Anno LVII | n. 7 | 10 aprile 2013

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Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/31/2012; “TAXE PERÇUE” “TASSA RISCOSSA”
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Il punto
???????????????????
di Michele Zanzucchi
È L’ORA DELLA SANTITÀ
NELLA CITTÀ
I
Letture
Commenti spirituali
Note esegetiche
Esperienze
Testimoni
l giallo storico è di moda e conta ormai nel
mondo milioni di lettori e autori affermati:
da Lynda Robinson a Thanos Kondylis, da
Claude Mossé a Margaret Doody, da Guillaume
Prévost a Barbara Hambly (quasi tutti tradotti
in Italia). Da noi si possono annoverare fra i
giallisti storici pure nomi come Umberto Eco o
Carlo Lucarelli. Ma la nostra autrice più dotata
è senza dubbio Danila Comastri Montanari, con
le avventure di Publio Aurelio Stazio, colto e
rafÀnato senatore romano del tempo di Tiberio,
aspirante Àlosofo con l’hobby dell’indagine
poliziesca. Questa volta le vittime sono tre neonati
di altrettante famiglie romane della nobiltà e
della plebe ricca, fra le quali Publio Aurelio
si muove con la consueta sagacia, l’esperienza
consumata e il disincato dell’aristocratico evoluto e come in una storiograÀa del quotidiano animata
anticonformista: tutto è buono per vincere la noia e da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo
scoprire le bizzarie delle humanae res. L’autrice è
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Il punto
INIZIO DEL PONTIFICATO
di Maria Voce
PAPA FRANCESCO
CUSTODIA E SERVIZIO
A.Nusca/AP
A
ll’inizio del pontiÀcato di papa Francesco, si
possono cogliere alcuni aspetti fondamentali
emersi nel discorso di “inizio del ministero di
vescovo di Roma”, pronunciato in piazza San
Pietro martedì 19 marzo. In particolare mi
sembra di dover sottolineare due parole: “custodia”
e “servizio”.
Prendendo la prima di esse, “custodia”, verrebbe
naturalmente da pensare: colui che custodisce
dovrebbe essere più grande di ciò di cui è custode.
E tuttavia, pensando a san Giuseppe di cui quel
giorno ricorreva la festa, viene in evidenza come a
lui fosse stata afÀdata la custodia di qualcosa che era
molto più grande di lui, addirittura il Figlio di Dio
in persona con sua madre. La custodia di cui parla il
papa argentino è molto attiva: colui che custodisce
sa anche prendere le decisioni necessarie. In effetti,
se guardiamo alla vita di san Giuseppe, vediamo
quali decisioni importanti egli abbia preso da
capofamiglia: ha dovuto ad esempio provvedere alla
difesa di Gesù e Maria quando Erode voleva uccidere
il bambino ed è andato alla ricerca del Àglio smarrito
nel Tempio.
Il papa sostiene inoltre che la custodia non è
riservata soltanto a qualcuno, al papa o ai cattolici, ma
a tutti gli uomini di buona volontà: siamo infatti tutti
chiamati a collaborare con Dio perché si compiano i
suoi disegni, ognuno per la parte che gli spetta. Ciò fa
ben sperare di fronte alle esigenze di rinnovamento
della Chiesa, di cambiamenti nella Curia, di un
necessario stile di sobrietà, di un’attenzione particolare
ai poveri, di un vero dialogo. I gesti di papa Francesco,
umili e semplici, paiono anticipare le risposte che egli
stesso vorrà dare.
Jorge Mario Bergoglio, tra l’altro, ha usato la
parola “ponteÀce” soltanto nell’incontro con i
diplomatici accreditati presso la Santa Sede, per
testimoniare che egli è chiamato a costruire ponti:
ponti fra gli uomini e fra gli Stati, sottolineando
come questi ponti debbano mettere le persone in
contatto fra loro non come nemici o concorrenti, ma
sempre come fratelli. Ha parlato molto dei dialoghi,
del dialogo necessario con l’Islam e con tutti, anche
con i non credenti.
La seconda parola che mi preme sottolineare
è “servizio”. Papa Francesco ne ha parlato ma
soprattutto l’ha testimoniata con i fatti. Un servizio
non da schiavo, ma libero, nella tenerezza, per amore.
Nel “custodire” è in effetti l’amore che può guidarci,
perché esso porta la luce necessaria per scoprire
il disegno di Dio sull’altro, su un gruppo, su uno
Stato, sul creato e anche su noi stessi. La pienezza
del disegno di Dio sulla Chiesa, così come è stata
presentata nel Concilio Vaticano II, è il popolo di Dio
adunato “nella Trinità”. Ora, penso che sia proprio
questo il piano che papa Bergoglio ha in mente:
favorire la comunione fra tutti i membri della Chiesa,
al di là degli steccati istituzionali, scendendo in
mezzo a tutti, servendo tutti, come ha mostrato nei
suoi giri in piazza San Pietro, punteggiati da gesti di
simpatia e amicizia: è sceso dalla jeep per abbracciare
un ammalato, si è girato inÀnite volte quando si
accorgeva che qualcuno richiamava la sua attenzione,
senza barriere di sicurezza o di protocollo, proprio per
il desiderio di avere un contatto diretto con la gente.
PAGINA
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8
20
Primo piano Francesco, il primo papa
sudamericano di A. Molè, M. Mantovani,
J. M. Poirier, A. Barlocci
In copertina: Lo tsunami Grillo
sulla politica italiana (pp. 16-19)
Foto M. Corner/LaPresse
Opinioni
3
6
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51
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Il Punto
di Maria Voce
Editoriali
di Pasquale Ferrara,
Silvia Cataldi
e Gianni Bianco
Ping Pong
di Vittorio Sedini
Se posso
di Piero Coda
82 Penultima fermata
di Paolo Crepaz
Quindicinale di opinione del Movimento dei focolari
fondato nel 1956 da Chiara Lubich
con la collaborazione di Pasquale Foresi
DIRETTORE RESPONSABILE – Michele Zanzucchi
CAPOREDATTORE RIVISTA – Paolo Lòriga
REDAZIONE Sara Fornaro – Maddalena Maltese - Giulio Meazzini
Aurelio Molè - Aurora Nicosia – Oreste Paliotti
EDITORIALISTI – Vera Araújo – Gianni Bianco - Luigino Bruni – Vincenzo
Buonomo - Gianni Caso – Roberto Catalano – Fabio Ciardi - Pietro Cocco
Piero Coda – Paolo Crepaz – Michele De Beni – Pasquale Ferrara - Alberto
Friso – Lucia Fronza Crepaz - Alberto Ferrucci - Anna Granata - Elena
Granata - Gennaro Iorio - Alberto Lo Presti – Iole Mucciconi - Nedo Pozzi
Alessandra Smerilli
A 5 anni dalla morte Confronto a più
voci sulla figura e il pensiero di Chiara
Lubich di Giulio Meazzini
Sommario
Attualità
15
La furia della natura
di Chiara Andreola
28
33
Luci sulla città di Carlo Cefaloni
60
62
L’arte sul ghiaccio di Elena D’Angelo
Media di Claudia Di Lorenzi
Famiglia e società
E se fosse “uno di noi”?
di Marina Casini
23
Più vigili dei vigili
di Raffaele Cardarelli
34
Come ti misuro la fraternità
di Maddalena Maltese
24
Come ti creo una torta da sogno
di Sara Fornaro
45
Cinquant’anni fa su Città Nuova
a cura di Gianfranco Restelli
Invito alla lettura di Elena Cardinali
25
26
Il sacerdote di don Tonino Gandolfo
52
Dal buio alla luce
di Mariagrazia Baroni
27
Vita da sposi
di Maria e Raimondo Scotto
Lo psicologo di Ezio Aceti
Vita in famiglia di Giovanna Pieroni
COLLABORATORI – Ezio Aceti – Chiara Andreola - Raffaele Arigliani
Paolo Balduzzi – Mariagrazia Baroni - Giovanni Bettini - Maria Chiara
Biagioni – Riccardo Bosi – Elena Cardinali – Cristiano Casagni – Giovanni
Casoli – Marco Catapano – Francesco Châtel – Giuseppe Chella – Franz
Coriasco – Mario Dal Bello - Paolo De Maina – Raffaele Demaria – Claudia Di
Lorenzi - Giuseppe Distefano – Costanzo Donegana - Marianna Fabianelli
Luca Fiorani – Daniele Fraccaro - Tonino Gandolfo – Annamaria Gatti
Michele Genisio - Letizia Grita Magri - Benedetto Gui - Annalisa Innocenti
Pasquale Ionata - Walter Kostner - Maria Rosa Logozzo - Pasquale
Lubrano – Andrea F. Luciani – Roberto Mazzarella - Fausto Minelli Tanino
Minuta – Eleonora Moretti – Enzo Natta - Cristina Orlandi - Maria Rosa
Pagliari – Vito Patrono – Vittorio Pelligra - Lauretta Perassi - Maddalena
Petrillo Triggiano – Giovanna Pieroni – Adriano Pischetola - Stefano
Redaelli - Daniela Ropelato - Caterina Ruggiu – Lorenzo Russo - Maria e
Raimondo Scotto - Vittorio Sedini – Lella Siniscalco – Loreta Somma
CORRISPONDENTI DALL’ESTERO – Alberto Barlocci (Argentina)
Michel Bronzwaer (Olanda) – Luigi Butori (Thailandia) - Ed Herkes
(Belgio) – Antonio Faro (Brasile) – Carlo Maria Gentile (Filippine)
Frank Johnson (Gran Bretagna) – Silvano Malini (Uruguay)
Javier Rubio Mercado (Spagna) Jean–Michel Merlin e Alain Boudre
(Francia) - Liliane Mugombozi (Kenya) – Djuri Ramac (Slovenia)
Joachim Schwind (Germania) - Clare Zanzucchi (Stati Uniti)
CORRISPONDENTI IN ITALIA – Loreta Somma (Campania) – Tobia
Di Giacomo (Piemonte) - Silvano Gianti (Lombardia) – Patrizia Labate
(Calabria) – Emanuela Megli (Puglia) – Tiziana Nicastro (Emilia–Romagna)
Stefania Tanesini (Toscana)
PROGETTO GRAFICO – Umberto Paciarelli
GRAFICA E FOTOGRAFIA – Umberto Paciarelli
Priscilla Menin - Domenico Salmaso - Raffaella Pediconi
SEGRETERIA DI REDAZIONE – Carlo Cefaloni (responsabile)
Edoardo Mastropasqua – Luigia Coletta – Luciana Cevese - Roberta Ruggeri
ABBONAMENTI, PROMOZIONE E DIFFUSIONE – Marta Chierico
Silvia Zingaretti – Desy Guidotti – Antonella Di Egidio
COLLABORATORI SITO – Elena Cardinali – Paolo Friso – Paolo Monaco
Valentina Raparelli – Franco Fortuna - Antonella Ferrucci
PAGINA
PAGINA
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30
72
46
Interviste Nel suo ultimo libro Susanna
Tamaro si racconta fino agli esordi come
scrittrice di Adriana Masotti
Dal vivo e spiritualità
36
38
I creduti sposi di Maria Pia Di giacomo
41
Siamo responsabili gli uni degli altri
di Igino Giordani
42
Quando amare il fratello e con quale
misura?
di Maria Voce
44
Con la misura del “senza misura”
di Paolo De Maina
2700 volte Tininha
di Oreste Paliotti
Reportage Cuneo “tiene”, Nello scenario Anniversari 500 anni fa veniva
della crisi la città è un esempio di come
resistere e ripartire di Silvano Gianti
59
76
Alimentazione di Giuseppe Chella
Educazione sanitaria
di Andrea F. Luciani
68
Fantasilandia | Quel barile uguale
per tutti di Lauretta Perassi
Vecchiaia e fecondità
di Michele Genisio
71
Una generazione della terra di mezzo
di Elena D’Angelo
Arte e spettacolo
74
Il piacere di leggere
a cura di Gianni Abba
75
In libreria a cura di Oreste Paliotti
63
Nella superficie, la profondità
di Aurelio Molè
64
65
Televisione di Eleonora Fornasari
Vita sana
Cinema
di Cristiano Casagni, Giovanni Salandra
e Raffaele Demaria
Teatro di Giuseppe Distefano
55
Una scelta ecologica
di Lorenzo Russo
66
56
Il coraggio di Jackie
di Marco Catapano
67 Musica classica di Mario Dal Bello
58
Buon appetito con… di Cristina Orlandi
DIREZIONE e REDAZIONE
via degli Scipioni, 265 | 00192 ROMA
tel. 06 3203620 r.a. | fax 06 3219909
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via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA
tel. 06 3216212 - 06 96522231 | fax 06 3207185
[email protected]
pubblicato “Il principe” di Machiavelli
di Alberto Lo Presti
Musica leggera di Franz Coriasco
CD e DVD novità
Appuntamenti
a cura della Redazione
Cultura e tendenze
In dialogo
78
79
81
La posta di Città Nuova
Incontriamoci a Città Nuova...
Riparliamone
a cura di Gianni Abba
Questo numero è stato chiuso in tipografia
lunedì 25-3-2013 Il numero 6 del 25-3-2013
è stato consegnato alle poste il 22-3-2013
Segnaliamo su www.cittanuova.it
UNIONE EUROPEA
Nuovo potere di veto sui bilanci nazionali di Marco Fatuzzo
ESTERI
Egitto. Polizia in sciopero, rischio anarchia di Roberto Catalano
CRISI
Polizia giusta e famiglie disperate di Carlo Cefaloni
E d i tA ot truiaal iltià
Politica internazionale
Italia in vacanza
di Pasquale Ferrara
di Silvia Cataldi
John Kerry, il “nuovo” segretario di Stato nella seconda amministrazione Obama,
non è un “uomo nuovo”. Oltre ad essere ben
«Senza papa, senza nuovo governo, senza
capo della polizia, viva la libertà», rimbalzava nei giorni scorsi sui social network.
noto per la dura campagna presidenziale per le elezioni
del 2004 (che perse a vantaggio di Bush), è conosciuto a
Washington per essere doppiamente “un veterano”. Anzitutto per aver combattuto in Vietnam (una guerra che
ancora oggi è ben presente nella coscienza civile americana); e poi per essere senatore di lungo corso. Dunque,
Obama ha preferito puntare, per l’importante dicastero
che dirige la politica estera americana, su una garanzia
di qualità, piuttosto che sull’innovazione.
Una scelta, se vogliamo, “tranquillizzante”, che intende
inviare un messaggio rassicurante alla comunità internazionale, scottata dalle scelte avventuriste del primo decennio di questo secolo (basti pensare a Condoleezza Rice e
alla sua “assertività” bellicosa sull’Iraq o sull’Iran).
I primi segnali dell’approccio che Kerry intende adottare possono essere sintetizzati nei termini di una politica estera che terrà molto conto della politica interna.
Non a caso Kerry ha dichiarato, nella sua audizione per
la conferma nell’incarico, che «la politica estera è politica economica». Il mondo compete oggi accanitamente
per l’accesso alle risorse e per la conquista dei mercati
mondiali: Kerry intende rilanciare il ruolo degli Usa nella difÀcile arena della globalizzazione, ma ciò richiede
che gli Stati Uniti facciano ordine in casa loro al di là
delle divisioni di partito (il riferimento al “baratro Àscale” è Àn troppo chiaro). La novità, in questo ambito, è
data dall’accento posto su temi Ànora non considerati
strategici, come la sicurezza alimentare e quella energetica, l’assistenza umanitaria, lo sviluppo, il cambiamento
climatico, messi quanto meno sullo stesso piano rispetto
alle iniziative di contrasto al terrorismo ed alla sicurezza
(militare) dell’America. Da questo punto di vista, Kerry
sembra voler riprendere il lavoro lasciato a metà da Hillary Clinton. Peccato che lo stesso Kerry si sia anche affrettato a precisare che la politica degli Usa nei confronti
dell’Iran e del suo programma nucleare è “preventiva”.
Un aggettivo che non fa rima con diplomazia.
In effetti, mai, come in questo periodo, i sociologi possono dire che in Italia si sia vissuta una situazione di
anomia (mancanza di norme). Certo, in ambito sociale,
civile e religioso non sono cambiate le regole del gioco,
ma, con la mancata copertura dei livelli gerarchici più
alti di Stato e Chiesa, sembra proprio che siano venuti
meno quei punti di riferimento che orientano il nostro
modo di agire. Il fatto poi che ci troviamo a Àne mandato del presidente della Repubblica ha completato il
quadro di questi giorni. Ma a ben guardare le nostre vite
continuano tranquillamente e, diversamente, da come ci
si potrebbe aspettare, perché la situazione di incertezza
non ci sta così scomoda.
In fondo, non si è trattato di una vera e propria assenza gerarchica, ma solo di una vacatio, di un periodo di
vacanza governativa. Così, come ogni vacanza che si rispetti, anche questo periodo può essere vissuto per respirare, per fare un bilancio del passato e ricaricare le pile
per il prossimo futuro. Si potrebbe obiettare che questa
situazione di incertezza fa male ai mercati Ànanziari.
Anche questo, secondo alcuni, potrebbe essere un mito
da sfatare: a condizione che la vacanza duri per un periodo deÀnito e che il buon senso e la buona amministrazione prevalgano, pure le speculazioni potrebbero essere
evitate attraverso segnali univoci e non allarmistici. Il
caso del Belgio, ad esempio, sta a dimostrare che, pur essendo rimasto privo di un esecutivo per quasi due anni,
ha continuato a crescere (anche grazie ai buoni rapporti
con i tedeschi), evitando la secessione.
Un Paese può quindi continuare a mantenere la propria
dignità e civiltà anche in un periodo di questo genere. Occorre, certo, far appello alla corresponsabilità di ciascuno,
per poi magari riscoprire che l’Italia Ànalmente è diventata maggiorenne, perché è fatta di cittadini che se la sanno
cavare bene anche in vacanza, se breve. Ma è indispensabile sbloccare la situazione e arrivare in tempi brevi ad un
governo solido. Il Conclave ne ha dato l’esempio.
Kerry vuole
rassicurare
6
Città Nuova - n. 7 - 2013
Settimane senza
papa e governo
Comunicazione
Se urli
non ti fai capire
di Gianni Bianco
«Se urli non ti capisco!». Quante volte abbiamo ripetuto (o ci siamo sentiti dire)
questa frase, quando una conversazione amichevole stava per degenerare in rissa verbale. Un estremo
messaggio lanciato all’interlocutore sperando che, abbassando i decibel e attutendo la forza d’urto di alcune
espressioni, si potesse tornare a comunicare, ovvero a far
partire e arrivare informazioni corrette e correttamente
comprese.
«Se gridate, a casa non capiscono nulla», ripetono anche
i conduttori dei talk show, impegnati a riportare ordine
tra gli ospiti, convinti che nei salotti tv esca vincitore solo chi riesca a mandare al tappeto l’avversario politico, a
colpi di invettive e insinuazioni, brandendo come clave
l’insulto e l’urlo.
Una questione di buon senso e di buona educazione, si direbbe, prima ancora che di psicologia della comunicazione. Ma lì dove non è riuscito monsignor Della Casa adesso
ci prova il web. È infatti uno studio americano condotto
su Internet a riabilitare una categoria a rischio estinzione: quanti espongano civilmente il proprio pensiero. Gli
studiosi dell’università di Madison in Wisconsin hanno
fatto leggere un articolo di Àsica nucleare (postato su un
blog) a due gruppi di seicento persone. I ricercatori avevano però fatto seguire a quello scritto, commenti pesanti e
aggressivi (per il primo gruppo), civili e ragionevoli (per
il secondo). Così facendo hanno scoperto che quanti si sono trovati davanti a reazioni dure e violente Ànivano per
travisare il testo, chi invece aveva letto opinioni espresse
in maniera più garbata, aveva compreso correttamente il
senso dello scritto di partenza.
Chi urla ha dunque la sensazione immediata d’essere
sentito di più, ma alla lunga Ànisce per essere ascoltato
di meno. Una lezione istruttiva dopo una campagna elettorale che per la prima volta è stata combattuta anche e
soprattutto sul web, scambiato non per una agorà ma per
un ring. Abbiamo visto riÀlare offese e colpi sotto la cintola, senza però che molti elettori comprendessero la cosa più importante: quali fossero i programmi di ciascuno
per cambiare l’Italia.
John Kerry
ha preso
il posto di
Hillary Clinton.
Senza certezze
la società
si chiude.
Nei reality
il linguaggio
usato è molto
spesso quello
dell’urlo.
Città Nuova - n. 7 - 2013
7
P r i m Aot t pu ai lai nt ào
PAPA FRANCESCO
di Aurelio Molè
SPENDERE
LA VITA
PER LA PROPRIA
GENTE
FIGLIO DI EMIGRATI ITALIANI, PERITO CHIMICO
CON LA PASSIONE PER IL CALCIO E IL TANGO,
SI UNISCE AI GESUITI FINO A DIVENTARE
IL PRIMO PAPA SUDAMERICANO
O
ltre che sui gesti, sul vocabolario di papa Francesco si potrebbe scrivere il programma
del nuovo timoniere della barca di Pietro. Sin dal suo esordio quando ha detto: «Incominciamo
questo cammino, vescovo e popolo
(…). Un cammino di fratellanza, di
amore e di Àducia tra noi. Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro,
preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza».
È la “cifra” più autentica del Vangelo del nostro tempo nell’era della
globalizzazione, dei mezzi di comunicazione che abbracciano il mondo,
dell’interdipendenza tra Stati e popoli.
Non un ideale da parrocchietta, come
taluni vogliono far credere, ma la direzione del progetto di Dio sull’umanità
intera. «Questa impostazione – commenta Gianpiero Gamaleri – ci dà un
grande senso di vicinanza: un’autorità
planetaria sì, ma che passa attraverso
il cammino di fratellanza, di amore e
8
Città Nuova - n. 7 - 2013
di Àducia tra noi. Parole di autentica
speranza in questo momento di crisi
soprattutto del mondo occidentale».
Davanti a migliaia di giornalisti di
81 Paesi del mondo papa Francesco,
abbassa i fogli che ha in mano, guarda dritto davanti a sé e pronuncia una
frase che sembra quasi un manifesto
programmatico: «Come vorrei una
Chiesa povera e per i poveri». Mette
in dito nella piaga di una delle condizioni afÀnché la testimonianza cristiana sia credibile, apprezzata e contagiosa. Povertà materiale eco della
povertà di spirito.
In una piazza gremita Àn dal mattino per il suo primo Angelus apre la
mente al vero volto di Dio che «mai
si stanca di perdonarci! Il problema siamo noi, che ci stanchiamo a
chiedere perdono, ma lui ci perdona
sempre». Non un Dio giudice perché
«abbiamo bisogno – dice Enzo Bianchi – di misericordia. È lo sguardo
che attende la gente».
B. Marquez/AP
G. Borgia/AP
A Paranaque, a Sud di Manila, fedeli filippini
gioiscono per l’elezione del nuovo pontefice.
Accanto: papa Francesco saluta i fedeli
in piazza San Pietro prima della messa
per l’inizio del suo pontificato.
Altra parola chiave: custodire, pronunciata nella
messa di inizio del pontiÀcato dove «il vero potere
è il servizio» da vivere Àno all’apice della croce «per
custodire tutto il popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri,
i più deboli, i più ricchi».
In piazza san Pietro mons Bregantini commenta: «La
custodia del cuore, fatta tenerezza, fatta amore, ci ha restituito un respiro di speranza che ci ha commossi».
Insomma un papa forte e tenero, dalle parole chiare e dai gesti commoventi che ci stupirà ancora, come la sua vita di semplice, timido, ragazzo argentino
di origini italiane, nato a Buenos Aires nel 1936, gli
studi di perito chimico e una vocazione che lo porterà ad entrare nella Compagnia di Gesù nel 1958.
Sacerdote nel 1969, provinciale dei gesuiti quattro
anni più tardi. Giovanni Paolo II lo nomina vescovo
nel 1992 e cardinale di Buenos Aires nel 2001. Sono
anni di duro confronto con il governo argentino per
la crisi economica del 2002, schierato con i poveri
e gli emarginati, critico con il potere e con la mondanità spirituale. «L’opzione fondamentale – dichiarò
nel 2010 nel libro Il gesuita di Francesca Ambrogetti
e Sergio Rubin – è scendere per le strade e cercare
la gente: questa è la nostra missione». E ora sembra
papa da sempre.
Città Nuova - n. 7 - 2013
9
Primo piano
SPENDERE LA VITA PER LA PROPRIA GENTE
TRA DUE PAPI
IL RAPPORTO TRA
BENEDETTO XVI E FRANCESCO:
RIFORMA E RINNOVAMENTO
NELLA CONTINUITÀ
10
Città Nuova - n. 7 - 2013
Hord/AP
I
l 13 marzo, appena eletto vescovo
di Roma e successore di Pietro, il
cardinale Jorge Mario Bergoglio
si è presentato alla “piazza” e al mondo con grande semplicità e “prossimità”, invitando alla preghiera ed alla
reciproca accoglienza. Il nome da lui
scelto, Francesco, se raccoglie alcuni
dei suoi tratti più caratteristici come
l’autenticità, la povertà, la fratellanza,
al tempo stesso è programmatico proprio per gli elementi che oggi devono
deÀnire il volto della Chiesa e il suo
rapporto con il mondo. I giorni immediatamente successivi all’elezione sono stati segnati da gesti e messaggi di
grande vicinanza alla gente e apertura
al mondo; qualcuno ha notato che papa Francesco «ha fatto del fuori programma… il suo programma».
Toccanti le sue parole pronunciate
nella celebrazione di inizio del ministero petrino, con l’invito al «custodirsi reciprocamente», responsabilità
che riguarda tutti. Figura di grande
spiritualità, la sua guida indubbiamente offrirà nuovi impulsi non solo
alla Chiesa cattolica ma all’umanità
intera, alla ricerca di «luci di speranza». In questo senso l’elezione del
primo papa sudamericano è un segno dei tempi: la Chiesa si rinnova
guardando al Sud del mondo.
Fin dall’inizio, e in tante occasioni in questi giorni, papa Francesco ha rivolto il suo pensiero al suo
predecessore, esprimendogli con
grande delicatezza l’affetto, la riconoscenza, la preghiera: «In questi
anni di pontiÀcato ha arricchito e
rinvigorito la Chiesa con il suo ma-
Con Giovanni Paolo II il 21 febbraio
del 2001, giorno in cui è stato
creato cardinale.
gistero, la sua bontà, la sua guida, la
sua fede, la sua umiltà e la sua mitezza. Rimarranno un patrimonio
spirituale per tutti». In questi momenti “storici” in cui ci sentiamo
pervasi di stupore e di rinnovate speranze, ci lasciamo anche guidare da
lui nell’interpretazione di questi fatti:
«In tutto quanto è accaduto il prota-
gonista è, in ultima analisi, lo Spirito
Santo». Ed il ringraziamento a papa
Benedetto XVI si fa per questo ancora più intenso, tornando alla memoria il suo memorabile discorso tenuto
il 22 novembre 2005 alla Curia, parlando della “giusta ermeneutica” del
Concilio Vaticano II: non «ermeneutica della discontinuità e della rottura», ma «ermeneutica della riforma,
del rinnovamento nella continuità
dell’unico soggetto Chiesa».
Mauro Mantovani
Visto dall’Argentina/1
DALLA FINE DEL MONDO
LA SORPRESA, LA SCELTA DEL NOME DI FRANCESCO,
UNO STILE DI VITA AUSTERO, LA PREFERENZA DEI POVERI,
LE APERTURE ECUMENICHE. GIÀ DAI PRIMI GESTI SI PREFIGURA
UN GRANDE PAPA PER UNA CHIESA RINNOVATA
S
ubito, la sorpresa: contro tutti
i pronostici il cardinale Jorge
Mario Bergoglio è stato scelto
come nuovo papa. A 76 anni, aveva
già presentato le sue dimissioni da
arcivescovo di Buenos Aires ed era
pronto a trasferirsi in una casa di riposo per sacerdoti anziani. La scelta
del nome, come ormai tutti sappiamo, deriva dal fervore di Francesco
di Giovanni XXIII, ha detto: «Non
dimentichiamo che Dio non si stanca mai di perdonare; siamo noi che
ci stanchiamo di chiedere perdono».
Inoltre ha citato con ammirazione il
cardinale Walter Kasper e una anziana signora che in passato gli aveva
STR/AP
dopo ha telefonato al suo predecessore Benedetto XVI, e poi ha scritto
un messaggio al grande rabbino di
Roma. Durante il suo primo Angelus, con parole semplici che hanno
fatto ricordare papa Luciani e riportato alla memoria il messaggio
Il cardinale Bergoglio bacia i piedi, durante le funzioni del giovedì santo,
ad un giovane di un centro di recupero per tossicodipendenti.
Sotto: un adolescente Jorge Mario Bergoglio in una foto di fine anni Quaranta;
il calciatore Denis Stracqualursi, della squadra del San Lorenzo, di cui
Bergoglio è tifoso, mostra la maglia con l’immagine di papa Francesco.
V. R. Caivano/AP
per la pace, la fraternità, l’umiltà e
l’amore per il creato (oggi parleremmo della dimensione ecologica): un
uomo come pochi “simile” a Gesù e
grande riformatore della Chiesa.
Il papa vuole seguire il suo esempio? Penso possa in ogni caso tentare di mettere in atto grandi cambiamenti, visto che ha ricevuto i voti di
tanti cardinali.
Papa Bergoglio è sempre stato un
pastore dedito particolarmente ai più
umili, agli emarginati della società, a
quelli che non hanno voce. Ha sempre
sostenuto e incoraggiato i sacerdoti
che abitano nelle favelas o nelle villa miseria, con visite frequenti nelle parrocchie di periferia, lottando
per sottrarre i giovani alla droga, e
ha sempre difeso il valore della vita.
Tutto ciò unito ad uno stile personale
molto austero: infaticabile nel lavorare, vicino a chi soffre, lontano dalle
riunioni e da quei pranzi e cene sociali che fanno solo perdere tempo. Preferiva camminare, anche di notte, per
incontrare i poveri che dormivano per
strada, perché non aveva la macchina
e viaggiava con i mezzi pubblici.
Oggi che quest’uomo ha assunto la
responsabilità del governo della Chiesa universale, lo ha fatto senza utilizzare altri titoli che quello di vescovo
di Roma. È un segno di collegialità,
nello stile di Paolo VI e del Concilio
Vaticano II. Troviamo anche i segni
di un’apertura ecumenica e interreligiosa. Di fatto, oltre ai rappresentati
delle diverse Chiese cristiane, alla
messa di inaugurazione del pontiÀcato (non più di intronizzazione) in
piazza San Pietro erano convenuti
rappresentanti ebrei, islamici e di altre tradizioni religiose. Forse, il fatto
più emblematico: la presenza del patriarca ortodosso di Costantinopoli
Bartolomeo I. Accade, per la prima
volta, dopo lo scisma del 1054.
Già dopo il primo saluto ai fedeli
del 13 marzo, Francesco ha raggiunto già una grande popolarità. Subito
Città Nuova - n. 7 - 2013
11
Primo piano
SPENDERE LA VITA PER LA PROPRIA GENTE
detto: «Se il Signore non ci perdonasse, il mondo non esisterebbe».
Così, di fronte a più di cinquemila
giornalisti, ha affermato: «Come mi
piacerebbe avere una Chiesa povera e
per i poveri!». Il suo moderato sorriso,
forse oggi più manifesto di quando
era vescovo di Buenos Aires, comunica gioia e serenità, e allo stesso tempo
trasmette l’impressione di qualcuno
che ha doti di governo per condurre la
Chiesa verso vie di riforma e di virtù.
Un altro capitolo importante per
l’Argentina è stato l’incontro con
Cristina Kirchner. Dopo iniziali perplessità, la presidente dell’Argentina
ha accettato l’invito di incontrarsi col
papa. Ritrovatisi faccia a faccia per
scambiarsi dei doni, nonostante le
grandi e numerose difÀcoltà del passato, l’incontro si è svolto in un clima
di sorprendente cordialità. Si spera
l’apertura ad una migliore condivisione e dialogo tra Chiesa e governo
in Argentina. E magari anche ad un
clima di maggiore distensione in tutta
l’America Latina.
Dall’altra parte, si possono immaginare le difÀcoltà che papa Bergoglio incontrerà con la curia romana, che prima o poi senz’altro
subirà cambiamenti signiÀcativi. E
come non ricordare che il libro da lui
donato alla presidente dell’Argentina
conteneva i documenti di Aparecida,
l’incontro dei vescovi latinoamerica-
ni svoltosi nel 2007 in Brasile? Per
quel lavoro l’ex cardinale Bergoglio
era stato scelto dai vescovi come loro
presidente. E lui lo ha consegnato alla
Kirchner afÀnché conosca il pensiero
della Chiesa sui nuovi volti dei poveri
(disoccupati, migranti, abbandonati,
malati), sulla giustizia e solidarietà
internazionale, sull’amore nel matrimonio e nella famiglia, sulla cura
dell’ambiente come casa comune.
Infonde speranza anche il fatto
che, con Francesco, la Chiesa, pur
restando con i piedi per terra, possa
vivere il sogno di una vita cristiana
rinnovata.
José María Poirier
da Buenos Aires
Visto dall’Argentina/2
IL “MATE” DEL PAPA
C
on un papa argentino poteva
mai mancare il mate? Sarebbe come eleggere un papa napoletano che non prende il caffè: una
contraddizione. La foto della donna
che glielo offre – la signora Virginia
Bonard – ha fatto il giro del mondo.
Lei è collaboratrice di Città Nuova
argentina (Ciudad Nueva), in questo
momento corrispondente a Roma per
l’edizione di Buenos Aires.
Colta di sorpresa, come tutti noi,
dall’elezione del cardinale di Buenos
Aires, Virginia ha approÀttato dell’udienza concessa ai giornalisti per avvicinarglisi. Papa Bergoglio l’ha subito riconosciuta, dato che la giornalista
lavora nell’ufÀcio stampa dell’arcivescovado e nel vicariato per i bambini,
e l’ha subito chiamata: «Virrrrginia!».
12
Città Nuova - n. 7 - 2013
Si sono scambiati poche parole
colme di emozione e lei gli ha chiesto
di non dimenticare i familiari delle
vittime di Cromañon (nel 2004, durante un concerto rock, l’incendio di
una sala ha provocato la morte di un
centinaio di giovani, situazione che
il cardinale Bergoglio aveva seguito
molto attentamente), degli anziani, dei
poveri, degli ammalati e dei bambini.
Commossa, gli ha regalato il kit del
mate: un contenitore che si ricava dalla scorza seccata di una zucca tipica
dell’Argentina ed una cannuccia metallica bucherellata alla base, che serve per aspirare l’infusione di un erba
amara (yerba mate) usata soprattutto
nel Cono Sud (Argentina, Uruguay,
sud del Brasile, Cile) come stimolante
contro la stanchezza o la fame.
LaPresse
LA CORRISPONDENTE DI “CIUDAD NUEVA” HA COLTO
L’OCCASIONE DELL’UDIENZA CON LA STAMPA PER REGALARE
AL PONTEFICE LA TIPICA BEVANDA DEL PAESE
L’acqua deve essere piuttosto bollente (per impedire la trasmissione
dei batteri, almeno così dicono) e si
usa un unico contenitore e una unica cannuccia per tutti. La cerchia dei
presenti riceve a turno l’infusione
per poi passarla di nuovo all’incaricato di distribuirla.
Un po’ come a Napoli il caffè, il
mate rappresenta un motivo di socializzazione. E se c’è un Paese al
mondo che ha il culto dell’amicizia, questo è l’Argentina. Il mate è
sempre un’occasione per dialogare,
raccontarsi come è andata la giornata, stabilire uno di quei momenti
di condivisione che tanto piacciono
agli argentini.
Alberto Barlocci
da Buenos Aires
ANCHE I SASSI PENSANO
Ping Pong
di Vittorio Sedini
Città Nuova - n. 7 - 2013
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Giappone
La furia
della natura
DUE ANNI DOPO
LO TSUNAMI
I.Inouye/AP
A
vederli da lontano sembrano una
manciata di mattoncini Lego:
in realtà sono container navali,
scaraventati lungo la costa
giapponese a Sendai dalla furia
dello tsunami che colpì l’arcipelago l’11
marzo di due anni fa. Furono 19 mila i
morti e 2600 i dispersi; ma ad essere
ricordato è soprattutto l’incidente alla
centrale nucleare di Fukushima, e la
contaminazione dell’area circostante.
Due anni dopo, le stime ufficiali
parlano di 300 mila persone ancora
alloggiate in sistemazioni temporanee,
di cui 160 mila nella regione della
centrale; e se nelle zone più lontane
la vita sta tornando alla normalità,
così non è nei dintorni di Fukushima.
Cogliendo l’occasione dell’anniversario,
800 abitanti dell’area hanno quindi
fatto causa al governo e alla Tokyo
Electric Power Company, chiedendo un
risarcimento di 450 euro a testa per
ogni mese trascorso da allora: la zona
è infatti ancora contaminata, così che
non è possibile farvi ritorno. Inoltre
il Paese sta ancora facendo fronte
alla mancanza di energia elettrica in
seguito alla chiusura di 48 delle 50
centrali nucleari: il premier Shinzo
Abe ha annunciato un piano per la loro
riapertura, nonostante l’opposizione di
parte dell’opinione pubblica.
Chiara Andreola
Città Nuova - n. 7 - 2013
15
Attualità
SOCIETÀ
di Carlo Cefaloni
C
on 8 milioni 689 mila e 458 voti,
primo partito alla Camera dei
deputati, il Movimento 5 Stelle
(M5S) rappresenta la novità assoluta delle ultime elezioni politiche. Il suo voto è decisivo al Senato
dove ha raggiunto il 23,79 per cento,
e oltre sette milioni di voti.
Volti di uomini e donne difÀcilmente catalogabili, ma non sono extraterresti, perché il Movimento, che
riconosce Beppe Grillo come fondatore, è presente ormai da anni come
una scuola di formazione diffusa e
accessibile. Il fenomeno merita una
conoscenza a partire dai contenuti
e dal pensiero che li ha generati. Ci
vuole un’idea forte per deÀnirsi un
“non partito”. I critici più duri lo
paragonano a realtà come Scientology. Il confronto prende di mira soprattutto Gian Roberto Casaleggio,
l’imprenditore che compare sempre
più spesso a Àanco di Grillo e che,
leggendo il libro che hanno scritto
assieme al premio Nobel Dario Fo,
dimostra di avere idee molto chiare,
a cominciare dalla comunicazione.
Puntare sulla mobilitazione persona
per persona, con l’ausilio del web,
dimostra una notevole analisi della
forza del messaggio che verrebbe,
secondo la loro tesi, manipolato e
omologato accettando di entrare nei
ritmi e nei tempi televisivi dettati da
Vespa o Santoro: «La televisione non
perdona chi punta sui contenuti».
Poter fare a meno della televisione
è la dimostrazione di essere portatori
del mutamento epocale, come quello
determinato dall’invenzione del libro,
costituito dalla “Rete”. L’esempio concreto è Grillo stesso, che ha permesso
di suscitare e mettere assieme una conoscenza collettiva sui temi ambientali. Tramite il suo blog ha reso accessibili studi, analisi ed esperienze di
una miriade di soggetti sulle questioni
ecologiche più scottanti, ottenendone
una diffusione che il partito dei Verdi
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Città Nuova - n. 7 - 2013
LO TSUNAMI
GRILLO
SULLA POLITICA
ITALIANA
È IL PARTITO/NON PARTITO PIÙ VOTATO
ALLA CAMERA. DOMANDE APERTE
SUL MOVIMENTO 5 STELLE
(2) A. Medichini/AP
Manifestazione del M5S a piazza San Giovanni a Roma alla vigilia
delle elezioni. Sotto: Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio.
non ha mai raggiunto. Così, la stessa
conoscenza diffusa ha reso comprensibili vicende societarie complesse e
poco trasparenti come Telecom, Parmalat e Monte Paschi, per fare qualche esempio.
Secondo i critici della “Rete” come
Evgeny Morozov, «le piattaforme
online usate per l’impegno politico
sono delle scatole nere che nessuno
può aprire» con la conseguenza che
«la gente ha l’illusione di partecipare».
I militanti del M5S, ovviamente pochissimi in confronto agli elettori,
sono, invece, quasi euforici nella scoperta di una conoscenza che, «messa
a fattor comune, porta a trovare una
soluzione di ordine superiore» cambiando «la relazione con il mondo,
il tempo e lo spazio». Si dicono convinti di una legge prevalente della solidarietà che governa la convivenza.
Grillo cita autori come Karl Polany,
l’anarchico Kropotkin e Francesco
d’Assisi (il M5S è stato fondato intenzionalmente il 4 ottobre del 2009).
Ma il M5S sarà sempre più chiamato a rispondere, con i fatti, alle
accuse di predicare una democrazia
diretta senza praticarla al proprio
interno. È lo scoglio della “legge
ferrea dell’oligarchia”, la formula di
Michels secondo cui ogni organizzazione Ànisce inevitabilmente per
selezionare una classe separata che
comanda sulla massa. La conoscono
bene gli impegnati nei partiti tradizionali. Il M5S evoca Simone Weil
e Adriano Olivetti, per immaginare
forme di rappresentanza di comunità
capaci di fare a meno dei partiti; ma,
prima o poi, dovrà risolvere il ruolo
e il peso decisionale di Grillo e Casaleggio. C’è chi, come l’attivista per
i diritti civili Silvio Messinetti, parla
di un partito controllato interamente
dalla “Casaleggio associati srl”, società «specializzata in massiÀcazione
e manipolazione di massa».
Il M5S ha fatto incetta di voti
interpretando il malumore diffuso
Città Nuova - n. 7 - 2013
17
At t ualità
LO TSUNAMI GRILLO SULLA POLITICA ITALIANA
verso la corruzione e gli sprechi
impegnandosi ad essere totalmente
altro, ma il punto di rottura si registra con la decisa opposizione contro
inceneritori e grandi opere come la
Tav in Val di Susa. Bastava andare
il 3 marzo nelle campagne dei Castelli Romani, per trovare senatori e
deputati a sostegno del movimento
che si batte da anni contro l’inceneritore voluto inizialmente da Pd e Pdl.
Le realtà di base non danno delega
a nessuno, ma crescenti fasce di popolazione non si sentono più rappresentate. Gli astenuti sono 13 milioni.
La vera sÀda del M5S, che potrebbe
decretare la Àne della legislatura, sarà
mettere in discussione le misure di austerità imposte dall’Unione europea a
guida tedesca. Anche chi nutre dubbi
sul M5S, ha Ànito per votarlo come
unica strada per rimettere al centro
questi temi. Appelli di intellettuali
invitano a vedere l’anomalia del M5S
come una leva per un cambiamento
possibile.
La strategia dichiarata del M5S,
d’altra parte, mira a indurre gli altri
a realizzare i punti del proprio programma che sono chiari su argomenti
come, ad esempio, acqua, sanità e
scuola pubblica, politica energetica,
democrazia diretta. Restano assenti
altri temi, come quelli bioetici, che lacerano le coscienze. Scogli inevitabili
che non possono essere superati con
la credenza di poter raggiungere una
conoscenza superiore di una mente
collettiva.
Domande aperte di una fase politica dagli esiti incerti. Paura e speranza si mescolano tra loro e sarà
impossibile restare indifferenti.
Carlo Cefaloni
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Città Nuova - n. 7 - 2013
M. Pinca/AP
A fianco: Il M5S vuole dare voce
a vertenze ambientali come, ad
esempio, l’opposizione alla Tav
in Val di Susa, il rifiuto degli
inceneritori dei rifiuti e il contrasto
alle antenne militari Usa in Sicilia.
Cosenza, filosofa dei linguaggi
Grillo tra satira e politica
Giovanna Cosenza, docente di Filosofia e teoria dei linguaggi all’università di Bologna, per mesi ha studiato il fenomeno Grilllo. Ha scritto un libro sulla comunicazione dei politici,
SpotPolitik. Perché la casta non sa comunicare, e il suo blog
Dis.amb.iguando è una cattedra online sulle modalità comunicative adottate sui media e dai personaggi pubblici. Le abbiamo chiesto un’analisi del fenomeno Grillo.
Grillo è un grande comunicatore e un trascinatore di folle. Quali qualità gli vanno riconosciute rispetto alla casta che non sa comunicare?
«Preciso che più di qualcuno considera Grillo appartenente alla casta perché è un ricco signore
con le spalle coperte. Ma Grillo è soprattutto un uomo di spettacolo, ha fatto televisione e poi
era un comico che già negli anni Ottanta faceva satira prima sociale, poi è passato a quella
economica e, infine, politica. La sua comunicazione si avvantaggia delle sue qualità di showman
e ha portato nella comunicazione politica caratteristiche che vengono dalla satira come l’uso
del turpiloquio, della caricatura, dell’imitazione, i nomignoli, l’aggressività verbale, l’invettiva.
Sono strumenti della satira politica e dello spettacolo che lui ha trasferito molto bene sul terreno della comunicazione politica».
Però ci sono anche i contenuti...
«Negli ultimi dieci anni della sua vita Grillo si è molto documentato, si è appassionato di filoni
tematici importanti che vanno dalla lotta contro le multinazionali, alla difesa dell’ambiente,
alla sostenibilità e a tanti temi che sono poi il programma del M5S. Da un lato ha imbracciato
contenuti che sono motivo di scontento di molti, dall’altro lo ha fatto in maniera documentata
Le “parlamentarie” sono state una delusione sia per i numeri, perché hanno votato solo in ventimila, sia per la scarsa trasparenza e il non sfruttamento di piattaforme di
e-democracy che all’estero vengono usate
molto meglio, penso ad esempio al partito
dei Pirati in Germania. Queste sono state
occasioni mancate e qui Grillo ha smesso di
essere all’avanguardia: è stato invece una
delusione».
Eppure non si può non riconoscerne il successo.
«L’uso proficuo della Rete viene fuori dalla capacità di intrecciare Internet con la
presenza sul territorio e questo ha reso il
M5S pervasivo, un po’ come è accaduto per
le campagne di Obama negli Usa dove si è
combinata l’organizzazione online, l’uso
dei meet-up, la presenza sui social media
con una capillarità sul territorio. Non si tratta solo dei comizi, vuol
dire il porta a porta, le riunioni nei quartieri, nei centri sociali, anche le riunioni di condominio e il banco di prova è stata Parma. Nei
mesi della campagna elettorale, se si guardava l’uso della Rete da
parte degli attivisti della zona, era esiguo rispetto alla mole di lavoro
fatto nelle strade. Questo sì che si può definire uso virtuoso della Rete
quando si combina web e porta a porta, e così si vincono le elezioni.
Il parallelismo tra grillini e capillari del sangue funziona perché sono
piccoli piccoli, ma arrivano dappertutto».
attraverso il suo blog. Dal 2005 posta su questo blog tesi anche raffazzonate ma non c’è comunque un vuoto di argomenti come gli avversari
gli imputano. C’è quindi l’aspetto del performer che gli viene dal suo
essere attore e poi c’è la sostanza, i temi di cui la casta si è occupata
poco e che hanno invece incontrato il favore di quel 25 per cento che lo
ha portato in Parlamento».
Il web e i social sono diventati, con lui, luoghi della politica. E tuttavia la Rete può esaurire la voglia di partecipazione?
«Ci sono diversi limiti nell’uso che Grillo e il suo gruppo fanno della
Rete. Mi sarei aspettata una maggiore propensione all’e-democracy.
I Vaffa-day, il “mandiamo tutti a casa”, la traversata dello Stretto
sono modalità innovative nel comunicare o ha tirato fuori solo vecchi
cliché?
«Bisogna distinguere tra lo spettacolo e i contenuti, e in Grillo i due
sono sempre intrecciati. La nuotata sullo Stretto, soprattutto, è una
trovata che lo ha fatto paragonare a Mussolini e a Mao. C’è in realtà
un elemento che lo distingue da questi personaggi ed è la risata. Le
sue sparate fanno ridere, il turiloquio serve a far ridere e lui stesso è
capace di ridere di sé stesso. Nei comizi, ad esempio, Grillo riprende
questo cliché di Mussolini, lo imita, lo prende in giro e ripete come lui:
“Italiani!”. In una dittatura invece non c’è risata, perché il dittatore non
fa mai ridere e non ride di sé stesso.
«Attraversare a nuoto lo Stretto è una metafora corporea potente,
un’impresa che va letta così: “Se ce l’ho fatta io a 64 anni con la pancia,
mi sono allenato e ho impiegato venti minuti meno del traghetto, vuol
dire che se vuoi fare una cosa puoi farcela, a patto che ti alleni e ti prepari”. Lo chiamano clown, lo definiscono esagerato, però lui è riuscito a
vincere in Sicilia e anche alle politiche».
a cura di Maddalena Maltese
Città Nuova - n. 7 - 2013
19
Attualità
CELEBRAZIONI
di Giulio Meazzini
«S
empre di nuovo stupiti,
sinceramente e responsabilmente grati» di fronte
sia alla personale testimonianza di Chiara Lubich,
portatrice e testimone del carisma
dell’unità, sia all’irradiazione che «generosamente ne è scaturita, presto raggiungendo i conÀni del mondo». Così
inizia il contributo di Piero Coda, preside dell’Istituto universitario Sophia,
al convegno che il 14 marzo, nell’aula
magna dell’università La Sapienza di
Roma, ha voluto esplorare la valenza
culturale delle intuizioni della Lubich
a cinque anni dalla morte.
Il pensiero e l’ideale di vita di
Chiara – sottolinea Coda nel suo intervento – sono nati «nel contesto della
notte “epocale” e “collettiva”» in cui,
nel secolo delle due guerre mondiali e
della Shoah, piomba l’umanità. Un ideale che non resta un fatto unicamente
spirituale né si cristallizza in una mera
utopia, ma «si trasforma, piuttosto, in
principio di una storia nuova, perché
nasce dalla condivisione radicale della
piaga in cui pare risucchiata la vicenda
di tutta l’umanità – prosegue Coda –.
Per capovolgerla, calandovisi dentro
per amore. Chiara infatti intende assumerla e attraversarla, questa piaga,
nella sequela appassionata di Gesù,
che s’è calato non solo nella carne
viva della storia, ma nel buio dolorante di ogni assenza di senso». È la
scommessa di un nuovo umanesimo
possibile – è sempre Coda –, basato
«sul risvegliare e portare ad efÀcacia
di esperienza e prassi storica la logica
del dono, che abita la nostra coscienza
ed illumina la nostra mente».
Riconosciuta tra le Àgure di riferimento del XX secolo, la fondatrice
dei Focolari ha aperto vie di dialogo
inesplorate tra persone e popoli di
cultura e religioni diverse, per la promozione della fraternità universale.
Maria Voce, attuale presidente del
Movimento dei Focolari, ne tratteggia
il proÀlo di «donna del nostro tempo,
20
Città Nuova - n. 7 - 2013
FUORI
DAGLI SCHEMI
CONSUETI
UN RICCO CONFRONTO A PIÙ VOCI
TRA LA CULTURA ACCADEMICA E IL PENSIERO
DI CHIARA LUBICH, A CINQUE ANNI DALLA MORTE
che ha saputo entrare nelle pieghe riposte della storia del Novecento, per
leggerne quei segni fecondi che davano ad essa senso e futuro».
Con la “complessità” della storia si
misura anche Vera Araújo, sociologa.
Nella società di oggi «le persone sono
esortate a fare scelte in un groviglio
di opzioni mai avute prima, le comunità devono gestire relazioni diverse
e molteplici, le nazioni non sono più
legate da una cultura condivisa, la co-
Chiara Lubich negli anni
Settanta. A destra: durante
il convegno alla Sapienza,
il sindaco Alemanno e
Maria Voce, presidente dei
Focolari; l’ambasciatore
Savoia dell’Unesco; un
momento dei lavori.
munità internazionale è chiamata a
coniugare localismo e universalismo
in un equilibrio davvero difÀcile».
Quali le parole chiave suggerite da
Chiara per interpretare e intervenire
sul presente? Identità e dialogo con
l’alterità. Un dialogo che sia «ascolto
più che parola, ospitalità più che proclama», nella ricerca comune della
verità che permette di «essere unici
e allo stesso tempo in relazione». Un
dialogo che indica una via, un metodo
preciso anche nelle situazioni più
faticose dell’interazione, i conÁitti,
«quando bisogna coniugare le differenti pressioni che arrivano dalle re-
lazioni in cui la persona vive, quando
si fa l’esperienza della sofferenza sociale», senza fuggire. È la pratica del
“farsi uno”, che «esige che si tolgano
dalla nostra testa le idee, dal cuore
gli affetti, dalla volontà ogni cosa per
immedesimarsi con l’altro, poveri in
spirito per essere ricchi d’amore».
Durante l’intensa giornata, organizzata dalla Scuola Abbà, il centro
studi dei Focolari, il contributo di
Chiara Lubich alla cultura è analizzato in profondità anche secondo il
punto di vista di altre discipline: l’economia (Luigino Bruni, professore alla
Lumsa), il diritto (Adriana Cosseddu,
docente a Sassari), le scienze (Sergio
Rondinara, professore a Sophia).
Antonio Maria Baggio, professore
a Sophia e direttore di Nuova Umanità, conclude il convegno affrontando il tema della realtà politica nella
riÁessione di Chiara, la quale «non
ha prodotto teorie, né programmi
politici speciÀci, e neppure usa il linguaggio tecnico della politica. D’altra parte affronta i temi più rilevanti
della politica e trova udienza in luoghi istituzionali quali i parlamenti e
i palazzi dei governi». Dunque, qual
è il punto focale di un discorso che
fuoriesce dagli schemi consueti? Alla
radice del pensiero di Chiara c’è un
concetto altissimo di politica come
«Amore degli amori», c’è «l’uguaglianza attraverso la fraternità».
Baggio ripercorre lo sviluppo di
questa idea nella storia e nella elaborazione del Movimento dei Focolari,
per un concetto che può agire come
«principio di realtà nelle teorie politiche». Non è facile, in questi anni si sta
infatti «combattendo la sÀda di cercare le mediazioni, in scienza politica,
per passare dal livello ÀlosoÀco dei
princìpi, alle applicazioni della fraternità all’interno delle scienze empiriche. Ma da Chiara Lubich abbiamo
imparato che la fraternità è il vincolo
dei momenti difÀcili; ma anche il vincolo della politica quotidiana, perché
permette di scrivere leggi e innalzare istituzioni, di inventare il nuovo
quando il fratello esprime un bisogno
che prima non si conosceva».
«Ci siamo resi conto – prosegue
Baggio – che quando l’Amore degli
amori è vissuto, quando una città è
unita, quando i discorsi dei suoi cittadini sono veritieri e il bene comune è
voluto da tutti in modi diversi ma lealmente, allora la politica sembra scomparire, non si vedono più le istituzioni
ma le persone, si vede il Àore aperto
e non lo stelo: è il momento in cui la
politica si realizza; e così dilegua, e
lascia il posto alla bellezza».
Città Nuova - n. 7 - 2013
21
At t ualità
FUORI DAGLI SCHEMI CONSUETI
Domenico Salmaso
In senso orario: Piero Coda
e Sergio Rondinara (Sophia),
Luigino Bruni (Lumsa),
Ugo Amaldi (Milano Bicocca),
Lucetta Scaraffia (Roma La
Sapienza), Ángel Lombardi
(Maracaibo Venezuela).
LA SFIDA
DELL’UNIFICAZIONE
NELL’ERA
DELLA DIVERSITÀ
STRALCI DALL’INTERVENTO DI INGEBORG GABRIEL (DIRETTORE
DELL’INSTITUT FOR SOCIAL ETHICS ALL’UNIVERSITÀ DI VIENNA)
N
on è fuori luogo ritenere che l’enfasi sull’unità risulti molto più profetica oggigiorno rispetto a cinquant’anni fa. Dopo tutto, la globalizzazione ha prodotto un estremo
livello di interconnessione globale favorendo, in un certo senso, l’unità del
mondo. Siamo letteralmente inondati
da informazioni che dobbiamo saper
oculatamente selezionare, in quanto
il bene e il male possono a volte trovarsi l’uno accanto all’altro. Come fare
fronte a questa complessità caratterizzante tutti gli aspetti della vita? Come
scegliere la giusta strada?
Dove la persona potrà trovare il
proprio centro, l’identità, i codici etici
di base per poter vivere? E come potremo sviluppare le nostre personalità
armonizzando la centralità della fede e
dei suoi principi etici con l’apertura e
il rispetto verso tutti agli altri membri
22
Città Nuova - n. 7 - 2013
del genere umano? La differenza in
sé è positiva, ma deve trasformarsi da
una diversità incline al conÁitto e alla
confusione, in una diversità paciÀca,
in cui le differenze possono divenire
fonte di gioia e arricchimento, come
nella Trinità, il più alto modello di
unità e distinzione allo stesso tempo.
E quali implicazioni nella ricerca
del dialogo? Una frase di Camus mi
pare efÀcace: il dialogo non è possibile se non tra persone che conservano la propria identità e parlano
nella verità. Di conseguenza, il dialogo richiede identità chiare e un impegno a favore della verità; quest’ultima, tuttavia, non è mai solo in nostro possesso, essendo creature Ànite;
la percezione della verità in questo
mondo è al massimo livello di frammentarietà, come afferma san Paolo.
Allo stesso tempo, la ricerca della ve-
rità e del giusto orientamento non è
futile né superÁua, ma garantisce una
direzione alla nostra vita.
Certo, la tensione tra le nostre
identità, basate su ciò in cui crediamo
e sulla verità per cui ci battiamo, rimarrà per tutto il peregrinare terreno.
Un aspetto importante è la tensione
tra ciò che professiamo e il nostro
modo di agire. Da tale punto di vista
non vi può essere trionfalismo, in
quanto non è la formale professione
di fede che conterà alla Àne, ma la
pratica dell’amore. In altre parole, la
verità cristiana è pragmatica, concretizzata nell’amore mediante le azioni.
A questo punto, ci troviamo in una
sana competizione con persone di
altri credo. Su tale livello, possiamo
raggiungere risultati concreti nel
dialogo interreligioso, sebbene, con
grande probabilità, l’unità delle religioni troverà il suo compimento solo
alla Àne dei tempi. Possiamo disquisire sui modi e mezzi mediante cui
convivere in pace in questo mondo,
su cosa sia più o meno umano e come
possiamo trovare armonia e unità in
tutte le “nazioni e tribù”.
La tradizione giudaica afferma che
è il giusto a sorreggere il mondo sulle
proprie spalle, ricordando la stupenda
storia di Abramo che chiede a Dio di
risparmiare Sodoma e Gomorra dalla
distruzione se vi siano abbastanza
giusti che vi abitano. Questa è la vera
speranza per il mondo: che vi siano
persone giuste di tutte le denominazioni e religioni che agiscano animate
da amore e giustizia, mostrando come
il bene possa vincere il male, contribuendo così ad una maggiore unità
del genere umano.
À COME PUBBLICITÀ
di Raffaele Cardarelli
Fa m ig l ia e s o c ie t à
Fa m ig l ia e soc ie t à
Più vigili dei vigili
I media, a seconda dei loro comportamenti,
plasmano la cultura di un Paese
«Francia o Spagna, purché se magna!» (espressione popolare del XVI secolo,
riferita ai conÁitti francospagnoli per la supremazia
sulla penisola italiana)
M
ilano, dicembre
2012. Un articolo del quotidiano
Metro, corredato
da foto, riporta la
denuncia di alcuni cittadini: ogni giorno, alcuni vigili pranzano al ristorante
durante l’orario di servizio, mentre la loro auto è
parcheggiata in divieto di
sosta in via Govone. Contemporaneamente, nell’adiacente via San Bernardo,
oltre 30 vetture parcheggiate in mezzo alla strada
bloccano il trafÀco, occupando anche gli spazi riservati ai disabili. Dopo oltre un mese, nonostante le
rassicurazioni promesse da
un assessore («questi comportamenti non saranno
più tollerati!») ai cittadini
esasperati, un altro articolo e altre foto certiÀcano
il perdurare di questo disdicevole comportamento.
Metro inoltra foto e lettere
di protesta all’ufÀcio stampa del Comune di Milano,
che, nel gennaio 2013, risponde testualmente: «Ci
dispiace che (tali comportamenti) continuino a veriÀcarsi. Per individuare e
intervenire sugli autori e
veriÀcare eventuali respon-
sabilità, è necessario che
le segnalazioni e le foto riportino il numero dell’auto,
la targa, l’ora e il giorno nel
quale si è veriÀcato l’episodio». Domanda: vi sembra
più censurabile il reiterato
comportamento dei vigili o la risposta dell’ufÀcio
stampa?
Londra, gennaio 2013.
Il ministro per l’energia e
l’ambiente, Chris Huhne si
dimette, a causa di un fatto
avvenuto nel 2003, quando
transitò con la sua auto a
velocità eccessiva di fronte ad un autovelox. I tre
punti di penalità avrebbero
comportato il ritiro della
patente. Huhne dichiarò
che sua moglie, che aveva
una patente “pulita”, era
alla guida dell’automobile.
Ma, dopo 10 anni, la (ormai ex) moglie ha svelato
la verità, Scotland Yard ha
aperto un’inchiesta e il ministro è stato incriminato e
processato. Rischia il carcere, perché in Inghilterra
la menzogna nei confronti
dello Stato è un reato molto grave, soprattutto per chi
rappresenta le istituzioni.
I media possono plasmare la cultura di un Paese, celebrandone storia e
caratteristiche. Ma, come
dimostrano questi due
esempi, i comportamenti
della pubblica amministrazione sono una premessa fondamentale per la
costruzione di una società
civile. Su questo aspetto dovremmo essere tutti
molto vigili. Certamente
molto più vigili di quei vigili milanesi.
[email protected]
Città Nuova - n. 7 - 2013
23
Fa m ig l ia e soc ie t à
TENDENZE
di Sara Fornaro
Come ti creo
una torta da sogno
risparmiare. Come Valentina Del Litto e Giusy Barone, due giovani mamme,
due amiche, ormai specializzate nella creazione
di torte per le occasioni
speciali delle rispettive
famiglie. «Noi – spiegano – siamo autodidatte. Ci
piacciono i lavori artigianali e così, dopo esserci informate su questa tecnica,
abbiamo consultato a lungo
un video su Internet, letto
dal suo team per le nozze delle riviste specializzate
di William e Kate.
e acquistato le attrezzature
In tutte le città sono necessarie. La prima torta
spuntati negozi e pasticce- l’abbiamo preparata per il
rie specializzati, che forni- compleanno della mamma
scono le attrezzature e pre- di Giusy».
parano dolci personalizzati
Insieme, poi, hanno crea prezzi abbastanza compe- ato le decorazioni per le
titivi. Ma c’è anche chi lo fa bomboniere per la piccola
soltanto per passione, per Vittoria, figlia di Valendivertirsi e, perché no, per tina, nonché la spettacolare
torta di tre piani per
il suo battesimo.
«Con questa tecnica – aggiungono –
si realizzano dolci
molto belli che creano subito un clima
di festa. Facciamo
attenzione anche
agli ingredienti: la
pasta di zucchero
la prepariamo noi
e, oltre che belle,
le nostre torte sono
anche buone».
Il sogno, per
chi scopre di avere
talento in questo
campo, è di fare
della sua passione
una
professione
Valentina Del Litto e Giusy Barone
vera
e
propria. Macon una delle loro creazioni.
risa
Scognamiglio,
Sopra: la torta per il matrimonio
46 anni, sposata
reale di William e Kate.
con due Àgli di 20
e 17 anni, ha lavo-
Spopola in Italia la moda statunitense del “cake
design”, una passione che può diventare lavoro
L
Seguita da professionisti e semplici appassionati,
è la grande moda degli ultimi anni della pasticceria
italiana. Il cake design è
l’arte di creare con pasta di
zucchero e una buona dose
di tempo e abilità delle
torte spettacolari, Àno a
quella, di ben otto piani,
creata da Fiona Cairns e
Patric Costa
J.Stillwell/AP
e ho assaggiate e posso confermare. Pur
non amando particolarmente i dolci, devo
ammettere che, oltre
che belle, a volte bellissime,
le torte create dai cake designer, dai “disegnatori di
torte”, sono anche buone. Si
fanno mangiare con gusto e
piacciono molto ai bambini.
24
Città Nuova - n. 7 - 2013
IL SACERDOTE
di don Tonino Gandolfo
Pregustare la pienezza
«Ho un tema che mi sta a cuore: la speranza nel regno di Dio. Ora io mi
riÀuto di attendere solamente una speranza. Non è che abbiamo travisato
il termine latino spes traducendolo con un semplice “sperare” e non,
invece, in quello magari spagnolesco ma più efÀcace di “attendere”?».
Franco - Lucca
Il senso della speranza cristiana è esattamente quello che lei dice: la
speranza si fonda sulla fede e la fede ci fa vedere l’opera di Dio in atto,
con il suo centro nella vita e nell’opera di Gesù. Proprio guardando
a Gesù, noi crediamo che il regno di Dio è in atto: «Il regno dei cieli
è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo». “Con-vertere” signiÀca
“puntare nella direzione” di vita e di luce che ci promette il Vangelo e
che sono preÀgurate nella loro pienezza nella Pasqua di Gesù. Per questo
noi speriamo, cioè attendiamo, che questa pienezza si realizzi. Ora non
sappiamo ancora quando avverrà: sappiamo che avverrà, perché in Gesù
si ricapitola tutta la storia, ma non quando.
La speranza è essere aperti a questo “quando” che, inizialmente almeno,
è già ora. Non per nulla Gesù ci fa chiedere: «Sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra». Ciò che sarà in cielo (pienezza di armonia e
di amore) possiamo pregustarlo già ora.
Di Maria è detto (cfr. Lc 1, 45): «Beata colei che ha creduto nel
compimento delle parole del Signore». Le parole di Dio si compiono, si
realizzano e tutti noi ne siamo protagonisti se le facciamo nostre. Il gesto
o il grido di speranza più bello è proprio quello di Maria: «Ha rovesciato
i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha rimandato a mani vuote i
ricchi». La speranza è, potremmo dire, “vedere” Dio all’opera.
Quindi «nella speranza che venga il tuo regno» signiÀca: «Il tuo regno si
sta realizzando e io ne attendo, esercitando tutta la mia responsabilità, il
compimento».
[email protected]
Domenico Salmaso
rato a lungo nelle pubbliche amministrazioni con
incarichi a tempo determinato, ma da qualche anno
è disoccupata. «Ho conosciuto il cake design alcuni
anni fa – spiega – durante
un soggiorno di lavoro a
New York. I dolci in America mi hanno molto affascinato: nei supermercati
c’erano torte confezionate,
decorate con il metodo del
cake design per ogni occasione. Dopo diversi anni,
Ànalmente anche in Italia
è arrivata questa moda».
Marisa ha deciso di
capirne di più e ha frequentato alcuni corsi di
formazione, rimanendo affascinata da questa pratica
al punto da pensare di dare
una svolta alla sua carriera
lavorativa. «Il mio proÀlo
professionale – commenta – non ha nulla a che fare
con l’arte, con l’inventiva,
con questo mondo, ma la
passione che si è sviluppata in me in questi mesi
è davvero straordinaria.
Anche io sono molto sorpresa: ho scoperto potenzialità che non pensavo di
avere. Il cake design mi dà
la possibilità di esprimere
la mia creatività, mi rilassa molto e coinvolge la
mia famiglia: pensiamo al
tema, realizziamo insieme
il progetto della torta e
poi passiamo alla preparazione, con il contributo di
ciascuno. In attesa di trasformare deÀnitivamente
questa passione in lavoro,
mi diletto con la produzione di torte personalizzate per gli amici che ne
fanno richiesta».
Famiglia e società
VITA DI SPOSI
di Maria e Raimondo Scotto
Separati in casa
«Siamo sposati da più
di 15 anni. Dieci anni fa
lei mi ha tradito con un
mio amico. Io l’ho perdonata ma, nonostante
questo, tutto è compromesso: il dialogo, l’entusiasmo dei primi anni, il
desiderio; ormai stiamo
insieme solo per dovere
(la famiglia) e per i nostri
due Àgli. È da tanto tempo che non festeggiamo
più il nostro anniversario
perché a lei dà fastidio. È
come se mi fossi addormentato il giorno del nostro matrimonio ed oggi,
al risveglio, mi ritrovassi
accanto una donna diver-
sa da quella che avevo
sposato».
E.C.
Prima di tutto grazie
per questa condivisione
così sofferta. Spesso il tradimento è solo l’apice di
una serie di difÀcoltà che
pian piano indeboliscono
il rapporto di coppia. Ci
siamo chiesti come mai,
quando ti sei reso conto
che qualcosa non andava tra voi, non hai chiesto
aiuto a qualche coppia
matura per individuare la
causa del vostro disagio e
per reimpostare il vostro
dialogo. Forse lo hai fat-
LO PSICOLOGO
di Ezio Aceti
Vecchiaia grigia e verde
«Sono un nonno di 74 anni. Mi sento ancora in forma e faccio volontariato negli ospedali…»
Nonno Giuseppe
Guido Petter, psicologo autore di molti volumi, morto due anni fa, distingue due tipi di vecchiaia: la vecchiaia grigia e la vecchiaia verde. La vecchiaia grigia è
caratterizzata da solitudine, perdita di interesse, disimpegno sociale e continue lamentazioni che risultano
essere di peso per tutti. La vecchiaia grigia disperde le
proprie energie con pensieri depressivi e con punte di
egocentrismo, che alla lunga risultano vuote e spente.
La vecchiaia verde si riferisce ad una persona che si
mantiene attiva e curiosa, coltiva interessi e resta impegnata e aperta alle novità. La vecchiaia verde, quindi, è quella che permette ai nonni di vivere per i nipoti,
26
Città Nuova - n. 7 - 2013
to (ma senza successo) o
forse tua moglie non ha
accettato il confronto o
forse, anche, ti sembrava
che con il tempo tutto si
sarebbe risolto. Invece non
è stato così e ci dispiace
davvero!
Tuttavia ci sembra che si
possa ancora fare qualcosa.
Non devi rassegnarti a vivere sotto lo stesso tetto co-
di essere aperti ai bisogni degli ammalati e delle persone bisognose, mettendo al centro della vita il benessere di sé e degli altri. Anche il coltivare il proprio benessere Àsico mediante uno sport adatto e di una sana
vita alimentare può essere un buon modo per affrontare il rapporto con tutti. In questo modo, il nonno ha
la possibilità di mettere a disposizione la propria esperienza sia per i nipoti che per gli altri, trasmettendo
quei valori che sembrano smarriti. Naturalmente tutto
questo può essere realizzato Àno a quando il corpo lo
permette. Ma, anche quando il Àsico si indebolisce, la
vecchiaia verde può essere sempre vissuta mediante la
preghiera e il donare sé stessi per le persone care , o
per chi è nel bisogno. E non pensare che tutto ciò sia
inutile, perché il “verde” richiama alla vita, che necessita sempre di essere vissuta Àno in fondo , mediante
il dono di sé. Come il seme che muore porta frutti e
genera nuove piante, così il nonno che si consuma in
modo aperto e donato, diventa la linfa vitale per le generazioni future. Infatti il bene donato e vissuto Àno in
fondo è quello che ci resta dei nostri vecchi, a testimonianza di una vita che continua nell’amore che non ha
tempo, corpo e spazio.
[email protected]
VITA IN FAMIGLIA
di Giovanna Pieroni
me separati. È una situazione che fa male ad entrambi
ed anche ai vostri Àgli. Non
dimentichiamo che, prima di qualsiasi cosa, i Àgli
hanno bisogno dell’armonia tra i loro genitori; tutto
il resto viene solo dopo.
Perciò al momento opportuno (ma senza temporeggiare troppo), cerca di
affrontare il discorso con
tua moglie con tanta dolcezza, ma anche con decisione, ascoltandola e cercando di capire le ragioni
del suo disagio, senza porti
in una posizione di difesa.
In ogni crisi di coppia generalmente le responsabilità non sono mai da addebitare ad una sola persona,
per cui anche tu avrai qualcosa di cui chiederle scusa.
Questo, però, non è
sufÀciente per ritrovare
il rapporto tra voi. Dopo
tanto tempo in cui avete
vissuto come due estranei,
bisognerà Ànalmente condividere con qualche coppia matura o con qualche
persona esperta la vostra
situazione. In tante città
ci sono centri di aiuto alla famiglia molto validi,
che talvolta riescono a ribaltare anche le situazioni
più complesse. A Loppiano (Incisa Valdarno), per
esempio, presso la cittadella del Movimento dei
Focolari, dal 22 al 29 giugno prossimi si terrà un
piccolo corso per coppie
che vivono un momento di
crisi. Se ti interessa, potremo fornirti informazioni
più dettagliate. Intanto ti
salutiamo con affetto.
[email protected]
Maternità e lavoro
«Sono una mamma di una bambina di due anni e lavoro a part-time.
Venerdì scorso il titolare dell’azienda mi ha detto di rientrare a tempo
pieno, altrimenti non c’è possibilità di rimanere in azienda. Io ho bisogno
di lavorare, ma, non avendo i nonni vicini, devo lasciare mia Àglia Àno alle
18.30 in asilo nido. Si sentirà abbandonata? Ho bisogno di tranquillizzarmi».
D.L.
Forza e coraggio, carissima mamma, penso che parlarne a fondo con tuo marito,
portando avanti una decisione condivisa, possa aiutarti a trovare serenità:
conquista importante anche per tua Àglia, che percepisce a livello emotivo i
tuoi stati d’animo e il tuo vissuto. La tua capacità di trasmetterle sicurezza è
fondamentale per farle vivere un’esperienza positiva, anche se poi i bambini
sono diversi e alcuni si adattano meglio di altri a contesti che non sono quelli
familiari. In ogni caso, sarà bene costruire un buon rapporto da parte vostra
con gli educatori. Il nido, quando è una struttura accogliente e ben gestita, offre
un’opportunità educativa, in quanto i bambini sono stimolati alla creatività, alla
socialità e all’autonomia. Comunque, la cosa più importante per tua Àglia è che
abbia occasione di crescere nel rapporto con voi. Infatti, la famiglia è il luogo
primario nel quale il bambino si forma e sviluppa la sua personalità sotto tutti
gli aspetti, alla luce dei valori in cui credete. Quello che puoi fare è sfruttare al
massimo i momenti di tempo con lei, in modo da farle avvertire la tua presenza
e il tuo amore, senza farti risucchiare dalle incombenze quotidiane, cercando
per esempio di alleggerirti con una collaborazione domestica.
Figli e lavoro sono due paradigmi difÀcili da conciliare per noi mamme
di oggi. La corresponsabilità tra i genitori nella gestione della casa e
l’educazione dei Àgli, non solo esprime in concreto l’amore tra di loro, ma
aiuta anche a trovare la strada e l’equilibrio per farlo, mai scontati e risolti
una volta per tutte.
spazio [email protected]
Città Nuova - n. 7 - 2013
27
Cina
Luci
sulla città
28
Città Nuova - n. 7 - 2013
Fu Zengkai/AP
V
isione straordinaria del distretto
degli affari della città di Pechino.
Nel 2012 la Repubblica popolare
cinese ha superato la potenza
commerciale degli Stati Uniti
(3.870 miliardi di dollari contro 3.820).
Bisognerebbe girare il mondo come
Marco Polo, alla scoperta delle città
lontane dell’Asia per capire dove
stiamo andando. Eccoci al punto
previsto, venti anni addietro, dagli
studiosi ambientalisti: «La Terra non
basterà a fornire le risorse necessarie
se i cinesi e gli indiani cominceranno
a consumare come noi». L’istituto di
meteorologia statunitense ha messo
a confronto le immagini satellitari
della Cina del 1992 con quelle del
2010, rilevando il passaggio dal buio
alla luminosità intensa delle città in
espansione verso le periferie. Nel 2050
il pianeta ospiterà oltre 9 miliardi di
esseri umani concentrati, per il 70 per
cento, nelle città.
Su questi numeri elaborano strategie i
“pensatoi” delle diverse élite, mentre
negli ultimi venti anni è cresciuto del 60
per cento il reddito delle persone più
ricche, corrispondente a meno dell’1 per
cento della popolazione. Evidentemente,
per non essere catastrofisti, occorrerà
cambiare direzione senza aspettare le
direttive dall’alto.
Carlo Cefaloni
IL SORPASSO È AVVENUTO: PECHINO
HA ORMAI UNA POTENZA COMMERCIALE
DI 3870 MILIARDI DI DOLLARI.
WASHINGTON SOLO 3820
Attualità
PERSONAGGI
di Adriana Masotti
NEL SUO ULTIMO LIBRO
L’AUTRICE TRIESTINA
ESPLORA LA SUA
INFANZIA, IL SUO
MONDO, LA SUA STORIA
FINO ALL’ESORDIO
COME SCRITTRICE
A
IL SEGRETO
DI SUSANNA
TAMARO
30
Città Nuova - n. 7 - 2013
Trieste, in certi giorni, la bora
sofÀa con tale forza da spazzare via ogni cosa e rendere
qualsiasi equilibrio precario,
anche quello tra le persone.
SofÀava la bora la notte in cui è nata
la bambina di cui si racconta in Ogni
angelo è tremendo. La bambina è
Susanna Tamaro, la scrittrice di Va’
dove ti porta il cuore, che nell’ultimo libro pubblicato di recente da
Bompiani consegna ai lettori le sue
pagine più intime e coraggiose. Ma
perché scrivere un’autobiograÀa? Per
esigenza interiore o pressione esterna? Incontrandola a Roma, è questa
la mia prima curiosità.
«È stato un insieme di coincidenze. Mi era stato chiesto di scrivere
un saggio sulla letteratura a Trieste:
io ho provato, ma dopo un po’ mi è
venuto naturale scrivere secondo il
mio punto di vista personale e quindi in prima persona. D’altra parte,
da tempo, riÁettevo su che cos’è la
letteratura, e per farlo non ho potuto che analizzare la mia vita. Il libro
Ànisce, infatti, nel momento in cui io
scrivo il mio primo libro e dunque
capisco che sono una scrittrice».
A proposito dell’arte della scrittura. Lei insiste nel dire che l’esse-
Nel libro lei racconta di una
bambina che cresce in una famiglia ostile.
«Penso che l’infanzia segni molto, ma non sia proprio il segno deÀnitivo di una vita. Aver avuto una
famiglia tremenda non determina
essere una persona tremenda. Ho
fatto le mie scelte ed ho seguito una
strada opposta. Sicuramente il fatto
di essere un’artista, quindi di potermi esprimere, è stato un grande aiuto per poter metabolizzare il dolore,
condividendolo con i lettori».
La fede rappresenta per molti
una risorsa di fronte alla sofferenza: in questo libro è quasi assente.
«Nel libro, però, ci sono due passaggi: uno quando faccio la prima comunione contro il volere della mia famiglia; il secondo nelle pagine Ànali,
quando una cara amica di mia nonna
mi dice: “Benedico la vita perché tutto è santo, tutto è benedetto”. Dunque
c’è tra le righe la traccia di un cammino spirituale che continuo a fare,
ma che non ho voluto mettere molto
in evidenza in questo libro».
Elementi centrali nella sua vita
sono sempre stati la natura, i Àori,
gli animali, il vento…
«Credo che la natura sia stata l’ancora di salvezza della mia infanzia
disperata. Vedevo in essa una grande armonia e mi dicevo: “Allora c’è
qualcosa di armonioso, c’è qualcosa di grande nella vita, che supera
tutto!”. E trovavo una grande pace.
Credo che una delle grandi lontanan-
Andrea Raso/LaPresse
re scrittore non s’improvvisa, che è
una cosa seria.
«La letteratura richiede un enorme lavoro, un lavoro certosino, di
scavo, di studio. È un lavoro veramente sÀancante, se lo si fa con totalità, come lo faccio io, come una
vocazione, bisogna dedicare tutta la
propria vita alla scrittura».
La copertina del nuovo libro della
Tamaro (accanto, mentre ne firma
una copia): quasi un riepilogo delle
precedenti opere, tutte incentrate
sul «dolore del non amore».
ze dell’uomo contemporaneo dal discorso di Dio e dalla fede, sia la lontananza dal mondo naturale, che ci
parla in maniera inequivocabile della
presenza di un Creatore. Così come
credo che uno dei disastri di questo
tempo sia aver dimenticato la bellezza all’uomo, perché ci rimanda al
Creatore di tale bellezza, e che quindi
non si voglia affrontare l’argomento».
Questo libro è una sorta di rivisitazione di tutta la sua produzione
precedente. Dopo averlo letto, infatti, vien voglia di rileggere i precedenti…
«Tutti i miei libri hanno al centro
una domanda sul dolore del non amore. In quest’ultimo è come se svelassi
cosa c’era dietro le quinte. È come
dire: per venti libri vi ho raccontato
questo mondo, adesso vi racconto dove tutto ha avuto origine. Solo ora si
può comprendere cosa ogni libro abbia signiÀcato per me. Esiste un sottile Àlo rosso della fede, della ricerca
di una risposta sul male e sull’amore
che lega tutte le mie opere, che possono considerarsi un unico libro. La
mia ultima fatica chiude il cerchio
con le parole Ànali: “tutto è grazia”!».
A cosa si deve il titolo scelto,
“Ogni angelo è tremendo”?
«È un verso tratto dalle Elegie duinesi dello scrittore Rainer Maria Rilke, che io ho sempre amato. Noi siamo abituati ad una versione new age,
edulcorata, dell’angelo, ma l’angelo
si affaccia anche sull’abisso e ci sono anche gli angeli caduti. Insomma
l’angelo può vedere il male e scegliere di non cadere, ma il fatto che esista
sempre questa polarità nella vita mi è
sembrato importante da sottolineare:
ci ricorda la responsabilità che tutti
noi abbiamo nel lottare con la parte
tremenda fuori e dentro di noi».
Città Nuova - n. 7 - 2013
31
I LIBRETTI
STORIE
ESSERE APPROFONDIMENTI
ATTUALITÀ
FAMIGLIA
Una collana originale nel panorama editoriale italiano
il viaggio della
mente bambina
allegato al n. 6
allegato al
prossimo numero
nonni oggi
di Ezio Aceti
I nonni, radice ricca
di linfa e
di esperienza
alla quale poter
attingere.
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allegato al n. 10
UN
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FRIZZANTE...
F
3
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2
le spie rosse dell’amore (Rino Ventriglia)
casa dolce casa (Elena Granata)
suore (Alessandra Smerilli)
legalità (Gianni Bianco)
non c’è più (Emanuela Megli)
adozioni (Giovanna Pieroni)
le stagioni della donna (Sara Fornaro)
INIZIATIVE
di Marina Casini
Attualità
Se la petizione avrà successo,
il progetto sarà presentato
alla Commissione europea
E SE FOSSE
“UNO DI NOI”?
UN MILIONE DI FIRME PER CHIEDERE ALL’UE DI
TUTELARE LA VITA NASCENTE. FIRMA ANCHE TU
L
a Cassazione qualche mese fa
ha condannato un ginecologo
per la nascita di una bambina
down, avendo la madre dichiarato “condizione imprescindibile” per la nascita che la piccola
fosse sana. Il presupposto del preteso
diritto di eliminare i Àgli malformati
è che prima della nascita non esista
un essere umano a pieno titolo. Invece, anche se è piccolo, piccolissimo, è
pur sempre un bambino.
Sappiamo che sulle questioni “eticamente sensibili” si tocca il cuore
della cosiddetta “nuova questione
antropologica” e ricordiamo le manipolazioni linguistiche che accompagnano i tentativi di estromettere
il concepito dall’attenzione civile e
politica, di stravolgere i diritti umani, facendoli diventare addirittura
uno strumento di oppressione nei
confronti dei più deboli, come sono
il concepito, l’anziano, il sofferente,
il morente.
Ma sappiamo anche che il cuore
della moderna idea dei diritti umani è
il riconoscimento dell’uguale dignità
di ogni essere umano come fondamento di libertà, giustizia e pace.
In questa prospettiva merita il
massimo sostegno l’iniziativa europea denominata “Uno di noi” per
estendere “la protezione giuridica
della dignità, del diritto alla vita e
dell’integrità di ogni essere umano
Àn dal concepimento in tutte le aree
di competenza dell’Ue”. Essa richiama il valore della vita umana come
energia capace di superare la crisi,
rigenerare le antiche e sempre nuove
radici della cultura europea in nome
del valore universale di ogni essere
umano dal concepimento.
Per essere valido, occorre che il
testo della proposta sia sottoscritto
da almeno un milione di cittadini
di almeno sette Paesi dell’Unione
entro un anno dalla presentazione.
L’iniziativa cittadina implica l’obbligo per la Commissione europea
di prendere in considerazione la richiesta e dare una risposta preceduta
da un’audizione degli organizzatori
(per sottoscrivere vai sul sito www.
unodinoi.mpv.org).
Perché sottoscrivere “Uno di
noi”? Perché la diagnosi prenatale
non deve essere un setaccio Ànalizzato all’esercizio del “diritto all’aborto”; perché la vita umana vale in
sé, non a certe condizioni; perché è
inaccettabile che chi avrebbe bisogno di cura sia ritenuto un fardello
da riÀutare (prima della nascita) o
risarcire (dopo la nascita); perché il
diverso non è una “minaccia” da cui
difendersi; perché i Àgli sono un dono è non un diritto; perché una vera
tutela della maternità implica tutti gli
interventi volti a favorire la nascita
del bambino e non la sua eliminazione; perché i diritti umani crollano se
l’essere umano appena concepito non
è considerato un soggetto titolare
almeno del basilare diritto a vivere;
perché un’autentica “cultura dell’infanzia” non può che essere inclusiva
di tutti, ma proprio tutti i bambini:
grandi, piccoli e piccolissimi come
sono quelli in viaggio verso la nascita. Non li dimentichiamo.
Città Nuova - n. 7 - 2013
33
Attualità
LE INIZIATIVE DEI
GIOVANI DEI FOCOLARI
SOTTO OSSERVAZIONE,
IN VISTA DI UNA
BANCA DATI MONDIALE
S
chedare le azioni con il timbro della fraternità universale non è compito semplice. Ci
sono tante iniziative solidali,
beneÀche che meritano segnalazione e menzione, ma riconoscere
tra queste quelle fraterne o individuarle a livello mondiale per la novità, il coinvolgimento, la reciprocità apre piste nuove e poco battute.
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Città Nuova - n. 7 - 2013
UNITED WORLD PROJECT
di Maddalena Maltese
COME
TI MISURO
LA FRATERNITÀ
Eppure è questo il lavoro che da sei
mesi i Giovani per un mondo unito
del Movimento dei Focolari stanno
compiendo a livello internazionale,
offrendo buone pratiche di cittadinanza all’Unesco, l’agenzia delle
Nazioni Unite per l’Educazione, la
Scienza e la Cultura. Lo scopo dello
United world project (Uwp), il laboratorio aperto durante il Genfest di
Budapest in settembre, era proprio
quello di far emergere i “frammenti
di fraternità” e le schede di segnalazione serviranno a codiÀcare azioni
di singoli e di gruppi che facciano
emergere questo principio: in maggio, il dossier, che dovrebbe contenere cento di questi frammenti di
fraternità, sarà presentato in un collegamento con novanta nazioni.
Al centro: Katalin
Bogyay, presidente
della Conferenza
generale dell’Unesco,
con alcuni
rappresentanti
dei Giovani per un
mondo unito e dei
Focolari. A fronte: si
raccolgono schede
di segnalazione di
“frammenti
di fraternità”.
Tra le prime segnalazioni c’è quella
di dieci giovani di Bangalore, in India.
Hanno simbolicamente adottato 34
villaggi dei dintorni della città e ogni
tre mesi organizzano giornate di workshop musicali e teatrali con i giovani
locali, ordinariamente discriminati da
chi vive nella metropoli. Questo ponte gettato tra città e campagna è stato
valutato per durata, persone coinvolte,
beneÀciari, risultati raggiunti, buone
pratiche testimoniate.
Su un altro versante punta il frammento vissuto a Recife: qui, ad esempio, un giovane ha assistito un uomo
epilettico, abbandonato sulla strada.
Ne è nata una relazione di amicizia
che ha beneÀcato il promotore e il beneÀciario. Non azioni eclatanti dunque, ma quotidianità e progetti realizzabili. Tuttavia anche trattati di pace
come quello Àrmato a Mindanao nelle Filippine o gli episodi di perdono
durante la guerra in Siria potrebbero
rientrare nell’esperimento di “misurazione” della fraternità.
Le Àrme di adesione allo Uwp,
ad oggi sono circa 27 mila, poche se
pensiamo a una petizione internazionale, parecchie se dietro la vergatura
di quel nome e cognome c’è l’impegno ad essere cittadini fraterni, persone che nella quotidianità hanno scelto
di attivarsi per azioni Ànalizzate al
bene comune secondo i criteri stabiliti
dal progetto. L’obiettivo è arrivare a
50 mila sottoscrizioni per maggio. La
petizione è online sul sito www.unitedworldproject.org. Invitiamo i nostri lettori ad aderirvi e a far aderire
molti altri: vicini, amici, personalità,
personaggi dello sport e dello spettacolo, rappresentanti delle istituzioni
politiche e culturali. Moltiplicare le
adesioni è accrescere un capitale sociale che, già presente senza troppo
clamore nelle nostre comunità, può
acquisire visibilità e incoraggiare la
partecipazione di singoli e di gruppi.
Gerusalemme intanto si prepara ad accogliere la tappa fondante
di questo centro di documentazione. Dal 24 aprile al 2 maggio una
rappresentanza di giovani di tutti i
continenti si ritroverà nell’Università ebraica di Betlemme per meeting
con esperti di politica internazionale, dialogo interreligioso, progetti di
pace. Non mancheranno anche workshop musicali con i complessi Gen
Rosso e Gen Verde. Uno dei cantieri
inserito nel progetto è Sharing with
Africa e prenderà il via sempre in
maggio con una “scuola di inculturazione” sul valore della persona
nelle tradizioni africane.
Informazioni più dettagliate sul progetto
e sull’iniziativa in Terra Santa sono disponibili su www.unitedworldproject.org
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INCONTRI
a cura di Maria Pia Di Giacomo
I creduti
sposi
«Ci avevano presi per una coppia
in luna di miele...». Un viaggio
in treno che ha deciso due vite
L
a mia professione di capostazione delle ferrovie
svizzere mi ha condotto per tre anni in Ticino
e precisamente nel Mendrisiotto. Oltre alla
lingua mi affascinava lo stile di vita naturale,
gioioso, avvertito Àn dal primo momento nelle
persone a sud del Gottardo. In sintesi, mi piaceva
la loro gioia di vivere. Da svizzero tedesco avevo la
tendenza ad affrontare le cose in modo posato, preciso.
I ticinesi non lavorano in modo meno accurato, però
si ha l’impressione che facciano tutto con leggerezza.
L’atmosfera nella Svizzera italiana mi attirava
positivamente. Amavo molto il loro modo di vivere
secondo il motto «lavorare per vivere».
Ogni tanto in quel tempo passavo i Àne settimana
dai miei genitori a Brunao. Dopo una di quelle
permanenze a casa, il 19 agosto 1958 sono salito sul
treno 124, direzione Lugano, sulla prima carrozza che
si era fermata davanti a me, e ho aperto la porta dello
scompartimento. Solo in quel momento ho notato
che dietro a me c’era una giovane donna. Ci siamo
ritrovati in mezzo ad un’allegra comitiva. L’interesse
di quella colorita schiera riguardava inspiegabilmente
me e la giovane dietro di me. Non sono mai riuscito
ad identiÀcare se quelle persone fossero dei visionari,
indovini o persone con la tendenza ad identiÀcare gli
sconosciuti. Fatto sta che la comitiva, senza por tempo
in mezzo, ci ha subito bollati come coppia in viaggio
di nozze! Ne è esploso un incredibile grido d’allegria.
Siamo stati sommersi da auguri, abbiamo ricevuto ogni
sorta di consigli per la vita insieme e non sono mancate
le benedizioni per la futura prole.
Passata l’onda di tutti gli auguri, noi due, sposi più
novelli che mai, ci siamo guardati per la prima volta.
Non c’eravamo mai visti prima! Ambedue, a causa dello
36
Città Nuova - n. 7 - 2013
stato civile impostoci, con le gote rosse. Avevamo perso
la parola. Eravamo stati lanciati da un secondo all’altro
in un ruolo dal quale era impossibile difendersi; non
c’era spazio per intervenire.
Nessun viaggiatore nello scompartimento manifestava
interesse per il bellissimo paesaggio che attraversavamo.
Né i tunnel che, roteando prima del Gottardo, portano
il treno sempre più in alto sul dorso della montagna, né
la famosa chiesetta di Wassen, che si vede per tre volte
prima a destra poi a sinistra e di nuovo a destra del
treno, né l’affascinante panorama delle Alpi distraevano
Illustrazione di Valerio Spinelli
«Come due cagnolini bagnati eravamo seduti
nello scompartimento ormai vuoto, con i volti rossi».
la comitiva dall’interesse della nostra avventura.
A Göschenen, l’allegra comitiva è scesa dal treno,
non senza darci, certo, nuove istruzioni per la nostra
vita a due, unite a raccomandazioni per la futura prole.
Come due cagnolini bagnati eravamo seduti nello
scompartimento ormai vuoto, con i volti rossi. Ma ben
presto siamo scoppiati a ridere di cuore sul divertente
scherzo. Abbiamo cercato di mantenere viva la
conversazione, facendoci domande su chi eravamo,
cosa facevamo e dove andavamo. La signorina mi ha
offerto una banana e ben presto abbiamo raggiunto
Lugano. Trudi Achermann (così si chiamava la mia
giovane compagna di viaggio) ritornava da sua madre ad
Albonago. Vi avrebbe trascorso le vacanze Àno al
sabato per poi ritornare ad Ennetbürgen, passando da
St. Moritz.
L’originale incontro continuava ad occupare i miei
pensieri. Il sabato successivo sono andato alla stazione
postale di Lugano per indagare, come un investigatore,
gli autopostali che da Lugano partivano per il
Maloja–St. Moritz. Cercavo la signorina Achermann
per augurarle un buon viaggio. Verso mezzogiorno
ho dovuto costatare di aver mancato la possibilità di
incontrarla, malgrado un’attesa paziente di quattro ore.
Deluso, sono tornato al lavoro.
Per me rinunciare a rivederla era fuori discussione.
Ennetbürgen non poteva essere così grande da non
ritrovare quella simpatica ragazza. Mi son messo allora
a sfogliare l’annuario telefonico e immediatamente mi
sono ricreduto sulla grandezza del paese al lago dei
Quattro cantoni. Ero alle prese con due intere pagine
di cognomi Achermann! Ho cercato caparbiamente di
ricordarmi ogni particolare del nostro dialogo in treno.
La signorina seduta dirimpetto a me non aveva fatto
qualche allusione alla parola assistenza sanitaria? Allora
via! di nuovo a controllare gli inÀniti cognomi uguali.
Fino a trovare quello che poteva essere il giusto. Ero
contento! Durante la settimana successiva ho raccolto
tutto il mio coraggio e ho telefonato al numero trovato.
Ho avuto fortuna e ci siamo addirittura messi d’accordo
per fare una gita in montagna.
Da quel singolare, ma carico di conseguenze, viaggio in
Ticino, sono trascorsi più di 54 anni. Trudi ed io siamo
felicemente sposati da 51 anni. Ci sono stati donati
tre Àgli, che hanno ormai le proprie famiglie, i cui sei
nipotini ci danno grande gioia.
Ma un altro incontro ci attendeva circa vent’anni più
tardi, in modo delicato ma coinvolgente per entrambi:
l’incontro con Dio Amore. Un incontro che ci ha segnati
profondamente, cambiando il modo di rapportarci fra
noi e con i nostri ragazzi in piena adolescenza.
Il nostro comune viaggio della vita a due si è arricchito
di un nuovo Viandante che ha valorizzato il nostro
matrimonio e portato una nuova sconosciuta pienezza di
vita fra noi: Gesù, della cui presenza non possiamo più
fare a meno.
Franz Wyrsch - Svizzera
Città Nuova - n. 7 - 2013
37
Dal vivo
UN VOLTO, UNA STORIA
a cura di Oreste Paliotti
T
ininha, una brasiliana purosangue. In quasi
quarant’anni di lavoro nella segreteria di Chiara
Lubich, ha trascritto, prima con la macchina da
scrivere, poi col computer, «le espressioni di un
carisma che ha molto da dire all’umanità di oggi».
Oggi fa parte dello staff che cura l’archivio del Centro
dedicato alla fondatrice dei Focolari a Rocca di Papa,
dove mi accoglie con la vivacità, il calore e l’entusiasmo
tipici della sua gente: gli stessi – ci giurerei – di
quando nel lontano 1958, a Recife dove viveva, rimase
affascinata dal racconto di «tre persone meravigliose
venute dall’Italia: mettevano in pratica il Vangelo e
me lo facevano vedere possibile per la mia vita di ogni
giorno». Erano Marco Tecilla, Lia Brunet e Fiore Ungaro,
i primi focolarini a metter piede sul suolo brasiliano.
Nel novembre del 1959 giunsero invece in otto, per
aprire a Recife il primo centro del Movimento. «Avevo
allora diciannove anni e frequentavo Legge – racconta
Tininha – . Dopo alcuni mesi eravamo quattordici giovani
brasiliani a partire per l’Italia. Dovevo rimanere solo un
mese, prendendo parte a Grottaferrata ai corsi estivi tenuti
da Chiara, e invece…».
Da allora, sei sempre rimasta in Italia.
«Era in corso il Vaticano II e dopo un po’ che ero
arrivata mi sono trovata immersa in questa Chiesa che
avevo sempre sognato nuova e che scoprivo in via di
rinnovamento anche per l’inÁusso – nel silenzio – del
carisma dell’unità, che vent’anni prima del Concilio aveva
contribuito a preparare il terreno per accoglierne le istanze.
«Sono rimasta a Roma, dove dopo un breve periodo
a Città Nuova ho trovato lavoro presso la “Pro Deo”
(ora “LUISS”). Grazie ad una borsa di studio di
questa Università internazionale per gli studi sociali,
ho frequentato la scuola interpreti con una tesi sui
Focolari e la Chiesa d’Inghilterra: tema scelto per la
dimestichezza che avevo con i contatti ecumenici del
Movimento in quell’epoca».
Quando hai iniziato il tuo lavoro nella segreteria di
Chiara e in cosa consisteva?
«Nel 1969 lei ha scelto per ogni lingua una persona
che traducesse i suoi discorsi ai congressi internazionali
presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa: io per il
portoghese. Agli inizi degli anni Settanta lei mi ha dato
da copiare un suo scritto (qualcuno le aveva consigliato di
scrivere i suoi discorsi perché, leggendo, avrebbe parlato
con più calma e questo avrebbe giovato anche alla sua
salute). Ho saputo poi che è rimasta molto meravigliata
che io, pur non essendo italiana, avessi interpretato la sua
calligraÀa senza fare errori. In effetti c’era stata quasi una
38
Città Nuova - n. 7 - 2013
2700 volte
Tininha
Per quarant’anni stretta
collaboratrice di Chiara Lubich
nella sua segreteria. «Spesse volte
ero la prima in assoluto a leggere
ciò che le dettava il carisma»
Tininha Cavalcanti al suo tavolo di lavoro
e (sotto) con Chiara Lubich. Sopra: un testo
di Chiara con correzioni di sua mano.
preparazione: Àn da piccola avevo un debole per la lingua
italiana e prima di lavorare nel Movimento avevo fatto
un’esperienza in vari ufÀci a Roma, Napoli e Firenze.
«Il lavoro di Chiara era incalzante: commenti
alla Parola di vita, pensieri e temi spirituali che poi
diventavano libri; diari, risposte a domande, discorsi in
occasione di cittadinanze onorarie, di lauree honoris
causa o di qualche premio, lavori per la Scuola Abbà
(il centro di studi interdisciplinare dei Focolari) e per
gli Statuti del Movimento. E ancora: la corrispondenza
personale e le trascrizioni delle sue registrazioni.
L’ultimo tema su cui ho lavorato è stato anche l’ultimo
discorso pubblico di Chiara: il 12 settembre 2004 a
Roma alla II Giornata dell’interdipendenza.
«Il rapporto con lei era molto frequente attraverso i
bigliettini che lei allegava per spiegarmi il lavoro, dove
accanto al mio nome talvolta aggiungeva una risposta
ad una mia lettera, mi assicurava il suo ricordo nella
Città Nuova - n. 7 - 2013
39
Dal v ivo
2700 VOLTE TININHA
un’opera di Dio: non ho mai sentito di fare qualcosa da
meno. Nel momento in cui Chiara mi passava un testo
da copiare, intuivo che stava nascendo qualcosa di nuovo
che sarebbe servito anche al di fuori del Movimento. Era
come se lei avesse una chiave per entrare nel Vangelo, i
cui effetti rendeva possibili in ogni ambito della Chiesa
e della società. Ogni argomento che affrontava aveva un
respiro universale. Ero la prima in assoluto a leggere ciò
che le dettava il carisma, e mi chiedevo perché proprio a
me fosse toccato questo privilegio».
I bigliettini multicolori di Chiara
con le sue indicazioni di lavoro a Tininha.
preghiera per la mia famiglia o altro… In tutti questi
anni ne ho raccolti 2700».
Come lavorava Chiara?
«La sua attività era intensissima, non conosceva
soste. Ed era molto esigente: per lei celerità e perfezione
dovevano andare di pari passo. Ragion per cui l’impegno
maggiore per me era di conciliare “fretta” e “lavoro
perfetto”, e non so quanto ci sia riuscita. Sono arrivata a
dirle che il suo “capufÀcio” era lo Spirito Santo, che non
se ne intendeva di week end ma sofÀava a tutte le ore di
qualsiasi giorno. Era una battuta, ma mi sembra che le
sia piaciuta perché sapeva che era la verità. Arrivata l’era
del cellulare, lo tenevo sempre acceso per esser pronta a
rispondere ad ogni sua richiesta».
C’è mai stato qualche momento in cui t’è sembrato di
non farcela a star dietro al ritmo di lavoro di Chiara?
«Ti meraviglierà, ma non ho mai sentito il peso di
questo lavoro, anche perché ho sempre goduto di una
salute ottima e ho fatto tesoro dei suggerimenti di Eli
Folonari, che di Chiara era la prima collaboratrice.
“Tininha – mi diceva –, Chiara deve sempre poter
contare su di te, il che vuol dire che quando lei ti chiede
troppo per la consegna di un lavoro urgente, tu subito
dopo devi sparire e recuperare le forze, Ànché lei non
ti richiami”. Quindi io non mi sono accorta del peso;
ricordo invece solo molta, molta gioia, dovuta alla
consapevolezza di partecipare a qualcosa di grande, a
40
Città Nuova - n. 7 - 2013
Tu l’hai seguita anche in tanti viaggi…
«Sì, altra esperienza indimenticabile. Era guardare
con gli occhi di Chiara come il suo ideale aveva
attecchito in un dato popolo, per cui la fede nel
“tutti siano uno” cresceva a dismisura. Un altro
momento importante è stato nel 1991, in occasione
di un suo viaggio in Brasile che ha segnato la nascita
dell’Economia di Comunione. Lì ho visto avverarsi il
più grande sogno mio e di altri brasiliani, dolorosamente
colpiti dalle situazioni d’ingiustizia del nostro Paese.
Ricordavo i nostri discorsi con Vera, Heleno e altri
“pasionari” del nostro gruppo: quando le speranze
di vedere risolti i problemi sociali si erano un po’
afÀevolite, avevamo deciso di costituire la “banda del
chicco di grano”, pronti a dare la vita perché un giorno
ciò avvenisse proprio attraverso quell’ideale evangelico
che ci aveva affascinati. Ora, grazie al progetto lanciato
da Chiara, il futuro ci appariva pieno di speranza».
Per lei era molto importante il patrimonio di scritti,
documenti, registrazioni e video che lasciava ai suoi…
«Sì, l’aveva molto a cuore. Il 22 ottobre del 1983,
ad esempio, ha raccomandato ai responsabili del
Movimento europei e dei continenti: “Mantenete tutto,
proteggete tutto: scritti, bobine, lettere; è un patrimonio
incalcolabile. Domani noi moriremo, verranno i nostri
successori, indagheranno, studieranno, andranno in
fondo a quelle carte. Tutto è attuale».
Nell’ultimo periodo della malattia di Chiara hai avuto
occasione di vederla?
«Una volta sono andata a farle un saluto insieme ad
altre persone della sua segreteria. Lì, oltre a ringraziarla
per il meraviglioso periodo in cui mi era toccato di
lavorare accanto a lei, le ho promesso che avrei dato
tutte le mie energie per il suo archivio. Ora ho modo di
realizzarlo nel Centro Chiara Lubich, che mi permette di
dare un contributo afÀnché l’incommensurabile tesoro
da lei lasciato diventi patrimonio dell’umanità».
a cura di Oreste Paliotti
VERSO L’UNITÀ
di Igino Giordani
Spiritualità
Siamo responsabili
gli uni degli altri
C
Riccardo Bosi
Noi siamo
a posto
con Dio
se siamo
a posto
con l’uomo
i è offerto un criterio molto semplice per giudicare se noi
siamo a posto con Dio. Noi siamo a posto con Dio se siamo a
posto con l’uomo. Amiamo l’Uno in cielo se amiamo l’altro
in terra. Si può dire che il fratello ci è stato dato perché ci
ricordi, per similitudine, Dio. Io non vorrei essere calunniato,
affamato, tenuto senza casa, senza lavoro, senza gioie… e così,
per quanto è in mio potere, io devo adoperarmi afÀnché anche
gli altri siano onorati, sfamati, alloggiati, impiegati e riempiti di
consolazioni. Allora si stabilisce una sorta di eguaglianza, e cioè
come io tratto il fratello, Dio tratta me; come il fratello tratta
me, Dio tratta lui. Si direbbe che Dio sia il primo a praticare il
precetto cardinale del Vangelo: «Ama il prossimo tuo come te
stesso», e ci ami da Dio, cioè inÀnitamente. Difatti spinge tale
amore sino a volerci uno con lui, a farci partecipi della sua natura.
Non si è fatto per questo egli partecipe della nostra? E questa è
un mettersi al nostro rango per consentirci una convivenza con
lui. L’individualismo, col richiudere e tumefare il proprio Io nel
guscio dell’esclusivismo personale, soffoca l’anima, e mancando
la circolazione il calore si estingue. E l’anima patisce il freddo,
muore di gelo. Basta però che uno
si metta ad amare un fratello, perché
nel riscaldar lo spirito di lui riscaldi
il proprio. Un monito abituale che
ci viene volto sta nell’esortazione o
nel divieto a non frequentar questi o
quelli… Tuttavia Gesù parlava proprio
con la samaritana, con scandalo dei
suoi. E voleva che si lasciassero le
99 pecore docili per ricercare proprio
la centesima indocile. Avvicinando
il fratello, io contraggo una
responsabilità per il suo stesso destino
eterno e quindi anche per il mio, data
la solidarietà che sottostà ai nostri
rapporti. Quante volte il peccato del
fratello, in minore o maggiore misura,
è anche peccato nostro, frana operata
dal nostro mancato amore. Quante volte il criminale è spesso un
individuo a cui è mancato l’amore, sì che il CrociÀsso, sopra la
testa dei giudici in tribunale potrebbe ripetere: «Chi è puro scagli
la prima pietra!». Quanti fratelli son perduti perché sono stati da
noi abbandonati!
Da: Il fratello, Città Nuova, 2011
Città Nuova - n. 7 - 2013
41
P Sa pr iorl iat ud ai l vi ti àt a
IN PROFONDITÀ
di Maria Voce
QUANDO AMARE
IL FRATELLO
E CON QUALE MISURA?
Quinta puntata di una conversazione della presidente dei Focolari
su uno dei punti cardine della spiritualità dell’unità
I
l nostro pensiero corre sicuramente alle grandi
emergenze di oggi, che ci hanno pure visto, e
ci vedono, come protagonisti attivi: le catastroÀ
naturali (terremoti, alluvioni, tsunami…), le situazioni di nuove povertà, la disoccupazione, i
licenziamenti, e via di seguito…
Ma Chiara, sorprendendoci sempre, ci ricorda che
il prossimo va amato «in modo concreto e presente»” anche nelle piccole cose, nella quotidianità,
nella normalità di ogni attimo presente. Quando lo
sentiamo “nemico” o è a noi indifferente.
Quando, per esempio, seduti indisturbati nel salotto della nostra casa, pensiamo di essere esonerati
dal dover amare qualcuno.
Anche in questi momenti i fratelli sono «la nostra
grande occasione»: si nascondono dietro le notizie
riportate sui giornali sui giornali, dietro le immagini
che scorrono in tv e nei mass-media in genere; in
42
Città Nuova - n. 7 - 2013
quelli che ci scrivono; in coloro ai quali è destinato
il nostro lavoro o il nostro studio quotidiano; e così
via… In ognuno di loro Gesù vuole nascere, crescere vivere, risorgere; chiede aiuto, consiglio ed ammonimento, luce, pane, alloggio, vestiti, preghiere...
In verità, il cristianesimo non si risolve con un
po’ di elemosina o un po’ di compassione; chiede
piuttosto di “farci uno” con ogni prossimo che ci
passa accanto, sapendo che: «Non si può entrare
nell’animo di un fratello per comprenderlo, per
capirlo, per condividere il suo dolore, se il nostro
spirito è ricco di una preoccupazione, di un giudizio, di un pensiero, ... di qualunque cosa. Il “farsi uno” esige spiriti poveri, poveri di spirito. Solo
con essi è possibile l’unità» (1).
Nel “farci uno” c’è tutta la misura dell’amore; farci
uno signiÀca amare l’altro Àno al punto che chi è
C. Riedel/AP
Non basta un po’ di elemosina o di compassione
così amato capisce cos’è l’amore e vuole a sua volta amare. SigniÀca saper «discendere con tutti per
ascendere con tutti», come ben evidenzia un’immagine particolarmente espressiva, un’esperienza
che Chiara afÀda a una pagina del Paradiso ’49:
«Ho visto una chioccia con tanti pulcini lungo il
ciglio di una strada afÀancata da un muro in discesa terminante in una campagna. Un pulcino cadde
dal ciglio. La chioccia, anziché chiamare il pulcino con gli altri, discese con tutti per farsi una con
lo smarrito. […] Ho imparato a discender al livello degli altri per far unità (come il Verbo s’è fatto
carne): discendere con tutti per ascendere con tutti.
Anche Iddio Padre si fa uno col Figlio, entra nel Figlio (e viceversa) sembrando ciò un abbassarsi. In
realtà è un accrescere l’amore…» (2).
È con questo sguardo puro, ampio, universale, con questo cuore così largo, che Chiara ci spinge ad abbraccia-
re tutta l’umanità di oggi, e ad amare non solo i vivi,
ma anche quelli che non sono più qui sulla terra.
Scrive nel Paradiso, in una pagina di altissima mistica: «Io sento di vivere in me tutte le creature del
mondo, tutta la Comunione dei santi. Realmente:
perché il mio io è l’umanità con tutti gli uomini
che furono sono e saranno. La sento e la vivo questa realtà: perché sento nell’anima mia sia il gaudio
del Cielo, sia l’angoscia dell’umanità che è tutt’un
grande Gesù Abbandonato. E voglio viverLo tutto
questo Gesù Abbandonato» (3).
(continua)
1) C. Lubich, L’unità e Gesù Abbandonato, Città Nuova,
1984, p. 105; 2) C. Lubich, Paradiso ’49, 830-832 (dall’originale inedito); 3) ibid., 582.
Città Nuova - n. 7 - 2013
43
Spiritualità
E SOLIDARIETÀ
di Paolo De Maina
Con la misura
del “senza misura”
L
a storia evangelica del
Àglio che lascia casa
e sciupa tutti gli averi
della famiglia, per poi
sperimentare l’accoglienza
del padre, come pure quella
di un abitante di Samaria che
accudisce uno sconosciuto ferito
per strada, senza badare a spese,
ci aprono lo scenario dell’amore
sconÀnato. Ma può esistere
un’unità di misura dell’amore?
Passando in rassegna gli
atteggiamenti di Gesù riferiti dai
Vangeli, la risposta è positiva:
basta prendere come misura il
minimo, il più debole, la pietra
scartata, chi sta fuori dai giochi.
Così fanno da anni Bruna e
Mino. La loro casa, in una
grande città del Nord Italia, si
è aperta oltre cento volte, solo
perché sono riusciti a contare
Àno a quella cifra; ma la chiave
ha girato molte più volte, per
dare spazio, accoglienza, calore
a bambini, giovani, famiglie
di ogni provenienza che
affrontano ricoveri, operazioni
e altro ancora. Dolore stridente,
incapacità di colmare vuoti
lasciati dalla morte, momenti
di comunione o semplice
riconoscenza per serate passate
a raccontarsi la vita.
Ma anche nella routine di
tutti giorni l’amore “senza
misura” si attiva: come con
Lidia, la classica persona con
qualche quadrante fuori asse
che, dopo aver vagato per le
vie albeggianti, bussa per fare
colazione con loro. È di famiglia:
apre gli armadietti, apparecchia,
44
Città Nuova - n. 7 - 2013
versa caffè e latte e gusta i suoi
biscotti preferiti. Una breve
chiacchierata e giù al centro per
la sua terapia.
Nel viavai inÀnito di Bruna
e Mino, non sempre tutte le
ciambelle riescono col buco.
Penso al padre di un bambino
celebroleso, ora cresciuto, che
frequenta ormai da anni la loro
casa. Non si direbbe un papà
modello e continua a pretendere
servizi dalla moglie, la quale
si fa in quattro per seguire una
situazione non facile. Bruna,
dal carattere dolcissimo, ma
anche forte, vorrebbe dirgliene
quattro e forse più, ma l’intesa
con Mino colma ogni buco: con
fatica e passione “imbastiscono”
nuovamente il Àlo dell’amore,
non pretendendo di cambiare lui,
ma cambiando loro.
Se non bastasse, il Comune li
ha “schedati” come famiglia
afÀdataria di casi, ovviamente,
tosti, come quelli dei bimbi
appena nati e con situazioni
paradossali alle spalle. Notti
insonni, pannolini, pappe. Si
torna indietro di trent’anni,
ma con le forze di oggi, ed è
dura. E non solo per le fatiche,
ma perché prima o poi arriva
l’adozione e loro devono tagliare
sul vivo un rapporto costruito
minuto per minuto. Ma, pur
lacerati, li senti dire: «Siamo
contenti, o meglio, vogliamo
esserlo, perché per quel bambino
inizia una nuova vita».
Bruna e Mino, piccolo dizionario
di voci di un amore senza
misura.
L’esempio di
una famiglia:
accoglienza
a quanti
erano nella
condizione
del “minimo”
50
ANNI FA SU CITTÀ NUOVA
a cura di Gianfranco Restelli
Riportiamo il brano finale di uno
degli articoli scientifici di Piero
Pasolini, che è stato una delle
“firme” più apprezzate di Città
Nuova. Questa volta ci parla di
fenomeni vulcanici, reduce da
una emozionante escursione sul
vulcano più grande d’Europa.
Pubblicato sul n. 12 del 1963.
Fuoco dalla terra
L’Etna è un vulcano estremamente ricco di lava. Quasi sempre succede
che l’alta colonna di magma Áuido, che risale il camino Àno alla cima del
monte, a un certo punto riesca a trovare sfogo più in basso, e allora si scarica
attraverso crepe e fenditure formatesi nei Àanchi del cono. Sono, queste,
eruzioni tragiche e rovinose, poiché le lave, erompendo a bassa quota,
invadono subito e sommergono nel loro Áusso le campagne ed i paesi che in
gran numero costellano l’ampia base del monte.
Tuttavia sembra che la vita lotti e vinca sul suolo ferace che il terribile
mostro risucchia dalle viscere della Terra. Ville e palazzi continuano a
sorgere qua e là, Àn sulle colate laviche più recenti. Le strade interrotte
vengono ricostruite, moderne e larghe, attraverso gli aridi e caotici campi
pietrosi. Potenti bulldozer smuovono i macigni e le ghiaie, e si creano orti
e giardini. È una gara di tenacia tra l’uomo e la distruzione. Tutto continua
così, come se nulla fosse successo e come se nulla potesse suçcedere.
Risalendo in auto il levigato nastro d’asfalto che, presuntuoso e sicuro, si
srotola per quelle sterminate pietraie che appena pochi anni or sono erano
una infocata corrente di lava, ci viene spontaneo di tenere gli occhi Àssi
al suolo quasi nell’attesa di veder, d’un tratto, aprirsi le rocce e schizzare
fuori violento un getto rossastro e abbagliante. È vivo qui il senso della
provvisorietà e della precarietà della vita e dell’opera umana.
Si vive su un suolo che contiene, forse pochi metri più sotto, l’insidia
mortale. «Siamo nelle mani di Dio», ci dice, infatti, sereno un cantoniere, e
ci guarda coi suoi occhi buoni e profondi, al rientro dalla nostra escursione,
appoggiati al muretto di un ponte appena ricostruito.
Piero Pasolini
INVITO ALLA LETTURA
di Elena Cardinali
Per chi vuole approfondire alcuni
degli argomenti di questo numero
con i libri di Città Nuova
pagg. 20-22
COME FRECCIATE DI LUCE
La luminosa esperienza dell’estate 1949 viene
raccontata da Chiara Lubich con un linguaggio
suggestivo in uno scritto del 1961. Ispirandosi
a tale testo, studiosi dell’area linguistico-letteraria della “Scuola Abbà” esplorano la forza
comunicativa del linguaggio di Chiara, aprendo
interessanti piste di lettura.
IL PATTO DEL ’49
Il 16 luglio 1949 un “Patto di unità” tra Chiara
Lubich e Igino Giordani segna per Chiara l’inizio
di un periodo di luce e di grazie straordinarie. Nel
volume i contributi di carattere interdisciplinare
del centro studi “Scuola Abbà” riflettono sul
significato di quel Patto e sulle prospettive che
esso apre nella storia del Movimento, della cristianità e dell’umanità.
ESSERE EDUCATORI
Gli educatori sono chiamati oggi a una scelta di
responsabilità: farsi vicini ai giovani, proporre
modelli autentici di vita e di pensiero. Partendo
dall’esperienza di Chiara Lubich, il volume si
apre a tematiche pedagogiche attualissime: la
formazione delle coscienze, il rinnovamento della
didattica, la centralità della relazione educativa,
dell’accettazione e del dialogo.
Per ordinarli: Via Leonardo Da Vinci, 8
Monterotondo (RM) tel. 06 78 02 676
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Reportage
LA PROVINCIA GRANDA
S
CUNEO “TIENE”
olo quando sei in piazza Galimberti puoi dire di essere veramente arrivato a Cuneo. Qui
c’è l’anima della cuneesità, il
cuore di ogni suo abitante perde
il suo battito in questo ampio perimetro. Qui, ogni settimana, le bancarelle del mercato la riempiono del suo
commercio. Qui, nelle sere d’estate,
l’hanno gremita Àno al bordo persone di ogni età per ascoltare Fiorella
Mannoia, Patty Smith e tanti altri nei
loro concerti. È qui l’agorà del popolo. Fin da quando, ragazzino, correvo
a vedere i risultati elettorali scritti a
mano da un messo comunale e aggiornati di continuo su un grande tabellone di carta. Allora di maxi schermi non c’era traccia. Qui s’affacciano
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Città Nuova - n. 7 - 2013
di Silvano Gianti, inviato
NELLO SCENARIO DELLA CRISI,
LA CITTÀ È UN ESEMPIO DI COME RESISTERE
E RIPARTIRE. IL FATTORE SPIRITUALE
E QUELLO IMPRENDITORIALE
gli ufÀci giudiziari col Tribunale e
la Procura. Di fronte, sull’altro lato,
la casa museo di Duccio Galimberti,
partigiano. E per dar spazio alla golosità, nel palazzo d’angolo con corso
Nizza, una pasticceria attraente, nel
cui laboratorio furono brevettati i dolci tipici della città: i cuneesi al rhum.
Ma la città di Cuneo col suo perimetro sta quasi racchiuso nel pugno di
una mano. Come il numero dei suoi
abitanti: che non raggiungono i 60
La popolazione non arriva a 60 mila abitanti, ma radicato è lo spirito
d’iniziativa. Foto grande: cuore della città, piazza Galimberti si riempie ogni
settimana di bancarelle del mercato, frequentate da tanta gente.
mila, distribuiti su una superÀcie di
119,88 chilometri quadrati.
La città di Cuneo è capoluogo di
una provincia chiamata “Granda” per
la sua estensione territoriale, che di
abitanti ne fa poco meno di 600 mila, situati in 250 comuni, ed è la terza
provincia più estesa d’Italia, con i suoi
6.903 chilometri quadrati. Dire provincia Granda signiÀca dire soprattutto “provincia”. Un’accezione negativa
che, nonostante l’arrivo da poco più di
un anno dell’autostrada, non cessa di
caratterizzare questo angolo del Piemonte addossato alla Riviera e ponte
di collegamento con la Francia. Cuneo
è terra di conÀni e frontiere e, proprio
come tale, ricca di suggestioni, anime,
colori e prospettive. Tutto è caratteriz-
zato da uno stile tanto sobrio, schivo,
umile e riservato quanto determinato,
serio, concreto e deciso. Insomma, per
capire questa terra bisogna “viverla”
senza complessi di inferiorità e scoprirne la realtà fatta di cose piccole,
ma signiÀcative. Una terra di cultura.
Una cultura fatta di “terra”, che vuol
dire fatica, amore per le cose semplici e grandi come le bontà e le bellezze
della Langa e delle valli coronate dalle vette alpine; di grande storia, come
i centri storici delle sette sorelle e di
ogni contrada, anche la più piccola.
Già, le sette sorelle, ovvero le città di
Saluzzo, Savigliano, Fossano, Bra,
Alba, Mondovì, che con Cuneo sono
le maggiori per densità abitativa e per
insediamenti produttivi. Cuneo poi è
una terra fatta di tradizioni, testimoni
Città Nuova - n. 7 - 2013
47
Repor tage
CUNEO “TIENE”
di legami profondi tra la gente, le loro
case e il loro territorio. Ma anche una
terra che ha il coraggio di interpretare
le novità e intraprendere strade nuove.
Il fermento religioso
Non è comune ad altre terre del
Piemonte il fermento civile e religioso che ha assunto in questi anni, non senza contraddizioni, tratti
di creatività originali. Passi che non
hanno sempre portato al successo,
ma che certo hanno consentito di capire il percorso da seguire. Su questo
lembo di Chiesa italiana, sono sorte
tante esperienze molto interessanti:
ne ricordiamo alcune. Da un prete
coraggioso, don Aldo Benevelli, è
sorta Lvia, un’associazione che lavora in Africa da oltre 40 anni al Àanco delle comunità locali, realizzando
programmi che valorizzano le capacità e le risorse del territorio. Da un
prete santo, padre Andrea Gasparino,
il centro di spiritualità Padre de Foucauld, una comunità missionaria fatta
di sorelle e di fratelli che vivono il
primato della preghiera e la condivisione di vita con i più poveri.
Il Movimento raggruppa 40 fraternità ed è presente in 11 Paesi tra
Africa, Asia, Europa, Sudamerica.
Attraverso l’intuizione di una donna consacrata, suor Elvira Petrozzi,
è nata la Comunità Cenacolo, come
risposta all’urlo di disperazione di
tanti giovani stanchi, delusi, disperati, drogati e no, alla ricerca della
gioia e del senso vero della vita.
Da una decina di anni sulle colline
del Saluzzese, padre Cesare Falletti ha costituito il monastero benedettino di Prà d’Mil. InÀnite poi le
esperienze caritative, di aiuto alle
missioni, e di tanti sacerdoti diocesani Àdei donum, che si recano
nelle diocesi dell’America Latina e
dell’Africa, per vivere alcuni anni
di ministero pastorale.
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Città Nuova - n. 7 - 2013
La provincia che lavora
Sono nate qui la Merlo, la Ferrero, la Mondo, la Burgo per il settore
primario, oltre a centinaia di piccole
imprese che non si stanno limitando
a fare il loro mestiere, ma investono
in formazione e futuro, cercando di
costruire le premesse non solo per la
crescita, ma anche e soprattutto per lo
sviluppo. Aziende al momento solo in
parte sÀorate dalla crisi, che continuano comunque a dare lavoro, a produrre, e ad immettere sul mercato idee e
progetti innovativi. Sorprende parlare
con i giovani: loro per la maggior parte ti dicono che non vogliono lasciare
la provincia. E ti raccontano i progetti
che gli frullano in testa, per lavorare
e soprattutto creare lavoro per altri.
Uno scorcio della città dominato dalle montagne innevate. A sin: passeggiata
in centro con il bel tempo. In basso: dipendenti della Michelin e l’ingresso
della multinazionale Ferrero.
«Devo terminare il liceo, poi l’anno
prossimo mi iscrivo a ingegneria, al
Poli a Torino per me è comodo, poi
voglio lavorare». Alla domanda se nel
cuneese oppure fuori, Gianni risponde sicuro: «No no, qui».
Ezio Bernardi è il direttore del
settimanale cattolico della diocesi di
Cuneo, 25 mila copie vendute ogni
venerdì. Ci racconta: «Siamo Italia,
ne condividiamo in pieno le sofferenze e le difÀcoltà del momento,
ma siamo anche marca di frontiera,
costretti dalla geograÀa e dalla storia
a vivere i conÀni. Tra la montagna e
la pianura, tra le terre alte e le terre
del mare ligure e della Costa Azzurra, tra l’Italia e l’Europa, tra culture
e lingue diverse che qui si incontrano e si integrano, ma sanno anche
mantenere un’orgogliosa autonomia.
Origina forse di lì un’economia mista
di agricoltura ricca, grande e piccola
industria, artigianato e commercio.
La vicinanza con l’Europa (la Francia è a pochi chilometri) crea movimento. Esportare prodotti e lavoro è
da sempre vocazione naturale. C’è
poi un elemento di forza poco valutato, ma oggi di primaria importanza,
che sostiene il tessuto produttivo nel
momento di crisi. È l’efÀcienza della
scuola pubblica e privata. Di alta qualità in particolare la formazione professionale, una tradizione che affonda
le radici nella scuola di Don Bosco,
che favorisce le professioni artigiana-
li e le piccole e medie imprese (quella
di Cuneo è una provincia con il record di partite Iva), ma che è la forza
anche delle grandi industrie multinazionali come Michelin e Burgo (per
fare due esempi), che qui hanno scelto di investire e innovare».
Formazione e cultura
Giornalisti e scrittori come Ezio
Mauro, Giorgio Bocca, Aldo Cazzullo, Lalla Romano, Cesare Pavese,
Beppe Fenoglio, Nuto Revelli. Politici come il secondo presidente della
Repubblica Luigi Einaudi, il capo del
governo, Giovanni Giolitti, e un matematico importante, Giuseppe Peano. Gruppi musicali come i Marlene
Kuntz, Lou DalÀn, Gianmaria Testa
tra i cantautori più rafÀnati. Così il
passato. Ora una scommessa che sta
dando i suoi frutti e sta fungendo da
motore per un autentico sviluppo della conoscenza si sta evolvendo, partendo dalla formazione di docenti e
Città Nuova - n. 7 - 2013
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Repor tage
CUNEO “TIENE”
studenti. La ricaduta sul territorio non si vede ancora,
ma grazie alla lungimiranza di alcuni si sta creando
un autentico laboratorio per lo sviluppo di competenze. Un contributo nuovo, vero e positivo alla crescita,
che esce dalle miopi logiche della clientela (responsabile dei disastri del Premio Grinzane Cavour) per
valorizzare le vere risorse della gente laboriosa della
Granda. E il territorio sta rispondendo con una capacità di progettazione sorprendente, coniugando alto
proÀlo qualitativo e parsimonia nell’impiego delle risorse. E forse sta proprio qui l’elemento che, in questo momento, sta caratterizzando il lavoro culturale
della Granda: una scuola viva, con standard qualitativi elevati (sulla base dei dati Invalsi al di sopra della
media del Nord-Ovest), che sta puntando sui docenti
per rilanciare la formazione.
Questo progetto ce lo illustra il vicepreside del liceo classico di Cuneo professor Aldo Ribero: «Una
scuola che si sta lasciando interpellare dalle esigenze delle nuove generazioni dei “nativi digitali”, che
affronta con coraggio e determinazione la sÀda di
una società sempre più multiculturale (10 per cento
degli studenti sono stranieri) e che guarda realisticamente alle prospettive del lavoro con una valorizzazione degli istituti tecnici e professionali. E poi resta
il ruolo dei licei (classico e scientiÀco in particolare)
che, come luoghi di formazione, restano pilastri veri
e propri, capaci di aprire le porte agli studi universitari ed essere luoghi di formazione critica. In queste
scuole si lavora seriamente con l’unico obiettivo di
formare giovani “attrezzati” ad affrontare le difÀcoltà delle scelte più avanzate. Resta il problema delle
infrastrutture: l’amministrazione provinciale dispone di 100 mila euro per il 2013 per gestire 84 scuole
superiori sul territorio. Un cifra ridicola! Più fragile
rimane l’impianto universitario, che riÁette logiche
miopi della politica locale e interessi di campanile.
Il decentramento sul territorio delle facoltà manifesta oggi gravi lacune operative. Questa situazione
segna e segnerà ancor più in futuro la formazione
universitaria in provincia».
Resta pur sempre vero che Torino non è lontana,
Genova è a pochi passi e Nizza non è scomoda. Insomma la Granda è al centro di un triangolo culturale importante e forse la sua gente sa di poter avere a
portata di mano molte opportunità. Restare a Cuneo
non signiÀca quindi vivere ai margini. Piuttosto signiÀca godere del privilegio del fermento e della passione che si legge negli occhi dei giovani cuneesi che
cercano il futuro, sicuri di poter contare sulla risorsa
di un territorio splendido.
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Città Nuova - n. 7 - 2013
2013,
Speriamo
di incontrarvi
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Dal 9 al 16 Maggio
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Un crocevia di popoli, razze, culture e
religioni.
Sarajevo - Mostar - Zara
Opatjia - Cascate di Kravice
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e Medjugorje.
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L’ Europa tra passato e futuro, dalle divisioni
alle prove di unità.
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Se posso
DEFICIT DI CULTURA
di Piero Coda
NÉ BARELLIERI
NÉ DOTTRINARI
Domenico Salmaso
N
ell’appuntamento mensile della nostra rubrica
apro questa volta una parentesi nel percorso
che stiamo esplorando alla scoperta delle “idee
forza” del Vaticano II. Anche se l’argomento
ha un riferimento, almeno indiretto, a ciò che il
Concilio ci stimola a realizzare.
Il fatto è che mi ha suggestionato non poco un’intervista rilasciata al quotidiano L’Avvenire dal sociologo Giuseppe De Rita, fondatore del Censis e
studioso tra i più apprezzati della società italiana.
L’occasione era l’inizio della “visita ad limina” dei
vescovi italiani, lo scorso gennaio. Si tratta dell’incontro che ogni cinque anni i vescovi delle diverse
regioni del mondo hanno col papa e i suoi collaboratori nella curia romana. Un’occasione per il checkup di ogni Chiesa locale.
Interpellato sullo stato di salute della Chiesa in Italia,
e partendo dai dati interpretati dal suo punto di osservazione senz’altro privilegiato, De Rita ha offerto alcune considerazioni che mi paiono di sicuro interesse.
Innanzi tutto, ha descritto la Chiesa in Italia come
una «Chiesa di prossimità», capace cioè di spendere
la sua diffusione ancora popolare e la sua consolidata credibilità in presa diretta coi problemi della
gente: qualità che, in un momento come il nostro, la
colloca in pole position rispetto alle attese di chi è
nel bisogno.
In secondo luogo, De Rita ha sottolineato gli effetti
positivi indotti dal Vaticano II: la Parola nelle mani
del popolo di Dio, la liturgia vissuta in modo più
consapevole e partecipato, l’evoluzione del clero che
si è sentito sempre meno «ceto superiore» e sempre
più a servizio della gente, il rinnovamento della vita
comunitaria, anche grazie al dinamismo di realtà associative come gli scout, i gruppi di Azione cattolica
e i movimenti ecclesiali.
Ma alla Àne ha voluto mettere il dito nella piaga:
«La Chiesa di prossimità può avere il limite di far
vivere bene chi fa parte della comunità, ma non di
permettere un’elaborazione culturale che permetta
ad altri soggetti di rappresentarne le istanze lì dove
si prendono le decisioni».
Giovani ad un’udienza papale in piazza San Pietro.
Tra gli effetti positivi del Vaticano II, secondo
De Rita, è «la Parola nelle mani del popolo di Dio».
Val la pena riÁettervi su con serietà e pacatezza e di
mettere in cantiere qualche proposta signiÀcativa
e di respiro: per evitare – conclude De Rita – «di
ridursi da una parte al solo ruolo di barellieri della
storia e dall’altra di tornare a un antiquato dottrinarismo». Ce n’è per tutti. Perché anche l’analisi della
situazione, oltre che l’impulso del magistero di Benedetto XVI, ci dice che c’è assoluto bisogno di «un
nuovo slancio del pensiero». Altrimenti si rischia di
perdere il treno della storia.
Attualità
PERSONAGGI
di Mariagrazia Baroni
DAL BUIO
ALLA LUCE
LA STORIA DI SABINA SANTILLI.
DALLA SORDOCIECITÀ ALLA FONDAZIONE
DELLA “LEGA DEL FILO D’ORO”
D
alla sua nascita, nel 2006, il
cinguettio dell’uccellino azzurro di Twitter ha fatto la
storia recente del modo di fare
informazione. Capace di mettere in contatto milioni di persone
quanto di avere un ruolo da protagonista nell’avvio delle primavere arabe tunisina ed egiziana.
Ma questa è storia recente, perché
non meno rivoluzionario era stato,
nel Natale del 1959, il cinguettio di
un altro uccellino azzurro – recapitato a mezzo lettera a tanti sordociechi italiani – e diventato con
il tempo Trilli nell’azzurro, ovvero
l’organo ufÀciale della “Lega del Àlo d’oro”. Ad idearlo Sabina Santilli – fondatrice della suddetta Onlus
– che dal 1964 è impegnata nell’assistenza, riabilitazione e reinserimento nella famiglia e nella società
di bambini, giovani e adulti sordociechi e pluriminorati psicosensoriali. Sabina – nata nel 1917 a San
Benedetto dei Marsi –, cieca e sorda
dall’età di sette anni a causa di una
meningite, non si era arresa alla condizione di quella che era stata deÀnita “la notte silenziosa”. Era riuscita a
mettere in rete, sotto uno stesso cielo, tanti di loro.
Prima di lei, la società aveva fatto la conoscenza del mondo ancora
sommerso della sordocecità, attra-
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Città Nuova - n. 7 - 2013
verso la Laura Bridgman di Dickens
in American notes e la Helen Keller
del Àlm Anna dei miracoli. Donne
reali, tanto quanto Sabina, caparbie
e capaci di realizzare il “diritto ad
una vita indipendente”: fatta di istruzione e di lotta per la promozione
dei diritti ai disabili.
Sostenuta dai genitori, Sabina, ad
11 anni si lascia alle spalle la tranquilla vita di paese, per andare prima a Roma a studiare all’Istituto
Augusto Romagnoli – dove impara
la scrittura Braille e il metodo Malossi –; poi, per trovare la sua emancipazione, si diploma nella scuola
Àorentina all’Istituto professionale
per ciechi. Sabina si rende così totalmente indipendente nelle sue attività
quotidiane: «Avevo fatto mia la regola di non essere di peso alla famiglia, ma piuttosto di aiuto». Scrive,
legge, ricama e cuce.
Ma nell’Italia degli anni Cinquanta è ancora dura la condizione dei sordociechi. L’impossibilità
di comunicare è spesso il preludio
al progressivo isolamento. Molti di
loro sono chiusi nei Cottolenghi o
in ricoveri inadatti. Sabina inizia
così a rintracciarli e a tenere con
loro una Àtta corrispondenza. Ad
alcuni, venuti a conoscenza di Sabina tramite terzi, dispensa i più
Giovane sordocieca durante
una seduta di riabilitazione.
A fronte: Sabina Santilli nel 1988
e nel 1994, accolta al Quirinale
dal presidente Scalfaro.
vari consigli: da come stirare a come coltivare Àori. È questo il «Àlo aureo della buona amicizia» e il
prodromo alla nascita della “Lega
del Àlo d’oro”. Tra i vari destinatari, quattro donne, disabili anche
loro, ma estrovese e intraprendenti
– il primo nucleo della rete associativa –, che impararono il Malossi e il Braille per insegnarlo a loro
volta ad altri.
S. Mitchell/AP
Sabina però avverte che non basta. La sordocecità non viene trattata come una disabilità speciÀca,
né dalle istituzioni né negli istituti
esistenti. «Ci vuole molto tempo,
Sabina, molto duro lavoro e molto
disappunto», le aveva scritto Steven,
sordocieco inglese e fondatore della
“National deaf blind helpers”.
Sabina matura così la consapevolezza di dover creare una propria
associazione. Dal provvidenziale
incontro con don Dino Marabini,
direttore del Movimento apostolico
ciechi, viene la spinta decisiva alla
nascita del “Filo d’oro”, il 20 dicembre 1964. Sabina diviene anche il
presidente dell’associazione. Un al-
tro tabù infranto: è la prima sordocieca a stipulare un atto legale e ad
assumere una carica legale.
Molti nelle sue stesse condizioni
giungono a lei anche attraverso i soggiorni estivi per sordociechi e guideinterpreti che lei stessa organizza. Il
suo metodo è semplice, ma puntuale:
spronare e incoraggiare, porre il disabile al centro della propria vita ed
imparare a farsi aiutare dalle guidecomunicatori e interpreti.
Dopo 14 anni dalla scomparsa di
Sabina, la “Lega del Àlo d’oro” – dal
1967 anche ente morale – ospita nella prima sede di Osimo un Centro di
riabilitazione dove ogni anno ven-
gono accolte 300 persone di diverse fasce di età: bambini, giovani e
adulti. Molti altri sono i centri sparsi
per l’Italia, da Lesmo a Molfetta, a
Roma, dove ai Centri socio-sanitari
residenziali si alternano servizi territoriali dove assistenti sociali ed
educatori collaborano con i servizi
locali per favorire l’integrazione delle persone sordocieche e coordinando l’attività dei volontari.
Un’attività e un’opera che tuttora
continua a mettere in relazione i sordociechi tra loro, con la società civile
e le istituzioni. Campane Àno ad allora mute. Fino a quando Sabina non
ha dato un suono e una luce alla notte
silenziosa di tanti sordociechi.
Città Nuova - n. 7 - 2013
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Attualità
SOLIDARIETÀ
a cura di Tomaso Comazzi
Milano
Prodotti “made in carcere”
Lavori artigianali, vivai, realizzazione
di impianti e quadri elettrici. In viale
dei Mille a Milano cresce il primo polo
italiano dell’economia carceraria. Promossa
dall’assessorato alle Politiche per il lavoro,
il Provveditorato alle carceri e 15 realtà
imprenditoriali, l’iniziativa offre al pubblico
gli oggetti e i servizi prodotti dai detenuti
di Bollate, Opera, San Vittore e Beccaria.
L’obiettivo è quello di agevolare i contatti tra imprese carcerarie, imprese
esterne e cittadini. Info: www.comune.milano.it
Diritti
Abusi sui migranti in Libia
Secondo l’agenzia Habeshia, in Libia centinaia
di profughi africani sono trattenuti nel totale
degrado. L’Ue è responsabile della situazione,
disposta com’è, a qualunque pressione pur
d’impedire sbarchi sulle proprie coste.
L’agenzia chiede dunque che l’Europa apra
un percorso legale protetto di ingresso per
richiedenti asilo e rifugiati, con programmi di
re-insediamento e con possibilità che il richiedente asilo possa presentare la
sua richiesta presso le sedi diplomatiche. Info: www.habeshia.blogspot.it
Disabilità
Iniziative per trovare
un’occupazione
Fondamentale per la propria realizzazione
umana, per molti disabili il lavoro rimane tuttavia un miraggio. Diverse le iniziative promosse per aiutarli a trovare un’occupazione.
Ad esempio, attraverso il progetto “Diritto al
lavoro”, l’Amil e la Fondazione Adecco hanno
permesso a sedici persone con disabilità psichica di seguire corsi di formazione e trovare
lavoro in aziende private. Grande adesione anche al corso per aiuto-cuoco per
disabili promosso dal Cefal. Info: www.anmil.it e www.cefal.it
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Città Nuova - n. 7 - 2013
Guardiamoci
attorno
Famiglia da sostenere
«La nostra comunità segnala il caso di
giovani sposi con due figlioletti in tenera
età che hanno perduto il lavoro (fra l’altro in nero) ed ora si trovano molto disagiati, accumulando debiti e morosità. Un
piccolo aiuto lo ricevono dai loro genitori, ma hanno bisogno di essere sostenuti
moralmente e finanziariamente».
Lettera firmata
Situazione tragica
«Malattia e disoccupazione sono la mia
tragedia. Vado avanti con piccoli lavori che non risolvono il grande problema
della sopravvivenza. Sono in arretrato
con pagamenti urgenti, mi vergogno ad
uscire di casa, la notte non dormo pensando come risolvere i problemi del giorno dopo...».
Lettera firmata
Vive di stenti
«È una persona malata di nervi, sola.
Nella sua vita ha subìto molte umiliazioni. Ora vive di stenti, manca di cose indispensabili alla sopravvivenza...».
Mario
Non abbiamo niente
«Mio marito ha perso il lavoro, siamo
senza un soldo, non abbiamo niente, neppure da mangiare. Siamo disperati. Chiedo aiuto per i bambini».
Lettera firmata
Gli aiuti per gli appelli di Guardiamoci attorno
possono essere inviati a:
Città Nuova via Pieve Torina n. 55
00156 Roma - c.c.p. n. 34452003.
Le richieste di aiuto si accettano solo se convalidate da un sacerdote. Verranno pubblicate comunque a nostra discrezione e nei limiti
dello spazio disponibile.
AMBIENTE
di Lorenzo Russo
L’
Irlanda ce la sta
mettendo tutta per
battere la crisi economica e lasciarla
solo un ricordo.
Una fetta degli aiuti arriva
dal piano di risanamento
disposto dal Fondo monetario internazionale: appena 1,17 miliardi di dollari.
Il resto viene dal governo e
dalla popolazione e riguarda una strategia totalmente innovativa, basata sulle
energie rinnovabili. Fino
al 2008 l’Irlanda era una
nazione totalmente al “verde” e le prospettive future
erano abbastanza critiche,
vista la crisi economica
internazionale. Oggi, invece, è la nazione più verde
d’Europa.
Per risollevare le sorti economiche del Paese
e risparmiare sulle fonti
energetiche, il governo
ha inserito nuove tasse
sull’utilizzo di combustibili fossili di case, ufÀci,
automobili e fabbriche. In
pratica, più CO2 si produce, più si paga. Inoltre, chi
non fa la raccolta differenziata o non la fa bene,
viene tassato di più. E di
conseguenza, più riÀuti si
producono (negli ultimi
tre anni nel Paese vengono
controllati e pesati), più si
paga.
I cittadini quindi si son
trovati davanti a un bivio:
o eliminare i consumi inquinanti e gli sprechi, o
continuare a sprecare, inquinare e vedersi alleggerire il proprio portafogli
in tasse. Questa manovra
imposta dal governo ha
fatto automaticamente sa-
Vita sana
Vita sana
Una scelta ecologica
L’Irlanda “al verde” ha sconfitto la crisi puntando sulla
green economy: Pil in salita del 2 per cento
lire il costo del cherosene,
del petrolio e del gas.
Di conseguenza gli irlandesi hanno scelto nella
direzione più vantaggiosa, cioè quella ecologica
e oggi il Paese non solo
sta uscendo dalla crisi ma
vanta un livello di sfruttamento dell’energia pulita
da primato, con livelli di
emissioni calati del 15 per
cento dal 2008 e del 6,7
per cento nel solo 2011,
Installazione di pannelli
solari per eliminare i
consumi inquinanti e
in regime di risparmio
energetico.
anno in cui l’economia irlandese ha ricominciato a
crescere.
Secondo l’Economist,
il Paese del Nord Europa
dovrebbe essere in grado
di riportare il rapporto
deÀcit-Pil al di sotto della soglia del 2 per cento.
Grazie alla carbon tax, infatti, il governo irlandese
ha raccolto in tre anni circa 1 miliardo di euro.
Si sa, non si esce dalla crisi senza scontentare
qualcuno e senza sacriÀci
(gli italiani lo sanno bene),
ma per una volta questi sacriÀci sono del colore giusto, cioè green.
Città Nuova - n. 7 - 2013
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Vita sana
SPORT
di Marco Catapano
AP
«I
Il coraggio di Jackie
Dal 15 aprile di sessantasei anni fa, il baseball
americano non è più lo stesso
56
Città Nuova - n. 7 - 2013
n un mondo diviso dal colore, lui
ci ha mostrato la
grandezza». Questa frase, certamente ad effetto, compare
sul poster ufÀciale di 42,
il Àlm biograÀco in uscita in queste settimane che
racconta la storia del leggendario Jackie Robinson.
Forse da noi questo nome
non dice molto, ma negli
Stati Uniti quasi tutti hanno
certamente sentito parlare
almeno una volta di questo
giocatore che ha contribuito a cambiare la storia dello
sport a stelle e strisce. E,
forse, anche un po’ della
storia statunitense.
42, in particolare, era il
numero di maglia di questo ragazzo, il primo atleta
afroamericano riuscito ad
entrare nella Major League (la lega professionistica di baseball statunitense). Robinson, infatti,
militò per dieci stagioni
(1947-1956) nelle Àla dei
Brooklyn Dodgers, arrivando anche a disputare
sei volte la Ànale per il
titolo, le famose World
Series. Ottimo giocatore
(a grandi capacità in battuta univa un’eccellente
predisposizione difensiva), Jackie è passato alla
storia non tanto per le sue
imprese sportive, quanto
perché la sua presenza nel
campionato di baseball di
più alto livello al mondo
aiutò a mettere Àne alla
discriminazione razziale
in questo sport.
Il tutto fu dovuto a
un’intuizione del manager dei Dodgers di allora,
B.Kostroun/AP
Branch Rickey (nel Àlm
interpretato da Harrison Ford). Rickey in quel
periodo aveva iniziato
un’attività di scouting per
veriÀcare la possibilità
di mettere sotto contratto
giocatori di colore, Àno
ad allora relegati nella Negro League, e dopo essere
rimasto particolarmente
colpito dalle prestazioni
di Jackie lo volle nella sua
squadra. Certo, il manager mise subito in guardia
Robinson, avvertendolo
che se avesse accettato di
giocare nella lega maggiore sarebbe stato facile
oggetto di provocazioni e
insulti. Ma Jackie lo rassicurò, promettendogli che,
nel caso, sarebbe stato in
grado di mantenere il controllo. Così, Robinson fece
il suo storico esordio il
15 aprile 1947 all’Ebbets
Field di Brooklyn, davanti
a più di 23 mila spettatori.
A Jackie il coraggio
non mancava di certo, ma
Rickey purtroppo aveva
ragione: Robinson durante
le partite veniva regolarmente offeso dal pubblico, ed era anche vittima di
un gioco particolarmente
ostico da parte degli avversari (quando andava in
battuta, ad esempio, molti lanciatori erano soliti
tirargli la pallina addosso). Inoltre, fu minacciato
spesso di morte, e anche
la convivenza con i compagni di squadra non si
rivelò certo delle più semplici. Quando la sua squadra giocava in trasferta,
tanto per dirne una, Jackie
non poteva dormire nello
stesso albergo e non aveva diritto a frequentare gli
stessi ristoranti dei suoi
compagni, molti dei quali
sottoscrissero addirittura
una petizione, chiedendone l’allontanamento.
Certo c’erano anche alcuni “fuori dal coro” che
lo incoraggiavano ad andare avanti, ma si trattava di rare eccezioni. Lui,
nonostante tutto, riuscì a
“resistere”, non rispondendo mai, eroicamente,
a nessun tipo di provocazione. Alla Àne, grazie
anche al sostegno dei suoi
dirigenti, la sua tenacia
fu premiata e, complici
anche prestazioni davvero convincenti in campo,
riuscì gradualmente a far
ricredere la maggior parte
degli appassionati di baseball, aprendo così la strada
per molti altri giocatori
Durante una
commemorazione in
onore di Jackie Robinson
(a fronte), tutti i
giocatori di baseball
portano sulla maglia
il suo numero 42.
afroamericani che, negli
anni successivi, seguirono
il suo esempio. «Non sono interessato alla vostra
simpatia o antipatia... Tutto quello che chiedo è che
mi rispettiate come essere
umano», amava ripetere
spesso.
Per comprendere ancora più a fondo l’importanza che Robinson ha avuto
per lo sport statunitense
(non va dimenticato che
oggi gli atleti di colore
sono la maggioranza in
discipline come il basket
o il football americano), basti pensare che nel
1997 la Major League ha
ritirato per sempre il suo
numero di maglia, obbligando tutte le squadre a
non assegnare più questo
numero in futuro. Oltre a
ciò, è stato istituito anche
il Jackie Robinson Day,
ovvero l’unico giorno in
cui ogni anno, proprio il
15 di aprile, ai giocatori
è permesso di scendere
in campo indossando in
suo ricordo la maglia con
il numero 42. 42, come il
titolo del Àlm che vuole
essere un tributo a quel
ragazzo che, grazie al suo
coraggio, e in un momento
storico in cui, non va dimenticato, non esistevano
ancora movimenti per il
riconoscimento dei diritti civili, ha dato un forte
contribuito a rompere le
barriere razziali esistenti
nel suo Paese.
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Vita sana
BUON APPETITO CON...
di Cristina Orlandi
molo tritato, q.b. di sale e
di pepe nero.
Preparazione
Gamberi con asparagi
e finocchi in salsa all’arancia
Un antipasto semplice e
rafÀnato che potrebbe diventare, con l’aggiunta di
qualche gambero, anche
un buon secondo piatto.
Ingredienti (4 persone)
20 gamberi, 2 Ànocchi
piccoli, 12 asparagi, 5 cucchiai di olio extra vergine
d’oliva, 3 arance, prezze-
Sciacquare bene gli asparagi, eliminando la parte
dura e Àbrosa del gambo.
Allinearli per le punte e
legarli con uno spago da
cucina. Se non avete l’apposito pentolino per gli
asparagi, prendete una
pentola stretta e lunga.
Quando l’acqua bollirà,
regolate di sale e mettete
gli asparagi con le punte poco fuori dall’acqua.
Cuocere 8-10 minuti, il
tempo di toglierli ancora
croccanti.
Eliminare le foglie più
esterne dei Ànocchi, tenendone solo i cuori e cuocerli al vapore. Tagliare
gli asparagi lessati a metà
nel senso della lunghezza
e affettare sottilmente i Ànocchi al vapore. Pulire i
gamberi e farli marinare
con il succo di due arance,
un cucchiaio d’olio e il pepe macinato fresco, per 3040 minuti. Passato questo
tempo, scolarli dalla marinata (non gettatela), farli
saltare a fuoco vivo in una
padella con dell’olio extravergine d’oliva per pochissimi minuti. Alla Àne,
prima di spegnere, versare
la marinata, alcune fettine
sottili di arancia, le verdure e far amalgamare bene i
sapori; se necessario, regolare di sale. Spegnere, impiattare e servire immediatamente con una spolverata
di prezzemolo tritato.
ALIMENTAZIONE
di Giuseppe Chella
EDUCAZIONE SANITARIA
di Andrea F. Luciani
La visita è ancora necessaria?
Arance
Le arance sono ben note per
la ricchezza di vitamina C e
posseggono anche polifenoli e
antiossidanti preziosi per la nostra
salute. I suoi flavonoidi svolgono
un’azione protettiva nei riguardi
di diverse malattie degenerative
e rinforzano il nostro sistema
immunitario.
La vitamina C è molto utile,
specialmente per gli anemici,
perché favorisce l’assorbimento
del ferro da parte del nostro
organismo. Recentemente,
sulla rivista Cancer Research,
è apparso un importante lavoro
fatto da studiosi italiani che hanno
dimostrato che alcune sostanze
contenute nella buccia delle
arance, i cosiddetti triterpenoidi,
potrebbero essere utilizzati
in un prossimo futuro per la
preparazione di nuovi efficaci
farmaci contro alcuni tumori, in
particolare contro il tumore della
prostata.
Le arance che si distinguono per il
succo rosso sono molto ricche di
antocianine, pigmenti naturali che
hanno uno straordinario potere
antiossidante e svolgono una certa
azione preventiva antitumorale.
Per uso esterno il succo di questi
frutti può essere utilizzato come
idratante; cosparso sulla pelle, è
un aiuto per mantenerla liscia. Le
arance sono un ottimo spuntino per
frenare gli stimoli della fame.
L’apporto calorico è molto basso,
circa 34 calorie per 100 grammi.
Infine l’infuso fatto con la scorza
ha proprietà digestive.
La recessione spinge i cittadini a chiedere informazioni precise sugli stili
di vita da seguire per prevenire le malattie del benessere, come obesità,
ipertensione, tumori. Lo dimostra un’indagine riferita al recente congresso
nazionale organizzato da un importante sindacato dei medici di base ai
quali si rivolge il 92 per cento dei cittadini. Prima della crisi si andava dal
medico per avere una ricetta, per chiedere una visita specialistica. Oggi con
i ticket in continuo aumento e la crisi incombente, gli assistiti dal Servizio
sanitario nazionale cercano di rimanere in buona salute. Scelta intelligente
alla quale però si sarebbe dovuti arrivare con oculate scelte di politica
sanitaria e non costretti dalla crisi incombente.
Ma i medici di base possono rispondere a queste richieste, appesantiti come
sono da una medicina burocratica e computerizzata? Nell’emergenza si
sono rivolti ad una rete televisiva, programmando una serie di puntate che
daranno consigli pratici su come mantenersi sani. Ed è già qualcosa, ma
non basta. Perché solo nel dialogo tra il medico e il paziente si può aprire la
strada per ridare all’infermo la possibilità di essere accettato come persona
sofferente e non come mero portatore di un organo malato. L’avvento della
medicina moderna ha cambiato molto il rapporto medico-paziente. Spesso
l’ammalato passa da uno specialista all’altro, dopo lunghe Àle, privo di
un coordinatore che dovrebbe essere proprio il medico di base, spesso
impossibilitato a svolgere questo importante ruolo in quanto appesantito da
una serie sempre più numerosa d’incombenze burocratiche.
Quale strada intraprendere allora per ritornare a una medicina centrata
sulla persona? La sua visita completa, il primo e più importante atto che
dovrebbe essere consentito al medico curante, liberandolo da tutto il
ciarpame burocratico. Questa, se bene eseguita, può consentire una diagnosi
almeno quattro volte su dieci Àn dall’inizio, con notevole risparmio sui
costi umani ed economici, tenendo anche ben presente quanto il progresso
tecnico-scientiÀco compiuto nel settore della diagnostica e della terapia, sia
cresciuto nell’ultimo mezzo secolo. Ridare dignità quindi all’atto medico più
importante, ora considerato quasi superÁuo, è doveroso.
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Canada
L’arte sul ghiaccio
I
l corpo avvitato su sé stesso in una spirale luminosa e perfetta, i muscoli tesi
fino all’esasperazione, gli occhi chiusi a immaginare la linea precisa, netta,
della lama sul ghiaccio. A ricordare ogni singola angolazione del braccio,
ogni più piccola contrazione del corpo. Nell’attimo del massimo controllo,
l’espressione del viso è sorprendentemente serena, quasi abbandonata a un
piacere sognante. La fatica e la tecnica scompaiono tra le note di Stravinskij,
inghiottite nella rapida successione di figure che Juulia Turkkila, atleta
finlandese, disegna con agilità e armonia per il programma breve femminile dei
World figure skating championships di pattinaggio di figura a London, Ontario,
in Canada. L’allenamento ha impresso così profondamente nella memoria
muscolare la sequenza di movimenti da eseguire, che l’atleta può vivere il
momento, godendo dell’assoluta perfezione dell’esecuzione e regalando agli
spettatori immagini di pura poesia. Tra il freddo e i fumi del ghiaccio, lo sport
diventa arte, si trasforma e plasma i rigidi schematismi di regole e punteggi
in libera espressione creativa. La violenza della lama che graffia la superficie
del ghiaccio assume i toni dolci e desiderabili del colore che tinge la tela,
disegnando percorsi di inaspettata bellezza.
Elena D’Angelo
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Attualità
Città Nuova - n. 7 - 2013
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D. Cummings/AP
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Attualità
MEDIA
di Claudia Di Lorenzi
Editoria oltre la crisi
Giornali di successo
Buone nuove per l’editoria in crisi. Se in Italia nell’ultimo anno la crisi
economica, insieme all’avvento dell’era digitale, ha messo in ginocchio
piccole e grandi aziende, d’oltreoceano giunge notizia di alcuni casi
“virtuosi”: si tratta di quattro quotidiani che, contrariamente alla tendenza
dominante, negli ultimi anni hanno visto i loro ricavi aumentare. È ciò che
emerge dal Rapporto del Pew Research Center’s Project for Excellence in
Journalism, che evidenzia come ciascuna di queste testate abbia puntato
su fattori diversi. Il Naples Daily News (Florida) ha potenziato il suo
reparto vendite aumentando i ricavi nel 2011 e nel 2012. Il Santa Rosa
Press Democrat (California) ha avviato un media lab per consultarsi con
le aziende locali e mettere a punto una nuova strategia di marketing. Il
Desert News di Salt Lake City ha registrato una crescita dei ricavi digitali
del 40 per cento all’anno negli ultimi 3 anni. InÀne, in Tennessee, l’editore
del Columbia Daily Herald ha sperimentato idee nuove per accrescere
il Áusso di entrate online e ha portato la perdita annua della testata al
di sotto della media nazionale. In generale, il rapporto evidenzia alcuni
elementi in comune fra le quattro testate, possibili chiavi del successo:
la chiarezza della visione, che vede vertici e lavoratori dell’azienda
profondamente consapevoli del progetto che s’intende realizzare; la
capacità e il desiderio di cambiare in profondità la cultura della testata,
ad esempio conciliando la cultura tradizionale con quella nuova del
giornalismo digitale; il forte impegno sul piano della qualità del prodotto
editoriale, ad esempio scegliendo di mirare e approfondire l’informazione
in alcuni settori, in modo da collocarsi sul mercato come “specialisti”.
Importante – dice il Rapporto – è calibrare gli interventi in funzione del
mercato in cui si opera, cogliendo i vuoti di informazione e interpretando
le attese del pubblico. Per magari decidere, in controtendenza, di puntare
ancora sulla carta stampata.
LA DONNA IN TV
Oltre gli stereotipi
È la rappresentazione di una donna moderna, alle prese con le sfide della quotidianità più diffusa, divisa fra il ruolo di
mamma e moglie e quello di lavoratrice
non di rado in carriera. Un ritratto lontano dai luoghi comuni e dai cliché stereotipati più consunti. È il filo conduttore che
unisce le protagoniste delle fiction che la
Rai si appresta a produrre: produzioni innovative – annuncia il direttore di Rai Fiction, Eleonora Andreatta – che mettono al
centro «nuove figure femminili, legate a
tematiche non obsolete. Donne moderne
e portatrici di valori sani e positivi». Tra
le storie che vedremo, quella di una donna
medico protagonista di Un’altra vita: cresciuta in un ambiente borghese sarà costretta a lasciare la città per un paese del
sud insieme alle figlie, dove dovrà tornare
a fare il medico in un piccolo ambulatorio.
E poi la vicenda di una donna sindaco nella
Locride che combatte la ‘ndrangheta, ed
una serie sul tema della violenza contro
le donne.
FUMETTO D’AUTORE
“Non sono solo nuvolette”
Si tratta di collezioni finora mai esposte,
a firma di alcuni fra i maggiori autori di
fumetti italiani dal secondo dopoguerra ad oggi, fra cui Guido Crepax, Hugo
Pratt, Andrea Pazienza, Francesco Tullio
Altan e Tiziano Sclavi. Strisce custodite
nella Biblioteca Nazionale di Roma, che
raccontano le avventure di Linus, Corto
Maltese e Dylan Dog, o della coppia di
detective Altai & Johnson. Un ricco panorama visibile fino all’11 maggio.
WEB E CONTAMINAZIONI
“Art Talks” di Google
I capolavori custoditi nel MoMa di New
York o nella National Gallery di Londra,
come quelli raccolti nei maggiori musei
del mondo sono spiegati dai direttori
degli stessi musei in video pubblicati su
Google Plus e YouTube. Si chiama Art
Talks, ed è il nuovo progetto di Google
dedicato all’arte.
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Città Nuova - n. 7 - 2013
PERSONAGGI
di Aurelio Molè
A r t e e s p e t t a c olo
Arte e spettacolo
Michele Afferrante,
a destra, uno degli autori
de “La vita in diretta”
con Marco Liorni,
il conduttore.
tore afÀnché sia in grado di
sviluppare una capacità critica e creativa. Per questo
la scommessa della tv del
futuro è coniugare la produttività con la competitività mettendo in circolo dei
format che tengano conto
della sensibilità e della curiosità delle persone».
Nella superficie,
la profondità
Il mestiere dell’autore televisivo, secondo l’esperienza di
Michele Afferrante, deve coniugare cultura e leggerezza,
produttività e competitività, qualità e indici di ascolto
I
l mestiere dell’autore televisivo attraversa vari
codici comunicativi: la
parola, l’immagine, i segni, la musica. Michele
Afferrante, originario di Vico del Gargano, in provincia
di Foggia, sposato con due
Àgli, ne è ben consapevole,
essendosi cimentato come
affermato autore di programmi tv nelle maggiori
produzioni italiane, targate
sia Rai che Mediaset. Nel
suo curriculum troviamo
Sanremo 2005, passando
per Porta a Porta, Il senso
della vita, Ciao Darwin.
Negli ultimi tre anni è uno
degli autori di La vita in diretta e di Radio2 days.
Qual è la tv che ami?
«Mi affascina la tv della “spiegazione”, dell’approfondimento, della conoscenza. Da piccolo, mio
padre mi piazzava davanti
alla tv per seguire i programmi di Sergio Zavo-
li. Erano ottimi racconti
televisivi che sapevano
affrontare i problemi del
tempo, portavano dentro i
nodi della società, li sapevano rappresentare, anche
se non li dipanavano».
Che cos’è la qualità di
un prodotto televisivo?
«Qualità vuol dire pensare e progettare un prodotto che non soddisÀ la
domanda del pubblico, ma
vada incontro al telespetta-
Serietà – diceva Brando Giordani – non fa rima
con seriosità. Vale anche
per quella che deÀnisci
“la tv della conoscenza”?
«Certamente perché la
qualità è anche la cultura
che inserisci in un programma perché bisogna
coltivare le coscienze. Non
vuol dire fare programmi
culturali, ma immettere
conoscenze con buon gusto, calore, ironia per una
leggerezza pensosa in ogni
tipo di prodotto televisivo».
Perché la tv è spesso
superÀciale?
«La superÀcialità è costitutiva della tv perché
deve essere sempre accessibile e comprensibile, ma
non vuole dire banalizzazione. Diceva lo scrittore
Hugo von Hofmannsthal:
«La profondità va nascosta. Dove? Alla superÀcie».
Questa è la sÀda: riuscire
a portare in superÀcie la
profondità. È l’ideale regolativo, quello che bisognerebbe fare, anche se poi le
cadute sono inevitabili».
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Arte e spettacolo
TELEVISIONE
di Eleonora Fornasari
The Voice of Italy
Ottimi ascolti per The Voice, nuovo talent di Rai
Due, in onda il giovedì sera in prima serata. Il format, ideato da John de
Mol, già creatore del Grande Fratello, si articola in
tre fasi: le audizioni al
buio, una fase di gara e una
serie di esibizioni in diretta. I giudici sono la mitica
Raffaella Carrà, scopritrice
di talenti, la giovane e talentuosa Noemi, l’impetuo-
Corsi
d’inglese
per giovani in Irlanda
LUGLIO e AGOSTO 201
Per informazioni contattare:
ANDREW BASQUILLE
Tel: 00353 1 2804586
[email protected]
SANTE CENTOFANTI
Tel: 0039 3463459473
[email protected]
Skype: sance27
LANGUAGE and LEISURE IRELAND,
Clarinda Lodge, 30 Clarinda Park West,
Dun Laoghaire, Co Dublin, Ireland
www.lal.ie
Language and Leisure è un’Azienda dell’Economia di Comunione
so Piero Pelù e il pacato e
malinconico R icca rdo
Cocciante. In una scenografia spettacolare ed eccessiva, si parte con le
blind auditions: i giudici
sono girati di spalle, senza
poter vedere i concorrenti;
se la voce li colpisce girano la poltrona sulla quale
sono seduti e si contendono tra loro il prescelto, che
deve decidere a quel punto
con chi stare in squadra.
Lo show si movimenta grazie all’ironia e alla verve
dei quattro giudizi, tra un
Pelù affabile nell’accaparrarsi i concorrenti più talentuosi, e uno sconsolato
Cocciante, non altrettanto
abile nella parola, che quasi nessuno sceglie come
proprio coach, nonostante
l’indubbia esperienza. A
seguire e sostenere i parenti dei concorrenti è il discreto e quasi invisibile attore/conduttore Fabio Traiano. Forse The Voice acquisterebbe maggior ritmo
se gli autori riuscissero a
modulare meglio l’alternarsi di alti e bassi, di casi
deboli e forti, sviluppando
di più il senso del montaggio e della narrazione, che
Ànora risultano i punti deboli del programma. Nonostante lo show risulti a tratti ripetitivo, intriga e innova, soprattutto con il tentativo di dare risalto alla voce, senza farsi deviare dal
pregiudizio, positivo o negativo, che invece una prima impressione estetica
può dare.
TEATRO
CINEMA
di Giuseppe Distefano
Il grande e potente Oz
Questa volta a cadere nella trappola della serialità, uno dei grandi mali del cinema contemporaneo, è nientemeno che Il Mago di Oz, di cui Sam
Raimi mette in scena le vicende che precedono
gli eventi narrati nel celebre Àlm di Fleming del
1939. Con un occhio al Tim Burton di Alice e un altro al Martin Scorsese di Hugo
Cabret, ma senza la purezza visionaria del primo né la sottigliezza metaÀlmica del
secondo, Raimi governa con mestiere la macchina degli effetti speciali, non aiutato da una sceneggiatura debole e da un cast non particolarmente a proprio agio.
Regia di Sam Raimi, con James Franco, Mila Kunis, Michelle Williams.
Cristiano Casagni
Gli amanti passeggeri
La commedia brillante che Pedro Almodóvar ha inscenato dentro un aereo in
difÀcoltà sopra i cieli di Toledo non perde,
sembra, un colpo: ha ritmo per un’ora e mezzo, battute, attori sciolti, anche troppo. La
storiella è semplice: un gruppo di variopinti personaggi sono costretti a misurarsi con la vita – leggi: sesso, amore e morte – sull’aereo con un guasto che può
preludere alla Àne. Il Àlm vorrebbe essere una metafora sia della Spagna attuale
(depressa e falsamente contenta) e sia della vita stessa, in bilico tra rischio e
timore. Ma la brillantezza dura poco. Il Àlm scivola in manierismi, cliché e non
sfonda, ma resta sul divertissement del già visto.
Regia di P. Almodóvar. Interpreti: Alex Acero, Antonio Banderas, Penélope Cruz.
Giovanni Salandra
Il lato positivo
Il titolo esprime l’ottimismo di un trentenne
che, uscito da una clinica psichiatrica, si sforza di reinserirsi nella vita normale, superando
i sospetti di quanti lo avvicinano, alcuni dei
quali “schizzati” pure loro. La vivacità dei loro
comportamenti non lineari rimanda al mistero
della mente che, anche se per vie tortuose, può pervenire alla luce rasserenante
del rapporto con l’altro. Commedia sui generis, ricca di umorismo, che mostra
alla Àne anche i risvolti romantici e una lieta conclusione.
Regia di David O. Russell; Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Robert De Niro.
Raffaele Demaria
VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE FILM
Il grande e potente Oz: consigliabile, semplice (prev.).
Gli amanti passeggeri: complesso, scabroso.
Il lato positivo: consigliabile, semplice (prev.).
La grande magia
Successo della stagione dovuto,
oltre alla doppia firma – di Eduardo
De Filippo e del figlio Luca, ora
interprete e regista – alla rarità della
messinscena, rappresentata solo
due volte: dallo stesso autore, e da
Giorgio Strehler nel 1985. Profetica
la riflessione di Eduardo, che già
nel dopoguerra prospettava un
mondo d’imbonitori e di furbi che,
manipolando la realtà, vogliono far
credere l’inverosimile, rendendo gli
uomini incapaci di percepire la verità.
Perfetta metafora dei nostri tempi.
L’illusionista professor Marvuglia
fa sparire dentro un sarcofago la
moglie di un uomo geloso, la quale in
realtà fugge con l’amante (il quarto
d’ora di fuga si prolungherà per
quattro anni). Al marito il mago farà
credere che lei sia rinchiusa in una
scatola. Potrà aprirla solo se convinto
della sua onestà, pena la definitiva
scomparsa. Questi terrà chiuso e
serrato a sé il cofanetto, vivendo
una falsa illusione anche quando
la ravveduta ritornerà. Pur di non
accettare la realtà farà eclissare la
consorte per sempre, fingendo di non
riconoscerla. E ponendo fine anche al
ruolo dell’illusionista-cialtrone, che
fino ad allora avrà speculato sulla sua
follia. Dall’evidente vena pirandelliana,
La grande magia è spettacolo brillante,
con tutti gli elementi della grande
tradizione artigianale, ma dalla
recitazione spesso caricaturale e
un marchio di regia troppo museale.
Menzione per bravura a Massimo De
Matteo, il marito illuso.
Al Quirino di Roma e in tournée.
Arte e spettacolo
MUSICA LEGGERA
di Franz Coriasco
Nick Cave:
lontano dal cielo
Push the sky away, un
cielo da spingere lontano. Così s’intitola l’atteso
ritorno discograÀco di
Nick Cave, il più europeo
dei song-writers australiani, certo una delle voci
più rappresentative della
canzone d’autore rock di
questi ultimi decenni. Un
grande album, manco a
dirlo; uno di quei dischi
che sembrano contenere in
forma compressa le urgenze e le mancanze dell’oggi, ma offerte in forma
poetica, non sociologica:
«All’albero non importa
quel che canta l’uccellino,
noi andiamo giù come la
rugiada del mattino», canta nell’incipit del disco.
Con quella voce scura, suadente e sospirosa,
spesso circondata da corali
d’inÀnita dolcezza o dolenza, Cave ricorda a tratti
il miglior Leonard Cohen,
altrove Johnny Cash, Lou
Reed, David Bowie, o Neil
Young. Come dire alcune
tra le griffe più fascinose
dell’epopea rockettara. Ma
qui le sue rime affondano
gli artigli nel presente, mostrandone senza omissioni,
ma anche con una certa
sorniona
misericordia,
le derive e le ansie. Sono
passati cinque anni dal
precedente lavoro realizzato coi fedeli Bad Seeds;
un lustro durante il quale
Cave non è certo rimasto
66
Città Nuova - n. 7 - 2013
con le mani in mano, ma
nei quali ha evidentemente
focalizzato l’anima, la poetica (addirittura l’epica, in
qualche episodio) che sarebbe andata a sorreggere
queste nuove canzoni. In
una sarabanda d’ossimori,
di metafore, di chiaroscuri mistici, il Nostro cavalca ballatone malate di
blues, minimalismi folk,
talking tenebrosi: perfette impalcature sulle quali
appoggiare lamentazioni
giobbiane, grafÀ felini, e
il faticoso sopravvivere di
sentimenti sempre più nebulizzati: «Sì, la volontà
d’amore, l’emozione dell’amore, ma il vento gelido
dell’amore da scendendo,
gente» canta sulla chiusura
di Water’s edge. È un gran
frullare di richiami colti e
popolari, spirituali e car-
nali, dove si passa da Wikipedia al Buon Pastore, o
dove un’Hanna Montana
s’inÀla nel blues del Bosone di Higgs.
CD e DVD novità
LA SERVA PADRONA.
MUSICA DI G.B.
PERGOLESI
Il capolavoro
buffo del giovane
genio che fece
furore all’epoca
è inciso insieme
al serio Il prigionier superbo. L’edizione è
del Pergolesi Festival di Jesi con la regia
di Henning Brockhaus, la direzione di
Corrado Rovaris alla testa dell’Accademia
Barocca dei Virtuosi Italiani. Un bel gruppo
di cantanti attori molto vivaci, fra cui
Alessandra Marianelli e Carlo Lepore. 2 dvd
Arthaus Musik. (m.d.b.)
SIMONE CRISTICCHI
“Album di famiglia” (Sony Music)
La capacità di raccontar
la vita e cantarla senza
fronzoli né retoriche;
le lezioni dei maestri
del cantautorato italico
assimilate e personalizzate.
Il nuovo album dimostra
che lentamente, ma con
passo sicuro, la carriera
del trentaseienne romano
continua a maturare. (f.c.)
EVERYTHING EVERYTHING
“Arc” (Rca)
Pop elettronico pieno di
vitalità quello proposto
da questo quartetto di
Manchester, che approda
alla delicata prova con una
manciata di nuove canzoni
gradevoli ed eleganti, ma
che lasciano solo intravedere
l’indubbio potenziale di uno
dei gruppi più trendy del
momento. (f.c.)
APPUNTAMENTI
MUSICA CLASSICA
di Mario Dal Bello
a cura della Redazione
Le maschere di Macbeth
Musica di G. Verdi. Trieste,
Teatro Verdi
La Lady raggomitolata fra le streghe. Sullo sfondo le scene semoventi in grigio; per aria sulle altalene spiritelli dannati. Il dramma
scespiriano musicato da Verdi vive in un’atmosfera ambigua, magica. I personaggi hanno le facce
coperte di cerone pallido, grandi occhi cerchiati, vestono costumi in grigio,
ingombranti. È il medioevo nebbioso di Josef Svoboda, riproposto da Benito Leonori.
Tragedia del potere cercato con ogni mezzo, della gelosia che genera sangue e morte, l’opera verdiana (1847) è corrusca, gonÀa di oscurità psicologiche, pur se il bene trionfa sul male. La regia di Henning Brockhaus si
impunta sulla Lady, dall’ambizione resa cieca e pazza in una scena lancinante, sostenuta da archi e clarinetto.
Pochi i movimenti: solo gesti forti, mimiche plastiche, esaltate dalle proiezioni. Sul podio il giovane direttore Giampaolo Bisanti è slanciato, un bel gesto
di fronte ad una orchestra melodiosa. Dimitra Theodossiou è canto spezzato,
aguzzo, maschera dirompente della Lady; Macbeth, l’argentino Fabian Veloz
al debutto italiano – scoperta di Claudio Orazi, soprintendente –, è baritono
ampio e caldo. Spettacolo fascinoso, Verdi ci prende ancora di petto.
DELVAUX SURREALISTA
Da De Chirico a
Magritte, da Max
Ernst a Man Ray, la
rassegna esplora
una stagione ricca
di fantasia dell’arte
occidentale. Delvaux
e il Surrealismo.
Fondazione Magnani
Rocca, Mamiano di
Traversetolo (Parma).
Fino al 30/5 (catalogo
Silvana editoriale).
RESTITUZIONI 2013
La XVI edizione di
tesori d’arte restaurati
presenta 250 opere
da tutta Italia dal
secolo VIII all’800.
Restituzioni 2013.
Napoli, Capodimonte
e Palazzo Zevallis
Stagliano. Fino al 9/7.
ALÌ HA GLI OCCHI AZZURRI
Di Claudio Giovannesi. Con
Nader Sarhan, Stefano
Rabatti. Due amici, uno
egiziano e l’altro italiano, alla
periferia romana, vivono tra
furti e discoteca. Un viaggio
neorealistico sulle nuove
vite giovanili. In italiano con
sottotitoli, trailer. 01. (m.d.b.)
BREAKING DAWN
Di Bill Condon. Con Kristen
Stewart, Robert Pattinson. La
saga finale dei vampiri che
ha sfondato al botteghino
è una miniera di extra,
fra documentari, speciali,
interviste, commento del
regista. In italiano con
sottotitoli in inglese. 2 dvd.
Eagle. (m.d.b.)
TRILOGIA DELLA VILLEGGIATURA
Di Massimiliano Pacifico. ll
film ricostruisce le tappe della
tournée internazionale dello
spettacolo diretto e interpretato
da Toni Servillo. Un film sul
teatro, attraverso un confronto
intenso con luoghi, culture
e stili di vita diversi. Dvd
Feltrinelli Real Cinema. (g.d.)
FUTURE FILM FESTIVAL
La XV edizione dedicata
alle tecnologie
applicate a cinema e
new media si incentra
sul lato “mostruoso”.
Future film festival.
Bologna, dal 12 al 14/4
FOTO ANNI ’70 E ’80
80 scatti dei più grandi
fotografi internazionali,
da Bruce Weber a
Oliviero Toscani, con
oggetto la cultura
degli anni ’70 e ’80.
Fotografie, palazzo
Cremonini, Modena,
fino al 6/4.
COREA E ITALIA
Una riflessione su
due distanti culture
che s’incontrano sul
pensiero e sui linguaggi
attorno al concetto del
monocromo bianco.
Opere della creatività
emergente italiana,
accanto ad opere
coreane dai maggiori
musei. White&White,
Roma, Museo Carlo
Bilotti, fino al 2/6.
ARTE FIGURATIVA
Un percorso sulla
pittura figurativa
contemporanea. De
Chirico, Morandi,
Sironi, accanto ai
Bolla, Eskinja, Ontani,
De Dominicis, Penck.
(P)arerga & (P)
aralipomena della (P)
ittura, Bonelli LAB,
Canneto sull’Oglio
(Mn), dal 13/4 al 22/6.
C u l t Cuurlat u er a tee nt ede
nze
ndenze
L
a Bibbia è un libro
molto vecchio, ma
sempre giovane. Forse per questo qualcosa da dire sull’invecchiamento ce l’ha. Nelle
parti più antiche del Primo
Testamento ci s’imbatte
in un ritornello: una vita
ricca di giorni è segno di
benedizione dell’Eterno e
premio d’una vita santa.
Ricompensa del giusto è
che «tu sia felice e goda
lunga vita sopra la terra».
Nelle prime pagine della Genesi s’incontra una
serie di personaggi che
procreano dopo i cent’anni e vivono tranquillamente oltre la soglia dei 900:
Adamo, Enoc, il leggendario Matusalemme che
sbaraglia tutti a quota 969.
Non si riesce a spiegare
queste età incredibili, se
non interpretandole come
simbolo del favore divino: il calendario ebraico,
infatti, è sì lunare, ma ciò
non basta a dar ragione
di numeri così elevati. La
Bibbia stessa sembra accorgersi dell’esagerazione
e riporta le parole con cui
Dio Àssa il limite: «Il mio
spirito non resterà sempre
nell’uomo, perché egli è
carne e la sua vita sarà di
centoventi anni». Niente
male!
La Bibbia ci presenta
poi Dio intento a stipulare
l’alleanza con l’umanità.
E, come suo solito, non lo
fa in maniera spirituale,
ma con atti concreti, intersecando la vita di uomini
e donne. L’alleanza diventa fecondità, un bambino.
Lo stesso accadrà nella
68
Città Nuova - n. 7 - 2013
PROTAGONISTI SEMPRE
di Michele Genisio
nuova alleanza. Sara – una
gran bella donna – era sterile, e senza Àgli avanzava
nella vecchiaia. Per lei era
cessato quello che avviene
regolarmente alle donne, e
anche il suo sposo Abramo non era più un galletto di primavera. Tanto
che quando Dio gli rifece
la promessa del Àglio, lui
rispose un po’ acido: «Ad
uno di cento anni può nascere un Àglio? E Sara
all’età di novanta anni potrà partorire?».
All’inizio del Nuovo
Testamento troviamo una
situazione analoga con
Elisabetta e Zaccaria. Entrambe le coppie avranno
poi un Àglio ben oltre la
zona Cesarini. Dio, nell’inaugurare sia la prima sia
la nuova alleanza, sembra
volersi appoggiare proprio
sugli anziani, per manifestare la sua potenza e
presenza. La Bibbia, con
questi due casi, sottolinea
inoltre il legame tra vecchiaia e fecondità.
A parte l’arzillo Abramo – che dopo la morte di
Sara si risposa con Chetura e ha ben sei Àgli (alla
faccia del vecchietto!) –,
la fecondità non è limitata
alla procreazione, ma può
avere mille volti, che vanno da varie forme di creatività alla fecondità spirituale, come ben sa chi
sceglie una vita di consacrazione a Dio. Questo tipo di fecondità è possibile, anzi necessaria, in ogni
età e in ogni stato di vita.
Senza di essa si è vecchi
anche se giovani d’età.
Vecchiaia
e fecondità
Abramo, Barzillai, Simeone.
Ma anche Anna, Noemi e Sara.
Gli anziani della Bibbia,
portatori di luce e speranza
Senza di essa ci si chiude,
ci s’impoverisce. Chi la
sperimenta sa invece cantare sulle note del Salmo:
«Egli sazia di beni i tuoi
giorni e tu rinnovi come
aquila la tua giovinezza».
La Bibbia ci presenta
poi Noemi, donna anziana
e sfortunata, che dopo le
prove durissime della vedovanza, della perdita dei
due Àgli e della povertà,
scopre in Rut – nuora fedele che le rimane accanto nei momenti duri – una
che «vale più di sette Àgli». Sarà Rut, risposandosi non più giovincella
con Booz, a darle la gioia
inaspettata di diventare
nonna. Le sue amiche festeggeranno gridando: «È
nato un Àglio a Noemi!».
Restare accanto agli anziani, come ha fatto Rut,
può far riscoprire la gioia
della vita.
Continuando a sfogliare le pagine c’imbattiamo in Barzillài, che «era
molto vecchio: aveva
ottant’anni». Lui, uomo
facoltoso, aiuta re Davide
in fuga dandogli viveri.
Quando Davide può tornare vincitore a Gerusalemme vuole ricambiare
tanta generosità: «Vieni
con me; io provvederò al
tuo sostentamento». Ma
Barzillài declina l’offer-
A sin.: Rembrandt, “Il vecchio Simeone”
(Nationalmuseum, Stockholm). Sotto: Rembrandt,
“La sacerdotessa Anna” (Rijksmuseum, Amsterdam);
Caravaggio, “Abramo”(Galleria degli Uffizi, Firenze).
ta. Non ha più interesse
per la vivacità della vita
di corte e sa di essere pienamente autosufÀciente:
«Posso udire ancora la
voce dei cantori e delle
cantanti? E perché allora il tuo servo dovrebbe
essere di peso al re mio
signore? Lascia che il
tuo servo torni indietro e
che io possa morire nella
mia città presso la tomba di mio padre e di mia
madre». Tanta dignità e
compostezza commuovono il re Davide, che prima
di attraversare il Àume
Giordano «baciò Barzillài
e lo benedisse».
All’apertura del Nuovo
Testamento troviamo poi
altri due anziani, Simeone e Anna, che stanno nel
Tempio. Entrambi riconoscono Gesù appena nato
come il Messia atteso.
Loro vedono ciò che altri
Città Nuova - n. 7 - 2013
69
VECCHIAIA E FECONDITÀ
non vedono, anche se la
loro vista è indebolita dagli anni. La vecchiaia che
diventa profezia e visione
è il frutto maturo d’una
vita spesa bene. Da questi esempi è chiaro che
gli anziani della Bibbia
non evocano tristezza, ma
sono portatori di luce e di
speranza. Però, si sa… la
Bibbia è grandiosa. Afferma una cosa e subito dopo fa volgere il capo verso un altro aspetto della
realtà, sempre complessa.
Il libro del Qoelet presentai lati grigi dell’età
che avanza: «Ricòrdati
del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza,
prima che vengano i giorni tristi e giungano gli
anni di cui dovrai dire:
non ci provo alcun gusto». Con poeticità sublime e allegorie struggenti,
Qoelet dipinge l’anziano
che mette in discussione
il gusto della vita: s’accorge che le forze diminuiscono, l’udito e la vista s’indeboliscono, «si
offuscheranno quelle che
guardano dalle Ànestre»;
la minima cosa fa paura,
«quando si avrà paura
delle alture e degli spauracchi della strada»; sente la mancanza della voglia di cantare, il sonno
fuggevole, l’impazienza
che cresce «quando si attenuerà il cinguettio degli
uccelli e si afÀevoliranno tutti i toni del canto»;
s’accorge che la virilità
s’esaurisce, «quando il
cappero non avrà più effetto». Ma anche in questa circostanza l’anzia-
70
Città Nuova - n. 7 - 2013
Un altro passo dei Vangeli è ancora più potente,
quando Gesù sulla croce
urla: «Dio mio perché mi
hai abbandonato?». Tanti
anziani – ma anche giovani e bambini – sono
malati, subiscono il deterioramento implacabile
delle funzioni vitali. Gesù non ha sperimentato la
vecchiaia, ma negli ultimi
giorni di vita ha sofferto
duramente e ha vissuto il
sentimento dell’abbandono dagli amici e soprattutto di Dio. Chi sa unire
il proprio dolore a quello
dell’Abbandonato fa l’esperienza d’intravedere la
vicinanza d’una nuova e
più bella forma di vita: la
resurrezione.
Il libro del Qoelet presenta l’anziano che mette in
discussione il gusto della vita. Ma anche a questa età
si può scoprire la tenerezza e donarla ai più giovani.
(2) Riccardo Bosi
Cult ura e tendenze
no può scoprire un altro
tesoro: la tenerezza, una
forma di sessualità sperimentabile e necessaria
in ogni età; con la possibilità di donare quest’esperienza ai più giovani,
che davvero ne hanno bisogno.
C’è poi un passo del
Nuovo Testamento che
dipinge con tocco potente una situazione vissuta
da tanti anziani: «Quando
sarai vecchio tenderai le
tue mani». Sono parole di
Gesù a Pietro. Chi non è
autosufÀciente, chi ha bisogno d’essere accudito,
sa quanto devastanti siano
queste parole. Tendere le
mani è un gesto che crea
disagio, che può umiliare.
Al termine di questa
breve carrellata biblica,
vorrei augurare a me e a
voi una vecchiaia e una
morte simile a quella di
tanti protagonisti della rivelazione divina: tipi come
Giacobbe, Mosè, Giosuè,
Davide, che sono passati
all’altra vita – accomiatandosi da Àgli e amici – dopo
una vita intensa, coraggiosa, vissuta alla presenza di
Dio, ricchi di anni e nella
pienezza delle loro facoltà. Così capitò ad Abramo che, sforando il limite
posto da Dio, visse Àno a
centosettantacinque anni:
«Abramo spirò e morì in
felice canizie, vecchio e
sazio di giorni, e si riunì ai
suoi antenati. Lo seppellirono i suoi Àgli, Isacco e
Ismaele, nella caverna di
Macpela».
Michele Genisio
SFIDE
di Elena D’Angelo
Cultura e tendenze
Una generazione
nella terra di mezzo
I
Il digitale porta con sé
la possibilità di diminuire
le differenze sociali.
Tra analogico e digitale,
in bilico tra il recente passato
e l’incalzante futuro
video-editing, dalla registrazione alla lavorazione
del suono, Àno all’elaborazione di contenuti originali
che trovano nelle Digital
Arts una propria compiuta
deÀnizione. La piramide
dell’analogico, in cui la paralisi dell’accesso al sapere
ha spesso creato profonde
differenze sociali, sembra
deÀnitivamente abbattuta
da una più accessibile piattaforma di competenze, cui
chiunque può accedere at-
traverso la produzione e la
condivisione di contenuti.
Ma qualcosa frena gli entusiasmi di una generazione
non del tutto nativa digitale.
È l’antico, profondo retaggio
che ha radici nella diffusa
convinzione che chi lascia la
strada vecchia per la nuova,
sa quel che lascia ma non
sa quel che trova. La nostra
cultura è profondamente
storicamente legata all’idea
del cambiamento come fattore di perdita, storicamente
Così, tra uno sguardo nostalgico al passato e un’occhiata affascinata al futuro,
i giovani nati a cavallo tra il
vecchio e il nuovo millennio, sono come paralizzati:
meglio il libro cartaceo o
l’e-book? Meglio una lettera o un’e-mail? Meglio
una Moleskine o il blog?
Meglio un caffè al bar o un
hang-out su Google+?
R. Smith/AP
nati negli anni Ottanta
si sono puntualmente
trovati sulla linea di
conÀne tra analogico e
digitale, tra realtà e virtuale. Il detto né carne né
pesce sembra calzare perfettamente a questa generazione, sempre in bilico tra
la nostalgia per il Vhs e le
audiocassette e l’attrazione
fatale per il Divx e l’mp3.
Ma cosa attrae questi trentenni nel vortice delle nuove
tecnologie digitali? E qual è
il gancio che ancora li tiene
legati al mondo analogico?
La velocità e la semplicità sembrano gli aspetti
più accattivanti dell’era digitale: con i nuovi supporti
tecnologici tutto è alla portata di tutti. Penso all’accesso alla cultura e al sapere reso possibile dall’apertura online di numerosi
archivi che consentono,
anche ai navigatori di Rete
meno esperti, di accedere
ad una vasta quantità di
informazioni prima ingabbiate nelle polverose biblioteche comunali o nelle
emeroteche. Penso alla
creatività che ha trovato
nelle nuove tecnologie un
vastissimo campo di applicazione: dalla fotograÀa al
votata all’istintiva conservazione dello status quo e al
sospetto verso tutto ciò che
non ha passato il vaglio di
una solida e certiÀcata competenza. Ma l’evidenza è che
la generazione precedente
non ha alcuna conÀdenza
con le nuove tecnologie e
ha trasmesso ai trentenni
un generale sospetto verso
il nuovo mondo del digitale,
nel quale invece la generazione successiva sembra
avere trovato il suo naturale
ecosistema.
Città Nuova - n. 7 - 2013
71
Cultura e tendenze
ANNIVERSARI
di Alberto Lo Presti
E
state del 1513: Messer Niccolò Machiavelli è quasi senza
denari, con moglie
e Àgli a carico. Vivono fuori Firenze, in
mezzo alla campagna
e ai boschi. Fa una vita modesta e ritirata, rispetto a quando guidava
la diplomazia Àorentina.
La mattina si alza e va a
caccia di tordi; poi sega
la legna del bosco, assieme ad altri, per venderla.
Ogni tanto qualcuno cerca di imbrogliarlo, e a lui
tocca fare la voce grossa.
A una certa ora, si ferma vicino a una sorgente, con un libro di Dante
o Petrarca fra le mani.
Una tappa Àssa è l’osteria, nella quale gioca con
gli altri frequentatori a
“criccha” e a “trichetach”, spesso Ànendo in
lite ogni competizione,
con le urla che si odono Àno al vicino paese
di San Casciano. Venuta
la sera, però, si ritira in
casa, si toglie il fango
dai vestiti, indossa degli
abiti consoni – quelli che
portava da segretario della repubblica Àorentina
–, si pone allo scrittoio e
rientra nel suo vero mondo, quello fatto «dalle
antique corti degli antiqui huomini», e per quattro ore dialoga con loro.
Niente e nessuno riesce
più a distoglierlo da ciò.
Nasce così Il principe:
è un “opuscolo”, anzi un
“ghiribizo” (deÀnizioni
dello stesso Machiavelli),
ed è ancora oggi fra gli
scritti di politica più citati
72
Città Nuova - n. 7 - 2013
Un manuale
di sopravvivenza
politica
500 anni fa “Il principe” di Machiavelli.
Il genio dei romani: la libertà
al mondo (anche da quelli che non l’hanno mai
letto). Sarebbe sbagliato
credere che fu scritto solo per evadere dalla dura
vita quotidiana. L’autore
era quel segretario Àorentino caduto in disgrazia
dopo le sfortunate vicende della repubblica. Era
stato dimenticato, emarginato, nonostante le sue
grandi doti politiche e
diplomatiche. I Medici,
tornati signori, lo risparmiarono – dopo averlo
imprigionato e torturato –
e, respingendolo da Firenze, l’hanno idealmente
donato all’umanità. Infatti, Machiavelli vuole mostrare all’ultimo rampollo
della famiglia medicea
che lui può ancora tornare
utile alla signoria
Àorentina, perché
in fatto di governo è assai bravo.
E scrive Il principe, appunto. Nasce dunque un po’
disperato, un po’
rufÀano: gl’ingredienti necessari,
in quello scorcio
di Rinascimento,
per diventare un
capolavoro.
A prima vista,
è un manualetto
di strategia – o
meglio, di sopravvivenza – politica. Insegna che
l’ambizione da sola non basta mai
per vincere le
sÀde. E di ambiziosi la storia del
Quindicesimo secolo ne ha contati
davvero troppi.
Innanzitutto i sovrani francesi di
quel tempo. È celebre lo scambio
di battute fra Georges d’Amboise,
arcivescovo
di
Rouen e consigliere del re, e lo
stesso Machiavelli: il primo fece la battuta
che gl’italiani erano incapaci alla guerra, al che
Machiavelli replicò che i
francesi non erano adatti
alla politica, considerando che l’azione di conquista della penisola ordita da Luigi XII sortì gli
effetti di rafforzare i loro
nemici, cioè gli spagnoli
in Italia e il potere della
Chiesa di Roma.
La battaglia di Agnadello (dipinto di Pierre-Jules Jollivet),
combattuta il 14 maggio 1509 tra francesi e veneziani,
fu presa a spunto da Niccolò Machiavelli (1469-1527).
A fronte: il famoso sorriso del politico e scrittore
fiorentino (ritratto di Santi di Tito).
Ai troppo ambiziosi
si devono aggiungere i
troppo sprovveduti, cioè
quelli che per interessi di
piccolo cabotaggio hanno
di fatto messo in pericolo
la propria città, se non la
penisola tutta. Sono quel-
li che, per vendicarsi del
principato vicino, chiamano in loro soccorso le
potenze d’Europa, le quali
arrivano e prima di andarsene occupano e governano su tutto. Su tutti, Venezia e il Regno di Napoli.
Attraverso le
storie di condottieri, principi, imperatori – da Ludovico il Moro a
Cesare
Borgia,
da Vitellozzo Vitelli a fra’ Girolamo Savonarola –, Machiavelli fa emergere il
genio politico dei
romani. Avevano
intuito che per
governare i popoli conquistati bisognava lasciarli
liberi, non sfruttarli, tanto meno
distruggerli. La
libertà, infatti, è
una risorsa pregiata, l’unica per
cui valga la pena
morire. Machiavelli è un grande
estimatore della libertà, e solo
una superÀciale
conoscenza delle
sue opere può ancora sostenere il
contrario. Basta
guardare all’altra
sua grande opera
politica, i Discorsi sopra la prima
deca di Tito Livio, per trovarsi di fronte all’esaltazione della
repubblica retta da leggi
buone, basata sulle virtù dei cittadini e dei loro
governanti, amante della
libertà e della partecipazione di tutti alla cosa
pubblica. Ma c’è tempo
per ricordare i Discorsi:
nel 2017, quando ricorreranno i 500 anni dalla
loro stesura.
Città Nuova - n. 7 - 2013
73
Cultura e tendenze
IL PIACERE DI LEGGERE
a cura di Gianni Abba
La democrazia è civiltà
ERMANNO OLMI
L’apocalisse è un lieto Àne
Rizzoli
euro 18,00
Olmi ci regala lo straordinario racconto della
sua vita, in un affresco
dalle mille tonalità: stati
d’animo, dialoghi, attese,
nostalgie, poesia e sogno.
Ci induce a riÁettere sulle piccole e grandi cose
di cui l’esistenza è ricca,
guardando la bellezza della vita, di cui riusciamo a
cogliere solo barlumi.
Il cinema è stato la sua
vita, tuttavia non si sofferma molto sulle sue opere,
quasi a dirci che in fondo,
per lui, lo scarto tra cinema e vita è zero. Tutto il
suo vissuto – circostanze,
sensazioni, riÁessioni, ricerche, attimi di felicità o
dolore –, è diventato linfa
vitale per il suo lavoro.
E poi l’infanzia, la scuola, il lavoro, gli amici, i pa-
74
Città Nuova - n. 7 - 2013
renti: pagine indimenticabili dove s’impasta il vero col
falso, il bello col brutto, il
buono col cattivo e si ripercorre la storia non sempre
lieta di questa nostra Italia.
Olmi prospetta il percorso nuovo da intraprendere nel rispetto di ogni
uomo e del creato, attingendo proprio dai ricordi
pieni di felicità: «Sono stato spesso tacciato di essere
nostalgico. Alla mia età
però posso dire a tutti, col
massimo rispetto, che non
me ne importa un bel niente. Anzi, rivendico il mio
diritto di godere pienamente della mia nostalgia.
Cos’è, se non la nostalgia,
a farmi ritrovare i momenti
in cui sono stato felice?».
C’è il desiderio di un
futuro senza più guerre e
violenze. E c’è uno scandalo
quotidiano da cui non possiamo distogliere lo sguardo: «La patria di tutti è la
patria della democrazia. In
particolare per voi giovani:
adesso è venuto il vostro
tempo. Non fate come noi
che ci siamo accontentati
di affermare i principi della
democrazia e non abbiamo
vigilato sui nostri comportamenti. Oggi i fondamenti
della Costituzione sono in
pericolo. Col rischio che si
scivoli lungo una china dove
i principi di giustizia e solidarietà potrebbero essere incrinati dagli interessi di pochi. La democrazia è civiltà
e insieme un atto d’amore».
Pasquale Lubrano
ELISA CASTIGLIONI GIUDICI
La ragazza
che legge le nuvole
Il Castoro
euro 13,50
Proposto al premio
Bancarellino, il libro si
fa notare per la piacevole
narrazione di una vicenda
che racconta di identità,
affetti solidi e carattere.
La giovane Leela dall’India incantata va a vivere
con la famiglia nel freddo
New England. Un salto che
obbligherà tutti a misurare
le forze per integrarsi, valorizzando le proprie ricchezze umane. Sullo sfondo, l’eredità più preziosa di
nonna Anu, che Leela ha
accompagnato Àno agli ultimi giorni con complicità,
imparando da lei che con la
Àducia in sé stessi, il rigore,
l’ascolto della natura e del
proprio cuore, si possono
leggere i messaggi che la
vita riserva, mediati dalle
nuvole nel cielo.
Alla ragazza occorrerà
ritrovare il silenzio, il tempo, il coraggio di sperare e
lottare per la giustizia, soprattutto quando, oggetto
di atti di bullismo, Leela
dovrà reagire, denunciare e
costruire relazioni positive
con gli amici.
Un romanzo degno di
lettura, per i numerosi
messaggi inviati ai ragazzi, sollecitati a conoscere
ed amare le proprie radici,
costruendo rapporti ricchi
di umanità, nel rispetto
della diversità.
Annamaria Gatti
LUCA NANNIPIERI
La cattedrale d’Europa
San Paolo
euro 8,50
«Ci vorrà molto tempo
per completare la nostra
chiesa, la Sagrada Familia,
come è successo per tutte
le grandi cattedrali». Sono
tante le pubblicazioni storico-artistiche sulla famosa
grande chiesa cattolica di
Barcellona, tuttora in costruzione, ideata da Gaudì.
Più difÀcile, invece, trovare
qualche opera, come questo prezioso libretto, che
descriva la «relazione che
si crea tra il susseguirsi di
generazioni di individui che
accompagnano l’ediÀcazione della cattedrale e la cattedrale stessa». Sì, perché
Gaudì non voleva costruire
un monumento, ma «una
maestosa opera corale»,
ediÀcata nel tempo grazie a
libere donazioni: «la chiesa
di un popolo unito». Con
intorno scuola, cripta, chiostro e 18 torri. Ma soprattutto bella, «perché spesso
nella bellezza le persone si
uniscono, e la bellezza senza comunità non vale nulla». Da non perdere.
Gianni Abba
IN LIBRERIA
ANSELMO PALINI
Pierluigi Murgioni
Dalla mia cella posso
vedere il mare
Editrice Ave
euro 14,00
Scelta dei poveri e denuncia delle ingiustizie. Palini ricostruisce un pezzo di
storia della Chiesa italiana
tramite la vicenda di un
giovane prete di Brescia,
missionario in Uruguay negli anni della dittatura. In
una fase della storia dell’America Latina dove ha imperato la dottrina politica
della sicurezza nazionale
appresa alla scuola di repressione e tortura, la famigerata School of Americas
con sede negli Usa, c’è chi
si è posto la domanda: «In
che modo parlare di Dio
che si rivela come amore
in una realtà marcata da
povertà e oppressione?».
La biograÀa di don Murgioni (1942-1993) diventa, così, risposta corale di
padri e madri di famiglia
sconosciuti a domande che
affondano nella coscienza
personale per diventare seme di comunità. Gli anni di
torture e privazioni, patiti
nel carcere di massima sicurezza, lasceranno segni
indelebili nel sacerdote costretto a ritornare in Italia
dove continuerà ad offrire
una testimonianza ragionata e credibile di resistenza non violenta al male. È
l’itinerario di un credente,
consapevole della grazia e
dell’incoerenza, che vive
la Chiesa senza lasciarsi
vincere dalla visione pessimistica dell’uomo; anche
quando, tornato in patria,
scopre che si sono diffuse
«idee contrarie a quelle per
cui aveva sofferto, come l’amore per i più deboli». Un
libro che aiuta a comprendere l’inspiegabile vivacità
della società civile italiana
a partire dalle sue radici
profonde.
Carlo Cefaloni
a cura di Oreste Paliotti
SOLIDARIETÀ
Maria Adduci,
“Una vita colorata”.
Gabrielli, euro
12,00 - Lavoro e
scoperte dell’Autrice
nell’associazione
“Una vita a colori”,
per famiglie con
persone affette da
gravi handicap. (p.p.)
EDUCAZIONE
Domenico Cravero,
“L’educazione alla
solitudine”, EMP, euro
10,50 - In questo breve
ma intenso saggio
l’Autore prospetta un
nuovo orizzonte etico
per riconoscere il
valore inestimabile dei
rapporti interpersonali.
IMPEGNO SOCIALE
P. Zanini, “D.V. Turoldo
nella storia religiosa
e politica del ‘900”,
Paoline, euro 20,00
Ricostruire la figura
di Turoldo “politico”
è approfondire
ulteriormente la
complessa personalità
del religioso poeta.
SPIRITUALITÀ
Pippo Corigliano,
“Quando Dio è
contento. Il segreto
della felicità”,
Mondadori, euro 17,50
Una fede gioiosa,
contagiosissima,
realizzante, quella
dell’ex portavoce
dell’Opus Dei. (p.p.)
TESTIMONI
Piero Gheddo, “Fatto
per andare lontano”,
Emi, euro 18,00 - La
biografia completa
del beato Clemente
Vismara (1897-1988),
missionario del Pime
nell’ex Birmania,
attraverso sue lettere
e articoli.
VIAGGI
A. Jelardi, “Storia del
viaggio e del turismo
in Italia”, Mursia, euro
24.00 - Viaggiatori
e turisti, trasporti e
strutture ricettive da
quando partire era un
lusso per pochi sino
al turismo globale e
virtuale d’oggi.
GIOVANI
Rocco Talucci,
“Santi giovani
per giovani santi”,
Monti, euro 13,00
Famosi santi giovani
della storia della
Chiesa, e giovani
del nostro tempo
morti lasciando
un alone di santità.
STORIA
Massimo Zaccaria,
“Anch’io per la tua
bandiera”, G. Pozzi,
euro 17,00 La vicenda
del V battaglione
Ascari in missione sul
fronte libico (1912).
Aspetti poco noti del
colonialismo italiano
in Eritrea.
Illustrazione di Eleonora Moretti
PER BAMBINI DA 3 A 99 ANNI
di Lauretta Perassi
U
n araldo ha annunciato che il
principe Cortese verrà a Borgo
Sperduto, una manciata di case
raggruppate attorno a un piccolo
castello, per ricevere in omaggio
l’uva appena vendemmiata. Da un
capo all’altro del castello, risuona la
voce imperiosa della baronessa Attilia:
«Si lucidi l’argenteria! Si spazzino i
saloni! Si rammendino gli arazzi! Si
tiri fuori la biancheria più fine!». Nelle
misere case del borgo l’agitazione non
è minore: «Attenta, Vivina, con quella
zuppiera, è l’unica che abbiamo! Fa’
presto, Liberata, con il bucato! Bada di
non bruciare il sugo, Ramona!», questi
gli ordini che comare Itala dà alle figlie,
brandendo un grosso cucchiaio di legno,
come fosse uno scettro. La scena si
ripete più o meno uguale in tutte le
case. Gli uomini intanto, a cominciare
dal barone Ariberto, son tutti nelle vigne
a raccogliere i grappoli maturi. Il gran
giorno è arrivato! Scortato da un corteo
solenne, il principe Cortese varca il
portone del castello. I baroni s’inchinano
per primi davanti al principe; dietro
di loro uno stuolo di servitori regge i
vassoi d’argento, stracolmi di grappoli
succosi. Conoscendo la generosità del
Fantasilandia
principe nel ricambiare, non s’è fatto
economia nel donare! Dopo i baroni,
tutti gli abitanti del borgo sfilano
davanti al principe: chi con grosse ceste,
chi con sacchi, chi con i cappelli pieni di
grappoli d’uva. Tutti il principe Cortese
ringrazia con il medesimo sorriso.
Poi fa portare un grosso barile e,
davanti ai baroni estasiati, ordina ai suoi
servitori di colmarlo di monete d’oro:
«Fino all’orlo!», raccomanda. L’estasi
dei baroni è di breve durata.
Con profondo disappunto, vedono che
né il contenitore, né la misura vengono
mai mutati! Anche Irio, un mendicante
che s’è presentato con un grappolo
d’uva in mano, riceve un barile di monete
d’oro, pieno fino all’orlo! La baronessa
Attilia viene colta da una crisi di nervi; il
barone Ariberto pretende, esige, reclama
almeno un altro barile di monete d’oro:
«Per fare giustizia!», grida. «Amico mio
– chiede il principe Cortese al barone
–, tu quanta uva mi hai dato?». «Vi ho
dato tutta quella che avevo, Sire!». «E
tu, Irio, quanta me ne hai data?». «Vi
ho dato tutta quella che avevo, Sire!».
«E dunque, chi ha dato poco, non ha
offerto meno di chi ha dato molto, poiché
entrambi hanno dato tutto!».
Città Nuova - n. 7 - 2013
77
In dialogo
@
M5S al centro
dell’interesse
«Da un esame approfondito dei risultati elettorali
che i commentatori politici
ci sottopongono possiamo
ricavare che il voto 5 Stelle
è frutto più dello scontento
e della protesta che dei
meriti non ancora acquisiti sul campo. Eppure, ciò
che colpisce è il riÀuto, da
parte del nucleo chiuso e
compatto, e diciamolo pure
giacobino, della nuova formazione. Tutta la politica,
i partiti per loro vanno azzerati senza salvare nulla,
malgrado una storia magari macchiata, ma che ci
ha portato ad essere una
solida democrazia liberale.
Tutto il giornalismo merita
disprezzo generalizzato?
L’intera classe dirigente va
dimessa a favore degli inesperti, unicamente per il
fatto che questi ultimi non
risultano compromessi? È
necessario rigettare l’attuale modello di sviluppo
e tagliare tutti i ponti con
il passato? Probabilmente
gli elettori dei “grillini”
non condividono questa
prospettiva, ma vorrebbero
solo un cambiamento effettivo e non di facciata della
cosa pubblica. È auspicabile che l’efÀcace strategia
iniziale del Movimento 5
Stelle lasci il posto ad un
approccio più moderato».
Giancarlo Maffezzoli
Garda (Vr)
Caro Maffezzoli, le consiglio di leggere l’ampio
articolo di Carlo Cefaloni
a pag. 16. È il momento di
capire cosa sia il M5S, ma
78
Città Nuova - n. 7 - 2013
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
di Michele Zanzucchi
anche di metterlo di fronte
alle proprie responsabilità. Il modo migliore per
“stanarli” è, secondo me,
quello di rispondere concretamente alle loro domande
e realizzare i punti, condivisibili dalle altre forze politiche, del loro programma.
@
La Chiesa povera
«La bellissima frase di
papa Francesco: “Come vorrei una Chiesa povera per i
poveri” non deve essere letta
in modo superÀciale. Il papa
ha richiamato la Chiesa a
una vita basata sull’essenziale, ma non alla rinuncia
delle proprie risorse. Se così
fosse come potrebbe sostenere un numero inÀnito di
opere sociali e assistenziali
per i poveri? Non ci vedo
nulla di male se la Chiesa
afÀtta i suoi immobili nei
Paesi ricchi, se poi con il
ricavato costruisce un ospedale in India o una scuola
in Africa. Troppo spesso si
dimentica l’immenso bene
che la Chiesa fa nel mondo».
Jacopo Cabildo
I primi gesti di papa
Francesco sono stati decisamente forti. Semplici
e forti. E così le sue prime
parole. La pressione mediatica è talmente intensa
che nel giro di dieci giorni
i grandi gruppi mediatici
sono riusciti a pubblicare
una dozzina di libri su e
di Jorge Mario Bergoglio.
Facile anche cedere alla
tentazione di interpretare
le parole del nuovo papa.
Io sarei prudente e reste-
rei in ascolto, aspettando
qualche tempo prima di
interpretare.
@
Il vuoto
«Città Nuova è sempre
un dono: ci aiuta a mettere a fuoco problematiche complesse dandoci
speranza. Nell’ultimo
numero c’è un’analisi attenta ed equilibrata di Iole
Mucciconi sulle elezioni
politiche e signiÀcativa è
la domanda Ànale: “Che
si farà?”. Si parla di “governo di scopo” ma ci ricorda tanto quel “governo
balneare” del passato di
cui nessuno avrebbe voluto più sentir parlare.
Segno allora che c’è uno
stallo di fondo nel rapporto governo-opposizione
che blocca il sistema, e se
non rivediamo questo rapporto, oltre alla legge elettorale, non avremo mai
governi di lunga durata.
Importante allora quell’“a
meno che…” suggerito da
Iole con il percorso conseguente sul quale invito
a riÁettere ulteriormente
anche in seguito. Facciamo
allora nostre le parole del
direttore Michele Zanzucchi: “Il momento del vuoto
ci richiede di fermarci di
fronte al precipizio, cercare di capire (assieme!)
perché quel vuoto si è creato e poi industriarsi per
trovare le soluzioni giuste
per passare dall’altra parte
del baratro”. Complimenti
e avanti insieme!».
Tito
Roseto degli Abruzzi
@
Si risponde solo
a lettere brevi, firmate,
con l’indicazione del luogo
di provenienza.
Invia a:
[email protected]
oppure:
via degli Scipioni, 265
00192 Roma
Incontriamoci a “Città Nuova”, la nostra città
CITTÀ NUOVA PER ALLENARE
LA MENTE... E MUOVERE IL CUORE
«Lavoro nel progetto “Allenamente” per l’associazione di cui sono socia (http://associazionemore.wordpress.
com). Operiamo con quaranta bambini suddivisi in tanti
gruppetti, come sostegno alle famiglie che non riescono per tanti motivi a seguirli nel lavoro scolastico pomeridiano. Abbiamo sette insegnanti retribuite e dodici
siamo volontarie. Più della metà di questi bambini sono
stranieri, non tutti hanno difÀcoltà a scuola, anzi! Si va
manifestando un bisogno insolito: alcuni genitori ci afÀdano i Àgli perché questi bambini o ragazzi, in genere
molto dotati, non sopportano la solitudine della loro casa
e reagiscono con una sorta di apatia. In compagnia invece producono (scolasticamente) e sono felici.
«Quando esauriamo la mole dei compiti, portiamo
con noi qualcosa da fare, sempre legato alle abilità di
calcolo, lettura, esposizione orale, dialogo in lingua in-
@
Foto evocative
«Cara redazione web,
prima di tutto, grazie! Fate
un bel lavoro. Vi scrivo
però, per comunicarvi una
mia perplessità. Con la rubrica “Parola di vita” avete
messo una foto, la foto di
una giovane donna. Sicuramente sapete come il
cervello lavora, come riesce a connettere informazioni, parole, immagini.
Sicuramente! Anche per
questo avete messo la foto
di questa giovane donna. Il
testo della Parola di vita di
marzo parla di una donna.
Di una donna adultera. Sicuramente avete capito che,
mettendo quella foto con
quel testo, ne fate la personiÀcazione della donna
adultera. Se io fossi quella
donna non credo che mi
piacerebbe trovare la mia
foto lì, in quel contesto. Ma
siccome la giovane donna
è del Turkmenistan non
c’è pericolo che vi arrivi
un processo. Non di una
donna del Terzo mondo...
Bisogna proprio stare at-
glese. L’altro ieri pomeriggio avevo con me Città Nuova:
ad una bambina di sette anni marocchina ho fatto leggere ad alta voce la favoletta della penultima pagina, mentre a suo fratello di nove anni, che aveva già studiato “gli
egiziani”, ho fatto scorrere le foto del servizio sull’Egitto, facendogliele commentare ad alta voce. Ne approÀtto
per dirvi che, lavorando molto con persone non italiane,
ricevo da Città Nuova continue opportunità di dialogo.
Ad esempio, tre genitori di religione musulmana erano
stati insieme al pellegrinaggio sui luoghi del Profeta, in
novembre, e Città Nuova aveva riportato il bel paginone con la foto della Mecca e uno splendido commento.
Ovviamente ho portato la rivista a casa di una di queste famiglie e il papà la mostrava orgoglioso ai bambini:
“Papà era qui! Proprio qui!”.
«Un’altra famiglia viene da Ocrida, città macedone.
Ricordavo che Città Nuova aveva un bel servizio tempo
fa proprio sulla Macedonia: ho cercato l’articolo online e
l’ho inviato a loro tramite Facebook. Ne sono stati contentissimi e da allora porto a loro le copie già lette di
Città Nuova anche come esercizio di italiano (entrambi i
genitori frequentano i corsi nella scuola in cui insegno):
mi hanno confermato che la apprezzano perché la capiscono. Ecco, nella novità della nostra Italia multiculturale, credo che non ci siano riviste come Città Nuova che
parlano con naturalezza di altre prospettive, ponendosi
già oltre i problemi di integrazione nel “mondo unito”».
Ilaria Pedrini (Trento)
[email protected]
tenti con queste cose per
non giudicare. Peccato che
avete fatto un tale errore».
Anja Lupfer
Germania
Virtuale
o non virtuale?
La ringrazio per la sua
sensibilità, espressione di
una “società dei diritti”,
come quella europea, che è
attentissima ad ogni minimo
scivolamento nel ledere la
buona fama di chiunque.
Vorrei farle presente che
non mi sembra così automatico il parallelismo che
lei fa tra la giovane donna
turkmena e l’adultera: il
Vangelo, e anche la Parola
di vita, sono appannaggio
di tutti e, partendo dal racconto di un episodio particolare, stimolano chiunque.
(Ne approÀtto per far presente che è sempre più difÀcile illustrare con foto tanti
articoli, per questioni di
privacy e rispetto. Per questo sempre più vedete foto
di gente presa di spalle e, in
ogni caso, irriconoscibile).
Città Nuova - n. 7 - 2013
79
In dialogo
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
Città Nuova
GRUPPO EDITORIALE
@
Sophia
«Mi chiamo Silvia e
sono una ragazza romana di
27 anni, laureata in Lettere
classiche. Mi sono laureata
nell’estate del 2011 e da dicembre dello stesso anno,
lavoro per una società che
si occupa di carte di credito,
svolgendo il ruolo di operatore telefonico e consulente.
Sognavo di scrivere e insegnare ai ragazzi la nostra
lingua, la nostra letteratura,
ma a volte si percorrono
strade diverse da quelle che
uno si immagina! Mi ero
rassegnata. Ma poi è successo qualcosa di inaspettato che ha risvegliato in
me il desiderio di ricerca, di
studio, di scrivere! Giovedì
14 marzo scorso ho partecipato come volontaria nel
servizio d’ordine al convegno svoltosi alla Sapienza in
memoria di Chiara Lubich e
lì ho avuto il piacere e l’onore di ascoltare le relazioni
tenute da alcuni professori
della Scuola Abbà e dell’Istituto Universitario Sophia.
Dentro di me quei discorsi,
quelle parole, del professor
Baggio in particolare, hanno
risuonato come uno squillo
di tromba. Ho sentito come
una voce che mi diceva:
cerca la verità! Per questo
ho pensato di scrivere all’Istituto Universitario Sophia
e a voi con la speranza di
ricevere informazioni per
poter collaborare con voi
alla ricerca della verità,
ispirati solo dal principio di
fraternità, “unico vincolo
dell’amore... il vincolo dei
momenti difÀcili”».
Silvia Percolla
80
Cara Silvia, il contatto
con Sophia so che è già
avvenuto. Che tanti ti seguano!
@
Grazie, ma
non ce la faccio
«Qualche giorno fa,
puntuale come al solito (o
quasi), Città Nuova è approdata nella mia casa. Ho
scoperto che il 12 marzo
sarebbe scaduto l’abbonamento e, con grande
rammarico, ho realizzato
che non avrei potuto rinnovarlo. Ecco perché sono
qui, vorrei ringraziare tutti
voi, giornalisti, lettori,
simpatizzanti e diffusori.
La condizione economica
della mia famiglia, dignitosamente povera come
molte altre in questo periodo, ha fatto sì che l’abbonamento annuale fosse
rinnovato di volta in volta
da un’amica di famiglia.
Così ho preso sempre più
conÀdenza con questa rivista, partendo prima dalle
favole per poi approdare
alle recensioni dei cd, a
quelle dei Àlm, a quelle
dei programmi tv per poi,
adolescente, leggere e meditare la Parola di vita.
Attualmente, come molti
dei lettori, sono una studentessa fuori sede che
cerca di non pesare sulle
spalle della famiglia: per
questo non me la sento di
rinnovare l’abbonamento.
Per questo motivo vorrei
ringraziarvi. Grazie perché con i vostri articoli e
le vostre testimonianze mi
avete fatto compagnia per
venticinque anni. Grazie
perché, pur non condividendo sempre la stessa
linea di pensiero, mi avete
aiutato a guardare la realtà
con altri occhi. Grazie a
Tanino Minuta per avermi
aiutato a cercare un raggio
di sole anche nelle giornate
più buie, per avermi fatto
capire l’importanza di
semplici gesti quotidiani e
avermi aiutato a cercare la
presenza di Gesù nell’altro,
chiunque fosse. Spero che
il mio sia un arrivederci».
Renata
Cara Renata, le tue parole sono così toccanti che
la prima reazione sarebbe
quella di rinnovarti subito
l’abbonamento, d’ufÀ cio.
E così per tante altre persone che, come te, apprezzano e molto la rivista ma
non possono più permetterci di versare i 48 euro
dell’abbonamento. La crisi
economica ci tocca tutti.
Siamo solidali nella crisi:
il mese prossimo, a malincuore, la nostra redazione
lascerà la sede storica di
via degli Scipioni, centralissima ma in afÀtto, per
sistemarsi nella sede del
gruppo editoriale, di proprietà ma periferica, a via
Pieve Torina. Ma siamo
certi che la generosità di
tanti ci permetterà di continuare a svolgere il nostro servizio e anche... di
rinnovarti l’abbonamento.
È infatti commovente assistere alla gara di solidarietà che accomuna tanti
nostri lettori e che permette una reale “comunione di abbonamenti”.
Grazie Renata.
DIRETTORE RESPONSABILE
Michele Zanzucchi
DIREZIONE e REDAZIONE
via degli Scipioni, 265 | 00192 ROMA
tel. 06 3203620 r.a. | fax 06 3219909
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UFFICIO ABBONAMENTI
via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA
tel. 06 3216212 - 0696522200 | fax 06 3207185
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EDITORE
CITTÀ NUOVA della P.A.M.O.M.
Via Pieve Torina, 55 | 00156 Roma
tel. 06 3216212 - 0696522200 | fax 06 3207185
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Danilo Virdis
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Città Nuova aderisce al progetto
per una Economia di Comunione
ASSOCIATO ALL’USPI
UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
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del 13/1/57 e successivo n.5946 del 13/9/57
Iscrizione R.O.C. n. 5849 del 10/12/2001
La testata usufruisce dei contributi diretti
dello Stato di cui alla legge 250/1990
Città Nuova - n. 7 - 2013
RIPARLIAMONE
a cura di Gianni Abba
In dialogo
Fine vita
e nutrizione
A proposito dell’articolo
“La responsabilità del decisore”
apparso sul n. 5/2013
«Spett.le (non più carissima) Città Nuova,
leggo che Valter Giantin dichiara testualmente
che situazioni particolari
di pazienti terminali “lo
portano quotidianamente
a scegliere di interrompere la nutrizione, e raramente anche l’idratazione
artiÀciale”. Mio marito,
che esercita l’arte medica
da oltre 50 anni, dichiara di non aver mai dovuto
prendere una decisione del
genere, osservando inoltre che l’alimentazione
e/o l’idratazione artiÀciale
non sempre allungano la
vita, recano soltanto sollievo al malato. La cosa
che più mi ha addolorato
è scoprire che il libro in
questione è edito da Città Nuova. Stiamo attenti:
qui è in ballo la vita o la
morte di una civiltà. La
dotta ignoranza del popolo
affermava che la vita e la
morte stanno solo in mano
a Dio. Se non riceverò delucidazioni che mi convin-
cano della giustezza delle
vostre scelte, dichiaro Àn
da ora che non mi abbonerò più alla vostra, anzi
alle vostre riviste (sono
abbonata oltre che a Città
Nuova anche ad Umanità
Nuova e Sophia) né parteciperò più a incontri del
Movimento dei Focolari
cui sono rimasta fedelissima da quando avevo 14
anni, ora ne ho 72».
Annamaria Sisino
Moschetta
Gentile signora, la
mia frase, che lei riporta
solo in parte, si riferisce
a “situazioni particolari di pazienti terminali”.
Nella nostra clinica, per
paziente terminale intendiamo un soggetto (spesso molto anziano) che
da valutazioni cliniche
approfondite riteniamo
abbia (con la nutrizione
ed idratazione in atto)
meno di una settimana
di vita e che spesso vive
situazioni di grave insuf-
À cienza respiratoria o di
dolore estremo. Non sospendiamo in alcun caso
la nutrizione in altre situazioni: vedasi la risposta data sul caso Englaro. Non so quale sia la
specialità di suo marito,
se lavora in ospedale o
sul territorio, se segue
pazienti terminali oncologici o fa consulenza
di bioetica in reparti internistici, di rianimazione e chirurgici, per casi
estremi. Comunque la
nutrizione, ed ancor più
l’idratazione artiÀ ciale,
se ben gestite allungano
la vita rispetto al non far
nulla, come affermano
tutti gli studi internazionali, altrimenti non vi
sarebbe ragione per metterle in atto. Ma a volte
il sollievo dato da queste
terapie nutrizionali e reidratanti si accompagna,
in particolare in pazienti
terminali, a gravi, talvolta fatali, complicanze
(polmoniti ab ingestis,
aggravamento di scompensi cardiaci, infezioni
settiche se si usa la via
venosa per lunghi periodi, ecc.). Rimango comunque a disposizione
per un approfondimento scritto o telefonico.
A domande complesse
le risposte difÀ cilmente
possono essere semplici.
(Valter Giantin)
Mi permetto di aggiungere che il motivo stesso
di esistenza della nostra
rivista è quello di essere presente lì dove sono
le spaccature dolorose e
i conÁitti laceranti della
nostra società. Non per
erigere muri, bensì per
lanciare ponti, ascoltare
le varie posizioni e farle
dialogare favorendo la
comprensione
reciproca. Questo senza perdere
la propria identità, ma
facendo sì che ognuno
si senta accolto, perché
ognuno porta in sé un
pezzetto di verità. (g.m.)
Città Nuova - n. 7 - 2013
81
Penultima fermata
PROFUMI
di Paolo Crepaz
Buoni
come il pane
Q
uando ero a Pavia, per gli studi, d’inverno, la nebbia trasmetteva tristezza e
disagio: bastava però un pranzo frugale,
fra le lezioni, all’osteria “Pane e vino”,
a Travacò Siccomario, lungo il Ticino,
per risvegliare in noi studenti il buonumore. Le
tazze di terracotta in cui sorseggiare un vino
vivace come la Bonarda, gli antipasti semplici
e gustosi fatti in casa,
la pasta con pomodorini e gamberi di Àume
(freschissimi) ed i ravioli, le polpettine sÀziose ed i memorabili
Àletti d’acciuga in olio
e prezzemolo, serviti
con pane e burro. Sarà
stato l’ottimo rapporto qualità-prezzo, sarà
stato il servizio cortese
e professionale offerto
dagli osti, tre infaticabili fratelli affetti da
distroÀa muscolare, sarà stato il pane fatto in
casa: di certo è che persino annoiati e provati
studenti rinvenivano dai libri e dalle nebbie.
Adesso, a distanza di anni, scopro che il profumo del pane ci rende altruisti. È questa la
conclusione (pubblicata sul Journal of Social
Psychology) a cui sono arrivati i ricercatori dell’Università della Bretagna del Sud, in
Francia. C’ero arrivato anche da solo, sentendomi spinto a dare un bacio a Lucia, mia
moglie, al profumo, di prima mattina, del pane
cucinato da lei che pervade la casa.
Che sia difÀcile trattenere l’acquolina in bocca al diffondersi nell’aria della particolare
fragranza del pane appena sfornato è risaputo. Ma adesso pare proprio dimostrato che ri-
esca a favorire il buonumore, le sensazioni di
benessere ed a rendere le persone più sensibili
e ben disposte verso gli altri. I ricercatori d’oltralpe si sono presi la briga di dar vita ad uno
studio per valutare gli effetti degli aromi sulle
persone, non solo a livello Àsico, ma anche e
soprattutto a livello mentale ed emotivo. Grazie a telecamere nascoste, hanno osservato il
diverso comportamento
di 400 ignare persone di fronte ad episodi analoghi accaduti
all’uscita da due tipologie di esercizi commerciali: un negozio
di abbigliamento e una
panetteria. Gli esperimenti prevedevano che
un membro del team di
ricerca fosse oggetto di
piccoli incidenti come
una caduta, o il perdere un guanto, un fazzoletto o un pacchetto. Davanti alla panetteria,
dalla quale usciva in tutta la sua bontà la fragranza di pane appena sfornato, i passanti, nel
77 per cento dei casi, vedendo che un perfetto
sconosciuto (come era il ricercatore) perdeva
un oggetto per strada, si fermavano per aiutarlo a recuperare l’oggetto caduto, chiamandolo
e riportandoglielo. Quando invece i passanti si
trovavano davanti al negozio di abbigliamento, aiutavano il malcapitato soltanto nel 52 per
cento dei casi. Da qui la conclusione: esistono
profumi piacevoli capaci di far riafÀorare sentimenti profondi ed autentici, grazie alla sensazione di benessere e buonumore che infondono nelle persone. Chissà allora quanto può
fare il profumo dell’amicizia...
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scende
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PAGAMENTO ANTICIPATO CON AGGIUNTA DI EURO 3,00 COME CONTRIBUTO ALLE SPESE DI SPEDIZIONE Chiedo che i dati personali da me forniti vengano utilizzati esclusivamente da Città Nuova della P.A.M.O.M. per presentare iniziative editoriali.
‡ÊÊ<<"Ê : UNICREDIT BANCA DI ROMA, AG. ROMA 14 – P.ZZA CESARE CANTÙ, 1 – 00181 ROMA, Acconsento al trattamento e alla comunicazione dei miei dati personali (Informativa legge 675/96) per ricevere ulteriori informazioni e proposte.
Se intende rinunciare a tale possibilità, barri questa casella.
IBAN, IT 85 A 02008 05029 000400585820
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PENSIERI
CN