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N° 115 - Dicembre 2016
La giusta presa di posizione dell’ENCI contro l’emendamento alla Legge di Bilancio
che istituisce una tassa per i cani non sterilizzati.
Riporto qui di seguito quanto apparso sul sito dell’ENCI a beneficio di quanti non l’avessero letto.
Con riferimento all’emendamento alla legge di
Bilancio presentato dai deputati Anzaldi, Cova e
Preziosi volto a tassare proprietari o detentori di
cani non sterilizzati, che avrebbe lo scopo di
finanziare le attività dei Comuni contro il
randagismo, l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana
(ENCI) comunica che si adopererà in ogni sede e
con tutti gli strumenti che la legge mette a
disposizione per bloccare tale scellerata ipotesi.
Non risulta sufficiente che l’emendamento
specifichi che sarebbe prevista l’esenzione per “i
cani di proprietà di allevatori professionali”. Se
la proposta diventasse legge, infatti, verrebbero
immotivatamente colpiti gli allevatori che
producono annualmente un numero limitato di
cucciolate e i proprietari dei cani di razza che nulla
hanno a che vedere con il fenomeno del
randagismo, ma che, al contrario, contribuiscono
Non posso che plaudire alla presa di posizione
dell’ENCI, augurandomi che la sua voce non
resti inascoltata. Tra l’altro l’implicito incentivo
dell’emendamento a sterilizzare i cani è un
barbaro incoraggiamento ad una pratica di
grave maltrattamento!.
Con l’occasione vorrei anche ribadire concetti
già ripetutamente espressi in passato.
Che fine fanno i fondi messi a disposizione dei
randagi? Personalmente temo vadano
unicamente nelle tasche di varie associazioni di
animalisti.
Che seguito ha avuto la mia denuncia del fatto
che i canili municipali di diverse città del Nord
cedono i corpi dei cani morti ad una ditta che li
scuoia e vende la loro pelle? Temo proprio che
non abbia avuto alcun seguito!
Si parla spesso (e giustamente) del problema dei
randagi: ma il primo, fondamentale dato da
mettere a fuoco è la stima della loro entità
numerica. Ma su quali basi possiamo basare
questa stima se non sappiamo neppure quanti
sono i cani ospitati nelle famiglie italiane? Infatti
non è mai stato fatto un censimento della
fattivamente alla diffusione della cultura cinofila in
Italia.
Gli allevatori che iscrivono i propri cani al Libro
genealogico (professionisti o meno), i proprietari
e i detentori dei cani di razza non sono
certamente coloro i quali contribuiscono al triste
fenomeno del randagismo. Attraverso il loro
quotidiano impegno e grazie all’attenzione riposta
verso l’educazione e la salute dei propri cani, con i
sacrifici anche economici e nel più grande rispetto
del benessere animale, favoriscono in modo
determinante il corretto inserimento dei cani nel
tessuto sociale del nostro Paese.
L’ENCI dunque si farà promotore, anche
attraverso le relazioni istituzionali di cui dispone,
della tutela degli amanti dei cani e di tutta la
cinofilia.
Il Presidente dell’ENCI
Dino Muto
popolazione canina in Italia e non abbiamo alcun
elemento per conoscere quale percentuale della
popolazione canina è espressa dai cani iscritti
all’anagrafe canina.
La stima corrente è che in Italia esistano 7/8
milioni di cani: ma su quali elementi è basata
questa stima? Eppure, malgrado la pressoché
totale assenza di dati oggettivi, i cani
rappresentano un’importante fonte di reddito di cui
beneficia la nostra economia.
Altra disgustosa anomalia è il costo delle medicine
veterinarie che il più delle volte – a parità di
formulazione – hanno un costo doppio o triplo o
ancor più caro delle equivalenti medicine per
umana. E volete sapere il colmo? Se un
veterinario, consapevole di questa assurda
stortura, prescrive un farmaco per umana anziché
quello per cani (o gatti) diventa per questo
passibile di sanzioni.
Quindi bene ha fatto l’ENCI a prendere una
posizione contraria alla tassa sui cani, ma
speriamo che questo atto di coraggio abbia un
seguito anche per i molti altri temi che riguardano
la cinofilia.
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N° 115 - Dicembre 2016
UNA BIBLIOTECA
PER IL CLUB DELLA BECCACCIA
di Silvio Spanò
La creazione di una struttura con funzione di biblioteca del Club
presso la quale i Soci potranno far affluire idoneo materiale specialistico
Premesso che il Club non ha una
sede fissa (ma solo quella provvisoria presso il Presidente pro-tempore), da anni penso sia il caso di indicare un idoneo luogo di riferimento
stabile in cui depositare almeno la
principale documentazione cartacea
(riviste, libri, pubblicazioni varie, ma
eventualmente anche oggettistica) ove
i soci interessati (ma anche studiosi
della materia) possano prenderne visione e che, nel contempo, offra una
testimonianza decorosa della nostra
attività.
Da alcuni mesi avevo individuato
l’oggetto della nostra ricerca nel
Museo Civico di Storia Naturale di
Stazzano (AL) denominato Villa
Gardella (dal donatore), ovvero una
struttura regionale gestita dal “Gruppo Naturalisti Stazzano” che è anche punto di riferimento di un’importante “Centro provinciale (AL) di
inanellamento e cattura” (in stretto
collegamento con ISPRA), guidato
dall’amico Fabrizio Silvano – che
è anche Direttore del Museo – divenuto così un utilissimo strumento
didattico per la scuola, ma anche
per lo svolgimento di tesi di laurea
su campo, decentrate dalle vicine
Università di Genova, di Alessandria e di Torino.
Ho quindi ottenuto il benestare dal
Consiglio Direttivo del Club di portare avanti i necessari contatti.
Risultato: accettazione entusiasta da
entrambe le parti con la messa a disposizione di un congruo spazio della biblioteca.
Giovedi 8 settembre 2016 – in qualità di Presidente onorario del Club
della Beccaccia-Italia, affiancato dal
segretario Prandi – abbiamo avuto
un incontro “ufficiale” con un Gruppo del Museo, fra cui, ovviamente, il
Direttore Fabrizio Silvano. Ne siamo rimasti felicemente impressionati, e pertanto, con questo articolo, ho
pensato di anticipare ai soci che ritengano di avere materiale idoneo allo
scopo e che lo desiderino, la possibilità di prendere contatto con la Segreteria del Club per eventuali trasferimenti al Museo.
Da parte mia mi sono impegnato a
donare – a tempo debito – al Museo/Club la maggior parte della mia
biblioteca specialistica, cominciando
già da subito a trasferirvi quanto ancora a mie mani del Club (avendolo
comunque già in gran parte a suo tempo trasferito al mio successore, che
dovrebbe attivarsi in tal senso).
Si dovrebbe trattare naturalmente di
materiale di interesse specialistico,
non necessariamente strettamente
scientifico, ma sempre utile per un
contributo alla conoscenza e conservazione di quanto noto – anche e,
ancor più, localmente – sulla Beccaccia. La gestione (donazione e/o conservazione in prestito d’uso) sarà
espressamente concordata.
Il Museo Civico di Storia Naturale,
di Villa Gardella si sviluppa su tre livelli:
piano terra: settore espositivo, interamente accessibile, con 5 sale, ciascuna con specifico argomento;
primo piano: sala riunioni, uccelli nel
mondo, biblioteca con oltre 1500
volumi, ed erbario alessandrino con
oltre 5000 fogli;
secondo piano: piccoli laboratori
e collezioni di studio.
Qui di seguito le coordinate di riferimento:
Villa Gardella: Via Aldo Fossati
2 - 15060 Stazzano (AL)
Tel. 0143-686459
Email:
[email protected]
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N° 115 - Dicembre 2016
XVI COPPA ITALIA CONTINENTALI
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE SABI
Cesare Manganelli
La nota conclusiva della importante manifestazione da parte dell’Associazione
che ha avuto il principale ruolo organizzativo.
Il 29 e 30 0ttobre si è svolta presso
la azienda faunistico venatoria di
Roccarespampani la XVI edizione
della Coppa Italia Continentali. Quest’anno l’organizzazione della Coppa è stata appannaggio della SABI,
in collaborazione con il Club Italiano
Bracchi Francesi. La scelta della
location, come si dice oggi, è stata
dettata sia dalla geografica collocazione centrale della zona, sia dai terreni assolutamente meravigliosi che
riportavano la memoria ai periodi
mitici della cinofilia venatoria post
bellica e – non ultima – la possibilità
di fare la “selvatico abbattuto” (tallone d’Achille della formula della
manifestazone) negli stessi terreni
dove veniva corsa la prova del sabato, cioè la cosiddetta “Selvaggina
naturale”.
Emozionante la presentazione delle
squadre avvenuta nel prato antistan-
te il Casteldisalce alla presenza dei
butteri venuti a fare da cornice alla
manifestazione, ricordando agli
astanti, ove ce ne fosse stato bisogno, che eravamo nella Maremma,
quella vera. Peccato che il comune –
a causa degli eventi sismici in corso
– non se la sia sentita di dare l’agibilità
del castello per lo svolgimento della
cena di gala, prevista nei suoi saloni
il sabato sera.
Agguerritissime le squadre partecipanti a questa XVI edizione che per
la prima volta ha visto primeggiare la
squadra dei Bracchi Francesi, con al
secondo posto gli Epagneul breton
ed al terzo posto la squadra della
SABI che, con questo risultato, conferma lo stato di grazia del selezionatore e dei soggetti presentati, come
mai avvenuto nel passato: purtroppo
la fortuna non ci ha assistito avendo
dovuto fare a meno di un concorren-
te, cioè di Paco di Cioli, obbligato a
rientrare urgentemente a casa, per il
terremoto che domenica mattina ha
colpito l’area in cui risiede e che due
dei soggetti di punta (citati peraltro
dai giudici) non hanno incontrato…
ma questi eventi fan parte del gioco.
La principale preoccupazione degli
organizzatori è stata – stante la vastità
del territorio – di mettere il maggior
numero possibile di concorrenti in
condizione di incontrare, obbiettivo
che – leggendo le classifiche – tutto
sommato è stato ottenuto (salvo il
non eliminabile ruolo della fortuna).
Trovo quindi fuori luogo le critiche
(poche per la verità) fatte da alcuni
che magari avrebbero preferito zone
improponibili per eventi cinofili importanti.
Ma si sa che l’Italia è il Paese dei 70
milioni di commissari tecnici .
LA MIA CRONACA
di Cesare Bonasegale
La SABI mi ha invitato alla Coppa
Italia e mia moglie ha detto che sarebbe venuta anche lei, perché non
si può resistere al richiamo della bellezza di Toscana, Umbria ed alto
Lazio. E che avrebbe guidato lei.
Nel documento della convocazione,
c’era scritto “Coordinate gps per
raggiungere la località interessata: 42,384169, 11,951779, bivio
per l’ingresso in Azienda che riporterà l’indicazione Coppa Italia”.
Avete mai visto descrivere le coordinate con una simile sequenza di
numeri? Ed infatti non è stato possibile inserire nel gps dell’auto queste
strane indicazioni, che non ho scoperto da chi sono state fornite. Anche Roccarespampani è località sconosciuta al navigatore, per cui l’unico riferimento era Monte Romano (di
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cui Roccarespampani è una frazione) che è diventato la nostra meta
obbligata. E dopo circa 5 ore di viaggio là siamo arrivati… per sentirci
dire che Roccarespampani era altrove, ad un trentina di chilometri verso
Tuscanica, seguendo una strada piuttosto complicata. E l’annunciato cartello con l’indicazione “Coppa Italia”?. Sfido chiunque a vedere quell’unica tabella al buio, scritta in nero
su fondo grigio! Eravamo persi in
strade solitarie senza la più pallida
idea di dove andare: a complicare la
situazione in quella zona non c’era
campo per i cellulari, quindi non si
poteva neppure chiedere aiuto. Finalmente – quando ero ormai rassegnato a far marcia indietro ed a tornarmene a casa – trovai uno spiazzo
in cui c’era la linea telefonica e fui
così in grado di mettermi in contatto
con amici che erano già arrivati alla
méta, dai quali ebbi indicazioni su
come raggiungere l’agognato luogo
del raduno.
Esaurite le laboriose pratiche per la
formazione delle 5 batterie, ci siamo
spostati nell’adiacente struttura d’accoglienza dove, su traballanti tavoli
improvvisati e con piatti, posate e
bicchieri di plastica, ci è stato propinata una cena… come peggio non si
può.
Il mattino seguente, con un’alba color
del fuoco, siamo stati accolti in terreni favolosi per ampiezza e vegetazione… acusticamente inquinati da
scariche di fucili automatici che sparavano ai colombacci.
I turni erano pilotati dagli accompagnatori là dove poche ore prima avevano seminato la selvaggina e lo spettacolo era quello che immancabilmente si verifica in queste deprecabili circostanze: ferme corte, spesso
su tracce lasciate dove il fagiano era
stato posato e da dove si era spostato coi comportamenti di chi ha
appena lasciato la voliera. Quindi si
son viste cose buone nella cerca…
XVI Coppa Italia (Pagina 2 di 4)
ma solo cose scadenti (o appena
accettabili) nel contatto con la selvaggina (per lo più fagiani, qualche
starna e finanche sporadiche quaglie,
tutti appena liberati). Ovviamente
numerose son state le lamentele: “Il
cane ha fermato una fagiana che si è
allontanata zoppicante, levandosi a
candela ad un metro da terra per
quindi precipitare davanti al cane…
che ovviamente l’ha abboccata…”
ed i Giudici hanno l’han messo fuori.
Di queste storie – o simili – ne ho
sentite più d’una.
A mezzogiorno, il pranzo è stato la
replica dell’orribile cena di venerdì,
aggravata dalla lungaggine del servizio che ha tenuto tutti a tavola sino
alle quattro. Di conseguenza la verifica del “riporto dall’acqua alta” è
iniziata con grande ritardo, per essere interrotta a buio pesto (…col
laghetto illuminato dai fari delle automobili!!!) quando mancavano ancora 19 cani, la cui verifica è stata
rinviata alla domenica, dopo la prova su selvatico abbattuto. Ed anche
questo è stato motivo di aspre discussioni perché alcuni pretendevano che
il completamento della verifica avvenisse prima della prova.
Sabato sera avrebbe dovuto esserci
il pranzo di gala nella sala del castello, di cui però il Comune non ha concesso l’agibilità (han detto che era
per il terremoto…ma era una scusa!); quindi siamo tornati nella solita
struttura dove ci hanno propinato una
replica delle solite schifezze, coi soliti piatti, bicchieri e posate di plastica… alla faccia del pranzo di gala!.
La “selvatico abbattuto” di domenica ha fatto registrare gli stessi problemi del sabato, a cui han fatto seguito le stesse lamentele. Unica favorevole variante per me è stato il
pranzo in un capanno gestito dai butteri che ci hanno fatto mangiare della
buona carne allo spiedo; ma la maggioranza dei presenti invece ha dovuto sorbirsi per la quarta volta il
solito pranzo immangiabile.
Domenica pomeriggio è arrivata la
classifica.
Ho visto solo qualche turno dei Bracchi Francesi e degli Epagneul breton
… e quel che ho visto era coerente
coi buoni risultati ottenuti nella classifica finale di queste due razze. Anche i Bracchi italiani hanno ben figurato e con un briciolo di fortuna
avrebbero potuto guadagnarsi una
classifica ancor migliore. Da notare
che il cane di Cioli non si è presentato al richiamo perché il suo padrone
e conduttore era dovuto correre a
casa per la terribile scossa di terremoto che nella mattina aveva sconvolto la zona di sua residenza.
Sempre in merito alla classifica, è
importante annotare la tendenza che
vede da sempre salire sul podio le
squadre composte in prevalenza da
cani condotti dai loro proprietari
(senza con ciò nulla voler togliere ai
meriti dei conduttori professionisti,
ma per sottolineare l’importanza che
le prove vedano la partecipazione
dell’ampia schiera di cinofili che le
frequentano in prima persona).
Dal punto di vista tecnico/organizzativo la XVI edizione è stata la conferma dell’inadeguatezza della formula della Coppa Italia.
A questo punto, mentre ringrazio di
cuore la SABI per avermi invitato alla
Coppa Italia, spero che – in quanto
Presidente onorario – i lettori vorranno dispensarmi dall’esprimere critiche. Mi limito perciò a dire che mi
risulta la scelta di Roccarespampani
sia stata fortemente caldeggiata da
influenti rappresentanti dell’ENCI,
con il personale coinvolgimento del
Consigliere La Barbera, che – mi dicono – perorerebbe addirittura la
sponsorizzazione di quella località
come zona in cui far svolgere future
prove cinofile dell’ENCI. In proposito, ribadisco il giudizio pienamente
favorevole sulla qualità dei terreni: ma
per inserirvi selvaggina vera – e so-
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prattutto starne – bisognerebbe
innanzitutto chiudere la caccia (che
oggi è ampiamente praticata da numerosi quotisti) ed attuare un rigo-
XVI Coppa Italia (Pagina 3 di 4)
roso programma di ripopolamento
tecnico, il cui esito sarebbe positivo
non prima di cinque anni e forse più.
Per quanto riguarda altri aspetti or-
ganizzativi della manifestazione, probabilmente la fiducia accordata a chi
avrebbe dovuto provvedere localmente non è stata ben riposta.
LA PROPOSTA DI
UNA NUOVA FORMULA DELLA COPPA ITALIA
di Cesare Bonasegale
Il problema della Coppa Italia è che
la sua formula non tiene conto del
reale stato della selvaggina nelle zone
destinate ad ospitarla. Ed anche ammesso (…e non concesso) che esistano zone ricche di selvaggina vera
(cioè non di voliera) sarebbe impensabile che quella selvaggina venisse
uccisa nella prova a “selvatico abbattuto”.
Quindi l’attuale formula della Coppa Italia non sta in piedi!
Essendo stato appurato che l’attitudine al riporto è un comportamento
geneticamente trasmesso come carattere recessivo, è indispensabile verificare sistematicamente questa funzione che – in caso contrario – è destinata a scomparire (ed infatti i “non
riportatori” sono in continuo aumento, coerenti con la natura “dominante” del relativo patrimonio genetico).
Ma per questa verifica nella Coppa
Italia bisogna mettere a punto un sistema diverso da quello previsto dalla
prova a “selvatico abbattuto”.
Espongo quindi qui di seguito la mia
proposta di come modificare la formula della Coppa Italia.
1) Bisogna scegliere due (e meglio
ancora tre) zone di ripopolamento in
cui vi sia abbondanza di selvaggina
vera, situate in località relativamente
vicine l’una all’altra, in cui far svolgere, in due giorni successivi, i turni
di due “prove su selvaggina naturale”, eliminando la prova a selvatico abbattuto prevista dall’attuale
formula.
2) Al termine della prima giornata, le singole giurie sottopongono alla verifica del riporto tutti i
cani che hanno partecipato alla
“prova su selvaggina naturale”
(presumibilmente una dozzina di soggetti per batteria) secondo la seguente procedura:
a) In una campagna, con terreno abbastanza coperto, situata al di fuori
della Zona di ripopolamento, viene
collocato un lancia-piccioni” (vedere foto) nascosto in un ciuffo d’erbacce, azionato mediante telecoman-
do, all’interno del quale è stata collocata una starna.
Da notare che il “lancia-piccioni” è
utilizzato molto proficuamente per
addestrare i cani sulla correttezza al
frullo (utilizzando piccioni viaggiatori
che, dopo esser stati liberati, tornano a casa).
b) Viene quindi sciolto il cane a buon
vento, cosicché possa avvertire le
emanazioni provenienti dal lanciapiccioni e possibilmente fermare la
starna che contiene. Qualora il cane
non fermi, la cerca verrà arrestata in
prossimità del lancia-piccioni, indirizzando la sua attenzione verso il cespuglio di erbacce che lo nasconde.
Sarà comunque irrilevante che il cane
abbia fermato o meno.
c) Dopo di che, un assistente azionerà il telecomando che apre il lancia-piccioni, facendo volare la starna, che verrà abbattuta dallo sparatore. Se lo sparatore sbaglia, il tutto
verrà ripetuto. Quindi il cane verrà
indirizzato al riporto.
Per eseguire in tal modo i 12 riporti
dei partecipanti delle cinque batterie, sarà necessaria circa un’ora.
3) I cani eliminati perché non hanno
eseguito il riporto non potranno partecipare alla prova del giorno seguente.
Il costo di un lancia-piccioni è di circa 300 Euro; quindi è necessario un
investimento nell’ordine 2.000 Euro
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per avere i necessari 6 o 7 lanciapiccioni.
È possibile che questa proposta, tecniccamente ineccepibile, abbia implicazioni di carattere “politico” su cui
qualcuno potrebbe sollevare obiezioni, che dovranno però essere superate dal desiderio di trovare una soluzione, in assenza della quale la Coppa Italia è arrivata al capolinea. E sarebbe un vero delitto!
E la prova di riporto dall’acqua alta?
Avendo verificato in termini probanti
il riporto sul terreno (mediante l’impiego del lancia-piccioni), quello dall’acqua alta serve solo per controllare se i cani sanno nuotare, che è
una caratteristica importante ma non
essenziale. Quindi si dovrà scegliere se
mantenere o eliminare questa verifica.
Altro argomento critico è la scelta
delle giurie incaricate di giudicare la
Coppa Italia.
In proposito attualmente c’è non
poca confusione.
Originariamente la regola era che cia-
XVI Coppa Italia (Pagina 4 di 4)
scuna Società Specializzata dovesse
fornire all’ENCI i nominativi di due
giudici; dopo di che, l’ENCI nominava i dieci nominativi componenti le
giurie, scegliendoli nella rosa della
ventina di nomi indicati dalle Sociatà
Specializzate.
Attualmente invece alcuni sostengono che l’ENCI ha totalmente avocato
a sè la scelta dei componenti delle
giurie, giustificata dal fatto che il loro
compenso è pagato dall’ENCI.
In pratica ciò vuol dire che qualche
componente del Consiglio Direttivo
dell’ENCI scieglie i Giudici fra coloro che fanno parte della sua sfera di
amicizie, con risultati a dir poco imbarazzanti, perché vengono incaricati
anche personaggi la cui competenza
sulle razze Continentali è quantomeno discutibile (e fra di loro c’è anche
chi ha impunemente e pubblicamente scritto peste e corna delle nostre
razze). C’è quindi da augurarsi che
anche su questo tema la Commissione
dei Presidenti delle Società Specializzate delle razze Continentali vorrà
prendere una posizione ferma e chiara.
Da ultimo è circolata voce, autorevolemente confermata, che dall’anno prossimo l’ENCI provvederà direttamente all’organizzazione della
Coppa Italia.
A questo proposito però è impensabile che fondamentali scelte tecniche
organizzative siano interamente demandate al personale dell’ENCI,
notoriamente digiuno dei problemi
delle prove di lavoro dei cani da ferma.
Quindi anche di questo la Commissione delle razze Continentali dovrà
seriamente occuparsi, per definire le
responsabilità organizzative da demandare all’ENCI e quali dovranno
invece essere ancora a carico delle
Società Specializzate.
Per finire vorrei ricordare ai Presidenti delle Società Specializzate che
l’attiva partecipazione al Comitato
delle razze Continentali è una delle
principali funzioni del loro ruolo, di
cui devono rispondere ai loro elettori.
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N° 115 - Dicembre 2016
LO SPINONE DA MONITORAGGIO
di Luca Maffioli
Lo Spinone in attività che ne utilizzano le doti venatorie per il monitoraggio
di specie selvatiche che popolano le Alpi.
Le tragiche vicende causate dai recenti terremoti hanno offerto all’opinione pubblica l’occasione per apprezzare le manifestazioni di utilità
sociale dei nostri compagni “a quattro zampe”. E pur lodando incondizionatamente le qualità dei singoli
soggetti e l’impegno dei loro conduttori nel ritrovare coloro che sono rimasti sepolti fra le macerie, colgo
l’occasione per richiamare l’attenzione di chi qui mi legge per rammentare l’importanza anche di altre funzioni sociali che vengono svolte dai cani
– e nella fattispecie dai cani da ferma
– a fronte della folta schiera di coloro che osteggiano l’attività venatoria
per cui questi cani sono stati selezionati. E mi riferisco al ruolo mirato ad
una moderna concezione di conservazione faunistica, per fornire elementi quali-quantitativi e tecnicoscientifici con cui indirizzare e limitare i prelievi venatori. Si tratta di un
utilizzo che ha come obbiettivo il
censimento della fauna e che prescinde dall’esercizio della caccia e/o dagli allenamenti e/o dall’impegno agonistico a cui i cani da ferma vengono
spesso sottoposti.
Mi riferisco in particolare ad attività
rivolta alla conservazione della tipica
fauna alpina che incontra non poche
difficoltà di sopravvivenza per un
peggiorato habitat causato dall’abbandono delle tradizionali attività di
montagna, dal disturbo antropico
degli sport invernali o dalla scellerata influenza di bracconieri. E questi
interventi sono tanto più importanti a
fronte della diminuzione della popolazione alpina dei galliformi, il cui
ripopolamento (per ragioni biologiche) è impossibile utilizzando soggetti nati in cattività (ragion per cui
nessun comparto alpino potrebbe far
spallucce di fronte a questo tipo di
problema, confidando nell’ausilio
derivante da ripopolamenti “pronta
caccia” come avviene ahimé in tutta
la penisola con altra fauna stanziale).
E di queste attività conservative – che
iniziano in primavera e terminano
poco prima dell’apertura della stagione venatoria – il cacciatore di
montagna deve assumersi l’obbligo,
pena l’esclusione, in caso contrario,
dal successivo piano di prelievi.
Nella fattispecie si inizia con i censimenti primaverili al canto (in cui vengono conteggiati da punti di osservazione vantaggiosi i maschi che insistono su una determinata parcella)
e si prosegue con i monitoraggi effettuati dopo la metà di agosto con il
cane da ferma, per stabilire l’indice
riproduttivo (analizzando l’esito delle covate con il conteggio dei soggetti giovani/adulti e del rapporto fra
maschi e femmine).
Da qualche anno partecipo anch’io
a queste attività volontarie sia in territori in cui successivamente si pratica la caccia, sia in alcune zone pro-
tette; in particolare nei “parchi” – ove
è ovviamente proibita la caccia – un
importante metodo per appurare lo
stato di salute del Fagiano di Monte
(Lyrurus tetrix) avviene mediante
l’ausilio dei cani da ferma, utilizzati
dai cacciatori (mai ho incontrato un
animalista durante queste attività).
Le attività di monitoraggio si svolgono in parcelle abbastanza ridotte (da
25 a 40 ettari circa), assegnate a due
conduttori, ciascuno col proprio cane
e coadiuvati da un accompagnatore.
Come risultato si mira ad ottenere un
elevato livello di consapevolezza dell’incontro, perché un soggetto in ferma a centinaia di metri senza poter
individuare sesso, classe ed età della
fauna oggetto della verifica è completamente inutile. È comunque doveroso da parte mia precisare che la
stragrande maggioranza dei cani utilizzati nei censimenti sono di razze
Inglesi. A questo proposito nelle prime uscite era evidente la curiosità (e
la malcelata incredulità) da parte degli accompagnatori non nei miei confronti, ma verso il mio Spinone, stante
che di questa razza sull’arco alpino
non se ne ricordava neppure la sagoma. Per queste finalità – così come
accade in ogni caccia specialistica –
è necessario che il cane sia soprattutto esperto sui tipi di terreni in cui
deve svolgere la cerca, per identificare i luoghi più idonei all’incontro in
base alla stagione, al momento della
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giornata ed alle condizioni meteorologiche: qualunque cane è in grado
di fermare un Gallo Forcello, ma solo
un cane esperto nella caccia di montagna sa come affrontare con successo la straordinaria discontinuità dei
suoi comportamenti e le sue strategie difensive (e a questo proposito
non mi dilungo oltre in digressioni tecniche che esulano dallo scopo di questo articolo).
Quali sono le caratteristiche dello
Spinone che rappresentano un valore aggiunto per questo tipo di impiego? Per rispondere
sarebbero forse necessarie molte pagine, ma basandomi
sulle mie personali
esperienze, cercherò di essere esaustivo in poche righe.
I terreni in cui albergano questi tetraonidi variano dalla pietraia coperta di rada
vegetazione, al lariceto, alle distese di
rododendri, agli ontani nani, ma hanno
in comune una ca-
Lo Spinone da monitoraggio (Pagina 2 di 2)
ratteristica: un fondo molto discontinuo, duro ed ostico da percorrere
perché fatto di un’infinita distesa di
pietre sotto un sottile manto vegetazionale che nasconde buche in cui
capita di cadere con conseguenze
non certo piacevoli. E malgrado la
quota vari dai 1500 ai 2300 metri
s.l.m., queste pietraie d’estate diventano bollenti ed il ruvido granito delle Alpi Lepontine mette a dura prova
le zampe e gli arti dei nostri ausiliari,
talché la capacità di affrontare così
ostici terreni ha nella riflessiva natura
di questa razza e nella sua robusta
morfologia una preziosa prerogativa.
Oltre a ciò, in montagna il vento ben
difficilmente ha una direzione costante
e necessita quindi di cani che sappiano sfruttarlo al meglio, certamente non con una cerca geometrica.
Con ciò non voglio affermare che
Setter e Pointer non siano idonei a
compiere attività di monitoraggio sul
Gallo Forcello … ma solo affermare
che in questa attività entrambi queste razze non possono avere il comportamento che per loro è tipico.
Al contrario il moderno Spinone, che
sa adeguare l’ampiezza della sua cerca al terreno che
deve esplorare, offre
prestazioni ideali per
un compito così specifico, ritagliandosi
così un ruolo prezioso nella gestione faunistica che amplia
l’orizzonte con cui
valorizzare questa
magnifica razza.
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MAL DI LAPPONIA
di Carlo Fossati
La cronaca di una trasferta venatoria nella tundra finlandese.
Il fascino di un ambiente indimenticabile e la riconoscenza per la magnifica accoglienza
Esiste il “mal d’Africa” di cui sono
affetti coloro che – dopo essersi immersi nei magici ambienti di quel
Continente – ne rivivono il ricordo
con incurabile rimpianto.
Ebbene, credo che la stessa cosa
valga per il “mal di Lapponia” che
peserà sempre sul mio cuore dopo
l’esperienza vissuta nella tundra lappone ove mio padre ed io siamo stati invitati a caccia dai coniugi finlandesi Matt e Mirjami Saarikoski: un
paesaggio dove lo sguardo si perde
nell’immensità di un ambiente che ti
prende il cuore, con terreni mossi da
dolci promontori cosparsi di rade
betulle – non più alte di due o tre
metri perché la loro crescita è contrastata dal clima – tappezzati di bacche di mirtilli rossi, neri e di bacche
di orsino di cui
son ghiotte le pernici e che ingrassano gli orsi prima
del letargo invernale, e cosparsi di
licheni, nutrimento
delle renne che
rappresentano
una delle principali
fonti di sostentamento dei Lapponi. Ed è un territorio tanto ricco
di fiumi (dove i Lapponi praticano la
pesca al salmone, che è un’altra importante fonte del loro sostentamento) di specchi d’acqua (tanto da esser chiamato “la terra dei mille laghi”),
di paludi e di torbiere.
E nella tundra il tempo cambia spesso nell’arco della medesima giornata, con l’unica costante del vento,
sempre presente e teso, a tutto vantaggio del lavoro dei cani.
Ma come è giusto fare in ogni narrazione, partiamo dall’inizio.
Tre anni fa i signori Saarikoski si erano interessati all’acquisto di un cucciolone Bracco italiano da lavoro e,
dopo aver presenziato a qualche
Raduno di razza, si rivolsero a Bonasegale che li indirizzò a mio padre
perché sapeva della disponibilità di
alcuni interessanti cuccioloni “della
Bassa Brianza” che è il nostro affisso. Mio padre li invitò ad assistere
ad una prova su beccaccini in cui lui
presentava due Bracchi italiani, mentre io conducevo Luna, che faceva
tutto da sola, cioè cercava, fermava
ed io dovevo solo servirla quand’era
in ferma. E di tutti i cani presenti nei
due giorni di prove, due dei nostri tre
Bracchi italiani furono gli unici che
andarono in classifica. Da notare che
nelle prove a beccaccini in ciascun
giorno corrono sia i Continentali che
gli “Inglesi”, dando quindi luogo al più
veritiero dei confronti.
Dopo di che portammo i due cinofili
finlandesi a vedere sui beccaccini alcuni nostri cuccioloni (figli di Dree
della Bassa Brianza x Maloschi Aldo)
e la loro scelta si
orientò su Esuss
della Bassa Brianza, dotato di un
temperamento
molto forte che
ne giustificava il
nome (in dialetto
Esuss vuol dire
“esoso”). E fin
dal primo approccio (cioè da
quando tornarono per ritirare il
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cucciolone) fu evidente il rapporto
ideale che loro hanno nei confronti
del cane, che diventa a tutti gli effetti
un membro della famiglia. A questo
proposito ricordo un significativo
dettaglio: per ridurre lo stress da separazione, portarono una coperta
che venne introdotta nella cuccia sulla
quale il cane ha dormito la sera prima della partenza; quindi il giorno
seguente la coperta – impregnata del
suo odore – fu messa nel trasportino
in cui si attese che il cane entrasse
spontaneamente. Dopo di che affrontò il lungo viaggio. In seguito siamo
stati sempre informati dei progressi
nell’addestramento del giovane
Bracco, tenendo presente che in Finlandia – a differenza di quanto avviene da noi – il ricorso all’aiuto di
un addestratore professionista consiste nell’assistenza che fornisce al
padrone del cane per insegnargli
come ottimizzare l’addestramento
del cane, dal quale il padrone mai
viene separato, col duplice risultato
di far crescere contemporaneamente la cultura cinofila e l’educazione
del cane. In pratica cioè il padrone
porta il cane a caccia ed in addestramento alla presenza del professionista che gli suggerisce come comportarsi per insegnare al cane ciò che si
desidera fargli imparare.
Fatta questa lunga premessa, alcuni
mesi fa è arrivato dai coniugi Saarikoski l’invito a mio padre (esteso
anche a me) per una trasferta di caccia nella tundra Lappone, con la raccomandazione di fissare con anticipo la prenotazione del volo per Helsinki perché sull’aereo è consentito
far viaggiare non più di due cani; e
quando il 30 Settembre ci siamo imbarcati alla Malpensa abbiamo assistito alla delusione di altri cacciatori
che si son visti rifiutare il trasporto
dei loro cani perché i nostri due avevano esaurito lo spazio disponibile su
quel volo. Poi ancora un volo da
Helsinki a Rovaniemi (cioè nel cir-
Mal di Lapponia (Pagina 2 di 4)
colo polare artico) per quindi affrontare 800 chilometri con un furgone
che ci ha portato nella tundra Lappone, al confine con la Norvegia.
Eravamo stati informati che quest’anno le brigate di pernici erano scarse
a causa delle tarde nevicate che avevano sterminato gli insetti di cui si
nutrono i pulcini; e per lo stesso motivo, scarsa era stata la stagione riproduttiva dei lemmi (n.d.r. piccoli
roditori simili ai criceti); quindi i
predatori – in assenza del facile alimento da essi rappresentato – hanno dovuto necessariamente indirizzare i loro prelievi sulle pernici: come
risultato, nei censimenti di Agosto il
numero e la consistenza delle brigate
di pernici era ridottissimo in tutti i
Paesi dell’estremo Nord, tanto da
dover orientare i comportamenti
venatori mirati a limitare i prelievi:
- sparare solo sul cane in ferma;
- abbattere non più di una pernice
da ogni branco, mirando prevalentemente a quelle in volo sui lati per
evitare di ferirne involontariamente
altre;
- evitare assolutamente di ribattere
la rimessa.
Ma come mi ha insegnato mio padre, nella caccia l’entità del carniere
è un fatto secondario: anzi, se gli incontri sono radi, il carniere assume
un profumo diverso ed anche un solo
capo – cacciato nel modo dovuto –
può dare grande soddisfazione.
L’ospitalità organizzata a nostro favore è stata assolutamente perfetta
anche nei minimi particolari, ricca di
servizi degni di un hotel a cinque stelle… che era ancor più stupefacente
in quelle case sperse in spazi immensi, ma dove l’accoglienza è una sacra regola; ed abbiamo così familiarizzato con la sauna (che per i Finlandesi è un irrinunciabile rito), con
la loro squisita cucina (molto diversa
dalla nostra) – sia pur inframmezzata
da primi-piatti di tipo italiano – preceduti dai prelibati loro antipasti,
quindi seguiti da portate a base di
carni di renna, di alce o di cervo, o
da pesci prelibati (dal salmone alle
trote, ai salmerini) con contorni a base
di funghi e/o dei numerosi frutti dei
loro boschi, il tutto annaffiato da vini
italiani appositamente scelti per noi.
Ed altrettanto squisiti erano i dolci
con cui si concludevano le cene.
Quindi meglio di così era letteralmente impossibile!
E veniamo al cuore dell’avventura,
cioè alla caccia.
Cacciavamo dal mattino al tramonto
negli immensi spazi che ho già descritto dove non esistevano riferimenti utili per reperire i rari branchi;
quindi i cani dovevano fare la “grande cerca” spaziando nel vento per
inventarsi l’agognato incontro (strano a dirsi, e contraddicendo il più
ovvio dei luoghi comuni, mi risulta che
in quelle zone immense sia raro l’utilizzo delle razze “Inglesi” a cui i
Finlandesi preferiscono quelle Continentali). Per mantenere un funzionale controllo anche a grandissima
distanza là dove la vegetazione non
ne consentiva la visione, i nostri cani
erano stati dotati di collari satellitari.
Da parte loro i cani hanno dimostrato di saper reggere la ferma tutto il
tempo necessario a raggiungerli anche a grandi distanze.
Sul terreno c’erano le due nostre
Bracche italiane, cioè Dree della
Bassa Brianza (Caraterin d. B. B. x
Teo) e Dopodisnà della Bassa
Brianza (lei pure da Caraterin d. B.
B. x Mister di Cascina Croce) di soli
14 mesi che mio padre aveva già
ceduto a Ferruccio Penati e da lui era
stata avviata alla caccia in montagna.
Ed ovviamente c’era Esuss della
Bassa Brainza degli amici Saarikoski,
che ormai ha raggiunto la maturità dei
tre anni. E ciascuno ci ha fatto vedere cose assolutamente mirabili.
Dicono che in Lapponia ci sia l’aria
più pulita del mondo …e forse anche per questo i cani ci hanno fatto
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Mal di Lapponia (Pagina 3 di 4)
Esuss della Bassa Brianza in ferma
vedere ferme a distanze incredibili: sta
di fatto che abbiamo assistito ad
avventate, filate e ferme da far scoppiare il cuore per l’emozione, con
riporti e recuperi che mai hanno fallito.
Nella fattispecie Dree – da provetta
beccaccinista qual è, e quindi abituata
alle grandi aperture tipiche della cac-
cia in risaia – si è dimostrata immediatamente a suo agio in quegli spazi
immensi con frequenti zone umide; ed
ha anche fermato beccaccini a di-
Dree della Bassa Brianza in ferma
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stanze che gli amici presenti credevano impossibili, a cui ha fatto seguito un premiante sparo a vuoto perché in Finlandia il beccaccino è specie protetta.
La giovane Dopodisnà ha lei pure
lavorato egregiamente nel vento e
quando era in coppia ci ha fatto ammirare lodevoli e spontanei consensi
anche a grande distanza, con continuità d’azione nei sette giorni consecutivi, senza mai segni di cedimento.
Venendo infine a Esuss – che già da
Mal di Lapponia (Pagina 4 di 4)
cucciolone aveva dimostrato grande
mentalità, ampiezza di cerca e ottimo naso sui beccaccini – in queste
magnifiche palestre ha dimostrato
tutta la sua grande personalità ed il
coraggio per affrontare senza esitazione coste rocciose, scoscese colline o fitti rododendri, in ciò aiutato
da un fisico di eccezionale potenza
da vero atleta. Ed ho potuto leggere
sul viso di mio padre la soddisfazione di aver consegnato ai due meritevoli coniugi Finlandesi un Bracco ita-
Una pausa dei coniugi Saarikoski
liano degno di mostrare le grandi
qualità della sua razza ai cinofili di quel
lontano Paese. Oltre a ciò (e per
merito dei suoi eccellenti padroni)
Esuss si è dimostrato perfettamente
addestrato, con spontaneo “terra”
all’involo della selvaggina, la cui ferma reggeva immobile sino al sopraggiungere del conduttore, per quindi
eseguire l’impeccabile riporto a comando. “Bravo Esuss – ha detto mio
padre – e bravi Matt e Mirjami!”.
Ma dulcis in fundo
di questa magica trasferta,
quale dono prima della dipartita,
l’aurora boreale ha colorato
di bagliori verde smeraldo
il precoce imbrunire,
per quindi dipinger l’arcobaleno
sul cielo gremito di stelle.
Grazie Mirjami, grazie Matt:
accarezzerò per sempre nel cuore
il mio “mal di Lapponia”.
Esuss della Bassa Brianza
(Pagina 1 di 5)
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La responsabilità
dell’esattezza delle
informazioni e delle
qualifiche attribuite ai
soggetti qui riprodotti è dei
proprietari dei cani
N° 115 - Dicembreo 2016
COP
PA
ITAL
IA 2
0
016
Foto
gentilmente concesse
da Andrea Zampilli
Il Castello di
Roccarespampani
e l’accoglienza
dei Butteri dei
“Cavalieri di Maremma”
di Tuscania
La squadra dei Bracchi francesi vincitrice
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La squadra dei breton
2ª classificata
La squadra SABI
3ª classificata
Luci della ribalta (Pagina 2 di 5)
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Cinofilia a cavallo:
Marco Ragatzu
nell’insolito ruolo
di buttero
La squadra
degli Spinoni:
il 2° da destra
è Rebaschio
che con
Faruk della Becca
ha vinto il titolo
individuale
Luci della ribalta (Pagina3 di 5)
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Luci della ribalta (Pagina 4 di 5)
La squadra dei Kurzhaar
La squadra dei Drahthaar
La squadra dei Weimaraner
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Luci della ribalta (Pagina 5 di 5)
Il Bracco italiano LUCHINO
LUCHINO DI
DI CASCINA
CASCINA CROCE
proprietario Cesare Manganlli, conduttore Fabio Angelini,
è risultato il miglior Continentale
nella turnè di prove in Serbia dal 7 al 12 Novembre
con 6 CAC CACIT o CAC Ris. CACIT
nei 6 giorni di prove
Questi i risultati ottenuti da Luchino nel corso del 2016
27-02-2016: Montopoli Sabina - Caccia a starne - giudice Guarnieri 1° ECC.
17-03-2016: Serbia - Caccia a starne - giudice Piva 2° ECC
22-03-2016: Serbia - Caccia a starne Prova D’eccellenza - giudice Collantes 1° ECC.CAC.
01-07- 2016: Asiago - Spec. Bracco ital.- Selvaggina naturale - giudice Bolla 1° ECC.CAC.
09-07-2016: Asiago - Selvaggina naturale - giudice Bonacina 1° ECC.
10-07-2016: Brescia - Spec. Bracco ital. Selvaggina naturale - giudice La Barbera 1° ECC.CAC.
18-07-2016: Terni - Raduno SABI - giudice Passini 1° ECC.CAC.CACIT
22-07-2016: Borghetto - Caccia a starne - giudice Nurra 1° ECC.
31-07-2016: Grosseto - Selvaggina naturale - giudice Ragatzu 1° ECC.CAC.
05-08-2016: Grosseto - Selvaggina naturale - giudice Ragatzu 1° ECC.CAC.CACIT.
13-08-2016: Mezzano - Caccia Pratica - giudice Bellodi 1° ECC.
26-08-2016: Poggibonsi - Selvaggina naturale - giudice Kostic 3° ECC.
27-08-2016: Lajatico - Selvaggina naturale - giudice Mocellin 1° ECC.CAC.CACIT.
24-09-2016: Mezzano - Spec. Bracco ital. Selvaggina naturale - giudice Barbieri 1° ECC.
30-10-2016: Coppa Italia Selv. Abb. - giudici Capone e Frangini 1°.ECC.
07-11-2016: Serbia - Caccia a starne - giudice Radice 1° ECC.CAC.CACIT.
08-11-2016: Serbia - Caccia a starne - giudice Capone 1° ECC.CAC.RIS.CACIT.
09-11-2016: Serbia - Caccia a starne - giudice Miljkovic 1° ECC.CAC.RIS.CACIT.
10-11-2016: Serbia - Caccia a starne - giudice Djorgevic 1° ECC.CAC.RIS.CACIT.
11-11-2016: Serbia - Caccia a starne - giudice Djorgevic 1° ECC.CAC.RIS.CACIT.
12-11-2016: Serbia - Caccia a starne - giudice Marchetti 1° ECC.CAC CACIT.
19-11-2016: Trofeo Tassara - Selv.Abb. - giudice Massimino 1° ECC.CAC