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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752
Direttore responsabile: Antonio Zama
Il difficile discrimine tra la condotta di rapina propria e il furto con strappo alla
luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali
29 dicembre 2016
Gabriele Emilio Oliveri
Abstract
Nelle fattispecie di rapina e di furto con strappo, la volontà del reo è rappresentata dalla medesima condotta
violenta finalizzata all’ingiusto profitto, si richiede dunque che l’organo giudicante proceda ad un’attenta
valutazione di tutti gli elementi circostanziali ambientali e volitivi del caso concreto.
La finalità di detta valutazione è mirata ad accertare se la condotta dell’agente fosse indirizzata al solo
impossessamento della cosa mobile altrui, così configurando la più tenue fattispecie di furto con strappo, o se
la violenza sia stata posta in essere al fine di determinare la vittima ad agire contro la sua volontà integrando
la diversa e più grave fattispecie di rapina.
1. La violenza nella rapina e nel furto con strappo
Il delitto di rapina è finalizzato all’ingiusto profitto e può commettersi indifferentemente mediante l’uso della
violenza o della minaccia, di cui la prima è espressione di un’energia fisica idonea a provocare la coazione
personale della vittima, mentre la seconda, è rappresentata da una qualsiasi azione idonea a indurre nella
persona offesa la prospettazione di un male futuro.
A tal proposito si è precisato [Corte di Cassazione Sezione II 23 Gennaio 2016 Numero 3366] che, la violenza
necessaria per l’integrazione dell’elemento materiale della rapina, può consistere anche in una semplice
spinta in danno della vittima, finalizzata a realizzare l’impossessamento della cosa.
Nel definire i caratteri della condotta va chiarito che, elemento caratteristico di tale violenza è la coartazione
della volontà altrui e dunque, la limitazione della capacità autodeterminativa (articolo 2 Costituzione) della
vittima del reato.
Con riguardo alla fattispecie di Furto con strappo, il quale articolo è stato inserito dalla legge 26 marzo 2001
numero 128 che ha abrogato il precedente testo dell’articolo 625 codice penale, ingloba, nei primi due commi,
differenti condotte appropriative.
Nel primo comma il furto in abitazione, e cioè la sottrazione di una cosa mobile altrui mediante l’introduzione
in abitazione, al quale viene equiparata qualsiasi altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora.
Nel secondo comma il furto con strappo, e cioè la condotta di chi si impossessa della cose mobile altrui
strappandola di mano o di dosso alla vittima.
Segnatamente, con riferimento al secondo comma (il c.d. Scippo del codice napoletano), anche se la norma
nel suo dettato non menziona la violenza, va da sé che l’azione dell’agente si concretizza in una forza
esercitata su di un oggetto che viene staccato improvvisamente dalla persona che lo detiene.
Quest’ultima precisazione lascia intendere che il soggetto passivo deve necessariamente avvertire la violenza
espressa sul bene mobile.
2. L’elemento differenziale fra il delitto di rapina propria e il furto mediante strappo
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In via generale la rapina differisce dal furto con strappo perché, nella prima fattispecie, la violenza o la
minaccia è esercitata esclusivamente nei confronti della vittima, differente è invece la condotta punita nel
furto con strappo, che prescrive un comportamento manifestamente violento espresso solo sulla cosa altrui.
Da tale assunto va necessariamente precisato e chiarito che, tale prima distinzione generale non è idonea a
creare un vero e proprio discrimine tra le due fattispecie, in quanto, anche nel furto con strappo, la violenza
sulla cosa mobile altrui può ripercuotersi sul corpo della vittima.
Ed invero, in tale fattispecie l’elemento volitivo dell’agente è indirizzato ad esprimere la violenza
esclusivamente sulla res di proprietà altrui, anche se, a causa della relazione fisica tra la vittima e la cosa, ne
può discendere una ripercussione indiretta e involontaria sulla persona.
Resta quindi imprescindibile identificare un ulteriore criterio idoneo a creare un discrimine tra la violenza
diretta esclusivamente a coartare la sfera di autodeterminazione della vittima, tipica del delitto di rapina, e
quella che si esprime verso la res e solo indirettamente si ripercuote sul soggetto passivo.
Per giungere ad una precisa delimitazione tra le due fattispecie di reato, già diversi anni fa il Supremo
Consesso [Corte di Cassazione Sezione II 12 luglio 1991 Numero 7386] ha individuato il criterio della
“particolare aderenza della res al corpo della vittima”, evidenziando che, quando quest’ultima è
particolarmente in contatto col possessore, allora la violenza necessariamente si estende al soggetto passivo.
Più di recente, la Corte di Cassazione [Corte di Cassazione Sezione II 12 ottobre 2006 Numero 34206, In
senso conforme anche Corte di Cassazione Sezione II 21 gennaio 2015 Numero 2553] ha nuovamente
affrontato il problema della diversa configurazione delle due fattispecie di reato, precisando che, è
configurabile il furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa, e solo
indirettamente verso la persona che la detiene, nei confronti della quale può verificarsi una ripercussione
indiretta e involontaria che derivi dalla relazione fisica che intercorre tra la cosa sottratta e il possessore.
Differentemente, ricorrerà in capo all’agente il reato di rapina, ogni qualvolta la res è particolarmente
aderente al corpo del possessore e questi, istintivamente e deliberatamente, contrasta la sottrazione,
così che la violenza necessariamente si estende alla persona della vittima, in quanto l’agente, non solo deve
superare la semplice forza di connessione della res alla vittima ma, deve altresì vincerne la resistenza
effettuata.
3. L’applicazione dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario alle fattispecie di rapina e furto con strappo
Nel delineare le differenze tra le due fattispecie di reato va ulteriormente precisato che, da un punto di vista
processuale, l’articolo 4 bis comma 1 ter della legge 26 luglio 1975 numero 354 “Norme sull’ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” così come aggiornato dalla
Legge 16 aprile 2015 numero 47, non permette la concessione dell’istituto della sospensione condizionale
della pena per il reato di rapina aggravata (terzo comma dell’articolo 628 codice penale) ad esclusione della
libertà anticipata.
In maniera speculare, l’articolo 656 comma 9 lettera a, codice di procedura penale non permette la
sospensione dell’esecuzione della pena anche nei confronti del reato di furto in abitazione e con strappo.
Non v’è dubbio che il legislatore abbia considerato il furto con strappo come un delitto particolarmente grave,
e tuttavia, in un giudizio di bilanciamento tra le due fattispecie, appare chiaro che la rapina è reato più grave
del furto con strappo e da questo si differenzia per la diversa finalizzazione della violenza.
A tal proposito va infatti precisato che la Corte Costituzionale con sentenza numero 125 del 1 giugno 2016 ha
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dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 656 comma 9 lettera a codice di procedura penale
nella parte in cui stabilisce che non possa essere disposta la sospensione dell’esecuzione nei confronti delle
persone condannate per i delitti di furto con strappo, così permettendo al reo di usufruire di misure
alternative alla detenzione nell’istituto penitenziario.
Tale decisione sembra essere speculare alla diversa concezione di violenza nei due reati accolta dalla Corte di
Cassazione nelle più recenti pronunce giurisprudenziali.
Articolo pubblicato in: Diritto penale
TAG: rapina, Furto
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