso il rinnovamento della vita e del cuore.
12
R. Monaldo/LaPresse
Domenico Salmaso
anno 2012 era stato aperto da un articolo apparso sul
noto quotidiano statunitense Washington Post, dal
titolo “The Italian Job”. Sosteneva che l’economia
mondiale era nelle mani di Mario Monti il quale s’era
appena insediato a Palazzo Chigi, stava adottando provvedimenti e misure per frenare la pericolosa china che il
Belpaese aveva intrapreso. Il governo tecnico aveva fra le
mani il destino dell’economia italiana, dal quale sarebbe
dipesa la stabilizzazione dell’area euro e da tutto questo
scaturivano conseguenze letali o favorevoli alla ripresa
dell’economia mondiale. C’era un certo entusiasmo per
la novità del governo Monti, allora: troppo vivi erano i
ricordi del baciamano a Gheddafi, della compravendita
dei parlamentari, del voto parlamentare sulla presunta
nipote di Mubarak, dei sorrisini ironici in sedi istituzionali europee nei confronti del premier italiano, e chi ne
ha più ne metta. Cosa chiedere al 2013? Di fare con onestà il proprio mestiere, che è quello di indicare che si va
avanti nel tempo, e non si ritorna indietro.
Città Nuova - n. 1 - 2013
ANCHE I SASSI PENSANO
Ping Pong
di Vittorio Sedini
Città Nuova - n. 1 - 2013
13
LE BUONE NOTIZIE
NON SI CERTIFICANO
PER LEGGE
Russia
Positiva
o negativa?
M. Japaridze
S
i sa, è più facile porre divieti
che affrontare situazioni
scomode. Nella Russia di Putin
3, ecco che la censura sulla
stampa, peraltro già esistente,
rischia di assumere contorni
kafkiani, o forse amletici. In effetti
un progetto di tal Oleg Mikheev
di Russia Giusta, fatto proprio dal
partito del presidente, Russia Unita,
prevede che «per proteggere la
psiche della popolazione» si ponga
un tetto alle cattive notizie. Viene
pure quantificata la limitazione: «Tre
notizie negative per sette positive».
Quindi un trenta per cento di news che
turbano la pace e l’armonia sociale
e un settanta per cento di news
che migliorano la convivenza civile.
Di per sé l’idea non è male: Città
Nuova, organo di stampa di buone
notizie, viaggia su tali percentuali.
Ma cos’è una notizia negativa e
cosa una positiva? E chi lo decide?
Le notizie non sono matriosche che
brillano nel gelo del mondo (la foto è
stata scattata a -10 gradi, a Mosca),
tantopiù che spesso una notizia di
cronaca bianca può celarne altre di
nera, o viceversa. Un giornalismo di
buone notizie è un atteggiamento
dello spirito, che non può esistere
altro che nella libertà.
Pietro Parmense
Città Nuova - n. 1 - 2013
15
Attualità
I
di Maddalena Maltese
IL POPOLO
DELLA LEGA
PASSATA LA BUFERA, IL PROGETTO DI MARONI
SUL NORD CONVINCE E AGGREGA TANTI
agguato quando sono gli slogan di
pancia, i megaraduni di Pontida, le
uscite poco istituzionali dei ministri
del Carroccio e in ultimo le incresciose vicissitudini del “cerchio magico” attorno al fondatore, a scalzare
il progetto sul Nord.
C’è poco populismo e molta concretezza invece nei dodici punti che
il nuovo segretario della Lega propone ai tesserati, ai “barbari sognanti” che al suo fianco hanno perse-
Spada/LaPresse
l verde resta il colore anche
del Nord di Roberto Maroni. I
militanti che lo attendono alla presentazione del suo libro a
Brescia lo sfoggiano in tutte le
sfumature. Le signore non lesinano
in accessori: borse, bracciali, occhiali, mentre per gli uomini c’è la
classica cravatta, il fazzoletto del
taschino e il foulard con la stampa
di Alberto da Giussano ben in vista.
Tutto verde. L’appartenenza è marcata, talvolta folkloristica: i baffoni
alla Asterix, orgogliosamente esibiti
da qualcuno dei presenti, rimarcano
alcuni dei cliché che hanno dato alla Lega di Bossi la spettacolarizzazione necessaria per irrompere sul
palco mediatico e nell’agone della
nostra storia democratica. Il rischio
della semplificazione è sempre in
DOPO BOSSI
16
Città Nuova - n. 1 - 2013
Roberto Maroni, nuovo
segretario della Lega.
A fronte: un raduno leghista.
LaPresse
guito il rinnovamento, rischiando di
essere espulsi da un partito sull’orlo
del default. Le ramazze sono tornate
nel ripostiglio: gli errori di gestione
interna, il fallimento del progetto federalista, l’inconcludente esperienza
romana dei leghisti sono apertamente confessati sulle pagine de Il mio
Nord. Un mea culpa pubblico che
non ha, apparentemente, scalfito
la fede militante, anzi ha convinto
nuovi adepti. Saranno le urne della
Regione Lombardia, tra qualche settimana, a dare il responso su questo
giro di volta. Certo è che agli amministratori locali e agli imprenditori,
ai giovani e alle donne, tante, questo
progetto piace.
Giuseppe Bracchi ha un’impresa con sedi in varie parti d’Europa
e si occupa di recupero ambientale.
Gli Stati generali tenuti a Torino
sono stati decisivi per capire che il
gettito fiscale deve restare per il 75
per cento sul territorio e consentire
sviluppo e crescita. Non gli garbano
le etichette che si attaccano ai leghisti: «La Lega lancia sempre ottime
idee, peccato che poi non riesca a
realizzarle. Quella delle macroregioni produttive che formeranno
un’Europa dei territori e dei popoli
verrà concretizzata dai mercati». E i
proclami al limite della xenofobia?
«Servono a tener buona gran parte della base, perché è più semplice lanciare slogan che far capire un
progetto».
Sulla stessa onda è Luca Squarzoni Balestra, vicesindaco di Urago
d’Oglio: «Il populismo fa parte della
storia del nostro movimento. C’è il
tizio con il kilt che è la calamita dei
media, ma a Pontida ci siamo anche
noi, amministratori, industriali, dirigenti che la politica la facciamo sul
serio e sul territorio».
Lui non è nato leghista, ma è
«con i colori verdi che sono riuscito
a risolvere i problemi, nonostante i
tagli che hanno imposto di sceglie-
Due domande a Roberto Maroni,
segretario della Lega Nord
Il mio Nord
Espliciti in poche parole il progetto della
Lega nel dopo Bossi.
«“Prima il Nord” vuol dire che la questione settentrionale viene prima e deve essere risolta. Deve trovare risposte nuove
e concrete, e sono quelle che noi diamo.
Noi siamo del Nord ed è a questa parte
di Paese che guardiamo con proposte su
imprese, infrastrutture, fiscalità di vantaggio, contratti territoriali decentrati».
Parla del Sud non come luogo geografico, ma come cultura fatta di illegalità,
sprechi, quindi la stessa che rischiava di
scardinare il progetto della Lega…
«Il Sud ha delle questioni importanti
che devono essere risolte in altro modo
rispetto a quello usato fino ad oggi; in
questi decenni prendere le risorse al Nord
e spenderle al Sud non è stata una soluzione. Noi abbiamo un’altra idea. Il nostro
progetto parte dal Nord per un’Europa dei
territori e dei popoli. Dentro la Lega noi
abbiamo rinnovato in modo radicale, tempestivo e profondo; siamo quindi attrezzati per affrontare il futuro. Non abbiamo
nulla da rimpiangere del passato, nulla di
cui vergognarci; ma siamo pronti per il futuro e questo è il mio Nord».
re tra cultura e servizi ai disabili».
Si smarca dai cliché anche Sandra
Cane, Sandi per tutti, imprenditrice
di colore che sotto la bandiera leghista governa il comune di Viggiù nel
Varesotto. Non ci si sente scomodi
in una formazione che sulla paura
dello straniero ha costruito consenso? «No, perché il mio partito sta
crescendo e si sta interrogando sulla presenza positiva degli immigrati
sul territorio. Sono un contributo se
rispettano il luogo dove vivono e le
leggi». Le donne nella Lega contano da amministratori e per numeri.
Irene è un’attivista dal 1980 e non si
è mai persa un raduno. Ornella vorrebbe far di più, ma lavora troppo e
non riesce a investire tutte le energie
che vorrebbe. Maria Giulia, Giacomo, Sebastiano, sono l’ala giovane:
la leader è lei, da quando aveva 21
anni ha deciso di «essere protagonista della vita politica locale e nella
Lega le porte erano aperte».
Cinzia, leghista da due anni ma
padana da sempre, rimuove la delusione su Bossi e parenti: «Era malato e non in grado di far fronte ai
panni sporchi che ogni famiglia ha».
C’è un’amnistia generale sui guai
giudiziari dell’attuale presidente e
soprattutto c’è voglia di voltare pagina. Bobo è il nuovo. Restano però
le zone grigie: la “leggera” gestione
amministrativa e finanziaria del partito può essere imputabile solo alla
malattia del capo carismatico o richiede altre decisioni? Il fallimento
in sequenza della secessione prima,
del federalismo poi, interrogano su
che Paese la storia ci chiede di costruire: sì al particolare, ma senza
che solidarietà e sussidiarietà si ritrovino nemiche.
Città Nuova - n. 1 - 2013
17
I LIBRETTI
STORIE
ESSERE APPROFONDIMENTI
ATTUALITÀ
FAMIGLIA
Una collana originale nel panorama editoriale italiano
educare all’amore
e all’affettività
allegato al n. 23/24
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UN
z
z
z
z
z
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z
z
z
F
2013 FRIZZANTE...
il viaggio della mente bambina (Riccardo Bosi)
cosa non fare nella coppia (Rino Ventriglia)
single (Tamara Pastorelli)
nonni (Ezio Aceti)
casa dolce casa (Elena Granata)
suore (Alessandra Smerilli)
legalità (Gianni Bianco)
non c’è più (Emanuela Megli)
adozioni (Giovanna Pieroni)
le stagioni della donna (Sara Fornaro)
EMILIA
di Tiziana Nicastro
Domenico Salmaso
LA SOLIDARIETÀ
IN 400 BONIFICI
L’ASSOCIAZIONE SOLIDARIETÀ DI REGGIO EMILIA,
ANCHE COL CONTRIBUTO DI “CITTÀ NUOVA”, HA
RACCOLTO 125 MILA EURO PER I TERREMOTATI
stinavamo, abbiamo utilizzato oltre
ai nostri magazzini, altri più ampi di
circa tremila metri quadrati».
Non c’è sosta nel lavoro dell’associazione che ora ha già destinato i
contributi ricevuti, dopo un’attenta
osservazione dei bisogni di ciascuno.
«Ci sono giunti in totale 125 mila euro – continua l’economo Ghirardi – e
abbiamo deciso di destinare la somma
per il 40 per cento a opere pubbliche,
in particolare scuole; la restante parte
è servita per aiutare privati, cioè due
famiglie con la casa fortemente danneggiata e due aziende familiari con
Tra le tante iniziative sorte
all’indomani del sisma emiliano,
quella qui raccontata ha saputo
essere efficace.
danni gravi alle strutture inerenti l’attività». Claudia e Silvio, appartenenti
al Movimento dei Focolari, hanno
conosciuto personalmente le persone che hanno richiesto un contributo:
«Ho fatto diverse visite – spiega Silvio di Modena – e sono sempre andato nelle zone colpite dal sisma con la
convinzione che, per poter aiutare le
persone, dovevo prima ascoltare, senza curiosità, accogliere in me il dolore per la perdita dei beni, l’ansia per
l’incertezza del futuro e portare aiuto
concreto a chi non poteva più entrare
nella propria casa. È in questo modo
che si è costituita una rete di solidarietà e abbiamo potuto aiutare Pietro,
Chiara e la sua famiglia, e tanti altri
che hanno voglia di andare avanti».
Maggiori info su www.solidarietaonlus.org.
Paolo Gepri
A
iuti dalla Svizzera, dalla Germania e anche dagli Stati Uniti.
Sono i più lontani contributi in
danaro che l’Associazione Solidarietà ha ricevuto il terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna
lo scorso maggio. Il conto bancario
aperto tempestivamente ha raccolto
in poco tempo oltre 400 bonifici, più
della metà nel solo mese di giugno.
È stata la stessa rivista Città Nuova
a lanciare la raccolta invitando gli
abbonati a contribuire con le proprie
possibilità: c’è chi ha inviato 10 euro o più, chi ha messo a disposizione
per il periodo estivo una roulotte o un
camper, chi ha spedito generi alimentari. «Ogni contributo – spiega Giampaolo Ferretti, presidente dell’associazione che ha sede in provincia di
Reggio Emilia – è stato prezioso, così come l’aiuto di tanti volontari che
sono venuti nel nostro magazzino per
smistare i prodotti di prima necessità
giunti da ogni parte d’Italia».
Un lavoro capillare che ha servito
non solo singoli privati o famiglie,
ma anche i campi della Protezione
civile di San Possidonio, Camposanto, Finale Emilia, Massa, San Felice,
Mirandola e Concordia. «La merce
ricevuta – spiega Maurizio Ghirardi dell’Associazione Solidarietà – è
stata pari a 800 mila chilogrammi,
cioè più di 1660 pallet; per far fronte
a tutti i generi che arrivavano e de-
Attualità
Città Nuova - n. 1 - 2013
19
Attualità
UOMINI DEL DIALOGO
a cura di Oreste Paliotti
DA RODI A VENEZIA
COSTRUENDO PONTI
È
come fossi trasportato in un altro tempo e in un altro
mondo: nell’Oriente bizantino. Lo dicono i mosaici, il
Cristo pantocratore nella cupola, le icone e la ricca iconostasi. Mi trovo invece a Venezia, nella cinquecentesca
chiesa di San Giorgio dei Greci la cui facciata prospetta
sul canale San Lorenzo, lontano dall’animazione di piazza San
Marco. Sempre i greci sono stati di casa nell’antica repubblica
marinara, e ancor più dopo la presa di Costantinopoli da parte
dell’Impero ottomano. E questa chiesa dal campanile curiosamente pendente è stata appunto eretta dai profughi della Nuova
Roma per la crescente comunità veneziana.
Accanto c’è la sede dell’arcidiocesi ortodossa d’Italia e di
Malta, dove ricevo calorosa accoglienza dall’arcivescovo me-
20
Città Nuova - n. 1 - 2013
A COLLOQUIO CON
L’ARCIVESCOVO METROPOLITA
DELL’ARCIDIOCESI ORTODOSSA
D’ITALIA E DI MALTA,
GENNADIOS ZERVOS:
IL PASTORE DI TANTI IMMIGRATI
tropolita Gennadios Zervos, in una
sala piena di ritratti di ecclesiastici:
tra essi Bartholomeos I di Costantinopoli, che l’arcivescovo Gennadios
qui rappresenta dal 1996.
«L’arcidiocesi – mi illustra – esiste
dal 1991 per iniziativa del patriarca
e dal 16 luglio 1998 è stata riconosciuta come persona giuridica dallo
Stato italiano. Sua principale attività
è provvedere alla cura spirituale degli ortodossi in Italia che appartengono al patriarcato ecumenico e ad
altre Chiese, senza distinzioni di nazionalità, creando parrocchie, chiese,
monasteri, enti e associazioni, scuole
per l’educazione del clero e della gioventù. Inoltre promuove il “dialogo
dell’amore”, mirando alla conoscenza, al rispetto e alla riconciliazione
tra tutti i seguaci di Cristo».
Membro del santo sinodo di Costantinopoli – l’organo permanente
del patriarcato ecumenico – l’arcivescovo Gennadios si dedica molto
alle visite pastorali: «Non si tratta
solo di celebrare delle liturgie, ma di
stabilire un contatto affettivo, di vera
comunione, con i fedeli e i sacerdoti.
Un vescovo deve essere molto vicino
soprattutto al popolo e costruire ponti di fratellanza con tutti, comprese le
autorità civili e religiose».
Altro suo impegno pressante è
la ricerca di chiese per gli ortodossi residenti nella Penisola: «Sarebbe un vero peccato se, privi di un
punto di riferimento, perdessero la
loro identità. Proprio il 20 ottobre
scorso – m’informa – ho inaugurato
a Milano un’antica chiesa donata-
Oreste Paliotti
La cattedrale ortodossa di Venezia.
A fronte: l’arcivescovo Gennadios alla fine dell’intervista.
ci dall’arcidiocesi ambrosiana. Ad
Ancona ce ne è stata concessa una
da mons. Menichelli, mio vecchio
amico, a Roma abbiamo San Teodoro alle pendici del Palatino. E il patriarca di Venezia si sta adoperando
in modo analogo per i nostri fedeli
a Mestre. Questa disponibilità della
nostra Chiesa sorella a offrirci chiese e anche alloggi per i nostri sacerdoti, insieme alle occasioni d’incontro comune, è una testimonianza per
tutto il popolo».
Pocanzi ho assistito in San Giorgio
al bacio della veneratissima reliquia
di san Basilio da parte di un gruppo
di pellegrini greci. In proposito, Gennadios accenna al suo impegno per la
restituzione alla Chiesa ortodossa di
diverse reliquie di santi: «Sono gesti
di amicizia che non lasciano insensibili i nostri parrocchiani, che ne
gioiscono e si sentono avviati in un
cammino comune».
Gli chiedo dell’ambiente d’origine,
della sua chiamata sacerdotale. «Sono nato nel 1937 a Rodi, la maggiore
delle isole del Dodecaneso, dopo che
mia madre, desiderando un figlio che
tardava ad arrivare, aveva fatto un
voto alla beata Vergine di Tsambìka,
a cui la tradizione vuole che si rivolgano le donne per ottenere la grazia
di un nascituro. Di qui il mio nome
di battesimo: Tsampìcos. Dopo di
me sono nati una sorella e un fratello, vissuto solo pochi mesi. Quando
è morto mio padre, trovandoci in
grande povertà, mia madre è andata
a lavorare nei campi e durante l’ultima guerra per sfamarci ha venduto
perfino la mia catenina di battesimo,
che per noi è molto importante. Una
donna veramente eroica!
«Fin da piccolo amavo molto frequentare la chiesa. Già verso i seisette anni conoscevo bene la liturgia
e tutti gli inni. Più tardi sono rimasto
affascinato dall’insegnamento dei
Padri della Cappadocia: Basilio, i
due Gregori, di Nazianzo e di Nissa;
Città Nuova - n. 1 - 2013
21
DA RODI A VENEZIA COSTRUENDO PONTI
Oreste Paliotti
At t ualità
ma anche il Crisostomo e altri. È così
cresciuto in me il desiderio di mettermi al servizio di Dio come sacerdote.
A dire il vero, da giovane avrei voluto
diventare anche un grande atleta, ma
la chiamata è stata più forte.
«Ho potuto frequentare la scuola
ecclesiastica di Patmos solo perché
risultavo sempre fra i primi cinque
esonerati dalle tasse. Dopo sette anni, nella famosa Facoltà teologica di
Chalki-Costantinopoli, ero allo stesso banco del futuro patriarca Bartholomeos, che allora si chiamava
Dimitrios. Il patriarcato all’epoca
era molto in croce, anche la mia vita proseguiva fra tante difficoltà, in
modo precario. Mai però ho avvertito il peso della povertà: Dio non mi
faceva mancare la pace dell’anima, il
gusto della preghiera».
Il discorso cade sull’indimenticabile patriarca Athenagoras: «Non
sempre è stato capito, a motivo della
sua apertura… Era un uomo dalla fede intrepida, che aveva saputo vincere ogni sorta di distinzioni e viveva
22
Città Nuova - n. 1 - 2013
L’arcivescovo Gennadios
durante una sacra liturgia.
il dialogo della carità. Non solo l’ortodossia, ma tutta la cristianità deve
essergli riconoscente. Lo ricordo
quando, terminati gli studi, al momento di ricevere la sua benedizione,
mi ha detto a sorpresa, quasi intravedendo un disegno su di me: “Tu
andrai in Italia, abbiamo bisogno di
nuovi sacerdoti per i tempi che vengono, tempi di dialogo con la Chiesa
cattolica”».
Così è avvenuto. Sono trascorsi
ormai 51 anni da quando l’arcivescovo si trova in Italia, di cui 35 circa a
Napoli, dove è andato come diacono
col nome di Gennadios, è stato ordinato sacerdote e più tardi vescovo:
il primo vescovo ortodosso residente
sul suolo italiano dopo secoli. «Dopo
il dottorato in teologia nel 1961, ho
proseguito gli studi alla Pontificia fa-
coltà teologica dell’Italia Meridionale, con tesi di laurea su: “Il contributo
del patriarcato ecumenico per l’unità dei cristiani”. Ho insegnato dieci
anni all’Istituto San Nicola a Bari. E
sono veramente felice per la mia permanenza in Italia».
Sempre a Napoli, ha conosciuto i
Focolari. «Sì – prosegue illuminandosi –, ero giovane e inesperto, ma
grazie ai fratelli e alle sorelle del
focolare ho imparato a tradurre nel
concreto quanto avevo appreso a
Chalki: ad accettare il dolore, a perseverare nel bene, a conoscere e amare l’uomo. Napoli è stata per me una
vera università».
Risale al 1966 la sua conoscenza
della fondatrice dei Focolari. «L’anno seguente, ero presente al suo primo incontro al Fanar con il patriarca
Athenagoras, che la chiamava Tecla
come la prima discepola di san Paolo. “Chiara nostra figlia – diceva a
tutti – con la sua spiritualità molto
simile alla nostra diffonde vita dove
non c’è vita, porta il vangelo, Cristo”.
Molti gli incontri personali con lei;
l’ultima volta al Policlinico Gemelli
di Roma, dove ho accompagnato a
farle visita il patriarca Bartholomeos.
Non saprei esprimere le sensazioni
che suscitavano in me le sue parole,
quegli occhi così luminosi. Era una
figura angelica, degna di tanta venerazione».
Si parla dell’Anno della fede, della necessità di un nuovo annuncio di
Cristo nel nostro mondo secolarizzato: «Il grande ostacolo all’evangelizzazione è la divisione fra le Chiese,
ma dobbiamo andare avanti fiduciosi,
senza paura, amandoci di più, come
diceva il patriarca Athenagoras. Cristo è venuto una volta per tutte per la
nostra salvezza. Tocca a noi adesso,
cattolici e ortodossi insieme, prendere il suo posto sulla croce e sacrificarci per realizzare la volontà di Dio
“che tutti siano una cosa sola”».
a cura di Oreste Paliotti
À COME PUBBLICITÀ
di Raffaele Cardarelli
Fa m ig l ia e s o c ie t à
Fa m ig l ia e soc ie t à
Efficaci schemi
comunicativi
Scompaiono i reality.
Cosa imparare da cattivi esempi televisivi?
«T
rovo che la televisione sia
molto educativa. Ogni volta
che qualcuno
l’accende, vado in un’altra stanza a leggere un libro». (Groucho Marx)
Dopo 12 anni di dominio nella prima serata televisiva, Grande fratello
e L’Isola dei famosi sono
stati tolti dalla programmazione di Rai e Mediaset, per il calo degli ascolti. Una puntata di Gf (o di
Isola, i valori sono simili)
è stata vista, almeno per
qualche minuto, da un
italiano su 4; complessivamente, tutte le puntate
di Gf dell’ultima edizione
hanno coinvolto quasi 7
italiani su 10.
Perché questi programmi hanno ottenuto
tanto successo, suscitando polemiche e dibattiti?
Abbiamo visto come le
comunicazioni più efficaci influenzano i nostri
comportamenti, quando
soddisfano un’importante esigenza: dare sostanza
oggettiva/razionale
alle
nostre aspettative, ai nostri
valori fondamentali. Molti
spot e film sintetizzano
queste tensioni, tramite i
divi (chiamati così, perché
eredi moderni degli antichi “dei” pagani, figure
mitiche che rappresentavano, in forma perfetta, i
valori più importanti come
l’amore, la sapienza o la
guerra).
Gf, il primo reality – un
programma che mostra
persone ordinarie in situazioni che dovrebbero
rappresentare la loro vita
reale – trasmesso in Italia
dal settembre 2000, portò
una novità, tanto importante quanto pericolosa:
il divo non è più una sintesi perfetta a cui tendere,
perché, mostrando i suoi
limiti, è «uno come me,
come noi». Questa visione, che abbassa il divo al
livello del suo pubblico
(io posso essere sin d’ora
una star, senza bisogno di
studiare o di migliorare)
ha influenzato ed influenzerà la formazione culturale di molti giovani e meno giovani. Anche perché
Gf è stato l’antesignano
di altri reality che, come
nel caso dell’Isola dei famosi, hanno proposto divi
professionisti – o presunti
tali – nei loro aspetti più
riprovevoli.
Eppure questo efficace schema comunicativo
può essere utilizzato con
fini e risultati ben diversi.
Oltre cento Ragazzi per
l’unità della Lombardia
hanno realizzato un musical, intitolato Raggi di
Luce, per raccontare la
storia di Chiara “Luce”
Badano (www.chiaraluce.
org), una ragazza ligure,
morta a 18 anni per un tumore osseo, che riuscì a
testimoniare, nelle proprie
esperienze giovanili (rapporti con amici, insuccessi
scolastici), il suo speciale
innamoramento per Dio e
il desiderio di vivere per
un ideale che non muore. Chiara “Luce” è stata
proclamata beata nel settembre 2010 ed è un testimonial meraviglioso per
giovani e meno giovani.
[email protected]
Città Nuova - n. 1 - 2013
23
Fa m ig l ia e soc ie t à
CONTROCORRENTE
di Sara Fornaro
Noi scommettiamo sul futuro
Scegliere di sposarsi e di fare figli anche se c’è la crisi.
Incoscienza o lungimiranza?
M
aria Grazia e Gaetano Trombetta
vivono alle porte
di Roma. Lei non
lavora. Lui un contratto ce l’ha, ma l’avvenire è incerto. Aspettano il
primo figlio, che nascerà a
marzo. Nonostante la crisi. «Questo è il momento
migliore per fare un figlio:
potrò accudirlo io, visto
che non lavoro. È un salto
nel buio – ammette Maria
Grazia –, ma per noi que-
24
Città Nuova - n. 1 - 2013
sto bambino è una scommessa per il futuro, un segno di speranza».
Come loro, tanti altri
hanno deciso di scegliere
la vita. Una decisione fuori moda, di questi tempi,
quasi quanto sposarsi. Soprattutto se i grandi esperti
fanno sembrare il desiderio di avere un figlio una
sorta di cattiveria per il
nuovo nato, che – assicurano – sin dal primo respiro avrà una montagna di
Lucia e Vincenzo Aliperta
con i figli.
debiti e un futuro precario.
Eppure, per fortuna, ci
si sposa ancora. Perché
farlo con la crisi è ancora
più significativo. Ne sono
convinti Hind e Hamid.
Vengono rispettivamente
dal Marocco e dal Pakistan
e vivono a Padova. Hanno
fondato la loro famiglia
sull’amore di Dio, fidando-
si delle parole del Corano
che dicono: «Chiedete e vi
sarà dato...».
La crisi non spaventa
nemmeno Lucia e Vincenzo Aliperta. Vivono in
provincia di Napoli. Lei è
una precaria, lui un ingegnere edile costretto a barcamenarsi tra il lavoro e i
clienti, pubblici e privati,
che non pagano. Hanno
due figli: Luigi, 4 anni,
e Chiara, di pochi mesi.
«Fosse per me – assicura
Lucia – farei anche il terzo figlio, perché mi danno una grande gioia e la
forza di andare avanti. A
volte i soldi non ci sono,
ma prego tantissimo e non
mi faccio prendere dallo
sconforto, mi fido di Dio
che ci ha mandato questi
bambini». Una fiducia,
afferma Lucia, sempre ripagata. «Dopo la nascita
di Chiara – aggiunge –,
Vincenzo ha ricevuto un
vecchio pagamento e ogni
volta che siamo in difficoltà arriva l’aiuto che
ci serve. L’importante è
condividere i problemi,
senza vergogna, senza
nascondersi dietro inutili
apparenze, fidandosi degli
altri». «Un bambino – aggiunge Vincenzo – è un
segno di speranza anche
in un periodo negativo come questo e noi gli auguriamo un mondo di luce.
La crisi mi spaventa, ma
con Lucia vogliamo essere ottimisti e credere nella
provvidenza».
IL SACERDOTE RISPONDE
di don Tonino Gandolfo
Ti perdono
«A me che sono della terza età fa una certa impressione vedere durante
la messa tutte le persone presenti in chiesa andare a ricevere la
Comunione. Quando ero giovane, non mi comunicavo se dall’ultima
confessione era passato qualche mese».
E. F.
Quand’ero parroco, sottolineavo soprattutto un aspetto: il sacramento
del perdono, come gli altri sacramenti, è un incontro con Gesù. Avviene
né più né meno quello che avveniva quando Gesù incontrava Zaccheo,
la donna peccatrice, l’adultera, Matteo. Questa riscoperta permetterebbe
di superare la difficoltà tipica di questo sacramento, che non viene
percepita in maniera così palpitante negli altri sacramenti: la presenza
del ministro, di un mediatore, che viene sentita ingombrante per vivere
il proprio rapporto con Dio.
Solo rimettendo al centro Gesù si supera questo scoglio: si scopre che
la nostra fede ha un aspetto storico, quindi visibile, che non può essere
cancellato. Dio si è fatto manifesto nel volto di Gesù e, potremmo dire,
il volto del Padre lo incontriamo in quello di Gesù. Anche le persone
che incontravano Gesù per le strade della Palestina avrebbero potuto
dire, come in effetti dicevano i farisei: come fa un uomo come me a
perdonarmi a nome di Dio?
Ma noi abbiamo bisogno non solo di sapere che Dio ci vuol bene, ci
perdona, ma abbiamo bisogno di vederlo. Ed è questo il compito del
ministro, che non per nulla si chiama così, cioè servo, uno che è a
servizio di un Altro, non di sé stesso, e a questo Altro deve rimandare.
Che sia invalsa un’abitudine a non considerare necessaria la
confessione, perché «tanto me la vedo io con Dio», è vero!
Occorrerebbe mettere in luce anche l’aspetto ecclesiale dei sacramenti,
ma sono convinto che le cose possono prendere una buona strada solo se
rimettiamo al centro Gesù e la sua parola.
[email protected]
Domenico Salmaso
Non si fanno spaventare nemmeno Tatiana e
Paolo Fabietti, di Latina.
Lei si definisce una “precarissima” della scuola,
lui lavora in ospedale.
Di figli ne hanno sei, più
un’altra in arrivo. Con
una famiglia così non si
passa certo inosservati. E tra chi plaude e chi
si stupisce, c’è anche chi
si arrabbia. «Già al terzo
figlio – dice ridendo Tatiana – davamo scandalo.
Ma adesso, con sette, per
qualcuno è assurdo. Un
collega di mio marito che
ha un solo figlio e vive in
una grande casa era arrabbiato con noi perché, diceva, sette figli sono troppi. Io gli ho risposto che
glielo saprò dire quando
nascerà la bambina. Di sicuro sei non sono troppi:
viviamo in armonia e accogliamo e amiamo ogni
bambino come un dono
prezioso. Sì, la casa può
essere stretta, ma a noi
non importa che sia tutto
perfetto, che ogni figlio
possa fare musica, danza
o inglese. Quando nacque
il nostro primo figlio Paolo mi disse: “Sarà l’amore
tra noi che lo farà crescere e gli darà equilibrio”.
Ed è ancora così».
E niente paura per la
crisi. Il segreto, spiega Paolo, è «la certezza che Dio
è con noi». Poi, aggiunge
Tatiana, basta vivere giorno per giorno con amore e
un po’ di fantasia, sicuri
della provvidenza e della
vicinanza di altre famiglie
con cui condividere abiti e
difficoltà...
Famiglia e società
VITA DI SPOSI
di Maria e Raimondo Scotto
Lo schermo gigante
«È troppo impulsivo.
Spesso fa delle spese senza
condividerle. Ultimamente
è arrivato a casa un nuovo televisore con schermo
gigante, senza che io ne
sapessi niente. Ci sono rimasta molto male e mi sono arrabbiata: non si possono fare le spese in questo
modo, e in un momento
così delicato per la nostra
economia. Lui non mi ha
capita. Se, cercando di volergli bene, rimango invece
in silenzio, ho l’impressione di essere fraintesa e che
lui pensi che il mio silenzio
significhi approvazione».
L.C. - Sicilia
Il silenzio in certi momenti può essere molto
importante per evitare
scontri. Ma come fare per
non essere fraintesi? Il dolore, che deriva da certe
situazioni apparentemente senza sbocco, se accolto, è un grande mezzo
di crescita; a patto, però,
che esso non generi passività, un lasciarsi andare,
ma piuttosto creatività,
iniziative sempre nuove.
Anche il tuo silenzio deve
essere creativo. Puoi cercare sempre tutte le strade per far migliorare le
cose attraverso la fantasia
dell’amore.
LO PSICOLOGO
di Pasquale Ionata
Tutto dipende da noi
«Nelle riviste di salute si legge spesso che tutto dipende da noi. Che vuol dire per la psicologia?».
Mariella di Cosenza
Quando il pensatore Friedrich Nietzsche faceva
dire al profeta Zarathustra che la vita era una scelta tra «la divina leggerezza dello spirito uccello e la
diabolica pesantezza dello spirito di gravità», è come
se ci stesse invitando a scegliere di vedere la realtà
tra due prospettive, una di leggerezza ondulatoria e
un’altra di pesantezza corpuscolare. Si dice che Albert Einstein abbia dichiarato che la decisione più
importante che si possa prendere sia credere in un
universo benevolo oppure in un universo ostile. In
ultima analisi, nei confronti della realtà che accade
dentro o fuori di noi, tutti abbiamo continuamen-
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Città Nuova - n. 1 - 2013
Occor rerà puntare,
più che alla correzione
dell’impulsività di tuo marito, all’incremento della
comunione tra voi. Cerca
di partecipare emotivamente al suo mondo, raccontagli più spesso le tue
riflessioni, le tue preoccupazioni, fallo sentire unico
te due scelte possibili: il problema è capire qual è
la scelta che ci fa stare bene ed evitare quella che
ci fa stare male. La buona notizia è tenere sempre
a mente la seguente frase: «Cambia il modo in cui
guardi le cose e le cose che guardi cambieranno».
E tutto questo avviene attraverso la parola, dato che
il linguaggio modifica il modo di percepire la realtà perché ciò che pensiamo di noi stessi è ciò che
pensiamo del mondo, e il mondo viene visto sempre
attraverso le parole. La parola è alla base del pensiero
e il pensiero non è che un’estensione delle emozioni.
Si può dunque, per esempio, ridimensionare in modo
sostanziale la reazione di un individuo di fronte a una
data situazione semplicemente scegliendo le parole
giuste, come ben fa la seguente storiella indiana dei
nativi americani.
Un nonno stava parlando con il nipotino, che gli diceva: «È come se avessi due lupi che ululano dentro
di me. Il primo è arrabbiato, inferocito e cerca la vendetta, il secondo invece è pieno di amore, tenerezza,
compassione e desiderio di perdonare. Quale dei due
lupi pensi che vincerà?». Il nonno rispose: «L’unico a
cui deciderò di dare da mangiare».
[email protected]
IN FAMIGLIA
di Giovanna Pieroni
Cosa farò da grande
«Nostro figlio frequenta la terza media e in gennaio dovremo iscriverlo
alla scuola superiore. Questo passo genera ansia in famiglia e qualche
discussione: secondo mia moglie un liceo classico può dargli una
preparazione più ampia che potrà agevolarlo nella continuazione degli
studi, mentre io non sono così sicuro che sia portato per quel tipo di scuola.
Abbiamo le idee confuse e finisce che litighiamo tra noi».
R. e V. - Frascati
È normale avere dubbi e incertezze davanti ad una scelta che implica di
riflettere sulle attitudini e sulle aspirazioni di un ragazzo, pensando al suo
futuro, proprio quando a tredici anni la sua identità è ancora in formazione.
Una buona comunicazione con gli insegnanti e il confronto con studenti
di scuole superiori possano agevolare l’orientamento scolastico, così come
partecipare a giornate di “scuola aperta”, organizzate dai vari istituti per
presentare le varie offerte formative. Come genitori qualche volta vorremmo
mettere i figli in condizione di avere ciò che è mancato a noi o di seguire le
nostre orme, ma non dovremmo dimenticare che si tratta di una scelta che loro
stessi, aiutati dalla famiglia, devono fare. Dunque è il momento del dialogo
fatto di attenzione, di ascolto discreto e paziente, con cui ogni scelta può
diventare un’ occasione di crescita, per tutti. Bisognerebbe porsi in un
atteggiamento aperto verso vostro figlio, sospendendo le preoccupazioni e i
desideri, creando uno spazio in cui lui senta di potersi esprimere liberamente.
Riconoscendogli il diritto ad un “disegno” personale da scoprire insieme,
non si sentirà limitato da un’idea che avete di lui che potrebbe condizionarlo
e, sostenuto dalla vostra fiducia, probabilmente riuscirà, insieme a
voi, a individuare quello che è meglio per lui. Essere genitori significa
accompagnare i figli a fare delle scelte, ma anche accettare il rischio che
possano fare tutt’altro da quello che noi gli indichiamo. Sappiamo infatti
che essi sono “altro da noi”, come dice Gibran: «Possiamo donare loro il
nostro amore, ma non i nostri pensieri, perché hanno i pensieri loro propri».
Coraggio!
[email protected]
Domenico Salmaso
e importante. Chiedi sempre il suo parere sulle tue
piccole scelte quotidiane,
talvolta anche su quelle
che ti sembrano veramente
solo tue (per esempio una
lettera ad un’amica, una
telefonata ad un parente).
Questo tuo sforzo sincero di condivisione, fatto
però in modo veramente
gratuito e senza attenderti che lui faccia lo stesso,
è l’unico metodo in grado
di generare anche in lui il
desiderio di una maggiore
complicità e di far nascere
tra voi la reciprocità. Insomma è la regola d’oro:
«Fai all’altro quello che
vorresti fosse fatto a te».
Verrà poi sicuramente
anche il momento in cui
potrai ricordargli la preziosa eredità che dobbiamo lasciare ai figli: non
tanto il benessere economico (l’attuale situazione
economica è una preziosa occasione per ribadire
questo), ma la bellezza di
saper stare insieme, aldilà dei nostri caratteri,
con fedeltà, con generosa
e totale accoglienza, e di
saper godere delle semplici gioie della vita. Uno
schermo gigante potrebbe
essere utile in certe circostanze, ma solo insieme si
può meglio capire la reale
necessità di certe spese.
Non potrebbe forse
questa crisi economica
spingere a vivere di più in
famiglia, a riscoprire divertimenti più semplici, a
rieducarci giovani e adulti
a resistere alle sollecitudini del consumismo?
[email protected]
Città Nuova - n. 1 - 2013
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Aids
Il villaggio
della salvezza
I
A NYUMBANI,
IN KENYA,
ANCHE I BAMBINI
MALATI FANNO
LE CAPRIOLE
l villaggio di Nyumbani, che
in lingua swahili significa “la
casa accogliente”, si trova nel
quartiere residenziale più bello
di Nairobi, ed ospita un gran
numero di bambini africani orfani
e nonni che vivono in condizioni
di estrema povertà. Il progetto
nasce da padre Angelo D’Agostino,
medico e missionario gesuita, che
nel 1992 ha iniziato la costruzione
della prima casa di accoglienza per
bambini orfani sieropositivi e per
malati di Aids. L’idea prende vita dalla
semplice consapevolezza che l’Africa
subsahariana era e rimane tuttora
la regione più colpita dall’Hiv, basti
pensare che 23,5 milioni di persone
contagiate da questo virus, e cioè
il 69 per cento del totale mondiale,
vive proprio nell’Africa subsahariana.
I bambini di Nyumbani (nella foto, un
giovane alunno gioca nel cortile della
scuola), vengono accolti con attenzione,
gli viene data un’istruzione e un team
di esperti si occupa della loro salute.
Grazie all’impegno e alla cure di padre
D’Agostino e dei suoi collaboratori,
molti bambini, arrivati sieropositivi,
oggi sembrano guariti completamente.
Così il villaggio diviene fonte di
speranza per ragazzi e ragazze vittime
di un male che non hanno scelto.
Giulia Martinelli
Città Nuova - n. 1 - 2013
29
Attualità
STILI DI VITA EMERGENTI
di Mariagrazia Baroni
L’ENERGIA
SOSTENIBILE
DELL’ALTRO
ESSERE SOLIDALI
E ATTENTI ALL’AMBIENTE.
SI IMPARA A SCUOLA CON
UN PROGETTO INCENTRATO SUL DARE
30
Città Nuova - n. 1 - 2013
U
no stile di vita sobrio e delle
buone pratiche, che risparmi
energia – salvaguardando l’ambiente e riduca l’inquinamento
–, ma che pensi anche a chi
vive in Paesi disagiati. Loro, gli studenti di alcuni istituti superiori di Palermo, Velletri e Genzano di Roma,
lo hanno imparato a scuola ed ora lo
insegnano ai propri genitori e compagni di scuola. Tanto che il progetto
a cui hanno aderito, dal titolo “Dare
per salvaguardare l’ambiente” – e di
cui sono stati protagonisti indiscussi,
con tanto di riconoscimento con medaglia della Presidenza della Repubblica –, è stato uno dei premiati lo
scorso ottobre dall’Inca (Consorzio
interuniversitario per la chimica e
l’ambiente, ndr.). Un riconoscimento
scientifico ma anche etico motivato
dall’«elevato valore in termini di
sensibilizzazione della società».
I ragazzi protagonisti del progetto ripresi in diverse
situazioni nelle loro scuole. A fronte: un messaggio
chiaro per invitare al risparmio.
Ideatrice e referente di questo
programma delle buone pratiche individuali e collettive, che ha avuto
il suo esordio all’Itis “Ascione” di
Palermo nel 2008, la professoressa
Elena Pace, veneziana d’origine e
attualmente docente in chimica all’Istituto “Pertini” di Genzano. «Lo
squilibrio esistente nel pianeta – ci
racconta – non è solo energetico. C’è
chi ha possibilità di spreco e chi non
ha nemmeno il necessario». Da questa riflessione sul consumo critico e le
situazioni di disagio di alcuni loro coetanei in altre zone del mondo, nasce
l’idea del progetto “Dare per salvaguardare l’ambiente”. Un percorso
interdisciplinare, trasformatosi in un
“Patto di risparmio energetico” da stipulare fra studenti e da condividere
con i genitori. Grazie al biologo Stefano Ristori, i ragazzi imparano qual
è il rapporto tra risorse, ricchezze e
densità di popolazione per cui i nostri
consumi non sono di fatto sostenibili, soprattutto per chi vive nei Paesi
disagiati. I piccoli atti, quali lo spegnere la luce in casa o gli apparecchi
in stand-by o il chiudere il rubinetto
dell’acqua, hanno il loro corrispettivo
in termini di risparmio economico (10
centesimi) ed acquistano un valore
aggiuntivo se si sostengono, con il
risparmio corrispondente, nuovi progetti come le borse di studio per altri
ragazzi disagiati promossi da School
mates, un progetto che promuove una
rete tra le scuole (vedi www.schoolmates.org). «È stato piacevole vedere
come tutte le classi si sono sentite
coinvolte e unite nel farlo», ha detto
uno dei ragazzi.
Gli effetti degli atti del risparmio
non tardano a farsi sentire anche
sulla bolletta. «Un ragazzo si era
proposto di fare 150 atti di risparmio
energetico – racconta la professoressa –, col risultato che quando ha
raggiunto l’obiettivo ha continuato
a farli lo stesso perché ormai era
“un’abitudine”, dopo aver costatato
un effettivo risparmio sulla bolletta
di 50 euro in 2 mesi».
Ma il “patto” scende anche in
piazza. Così succede a Marino, ad
Anagni e a Velletri dove il sindaco,
Fausto Servadio, lo ha firmato ringraziando pubblicamente i ragazzi.
Anche i professori raccontano gli
effetti di questa esperienza: «Il soddisfacimento dei bisogni attraverso
la condivisione dei beni ha messo in
rilevo il binomio piccolo-grande perché non c’è niente che si possa considerare piccolo se inserito in un progetto più grande». «Quest’esperienza
ha aiutato anche me. Ho visto fare ai
ragazzi cose che non avrebbero fatto,
come spegnere in classe il cellulare.
Ma farlo per altri che sono nel bisogno è stata la vera molla», racconta la
professoressa Pace. Un nuovo modo
di vivere green, insomma, che risparmia sì, ma non nel donarsi.
Per approfondimenti cf. il n. 28 di dicembre di Green, la rivista on-line dell’Inca
UN PROGETTO
CHE EDUCA
Intervista con Donato Salfi, psicologo, docente e direttore scientifico dell’IsacPro
Un progetto che mette insieme
l’aspetto scientifico e quello etico,
l’ambiente e l’economia. Quale la
sua valenza educativa?
«Oggi si parla spesso di emergenza
educativa, ma altrettanto spesso si dimentica che questo problema trova le
sue radici nella cultura della società
Città Nuova - n. 1 - 2013
31
At t ualità
L’ENERGIA SOSTENIBILE DELL’ALTRO
in cui nasce e si sviluppa: una società e una
cultura che ha separato
l’etica dall’educazione.
Il valore del progetto
portato avanti dalla professoressa Elena Pace e
da un discreto numero di
docenti all’interno della
propria istituzione scolastica sta proprio qui:
si tratta di un percorso
che ha messo insieme le
esigenze della didattica
con tutti i suoi contenuti
disciplinari da apprendere e la necessità di generare un cambiamento
dei comportamenti personali degli studenti, dei
docenti e dei genitori,
oltre che dei modi di
pensare e di agire dell’
intera comunità.
«Ciò di cui parliamo non è un fatto
isolato. Nell’intero Paese si vanno
diffondendo innumerevoli progetti
come questo che accendono la speranza nel futuro dell’educazione.
Col mio gruppo di ricerca li stiamo
incontrando in una serie di appuntamenti formativi con un metodo che
vogliamo sia coerente con la natura
di queste esperienze: rinunciare a
prassi che consistono nel versare saperi e contenuti in “recipienti vuoti”
per sperimentare che il sapere nasce
dalla vita».
La dimensione locale e quella
globale. Anche questo è importante
in un processo educativo del XXI
secolo?
«Il progetto ha realizzato una
dimensione che è sempre più supportata dall’evidenza della ricerca:
interessarsi all’altro, prendersi cura
dell’altro costituisce un fattore predittivo del benessere, oltre che un
fattore protettivo della salute mentale. Sembrerebbe poi che, quando si
32
Città Nuova - n. 1 - 2013
Gli studenti di Genzano durante una fase di lavoro in classe: quando si cerca
il bene comune gli stimoli a migliorare sono maggiori.
finalizza l’apprendimento alla realizzazione del benessere dell’altro, l’apprendimento stesso diventa maggiormente significativo. Insomma, prendersi cura dell’ altro, nel processo
educativo del XXI secolo, costituisce
una molla importante».
Gli studenti che hanno aderito
al progetto hanno col tempo acquisito uno stile di vita diverso. Come
si crea nei ragazzi un’abitudine positiva?
«Come mostra l’esperienza di
questi insegnanti, il comportamento
può essere inizialmente rinforzato in
modo estrinseco. Quando occorre,
anche con premi tangibili e, nel caso
dei bambini più piccoli, addirittura
commestibili: è la legge della nonna
o, come la chiamano gli americani, la
legge di Premak. La nuova condotta,
appena appresa, viene poi generalizzata al contesto di vita dell’allievo il
quale può sperimentare che il nuovo
comportamento è funzionale a quel
contesto, sino a che il comportamento diventa intrinsecamente motivato.
«La parola chiave del successo di
questo percorso è la coerenza tra gli
ambienti di vita del ragazzo che, ovviamente, non può essere premiato a
scuola per uno stesso comportamento
per il quale a casa viene punito.
«Dal racconto di questi docenti
emerge con chiarezza come sia determinante la condivisione del progetto educativo da parte della scuola
e della famiglia e mostra quanto sia
saggio il proverbio africano che recita: “per educare un bambino ci
vuole un intero villaggio”».
a cura di Aurora Nicosia
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Attualità
C
osì Toy è entrato nella nostra
vita. Mai avrei voluto un cane,
perché lo ritenevo una vita in
più da accudire, insomma una
fatica in più da fare con poco
ritorno in cambio. Non mi sbagliavo:
Toy è il cane più sfaticato che esista.
Quando torno dal lavoro e lo vedo
disteso come un pascià sulla sua poltrona, con la pancia all’aria e quello
sguardo sornione, mi verrebbe voglia
di mollargli una pedata. Ma… ormai
è lui, Toy, parte della famiglia. Debbo concordare con Pennac: «Quando
si sceglie di vivere con un cane, è per
sempre. Non lo si abbandona. Mai.
Mettetevelo bene in testa, prima di
adottarne uno».
Le cose andarono così: dopo lunghe insistenze da parte di uno dei figli, e altrettanti temporeggiamenti e
dinieghi da parte mia, alla fine avevo
ceduto. Andammo al canile e mi prodigai per cercare il cane “meno cane” che ci fosse. Ci mostrarono Toy,
un meticcio, una specie di bassotto
spinone con la giovane vita segnata
da un’infanzia traumatica. Fu amore
a prima vista. Dal primo sguardo, un
po’ implorante un po’ furbescamente
servile, capimmo che era lui, il prescelto. Nessun dubbio. Così Toy è
entrato nella nostra vita e noi nella
sua. S’è insediato a casa nostra come un dignitoso inquilino, ma ad
onor del vero non ha mai preteso di
mettersi alla stregua degli umani, ben
conscio del suo ruolo di cane.
«Dio si fermò un momento dopo
aver creato il cane per guardarlo... e
seppe che era buono, che non aveva
tralasciato nulla, che non avrebbe
potuto fare meglio», scriveva quel
gran poeta che è Rilke. Oggi molti
amano la compagnia di questo essere
a quattro zampe. A differenza di altri
animali i cani sono di grande utilità:
per il loro eccezionale udito e olfatto,
sono addestrati dalle unità cinofile e
ritenuti quasi insostituibili per il ri-
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Città Nuova - n. 1 - 2013
QUATTRO ZAMPE
di Michele Genisio
AMICO CANE
DA SEMPRE UTILE ALLA SOCIETÀ,
COMPRENDE I TUOI STATI D’ANIMO,
È PARTE DELLA FAMIGLIA
E SA ANCHE STARE AL SUO POSTO.
conoscimento di alcune sostanze e il
salvataggio di persone disperse.
Il cane è stato accanto all’uomo fin
dagli albori della civiltà. Uno dei primi animali ad essere addomesticato,
sembra provenire dal Medio Oriente
come discendente del lupo grigio.
Senza il cane la civiltà mediorientale
e mediterranea si sarebbe sviluppata
più lentamente: i cani erano ricercati
perché obbedivano ai comandi del
pastore, per la lealtà, perché facevano la guardia agli accampamenti e ai
greggi, per le poche esigenze e la resistenza a caldo e freddo.
Vi erano anche branchi di cani
selvatici che, ai margini degli abitati, si nutrivano di carogne ed erano
pericolosi per l’uomo. Per questo nel
mondo antico il cane da un lato era
reputato utile all’uomo, dall’altro era
disprezzato come animale impuro,
tanto che il termine “cane” era un insulto e come tale è riportato più volte
nella Bibbia.
Con il progredire della civiltà,
mentre i contadini continuavano ad
apprezzare il cane solo per la sua utilità, i nobili cominciarono a circondarsi di cani per la compagnia o la
caccia. Oggigiorno, il cane da compagnia è assai diffuso e molto amato in ampi strati della popolazione;
tanto che c’è chi cade nell’eccesso
di tenere in maggior considerazione
i cani degli esseri umani.
Emblema di fedeltà, il cane da compagnia
è assai diffuso e amato in ampi strati di popolazione.
Anche la cultura si è occupata di
cani. Nella letteratura il cane più celebre è Argo, cantato nel poema di
Omero come emblema di fedeltà.
Nel campo della filosofia, il greco
Platone sosteneva che il cane possedesse un’anima filosofica, mentre
il nostro Pirandello ammoniva: «Filosofi, abbiate tutti un cane. E prima
di affermare qualsiasi cosa, guardate
il vostro cane. Forse più di una vostra affermazione vi resterà allora
nella penna».
Ora, dopo un po’ di famigliarità
con Toy, capisco cosa intendeva Pirandello: il cane richiede linearità di
pensiero e chiarezza, sa leggerti dentro, non lo puoi ingannare con parole
astute. Come i neonati comprende al
volo i tuoi stati d’animo, intuisce cosa c’è dietro un’alterazione della voce o le pieghe del tuo sguardo, imita i
tuoi comportamenti. Annusando, conosce gli spostamenti e gli incontri
che hai avuto durante la
giornata. Ahimè, ti conosce. E allora tu apprezzi
che se ne stia in silenzio
o al limite abbai, mentre
la sua presenza ti predispone a lasciarti andare
alla naturale semplicità
della vita.
Nel delizioso libro di
Tobia, che fa parte della
Bibbia cattolica, c’è una
scena tenerissima: il giovane Tobia parte insieme
all’angelo verso le terre
di Media e il cane li segue. Questo quadretto
domestico – i due che
camminano chiacchierando e il cane che scodinzola attorno – sembra
faccia distendere il sorriso sul volto di Dio. E mi
pare il più bel monumento che si possa erigere a
un cane.
Città Nuova - n. 1 - 2013
35
D a l D avl i vvi ov o
PER VIVERE MEGLIO
di Donato Chiampi
Siamo
in cordata
Qualche nozione di alpinismo
può essere utile per capire
come “fare squadra”
M
(2) Domenico Salmaso
i è capitato ultimamente di leggere, con
frequenza crescente, frasi del tipo: «Ed ha fatto
cordata con alcuni imprenditori, puntando a
una quota di minoranza significativa»; «In
Sicilia cordate più che coalizioni. E addio al
bipolarismo»; «Due cordate per rilevare il Foligno.
Ma Z. dichiara: “Nessuna offerta”»; «Il titolare si era
detto a capo di una cordata di anonimi imprenditori
pronta a versare nelle casse pubbliche tra i 6 e gli 8
milioni di euro»; «Le elezioni si vincono per cordate»;
«L’interesse per Ansaldo Energia, ha spiegato la cordata,
si basa sulla convinzione che sia un’azienda leader
nel suo settore»; «Le strutture di partito tendono ad
essere terreno di scontro tra fazioni e cordate interne al
partito»; e via sparlando.
Andiamoci piano, la questione è seria. Qualche nota
alpinistica sulla “cordata” per capire di cosa stiamo
parlando forse può essere utile. Fin dagli albori
dell’alpinismo è stata utilizzata una corda per legare gli
alpinisti tra loro, fatta di fibre naturali e poco affidabile
in caso di cadute gravi. A metà del secolo scorso
venne introdotta la corda in nylon, leggera, elastica
e resistente, in grado di sopportare carichi di oltre
due tonnellate. In commercio si trovano corde di vari
diametri, lunghezze e caratteristiche, in base all’uso
specifico. E già, perché si usa la corda scalando su
roccia, salendo ghiacciai, sulle cascate di ghiaccio, in
una palestra con prese artificiali.
36
Città Nuova - n. 1 - 2013
Quindi, una volta che abbiamo la corda, ci leghiamo. Da
quando scalavano con i pantaloni alla zuava e passavano
la corda attorno alla vita ad oggi è stata introdotta la
novità dell’imbracatura. Un accessorio che distribuisce
l’eventuale impatto su una
superficie maggiore del corpo.
Legata la corda all’imbracatura,
possiamo partire per la nostra
avventura. Non mi dilungo
sui diversi tipi di scalata per
restare sui due più ricorrenti: la
scalata su roccia e su ghiacciaio.
Partiamo da una bella parete
verticale, ipotizziamo, delle
Dolomiti. Una volta legati,
il primo di cordata inizia a
salire posizionando nella
roccia attrezzi in cui viene
passata la corda. In tal modo,
in caso di caduta, rimane
appeso all’ultimo ancoraggio
posizionato. Tranquillo, non
cadi nel vuoto! C’è l’amico sotto che ha la corda tra le
mani e, tramite un semplice aggeggio, trattiene senza
fatica il primo di cordata. Arrivato in sosta, il primo
recupera il secondo. In caso di caduta accidentale il
secondo resterà semplicemente appeso alla corda e
ripartirà contento dell’invenzione della corda.
L’altro esempio è la cordata su ghiacciaio. Stiamo
camminando – giusto per fare un esempio – ammirando
il paesaggio sul ghiacciaio della Vallée Blanche, in caso
di scivolamento o caduta in crepaccio, il compagno
di cordata mi trattiene, sempre tramite la corda. Non
essendo questo un manuale d’alpinismo, lasciamo
perdere come si fanno i nodi, quali sono gli attrezzi
e come funzionano, i sistemi di ancoraggio e tutte
quelle espressioni misteriose e qualche volta buffe.
Veniamo al dunque. I due amici sono legati da una
corda e ognuno è responsabile della vita dell’altro.
Praticamente la cordata è un unico soggetto in cui
la responsabilità del singolo è di avere “in mano” la
vita del compagno. A nessuno è mai passato per la
testa di buttarsi nel vuoto per vedere se il compagno
lo trattiene, ma la fiducia è tale che viene riposta la
propria vita nell’altro. Si capisce perché la corda è il
simbolo dell’alpinismo; e se siete in vacanza sulle Alpi
notate che le guide alpine ogni anno entrano in chiesa
con la corda il giorno dell’Assunta.
Donato Chiampi
Monte Bianco: traversata sul Mar de Glacier e (sotto)
discesa in cordata doppia dal Dente del Gigante.
A fronte: scalatori inpegnati in una via dolomitica.
Siamo in cordata. Quando usiamo questa semplice
espressione stiamo dicendo: «Sei nelle mie mani, fidati
al cento per cento, ti salvo da ogni pericolo, non sei
solo, ti assicuro, con te vado in alto». Le cordate di
banche, partiti, imprese varie suppongo utilizzino corde
di zucchero filato, o altre fibre a me sconosciute.
Città Nuova - n. 1 - 2013
37
Dal vivo
OLTRE LA MALATTIA
di Violetta Conti
I tocchi
dell’anima
Comunicare la vita nonostante
la Sla. L’arte secondo Marco Mengarelli
N
Nato e cresciuto nel quartiere romano di Centocelle –
un melting-pot di tradizioni e culture regionali nella
capitale degli anni Cinquanta e Sessanta –, Marco
a 18 anni si arruola nella marina militare. È tecnico
di macchina e motorista navale, e negli otto anni di
caserma apprende i rudimenti della microfusione e
della realizzazione di piccoli oggetti in metallo. Ma
presto deve lasciare quanto intrapreso. La malattia
della madre – artigiana che gli trasmette l’estro e una
certa creatività – lo richiama al suo quartiere: «È stato
un anno impagabile», commenta. In quello stesso
periodo le botteghe degli amici orefici nel centro della
capitale diventano le miniere da cui imparare l’arte
orafa: «Facevo non solo piccole riparazioni, ma creavo,
lavoravo i metalli, imparando le tecniche di saldatura
castolin e quelle in oro».
38
Città Nuova - n. 1 - 2013
Domenico Salmaso
elle stagioni della vita non ci sono che esplosioni
di colori vividi. Che spesso vanno impastati
sapientemente al gesso e alla carta prima di poterli
trasporre su tela. È questa la “ricetta” dei quadri
e delle istallazioni di Marco Mengarelli – artista
romano di cinquantacinque anni – affetto da 22 da
Sindrome laterale amiotrofica. «Poter regalare un po’ di
tranquillità e di colore – racconta –: questo è quanto vorrei
trasmettere. Spero sempre che qualcuno, entrando in casa,
senta un po’ di gioia quando vede un mio quadro».
E nel giro di due anni i suoi lavori dalla casa dove abita
a Roma sembrano davvero non aver conosciuto barriere
architettoniche. Hanno fatto il giro dell’Italia, esposti
nelle gallerie e mostre del Lazio, Milano, Capri. E si
prospettano progetti a Firenze e con la Roe Gallery
di Londra. Dallo scorso anno, poi, Petì (questo lo
pseudonimo con cui si firma) espone con i “100 pittori
di Via Margutta”.
ma a quarant’anni «si blocca
l’ultimo dito».
Per Marco inizia un nuovo
capitolo della sua vita dove
il relazionarsi assume non
solo tonalità nuove ma anche
modalità inaspettate. La
scintilla che innesca il tutto è
Dio: «Credere per me è molto
importante. La mia è una vita
piena di Dio. Ha il primo posto
perché mi occupo sempre di lui e
lui si occupa di me. Insomma, è
un vero e proprio viavai tra noi».
Marco Mengarelli, in arte Petì,
con alcune sue opere e intento a dipingere.
Poi, imprevedibile, il responso inesorabile della Tac: la Sla
entra nella vita di Marco. Inizialmente in punta di piedi
e in seguito sempre più velocemente. La malattia sottrae
progressivamente prima i movimenti e poi l’autonomia.
Siamo tra la fine degli anni Ottanta inizi Novanta. La
Sla non era ancora nota alle cronache dei giornali quanto
oggi, «anche se gli studi in merito erano già molti».
Quando nel 1994 i primi sintomi della malattia
iniziano ad essere visibili «erano già cinque anni che
mi occupavo di oreficeria. Muovevo ancora le braccia,
così, pensando che c’è sempre spazio per continuare
a imparare – prosegue –, ho comprato un pianoforte»;
Oggi nelle giornate di Marco
ci sono tempi scanditi dagli
orari da rispettare con i ragazzi
dell’assistenza. Ma è l’impegno
per la pittura a occupare
costantemente i suoi pensieri,
se dietro l’angolo c’è un’idea o
anche un solo raggio di sole da
catturare. «L’arte per me è felice
trasporto per i colori» in cui si
mescolano astratto e figurativo.
Nella quotidianità occupano
un posto del tutto speciale
anche degli stecchi lunghi,
in legno, che terminano con
della plastilina, così ricorrenti
anche nelle sue istallazioni.
«Con questi bastoncini Marco
gestisce porte, manda mail, risponde al cellulare
e cambia i canali della Tv», mi spiega il ragazzo
dell’assistenza domiciliare che ha con lui ha una
familiarità di spazi ed esigenze del tutto domestica.
Tra le persone che ogni settimana si recano da lui c’è
anche chi lo aiuta a realizzare i suoi quadri: «È un
ragazzo. Viene a casa mia e io gli spiego tutto: da come
impastare i colori a come realizzare concretamente
il quadro che ho in mente». «Non sa molto di arte
– ammette –, anzi, è proprio “a secco”. E a volte gli
trema anche la mano». Semmai si avverta l’assenza
fisica dell’uno, c’è la presenza e l’attenzione all’altro
che sopperisce, in un continuo «scambio tra noi. È
la pazienza e la cura nell’ascolto dell’altro che ci fa
superare tutto. Anche le incomprensioni». Uno spazio
vitale in cui si comunica attraverso gli occhi: «Guardare,
osservare è quanto più mi completa». Tanto più perché
specchio dell’anima.
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39
Dal vivo
INCONTRI
di Tanino Minuta
«Al senegalese che vendeva borse,
con rispetto ho augurato buona fortuna…».
Basta un ciao!
Cominciamo dall’abc per
cambiare la qualità dei rapporti
I
n auto con un collega. Non c’è intesa e ciascuno di noi
è sigillato nei propri pensieri. Ci fermiamo per fare
benzina. Lui scende mentre io rimango sprofondato
nel sedile. Poi uno, due tocchi al vetro del finestrino.
È il benzinaio che con un sorriso mi fa: «Ciao!».
Quel ciao di uno sconosciuto ha l’effetto di una scossa
elettrica: mi ha fatto capire che sono fuori binario.
Quando il collega risale in macchina, gli chiedo scusa e
inizia una chiacchierata, principio di una salda amicizia:
tant’è che, tempo dopo, ammalatosi seriamente, mi
vorrà vicino negli ultimi momenti. Da allora un saluto,
un saluto gratuito, ha sempre un grande valore per me.
Un’amica che ha girato vari Paesi mi ricordava
40
Città Nuova - n. 1 - 2013
l’importanza del saluto in ogni cultura. È vero. L’ho
sperimentato quando vivevo in Ungheria, in Slovacchia
e altrove. Ai Castelli Romani, dove ora mi trovo, la
presenza di immigrati crea nuove coordinate di rapporti.
Li incontro nelle pizzerie o nei crocicchi a vendere rose,
fazzoletti, ombrelli, calzini. Alcuni si comportano da
diffidenti, perché in tal modo sono trattati.
Un giorno, al nigeriano dei calzini chiedo come sta
andando la vendita, e si apre una diga. Mi racconta della
famigliola, dell’ultimo nato, della difficoltà di trovare
lavoro. E ciò non per impietosirmi, ma per tenere aperto
un canale prima intasato. L’attenzione all’altro fa centro,
non i calzini che compri.
Un’estate, in spiaggia, ad un senegalese che vendeva
borse, pur rispondendo di non aver bisogno di nulla,
con rispetto ho augurato buona fortuna. Lui mi ha
stretto la mano con nobiltà. Dopo alcune ore, è tornato a
ringraziarmi; la giornata gli stava andando bene e voleva
regalarmi un braccialetto di filo colorato: «Tienilo come
porta-fortuna. Tu mi hai portato fortuna».
Ad un signore che avevo notato per il suo modo
strascicato di camminare, un giorno ho rivolto un saluto.
Si è fermato, contento di parlare con qualcuno della sua
malattia, del suo sentirsi inutile dopo essere stato mandato
in pensione prima del tempo: «Sa, gli amici mi salutano in
fretta, hanno sempre qualcosa di urgente. Altri fanno finta
di non vedermi. La malattia fa paura. Il mondo è malato.
Forse dovremmo cominciare dall’abc: con un saluto!».
Un giorno, nei pressi della stazione, offro il mio aiuto ad
una ragazza che tira a fatica un pesante valigione a cui
manca una ruota. E quando lei si accorge di non avere il
biglietto e neanche le monete per acquistarlo, gliene do
uno io. Ringrazia caldamente. Col braccio indolenzito,
proseguo il cammino. Faccio però in tempo a notare che
la ragazza sta aiutando una signora con un bambino e
un bagaglio a convalidare il biglietto. Sono colpito dalla
sua delicatezza. Mi sembra che si chiuda un cerchio.
Alla cassa del supermercato cedo il passo a una signora
dietro di me nella fila, il cui carrello contiene meno
spesa del mio. Ringraziandomi, chiede se faccio la
raccolta dei punti: a lei non servono. Accetto volentieri,
tanto più che la distribuzione dei punti è finita da una
settimana e a me ne mancano per aver diritto ad un
oggetto che vorrei regalare. A casa, noto con stupore che
i punti offerti sono esattamente quelli mancanti. È chiara
la lezione. Si comincia con un saluto, con un gesto e…
non si sa dove si arriva!
VERSO L’UNITÀ
di Igino Giordani
Spiritualità
Vedesti il fratello
vedesti il Signore
D
Domenico Salmaso
Nel Nuovo
Testamento
sono riassunti
i due precetti
dell’amore
di Dio e del
prossimo
io si ama anche nel fratello, in cui in certo modo si incarna. Per
amare convenientemente il fratello bisogna vedere in lui Gesú.
Si vede in lui Gesú, se lo si ama. Solo 1’amore vede ciò.
Dice un antico detto (Logia) attribuito a Gesú: «Vedesti il
fratello, vedesti il Signore».
Il fratello ci è dato per amare in lui il Signore. «Chi non ama il
fratello che vede, come può amare Dio che non vede? E questo
comandamento abbiamo da Dio: che chi ama Dio, ami anche i
fratelli» (1 Gv 4, 20-21).
Il fratello si vede perché, con la sua presenza, ci evochi la presenza
di Dio. È Dio in effigie. E ci è dato per questo. Ma come amarlo? Il
Signore ce lo insegna: «Amatevi come io vi ho amato».
Come si vede, per l’amore, Dio e fratello sono coordinati: sono legati. Io
arrivo a Dio amando il fratello; io arrivo al fratello amando Dio: io amo
l’uno perché amo l’altro. Il fratello è un mezzo per raggiungere Dio.
E l’originalità del precetto di Cristo è in questo nesso che associa Dio
all’uomo. Difatti mentre le due prescrizioni: «Ama Dio con tutte le
tue forze... ama il prossimo come te stesso», vengono dal Vecchio
Testamento, il precetto nuovo: «Amatevi come io vi ho amato»,
condensa il Nuovo Testamento, e riassume e sintetizza, nell’economia
dell’Uomo-Dio, i due precetti. Ché, amando a mo’ di Gesú, si ama
nel fratello il Padre: si ama per amore del Padre il fratello: si vede
nell’uno 1’altro, sí che si fa un solo amore; e il fratello si leva nella sua
figura di vicario di Dio; simile a Cristo, il quale ci si presenta anche in
sembianza dei fratelli: di maniera che i rapporti tra uomini diventano
tutto un fatto religioso, nel quale opera, da cemento, lo Spirito Santo.
Tale amore, illimitato come quello di Gesú, non s’arresta alla morte: chi
lo ha, dà la vita per il fratello. La dà, non la toglie.
Visto cosí, anche il precetto derivato dall’Antico Testamento: «Ama
il prossimo tuo come te stesso», si completa col signicato del precetto
del Nuovo Testamento: «Amatevi come io vi ho amato».
Il primo era sembrato a taluni inferiore o diverso dal secondo, dacché, in
senso ordinario, amar sé appariva egoismo: in tal senso il primo precetto
poteva intendersi come un trasferire le forze dell’egoismo (amor di sé
stesso) in altruismo (amor del prossimo). Ma l’amore, sulle labbra di
Gesú, è sempre amor divino: e il cristiano ama in sé stesso il Gesú che
è in sé. È un amore che appetisce il possesso di Dio: e dunque come io
desidero Dio per me cosí lo devo desiderare per gli altri. Così appunto
Gesú ha amato noi, essendosi sacrificato per noi, al fine di restituirci alla
paternità di Dio, e avendo desiderato di darci il Padre come lo possedeva
lui, al punto di poter dire: «Chi vede me vede il Padre››.
Da: La divina avventura, Città Nuova, 1952
Città Nuova - n. 1 - 2013
41
P Sa pr iorl iat ud ai l vi ti àt a
IN PROFONDITÀ
di Maria Voce
LA NOSTRA VIA:
“IO – IL FRATELLO – DIO”
Terza puntata di una conversazione
della presidente dei Focolari sull’”amore al fratello”,
uno dei punti cardine della spiritualità dell’unità
L’
amore al prossimo quindi, chiunque egli sia,
affonda la sua radice non in una filantropia
qualsiasi, ma nel fatto che siamo tutti figli
di un Unico Padre: facciamo parte di una
umanità che è “una”, che, creata dal Padre,
è chiamata a ritornare al Padre in unità.
È ciò che il Concilio Vaticano II, in Lumen Gentium
(13), uno dei suoi più importanti documenti, ha ben
evidenziato affermando: «Tutti gli uomini sono chiamati a far parte del nuovo popolo di Dio. Perciò questo popolo, restando uno e unico, deve estendersi a
tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si compia il
disegno della volontà di Dio, che in principio creò la
natura umana una e decise di raccogliere alla fine in
unità i suoi figli dispersi (cf. Gv 11,52)».
Sta qui, appunto, la radice di quella «fratellanza
universale in un solo Padre, Dio, che sta nei Cieli»,
su cui si fonda il nostro stesso Ideale: l’unità.
42
Città Nuova - n. 1 - 2013
Secondo la spiritualità dell’unità la “via” per andare a Dio passa necessariamente “per il fratello”,
secondo il trinomio: “Io – il fratello – Dio”: «Si va a
Dio insieme con l’uomo, insieme con i fratelli, anzi
si va a Dio attraverso l’uomo» (1).
Così ammonisce la Scrittura: «Chi non ama il fratello che vede non può amare Dio che non vede»
(1 Gv 4,20). E sant’Agostino incalza: «Potresti dirmi che non hai mai visto Dio; non potrai mai dirmi
che non hai mai visto gli uomini. Ama dunque il
tuo fratello. Se amerai il fratello che vedi, potrai
contemporaneamente vedere Dio» (2).
Abbiamo, infatti – è Chiara Lubich a metterlo in
rilievo proprio in una pagina del Paradiso –, «una
vita intima e una vita esterna»:
«L’una e l’altra una fioritura; l’una dell’altra radice;
l’una dell’altra chioma dell’albero della vita nostra.
Stefano Giustini
Ma non c’è nuova umanità, se prima non ci sono uomini nuovi
La vita intima è alimentata dalla vita esterna. Di
quanto penetro nell’anima del fratello di tanto penetro in Dio dentro di me; di quanto penetro in Dio
dentro di me di tanto penetro nel fratello…».
Ancora nel 1945 scriveva ad una delle sue prime
compagne: «Sai il “perché” della vita? Vivi per
amare!» e la esortava a «buttare in centinaia, in migliaia di cuori il desiderio infinito di amare l’amore
più di tutti i cuori del mondo» (3).
C’è già in questo anelito il suo desiderio di arrivare
ad ogni prossimo: per dare ad ognuno non solo il
pane materiale di cui ha bisogno, ma la stessa Luce
che Dio ha riversato nel suo cuore.
Per la Chiesa – si legge nell’Evangelii nuntiandi –
“evangelizzare” significa «portare la Buona Novella in tutti gli strati dell’umanità e, col suo influsso,
trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità
stessa. […] Ma non c’è nuova umanità, se prima
non ci sono uomini nuovi, della novità del battesimo e della vita secondo il Vangelo» (4).
Come cristiani, e ancor più come appartenenti al
Movimento dei Focolari, abbiamo la responsabilità
di vivere da uomini nuovi e di costruire questa umanità nuova, fondata sul Vangelo.
Come? Amando il prossimo.
(continua)
1) C. Lubich, Una via nuova, Città Nuova, 202, p. 20; 2) cf. Sant’Agostino, Commento alla prima lettera di Giovanni 5,7, in La teologia
dei Padri, III, Città nuova, 1974, p. 256; 3) C. Lubich, Lettere dei primi
tempi, Città Nuova, 2010, pp. 83-84; 4) Paolo VI, Esortazione apostolica
Evangelii nuntiandi 18: EV 5, 1610; cf. anche Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici 32: EV 11, 1742: la comunione con Gesù «ricevuta in dono» ha una «destinazione universale».
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Spiritualità
E SOLIDARIETÀ
di Stefan Tobler
In un paese sperduto
della Transilvania
L
a Transilvania è una
regione della Romania con
molte bellezze naturali,
ma anche con una grande
povertà, soprattutto in
quei paesi di campagna che
vivono più che altro di una
agricoltura di sussistenza. Un
mio recente viaggio in quei
luoghi mi ha portato in uno di
quei villaggi, su strade scassate
dove solo due volte al giorno
passano i mezzi pubblici. Vive
lì da anni un giovane sacerdote
ortodosso, fedelmente dedicato
al suo servizio pastorale, mai
tranquillo perché vedeva la
miseria in cui vivevano molti
bambini, soprattutto quelli
provenienti di famiglie di
zingari. Molti non fanno più di
sei anni di scuola, perché non
hanno né sostegno familiare
né altri esempi intorno a loro;
in più si sentono rifiutati dalla
maggioranza. Quest’anno
il sacerdote è riuscito a
convincere il sindaco a
offirgli gli spazi necessari, a
coinvolgere il direttore della
scuola media e a trovare i fondi
per accogliere ogni giorno 50
bambini e ragazzi tra i 10 e 15
anni dopo la scuola: un pranzo
caldo (per molti l’unico al
giorno), due ore di aiuto per
i compiti, un’ora di attività
pratiche e anche qualche
momento di spiritualità.
Ho visto brillare i loro occhi,
la grande voglia d’imparare,
l’apertura ad una educazione
umana e sociale e la capacità di
assumere con responsabilità i
44
Città Nuova - n. 1 - 2013
vari compiti che fanno parte del
progetto. Ho sentito la fierezza
nel tono di voce quando
raccontavano dei primi risultati
positivi a scuola.
Ma ciò che mi ha colpito
altrettanto era l’entusiasmo
di quelli che formavano la
squadra: il sacerdote appunto,
sua moglie, il direttore,
gli insegnanti, la cuoca,
la donna delle pulizie. Li
vedevo realizzati, non perché
il compito fosse facile, ma
proprio perché hanno dovuto
affrontare molte difficoltà e ne
sono usciti più forti.
Gesù finisce il suo Sermone
della Montagna con
l’immagine della casa costruita
sulla roccia, di quelli che non
solo ascoltano la Parola, ma la
mettono in pratica. Chi invece
dice “Signore, Signore”, ma
non fa la volontà del Padre,
non entra nel Regno (cf.
Mt 7,21-27). Queste parole
non sono una esortazione
morale d essere un po’ più
buoni. Esprimono una verità
esistenziale: chi non fa quello
che dice, è diviso in sé stesso
e perciò «non entra nel
Regno». Il cristiano invece
che vive l’amore in cui crede
è “di un pezzo”. L’ho visto
lì, in quel paesetto sperduto
della Transilvania, ma –
oserei dire – particolarmente
guardato da Dio, perché lì sta
sviluppandosi una comunità
di uomini autentici per i quali
l’amore non è soltanto una
parola.
«Ho visto
una comunità
di uomini
autentici
per i quali
l’amore non
è soltanto
una parola»
50
ANNI FA SU CITTÀ NUOVA
INVITO ALLA LETTURA
a cura di Gianfranco Restelli
di Elena Cardinali
Nel gennaio del 1963 Gabri
Fallacara andò a intervistare
il poeta Eugenio Montale, da poco
insignito del premio Feltrinelli,
nella sua casa milanese di via Bigli
11. Dell’articolo apparso sul n. 3 di
quell’anno sul nostro quindicinale
riportiamo il seguente brano.
Visita
a Montale
Montale non è un poeta intenzionale, non parte mai da una tematica o da un
programma comunque impostosi. Ora scrive poco, quasi niente, ma quando
scriveva vergava i suoi versi, dopo una specie di incubazione, su qualsiasi
pezzo di carta – anche microscopici biglietti del tram – che poi annidava nel
taschino del gilet; e talvolta è avvenuto che la cameriera, spazzolandolo, li
abbia buttati via. «Si tratta di attendere il momento buono, che poi magari
nemmeno riconosci per momento buono, ma insomma è in quel momento
felice o infelice che ti succede di scrivere quei tali versi».
«Ma quando le capita di rileggerli questi versi, che impressione ne ha?».
«Io mi rileggo raramente, ma quando mi rileggo in genere riconosco il me
stesso di allora: qualche volta scopro anche di essere mutato – o riconosco
di essere sempre lo stesso. Non saprei dare un giudizio obiettivo di me, non
saprei se si possono dare giudizi obiettivi di sé stesso – e non so neanche se
si possono dare giudizi obiettivi di un altro. Certo che il poeta si riconosce
in parte attraverso quello che i critici hanno detto di lui, ma anche questo
gli è molto pericoloso, perché si fabbrica un cliché di sé stesso e incomincia
a inventarsi una specie di alter ego, di personalità che gli viene attribuita.
Oppure gli si chiede di scrivere altre cose e in modo diverso: si finisce
per imporgli delle ricette che possono anche turbarlo anzichè aiutarlo. È
raro il caso contrario, è raro che le opinioni dei critici rafforzino il poeta
nell’opinione che ha di sé stesso e del suo signicato. Spesso lo intorbidano».
«E qual è il messaggio che come uomo e come poeta ha voluto dare alla
societa?».
«Messaggio, nessuno. Nella mia poesia questi messaggi, se ci sono,
sono molto impliciti, diciamo che sono nascosti dentro. Ho scritto però
recentemente molti articoli sul mio giornale (forse saranno raccolti in
volume) per mettere l’uomo in guardia dai lati negativi del progresso, dalla
costante massificazione, dalla mummificazione dell’individuo: questo è un
aspetto che in versi non si può illustrare se non implicitamente».
Per chi vuole approfondire alcuni
degli argomenti di questo numero
con i libri di Città Nuova
pagg. 6-12
DEMOCRAZIA INTELLIGENTE
Emerge oggi dalla società civile una nuova domanda di partecipazione, spazio aperto alla speranza
di una convivenza autenticamente umana, base
per una autentica cultura della legalità. Nel
saggio curato da Daniela Ropelato, Democrazia
intelligente, la partecipazione: attori e processi,
una lettura interdisciplinare sull’argomento.
pag. 24-25
LA FANTASIA DI DIO
Anna Chiara e Gianluigi De Palo in La fantasia
di Dio, vita di famiglia: piccole rinunce e grandi
ironie ripercorrono alcuni momenti della loro vita
familiare. Istantanee che raccontano le gioie e le
fatiche, le difficoltà e i fallimenti della vita di famiglia attraverso i quali si coglie lo straordinario
amore e la sorprendente fantasia di Dio, capace
di dare sapore e senso alla vita.
pag. 34-35
INSIEME NELL’ARCA
Il rapporto tra l’uomo e gli animali si esprime
in modo talvolta squilibrato, distorto. Coccolini
nel volume Insieme nell’arca delinea sul tema un
percorso interdisciplinare – storico, teologico e
morale – nel quale affronta questioni attualissime: la coscienza e l’auto-coscienza degli animali,
i loro diritti, la sperimentazione animale, il vegetarismo e il veganismo, gli zoo.
Per ordinarli: via Pieve Torina, 55 Roma
tel. 06 3216212 - [email protected]
www.cittanuova.it
Reportage
DI FRONTE AL GRAN SASSO
di Aurelio Molè servizio fotografico di Domenico Salmaso
S
ono le 2 e 18 della notte del
5 dicembre 2012. Un’intensa
scossa di terremoto di magnitudo 4 scuote la palazzina
di quattro piani dove sono alloggiato a Teramo di fronte al fiume
Tordino. L’edificio ondeggia per pochi
interminabili secondi, grida di donne
impaurite provengono dalle vicinanze, il cuore in sussulto, la fatica di
comprendere quello che sta succedendo e, poi, di nuovo calma piatta. Fuori
non piove, non c’è gente in strada, né
si ode il suono di sirene dei mezzi di
soccorso, si respira solo l’aria corroborante di questa valle che guarda alla
maestosità del Gran Sasso.
Sul cellulare controllo le agenzie
di stampa: il primo lancio alle 2 e 47
è dell’Ansa. L’epicentro è ad Ascoli,
«ma dalle verifiche fatte finora non
si segnalano problemi alle persone
né agli edifici». «Fenomeni già noti», dichiara la Protezione civile. Noti
ma non cancellabili perché la memoria ferita corre veloce al sisma del 6
aprile del 2009 di ben altra intensità
che ha messo in ginocchio vaste aree
dell’Abruzzo. Teramo, però, è esclusa
dal cosiddetto cratere, l’insieme dei
territori più duramente danneggiati
che possono accedere ai finanziamenti pubblici per la ricostruzione. Sono
un centinaio le chiese lesionate e le
crepe di abitazioni private che restano
in bella vista. Sulla statale 80, in località Piano d’Accio, frazione distante
cinque chilometri da Teramo, è sistemato un piccolo accampamento sul
prato verde di una collina dolcemente
discendente. Otto tende colorate, due
camper, un ulivo parzialmente addobbato ad albero di Natale e una scritta:
«Ecco come sono costretti a vivere gli
sfollati di San Niccolò».
Chi sono? Poco distante c’è l’unica
palazzina di Teramo dichiarata inagibile. Un edificio color salmone scuro
di quattro piani e 33 appartamenti. Gli
operai sono al lavoro per ricostruire i
pilastri ceduti con il terremoto. 35 fa-
46
Città Nuova - n. 1 - 2013
TRA
DUE FIUMI
TERAMO SEGNO DI APERTURA,
SOLIDARIETÀ, CULTURA
ANCHE IN TEMPI DI CRISI
miglie hanno perso l’alloggio, ma continuano a pagare il mutuo. Con i contributi statali erano in grado di pagare
l’affitto di un appartamento ma ora le
casse sono vuote per i tagli in tempi di
crisi. La tendopoli è una forma di rivendicazione per tener alta l’attenzione perché molti hanno già trovato una
sistemazione e nel bivacco, di giorno,
non incontriamo nessuno. «Da giugno – racconta Divinangelo Terribile,
uno degli sfollati – non abbiamo più
contributi per pagare l’affitto. Siamo
tutte famiglie monoreddito e pensionati e non è possibile arrivare a fine
mese pagando la rata del mutuo e in
più l’affitto. Da settembre dormivamo nelle tende, ma ora con il freddo
non ci abita più nessuno. La nostra è
una forma di protesta per avere fondi
pubblici finché non ci restituiscano le
case». La consegna della palazzina ri-
Il Gran Sasso, la catena montuosa
più alta degli Appenini, visto
da Teramo. Sotto: antichi mestieri,
il pizzicagnolo. Accanto: il duomo
di Teramo, consacrato nel 1176,
è intitolato a Santa Maria Assunta.
Città Nuova - n. 1 - 2013
47
Repor tage
TRA DUE FIUMI
strutturata è prevista, salvo complicazioni e ritardi, entro il 2013.
La stessa precarietà degli sfollati
si respira in città: la sofferenza di numerose aziende, il calo occupazionale, il commissariamento della Tercas,
la Cassa di Teramo, in attesa della
ricapitalizzazione, il previsto accorpamento con la provincia de L’aquila,
il mancato ricambio della classe dirigente, l’università semenzaio per far
maturare professori giunti da Roma,
i migliori giovani talenti costretti a
emigrare, sono fattori che fanno temere un ulteriore ridimensionamento
dell’area. «C’è una sorta di rassegnazione – spiega Gino Mecca, direttore
de L’Araldo – perché con l’accorpamento delle province, se mai avverrà,
Teramo rischia l’isolamento, schiacciata tra L’Aquila e Chieti-Pescara».
Eppure a Teramo si vive bene. È la
prima provincia dell’Abruzzo per qualità della vita nell’annuale classifica de
Il sole 24 ore e a livello nazionale si
attesta al 62esimo posto, migliorando di sette posizioni rispetto all’anno
scorso. Buone pratiche si riscontrano,
per esempio, nella tutela dell’ambiente, la raccolta differenziata tocca quota 69,14 per cento, nella vivacità culturale della città, ricca di iniziative,
dibattiti, concerti di musica classica
e con una stagione teatrale sold out,
cioè con biglietti sempre esauriti, nascono anche nuove aziende con un alta percentuale di giovani imprenditori.
Tra elementi positivi e criticità, come
l’elevato numero di frodi, truffe e furti
in casa, «il dato complessivo – commenta il sindaco Maurizio Brucchi –
lascia intuire una vivacità e una volontà di crescita del nostro territorio».
che campeggia in via A. Diaz sull’inferriata del liceo artistico Guido Montauti di fronte alla caserma dei vigili
del fuoco non distante dal centro storico. Scampoli di protesta, autogestione
e occupazione terminata da poco a Teramo. Poco distante, nella stessa via A.
Diaz, al civico 2, in un seminterrato
di un antico palazzo di stile marmoreo
fascista, vi è la sede dell’Associazione
italiana persone down di Teramo. Ci
accoglie Annamaria Ponzioni, occhi
neri, vispi, capelli castani a caschetto,
Il calendario dei down
un vestito verde oliva. È un vulcano
in eruzione, un gatto che graffia, una
pasionaria dell’autonomia, non per
lei, ma per i trenta ragazzi che segue
e per suo figlio Franz, ora trentenne,
per il quale si è lanciata in questa av-
Stessa vivacità trovata negli studenti. «Meno auto blu, più finanziamenti
alla scuola pubblica». È la scritta sul
lenzuolo bianco verniciato di azzurro
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Città Nuova - n. 1 - 2013
Il Centro giovani Kairos: lo sportello
didattico sostiene allo studio circa
80 studenti. Sotto: Annamaria
Ponzioni con due suoi amici down.
A fronte: Tommaso Sorgi
e il largo dedicato a Chiara Lubich.
ventura di volontariato. La sua battaglia è rendere autonomi i suoi ragazzi
non solo per l’igiene personale, ma
per raggiungere un’autonomia sociale.
«Avere un figlio down – dice Annamaria – non è una passeggiata, è una
come i normodotati». Nell’invidia è
rappresentato tutto ciò che loro non
possono realizzare: il matrimonio, la
maternità, una carriera professionale,
guidare la macchina, diventare star
dello spettacolo. È la prima volta che
il calendario viene autoprodotto. «È
il nostro calendario – racconta il fotografo Simone Lisciani –, frutto dei
nostri talenti e di una grande sintonia
nata tra tutti noi anche da opinioni
inizialmente discordanti».
Cordialità e cultura
Tommaso Sorgi
La buona nuova da Teramo
Tra i frutti di un albero che ha radici antiche, a Teramo vive Tommaso Sorgi,
91 anni, politico e sociologo. Nella sua casa in centro storico ci accoglie con
la moglie Assunta, 90 anni, e Magda una dei loro quattro figli. È commovente il loro bell’amore, il buon umore di Tommaso nonostante gli acciacchi,
la riservatezza di Assunta. La memoria corre al 1962. A Teramo ufficialmente si seppe che il
nascente Movimento dei Focolari era stato approvato dalla Chiesa cattolica. Tommaso Sorgi
tira fuori dalla libreria una cartellina di plastica con dentro una lettera con carta intestata
della Sacra congregazione del Concilio, oggi
Pontificio consiglio dei laici, datata 7 settembre 1962, in cui mons. Palazzini scrive all’allora vescovo di Teramo, mons. Battistelli: «Il
Movimento dei Focolari è stato da alcuni mesi
riconosciuto e i relativi statuti sono stati approvati ad experimentum». Da Teramo la bella
notizia giunse al mondo intero.
mattonata. Non sai cosa fare, come
affrontare la situazione». Non esistono centri in tutto l’Abruzzo per down
adulti «perché portiamo pochi voti»
e i finanziamenti scarseggiano. L’ultima iniziativa di autofinanziamento
prevede un calendario originale dove i
modelli sono i ragazzi down del centro
che interpretano i 7 vizi capitali come
da loro percepiti. «I nostri ragazzi non
sono sempre buoni e gentili – chiosa
Annamaria –, sono inclini ai difetti
È il vero volto di Teramo: gente cordiale, intraprendente, solidale, incline
all’amicizia e alla generosità. «A Teramo – racconta Mustapha Baztami,
imam della comunità islamica – sono
arrivato da Torino perché mi ha trasferito l’azienda. Non ho avuto nessuna
difficoltà ad inserirmi. È gente che ha
sofferto, che ha emigrato, capiscono».
La diocesi è in prima fila per i
nuovi poveri ed ha inaugurato un
supermercato dove è possibile acquistare gratis con un’apposita tessera
magnetica generi alimentari di prima necessità e prodotti per l’igiene
personale e della casa. «Quando ci
sono la buona volontà, l’impegno e
la sinergia – dice il vescovo Michele
Seccia – si fanno cose grandi. Sono
occasioni di maturazione della persona per coltivare la speranza».
Qualità della vita che si migliora
anche con la cultura. È la scommessa dei coniugi Attilio Danese e Giulia
Paola De Nicola, che dal 1985 portano avanti con l’associazione Centro ricerche personalistiche la proposta del
grande filosofo Emmanuel Mounier.
Due riviste, la trimestrale Prospettiva persona sul solco della francese
Esprit, e il mensile La tenda, un salotto culturale ogni lunedì sera, una
biblioteca, un laboratorio musicale,
convegni. «Il nostro è un servizio –
spiega Giulia Paola De Nicola – per
Città Nuova - n. 1 - 2013
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Repor tage
TRA DUE FIUMI
insegnano tutte le materie e il servizio è gratuito. «Molti ragazzi – chiosa
l’insegnante Carmen Cerroni – sono
demotivati. La prima cosa è curare
l’autostima, dopo vengono le attività
di recupero delle materie. Il nostro è
un antidoto alla dispersione scolastica perché molti vogliono lasciare gli
studi ed è una grande soddisfazione,
poi, vederli diplomarsi».
Parrocchie e moschee
migliorare culturalmente la qualità
della vita. In uno spirito di rispetto
delle scelte di ciascuno».
«Ai nostri salotti culturali – aggiunge Attilio Danese – partecipano
persone che condividono il valore
trainante della cultura nella convinzione che proprio sulla persona si
possa convergere, pur provenendo
da diverse ideologie e fedi, per individuare e promuovere valori indispensabili alla ricerca di convergenze
nella società pluralista».
Teramo è la valle tra i fiumi Tordino e Vezzola, l’antica Interamnia
romana, la città tra due fiumi, che ha
nello splendido duomo del XII secolo
il centro visivo della città e il punto
di convergenza delle principali vie
cittadine con i quattro storici quartieri: San Giorgio, Santo Spirito, Santa
Maria a Bitetto e San Leonardo. L’area verde accanto al duomo è stata dedicata dal Comune di concerto con la
Provincia a Chiara Lubich «nella convinzione – così si espresse il sindaco
Massimo Brucchi il 16 aprile scorso
– che il suo esempio vada costantemente richiamato e sottolineato».
Tra i vari segni visibili dei Focolari a
Teramo il Centro giovani Kairos, un
edificio su due piani situato proprio
accanto al duomo e al largo Chiara
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Città Nuova - n. 1 - 2013
L’imam Mustapha Baztami
con alcune famiglie
dei Focolari di Teramo.
Lubich. Nato da un’intuizione del vescovo, mons. Seccia, che ha messo a
disposizione il locale per promuovere
uno spazio dedicato ai giovani animato da vari movimenti ecclesiali. Con il
termine greco kairos si intende il momento atteso dell’incontro tra persone
che si cercano. In due anni di attività
sono state realizzate mostre, presentazioni musicali, concerti di musica
contemporanea e classica. E anche
cineforum, corsi di fotografia, lingue
straniere, disegno per fumetti, informatica, presentazioni di libri, convegni, mostre.
«All’inizio – racconta il 29enne
Valerio Silveri, responsabile delle
attività – i giovani erano diffidenti
e non accettavano le nostre proposte. Col tempo abbiamo imparato ad
aggiustare il tiro». Il centro ha superato gli ostacoli anche per la tenacia
dei volontari adulti, una trentina, che
promuovono anche uno sportello didattico per ripetizioni a studenti delle
scuole medie inferiori e superiori. Si
Consolidata anche l’esperienza
del concorso letterario Diversimauno, giunto alla 14esima edizione, che
coinvolge le scuole cittadine, gli stranieri, la comunità islamica e persino i
detenuti. Sin dalla prima edizione, tra
gli organizzatori è attiva la comunità
islamica. «Abbiamo deciso – spiega
l’imam Mustapha Baztami– di rendere visibile il fatto che, anche se diversi, possiamo collaborare insieme.
Il concorso letterario ci ha permesso
di superare la paura del diverso, di far
comprendere che possiamo volerci bene a vicenda, convivere pacificamente
e accettare l’altro nelle sue specificità».
Impossibile fissare in poche righe
la vitalità della parrocchia di San Nicolò a Tordino, la frazione di Teramo
da dove è iniziato il nostro viaggio.
Animata da don Giovanni D’annunzio, sacerdote focolarino e responsabile del Movimento diocesano, investe in tutti i settori della pastorale,
dalla famiglia con iniziative originali
e durature, ai giovani coinvolti a più
livelli di appartenenza alla realtà parrocchiale: dalla semplice pizza occasione di festa alla creazione del complesso musicale Eis che ha già proposto in 18 spettacoli la storia di Chiara
Luce Badano. «Si può incidere – dice
don Giovanni – se il territorio non è
molto vasto. Non siamo qui per noi,
ma siamo al servizio della Chiesa e
della diocesi».
Aurelio Molè
Città Nuova
Diffusione, la rete commerciale di Città Nuova
specializzata nella fornitura di libri e servizi bibliografici a
biblioteche, enti, privati e comunità, cerca nuovi rappresentanti.
Con 23 agenzie in Italia e grazie alle nostre 36 case editrici sparse nel
mondo, puntiamo ad un rapporto diretto e di fiducia con i clienti. Tra i
nostri servizi la fornitura di opere monografiche, italiane ed internazionali; la consulenza per l’acquisizione, la fornitura e l’utilizzo di basi dati;
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Per l’ampliamento della rete commerciale, cerchiamo persone altamente motivate e con spiccata predisposizione ai rapporti interpersonali, forte attitudine alla vendita e un orientamento a lavorare per
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interessanti, un percorso formativo, affiancamento nell’area, un
portafoglio clienti già avviato. Ma soprattutto offriamo il posizionamento del nostro marchio, frutto del rapporto con i clienti in più di
cinquant’anni di attività.
Città Nuova
Diffusione
Inviare la candidatura e un
dettagliato curriculum vitae a
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Attualità
PSICOLOGIA
di Pier Paolo Bellisario
HOMO HOMINI
LUPUS?
LE BASI BIOLOGICHE DELL’ALTRUISMO,
LA SCOPERTA DEL LIMITE,
LA RECIPROCITÀ COMUNIONALE
«S
pesso leggo sui giornali
notizie che mi lasciano
sgomenta: mariti che
uccidono le proprie mogli, figli che uccidono i
genitori, immigrati clandestini che
gettano in mare altri clandestini nelle traversate in mare alla ricerca della salvezza. Tutto ciò mi lascia sconvolta e mi fa pensare che la cattiveria sia intrinseca all’essere umano e,
quindi, ineliminabile. Cosa pensa la
psicologia a tale riguardo?». Gianna
Gli episodi cui lei fa riferimento costituiscono una deviazione da
quella che sembra invece essere la
vera natura dell’essere umano, il
suo dna, il suo “poter essere”. Dalle
ultime ricerche in campo biologico,
infatti, sembra che l’uomo sia programmato per l’altruismo: il solco
temporale anteriore del cervello
umano indurrebbe la “tendenza a
pensare agli altri” (rivista Natura
Neuroscienze: ricerca della Duke
University Medical Center di Durbam, USA).
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Città Nuova - n. 1 - 2013
Secondo i neuroscienziati americani, più è attiva questa parte del
cervello, maggiore è la predisposizione della persona a compiere
azioni altruistiche verso il prossimo.
Secondo Scott Huettel, uno degli
autori dello studio, il comportamento altruistico avrebbe origine soprattutto dal modo in cui percepiamo il
mondo, più che dal modo in cui interagiamo con esso.
In altre parole, i comportamenti
altruistici sarebbero il risultato, oltre che di complesse dinamiche interpersonali (sempre determinanti),
anche di fattori morfologici (relativi cioè alla struttura e alla forma
dell’essere umano) che ne influenzerebbero l’insorgere.
I neuroscienziati concludono la
loro ricerca affermando che è possibile predire l’ideale altruista di una
persona sulla base di quanto si attiva il solco. Sarebbe inoltre possibile studiare lo sviluppo della regione
cerebrale in età precoce, per vedere
come nasce la tendenza all’altruismo e alla relazione. Ma di quale
relazione si parla?
Ricominciare da capo, ogni volta,
senza arrendersi mai, facendo
di ogni fallimento un trampolino
di lancio.
Con il termine tecnico di assertività prosociale, la psicologia indica un
nuovo approccio alla realizzazione
della propria personalità, attraverso
la “reciprocità comunionale”: attuare
cioè, da parte dei partner della relazione, sia il riconoscimento reciproco, sia l’incondizionata accettazione
della diversità dell’altro, attraverso
l’empatia e la condivisione piena.
Domenico Salmaso
Tale percorso non è scevro di difficoltà ed ostacoli, in quanto il raggiungimento della reciproca condivisione presuppone la piena adesione
al progetto da parte dei soggetti in relazione. Tale adesione, però, essendo
libera e non automatica, può anche
non esserci: in questo caso la mancanza di corrispondenza rappresenta
il limite da superare.
E proprio la scoperta del limite –
costituito dalla mancata risposta o dalla propria incapacità di “farsi l’altro”,
di entrare empaticamente in lui –, rappresenta la sfida ad accettare anche un
eventuale fallimento della relazione.
Il fallimento personale, la mancata risposta dell’altro, la constatazione
dei propri limiti, la solitudine, l’incomprensione, rappresentano sfide
al nostro narcisismo, al nostro senso
di onnipotenza, ma allo stesso tempo possono costituire l’opportunità
perché nasca un io più maturo: come afferma Pearls, «la sofferenza è
un passaggio indispensabile per ogni
processo di crescita».
Il fallimento può quindi essere
vissuto dall’individuo sia in modo
negativo, chiudendosi in sé stesso,
sia in modo positivo e quindi propulsivo, in un processo di ricerca di
nuovi percorsi, più efficaci, di comunicazione e dialogo con l’altro.
Il segreto del successo relazionale
è inoltre costituito dalla capacità di
assumersi pienamente il “diritto di
sbagliare”, commettere errori e ricominciare sempre, senza farsi bloccare da convinzioni irrazionali tendenti
al perfezionismo o alla sopravvalutazione di eventuali fallimenti. Ricominciare da capo, quindi, ogni volta,
con semplicità, senza arrendersi mai,
facendo di ogni fallimento l’occasione per rivalutare la strategia messa
in atto. Puntare a relazioni sempre
più sane, che rendano possibile la
reciprocità comunionale, nella quale
trovare la propria (reciproca) realizzazione.
Città Nuova - n. 1 - 2013
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Attualità
SOLIDARIETÀ
a cura di Tomaso Comazzi
Mezzaluna rossa
Due ospedali in Iraq
Iran e Iraq, rivali storici della regione
del Golfo Persico, collaboreranno alla
costruzione di due ospedali nelle città
sante irachene di Kerbala e Najaf. La
Mezzaluna Rossa iraniana contribuirà
infatti a sostenere la costruzione di un
centro per la prevenzione, la diagnosi e la
terapia delle malattie dell’occhio e dei vizi
refrattivi a Kerbala, mentre una struttura per la cura delle malattie renali dotata
di apparecchiature sofisticate sarà messa a disposizione dei pazienti in dialisi, a
Najaf. Info: http://www.ifrc.org
Nascite premature in Africa
Una campagna
In Africa 3,5 milioni di bambini nati
prematuramente non riescono a sopravvivere, soprattutto per assenza di cure
e strutture adeguate. Per lenire questo
dramma, con la campagna “Sorrisi di
madri africane”, il Comitato collaborazione medica si propone entro il 2015
di assicurare visite mediche e supporto
adeguato nel periodo di gravidanza e durante il parto a 200 mila donne, e
di fornire assistenza medica, vaccinazioni e cure a 500 mila bambini. Info:
www.ccm-italia.org
Guardiamoci
attorno
Ringraziamo i lettori e quanti hanno contribuito generosamente con le loro offerte.
Sono molte le famiglie con situazioni difficili e dolorose che si rivolgono a questa
rubrica nella speranza di ottenere un aiuto.
Per superare l’inverno
Faccio presente ai lettori questa emergenza, appellendomi alla loro sensibilità.
Il papà è disoccupato e malato, la famiglia si ritrova con diversi canoni di affitto
non pagati ed altre spese tutte necessarie. Si chiede un contributo per aiutarli a
superare questo momento difficile, reso
più insostenibile dai disagi dell’inverno.
Lettera firmata - Lazio
Ulcere alle gambe
Sono malato e impossibilitato a svolgere
una qualsiasi attività lavorativa, soffro di
ulcere alle gambe, cammino con grande
difficoltà sostenendomi col bastone. Da
tempo dovrei curarmi, ma sono spese
che non posso affrontare, e poi a chi rivolgermi? Non ho parenti che possano
aiutarmi; e la pensione che percepisco
basta appena per sopravvivere.
Lettera firmata - Roma
Hanno perso tutto
Sviluppo in Latinoamerica
Il Brasile per il cotone
Attraverso un programma in collaborazione con la Fao (l’Organizzazione Onu
per il cibo e l’agricoltura), il brasiliano
Cotton institute (Iba) e la sezione di cooperazione esterna del ministero degli
Affari esteri carioca forniranno ora, ai
Paesi dell’area che aderiscono all’iniziativa, assistenza tecnica e formazione per
la diffusione di migliori pratiche nella coltivazione del cotone e nella commercializzazione del prodotto. Info: www.fao.org
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Città Nuova - n. 1 - 2013
La famiglia di un seminarista congolese
di Goma che sta studiando a Roma ha
perso tutto per via del conflitto scoppiato nella regione. Non hanno nessun aiuto. Il seminarista confida nell’aiuto della
provvidenza per i parenti lontani.
La Redazione
Gli aiuti per gli appelli di Guardiamoci attorno
possono essere inviati a:
Città Nuova via Pieve Torina n. 55
00156 Roma - c.c.p. n. 34452003.
Le richieste di aiuto si accettano solo se convalidate da un sacerdote. Verranno pubblicate comunque a nostra discrezione e nei limiti
dello spazio disponibile.
SOLUZIONI ALTERNATIVE
di Lorenzo Russo
Vita sana
Vita sana
Coltivare il “fai-da-te”:
un’idea per contrastare
la cultura del
consumismo diffuso.
B
asta con l’usa e getta.
Anche la crisi economica ci impone
di trovare soluzioni
alternative al consumismo sfrenato. Si sa, riciclare rifiuti fa bene all’ambiente ed è anche l’unico
metodo per risolvere problemi legati a discariche
sature e insufficienti.
Uno dei pochi dati positivi della crisi è l’aumento
della solidarietà tra i cittadini contro la cultura del
consumismo diffuso. E
così in Olanda sono nati
i primi repair cafè, locali
cioè dove riparare oggetti
in modo totalmente gratuito, davanti una tazza di
caffè o di tè. Chiunque può
portare un oggetto rotto o
Basta con
l’usa e getta
Bevi caffè e ripara: dall’Olanda
arriva l’idea anticrisi
non funzionante e trova un
esperto che mette a disposizione la sua professionalità per risolvere il problema. Uno sgabello che
traballa, il lettore cd dello
stereo che non funziona
più, o un vecchio orologio
che sballa l’orario. Basta
portarli ad un repair cafè.
In Olanda sono più di
quaranta i centri di pronto
soccorso che offrono consulenza. Si tratta di coffee
shop, associazioni culturali
o sedi di fondazioni aperti
a tutti, dove gratuitamente
o dietro donazioni volon-
tarie personale qualificato
e appassionati del do it
yourself (fallo da solo) aiutano a riparare oggetti rotti
di vario tipo, davanti a un
dolce o a una tazza di tè.
Il progetto, partito tre
anni fa, favorisce lo scambio dei saperi. È una buona
occasione per scambiare
due chiacchiere con le persone del proprio quartiere,
o del proprio condominio
che si ritrovano in questi
luoghi d’incontro. Infatti,
chi porta un oggetto da
riparare, diversamente da
come succede quando si
va in un negozio, non lascia lì l’oggetto e va via.
Anzi, assiste, impara,
scambia due chiacchiere,
aiuta con le proprie mani e
va via soddisfatto per aver
trascorso il tempo coltivando la propria cultura
del “fai-da-te”.
L’intenzione non è
quella di sostituirsi ai professionisti del settore o di
entrare in concorrenza con
i centri di riparazione ma,
al contrario, di sostenerli
diffondendo il più possibile la cultura del recupero.
In Italia l’esempio che
più si avvicina è la ciclofficina, dove gratuitamente
si può portare la bici da
aggiustare, o magari portare pezzi di ricambio di biciclette in buono stato che
potrebbero essere utili per
altre biciclette.
Città Nuova - n. 1 - 2013
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TENNIS
di Marco Catapano
C. Ena/AP
Vita sana
È
unanimemente considerato uno dei più
forti tennisti di sempre. Cresciuto sui
campi in terra battuta, dove è praticamente
imbattibile (pensate che
nelle ultime otto stagioni
ha disputato ben 237 partite sul “rosso” perdendone solo 9!), Rafael Nadal
ha dimostrato col tempo
di non essere però l’ennesimo tennista spagnolo
incapace di adattarsi ad
altre superfici, ma si è trasformato gradualmente in
un giocatore polivalente
che ha saputo imporsi sul
cemento, sull’erba e anche sui campi indoor.
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Città Nuova - n. 1 - 2013
Il lato umano
di Nadal
Il campione spagnolo, nel privato,
è un ragazzo profondamente diverso
dal gladiatore che appare in pubblico
Così, a soli 26 anni, il
tennista maiorchino ha
già vinto tutto quello che
c’era da vincere, in particolare 11 titoli del Grande
Slam (7 Roland Garros, 2
Wimbledon, 1 Australian
Open e 1 US Open), 21
Master 1000 (i tornei più
importanti dopo le prove
dello Slam), l’oro olimpico a Pechino 2008 e quattro Coppe Davis insieme
ai compagni di nazionale.
Ne ha fatta di strada
quel bambino magrolino
e straordinariamente serio
che sognava di diventare
un calciatore, che segnava
gol a raffica nella squadra
locale in cui giocava, ma
che nel frattempo si allenava dietro casa anche
con racchetta e palline, a
Manacor, agli ordini del
“terribile” zio Toni, ancora oggi suo allenatore. Alla fine ha scelto il tennis,
per sua fortuna e per quella dei tantissimi appassionati di questo sport.
piccolo, qualunque cosa
capiti, che sia un brutto
infortunio o un semplice
imprevisto. Eppure, chi
lo conosce più da vicino
ci racconta di un Nadal
profondamente diverso
dall’immagine pubblica
che percepiamo di lui: un
ragazzo sensibile e vulnerabile, con le paure e le
insicurezze tipiche di tanti suoi coetanei.
Mamma Ana Maria, ad
esempio, ha rivelato che
al suo ragazzo non piace
il buio, tanto che preferisce dormire con la luce
o con il televisore acceso, ed ha svelato che suo
figlio è a disagio quando
ci sono tuoni e lampi: lo
avreste mai detto? È co-
me se Rafael in campo
s’imponesse una trasformazione, per far uscire
durante le partite il lottatore che vediamo combattere da anni su ogni punto, come fosse l’ultimo,
con una grinta davvero
fuori dall’ordinario.
In realtà Nadal è una
persona riservata e schiva, qualità tipiche dei
maiorchini, ma anche una
persona socievole, che
ha bisogno degli altri intorno a sé. Anche perché
senza la stabilità di una
famiglia e di un gruppo
di lavoro che ti tiene con
i piedi per terra, il successo può far andare “fuori
di testa”. E non è un ca-
Rafael Nadal in azione e durante una premiazione
al Roland Garros, torneo da lui vinto sette volte.
M. Euler/AP
Nadal oggi è un grande
professionista, che non
salta un allenamento per
nessun motivo al mondo,
che in campo mostra una
grinta da vero “gladiatore”, una solidità mentale
che spaventa tutti gli avversari. Perché è la testa a
renderlo differente da tutti gli altri. Il suo rovescio,
il suo diritto o il suo top
spin, ce l’hanno anche
altri tennisti del circuito,
ma dal punto di vista della mentalità lo spagnolo
non ha proprio rivali.
Rafa appare quindi agli
occhi del mondo come un
campione
indistruttibile, un atleta con un fisico
“bestiale” costruito anche
grazie a ore e ore passate in palestra a fare pesi,
uno sportivo plasmato
nel carattere dallo zio Toni che gli ha insegnato a
resistere a tutto sin da
so, quindi, se forse il suo
principale segreto è proprio quello di circondarsi
di un team professionale
stabile, privo di conflitti:
il suo allenatore lo segue
da vent’anni, il suo preparatore e il suo agente da
dieci, la sua amata famiglia da sempre.
Dopo aver smaltito un
brutto infortunio al ginocchio sinistro che l’ha
tenuto per sei mesi lontano dai campi da gioco,
Rafa è ora pronto a tornare a entusiasmare i suoi
tantissimi fan sparsi per
il mondo. Tifosi che conoscono benissimo le sue
fantastiche qualità agonistiche, ma che conoscono
meno il suo lato umano.
Quello di un ragazzo che
ogni tanto ha anche bisogno di staccare la spina
dal tennis, come quando
torna a casa per andare a pescare, a giocare a
golf o più semplicemente a passare del tempo in
compagnia degli amici di
sempre.
Perché, come ha affermato diverse volte, «si
può e si deve fare tutto
con il massimo impegno
possibile, ma sempre con
un certo equilibrio, senza
mai perdere di vista ciò
che è veramente importante». Come il tempo
che dedica, appena può, a
un’associazione benefica
che porta il suo nome, la
Rafa Nadal Foundation,
che ha come scopo lo sviluppo di azioni di assistenza sociale in Spagna
e nei Paesi in via di sviluppo.
Città Nuova - n. 1 - 2013
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Vita sana
BUON APPETITO CON...
di Cristina Orlandi
50 gr. di zucchero semolato,
1 pizzico di sale.
Per la glassa: ½ albume,
1 cucchiaino da tè di succo
di limone, 150 gr. di zucchero a velo.
Preparazione
Per i biscotti: In una
Biscotti glassati con miele,
zenzero e cannella
Dolci delizie da sgranocchiare
dalla colazione all’ora del tè.
Ingredienti per 50 biscotti: 250 gr. di farina, 75
gr. di burro, 4 cucchiai di
miele, 1 uovo, ½ cucchiaino
da caffè di bicarbonato, ½
cucchiaino da caffè di cannella in polvere, ½ cucchiaino da caffè di zenzero in
polvere, ½ bicchiere di latte,
Nella serenità della vecchia Montesacro, per te,
una nuova ed accogliente struttura ti ospiterà in camere
confortevoli e armoniosamente arredate.
Servizi in camera - Aria Condizionata - TV - Internet - Telefono
Cassaforte - Sala ristoro - Giardino - Uso Cucina
Domus Città Giardino - 00141 Roma - Viale Adriatico, 20
cell. 3347312707 - tel. 06 87195387 - fax 06 87199231
www.domuscittagiardino.it - e-mail: [email protected]
ciotola setacciare la farina e
il bicarbonato, unire lo zucchero, la cannella e lo zenzero, quindi il burro e il miele
sciolti a bagnomaria. A parte
sbattere l’uovo con un pizzico di sale ed unirle al composto con il latte. Impastare
fino ad ottenere un impasto
compatto. Avvolgere l’impasto nella pellicola trasparente
e far riposare in frigorifero
per un paio di ore.
Passato questo tempo, stendere la pasta con un mattarello
fino a raggiungere lo spessore
di poco più di 2 millimetri.
Dare forma ai biscotti aiutandovi con gli stampini.
Accendere il forno alla temperatura di 180°C. Su una
pirofila ricoperta da carta
da forno disporre i biscotti.
Cuocere fino a farli diventare
dorati (circa 10 minuti).
Per la glassa: In un recipiente mettere il mezzo albume, lo zucchero a velo ed il
succo di limone. Sbattere con
una forchetta. Se dovesse
risultare troppo liquida, aggiungere altro zucchero.
Decorazione
Quando i biscotti saranno
pronti, decorarli con la gassa. Potreste anche aggiungere in superficie delle praline
colorate.
ALIMENTAZIONE
EDUCAZIONE SANITARIA
di Giuseppe Chella
di Andrea F. Luciani
A proposito di invecchiamento
Le proprietà benefiche del miele
non finiscono mai di stupirci:
secondo studi condotti in India e in
Giappone, il miele assunto insieme
alla cannella rafforza il nostro
sistema immunitario e potrebbe
svolgere persino un certo effetto
antitumorale.
Il miele è composto da zuccheri
semplici molto energetici e
prontamente assimilabili. Nella
fredda stagione invernale
è il dolcificante ideale per
le tradizionali tisane contro
l’influenza,il raffreddore e la
bronchite. È un alimento consigliato
per chi svolge attività fisica, ma
anche per gli studenti e per gli
intellettuali, perché benefico per il
sistema nervoso aiuta a combattere
lo stress mentale.
Per le persone stanche, per gli
anziani, i deperiti e i convalescenti
un cucchiaio di miele può dare
subito uno sprint di energia.
Due cucchiaini di miele prima di
dormire ai bambini (da 1 a 5 anni)
raffreddati li fanno tossire di
meno e dormire meglio. Tuttavia
i pediatri sconsigliano il miele ai
bambini che non hanno ancora
compiuto un anno di età.
In Italia il consumo di miele è molto
basso: circa 400 grammi all’anno
per persona, mentre in Germania e
in molte altre nazioni se ne consuma
un chilogrammo ed anche di più. Si
prevede comunque che il consumo
da noi sia destinato ad aumentare
nei prossimi anni, rappresentando
così l’apicoltura una prospettiva di
lavoro per molti giovani.
Giuseppe Distefano
Il miele
Il presidente Monti ha dichiarato che l’invecchiamento della popolazione
costringerà a rivedere il sistema di finanziamento del Servizio sanitario
nazionale. Gli italiani, già oppressi dalla recessione, vi hanno intravisto un
suo ulteriore peggioramento, sia in termini di qualità sia di costi. Tuttavia il
problema esiste. Soltanto in Italia nel 2011 vivevano 117mila ultra centenari.
Già negli ultimi 40 anni la spesa è passata da 112,7 a 261 miliardi, ma con
l’allungamento della vita umana queste cifre aumenteranno in maniera
esponenziale. Le strategie della ricerca sulla longevità seguono due strade
principali. Alcuni ricercatori si concentrano sulla cura delle malattie e
la costosa sostituzione di organi e tessuti danneggiati con terapie basate
sull’uso di cellule staminali. Altri invece puntano sulla prevenzione del
processo dell’invecchiamento a livello cellulare e molecolare. Il primo
filone d’indagini è sostenuto completamente dall’industria farmaceutica
privata e comporta oneri economici notevoli. Il secondo, quello della
prevenzione dalle malattie il più a lungo possibile, è da molto considerato
valido, ma sempre poco sostenuto dalle istituzioni. Degno di considerazione
è il programma Ue “Health for Growth” che prevede uno stanziamento di
446 milioni di euro, dal 2014 al 2020, a enti pubblici e privati. A questo
possono accedere i Paesi membri che ne facciano richiesta e presentino
un programma finalizzato a uno stile di vita salutare, puntando sopratutto
su una sana alimentazione e sull’attività fisica. Cambiare le abitudini di
una popolazione adulta non è facile, ma neanche impossibile, se si riesce
a persuadere il cittadino che rimanere in salute è un bene personale e
collettivo, anche in termini economici. La bioetica dal canto suo ha da tempo
affrontato il tema del contenimento dei costi e di come coniugare il risparmio
con il mantenimento di una giustizia distributiva, per evitare che si curino
solo i ricchi. Ora il problema per i medici si sta spostando da un concetto
meramente economico a un modello etico centrato sull’eliminazione degli
sprechi. Si calcola che il 10 per cento dei costi sanitari è dovuto alle ruberie,
mentre il 30 per cento deriva da prescrizioni per la diagnostica e la terapia
inutili. Si tratta quindi di puntare a una forte etica professionale, nonostante
la società contemporanea sia permeata da una drammatica caduta di valori.
Solo così si può sperare che nessun paziente sia privato di terapie utili, anche
se costose, evitando i potenziali rischi connessi ad azioni mediche inutili.
Città Nuova - n. 1 - 2013
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L’OPERA DI FABRIZIO
PLESSI IN MOSTRA A PADOVA
Videoarte
Il flusso
della ragione
L
a storia di Fabrizio Plessi si mostra
in disegni e progetti che coprono
50 anni di carriera artistica. La
rapidità e l’incisività del segno
restituiscono l’immediatezza
dell’idea, il lampo di una visione. Le
scritte, i numeri e la meticolosità di
certi dettagli attestano invece la ricerca
e la dedizione che portano un’idea
alla sua realizzazione. 60 metri di
percorso da intraprendere equipaggiati
di occhi per guardare, mente per
pensare, immaginazione e passione
per condividere e far propria la visione
dell’artista.
Appunti, schizzi e sogni dell’artista
sono attraversati da un’anima
tecnologica: una sequenza di monitor
che generano l’immagine potente di
una natura primigenia. È la metafora
del flusso della ragione che sostiene
tutte le creazioni di Plessi: una ragione
che, come un fiume di lava, consuma,
distrugge e trasforma; come un corso
d’acqua, deterge, sommerge e rigenera;
come un lampo, solca gli spazi, colpisce,
folgora e illumina. Un flusso di forze che
inesorabilmente rompe gli argini dello
sguardo per scorrere nella mente e nel
cuore dello spettatore.
Daniele Fraccaro
Fabrizio Plessi , “Il flusso della Ragione”, Padova,
Palazzo della Ragione, fino al 24/2/2013.
Città Nuova - n. 1 - 2013
61
Attualità
MEDIA
di Claudia Di Lorenzi
Giornalisti e editori
Equo compenso
La questione dell’equo compenso per i giornalisti precari, tornata
all’attenzione del Parlamento dopo anni di faticosi negoziati, sollecita una
riflessione, oggi quanto mai opportuna, sulle dinamiche del lavoro nel nostro
Paese, in tutti i settori. Sul significato del lavoro, sul valore riconosciuto
alla qualità del lavoro oltre che alla quantità, sui princìpi posti a fondamento
delle relazioni di lavoro, sulla necessità di bilanciare l’attenzione al profitto
con quella verso la persona. A ben vedere il modo attraverso cui ciascun
Paese interpreta queste questioni la dice lunga sul livello di civiltà del
Paese stesso, a tutte le latitudini. A fronte dei compensi minimi corrisposti
talvolta ai lavoratori non dipendenti – l’Ordine dei giornalisti parla di
articoli non retribuiti o pagati fino a 2,5 euro lordi, anche a distanza di molti
mesi – in assenza di qualunque forma di tutela, appare dunque condivisibile
l’iniziativa degli organismi di categoria che si battono per assicurare un
equo stipendio ai giornalisti precari, attraverso un sistema che premia le
aziende editrici che, non senza difficoltà, offrono compensi congrui ai
loro collaboratori e che promuove su esse l’allineamento generale. Ma
se la tutela di alcuni diritti di base è assicurata solo dalla minaccia di una
sanzione economica allora, forse, c’è ancora molto da fare. Il rispetto
dell’equità e della giustizia nell’ambito dei rapporti di lavoro non può essere
garantito solo da norme di legge: il valore di civiltà, modernità e progresso
delle nostre società “sviluppate” nasconderebbe in fondo una pericolosa
ipocrisia. Ecco allora che il dibattito sull’equo compenso evidenzia anzitutto
la necessità di rifondare i rapporti di lavoro tra giornalisti e editori, e fra
lavoratori e datori di lavoro in genere, per dare forma a una sorta di alleanza
in cui gli interessi di parte trovano misura e armonizzazione in vista di più
alti interessi collettivi, e riconoscono nella “persona umana” il vero capitale
da difendere.
62
Città Nuova - n. 1 - 2013
INFORMAZIONE SCIENTIFICA
Un premio all’Ansa
Promuovere la diffusione della cultura legata alla scienza e alla tecnologia, decisiva per l’innovazione e lo sviluppo economico di una nazione. Con questi obiettivi
nasceva nel 2011 il canale dell’Ansa dedicato alla scienza e alla tecnologia: una
galleria di notizie, approfondimenti, foto,
video e dossier, con sezioni dedicate alla
ricerca e spazi pensati per i bambini, che
ha ottenuto oggi il premio giornalistico
“Giovanni Giovannini. Nostalgia di futuro”
2012, promosso dall’Associazione Amici
di Media Duemila con il contributo della
Fieg.
LA CHIESA E I NUOVI MEDIA
Il papa su Twitter
Dal febbraio del 1931, quando Pio XI lanciava il suo primo messaggio via radio,
la Chiesa ha sempre valorizzato il ruolo
dei mass media come strumenti di evangelizzazione. Benedetto XVI si pone oggi
nel solco dei suoi predecessori e dopo
radio, giornali, Internet e tv arriva sui social network: il suo account Twitter è stato presentato lo scorso 3 dicembre. Una
scelta che muove da una consapevolezza
chiara: «Le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali (…) possono aiutare
l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica domanda, ma anche
a trovare spazi di silenzio, occasioni di
preghiera, meditazione o condivisione
della Parola di Dio», scriveva il papa nel
suo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali 2012. Per l’occasione
il pontefice evidenziava che «nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più
lunghi di un versetto biblico, si possono
esprimere pensieri profondi se ciascuno
non trascura di coltivare la propria interiorità», e in qualche modo offrire una
risposta alle «domande ultime dell’esistenza umana: chi sono? che cosa posso
sapere? che cosa devo fare? che cosa
posso sperare?». In effetti – osserva il
santo padre – «la Rete sta diventando
sempre di più il luogo delle domande e
delle risposte».
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Arte e spettacolo
L’Isola
Il 2 dicembre scorso
è iniziata su Rai Uno la
programmazione de L’Isola, fiction prodotta da
Palomar e Rai, per la regia di Alberto Negrin. Fin
dall’inizio è stato possibile immaginare che il nucleo della storia si sarebbe
TELEVISIONE
di Paolo Balduzzi
basato su un mistero: un
ballo di matrimonio interrotto. Le bellissime musiche di Ennio Morricone
in tonalità “minori” hanno
avuto sul telespettatore un
impatto di tristezza e malinconia che hanno anticipato infausti eventi. Allo
stesso tempo, si è creato
subito un carico di tensione emotiva che ha contri-
buito a fidelizzare il pubblico. E gli ascolti, fino a
oggi, parlano di successo.
L’Isola è quella dell’Elba, nelle cui splendide
ambientazioni
prendono
il via le vicende che hanno al centro Tara Riva,
comandante della guardia
costiera, impegnata con la
sua squadra nelle indagini
su misteriose attività che
RADIO
di Aurelio Molè
Cari amici
vicini e lontani
Una scoperta scientifica: l’elettricità. Un cambiamento sociologico: la casa diventa il luogo
deputato per il tempo libero.
Non a caso, Home sweet home,
casa dolce casa, recitava una
canzone del 1870. Un concorso
creativo, sociale e tecnologico
che con slanci, stalli e successi
porterà alla scoperta della
radio. Data di nascita simbolica:
il 20 novembre del 1919. È, dopo
il telegrafo, la prima sorprendente invenzione immateriale
e wireless, senza fili, con cui
si può trasmettere la voce. Un
autentico miracolo. Una rete
64
Città Nuova - n. 1 - 2013
virtuale che abbraccia il mondo prima dei social
network, supera i confini delle nazioni prima degli
aeroplani, trasmette informazioni in tempo reale
oltre oceano e forma culture di massa e popolari.
Sono alcune delle suggestioni restituite dal libro
Cari amici vicini e lontani di Giorgio Simonelli per
i tipi di Bruno Mondadori che ripercorre la storia
della radio. «Paradossalmente
– dice l’autore, docente di
Giornalismo radiofonico e televisivo – all’inizio la radio è
concepita come un anti-mass
medium destinato non all’ampia
divulgazione ma alla trasmissione di messaggi in codice.
Diventa, invece, nei primi decenni del Novecento lo status
symbol del ceto medio desideroso di aprire una finestra sul
mondo dall’intimità dei suoi
salotti».
turbano la tranquillità del
luogo, mettendo a rischio
l’equilibrio di tutto l’ecosistema circostante. Luca,
il marito di Tara, è un noto
biologo marino che si occupa di energie alternative.
Ed è in questo contesto
che si intrecciano doveri
pubblici e sentimenti privati, misteri e fatti imprevedibili, colpi di scena che
porteranno i destini dei
protagonisti al centro di un
gigantesco intrigo internazionale. La sceneggiatura è
robusta, i dialoghi serrati, il
tono incalzante. L’Isola intreccia elementi che allontanano un po’ il prodotto
dalla fiction, avvicinandolo
più al genere del film.
Sono tre le novità sulle
quali possiamo porre l’attenzione: la prima è il fatto che regia e produzione
hanno voluto percorrere la
strada del grande ed epico
racconto, i cui singoli episodi non hanno una conclusione alla fine di ogni
puntata; ma c’è una continuità di linguaggio e di
narrazione più tipica del
cinema, appunto, che non
della televisione. La seconda è la scelta del cast,
fatto di ottimi attori ma
poco conosciuti, dando così la possibilità alle nuove
generazioni di farsi strada
in un contesto oggi difficilissimo. Infine L’Isola ci
dà l’occasione di riflettere,
attraverso un film, sui temi
della ricerca, del soccorso
in mare e della salvaguardia dell’ambiente marino.
Un incoraggiamento a tenere l’occhio vigile su temi
attualissimi.
CINEMA
La bicicletta verde
Tre sono i motivi per cui La bicicletta
verde sarà ricordato: è il primo film
interamente realizzato in Arabia Saudita
(dove i cinema sono vietati), è diretto da
una donna (in un Paese dove le donne non
possono guidare, neanche la bicicletta) ed è
un bel film (cosa che non era da dare per scontata). La regista, attraverso questa
piccola grande storia di emancipazione (che per molti aspetti ricorda il Truffaut
de I 400 colpi), riesce a restituirci uno spaccato sincero, umano e credibile della
condizione della donna in Arabia Saudita, grazie anche a personaggi tratteggiati
con sorprendente sensibilità e valorizzati da un cast davvero ispirato.
Regia di Haifaa al-Mansour. Interpreti: Reem Abdullah, Awad Mohammed,
Abdullrahman Algohani, Ahd Kamel e Sultan Al Assaf.
Cristiano Casagni
La parte degli angeli
Toccante, Ken Loach lo è sempre. Anche se non
risparmia l’umorismo scozzese per stemperare il
dramma di chi dalla vita ha ricevuto solo sfortuna.
È quanto capita a Robbie di Glasgow, un ragazzo
vittima di un ambiente degradato, che lavora dopo
il carcere ai servizi sociali con un gruppo di amici, maltrattati dalla vita come
lui. Ritratto-metafora-favola, il film con un ritmo brillante, battute a raffica, ed
un cast folgorante e “naturale”, descrive la vita di tanti giovani d’oggi, senza
famiglia, sbandati eppure bisognosi di affetto e lavoro. Così Robbie scopre la
paternità ma pure la durezza di realizzare un minimo sogno. Anche se qualcuno
ti può dare una mano. Ma che fatica, anche solo sognare!
Regia di Ken Loach. Interpreti: Paul Brannigan, John Henshaw, Roger Allam.
Giovanni Salandra
Grandi speranze
Ispirandosi al popolare romanzo di Dickens, da
cui si discosta nel finale, il noto regista Mike
Newell (Harry Potter) ha puntato ad una storia
pervasa dalla dolce sensibilità di un giovane
di umili origini, che grazie ad un benefattore
generoso può entrare nell’alta società. Ha messo in luce, anche, i sentimenti
positivi provati da lui per una ragazza problematica, e quelli del suo benefattore
perquisito dalla giustizia e del suo padre putativo, rozzo ma buono. Tali
elementi, l’ottima recitazione, il suggestivo sfondo ottocentesco e la luce gotica
del palazzo con la dama psicotica rendono il film godibile e rasserenante.
Regia di Mike Newell. Interpreti Jeremy Irvine, Holliday Grainger, Helena
Bonham Carter e Ralph Fiennes.
Raffaele Demaria
VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE FILM
La bicicletta verde: consigliabile, semplice (prev).
La parte degli angeli: consigliabile, realistico (prev.).
Grandi speranze: consigliabile, semplice (prev).
TEATRO
di Giuseppe Distefano
La balbuzie del re
Reso celebre dalla trasposizione
filmica di Tom Hooper, Il discorso del
re trova ora il suo luogo naturale, il
palcoscenico. Merito di un’entusiasta
Luca Barbareschi, interprete oltre che
regista, produttore e traduttore del
testo di David Seidler, appassionatosi
alla metafora della forza dell’arte
rispetto al potere. A suo agio sulla
scena, dove dà il meglio di sé,
Barbareschi è Lionel Logue, attore
fallito e logopedista per sbaglio, che si
ritrova in cura il duca di York, affetto
da una grave forma di balbuzie che
suscita imbarazzo e ilarità in chi lo
ascolta, e gli impedisce di parlare
in pubblico. Incoronato re Giorgio
VI d’Inghilterra dopo la morte del
padre e l’abdicazione del dissoluto
fratello, il sovrano dovrà affrontare
seriamente il problema, dato il nuovo
ruolo pubblico e l’incombere di gravi
problemi legati alla vigilia del Secondo
conflitto mondiale. Si dipana una
commedia tra biografia e dramma,
tra vicende private e grande storia.
Il burrascoso rapporto d’amicizia tra
i due costringerà il re a confrontarsi
col suo difficile passato e con la
parte più profonda di sé stesso, fra
cui una scarsa autostima. Deficit che
riuscirà a vincere fino a pronunciare
il celebre discorso alla radio contro
Hitler. Bellissima e funzionale la scena
di quinte mobili e filmati d’epoca. E
bravo, oltre a Barbareschi, che però
cede a qualche compiacimento di
troppo, il convincente re di Filippo
Dini, dai toni tuttavia un po’ troppo
gridati. Da non perdere.
Al Quirino di Roma e in tournée
Arte e spettacolo
MUSICA LEGGERA
di Franz Coriasco
Guccini & De Gregori
Divergenze parallele
La dipartita di Lucio
Dalla e il ritiro dalle scene
di Fossati hanno ulteriormente ristretto il campo
dei maestri del nostro cantautorato ancora in attività. Qualche settimana fa è
arrivata anche la conferma
che L’ultima Thule del redivivo Guccini resterà il
suo ultimo album. Come
dire che tra i capiscuola restano Paoli (ma lui è
sempre stato un caso a sé),
Conte e Vecchioni (che di
fatto mancano all’appello
discografico da tre anni) e
De Gregori, il cui recente
Sulla strada è, anche per
i succitati motivi, uno dei
ritorni più confortanti di
questa stagione.
Il vate di Pavana e il
principe capitolino hanno
pubblicato i rispettivi album a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. E
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Città Nuova - n. 1 - 2013
basta un ascolto frettoloso
per capire che i due hanno
ancora talento e ispirazioni bastanti sia per non li-
mitarsi a fare il verso a sé
stessi, che per difendersi
dagli epigoni.
Due bei dischi che non
mancheranno di ripagare
dell’attesa i rispettivi aficionados (e magari di infastidire i detrattori). L’uno grondante di nostalgie
e malinconie, l’altro più
aggrappato al presente,
ma non per questo meno
crepuscolare.
Il settantaduenne Guccini ha fatto sapere che il
mestiere di cantautore è
più faticoso di quanto gli
consenta l’età e che dunque, d’ora innanzi, si limiterà alla letteratura. A giudicare dalle sue otto nuove
canzoni – al solito tanto
essenziali nella struttura
melodica, quanto colte e
raffinate nei testi – s’intuisce l’onestà intellettuale di
un artigiano della canzone
che l’incalzare delle mode
non ha mai genuflesso ai
diktat dei mercati.
L’altro Francesco, più
giovane di un decennio
abbondante, invece tiene duro, nel segno di quel
“sempre diverso e sempre
uguale” che tanto caro fu
al suo collega. Un disco (il
ventesimo della sua discografia) dai toni fortemente
autobiografici, molto meno
dylaniano del solito, dove
al vecchio country-folk,
s’alternano sonorità latine
e reminiscenze mediterranee rese più eleganti dagli
archi del maestro Piovani.
Guccini & De Gregori:
due storie che raramente
si sono intersecate o corteggiate, e tuttavia complementari e propedeutiche per capire com’era e
quanto è cambiata l’Italia.
E con lei, anche il nostro
sentire, soffrire, indignarsi, e sperare.
CD e DVD novità
LUDWIG VAN
BEETHOVEN,
SINFONIA N. 9
IN RE MINORE
“CORALE”.
Pezzo forte dei
concerti, è un monumento del sinfonismo
notissimo ma forse poco compreso. Qui
è l’edizione diretta dal grande Lorin
Maazel nella basilica romana di San Paolo
fuori le mura, nel 2007. Regia di Enrico
Castiglione per i dieci anni del Festival
di Pasqua. Orchestra sinfonica Toscanini
e Coro del Maggio Musicale Fiorentino.
Buoni i solisti. Dvd HD Production.
(m.d.b.)
MINA
“12 (american song
book)” (Pdu). Un disco
dall’approccio decisamente
jazz, dove spazia da Cole
Porter a Presley, da Kurt
Weill a James Taylor.
Un’esercitazione di classe
per 12 cover memorabili,
personalizzate dall’eclettismo
e dall’unicità di una voce che
gli anni han reso ancor più
suggestiva. (f.c.)
CHRISTINA AGUILERA
“Lotus” (Rca). La fanciulla
è fra le regine del pop di
quest’ultimo decennio.
Il suo settimo album
appare nei testi ben più
dolente, riflessivo ed
abrasivo dei precedenti,
ma il sound resta il solito:
pop danzereccio condito
di soul, rhythm’n’blues
addomesticato, e da qualche
spezia hip-hop. (f.c.)
MUSICA CLASSICA
APPUNTAMENTI
di Mario Dal Bello
a cura della Redazione
Simon Boccanegra
Musica di G. Verdi.
Roma, Teatro
dell’Opera.
Riccardo Muti ha
scelto per l’apertura
della nuova stagione
di dirigere per la prima
volta un’opera poco nota
e difficile. Un dramma
politico-sociale, a fosche tinte, venato di cupezza, composto prima di
Otello e, rivisitato, dopo Aida e Requiem (lo si nota). Arduo nelle arie, nei
lunghi concertati e nel concentrato di passioni allo spasimo: due giovani
amanti, due vecchi che si odiano, popolo e plebe che si combattono. La
vita, nel lato duro: Simone da pirata è diventato doge di Genova, brama
la pace e il perdono, fino morirne vittima. Musica corrusca, raffinata,
chiude con un pianissimo di pace infinita dopo tante tempeste. Muti ha
lavorato di cesello incessante: l’orchestra – contrabbassi violini clarinetto
e tromboni in specie – esprimeva il canto virile e mesto di Verdi, con note
gonfie di pianto e di amore. La regia sintetica di Adrian Noble, le scene
rinascimentali di Dante Ferretti hanno creato uno spettacolo di grande
equilibrio, unito ad un cast preparato nel canto e nella dizione (Maria
Agresta, George Petean) insieme al coro perfetto. Una interpretazione,
senza retorica, che farà storia.
IL PRANZO DI BABETTE
Di Gabriele Axel. Con
Stéphane Audran. Notissimo
film sempre delizioso sulla
misteriosa Babette che
mette insieme cucina e cuori
in una congrega religiosa
danese. 0scar come miglior
film straniero (1987).
Feltrinelli. (m.d.b.)
LAWRENCE D’ARABIA
Di David Lean. Con Peter O’
Toole, Omar Sharif. Sette
Oscar sulla storia dell’eroe
inglese e la sua vicenda in
terra arabica. Avventura e
dramma. In italiano e inglese
con sottotitoli. Extra ottimi
con intervista a Sharif. Sony.
(m.d.b.)
PARSONS DANCE COMPANY
Alcuni pezzi della famosa
compagnia di danza moderna
fondata da David Parsons,
con musiche di Mozart,
Stravinsky e Rossini, ma
anche di Linton, Raye e
Nascimento. Fra i titoli
“Scrutiny”, “The envelope”.
Dvd Art Hous Musik. (g.d.)
GIOSTRE PER ALITALIA
A dare il via al nuovo
progetto espositivo
“In Aria. Cinque
mostre fotografiche
per Alitalia”, la
mostra “Giostre”
con scatti realizzati
in diverse città del
mondo. Una giostra
in movimento o anche
un solo dettaglio della
stessa, l’espressione
di giovani, anziani e
bambini, nel pieno del
turbinio ludico. Roma,
Spazio Alitalia Piazza
di Spagna, fino al 20/1.
PHOTISSIMA A TORINO
Una selezione dei
progetti esposti a
“Photissima Art
Fair”, di linguaggi
e tematiche che
recuperano anche
documenti visivi
spesso dimenticati.
In mostra, anche,
una riflessione
sull’identità culturale
e individuale con una
selezione di lavori di
fotoreporter cinesi.
Torino, Fondazione
Artèvision, fino al 20/1
LA CERAMICA DI MIRÒ
“La Tradizione
moderna della
ceramica”, a cura
di Luigi Fiorletta,
propone un’accurata
selezione di opere
in ceramica per
offrire un’eccezionale
possibilità di
approfondire le
tematiche che
costituiscono
l’inconfondibile e
singolare “universo”
di Llorens-MiróArtigas, artisti catalani
di fama internazionale.
A Veroli (Fr) fino al 16
febbraio.
MARINO MARINI
Un centinaio di opere
nella prima personale
dell’artista realizzata
in Sardegna, fra
sculture disegni
e opere grafiche
eseguite fra il 1937
e il 1979. “Cavalli
e cavalieri. Marino
Marini/Post scriptum”.
Nuoro, Man. Fino al
24/2 (catalogo Silvana
editoriale).
AMORE E PSICHE
La celebre scultura
di Canova, anno 1797,
e la tela di Gérard
provenienti dal Louvre
di Parigi per un
confronto su un tema
sempre di attualità.
“Amore e Psiche”.
Milano, Palazzo
Marino. Fin al 12/1.
C u l t Cuurlat u er a t ee nt ede
nze
ndenze
I
l mondo attuale, per
l’energia distruttiva
racchiusa negli arsenali
militari, ma anche per
l’umanissima ed universale aspirazione al benessere individuale, richiede un
punto di incontro tra gli
opposti sistemi di valori al
cui interno sono raggruppabili le sensibilità umane,
le percezioni del mondo, le
aspettative di futuro e gli
stili di pensiero. Richiede
che ci si metta d’accordo
per trovare uno spazio di
convivenza accettabile.
La cultura del dialogo
ha proprio questo scopo:
relativizzare le proprie
convinzioni e ribadire che
la dimensione dell’assoluto appartiene alla sfera del
divino, non a quella delle
relazioni umane. Dialogare
è rinunciare alla pretesa di
aver ragione ed essere sempre nel giusto. Dialogare è
sospendere il giudizio, interrogarsi continuamente,
cercare di comprendere la
dimensione dell’altro ed il
frammento di verità di cui
l’altro è portatore.
Le Sacre Scritture vengono definite come parola
ispirata da Dio, cioè redatta da persone da lui stesso
ispirate. Le Scritture sono
voce e figura, suono ed
immagine di Dio. L’interpretazione della parola
scritta coinvolge una pluralità di sensi e funzioni
cerebrali che ne fanno una
prassi complessa. In più,
la componente umana e la
materialità delle Scritture
le espone all’azione perturbante della storia e, come
ogni altro mezzo di comu-
68
Città Nuova - n. 1 - 2013
IDEE IN DIALOGO
di Moreno Orazi
nicazione umana, si presta
ad errori, limiti e interpretazioni improprie. Figuriamoci a distanza di tempo!
Aderendo concettualmente o emotivamente ad
una di queste interpretazioni, di queste immagini,
si danno altrettanti modi
di concepire Dio e vivere
l’esperienza della fede e
l’appartenenza alla Chiesa.
Credere in Dio, dunque,
significa credere ad uno
dei tanti volti del Dio della
storia a cui le varie culture
nel tempo hanno dato luogo. Non avere consapevolezza di questo può creare
problemi che influiscono
sulla comprensione corretta dei testi sacri e sulla
convivenza tra gli uomini.
Per inciso, mi chiedo
continuamente se anche i
miei amici credenti, quando pensano all’Eterno
Padre, se lo raffigurano,
come me, come un ottuagenario re barbuto e canuto, assiso in trono. Una
rappresentazione un po’
infantile, lo ammetto, ma
la mia “non fede” deriva
molto dal non disporre di
una immagine di Dio che
superi questo cliché. Lo
stesso per il Paradiso.
La pluralità delle interpretazioni possibili, se non
temperata dalla consapevolezza della parzialità di ciascuna, può far degenerare la
fede in una sorta di ideologia. La tradizione più viva e
vitale del cattolicesimo, invece, è fatta di credenti che
si confrontano con l’epoca
in cui vivono, cercando di
testimoniare la loro fede attraverso modalità di pensie-
Fede
Scritture
laicità
Come raggiungere la verità?
Come farsi carico delle sfide
della contemporaneità?
Riflessioni di un non credente
L’uomo di fede e il non
credente dovrebbero
interrogarsi quando
nel corpo sociale si
determinano cambiamenti.
In basso: incontro dei
gruppi di dialogo.
Giuseppe Distefano
Perché
Continuiamo la pubblicazione di contributi frutto dello
scambio di idee tra persone
di fedi, culture, credenze
diverse, nell’ambito delle
attività del Movimento dei
Focolari. Obiettivo di questi
contributi non è solo quello
di esporre e chiarire la propria idea, quanto di creare
ponti verso l’idea dell’altro,
valorizzandola, esplorando
convergenze possibili, in
una reciprocità arricchente
entrambi.
gm
ro e forme di comportamento consone allo spirito dei
tempi. Credenti che si fanno
carico, in altre parole, delle
sfide della contemporaneità
in cui si trovano a vivere.
Per gli uomini di fede, oggi, non è la trascendenza
di Dio ad essere entrata in
crisi, né la dimensione spirituale che attraverso essa si
esprime, ma il modo di vivere e testimoniare la fede
ed i contenuti ereditati dalla
tradizione.
Come l’uomo di scienza onesto, che persegue la
verità, è costretto a rivedere
le sue teorie, faticosamente
costruite negli anni, appena
sopraggiungono dati imprevisti che le contraddicono,
anche l’uomo di fede dovrebbe interrogarsi sulle
sue convinzioni quando si
determinano nel corpo sociale mutamenti profondi e
irreversibili della mentalità,
che entrano in conflitto con
esse. O peggio le utilizzano
per scopi che ne tradiscono
il fine ed il valore di testimonianza gratuita.
Ma questo dovrebbe
valere, a maggior ragione, per quanti di noi non
credono alla trascendenza
in nome di una laicità che
elegge a valore supremo la
ragione umana generando,
a sua volta, una fede acritica, quasi superstiziosa,
nella ragione, ignorandone
i limiti ampiamente rivelatisi nel corso del secolo
appena concluso. Ci sono
credenti la cui esperienza
di fede ha molto da insegnare a noi che facciamo
della laicità e della razionalità la nostra bandiera.
Città Nuova - n. 1 - 2013
69
Cultura e tendenze
I
l giro di affari nel
mondo si misura
ormai in miliardi di
euro, con oltre mille professionisti in
Italia. Stiamo parlando di
coaching, una risposta ai
tempi instabili che viviamo, con la globalizzazione
che spazza via certezze antiche, mentre la concorrenza, nel lavoro e non solo,
si fa spietata. L’obiettivo è
migliorare le proprie prestazioni personali e professionali (empowering).
Il dato positivo è che
si approfondisce il valore
delle relazioni, introducendo in contesti fortemente orientati al profitto
il fattore emotivo, restituendo al lavoro umanità.
In pratica, secondo alcune
70
Città Nuova - n. 1 - 2013
FORMAZIONE
di Emanuela Megli
“Coaching” per chi?
Si diffondono le nuove tecniche di potenziamento
personale e l’allenatore mentale. Rischi ed opportunità
correnti americane di ricerca nel campo della comunicazione, ad esempio
la programmazione neuro
linguistica (Pnl), è possibile creare nuove abitudini
nel proprio comportamento, sostituendo credenze
“limitanti” con credenze
“potenzianti”.
Per prima cosa, bisogna
prendere coscienza del
proprio modello di mondo, ossia dei processi neurologici automatici, legati
alle esperienze soggettive,
che danno luogo a distorsioni e generalizzazioni
nel modo di interpretare
la realtà. Poi, modificando
linguaggio e modalità di
dialogo, si può condizionare la visione di noi stessi e del mondo, e il nostro
stato fisico e mentale, realizzando più efficacemente i propri obiettivi.
Si potrebbe quindi concludere che siamo programmabili, tramite uno
strumento potente per il
miglioramento personale e
quindi dell’umanità.
L’applicazione delle tecniche di programmazione
neuro linguistica, però, può
essere anche pericolosa se
esclude il principio della
libertà di scelta della persona, come accade a volte nei
corsi di formazione orientati allo sviluppo personale.
Ho assistito personalmente ad un processo decisionale guidato da un
Potenzialità e talenti
Il coaching è una pratica professionale di formazione, che si fonda
sull’arte di porre le giuste domande, onde far emergere dal cliente le risposte che possiede già dentro di sé. Si tratta di aiutarlo
a prendere consapevolezza delle proprie potenzialità latenti, migliorandole e amplificandole, fino a raggiungere i propri obiettivi,
personali e professionali.
Il cambiamento agisce su due livelli: il primo è la formazione d’aula,
nella quale si viene guidati in gruppo alla conoscenza dei processi
neurologici e delle tecniche per influenzarli nella direzione voluta.
Nel secondo livello il soggetto si affida al suo coach, che nell’ambito di un colloquio individuale lo ascolta acquisendo il suo modello
di mondo, le sue “credenze”, limitanti e potenzianti, il suo modo di
decidere, il suo focus, la sua fisiologia, il suo linguaggio interno ed
esterno, che danno un’indicazione chiara sulle sue esigenze. Si programmano poi azioni concrete che diventeranno nuove abitudini, capaci di rompere i vecchi schemi improduttivi sostituendoli con nuovi,
potenzianti e vincenti.
Per esempio, per coloro che tendono a vedere tutto nero, si tratterà di cambiare postura, sforzarsi di sorridere, fino a quando diventerà automatico, perché la nostra fisiologia influenza le nostre
emozioni (e viceversa).
La competenza del coach è un aiuto prezioso
se si pone al servizio, e non in sostituzione,
della decisione finale del cliente.
esperto di coaching: in
questa modalità di formazione il cliente si affida
totalmente ad un “allenatore mentale”, una guida,
una specie di facilitatore
del cambiamento, che lo
aiuta a sviluppare le sue
potenzialità personali. Ho
avuto l’impressione che
l’esperto avesse acquisito
la totale conoscenza del
cliente e dei suoi bisogni,
al punto da potergli suggerire le scelte di vita da
compiere, ma trascurando
il valore della libertà della
persona che aveva davanti.
In pratica l’esperto poteva commettere l’errore di
ritenere i comportamenti
del suo cliente predeterminabili, cioè giudicabili
solo in virtù di un criterio
tecnico di efficienza comportamentale.
Il coach professionista
ha il compito di aiutare il
cliente a tirar fuori le risposte alle domande che egli
stesso si pone, in modo imparziale e determinato. Tuttavia il rischio è che forzi la
situazione e guidi il cliente
sostituendosi a lui. L’equilibrio è davvero precario,
soprattutto quando entra in
gioco l’interesse professionale. Il cliente invece deve
sempre poter scegliere di
non attuare i suggerimenti
ricevuti: è in gioco il primato della persona su tecnica e
scienze umane. Chi può conoscere, infatti, in assoluto
in cosa consiste il bene per
ciascuno?
Nel campo della crescita personale, si afferma di
solito che la scelta tra due
opzioni è un conflitto che
può essere superato pensando ad una terza possibilità, magari ponendosi
nella posizione di “osservatore” con distacco emotivo. Altre volte si può solo
cercare di intuire la scelta
giusta nel dialogo tra due
persone in consonanza
di intenti, capaci di fare
spazio alle diverse ipotesi
emergenti.
Quando riusciamo a relazionarci in questo modo,
lasciando entrare in gioco
il nostro io più profondo,
accettando il limite del
non sapere, del non capire, del disorientamento,
può succedere che appaia
un punto di vista diverso,
un’ipotesi non considerata, effetto dell’interazione
produttiva dei soggetti, di
una comunicazione che è
donazione, porsi a servizio reciprocamente.
Questo è il vero aiuto che si dovrebbe offrire
ad una persona, in cui la
competenza del coach può
svolgere un ruolo fondamentale, ma solo nella misura in cui la tecnica viene
posta a servizio, e non in
sostituzione, della decisione finale del cliente.
È fondamentale non
dimenticare che le conseguenze della scelta, qualsiasi scelta, ricadono poi
sulla persona che decide,
l’unica che può assumersi
la responsabilità della valutazione finale. E sarà la
vita, poi, a dare eventualmente ragione delle scelte,
confermandone la correttezza nei risultati ottenuti
e nell’equilibrio emotivo
raggiunto.
Città Nuova - n. 1 - 2013
71
Cultura e tendenze
ATMOSFERE
di Giovanni Casoli
Realtà
verità
letteratura
Parole vuote, catene di schiavitù
e insensatezza. Il relativismo
assoluto è legge di mercato
R
iflettendo su La fine
dell’epoca moderna (1950), il grande
Romano Guardini profetizza che il
nuovo ateismo si approprierà slealmente dei valori
cristiani sia declassandoli
a sentimenti privati sia negando che l’umanesimo
ateo continui a nutrirsi della
loro eredità: «L’atmosfera
ne risulterà purificata. Piena di ostilità e di pericolo,
ma pulita ed aperta. (…) la
fiducia e il coraggio formeranno il carattere proprio
della fine dei tempi. (…)
L’amore scomparirà dalla condotta generale» ma
«forse la carità acquisterà
una profondità di intimità
mai prima esistita».
Restringiamo questa riflessione panoramica alla
letteratura. Nel Medioevo
literatura era sinonimo di
gramatica ovvero del fondamento culturale costruito sulla lettura dei classici
pre-cristiani e cristiani e
sulla conseguente capacità
72
Città Nuova - n. 1 - 2013
di scrivere e trascrivere.
Poi l’umanesimo cristiano del Medioevo si è
andato lentamente secolarizzando fino alle moderne
negazioni, cancellazioni e
all’oblio. La letteratura –
creativa, di studio, e così
via – passa dai sentieri della ricerca umana-spirituale
a quelli della tecnica, utili ma circolari percorsi di
crescita materiale. L’uomo
singolo diviene intercambiabile strumento di sviluppo economico destinato al consumo e misurato
dalla ricchezza.
E la letteratura? Che
ha da fare oltre all’inventare fiction e proporre intrattenimento? Dovrebbe
raccontare. Ma il racconto
(novella, da cui l’inglese
novel) era “notizia”, resoconto vero di realtà. E ora,
oggi che gran parte della
realtà è virtuale? Cioè vera e falsa contemporaneamente? Basta osservare
come la maggior parte dei
messaggi pubblicitari si-
Domenico Salmaso
ano vergognosamente diventati, a causa dei mercati
da cui provengono e a cui
servono, deresponsabilizzanti fantasticherie, false
e aggressive ingiunzioni
mascherate da lusinghe,
ricatti psicologici feroci.
Paghi dopo (dopo che?).
Se non compri questo sei
out, fai compromessi con
la bellezza (!). Se non usi
e ti fai usare insomma non
esisti. Questa sarebbe la
verità, la realtà.
Alt. Realtà e verità non
coincidono; basta un piccolo esempio: una bugia
è reale ma non vera, evidentemente. Ma il mercato
non vuole che sia così, perché deve essere reale-vero
solo ciò che esso impone,
in cui bugia e non bugia si
equivalgono perfettamente. La logica commerciale
proclama questo diktat,
mentre il Vangelo continua a dire e a fare molto
diversamente, anche in
direzione della letteratura.
Infatti, i libri utili restano
ancor oggi quelli di testimonianza della realtà al
confronto con la verità,
sia come documento che
come creazione verosimile
(nei Vangeli le chiamiamo
testimonianze e parabole).
Ma se ognuno si fa la
sua visione del mondo come realtà indipendente da
verità, la società diventa
un insieme incoerente di
strani ed estranei individui
che guardandosi sanno di
essere reali ma non veri, o
poco veri.
Da questa contraddizione il genio di Kafka ha trat-
to Il processo, Pirandello i
suoi personaggi “in cerca
d’autore”, Ionesco La cantatrice calva che «si pettina
sempre nello stesso modo».
La verità senza realtà in letteratura produce
solo vuote affermazioni
ideologiche anche quando
spirituali; la realtà senza
verità produce pesantezza,
barriere umane e noiose
ripetizioni, io senza tu e
conseguentemente falsi
noi. Il fondamento di verità
della letteratura, sia nelle
sue radici che nel rapporto
autore-testo-lettore, crolla nel relativismo assoluto (bell’ossimoro, molto
istruttivo) di cui, oltre al
papa, che lo denuncia, parlano ormai tutti, approvando o disapprovando. Il relativismo assoluto è legge
di mercato come volontà
di avere e possedere/possedersi, che nel Vangelo si
Romano Guardini.
La letteratura deve
ripartire dal rapporto
tra realtà e verità se vuole
dire qualcosa di umano
alla gente di oggi.
chiama “Mamona”, il volto
più distruttivo del “principe
di questo mondo” a cui la
verità non interessa e la cui
realtà è impietrita nell’interesse per la ricchezza.
I nuovi Kafka e Pirandello e Ionesco (ma dove
sono?) hanno il compito
non di documentare, perché è già chiaro, il turbamento del rapporto tra reale e verità, ma di ritrovarlo
nel mondo della letteratura, raccontando, creando
mondi alla cui realtà non
manchi lo specchio della
e delle verità, e la cui verità non si sottragga al duro confronto con la realtà.
Altrimenti resta solo una
contraddizione tra l’una e
l’altra, realtà e verità, mascherata dal loro appiattimento reciproco.
La letteratura deve ripartire dal rapporto tra realtà e verità se vuole dire
e dare qualcosa di umano
alla gente di oggi; se invece vuole eludere o rifiutare
il rapporto di differenza e
mai di confusione tra realtà e verità, diventa falsa e
falsificatrice, vende parole
vuote e catene di schiavitù
e insensatezza, perché, come diceva J. Maritain, «chi
non cerca la verità non è
un essere umano».
Siamo dunque alla necessità spirituale. «Che
cos’è la verità?», chiese
con una falsa domanda
Pilato, credendo di avere
i piedi piantati per terra,
proprio a chi aveva affermato: «Io sono la verità».
E noi ereditiamo sempre in
noi quel confronto.
Città Nuova - n. 1 - 2013
73
Cultura e tendenze
IL PIACERE DI LEGGERE
a cura di Gianni Abba
Il cibo tra politica e cultura
MARINO NIOLA
Non tutto fa brodo
Il Mulino
euro 13,00
Inutile dire che si tratta di un libro decisamente gustoso. E un libro che
parla di cibo dalla prima
all’ultima parola non potrebbe che essere tale. Il
cibo interpretato da un antropologo colto che attraverso brevissimi capitoli
ci introduce al nutrimento
in tutte le salse. Ovvero,
ci racconta la nostra società e i nostri stili di vita, attraverso quello che
mangiamo. Non è un libro
per cuoche, mi verrebbe da
dire, ma un libro che, parlando di cibo, parla di noi,
della nostra storia, cultura,
agricoltura, dei nostri paesaggi, della nostra economia. Perché – come precisa
l’autore – il cibo è il vero
carburante della storia, per
una ragione naturale e una
74
Città Nuova - n. 1 - 2013
culturale. La prima è che
l’uomo mangia per vivere. La seconda è che vive
per mangiare. Questo dato
culturale e sociale ci differenzia da tutti gli altri animali, carnivori ed erbivori.
Il libro è piacevole, arguto, ironico, fa riflettere
sull’origine di molti cibi, sul
loro legame con le culture,
persino sull’intreccio tra
cibo e letteratura. Scopriamo così che una zuppa può
essere un esempio di laboratorio interculturale, che
un’insalata è fatta di niente
ma ci si può mettere tutto,
che la ricotta pare sia stata
reintrodotta in Italia da san
Francesco. Insomma, gli
aneddoti culinari non mancano di stupire e incuriosire
il lettore. Ogni tanto si ha
l’impressione che prevalga
un approccio estetico alla
questione cibo, trascurandone alcuni aspetti problematici. Penso ad esempio all’ineguale distribuzione del
cibo nel mondo, al peggioramento dell’alimentazione
anche nei Paesi più ricchi, al
consumo di suolo nei Paesi occidentali (e in Italia in
particolare) e all’accaparramento di suoli agricoli
nei Paesi in via di sviluppo.
Come dire: oggi parlare
di cibo significa parlare di
politica, giustizia sociale,
ambiente e interdipendenza
planetaria. Temi cruciali ai
quali anche l’antropologia
dovrebbe guardare con più
attenzione.
Giulia Levi
GIUSEPPE DOSSETTI
Il Vangelo nella storia
Conversazioni 1993-1995
Edizioni Paoline
euro 19,00
Le ultime interviste a
Dossetti, padre della Costituzione, all’indomani
della sua decisione di farsi monaco e sacerdote, ci
permettono di incontrare
questo straordinario testimone, impegnato per lungo tempo in politica.
Egli si rifà al Vangelo, richiamando una condizione
necessaria per chi s’impegna in politica: la missione
ad essere testimoni di valori
e non a fare. L’ostinazione
del fare è infatti un veleno
che lentamente oscura l’anima della politica, che deve
essere dono gratuito di sé e
non professione. La seconda
condizione è la gratuità, che
si misura nella non professionalità dell’impegno. Terza condizione: limitare nel
tempo l’impegno diretto. E
qui Dossetti attinge a piene
mani dall’esperienza personale: «La realtà dei politici
di professione, che sono tali da trenta o quarant’anni,
credo che non la si possa
ammettere. Non si tratta di
una ragione moralistica, ma
di un principio. Fare politica dovrà essere considerato
un episodio e un servizio
che a un certo momento ci
è chiesto, purché noi siamo
convinti che il servizio deve
durare poco». Un libro che
fa riflettere e offre indicazioni per le nostre scelte.
Pasquale Lubrano
Lavadera
VIVIANA DE MARCO
L’esperienza di Dio
nell’unità
Città Nuova
euro 28,00
Chi conosce Klaus
Hemmerle sarà felice di
trovare, raccolti in un solo volume, gli estratti più
significativi dei suoi scritti filosofici, teologici ed
estetici. Chi non lo cono-
sce avrà la possibilità di
entrare nel pensiero e nel
vissuto personale di uno
dei collaboratori più stretti
di Chiara Lubich. Vescovo,
teologo, filosofo ed artista,
Hemmerle è un gigante dal
punto di vista umano, intellettuale e spirituale. Non
a caso, Chiara affidò a lui
quell’originale comunione
tra vescovi cattolici e di altre Chiese, che è una delle
realtà più caratteristiche
del Movimento dei Focolari oggi. Viviana De Marco,
docente di teologia sistematica ad Ancona, ci regala un testo prezioso, ben
curato e scritto con grande
partecipazione, che ci offre
uno spaccato approfondito
e inedito di quell’affascinante novità che è la spiritualità dell’unità.
Giulio Meazzini
IN LIBRERIA
MONICA MONDO
Sarà bella la vita
Marietti
euro 14,00
In ogni romanzo si ritrova sempre una dose più
o meno cospicua di dati
autobiografici, mascherati
dietro il racconto o nelle
pieghe dello stile. Quante volte mi sono perso la
bellezza di una prosa ricca
o scarna, immaginifica o
realista, per correre dietro
agli indovinelli biografici!
Gossip mentale.
Conoscendo l’autrice,
sin dalle prime righe di
questo testo mi sono vietato tali spericolate manovre
cerebrali, per concentrarmi solo sulla storia. Che
non c’è, apparentemente.
Sorrido alla titolazione un
po’ ingenua dei capitoli,
ma non trovo una guida.
Cerco allora il fil rouge dei
personaggi, fuggenti, salvo
la sola presenza costante
della giovane anoressica,
così assottigliata da nascondersi tra le righe. Impasse, ancora. Quasi smarrito cerco la leggera traccia
dei luoghi, e mi perdo tra
Madurai e via del Mascherino. Fallimento.
Allora non seguo più
nulla, non cerco tracce né
indizi, né dettagli. Mi lascio
portare dai ricordi dell’autrice, autobiografici o meno
che siano, poco importa, e
mi ritrovo a respirare l’aria
frizzante delle vette e quella pestilenziale degli slum,
a toccare la mano rasposa d’un vecchio o la pelle
diafana dell’adolescente
che non mangia. E capisco, forse, qualcosa della
vicenda narrata, il senso
nel nonsenso, la luce nella
tenebra, il miracolo nel mistero, il silenzio nella parola e la parola nel silenzio.
Tutti attributi applicabili a
quel Dio-morto-in-croce
che l’autrice ha incontrato
lungo il suo «cammino»,
lungo il quale si comprende
«com’è bello il mondo».
Michele Zanzucchi
a cura di Oreste Paliotti
PENSIERI
Giovanni Paolo I,
“Un anno con papa
Luciani”, Paoline, euro
14,50 – Sono “sorsate
di acqua fresca di
sorgente” questi
pensieri per ogni giorno
dell’anno, tra i più belli
tratti da suoi discorsi,
scritti e articoli.
PRIMI SECOLI
Puig i Tàrrech, “I
Vangeli apocrifi”,
San Paolo, euro 30,00
Secondo volume
di questo genere
letterario. Contiene i
Vangeli di Tommaso e
di Maria, il Dialogo del
Salvatore e la Prima
Apocalisse di Giacomo.
FILOSOFIA
Nikolaj Berdjaev,
“La concezione di
Dostoevskij”, Einaudi,
euro 17,50 – Dal grande
filosofo russo una delle
letture più suggestive
e vertiginose dell’opera
dostoevskiana,
incentrata com’è
sull’idea di libertà.
NARRATIVA
Luisa Manzoni, “Erano
di pezza e si credevano
bambole”, Campanotto,
euro 25,00 – Attraverso
eventi cruciali, il
negozio di Tea, la Fata
delle Bambole, ispira
serenità: mentre lei
lavora, le clienti si
raccontano…
ECOLOGIA
Elizabeth Theokritff,
“Abitare la terra.
Una visione cristiana
dell’ecologia”, Qiqajon,
euro 24,00 – A partire
dalla sapienza della
Bibbia e dei Padri
della Chiesa, il giusto
rapporto tra uomini,
natura e animali.
EDUCAZIONE
Luciano Manicardi,
“Raccontami una
storia”, EMP, euro
12,00 – Fiabe,
confidenze
all’analista, romanzi,
conversazione
quotidiana… La
narrazione come luogo
educativo.
LETTERATURA
Ricciarda Ricorda,
“La letteratura di
viaggio in Italia”, La
Scuola”, euro 22,00
– Un quadro ampio e
approfondito, secondo
un arco cronologico
che va dal Settecento
ad oggi, di un genere
di inesausta vitalità.
TESTIMONI
Monica Attias,
“Racconti di pace in
Oceania”, Urbaniana
University Press, euro
18,00 – La vicenda,
accaduta verso la fine
degli anni Novanta, dei
sette martiri di una
fraternità anglicana
impegnata nel disarmo.
Illustrazione di Eleonora Moretti
PER BAMBINI DA 3 A 99 ANNI
di Annamaria Gatti
N
ella fattoria nessuno si
sarebbe mai aspettato
una novità. Invece:
«Anno nuovo, vita
nuova!», aveva esclamato
Mario, il contadino, mentre
rovesciava abbondanti razioni
di fieno nella mangiatoia dei suoi
ruminanti. Gli occhi gli brillavano,
forse perché l’aria apparentemente
immobile dell’inverno lasciava
intorno uno strano profumo di
muschio e foglie novelle. «Vuoi
vedere – bonfonchiò il bue Nino –
che la novità è una stalla nuova?».
«BUM! Questa è proprio grossa!»,
sbottò la mucca Tina. «Non
dimenticare che io sono stato
scelto per fare il bue nella santa
capanna del presepe e sono
diventato ancora più importante!
Non come quell’asino vagabondo
che mi hanno messo vicino… Merito
perciò una nuova stalla», precisò Nino
il bue. «Meno arie, sii realista: Mario
non ha possibilità di costruirci proprio
niente. L’asinello invece mi ha fatto
tanta pena». «Beh, se uno vale poco,
è facile che faccia questa fine!». Tina
Fantasilandia
muggì sdegnata e si voltò verso la
greppia, decisa a non ascoltare quel
bue superbo, che si era montato la
testa! La notte dell’ultimo giorno
dell’anno trascorse lontano da botti
e confusione, immersa nel silenzio
magico della campagna addormentata.
Ma la mattina seguente accadde
“l’irreparabile”. Un musetto fradicio
fece capolino dal vecchio portone
della stalla. «E questo chi è?», chiese
Nino allarmato. «Sono l’asinello
del presepe. Mario mi ha detto che
posso vivere con voi». Nino restò
senza muggiti. Tina invece fece gli
onori di… stalla: «Allora sei tu la
novità, vieni avanti, qui starai bene»,
aggiunse guardando di sottecchi il
bue ammutolito. L’asinello salutò da
gran signore: «Grazie, cari amici, sono
proprio onorato di vivere con voi. È
giunto il momento per me di trovare
un rifugio stabile e Mario, il vostro
padrone, è proprio una brava persona:
mi ha detto che aiuterò il bue Nino».
Nino fece finta di non aver sentito, ma
riprese a ruminare pensando: anno
nuovo, amico nuovo! E si accorse di
sentirsi un po’ felice.
Città Nuova - n. 1 - 2013
77
In dialogo
@
Egoismo politico
«Sono del parere che in
questo caos politico ricadremo nello stesso clima
di egoismo che ha caratterizzato gli ultimi decenni.
Occorre che tanti di noi
comincino a prospettare
un “progetto profetico”
basato sul valore della
fraternità in tutti i campi,
unico valore che può portare dei frutti positivi per
l’intera società. Sarà un
cammino difficile e laborioso, ma è l’unica strada
che potrà portare fuori da
queste crisi la nostra ed
altre società. Perciò è il
caso di metterci al lavoro
insieme, almeno quelli che
la pensano in questo modo, al di là delle differenze
partitiche».
Michele Troiano
In queste settimane
giunge in redazione, soprattutto al sito cittanuova.it, una notevole quantità di lettere sull’attuale
situazione politica. Ringraziamo tutti, e rimandiamo al nostro quotidiano online per prendere
conoscenza dei commenti
in calce agli articoli. Ringraziamo tutti soprattutto
perché dalle lettere appare un forte desiderio
di impegnarsi in politica.
La politica della rappresentanza eletta, ma anche
quella della cittadinanza
attiva. Siamo fieri dei nostri lettori, uno spaccato dell’Italia che lavora,
pensa e cerca soluzioni
alla crisi. Che sceglie il
bene comune.
78
Città Nuova - n. 1 - 2013
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
di Michele Zanzucchi
@
Sentire il grido
«Ho aperto la posta elettronica ed ho trovato una
mail sulla situazione tragica dei precari nella scuola.
L’ho inoltrata a colleghi
sensibili e cari amici, non
tanto per parlare di riforma
o precariato: ho provato un
dolore acuto, come quando
si è suicidato un uomo nel
piazzale del santuario di
Pompei, quasi un sos urlato affinché l’orfano, il disoccupato, il precario non
ci sfiorino invano!
«Ho bisogno di condividere tutto ciò con Città
Nuova, che vuol camminare
con noi e magari suscitare
una riflessione per renderci
conto che viviamo in una
realtà assurdamente virtuale: siamo talmente assuefatti alle notizie drammatiche
che la realtà stessa diventa
un reality! Vorrei che qui da
me, dato che questo docente
era di Casandrino (Napoli),
ci si mobilitasse per aiutare
la sua famiglia».
Immacolata Martinelli
Sant’Anastasia (Na)
Appunto, come dicevo
sopra, ecco i nostri lettori
che lavorano per il bene
comune, che poi vuol dire
accorgersi che l’altro, il vicino – concretissimo e non
virtuale –, è nel bisogno.
Forse anche noi un giorno
non lontano avremo bisogno dell’altro…
@
Unità di campanili
«Ho letto il reportage
sulla voglia di ripartire
dopo il terremoto in Emilia. Vorrei far notare che
non si è menzionato San
Felice sul Panaro, uno dei
paesi più colpiti per crolli di chiese, monumenti,
case. A questo proposito
anche le aziende agricole,
gli allevamenti bovini che
producono latte per la trasformazione del parmigiano sono stati danneggiati;
e anche questi coltivatori
diretti, la mattina del 20
maggio, sono ripartiti con
il bestiame impaurito dal
sisma. Facciamo un’unità
di campanili?».
Maria Luisa Stefanini
San Felice (Mo)
@
A pag. 19 diamo conto
di un’iniziativa che, anche col contributo di Città
Nuova e dei suoi lettori, ha
portato qualche sollievo
alle popolazioni emiliane.
Ovviamente i danni sono
stati tali e in una zona così
vasta che ogni iniziativa
si è occupata di un “pezzetto” del vasto territorio
colpito dal sisma.
@
Giudizio
e condanna
«Nel primo numero
di novembre, leggendo la
corrispondenza e in particolare quanto si riferiva
sul giudicare o meno, mi
sono venute in mente alcune considerazioni. Ogni
mia azione o decisione
viene sempre generata da
un giudizio che potrà essere di accettazione o di
rifiuto; pertanto se ritengo
negativa una cosa è logico
che giudico negativamente
Si risponde solo
a lettere brevi, firmate,
con l’indicazione del luogo
di provenienza.
Invia a:
[email protected]
oppure:
via degli Scipioni, 265
00192 Roma
Incontriamoci a “Città Nuova”, la nostra città
UN WEEK END IN PIEMONTE
«Rendere straordinario il quotidiano e far crescere
il rapporto tra la rivista e i suoi lettori, in modo che ciascuno sia da essa rappresentato e ad essa possa partecipare: è quanto abbiamo vissuto con Marta Chierico e Paolo Lòriga il primo fine settimana di dicembre a Torino
e Cuneo. La prima tappa? Una bella e simpatica tavolata
in una soffitta calda e accogliente. Sullo sfondo la Mole
Antonelliana, il colle dei Cappuccini, la Superga illuminati in una Torino già pullulante dei segni natalizi. La
cena ha permesso di conoscerci meglio e confrontarci
sulle dinamiche presenti sul territorio, già molto ricco di
iniziative sociali ben strutturate. Che cosa va migliorato a
Torino, ci siamo chiesti? Forse i rapporti “trasversali”, la
comunicazione tra tutti. E quale il nostro punto di forza?
Testimoniare che la “cultura dell’amore reciproco” può
essere la nostra carta vincente. Nel pomeriggio ci siamo
anche chi la commette, altrimenti si arriva all’assurdo di rubare; ma, siccome
io non giudico i ladri, sono
immune dall’essere giudicato ladro. Ecco l’equivoco. Ci viene detto di non
giudicare, ma leggendo il
Vangelo, Gesù, nell’esempio dell’adultera, non le
dice: “Nessuno ti ha giudicata”, bensì: “Nessuno
ti ha condannata”. Sta qui
la differenza, perché purtroppo abitualmente noi,
alla parola “giudizio”, diamo il valore di condanna.
Allora, ognuno di noi ha il
diritto di giudicare, ma ha
altrettanto il dovere di non
condannare, perché questo spetta solo a Dio. Poi è
ovvio che il metro del mio
giudizio sugli altri diventa
anche metro su di me ».
Luigi Liberati
È sottilissimo il diaframma tra “spirito critico” e “spirito di critica”.
Il primo è l’atteggiamento
di chi, senza condannare
il singolo, cerca razionalmente di capire cosa va e
spostati nel cuneese per incontrare un centinaio di persone impegnate in ambito sociale. Si è dato ampio spazio
ad ognuno, perché potesse liberamente formulare domande, esprimere perplessità, donare quanto gli stava a cuore
in un approfondito dialogo. Infine, domenica pomeriggio
abbiamo incontrato a Torino i lettori di Città Nuova. Una
serrata serie di domande sugli argomenti più coinvolgenti in questo momento di incertezza economica e politica
ha permesso di riscoprire insieme i valori di un’informazione che diffonde la “cultura dell’unità”. Cultura che si
fonda sulla disponibilità e capacità di saper accogliere il
pensiero e le ragioni dell’altro, nella convinzione che in
questo modo si costruisce un bene più grande. Si è quindi compreso che, anche quando sembra che Città Nuova
non prenda posizione (come alcune volte viene obiettato),
in realtà con i suoi contenuti sta svolgendo una funzione
più profonda che va al di là della semplice informazione, perché aiuta a formarsi un pensiero autonomo, a crescere. Interessante la risposta sul significato dell’attuale
crisi economica: “La povertà non è una maledizione, la
maledizione è la miseria; oggi è necessario impostare la
nostra vita su uno stile di vita più sobrio. La crisi ci invita
ad avere non solo un altro modello economico, ma anche
un altro modello culturale, perché la differenza la faranno
i beni relazionali, cioè la qualità dei rapporti”. Personalmente ora mi sento più un “mattoncino” di quella Città
Nuova che stiamo intravedendo. Grazie di cuore alla redazione dalle comunità locali di Torino e Cuneo».
Sergio Pipino
[email protected]
cosa non va. Il secondo,
invece, è frutto dell’irrazionalità dell’ira, che mi
porta a condannare prima
il reo che il reato. Nel Nuovo Testamento c’è sì scritto: «Non giudicate per non
essere giudicati» (Mt 7,1),
ma anche: «Non sapete
che i santi giudicheranno
il mondo? (1Cor 6, 2)».
@
Eh no,
caro Michele
«“Eh no, caro Michele”,
così voglio intitolare la mia
riflessione maturata dopo
la lettura dell’editoriale:
“Ma chi me lo fa fare?”.
Caro Michele, mi permetto di darti del tu visto che
da decenni sono abbonato
alla rivista, che apprezzo e
sento mia da sempre, anche
nei momenti in cui non ho
condiviso opinioni soprattutto riguardanti la politica.
Questa volta ti scrivo per
esternarti il mio disappunto.
«Disappunto, sì, perché
lo trovo molto pasticciato,
iniquo, senza distinzioni,
intriso di un moralismo ge-
Città Nuova - n. 1 - 2013
79
In dialogo
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
Città Nuova
GRUPPO EDITORIALE
neralizzato che sento quasi
imposto. Come si può unire
la mancata fila all’autobus
con il non andare a votare
alle elezioni? O il gettare la
carta della pizza per terra,
copiare la tesina, non rispettare il semaforo rosso,
parcheggiare in seconda fila, con il pagare tutte le tasse dovute? A me pare che
questo articolo, come questo governo e almeno altri
cinque precedenti, siano
immagini di un irrealismo
di facciata che non esamina
accuratamente le sfumature
che in una società come la
nostra, e nel pieno di una
crisi economico-esistenziale che attanaglia l’Europa e
l’Occidente, creano ancora
più rabbia.
«Sono un piccolo artigiano del veronese e vivo
sulla mia pelle, a 51 anni, il
declino in picchiata di questo settore e di tanti altri
per le condizioni imposte,
ormai insostenibili. Non
passa giorno che laboratori piccoli legati al settore del mobile chiudano. È
praticamente una disfatta.
Proprio ieri mia moglie
mi ha suggerito di cambiar
lavoro. Mi sono sentito un
verme, un fallito, un parassita. Beh, tu, Luigino Bruni, ecc., sapete benissimo
che per noi il mercato non
solo è chiuso, ma sbarrato.
«Come posso sentirmi in
colpa se non riesco a pagare
le dovute tasse, o se non trovo un minimo stimolo per
andare a votare? No, caro
Michele, sento di non cadere ancora una volta in questo infruttuoso fatalismo,
sento di gridare assieme a
80
tanti altri (mi vengono in
mente i numerosi imprenditori suicidi) che certo è sbagliato non pagare le tasse,
ma è ancora più sbagliato
pagare fino alla fame o alla
morte un apparato che sforna leggi ingiuste. Grazie per
avermi ascoltato».
Carlo Bertoni - Verona
Caro Carlo, grazie della tua lunga lettera che ho
dovuto tagliare in più parti
per poterla pubblicare. Il
problema che tu esponi potrebbe essere uno di quei
quesiti che i moralisti si
pongono, del tipo: siamo in
una barca in dieci, ma stiamo affondando per il troppo peso, al punto che bisogna buttare a mare uno dei
passeggeri. Con che criteri
sceglierlo?
«La crisi attuale, che
viene da lontano e che non
è vicina alla fine, ci pone
di fronte interrogativi del
genere. Il tuo caso è esemplare. A questo proposito,
più volte nella rivista e sul
sito abbiamo sottolineato come il governo Monti,
pur avendo svolto un’opera
“macro” di grande valore
nazionale ed europeo – abbiamo sfiorato il fallimento, non ha saputo o potuto
svolgere quelle funzioni
“micro” che avrebbero potuto alleviare le sofferenze
di tanti piccoli imprenditori, di tante famiglie, di tante
espressioni della società e
dell’economia civili che costituiscono nei fatti la trama della struttura sociale
italiana. È il compito principale che il governo che
uscirà dalle elezioni avrà
dinanzi a sé. Le statistiche
dell’Istat dicono che il 10
per cento della popolazione
detiene il 46 per cento della
ricchezza nazionale! Bisogna agire con energia per
ridurre tale sperequazione.
Detto questo, un articolo non è mai esaustivo: in tremila caratteri
(spazi compresi) si può
solo avanzare un’idea e
argomentarla per quanto possibile. Nulla di più.
Nell’articolo in questione cercavo di evidenziare
solamente come la deriva
dell’illegalità possa colpire tutti noi, anche nei minimi atti quotidiani.
@
Metropolitana
«Sto aspettando il treno per Laurentina; intanto
inganno l’attesa leggendo
l’ultimo numero di Città
Nuova, il numero 22: la
Parola di Vita per un po’ di
riflessione, e poi sfogliando le pagine mi soffermo
su “Lo sconosciuto della
montagna”. Leggo, è una
testimonianza, un format
che già conosco, la solita
“stalla”. Eppure lì sento
rinascere la vita, sempre
nuova, perfetta d’amore.
Un minimo di commozione trascolora la giornata
che inizia; penso che l’autore del pezzo, senza saperlo, abbia scritto una sintesi
cognitivo-esistenziale, che
vale forse più di un trattato di teologia e di studi
approfonditi sulla mistica.
Un articolo può valere un
abbonamento? Sì, lo vale».
Nando - Roma
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Penultima fermata
MAMILS
di Paolo Crepaz
Maltodestrine
o polenta?
V
icino a casa hanno aperto una nuova palestra. Non ha pareti, ma solo grandi vetrate. Chi passa per la strada non può non
essere attirato a gettare uno sguardo su
quel formicaio di muscoli avvolti in body
lucidi e colorati. L’intenzione dell’architetto pare
chiara: non basta sottomettere il corpo al diktat della prestazione. L’efficienza del corpo va
mostrata quale garanzia di
appetibilità. Siamo invitati
a mostrarci pronti, vincenti, persino abbordabili. Se
nessuno ha più tempo per
ascoltarti con un minimo di
attenzione, essere in forma
appaga la necessità di autostima.
Il freddo del mattino è pungente, i cristalli di neve
brillano al primo sole, le
mie gambe faticano a trovare il passo. Ma questo è
il prezzo da pagare: allenarsi per una gran fondo
di 70 chilometri sugli sci
lo richiede. I berretti di
lana camuffano solo parzialmente l’età dello sciame di cinquantenni
e oltre che incontro lungo la pista. Quale sarà
la motivazione che spinge uomini (e donne) di
mezza età a cimentarsi in imprese sportive più
grandi di loro? Mentre trangugio una confezione
di maltodestrine, nutrienti quanto appiccicose,
capisco che io stesso devo darmi una risposta. I
cinquantenni ed oltre che quasi ossessivamente
si ritagliano un paio di spazi settimanali, di solito all’alba o al tramonto, per correre, pedalare,
nuotare o sciare sono i membri di una vera e
propria tribù del nostro tempo, tutta da scoprire.
Ci hanno battezzati mamils ovvero middle-aged
men in lycra, uomini di mezza età che, indossando abiti “tecnici” – la diabolica bellezza dei materiali contribuisce non poco al fascino di gettarsi in certe imprese –, si ammazzano di fatica,
insieme ad altri simpatici fanatici come loro, in
sfide amatoriali su ogni terreno.
Più l’esistenza si ritira su uno sfondo rassicurante, ma inevitabilmente
monotono, più gli appartenenti a questa tribù cercano l’emozione nei limiti del
proprio corpo. È uno sforzo
che risveglia la mente ed al
tempo stesso la placa. I fiumi di endorfine che scorrono nelle vene fanno sì che
il mondo sia un ambiente
ancora degno di essere abitato e rendono omaggio al
totem dell’efficienza fisica:
uomini e donne di mezza
età che cercano di evitare
la crisi di mezza età. Per il
fanatico è una droga a lento (e faticoso) rilascio, che,
una volta entrati nel giro, si
trasforma, se non proprio in una ragione di vita,
almeno in imprese che conferiscono uno straccio di senso allo scorrere opaco delle giornate.
Solo il sapersi prendere in giro, il cedere all’autoironia, tutela dalle caduche illusioni e garantisce che vi siano delle eccezioni. Di fronte
all’evidenza, lo sventurato spirito di emulazione
dei grandi campioni cede allora il passo a quel
sentimento gioioso ed infantile che pulsa nel petto di chi si lancia in simili cimenti. E rende irresistibile il profumo di polenta e spezzatino che
emana dal rifugio di montagna.