Anno LVII | n. 6 | 25 marzo 2013

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Transcript Anno LVII | n. 6 | 25 marzo 2013

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/31/2012; “TAXE PERÇUE” “TASSA RISCOSSA”
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I LIBRETTI
STORIE
ESSERE APPROFONDIMENTI
ATTUALITÀ
FAMIGLIA
Una collana originale nel panorama editoriale italiano
chi è Chiara
per me
allegato al n. 4
allegato a
questo numero
il viaggio della
mente bambina
di Riccardo Bosi
Ogni bambino è una storia, un racconto
di viaggio che chiede
di essere letto.
Con attenzione.
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nonni oggi
allegato al n. 8
UN
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F
2013 FRIZZANTE...
le spie rosse dell’amore (Rino Ventriglia)
single (Tamara Pastorelli)
casa dolce casa (Elena Granata)
suore (Alessandra Smerilli)
legalità (Gianni Bianco)
non c’è più (Emanuela Megli)
adozioni (Giovanna Pieroni)
le stagioni della donna (Sara Fornaro)
ARGENTINO, 76 ANNI
Attualità
di Piero Coda
D. Lovetsky/AP
L’
elezione di papa Francesco è
un segno straordinario in continuità con ciò che ha donato
alla Chiesa Benedetto XVI,
rinunciando al ministero di
vescovo di Roma. In continuità: perché con la scelta del nome di Francesco, per la prima volta nella storia
della Chiesa, il nuovo papa ha voluto
inscrivere il suo ministero nella luce
profetica della testimonianza evangelica di Francesco d’Assisi.
Il fatto che il papa si sia riferito
alla fratellanza, da vivere tra tutti, è
un’esplicitazione di questa volontà di
seguire lo spirito più autentico del
Vangelo nel nostro tempo. Mi pare
poi molto significativo il fatto che
egli abbia voluto rivolgersi innanzitutto alla Chiesa di Roma come suo
vescovo e pastore, e da qui estendere
il suo saluto a tutte le Chiese e a tutte
le persone di buona volontà.
Anche il gesto di chiedere al popolo di Roma l’intercessione della
sua preghiera per ricevere la benedizione da Dio, prima di impartire lui
stesso la benedizione, ha un significato profondamente evangelico e ci
richiama allo spirito del Vaticano II,
che ha messo al centro della visione
della Chiesa il “popolo di Dio”, la comunità dei credenti. Quel momento
di silenzio e di preghiera ha reso presente Dio nel suo popolo.
Sottolineerei inoltre lo stile se
così posso dire laico, per nulla clericale, con cui si è rivolto alla gente
raccolta in piazza San Pietro con un
semplice «buonasera» e poi con un
«buonanotte e buon riposo». Senza
dire del richiamo alla fiducia reciproca, importante perché attesta un
preciso stile di servizio pastorale
che così si preannuncia: papa Bergoglio sembra cioè voler affrontare
le grandi sfide che attendono il vescovo di Roma, per una riforma
della Chiesa e per un rilancio dell’evangelizzazione, come egli stesso
ha detto, a partire da Roma e poi in
IL PAPA
DELL’ALTRO MONDO
JORGE MARIO BERGOGLIO, NUOVO VESCOVO
DI ROMA, HA GIÀ INDICATO ALCUNE PRIORITÀ
DEL SUO PONTIFICATO: SOBRIETÀ E FRATELLANZA
tutto il mondo, nella logica della trasparenza e della reciprocità.
Ha colpito altresì la sua promessa
di volersi recare a pregare Maria l’indomani, come poi ha fatto, per mettere il suo ministero sotto il manto
della madre del Bell’amore e della
misericordia. Papa Bergoglio è un gesuita, e quindi ha esperienza diretta di
un grande carisma che ha illuminato
la vita della Chiesa nella modernità.
E si è voluto chiamare Francesco, che
è il carismatico per eccellenza. Sembra voler così vivificare il ministero
Città Nuova - n. 6 - 2013
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IL NUOVO PAPA
di Pietro con l’amore e la profezia che
la Chiesa sperimenta nella sua storia
in Questo primo incontro con la sua
Chiesa di Roma e con la Chiesa universale è certamente un segno grande
di speranza per i cattolici, ma anche
per i cristiani e per tutta l’umanità.
Come ci ha chiesto, ci uniamo anche
noi nella preghiera per vivere nella
fraternità più vera questo passo nuovo
di fiducia e di impegno che oggi ci è
chiesto, perché il Vangelo possa essere
luce, lievito e sale nel nostro mondo.
Piero Coda
L. Bruno/AP
At t ualità
FRANCESCO
GESUITA
SUCCESSORE
DI PIETRO
Da Buenos Aires
Un latino-americano a Roma
Primo papa latino-americano, primo dei figli di Ignazio di Loyola a diventare vescovo di Roma, Jorge Mario Bergoglio è nato a Buenos Aires nel 1936, il 17 dicembre, figlio di una coppia
di italiani, Mario e Regina, lui ferroviere e lei casalinga. Bergoglio era arcivescovo di Buenos
Aires dal 1998. È stato presidente della Conferenza episcopale argentina per due volte. È
stato nominato cardinale da Giovanni Paolo II nel 2001. Conosciuto per i suoi modi semplici e
austeri, preferiva muoversi senza auto, utilizzando i mezzi pubblici. È nota la sua sensibilità
per la questione sociale. Da buon latino-americano, ha nel sangue la questione della giustizia e la scelta preferenziale per i poveri, che ha sottolineato continuamente durante la sua
azione pastorale. L’aver messo l’accento sul fatto di essere vescovo della Chiesa di Roma,
colui che “nella carità” presiede a tutte le altre Chiese, non sarà certo sfuggito ai leader
delle altre Chiese e comunità cristiane quasi a voler aggiungere una sfumatura ecumenica a
un evento eminentemente cattolico. Papa Bergoglio ha sottolineato l’inizio di un cammino di
un vescovo col suo popolo. Conoscendo chi ha pronunciato queste parole, direi che presto ne
coglieremo maggiormente il senso già nei primi passi del suo pontificato.
Alberto Barlocci
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Città Nuova - n. 6 - 2013
P. Leguizamon/AP
È
tutto il continente dell’America
Latina che si esprime in un papa,
così come la Chiesa dell’Oltrecortina si era espressa in Giovanni
Paolo II. Se la Chiesa dell’Est europeo
era stata la più eroica e fedele nel martirio, quella del Sud America è stata la
più vivace nel periodo postconciliare.
Ha fatto suoi i problemi dei poveri e
della giustizia; ha inventato le comunità di base, penetrazione capillare del
Vangelo fin negli ambienti più umili e
dimenticati; ha elaborato una teologia
capace di rispondere alle attese della
gente. Da lì doveva venire il papa per
la Chiesa universale.
Ma già queste parole, papa e Chiesa
universale, pur vere, non collimano pienamente con le prime parole pronunciate da Jorge Mario Bergoglio, che nel
suo breve discorso dalla Loggia delle
benedizioni non ha mai pronunciato la
parola papa, preferendo parlare di ve-
gnale che lo Spirito Santo vuol dare
alla Chiesa? È un invito a una nuova
comunione tra tutte le componenti
ecclesiali per rispondere insieme alle
attese e alle necessità urgenti delle
nostre società, un invito a quell’unità
chiesta da Gesù al Padre come indispensabile perché il mondo creda.
Priscilla Menin
scovo di Roma. Anche il suo ricordo,
il saluto e la preghiera erano rivolte a
Benedetto come «vescovo emerito di
Roma». È già un primo segnale di una
Chiesa che si vuole radicata sempre più
nel tessuto concreto del popolo di Dio,
al punto che prima di benedirlo ne invoca la benedizione.
Un vescovo di Roma che prende il
nome di Francesco. Non ne ha ancora
spiegato la motivazione, ma è naturale pensare a Francesco d’Assisi e a
ciò che esso ha sempre rappresentato
per la Chiesa intera e per tanti uomini
e donne al di là della Chiesa stessa: il
richiamo alla Chiesa dei poveri, a uno
stile di vita essenziale, sobrio, semplice. Ed è un secondo segnale.
Un vescovo di Roma gesuita. Da
quanti secoli non sedeva più sulla
cattedra di Pietro un religioso? Ora
è come se le due componenti principali della Chiesa si incontrassero in
sintesi armoniosa: il profilo petrino e
il profilo carismatico. Due realtà che
lungo la storia spesso hanno vissuto
in tensione tra di loro si trovano riunite nella stessa persona: il successore di Pietro è anche membro di una
famiglia carismatica. Un ulteriore se-
La presidente dei Focolari
Papa Francesco,
splendida sorpresa
Papi benedettini, agostiniani, domenicani, francescani, cistercensi…,
mai gesuiti. La Compagnia di Gesù
è nata dal «sentire cum Ecclesia» di
Ignazio di Loyola. I gesuiti fanno al
papa uno speciale voto di obbedienza
in forza del quale egli può disporre
di ognuno di loro come meglio crede,
così che la missione apostolica abbia
«una più sicura direzione dello Spirito Santo». Così è stato lungo questi
cinque secoli: un gruppo di uomini
nelle mani del papa totalmente disponibile a continuare la missione di
salvezza di Gesù. Ancora un segno
di una Chiesa che non può rinchiudersi nei propri problemi interni, ma
è chiamata ad aprirsi sull’umanità intera per portare ovunque la novità e la
speranza del Vangelo.
Fabio Ciardi
Insieme a tutta la Chiesa sono veramente felice di questo momento, che fa
vedere sia la vitalità della Chiesa che la
freschezza dello Spirito Santo che trova
sempre il modo di sorprendere.
Oltre alla sorpresa, perché certamente
non era uno dei cardinali di cui si parlava,
c’è la gioia di pensare che anche questo
è un segno di novità, per la Chiesa di oggi, che mi pare stia vivendo un momento
speciale, cominciato con la rinuncia al
ministero di vescovo di Roma da parte di
Benedetto XVI e seguito da questo nuovo papa, che ha saputo suscitare un’eco
straordinaria in tutto il mondo.
Molto significativa la scelta del nome
Francesco, perché mi sembra esprimere
il desiderio di un ritorno alla radicalità
del Vangelo, ad una vita sobria, ad una
grande attenzione all’umanità e anche a
tutte le religioni.
E inoltre mi sembra particolarmente degno di nota che sia un gesuita a scegliere
il nome di Francesco: mi pare significhi
apertura ai carismi, a tutti i carismi, riconoscere quanto c’è di buono in ognuno di
essi e valorizzarlo.
Sono stata poi particolarmente colpita dal
suo stile semplice, familiare nella prima
uscita sulla loggia: mi è parso che sapesse toccare il cuore degli uomini, delle
donne, dei bambini presenti. Ritengo che
in questo momento in cui si riscontrano
gravi sofferenze nell’umanità, c’è bisogno
di qualcuno capace di toccare i cuori e di
far sentire a ciascuno la gioia di avere un
padre e un fratello che ci vuole bene.
Maria Voce
AP
Un recente incontro tra Benedetto XVI e il futuro papa Bergoglio.
A fronte: Francesco, inchinato dopo aver chiesto la preghiera dei fedeli;
in viaggio sulla metro di Buenos Aires.
Città Nuova - n. 6 - 2013
5
PAGINA
PAGINA
18
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Chiesa e società Le prorità che
attendono il nuovo papa secondo
lettori ed esperti di Paolo Lòriga
In copertina: Il primo saluto di
papa Francesco, la sera del 13
marzo 2013 (pagg. 3-5)
Foto LaPresse
Opinioni
3
13
82
Il papa dell’altro mondo
di Piero Coda
Un latino-americano a Roma
di Alberto Barlocci
Francesco, gesuita,
successore di Pietro
di Fabio Ciardi
Papa Francesco
splendida sorpresa
di Maria Voce
Ping Pong
di Vittorio Sedini
Penultima fermata
di Elena Granata
Quindicinale di opinione del Movimento dei focolari
fondato nel 1956 da Chiara Lubich
con la collaborazione di Pasquale Foresi
DIRETTORE RESPONSABILE – Michele Zanzucchi
CAPOREDATTORE RIVISTA – Paolo Lòriga
REDAZIONE Sara Fornaro – Maddalena Maltese - Giulio Meazzini
Aurelio Molè - Aurora Nicosia – Oreste Paliotti
EDITORIALISTI – Vera Araújo – Gianni Bianco - Luigino Bruni – Vincenzo
Buonomo - Gianni Caso – Roberto Catalano – Fabio Ciardi - Pietro Cocco
Piero Coda – Paolo Crepaz – Michele De Beni – Pasquale Ferrara - Alberto
Friso – Lucia Fronza Crepaz - Alberto Ferrucci - Anna Granata - Elena
Granata - Gennaro Iorio - Alberto Lo Presti – Iole Mucciconi - Nedo Pozzi
Alessandra Smerilli
Egitto solidale Da una coppia
musulmana una iniziativa per piccoli
portatori di disabilità di Michele Zanzucchi
Sommario
Attualità
8
16
Scommetto su di te di Aurelio Molè
22
30
Saipem ed altro di Alberto Ferrucci
Con un Senato arlecchino
di Iole Mucciconi
Rinascere, come un fiore
di Sara Fornaro
32
Buone notizie da Ercolano
di Oreste Paliotti
34
51
La mia casa è la tua casa di T. Comazzi
Cinquant’anni fa su Città Nuova
a cura di Gianfranco Restelli
Invito alla lettura di Elena Cardinali
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62
Fermare la corrida di Gabriele Amenta
Media di Claudia Di Lorenzi
Famiglia e società
25
26
Rimedi anti spreco di Aurelio Molè
Si può ancora rischiare
di Aurora Nicosia
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28
Cittadinanza di Paolo De Maina
29
Bambini e media
di Maria Rosa Pagliari
Lo psicologo di Pasquale Ionata
A tu per tu con i giovani
di Francesco Châtel
COLLABORATORI – Ezio Aceti – Chiara Andreola - Raffaele Arigliani
Paolo Balduzzi – Mariagrazia Baroni - Giovanni Bettini - Maria Chiara
Biagioni – Riccardo Bosi – Elena Cardinali – Cristiano Casagni – Giovanni
Casoli – Marco Catapano – Francesco Châtel – Giuseppe Chella – Franz
Coriasco – Mario Dal Bello - Paolo De Maina – Raffaele Demaria – Claudia Di
Lorenzi - Giuseppe Distefano – Costanzo Donegana - Marianna Fabianelli
Luca Fiorani – Daniele Fraccaro - Tonino Gandolfo – Annamaria Gatti
Michele Genisio - Letizia Grita Magri - Benedetto Gui - Annalisa Innocenti
Pasquale Ionata - Walter Kostner - Maria Rosa Logozzo - Pasquale
Lubrano – Andrea F. Luciani – Roberto Mazzarella - Fausto Minelli Tanino
Minuta – Eleonora Moretti – Enzo Natta - Cristina Orlandi - Maria Rosa
Pagliari – Vito Patrono – Vittorio Pelligra - Lauretta Perassi - Maddalena
Petrillo Triggiano – Giovanna Pieroni – Adriano Pischetola - Stefano
Redaelli - Daniela Ropelato - Caterina Ruggiu – Lorenzo Russo - Maria e
Raimondo Scotto - Vittorio Sedini – Lella Siniscalco – Loreta Somma
CORRISPONDENTI DALL’ESTERO – Alberto Barlocci (Argentina)
Michel Bronzwaer (Olanda) – Luigi Butori (Thailandia) - Ed Herkes
(Belgio) – Antonio Faro (Brasile) – Carlo Maria Gentile (Filippine)
Frank Johnson (Gran Bretagna) – Silvano Malini (Uruguay)
Javier Rubio Mercado (Spagna) Jean–Michel Merlin e Alain Boudre
(Francia) - Liliane Mugombozi (Kenya) – Djuri Ramac (Slovenia)
Joachim Schwind (Germania) - Clare Zanzucchi (Stati Uniti)
CORRISPONDENTI IN ITALIA – Loreta Somma (Campania) – Tobia
Di Giacomo (Piemonte) - Silvano Gianti (Lombardia) – Patrizia Labate
(Calabria) – Emanuela Megli (Puglia) – Tiziana Nicastro (Emilia–Romagna)
Stefania Tanesini (Toscana)
PROGETTO GRAFICO – Umberto Paciarelli
GRAFICA E FOTOGRAFIA – Umberto Paciarelli
Priscilla Menin - Domenico Salmaso - Raffaella Pediconi
SEGRETERIA DI REDAZIONE – Carlo Cefaloni (responsabile)
Edoardo Mastropasqua – Luigia Coletta – Luciana Cevese - Roberta Ruggeri
ABBONAMENTI, PROMOZIONE E DIFFUSIONE – Marta Chierico
Silvia Zingaretti – Desy Guidotti – Antonella Di Egidio
COLLABORATORI SITO – Elena Cardinali – Paolo Friso – Paolo Monaco
Valentina Raparelli – Franco Fortuna - Antonella Ferrucci
PAGINA
46
Personaggi Incontro con Ernesto
Olivero, uomo di pace e fondatore
del Sermig di Michele Genisio
Arte e spettacolo
Dal vivo e spiritualità
41
56
52
Reportage Fascino del Madagascar
al di là dell’immagine turistica
di Fabio Ciardi
36
PAGINA
PAGINA
Quel braccio di ferro con Paolo
di Maurizio Verlezza
63
La vera radice della santità
di Pasquale Foresi
64
65
42
Metti amore dove non c’è
di Chiara Lubich
44
Se vuoi cambiare il mondo
di Costanzo Donegana
Vita sana
55
58
59
Spazzatura elettronica di L. Russo
76
Fantasilandia | Nicola che oggi
va piano piano di Annamaria Gatti
Buon appetito con… di C. Orlandi
Alimentazione di Giuseppe Chella
Educazione sanitaria di A. F. Luciani
DIREZIONE e REDAZIONE
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Le due facce dell’Oscar
di Enzo Natta
Televisione di Paolo Balduzzi
Sport Una stella del basket sacrifica
parte della sua gloria sportiva
per la sorella di Marco Catapano
72
Il poeta della commedia umana
di Mario Spinelli
74
Il piacere di leggere
a cura di Gianni Abba
75
In libreria a cura di Oreste Paliotti
Cinema di Giovanni Salandra, Raffaele Demaria e Cristiano Casagni
Teatro di Giuseppe Distefano
66
Musica leggera di Franz Coriasco
CD e DVD novità
67
Musica classica di Mario Dal Bello
Appuntamenti a cura della Redazione
In dialogo
78
79
81
La posta di Città Nuova
Incontriamoci a Città Nuova...
Riparliamone a cura di Gianni Abba
Cultura e tendenze
68
Litigi, desideri e sentimenti
di Emanuela Megli
70
il panico di Munch
di Matteo Fiorelli
Questo numero è stato chiuso in tipografia
giovedì 14-3-2013 Il numero 5 del 10-3-2013
è stato consegnato alle poste il 6-3-2013
Segnaliamo su www.cittanuova.it
BANCHE
Mps e il rischio sciacallaggio di Sara Fornaro
DONNE
Facciamo il punto della situazione di Chiara Andreola
LUTTO NEL CINEMA
Damiano Damiani, regista laico attratto dal sacro di Enzo Natta
P r i m Aot t pu ai lai nt ào
A FONDAMENTO DELLA SOCIETÀ
di Aurelio Molè
Q
uanto dura un amore? Secondo
l’Istat, in Italia si separa una
coppia su tre e la durata media
di un matrimonio è 15 anni per
le separazioni e 18 per i divorzi.
Una vera crisi che mina tutta la società, ma è singolare il fatto che il dibattito culturale e politico sia incentrato
sulle coppie gay, sulle coppie di fatto, sui diritti dei single. Certamente,
è necessario «un riconoscimento dei
diritti – secondo mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia – per le coppie di
fatto e omosessuali secondo il Codice
civile». Non si comprende, però, perché non si sostengano le famiglie con
politiche adeguate.
Il 30° anniversario della Carta dei
diritti della famiglia dell’Onu, che
ricorre quest’anno, è un’occasione
per osservare da vicino la culla della
società, dove tutto ha inizio perché
la famiglia resta una risorsa di capitale sociale per tutta l’umanità. E a
guardarsi attorno, anche nel microcosmo, non c’è da stare allegri.
Unioni di oggi
Carla vive a Roma. Lucio a Milano. Erano amici d’infanzia e si sono
ritrovati dopo tanti anni. Sono innamorati, ma nessuno dei due ha intenzione di lasciare la propria libera professione. «C’è l’incapacità – racconta
Carla – di abbandonarsi completamente all’altro». Paradossalmente Lucio e Carla sono per il matrimonio e
la convivenza non li attira perché «c’è
la convenienza – secondo Carla – di
lasciare sempre la porta aperta». Così passano gli anni e ognuno resta nel
suo ambiente, nei suoi luoghi, con i
propri amici. «Preferiamo rimanere – chiosa Carla – come cozze ancorate ai propri scogli. Senza fare rinunce». Poche certezze, ben radicate. Per
Lucio «il matrimonio è più una preoccupazione che una ricchezza, perché
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Città Nuova - n. 6 - 2013
SCOMMETTO
SU DI TE
IN CALO I MATRIMONI, IN AUMENTO
LE CONVIVENZE. PERCHÉ SI HA PAURA
DI FARE IL GRANDE PASSO?
Andrea Catoni
hai paura di perderti e preferisci la
tua vita». Anche Sara lavora ed è autonoma, appartiene alla stessa generazione di trentenni di Carla e Lucio.
È single, intelligente, sveglia, con un
senso di realtà spiccato, si pone grandi domande, ma non trova un uomo
che la comprenda in tutto. «Preferisco – spiega Sara – avere una relazione con un uomo maturo, sposato, con
le attenzioni di un padre, che mi dia
sicurezza psicologica e mi lasci nella
condizione di non scegliere».
Paolo e Valeria, invece, convivono. Fanno fatica a concepire un impegno stabile in una società liquida,
labile, provvisoria. «L’idea di un
legame per tutta la vita – spiega Paolo – spaventa; e poi perché un legame d’amore con un’altra persona
deve essere riconosciuto da un’autorità esterna alla coppia?».
Del resto anche sposarsi «non dà –
aggiunge Valeria – nessuna garanzia
di stabilità. Il matrimonio aggiunge
costi, non solo per la cerimonia, ma
anche in caso di separazione».
Al matrimonio, comunque, Paolo
e Valeria stanno pensando, perché
ognuno sogna il grande amore sempre e per sempre, anche se appare un
ideale alto e irrealizzabile. Ma resta
come qualcosa d’innato nel Dna e
nelle civiltà di tutti i tempi.
La famiglia nella storia
Moroni/LaPresse
In tutte le culture, infatti, troviamo che il legame tra uomo e donna è il fondamento della società ed
è regolato da cerimonie, riti, regole
Dall’alto: lo sposalizio degli attori
Matteo Leoni e Chiara Basile Fasolo
nella fiction “Un matrimonio”
in onda su Raiuno ad aprile.
La maggior parte dei matrimoni
sono religiosi e il 36 per cento
sono celebrati in Comune.
Città Nuova - n. 6 - 2013
9
Primo piano
SCOMMETTO SU DI TE
(2) Domenico Salmaso
Lo specchio della società
che nascono per proteggere il vincolo, i coniugi e i figli. Nel Codice di Hammurabi (Babilonia), del
1750 a.C., si legge: «Se un uomo ha
preso moglie, ma non ha concluso
un contratto con lei, questa donna
non si può ritenere sua sposa legittima». Lo stesso Confucio, già nel
V secolo a.C., vedeva la famiglia
come il primo ambito sociale in cui
l’uomo impara ad essere autentico,
perché se la famiglia non vive conformemente alle virtù, neanche lo
Stato può camminare bene. Il Codice di leggi induista attribuito a
Manu nell’India del II secolo a.C.
presenta una lista di otto modalità
per sposare una donna. È un testo
fondatore della civiltà indoeuropea
che ci dice qual è la legge, allo stesso tempo, naturale e sociale.
Nella Grecia antica, per Pericle,
nel 451 a.C., il matrimonio aveva un
carattere sacro e la registrazione avveniva davanti a due testimoni, in un
libro chiamato Fratia.
10
Città Nuova - n. 6 - 2013
Da ricerche fatte in Francia risulta
che le convivenze sono sei volte
più fragili delle coppie sposate,
se sono senza figli; e sono due volte
più fragili se hanno figli.
Per i romani il matrimonio fu
sempre monogamo, reso possibile
dal consenso di un uomo e una donna nel voler essere moglie e marito.
In questo si distingueva dalla convivenza, perché il matrimonio è frutto della volontà e non dell’unione
carnale. Secondo il giurista Erennio
Modestino, nel III secolo d.C., il matrimonio è «l’unione di un uomo con
una donna, una comunione per tutta
la vita, con l’impegno di conformarsi a tutto ciò che è richiesto dal diritto umano e divino».
Sia nel pensiero greco che in
quello romano era chiaro che esiste
una legge naturale che precede le
leggi degli uomini.
Le famiglie sono anche oggi specchio della società e delle culture e si
continua a sognare il grande amore
come chiave della felicità, che fa, come in tutto, rima con fragilità. Secondo una interessante ricerca francese,
Le famiglie, specchio della società, la
famiglia è attraversata dall’individualismo, «la vita di famiglia è basata sui
diritti personali e non si parla più di
doveri. Le famiglie, dunque, cercano
più di appropriarsi del diritto che di
sottomettervisi». L’individualizzazione dei diritti è in sé un aspetto positivo, «ma oggi i diritti individuali prevalgono sulla coesione sociale». Dei
valori tipici della Rivoluzione francese, la libertà è vissuta come libertà di
contrarre matrimonio, escludendo le
scelte di unioni forzate; come libertà
sessuale, nel senso che è necessario il
consenso reciproco anche nei rapporti sessuali e come libertà di scegliere
fra numerosi tipi di unione.
L’uguaglianza esiste nel campo
della patria potestà tra padre e madre
e tra figli legittimi e illegittimi, mentre nei rapporti intergenerazionali l’uguaglianza decreta maggiori tensioni
tra genitori e figli e possono sorgere
rivalità tra i coniugi quando si tratta
di portare avanti due carriere lavorative. La parità tra i sessi, inoltre, porta alla mancanza di ruoli prestabiliti
e gerarchici, per cui ogni decisione
è presa dopo discussioni, negoziati,
compromessi. L’equilibrio tra il dono
di sé, la generosità che permette la
comunione e l’unione nella coppia, si
contrappone alla volontà di dominio
e alla violenza coniugale che è tra le
principali cause di divorzio.
La fraternità è la grande assente:
si parla di rispetto, ma non di cura,
sostegno, responsabilità dell’altro come altro sé per «il totale rifiuto della
sofferenza e di ogni logica di sacrificio», che appare incompatibile con la
felicità del singolo. Eppure, in un con-
stabilità del patto matrimoniale – come emerge dalla ricerca Famiglia risorsa della società di Pierpaolo Donati – porta benefìci biologici, psichici,
economici, oltre alla coppia e ai figli,
all’intera società, nelle relazioni tra generazioni, per il mondo del lavoro, per
il capitale sociale inteso come rete di
relazioni extra economiche ed extra
politiche, in cui una persona può vivere ed esprimere reciproca fiducia, ed
agire secondo le norme di cooperazione, reciprocità e solidarietà.
Aurelio Molè
Andrea Catoni
testo in cui si affievoliscono le relazioni familiari e sociali, l’elemento della
fraternità sostenuto da adatte politiche
familiari potrebbe aiutare a creare le
condizioni per unioni più stabili, «per
un impegno quotidiano fatto di amore,
dono, perdono e sacrificio». Perché la
Il regista Pupi Avati sul set
di “Un matrimonio”. Sopra,
da sin.: Micaela Ramazzotti,
Katia Ricciarelli e Maximillian Dirr.
SPOSARSI
CHE BELLA PAZZIA
IN ONDA NELLA PRIMA DECADE DI APRILE SU RAIUNO
LA NUOVA FICTION “UN MATRIMONIO”. SEI EPISODI
DI 100 MINUTI L’UNO. IL REGISTA, PUPI AVATI, SI RACCONTA
C
he cosa racconta la storia di
“Un matrimonio”?
«È la storia di una famiglia.
Comincia nel 1948 a Sasso
Marconi, quando due ragazzi s’incontrano. La vicenda, poi, si snoda per 50 anni, anche se la storia
dei miei genitori non è così perché
mio padre è morto per un incidente
quando avevo 12 anni. La storia è un
mix tra il mio matrimonio e il matrimonio dei miei genitori, ed è narrata da una figlia adottiva condannata per tutta la vita alla carrozzina. Ci
sono dei valori straordinari dentro
questa storia: il matrimonio, l’adozione, la disabilità. Elementi che sono provocatori anche nei confronti
della stessa fiction che si fa oggi».
L’articolo indeterminativo di “Un
matrimonio” a cosa si riferisce?
«Ogni matrimonio ha un suo percorso, quindi non si può assolutamente generalizzare. Il mio stesso
è andato in crisi una volta, perché
ci sono stati momenti d’insofferenza nei riguardi dell’altro a un tale
livello che solo chi li ha vissuti può
capire. In questi frangenti il mio
suggerimento è di soppesare, da un
lato l’insofferenza del momento,
Città Nuova - n. 6 - 2013
11
SCOMMETTO SU DI TE
Diego Steccanella
Primo piano
dall’altro quello che perdi. Le alternative sono due: o usi la conoscenza
dell’altro per avere modo e maniera
di volergli più bene oppure usi la conoscenza dell’altro per combatterlo
meglio».
Lei accennava alla crisi che lo ha
portato a separarsi da sua moglie
per otto mesi. Come ha avuto la
forza di ricominciare?
«Per i figli. Perché andavo a casa a
trovare i miei bambini ogni settimana e mi davano la mano come si dava al medico che andava a visitarli.
Non mi correvano incontro, non mi
abbracciavano. E io non stavo corrispondendo alla figura paterna. Siccome io l’ho vissuta la mancanza del
padre e so quanto mia madre sia riuscita a sopperire alla sua assenza con
la forza della volontà, il sacrificio, la
dedizione, allora ho chiesto di tornare e da lì è ricominciato un matrimonio più autentico, più profondo, più
consapevole anche da parte di mia
moglie. Si è rifondato sul mio ritorno
a casa. Mi sono innamorato di nuovo
di lei. Lo suggerisco a tanti perché è
comprensibile la voglia di andarsene,
ma bisogna lasciarsi una porta aperta per tornare».
Sei film di 100 minuti sulla famiglia.
Perché già solo a parlare di matrimonio si va in controtendenza?
«Perché l’egoismo e il relativismo
hanno fatto sì che l’individuo si ponga al centro dell’universo e pretenda
di avere tutti i vantaggi e nessun tipo
di svantaggio. Oggi con una pruden-
12
Città Nuova - n. 6 - 2013
Una scena della fiction “Un
matrimonio”. Sotto: il regista
Pupi Avati con la moglie Nicole.
Sono sposati da giugno 1964.
za così egoistica non ci si sposa più e
si preferisce convivere. Se ti sposi in
chiesa promettendo ad una donna di
stare con lei tutta la vita, di proteggerla, di amarla fino alla morte, compi il
gesto di un povero pazzo e proprio per
questo è bello. La meraviglia sta nei
gesti assurdi, nei gesti assoluti che oggi non sono più praticabili perché conta la ragione, conta la partita Iva, lo
spread e quanto ti danno di pensione».
In “Tutti pazzi per amore”,
“Questo nostro amore”, fiction televisive molto popolari, quale idea
della famiglia si propone?
«Sono storie autoassolutorie in
cui tutto diventa compatibile. Non
possono venirmi a raccontare che le
separazioni siano assolutamente indifferenti e che è la stessa cosa avere in casa il fidanzato di tua madre
o tuo padre. Lo stesso per i figli di
coppie divorziate. Ne conosco molti
e pagano un prezzo psicologico elevatissimo. I danni che producono
questi genitori che hanno rinunciato
al sacrificio di esserlo sono terribili».
Cosa permette ad un matrimonio
di durare tanto?
«L’amore che va oltre l’attrazione,
senza, però, confondere l’amore con
la passione. È evidente che io di mia
moglie sia stato innamorato follemente. È stata la ragazza che più ho amato
e desiderato. Mi piaceva per una ragione totalmente estetica. In un viaggio così lungo è logico che entrano in
gioco altri sentimenti, altri elementi,
molto più forti e determinanti».
Nella sua vita ha scelto due mestieri: il regista e il marito. Qual è il
più difficile?
«Il marito è il più difficile. Scopri
che ne valeva la pena nel tratto finale. Ti rendi conto che tua moglie sta
diventando sempre più indispensabile. È tutto quello che conta nella tua
vita perché tu sei diventato lei. La
memoria di tutte le cose, belle e brutte, le trattiene dentro di sé. Lei mi ha
visto ragazzino, nei momenti più folli,
quando ero ubriaco, ma mi ha visto
anche nei momenti più eccezionali.
Lei mi ha voluto bene, lei mi ha odiato. Lei sa quali sono i miei difetti. Il
terrore più grande della mia vita è
perderla, perché vorrebbe dire perdere me stesso. Ma nessuno può parlare
di matrimonio se al quarto anno tutto
finisce. È come andare in ristorante
e prendere l’antipasto e uscire e dicendo che non si mangia bene senza
arrivare al dolce. La stessa cosa è il
matrimonio. Dopo 49 anni che sono
sposato lo posso dire».
a cura di Aurelio Molè
ATTUALITÀ
Ping Pong
di Vittorio Sedini
Città Nuova - n. 6 - 2013
13
LA MORTE
DEL PRESIDENTE
APRE LA STRADA
A NICOLÁS MADURO
Venezuela
Il dopo
Chávez
A. Cubillos/AP
H
ugo Chávez saluta i suoi
sostenitori durante la sua
ultima campagna elettorale nel
quartiere di Antimano di Caracas
nell’agosto scorso. La sua
morte, avvenuta il 5 marzo, apre al vice
presidente Nicolás Maduro, da lui stesso
indicato, la strada della successione,
ma dovrà esere ratificata alle prossime
elezioni. Sarà difficile eguagliare la
figura carismatica e la popolarità del
suo predecessore e garantire allo stesso
tempo continuità e stabilità al regime.
L’altra incognita è la polarizzazione
dell’opinione pubblica ben gestita da
Hugo Chávez che ha prodotto un reddito
politico ma che, a lungo andare, logora e
allontana la gente. Maduro guadagnerà
consensi se aprirà la sua gestione a un
maggior dialogo con avversari e parti
sociali. Al di là dei giudizi di valore che
si possano formulare sulla rivoluzione
bolivariana di Chávez, sulla sua reale
consistenza politica ed ideologica, va
tenuto presente che essa ha provocato
cambiamenti sociali importanti,
permettendo l’accesso a una migliore
qualità di vita di settori da sempre
esclusi. Un cambiamento profondo, che
difficilmente potrà essere sottovalutato,
soprattutto dopo l’esperienza di decenni
di democrazia corrotta che hanno
preceduto i 12 anni di gestione Chávez.
Alberto Barlocci
Città Nuova - n. 6 - 2013
15
IL REBUS DEL DOPO-VOTO
di Iole Mucciconi
C.Bernardi/LaPresse
Attualità
C’
’è aria di nuovo nel Parlamento appena eletto, e i numeri lo
confermano: appena il 23,7
per cento dei componenti era già parlamentare (solo
nel 1994 c’era stato un ricambio così vasto); il 30,8 per cento – record
storico! – sono donne e l’età media
si è abbassata da 54 a 48 anni. Tanto ricambio si deve per la maggior
parte alle formazioni politiche che
hanno inaugurato la loro presenza
parlamentare: Il Movimento 5 Stelle,
Scelta civica e Sinistra e libertà; ma
anche il Pd ha contribuito in maniera considerevole, rinnovando la sua
compagine per il 64,2 per cento.
Un Parlamento quasi nuovo di
zecca e promettente, quindi. Ma che
farà fatica ad esprimere una maggioranza di governo, a causa della com-
16
Città Nuova - n. 6 - 2013
CON UN SENATO
ARLECCHINO
È NECESSARIO L’IMPEGNO DI TUTTI
PER RIFONDARE IL PATTO
DI CITTADINANZA
posizione non omogenea di Camera e
Senato. Se nella prima la legge elettorale ha garantito al centro-sinistra,
arrivato primo per un soffio, la maggioranza, il Senato è arlecchino e dif-
ficilmente si può comporre una maggioranza assoluta stabile. Tant’è che
Pierluigi Bersani, cui spetta la prima
parola come leader della coalizione
con più seggi, si è avventurato in un
M.Bovo/LaPresse
Lo slogan inalberato dai grillini
alla manifestazione di San Giovanni
(a fronte) riguarda leader come
Bersani e Renzi (sopra) o Berlusconi
(a destra). Ma rischia di valere
per tutti.
Pd e i guai giudiziari di Berlusconi
con contorno di manifestazione antigiudici, hanno fatto evaporare ogni
possibilità. Per cui, la speranza di arrivare alla formazione di un governo
che abbia la fiducia di entrambe le
Camere è affidata ancora una volta
all’iniziativa del capo dello Stato.
Il presidente si trova allo scadere
del settennato e non ha il potere di
sciogliere le Camere e indire nuove
elezioni, il che sarebbe l‘estrema –
anche se forse inutile – soluzione;
non resta che fare di necessità virtù.
Gran parte del Paese e delle cancellerie internazionali, pertanto, guardano a Giorgio Napolitano come padre di un “governo del Presidente”.
In soldoni, ci risiamo col governo tecnico? Se si percorrerà questa
strada, il presidente dovrà necessariamente ricorrere, ancora una volta,
a personalità non elette. Eppure, il
mandato sarebbe molto diverso da
quello conferito a Monti nel novembre 2011, quando a mordere era soprattutto la crisi finanziaria. Oggi la
nazione si trova in acque ancora più
M.Cantile/LaPresse
tentativo che dovrebbe portare ad un
governo di minoranza, fondato sulla
non-sfiducia dei 54 senatori del M5S.
L’intenzione politica è comprensibile: il M5S è il partito che ha ottenuto più voti alla Camera, non può
considerarsi minoranza e collocarsi
automaticamente all’opposizione; al
contrario deve prendersi le proprie
responsabilità e sostenere la formazione del governo. Ma il leader del
M5S, Beppe Grillo, sembra del tutto
sordo da quell’orecchio e finora si è
divertito a respingere al mittente in
maniera a dir poco colorita tali avance. Questo atteggiamento ha provocato la reazione di molti elettori e
personalità vicine al Movimento, dai
quali è giunta a Grillo l’esortazione
a dialogare col Pd, sull’esempio della
Regione siciliana, dove i consiglieri
M5S supportano il presidente Crocetta nello sforzo riformatore.
Ma, a parte la non esportabilità
di quell’esperienza nel governo nazionale, ove è richiesta la votazione
della fiducia, il modello cui Grillo
sembra guardare è piuttosto quello di Parma, ovvero un monocolore M5S al governo. Nelle interviste
– rigorosamente con media esteri –
rilasciate da lui e Casaleggio, l’altro
diarca alla guida del Movimento, è
chiaramente enunciata la volontà di
assumersi l’onere del governo del
Paese solo dopo aver conquistato un
consenso ben più ampio. Per questo
giro, quindi, sembra proprio che il
M5S si chiami fuori da qualunque
governo e che il tentativo di Bersani
sia destinato a fallire.
Le prospettive diventano quindi
ben ardue. Che Pd e Pdl (che al momento sta a guardare senza scoprire
le carte), assieme alle liste capeggiate
dal presidente Monti, si mettessero
attorno a un tavolo per formare un
governo politico fortemente rinnovato e con un programma decisamente riformatore, era già un’ipotesi
fievolissima. La netta chiusura del
agitate: la crisi economica pervade
capillarmente il tessuto sociale portando disoccupazione, fallimenti,
povertà impensate; lo stallo istituzionale accresce la sfiducia dei cittadini
e la corruzione blocca ogni merito e
innovazione.
Un governo è necessario e dovrà stringere una alleanza forte con
il Parlamento per affrontare i nodi
finora colpevolmente accantonati:
riforma istituzionale ed elettorale,
moralizzazione del Paese, lotta agli
sprechi e ad ogni casta, riforma del
fisco… Questo ed altro ancora, per
rifondare il patto di cittadinanza e
ripartire con speranza nuova. Per
questo c’è bisogno di tutte le forze politiche; speriamo che nessuno,
neppure il M5S, si tiri indietro.
Città Nuova - n. 6 - 2013
17
Attualità
CHIESA E SOCIETÀ
di Paolo Lòriga
B
ussola e compasso. Uno dei
primi impegni del nuovo successore di Pietro sarà quello di
individuare le coordinate iniziali della rotta da seguire con
la bimillenaria barca della Chiesa.
Le riunioni tra i cardinali prima e il
conclave poi – scriviamo nell’imminenza dell’elezione papale – avranno
offerto preziose indicazioni per posizionare la prua nella giusta direzione.
Anche tanti fedeli desiderano farsi
presenti con propri suggerimenti. Lo
provano i numerosi messaggi giunti
in redazione.
«Vorrei un papa che ponga al centro del suo magistero – indica Olivier
Nembrini – la Salvezza, identificando
i cristiani come “liberati” e non come
“assediati”». Una «grande apertura ai
dialoghi con le altre Chiese, religioni
e culture; l’attuazione forte del Vaticano II; una Curia romana trasformata in una “Famiglia”; una sobrietà
che eviti gli sfarzi delle celebrazioni
liturgiche è quanto si augura Guido
Gliozzi. Secondo Paola Cavalieri, la
Chiesa ha bisogno «di un papa che
sia cresciuto a contatto con il dolore
quotidiano», mentre Arnaldo Scarpa
suggerisce di rinnovare anche il «vocabolario dei titoli di dignità, dall’eminenza al monsignore, mostrando
al mondo il primato del servire».
Indicazioni molto puntuali arrivano da madre Viviana Ballarin, da
cinque anni presidente dell’Unione
delle superiore maggiori d’Italia,
portando il respiro di quasi 66 mila
suore appartenenti a 480 congregazioni religiose.
«Il volto della Chiesa appare impallidito e malato, parafrasando
santa Caterina da Siena», ci risponde
con immediatezza. Per cui c’è bisogno «della forza, della tenerezza e
del coraggio di un potere che non
sia di questo mondo» e «la Parola di
Dio sia l’orientamento e il criterio sicuro delle scelte di vita, dello stile di
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Città Nuova - n. 6 - 2013
LE PRIORITÀ
PER IL NUOVO
TIMONIERE
LETTORI ED ESPERTI PROVANO
A COMPORRE L’AGENDA DI LAVORO
DI UN PONTIFICATO CON TANTE SFIDE
Domenico Salmaso
M. P. King/AP
vita, del dialogo con tutti». Suggerimenti perentori nella dolcezza delle
espressioni, e nessuna rivendicazione
femminile. Confida madre Ballarin:
«Noi donne consacrate siamo sfidate
a rivelare la bellezza materna del
volto stesso della Chiesa, ad essere
una presenza profetica di un cuoreChiesa che batta al ritmo del cuore
di Gesù». Ed ha chiara la finalità del
magistero petrino per questo tempo:
«Far sperimentare all’umanità che la
Chiesa è la possibilità dell’esperienza
di incontro con il Padre che perdona
e salva, con Cristo che ci rende fratelli suoi e tra noi».
Una richiesta che riecheggia nelle
parole di Vito Mancuso, docente di
Storia delle dottrine teologiche all’u-
L’indice della mano destra della
grande statua del primo papa,
situata in piazza San Pietro,
sembra indicare la rotta verso
la società e le sue attese.
niversità di Padova, noto editorialista
e scrittore: «Di fronte all’incapacità
crescente delle persone, almeno in
Occidente, a raccogliersi nel silenzio, nella preghiera, nella contemplazione, c’è l’urgenza di offrire l’esperienza spirituale. Invece, la liturgia
cattolica e la pedagogia della Chiesa
non riescono a far vivere l’esperienza
spirituale».
Una seconda priorità è il raccordo
della Chiesa con le vicende della società, stando in ascolto dei drammi
e delle richieste. Mancuso indica per
prima la questione femminile, precisando che «non mi riferisco al sacerdozio femminile, ma al fatto che il
governo della Chiesa non può più restare di tipo maschile». E poi «la questione urgente dell’ecumenismio e
del dialogo interreligioso». Prospetta
che «in tempi brevi si potrebbe arrivare alla comunione con la Chiesa
ortodossa», mentre in riferimento
alle altre religioni propone «un’istituzionalizzazione degli incontri di
Assisi, rendendoli anche veri appuntamenti di confronto sui grandi temi:
donna, preghiera, natura, rapporto
con la scienza, identità umana, etica
e bioetica».
Mancuso aggiunge: «Poi, come
tutti indicano, si dovrà parlare della
morale sessuale, dell’identità sessuale, dei matrimoni omosessuali,
delle famiglie allargate, ma sono
temi che vanno affrontati con un
grande sforzo di discernimento»
tanto da auspicare «un pontificato che faccia tornare a respirare
il mondo, facendogli vivere una
grande dimensione di dialogo e di
ascolto, magari mediante la convocazione di assemblee con agende
precise, su singoli temi, con una
pluralità di persone. Un papato così
potrebbe diventare un grande faro
in questo tempo di disorientamento
sociale e spirituale».
Città Nuova - n. 6 - 2013
19
At t ualità
LE PRIORITÀ PER IL NUOVO TIMONIERE
De Bortoli
Una Chiesa più
vicina alla società
A. Medichini/AP
Le attese del direttore
del “Corriere
della Sera” riguardo
al nuovo pontificato
I cardinali entrano
in Vaticano salutati
da una guardia svizzera.
A sin.: Vito Mancuso,
docente di Storia delle
dottrine teologiche;
a des.: madre Viviana
Ballarin, presidente
dell’Unione superiore
maggiori d’Italia.
Walter Baier
Chiesa e villaggio globale
«Francamente sono sorpreso che le analisi e i commenti sul futuro della Chiesa cattolica siano concentrati quasi esclusivamente su questioni interne alla Chiesa stessa». Walter Baier
è un esigente uomo di dialogo. Sino al 2006 ha guidato il partito comunista austriaco e lo
scorso anno è stato invitato da Benedetto XVI ad intervenire all’incontro di Assisi quale rappresentante di quanti vivono senza riferimenti
religiosi.
«La Chiesa deve accentuare la sua attenzione nei confronti del mondo».
Consiglia al nuovo papa: «Usi la sua autorità per sollecitare un impegno
comune in modo da far fronte alle grandi crisi dell’umanità, alle guerre,
alle povertà, allo sfruttamento, all’ecocidio».
Poi aggiunge: «Di certo la Chiesa ha bisogno di una riforma interna, che
tenga conto della par condicio tra i sessi, di una morale realistica, di una
partecipazione democratica dei fedeli. Ma non dimentichi – e il nuovo
papa potrebbe favorire aperture – che pure su questi temi un confronto
radicale con il mondo e con le sue contraddizioni può risultare salutare».
20
Città Nuova - n. 6 - 2013
«La Chiesa ha bisogno di una grande svolta, come quella avvenuta con l’elezione di
Giovanni Paolo II», esordisce Ferruccio de
Bortoli, direttore del Corriere della Sera. E
argomenta: «Si tratta di attuare un ringiovanimento della gerarchia ecclesiastica, ma
soprattutto c’è la necessità che il nuovo papa
esprima il suo ruolo di paladino della fede in
una società secolarizzata e desacralizzata
con un vigore fisico e una capacità comunicativa che ricordino il primo Wojtyla».
Più che difendere c’è bisogno, secondo lei,
di un papa più propositivo.
«Nelle società contemporanee più evolute
la fede viene meno e la presenza del sacro
è in diminuzione. Credo perciò che il nuovo
papa debba avere come programma quello
di eessere un paladino della fede più che un
custode del dogma».
Un papa vigoroso e dall’immediata comunicativa. Ma poi invecchierà pure lui.
«Ecco un’altra aspettativa per me fondamentale. C’è bisogno di un papa per sempre.
L’idea che il papa non sia più a vita resta un’ombra sulla Chiesa, che è giusto venga dissipata dal nuovo pontefice. Rispetto
il gesto di Ratzinger, mi creda, ma ha sparso un’inquietudine
nuova tra i credenti, soprattutto tra gli strati più umili, e credo
costituisca un elemento di ulteriore crisi pure nel rapporto con
la società. In altre parole, abbiamo bisogno di un pastore che
tenga alta la fede, che ci richiami, che ci scuota, che proietti la
propria forza (e non la propria debolezza) sul suo gregge, che
lo conduca con mano sicura, che lo metta di fronte a cambiamenti epocali, che possono essere il celibato dei preti, il ruolo
delle donne nella società e nella Chiesa, i valori non negoziabili, ma che lo sono nella misura in cui la Chiesa conserva un
ruolo centrale nella società».
IL CONCILIO TRA RIFORMA
E CONTINUITÀ
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Mi faccia capire: valori non negoziabili, ma non troppo?
«Guardi che nel momento in cui la Chiesa non avrà più un ruolo
centrale nella società – e quello lo si conserva battendosi anche
sui temi sociali, non soltanto sui temi etici – in quel momento
non potrà nemmeno più difendere i valori non negoziabili».
Nell’agenda del nuovo papa vede decrescere la centralità
dell’Europa?
«Nel 2025 l’80 per cento dei cattolici abiterà fuori dall’Europa,
sarà in America Latina e in Asia. Quindi è accettabile, e forse
profetico, che la Chiesa anticipi i tempi riguardo ad un nuovo
ordine geopolitico che vede la vecchia Europa in disparte. Non
dimentichiamo che la Chiesa, eleggendo Wojtyla, dette avvio al
crollo del muro di Berlino».
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Quale ruolo potrà svolgere la comunicazione nel nuovo pontificato?
«Il nuovo papa deve avere un carisma anche mediatico, indubbiamente. L’immagine del nuovo pontefice sarà il medium attraverso
cui passerà il messaggio del cristianesimo. Dovrà essere un misto
tra la dolcezza di Giovanni XXIII e la forza comunicativa, ieratica di
Giovanni Paolo II. Deve assomigliare più ad un buon padre o ad un
buon nonno piuttosto che ad un professore».
Nell’agenda inserirebbe molti viaggi?
«Il papa deve essere un nuovo pellegrino che si mette in modo instancabile a girare il mondo, a baciare le terre, a riportare la Chiesa
a una dimensione più umile, perché la Chiesa, nei suoi paramenti,
nella sua sacralità, nelle sue liturgie è sempre più distante dalla società, mentre la società ha sempre più bisogno della Chiesa. Per di
più la Chiesa, nell’accentuata distanza, si è secolarizzata, mutuando a volte i peggiori difetti della società che dovrebbe influenzare
con il proprio apostolato, con la propria missione pastorale. C’è
bisogno di una Chiesa che torni ad essere punto di riferimento».
a cura di Paolo Lòriga
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Attualità
CORRUZIONE DIFFUSA?
di Alberto Ferrucci
SAIPEM ED ALTRO
I GRANDI CONTRATTI STIPULATI A LIVELLO INTERNAZIONALE,
SOPRATTUTTO IN CAMPO ENERGETICO, HANNO BISOGNO
DI “COMMISSIONI” LECITE. CHE TALVOLTA DIVENTANO “TANGENTI”
S
i può vagare a lungo per i viali
di San Donato Milanese prima
di scoprire tra gli alberi gli uffici ed i centri di ricerca dell’Eni:
nei loro interminabili corridoi si
scoprono i reperti geologici del profondo del pianeta, frutto delle trivellazioni alla ricerca di gas e petrolio: più
22
Città Nuova - n. 6 - 2013
che della periferia di Milano, il villaggio dell’Eni sembra far parte del New
Jersey, lo “stato giardino” americano
dove hanno sede molte multinazionali
del settore dell’energia.
Forse questo “lavorare all’americana” era proprio l’impronta che
voleva dare all’Eni Enrico Mat-
tei quando, alla fine della Seconda
guerra mondiale, aiutato dai sui suoi
ex compagni di lotta partigiana diventati governanti, aveva contribuito
a trasformare un’Italia prevalentemente agricola in un moderno Stato
industriale, incoraggiando nuove attività industriali offrendo l’energia a
Le attrezzature per la ricerca
e lo sfruttamento dei giacimenti
richiedono enormi investimenti.
Sotto: Paolo Scaroni, Ad Eni,
e Giuseppe Orsi, ex-Ad
di Finmeccanica.
basso prezzo del metano scoperto in
Valle padana, portato ovunque con
una rete di gasdotti.
Mattei fu capace di trasmettere ai
manager e tecnici dell’Eni la sua visione di una azienda al servizio del
Paese, fondamentale per il miracolo
economico di quegli anni, che divenne internazionale per approvvigionarsi di petrolio saltando l’intermediazione delle multinazionali: il suo
proporre rapporti di uguaglianza tra
Paesi produttori e consumatori fece
saltare il loro cartello internazionale,
una mossa coraggiosa ed utile al Paese, ma molto rischiosa per lui: forse
è la vera causa dell’attentato in cui
avrebbe più tardi perso al vita.
Mattei propose ai Paesi dell’Africa, dell’America Latina e del Medio
Oriente, da poco divenuti indipendenti, una equa divisione dei profitti,
ricavabili dalle loro risorse naturali
grazie al lavoro italiano; offrì anche
le tecnologie necessarie a costruire
presso di loro le raffinerie e gli impianti petrolchimici che avrebbero
valorizzato le loro materie prime;
questa attività creò di riflesso un
grande impulso alle sue società di
progettazione e costruzione – Snam
Progetti per gli impianti industriali e
Saipem per la ricerca – la distribuzione ed ora anche le trivellazioni in
acque profonde per gas e petrolio.
Trivellazioni che richiedono tecnologie estreme, perché si opera in
fondali in cui nel buio totale e con
altissime pressioni vivono creature
che superano la fantasia degli scrittori di fantascienza: un ambiente più
“alieno” di Marte, in cui l’uomo non
può operare direttamente e dove le
attrezzature sono riparate solo da robot, devono durare molti anni e non
creare problemi neppure quando non
saranno più utilizzate.
Eppure Saipem, rinomata a livello internazionale per le sue navi
Città Nuova - n. 6 - 2013
23
At t ualità
SAIPEM E ALTRO
posa di oleodotti e le mastodontiche
piattaforme per la trivellazione, in
un solo giorno in borsa ha perso un
terzo del suo valore, e i suoi dirigenti sono stati accusati di aver pagato
170 milioni di euro a un intermediario per un appalto per la costruzione
di un oleodotto in Algeria del valore
di dieci miliardi di euro: meno del
due per cento, molto meno di quanto
si riconosce alle agenzie immobiliari per un appartamento, di solito il
tre per cento a carico del venditore
ed altrettanto dell’acquirente.
Gli apparati giudiziari porteranno
prove certe delle infrazioni alle leggi
che giustificano le accuse: non sarà,
penso, quel pagamento, visto che a
quanto pare prima di sottoscrivere tali contratti di commissione le aziende
pubbliche sono solite sottoporli alla
verifica di congruità del ministero
degli Affari Esteri. Si obietterà che
si tratta comunque di cifre rilevanti, ma occorre tener presente che le
agenzie di intermediazione internazionale, per ottenere un risultato positivo devono investire per anni ed in
molte direzioni, coltivare conoscenze
e relazioni con funzionari magari di
cinquanta Paesi diversi, in cui la stragrande maggioranza dei progetti finiscono nel nulla.
Solo le multinazionali dispongono
delle risorse per stabilire nei diversi
Paesi del mondo una sede distaccata,
con personale fidato ed esperto nel
cogliere sul nascere le informazioni
e le documentazioni dei futuri bandi
internazionali; e, quando necessario,
anche per aiutare i funzionari dei
governi locali a formulare i bandi,
con vantaggio reciproco, perché in
tal modo si potranno mettere in evidenza i pregi dei prodotti delle loro
aziende rispetto a quelle altrui.
Per avere proficue attività internazionali è necessario creare rapporti
consolidati, che non sempre sono
basati, come si pensa, sulla corru-
24
Città Nuova - n. 6 - 2013
Trivellazioni in mare aperto
da una piattaforma della Saipem.
zione: spesso, invece, sulla stima e
la fiducia, perché il funzionario del
governo che una volta nella vita deve
organizzare per il suo Paese una gara di appalto per un prodotto magari
sofisticato, come un impianto industriale o anche un acquisto di elicotteri, o si affida ad un consulente davvero indipendente, che non sempre
troverà, oppure si serve dei dialoghi
con i rappresentanti dei venditori di
cui si fida, in concorrenza tra loro,
da cui impara le cautele che deve
prendersi formulando l’appalto.
Se una azienda vuole evitare intermediari, deve aprire uffici, investire in personale locale fidato, i suoi
manager devono essere disponibili a
viaggi frequenti in Paesi in cui non si
può avere fretta di concludere ed in
cui occorre rispettare i costumi e le
ricorrenze locali: quindi anche per le
aziende medio-grandi può essere più
conveniente riconoscere commissioni sostanziose, sborsandole solo in
caso di successo, a consulenti locali
che mettono a frutto professionalità e
rapporti di vicinanza con i funziona-
ri del loro governo; e non è detto che
poi essi trasferiscano parte di quelle
commissioni ad essi. Oppure debbono rivolgersi a consulenti internazionali, il cui primo compito è proprio
quello di creare una rete di consulenti
affidabili nei vari Paesi.
Quanto detto finora non esclude
che non vi siano tangenti da denunciare e sanzionare: ogni contratto
di agenzia internazionale ha clausole che proibiscono il ritorno di una
parte della commissione nella disponibilità di persone vicine a chi la
concede. Allorché questo ritorno sia
dimostrato – e purtroppo di recente
ciò succede con una certa, esecrabile
frequenza –, è giusto perseguire chi
ha operato in tal senso, spesso non a
proprio vantaggio, ma a quello degli
amici e protettori che gli hanno procurato quella posizione di potere.
Il problema della corruzione nelle
aziende pubbliche va affrontato recidendo alla origine ogni commistione
tra la politica e la loro gestione: come esistono nelle altre nazioni evolute, anche nel nostro Paese è urgente
creare agenzie indipendenti dedicate
alla nomina, secondo criteri di merito ed in piena trasparenza, degli
amministratori di ogni azienda a capitale pubblico, non solo l’Eni, la Rai,
l’Enel o le Ferrovie dello Stato, ma
anche della miriade di aziende pubbliche per la gestione dei servizi più
diversi, a partire da quelli sanitari.
Davanti ad episodi di corruzione,
spesso si invoca la privatizzazione
delle aziende; ma per il bene comune non è necessario che esse siano
privatizzate. È sufficiente, anzi è più
proficuo che esse siano gestite da
manager validi, soprattutto non gravati da debiti di riconoscenza verso
chi li ha nominati. Solo così verranno in luce i migliori, quelli che oggi
sono messi da parte perché non disposti ad atti di riconoscenza effettuati con denaro pubblico.
Alberto Ferrucci
VITA SOBRIA
di Aurelio Molè
Fa m ig l ia e s o c ie t à
Fa m ig l ia e soc ie t à
L
a necessità di una
vita più sobria interroga anche le grandi
aziende perché non è
più possibile sostenere il culto dell’estetica della
confezione come filosofia
degli affari. Se osservate
con attenzione quanti imballaggi inutili ogni giorno
depositiamo nella spazzatura, viene da chiederci a
che costo il nostro pianeta
e l’umanità devono sostenere il lusso di pochi. Non
solo, ma dentro le confezioni che depositiamo
nell’immondizia, quante
tonnellate di prodotto lasciamo? Inoltre sono prodotti nati dall’utilizzo di
materie prime, da spreco
di risorse energetiche, che
causano inquinamento atmosferico e sfruttamento
della terra e del sottosuolo. Una recente indagine
della Booz & Company, la
più importante azienda di
managment consulting del
mondo, nata dall’idea, nel
1914, che per sviluppare i
propri affari è meglio avere
un giudizio imparziale da
esperti esterni alla propria
compagnia, rivela che dal 3
al 25 per cento dei prodotti
resta all’interno delle confezioni senza poter essere
usato. Nel dentifricio giace dal 3 al 5 per cento del
prodotto, nello shampoo
fino al 10 per cento, nei
flaconi con dosatori, tipo
sapone liquido o maionese, viene trattenuto fino al
25 per cento del prodotto.
Se siete abituati a spremere, aprire le confezioni,
tagliare gli involucri per
godere fino all’ultima goc-
In molti supermercati,
per evitare lo spreco
di imballaggi, è possibile
acquistare prodotti
“alla spina”, senza
contenitori usa e getta.
Rimedi
anti spreco
Gli imballaggi trattengono
fino al 25 per cento del prodotto.
Anche le aziende corrono ai ripari
e progettano nuove confezioni
cia del prodotto non siete
nel torto. Non siete tirchi,
siete nella norma del 50
per cento degli americani
che usa farlo, anche perché,
per esempio, in una crema
di bellezza che costa anche
80 euro si possono lasciare
anche 10 euro a confezione senza poter far nulla.
Se non si riesce a modificare le proprie abitudini,
per virtù, per giustizia o
per necessità, e comprare
prodotti meno costosi, almeno bisogna sapere che
anche grandi aziende (La
Prairi, Clinique, Tide), per
la rivolta dei consumatori,
se ne sono accorte e corrono ai ripari per migliorare
la loro offerta progettando nuovi packaging anti
spreco, cioè la tecnologia
delle confezioni e degli
imballaggi. Tipo: dosatori sottovuoto, spatole incluse nella confezione per
raccogliere il prodotto,
contenitori trasparenti per
vedere quanto prodotto è
rimasto. Nel frattempo ci
si può arrangiare con rimedi autogestiti. Consigli:
tagliare i flaconi di plastica
come dentifrici e gel per
recuperare le ultime gocce;
svuotare con il dito le creme che restano sul fondo
del barattolo; aggiungere
acqua per non sprecare le
ultime gocce di detersivo
o di shampoo. Sono rimedi anti spreco fai-da-te, ma
provocano una certa gratificazione per il senso di
soddisfazione psicologica
di aver usato fino all’ultima
goccia e, per i più consapevoli, per la ricaduta positiva sull’intero pianeta.
Città Nuova - n. 6 - 2013
25
Fa m ig l ia e soc ie t à
Nel tuo libro descrivi
come la dimensione dei
26
Città Nuova - n. 6 - 2013
a cura di Aurora Nicosia
Si può ancora
rischiare
Un libro per
provare ad
andare oltre
i veli che
ostacolano
il rapporto
fra persone,
popoli, culture
rapporti umani sia prevalente, anche in metropoli
brulicanti di gente.
«È difficile da spiegare,
ma si avverte un senso di
appartenenza ad una comunità, per cui è il noi
che vale e quindi il singolo
con la sua fatica, il suo dolore, non è un individuo
staccato, ma partecipa di
un qualcosa di comune.
Di fronte a certe tragedie
della vita o a talune situazioni che definiamo disumane, non ho mai sentito
ribellione, non ho mai percepito che sei meno uomo
perché non hai certe cose;
forse perché c’è tutta una
parte di te che esalta la
dimensione del rapporto e
che supplisce alle necessità materiali, che ti fa capire che non è vero che la
felicità sta solo nell’avere e
nemmeno nelle sicurezze.
È in qualche modo un’altra
dimensione della felicità,
che apre a una dimensione
più grande. All’assoluto».
Dall’ alto: la copertina
del volume edito
da Città Nuova; l’autrice
(al centro) con alcune
donne pakistane;
uno scorcio di Karachi.
Pietro Parmense
N
on è un romanzo,
non si fanno teorie, si
racconta la vita. Leggendo Oltre il velo, nel
cuore del Pakistan, il
libro edito recentemente da
Città Nuova, si entra nel
cuore di un’esperienza che
ha, a tratti, dell’incredibile
e dell’eroico. Non ci tragga
in inganno la “modestia”
del racconto dell’autrice,
Daniela Bignone, genovese
di origine e per 23 anni in
Pakistan, che scrive: «Sono
episodi raccontati con naturalezza. Trasmettono semplicità e freschezza, coraggio e candore. Dicono che
in ogni parte del mondo,
in situazioni normali o più
difficili, si può ancora rischiare. Si può dare uno
sguardo sincero sulla vita».
C’è molto di più. Ci
sono sì le vicissitudini
quotidiane in abitazioni
con poche suppellettili e
alcune brandine, ma anche
viaggi avventurosi e cibi
dal gusto sconosciuto; e
poi i contatti con gli ambasciatori e con i poveri
di uno sperduto villaggio,
gli incontri col vicino musulmano e col cardinale
così vicino da essere un
“fratello”. C’è lo shock di
essere sfuggita per “caso”
a un attentato terroristico,
di aver condiviso la devastazione di un terremoto,
di essere ricercata per un
reato non commesso. E c’è
anche la descrizione di una
qualità nelle relazioni interpersonali sorprendente.
Ne parliamo con l’autrice.
NOVITÀ EDITORIALI
CITTADINANZA
di Paolo De Maina
Qual è stato l’impatto
di una giovane donna
cristiana come te in terra
musulmana, in un mondo
sconosciuto?
«Faticoso, perché la discriminazione c’è e la senti
sulla tua pelle. Più sono entrata dentro la loro cultura,
però, più ho capito che la
visione che abbiamo noi
della condizione femminile
non contiene la dimensione
della donna che loro percepiscono: c’è un ruolo della
donna nelle case e nelle famiglie che mantiene coeso
il tessuto sociale anche se
non viene in luce. E forse
è proprio ciò che dà loro la
vera dignità, e che probabilmente a noi un po’ manca.
Ciò non toglie che l’impatto
sia stato faticosissimo, e
nemmeno che la presenza
femminile nella società civile non la si veda e non la
si senta. Ho dovuto conquistarmi questa dimensione
femminile pakistana, perché non la capivo».
Hai mai avuto nostalgia del Pakistan?
«Io porto profondamente
nel cuore i rapporti costruiti
con le persone. A volte mi
manca anche il Paese, certi
momenti dell’anno, certe atmosfere legate alla cultura,
al cibo, al clima. Non ho,
invece, avuto nostalgia del
caldo, questo no. Io penso
che culture così diverse,
come quella italiana e quella
pakistana, potrebbero arricchirsi di più reciprocamente.
La vera esperienza fatta è
stata quella di arrivare a suscitare in tanti atteggiamenti
di reciprocità».
Trasparenza amministrativa
«Sono appena passate le elezioni e l’effetto del Movimento 5 Stelle
porterà una più serrata attenzione alla trasparenza».
E.C. - Cagliari
A livello legislativo il Parlamento ha aggiornato dal 1991 le norme sulla
trasparenza e recentemente il governo ha varato un decreto legislativo
che intende disegnare un vero e proprio codice della trasparenza in
modo da evitare dubbi interpretativi. Alcuni esempi.
Patrimoni e nomine. Viene istituito l’obbligo di pubblicità: delle
situazioni patrimoniali di politici, e parenti entro il secondo grado; degli
atti dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori e delle varianti
urbanistiche; dei dati, in materia sanitaria, relativi alle nomine dei
direttori generali, oltre che agli accreditamenti delle strutture cliniche.
Accessibilità delle informazioni. Viene data una definizione del principio
generale di trasparenza: accessibilità totale delle informazioni che
riguardano l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni,
allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle
funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
Documenti. Si stabilisce il principio della totale accessibilità delle
informazioni. Il modello, ispirato a quello americano, vuole garantire
l’accessibilità di qualsiasi documento salvo motivi di sicurezza.
Diritto di accesso civico. Viene introdotto un nuovo istituto: il diritto
di accesso civico. Questa nuova forma di accesso mira ad alimentare
il rapporto di fiducia tra cittadini e pubblica amministrazione e a
promuovere il principio di legalità. In sostanza, tutti i cittadini hanno
diritto a che le pubbliche amministrazioni pubblichino atti, documenti e
informazioni che detengono.
Amministrazione trasparente. Si prevede l’obbligo per i siti istituzionali
di creare l’apposita sezione di amministrazione trasparente nella quale
inserire tutto quello che stabilisce il provvedimento.
[email protected]
Famiglia e società
LO PSICOLOGO
di Pasquale Ionata
«Nel suo ultimo libro
Diventa ciò che sei (Città
Nuova Editrice, 2012), lei
dice che le parole hanno
un potere non solo curativo, ma addirittura trasformativo per lo sviluppo
del cervello di un neonato.
Può spiegarlo meglio?».
Franco - Salerno
Sì è vero, le parole hanno un’importanza enorme per il nostro equilibrio mentale, non solo a
scopo curativo in ambito
psicoterapeutico, ma persino trasformativo come
nell’ambito psicoevolutivo. Stando a quanto asse-
riscono le ricerche neurobiologiche, a proposito del
rapporto madre-bambino,
le parole sono considerate
imprescindibili per il normale sviluppo del cervello
umano.
Ma al di là delle modernissime neuroscienze,
ecco una conferma di tutto ciò attraverso un significativo fatto di cronaca
medioevale. Il cronista di
Federico II alla corte di
Palermo in Sicilia nel secolo XII d.C., fra’ Salimbene da Parma, ci narra di
un esperimento ordinato
personalmente dall’imperatore con cui si voleva
A TU PER TU CON I GIOVANI
di Francesco Châtel
Chiedere una grazia
«Avrei una domanda un po’ diversa dalle altre a cui
normalmente rispondi. Vorrei sapere come si può chiedere una grazia per la salute di una mia amica che sta
lottando da anni contro il cancro. Forse, come cristiana,
dovrei saperlo, ma non ho un’idea precisa. So che tanti
pregano per l’intercessione di Chiara Luce Badano».
R.V.
Nessuna domanda è strana o diversa, perché se affiora alla nostra mente è sempre portatrice di qualcosa di importante. La tua esprime un valore grande: la
relazione profonda e di affetto che ti lega ad un’amica che soffre e che ti spinge ad interrogarti su quanto
potresti fare per lei. Quando si ama qualcuno si vuole
il massimo bene per quella persona e si vuol fare al
più presto qualcosa per liberarla dal peso che si trova
28
Città Nuova - n. 6 - 2013
Domenico Salmaso
La parola crea il cervello
trovare una risposta alla
domanda quale sia la naturale lingua originaria
dell’uomo. A questo scopo
egli fece allevare un certo
numero di neonati da balie cui si erano date istru-
zioni rigorose: esse dovevano prendersi cura dei
bambini in ogni maniera,
ma, nei loro confronti e
in loro presenza, astenersi
completamente dall’uso
della parola. Grazie alla
a portare. Però spesso, davanti al dolore, alla malattia
grave, alla sofferenza e incertezza che ne deriva, ci si
sente per lo più impotenti e il desiderio di condividere
e di sostenere appare ben poca cosa.
Penso, perciò, che la prima grazia che già avete ottenuto e che devi continuare a far crescere sia proprio
quella di poter vivere insieme questo momento doloroso
e di sospensione, aiutandovi a credere all’amore di Dio
che è padre e vuole sicuramente il bene della tua amica.
Proprio perché è padre e vuole che ci amiamo, sarà
particolarmente contento della tua preghiera che esprime la fiducia nel suo amore e ancor di più se la farai
unita ad altre amiche e amici. È a Dio che va chiesta la
grazia! Se poi vuoi chiedere l’intercessione di qualche
amica lassù, come Chiara Luce, non importano tanto
formule particolari: basta esprimerlo. Comunque, se
vuoi, sul sito di Chiara Luce (http://www.chiaralucebadano.it) puoi trovare il testo di una preghiera per
chiedere grazie per sua intercessione. Un aiuto che,
sicuramente, fin da subito con il suo esempio Chiara
Luce potrà dare a te e alla tua amica sarà quello di aiutarvi a saper affrontare con fiducia la sospensione e il
dolore della malattia, come ha fatto lei.
[email protected]
BAMBINI E MEDIA
di Maria Rosa Pagliari
creazione di questo vuoto di parole, Federico II
sperava di giungere a stabilire se i bambini avrebbero cominciato a parlare
spontaneamente
greco,
latino o ebraico. Purtroppo, l’esperimento rimase
incompiuto. Fu, per dirlo
con le parole di Salimbene «fatica vana, perché i
fanciulli morirono tutti».
Facile constatare che i
neonati non sperimentarono una relazione qualitativamente elevata con
le loro balie dal punto di
vista “intellettivo” oltre
che “emotivo”, perché è
attraverso le parole che si
coglie l’importanza dell’
“altro” per il proprio benessere mentale, l’importanza dell’ “altro” in tutti i
rapporti umani considerati
sani psicologicamente.
Infatti, ben poco di ciò
che è positivo è solitario.
Quando è stata l’ultima
volta che avete riso a crepapelle? L’ultima volta
che avete provato una gioia indescrivibile? L’ultima
volta che avete avvertito
un significato e un obiettivo profondi? L’ultima
volta che vi siete sentiti
incredibilmente orgogliosi di un’impresa? Anche
senza conoscere i dettagli
di questi momenti topici
della vostra vita, sappiamo che forma hanno avuto: tutti si sono verificati
in compagnia di altre persone che sono il miglior
antidoto contro i momenti negativi della vita e il
singolo momento positivo
più affidabile.
[email protected]
Tra due mondi
«Che differenza c’è tra mondo reale e mondo virtuale?».
Francesca - Bari
Ormai gli studiosi di comunicazione hanno operato una ridefinizione
concettuale del significato di “mondo reale“ e “mondo virtuale” che aiuta a
comprendere meglio i fenomeni della Rete. Inizialmente per “mondo reale”
si intendeva la “vita vera” e per “mondo virtuale” tutto ciò che passava nello
spazio impalpabile di Internet. A rigor di termini, però, il contrario di virtuale
non è reale, ma attuale. Il latino virtus (da cui virtuale) indica la potenza, ovvero
un modo d’essere dinamico ed instabile: quando qualcosa è in potenza potrebbe
attualizzarsi, ma ancora in atto non è. Tuttavia ciò non toglie nulla alla sua
realtà. Questo vale per l’uso di un social network, per il testo di una chat, per
le pagine di un sito Web: non si può dire che non siano reali, tanto è vero che
sono percepibili, ci passano i nostri discorsi, ci forniscono informazioni. Però
è la diffusione del telefonino ad avere inciso in profondità sulla ridefinizione
del rapporto tra reale e virtuale. Per la sua portabilità e l’immediatezza della
sua interfaccia il cellulare non è più percepito come uno strumento, ma viene
vissuto come una vera e propria protesi del nostro corpo grazie alla quale
chiamare, essere chiamati, mandare e ricevere sms, controllare l’agenda,
scattare una fotografia, entrare in Internet. Il dato significativo è l’assottigliarsi
fino a scomparire del confine tra reale e virtuale, tra “mondo della rete” e
“mondo della vita”. La nostra “vita sullo schermo” non è qualcosa di estraneo
dalla nostra vita concreta: siamo di fronte ad una “virtualità reale” o, meglio
ancora a una “realtà aumentata”, prolungata oltre i limiti di spazio e tempo che
tradizionalmente la limitavano, grazie ai nuovi dispositivi tecnologici. Questa
nuova dimensione appartiene profondamente e naturalmente ai nostri ragazzi,
a noi adulti appartiene il compito di mostrarci sempre più interessati e non
“indagatori” favorendo il dialogo su usi, rischi e consapevolezza.
[email protected]
Città Nuova - n. 6 - 2013
29
Ricorrenze
Rinascere,
come un fiore
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Città Nuova - n. 6 - 2013
Lai xinlin/AP
U
n campo di fiori di colza: un mare
giallo brillante in cui tuffarsi
per rilassarsi e rintemprarsi
a contatto con la natura. E
c’è anche il giorno giusto per
salutare adeguatamente la primavera,
se il clima sarà clemente. Il 31 marzo,
infatti, si festeggerà la Pasqua, la
celebrazione liturgica più importante
della Chiesa cattolica. E l’indomani,
lunedì in albis, Pasquetta, in tutta
Italia sarà l’occasione per fare festa
partendo con amici e parenti per la
tradizionale, ed economica, gita fuori
porta. Che si preferisca il mare, la
montagna, un museo o una città d’arte,
può essere il momento giusto per
rilassarsi con un semplice pic-nic ed
insieme alle persone care riposare e
riprendersi da un inverno che, anche a
causa della crisi e degli stravolgimenti
sociali che l’hanno accompagnato,
ha fortemente provato gli italiani.
E può altresì essere l’occasione per
meditare sulla gioia della Resurrezione:
una rinascita che può ripetersi ogni
giorno in ognuno di noi, se scegliamo
di “passare oltre” i nostri limiti, i
fallimenti, le delusioni. Chi supera la
“morte”, sceglie la vita. E allora che sia
una vita diversa, rinnovata, per puntare
sulla speranza e scommettere ancora
su chi ci sta accanto.
Sara Fornaro
PASQUA, TEMPO DI RESURREZIONE
E DI VOGLIA DI VITA NUOVA
Attualità
BENI CULTURALI
testo e foto di Oreste Paliotti
S
ono uscito intristito dall’ultima
visita agli scavi di Pompei, anche se preparato dalle notizie
dei recenti crolli. L’antica città
mi è apparsa quasi agonizzante: strade sbarrate, mura puntellate,
degrado di vecchi restauri. Per ogni
dove cartelli con “vietato l’accesso”.
E poi visitatori dall’aria smarrita, in
cerca di qualche rara domus aperta
lungo i soliti percorsi, resi proprio
per questo usurati da milioni di piedi. Uno spettacolo deprimente per chi
desidererebbe veder attuato in tempi
rapidi l’annunciato “Grande Progetto
Pompei”, progetto innovativo e scientifico, mirato ad una soluzione soddisfacente dell’arduo problema della
conservazione e fruizione degli scavi.
Sono stato poi ad Ercolano, la “sorella minore” di Pompei. E qui già
la cittadina moderna offre una lieta
sorpresa: la riqualificazione di piazza
Colonna, arricchita dalla riproduzione perfetta delle celebri “Danzatrici
di Ercolano”: cinque statue in bronzo
così definite nel 1755 dall’archeologo
tedesco G.G. Winckelmann. Dopo
questo biglietto d’ingresso all’area
archeologica, decisamente la situazione che qui si coglie a colpo d’occhio
è più confortante, a cominciare dalla
nuova reception con annesso spazio
verde e parcheggio su due livelli. Riaperte diverse domus, altre in corso di
restauro (si parla del 70 per cento delle coperture degli edifici già rifatto).
Nuovamente accessibile il decumano
massimo – la via principale della città
–, messo in sicurezza dal nuovo muraglione lungo la scarpata che separa la
zona nord degli scavi dalla città moderna. Squadre lavorano sulle impalcature di diversi edifici, nelle terme
suburbane, tra le più intatte dell’antichità, le cui decorazioni abbisognano
di restauri, e lungo l’antico lido.
Per il momento non è certo il caso di pensare a ulteriori campagne
di scavo, ma d’altra parte, facendo
semplici lavori di ripulitura nell’area
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Città Nuova - n. 6 - 2013
BUONE NOTIZIE
DA ERCOLANO
IN ATTO, NELLA “SORELLA MINORE”
DI POMPEI, UN PROGETTO INNOVATIVO
CHE PUÒ FAR DA MODELLO PER RISOLVERE
I PROBLEMI DI CONSERVAZIONE
DEL PIÙ CELEBRE SITO VESUVIANO
Una delle
“Danzatrici
di Ercolano”.
A fronte:
il prospetto
della città verso
l’antico lido.
Sotto: l’atrio
delle Terme
suburbane.
già messa in luce, sono state fatte
nuove scoperte interessanti: una fogna ha restituito il più grande campione di materiale organico finora
giuntoci dal passato, preziosa fonte
di informazioni sulla dieta e la salute degli ercolanesi, mentre sull’antica spiaggia si sono recuperati cospicui elementi in legno ancora “vivo”,
cioè non carbonizzato, relativi al
tetto e al controsoffitto del sontuoso
salone di una delle ricche domus affacciate verso la marina: quella del
Rilievo di Telefo.
Come si è giunti a questi sorprendenti risultati? Eppure, solo qualche
anno fa, la situazione di questo gioiello archeologico non differiva granché
da quella di Pompei. Anche Ercolano
minacciava di sparire una seconda
volta, non più ad opera del Vesuvio,
ma dell’incuria e del degrado.
Bisogna risalire al 2001, anno in
cui il Packard Humanities Institute,
in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei e con la British School
at Rome ed altre università italiane
e straniere, avviava l’Herculaneum
Conservation Project (Hcp), inteso
ad affrontare globalmente le problematiche dell’intero tessuto urbano,
evitando quindi i consueti interventi parziali. E ciò grazie ad un’unica équipe, attiva continuativamente
nell’area degli scavi, composta da
funzionari della Soprintendenza,
da imprese specializzate e da liberi
professionisti: archeologi, architetti,
conservatori-restauratori, project manager, specialisti per la gestione delle
acque, ingegneri strutturisti, scienziati e informatici.
Oggi l’emergenza si può dire superata e si è giunti ad una situazione
abbastanza stabile, tale da poter intraprendere una manutenzione sperimentale dell’area e iniziative per la
sua valorizzazione, offrendo inoltre
nuove opportunità di coinvolgimento
per gli stessi cittadini della moderna
Ercolano. «Proprio a tale scopo –
precisa la dott.ssa Maria Paola Guidobaldi, direttrice degli scavi – nel
2007 l’Associazione Herculaneum,
che ha come soci la Soprintendenza,
il Comune di Ercolano e la British
School at Rome, ha creato il Centro
Herculaneum. E nello stesso anno la
Soprintendenza, il Comune, l’Assessorato alla cultura della regione Campania e la Direzione regionale per i
beni culturali e paesaggistici della
Campania hanno siglato un protocollo di intesa per l’ampliamento del
parco archeologico e la valorizzazione delle aree di confine con il centro
storico della città di Ercolano».
Con i risultati positivi già raggiunti, l’area più ridotta di Ercolano (quasi
cinque ettari contro gli oltre sessantasei di Pompei) può considerarsi un
laboratorio sperimentale in piccolo
per tentare di risolvere nei modi più
efficaci gli stessi problemi che affliggono l’immensa città sorella.
Città Nuova - n. 6 - 2013
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SOLIDARIETÀ A CUBA
di Tomaso Comazzi
Pietro Parmense
Attualità
D
a anni l’agenzia Efe ricorda
che «la scarsità e il degrado
delle abitazioni è uno dei principali problemi sociali ed economici a Cuba». Solo un anno
fa, ad esempio, il crollo di un edificio all’Avana ha causato tre morti e
sei feriti. Una lunga serie di catastrofi naturali ha recentemente aggravato ulteriormente la situazione: si
pensi al terribile uragano “Sandy”,
che lo scorso autunno ha distrutto o
danneggiato oltre 50 mila case, senza contare i danni alle infrastrutture.
In questo quadro drammatico, il
problema abitativo non è peraltro
legato esclusivamente alle condizioni strutturali degli edifici: un gran
numero di gruppi familiari convive
sotto lo stesso tetto soprattutto per la
scarsità materiale di nuove case, sicché i problemi legati alla convivenza
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Città Nuova - n. 6 - 2013
LA MIA CASA
È LA TUA CASA
UN PROGETTO DELL’AMU PER COMBATTERE,
NELL’ISOLA DEI CARAIBI, L’EMERGENZA ABITATIVA,
ALIMENTANDO RECIPROCITÀ E GENEROSITÀ
forzata di più famiglie sono facilmente immaginabili. Ci racconta Pablo
dell’Avana: «Abitiamo nella casa di
mia suocera, che è piccola, e dove vive anche una famiglia di miei parenti; non abbiamo nessuna riservatezza
ed è difficile mantenere delle relazioni quando si è insieme in così poco
spazio». Assai frequenti persino i casi
di coppie separate che continuano a
convivere nella stessa abitazione con
le loro nuove famiglie.
restrizioni. Inoltre, poiché lo stipendio medio si aggira appena intorno ai
20/30 dollari al mese, ancora Pablo
riassume una situazione assai comune: «Desideriamo una casa, ma con il
mio stipendio non ci è possibile».
«Questa situazione rafforza il
nostro impegno – afferma Anna –
nell’aiutare la popolazione cubana
ad affrontare il problema dell’abitazione, uno dei diritti fondamentali
dell’uomo, ma ancora poco tutelato
a livello internazionale».
Da sempre l’Amu si impegna a
realizzare attività che pongano le
premesse per un effettivo sviluppo
dei luoghi in cui opera, insieme alle popolazioni coinvolte. Anche in
questo progetto ha dunque svolto innanzitutto un percorso formativo su
tematiche inerenti il micro-credito
e lo spirito di reciprocità che il progetto vuole alimentare; solo successivamente, si è costituito un fondo
per elargire il credito alle famiglie.
In un quadro di responsabilizzazione
dei beneficiari, non si è trattato però
Per gli uragani (foto sotto), ma
anche per sacche endemiche di
povertà, l’emergenza abitativa è
forte a Cuba (a fronte: L’Avana).
di semplici “donazioni”: le famiglie
si sono infatti impegnate a restituire
una parte della somma ricevuta per
ricostituire il fondo e aiutare altri
nuclei famigliari che potranno in tal
modo entrare a far parte del progetto.
Così, crescere nella “cultura del dare”
e nella “reciprocità” diviene l’impegno di tutti per superare i limiti creati
da una società malata di assistenzialismo, dove ogni risorsa arriva asetticamente dallo Stato centrale.
Ora, come dice Anna, «vorremmo
dare continuità a questa iniziativa e
allargare il numero dei beneficiari,
rispondendo in maniera più ampia a
questa grande necessità della popolazione cubana». Pablo per ora non nasconde l’entusiasmo: «La nostra vita
non è facile, però grazie a Dio abbiamo avuto questa opportunità meravigliosa». La speranza, naturalmente,
è che attraverso la generosità cubana
presto i benefìci del progetto ricadano anche su tante altre famiglie.
Tutti possono partecipare al progetto
“La mia casa è la tua casa”, con contributi di qualsiasi importo: Associazione
Azione per un mondo unito Onlus - c/c
postale n. 81065005 - c/c bancario IBAN
IT16G0501803200000000120434
Per informazioni: [email protected]
06-94792170 / [email protected]
F. Reyes/AP
D. N. Chery/AP
Proprio per rispondere alla preoccupante emergenza abitativa dell’isola, è in atto a Cuba, promosso
dall’Ong Azione per un mondo unito (Amu), il progetto “La mia casa è
la tua casa” che sostiene una trentina
di famiglie nell’acquisto, ristrutturazione o costruzione di un alloggio.
Anna, tra le curatrici del progetto,
ci spiega com’è nato: «In America
Latina capita spesso di sentirsi dire:
“La mia casa è la tua casa”, come segno della grande ospitalità che contraddistingue questi popoli. Ho avuto
la stessa esperienza visitando le famiglie cubane colpite dagli uragani del
2008. Vivono in case fatiscenti, ma se
possono aprire le porte di casa lo fanno con grande generosità».
Tuttavia, al di là della squisita
ospitalità cubana, resta il fatto che a
Cuba mancano nuove case per la situazione peculiare del Paese. A causa dell’embargo, i materiali arrivano
infatti “a rate” (magari dapprima solo
il cemento, dopo mesi il legno, successivamente il ferro...); a ciò bisogna
aggiungere le immancabili lungaggini burocratiche e i costi proibitivi dei
materiali da costruzione. Il governo
cubano è poi ancora proprietario di
tutte le abitazioni dell’isola e solo
recentemente ha autorizzato la compravendita delle case, pur con diverse
Città Nuova - n. 6 - 2013
35
D a l D avl i vvi ov o
PAROLA VISSUTA A ROMA
di Maurizio Verlezza
Quel braccio
di ferro
con Paolo
La fatica di crescere di un ragazzo
che ha avuto una strada
tutta in salita fin da piccolo
H
o conosciuto Paolo circa dodici anni fa,
quando è arrivato alla nostra casa famiglia
del Borgo ragazzi Don Bosco. Non aveva mai
sperimentato la serenità nella sua famiglia e fin
da piccolissimo era stato affidato dai servizi
sociali ad un Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Qui aveva trovato affetto, calore umano, educazione e
possibilità di andare a scuola.
Dopo le scuole medie non poteva più stare in una
struttura di suore. Aveva bisogno di un ambiente
per adolescenti che gli avrebbe permesso di imparare
un mestiere, di diventare autonomo nella vita, vista
l’impossibilità di ricevere supporti dalla famiglia di
origine. Pur avendo appena aperto la casa famiglia e
quindi con pochissima esperienza, ci rendiamo conto
che Paolo ci creerà dei problemi: dopo la terza media
per lui il percorso di studi è terminato. Con grande
fatica riusciamo ad inserirlo nel Centro di formazione
professionale, con la qualifica di giardiniere. Il suo
sogno è uno solo: tornare a casa, dalla mamma. Ma i
servizi sociali non gli danno permessi.
Intanto arriva il suo primo contratto di lavoro come
giardiniere. Inizia a mettere i soldi da parte, ma non
dura molto, sempre per quel desiderio di tornare dai
suoi. Si fa cacciare dal lavoro e inizia un braccio di
ferro tra me e lui. Io cerco di stimolarlo a pensare al suo
futuro, lui non pensa ad altro che a tornare in famiglia.
Intanto arriva la soglia dei 18 anni. Non possiamo più
trattenerlo e il progetto di semiautonomia fallisce. Paolo
36
Città Nuova - n. 6 - 2013
ritorna a casa e noi iniziamo a tremare, anche perché un
suo compagno, che ha fatto il suo stesso percorso, viene
trovato morto nella periferia di una città laziale per
overdose.
Dopo un po’ perdo le tracce di Paolo. Lui ha paura.
Pensa che anch’io possa inserirmi nella lunga lista delle
persone che l’hanno portato via da casa. Confido in Dio,
prego e mi ripeto: «Tutto è possibile a Dio». Paolo sa
dove raggiungermi se si dovesse trovare in difficoltà.
Intanto i mesi passano e lui non si fa sentire. Insieme
agli altri operatori della casa famiglia le studiamo tutte
per rintracciare il ragazzo e fargli comprendere che da
noi troverà sempre una casa.
Giuseppe Distefano
«Nulla è impossibile a Dio»: un lungo ritornello tra chi ha
scritto questa vicenda e Paolo, ma innanzitutto l’occasione
per credere che la Parola di Dio è vera ed efficace.
Mi chiama solo alcuni anni fa per chiedermi se
posso celebrare il funerale del suo papà, morto
su una panchina davanti al comune della sua città
nell’indifferenza generale. Riprendo i contatti con Paolo
e insieme iniziamo a cercare un lavoro, visto che la
madre rimasta vedova non può sostenerlo. Passa da un
lavoro all’altro perché non riesce ad essere costante. La
madre non riesce a svegliarlo al mattino e lui fa troppo
tardi la sera con gli amici per essere lucido l’indomani.
Gli propongo di venire a vivere con la mia comunità
salesiana, ma lui avverte l’esigenza di prendersi cura
della mamma e del fratello gravemente ammalato.
Ancora una volta Paolo prende le distanze e non si fa
più sentire. Non risponde alle mie chiamate perché teme
che lo porti via dalla famiglia. Continua la sospensione,
continua la preghiera: «Tutto è possibile a Dio».
Puntuale arriva la sua telefonata per consegnarmi il suo
dramma. Dopo un incidente e il ricovero in ospedale,
la mamma viene dimessa, ma di notte ha un arresto
cardiaco: Paolo rimane orfano per la seconda volta.
Inizia a telefonare al 118, l’ambulanza arriva e costata
il decesso della donna, ma non la portano in ospedale.
Paolo chiama le onoranze funebri, ma siccome non ha
soldi per pagare i funerali non portano via la salma.
Rimane per due giorni e due notti con la mamma in
casa e non sa cosa fare. Quando mi chiama, è disperato.
Ha perso tutti gli affetti più cari e non riesce a dare un
degno riposo alla mamma.
Arrivo a casa sua e trovo Paolo nel pieno della
disperazione. Cerco di calmarlo ripetendomi: «Nulla è
impossibile a Dio».
Dopo il funerale, che cerco di organizzare in tempi
rapidi, arriva il problema della tomba. Dove portare
la bara della mamma di Paolo? Non c’è un fornetto a
disposizione. Lui perde la testa ed inizia a bestemmiare,
a dare pugni e calci a tutti coloro che cercano di
calmarlo. Intervengono i carabinieri, ma il ragazzo è
incontenibile. Si sente abbandonato da tutti coloro che
gli hanno assicurato di trovare un tomba al cimitero.
Ripeto continuamente che «nulla è impossibile a Dio» a
mo’ di ritornello responsoriale. E qui un’illuminazione:
ricordo di avere con me il numero di cellulare del
sindaco di quella città. Mi sembra impossibile che
possa rispondere alla vigilia di una festa. E poi che cosa
potrebbe fare con la direzione di un cimitero che sta per
chiudere? Continuando a confidare nell’“impossibile”,
dopo il secondo squillo il sindaco risponde: non solo,
ma si rende anche disponibile. Dopo un’ora riusciamo a
seppellire in maniera dignitosa la mamma di Paolo e a
chiudere il cimitero.
Il ragazzo è sfinito, ma finalmente felice. Quella
notte non riesce a dormire in casa, mi chiede aiuto.
Dopo qualche giorno vince la paura e inizia a rendere
dignitosa quella abitazione che adesso è solo sua.
Inizio insieme a Paolo l’ennesima ricerca di un lavoro e
finalmente riusciamo ad ottenere un contratto degno di
questo nome. È talmente contento che si propone, con il
primo stipendio, di offrirmi una pizza.
Città Nuova - n. 6 - 2013
37
Dal vivo
EGITTO SOLIDALE
testo e foto di Michele Zanzucchi
I piccoli eletti
di Kobri el Kobba
Una coppia di sposi musulmani all’origine di una iniziativa per piccoli
portatori di disabilità. Controcorrente rispetto alla mentalità della società
L
ui si chiama Ayman Tantawi, è fisioterapista in
proprio; lei si chiama Dina. Sono musulmani, lei
porta l’hijab. Li incontro in una casa di cristiani, in
una città sospesa nell’incertezza delle contestazioni
e delle tensioni tra le comunità copta e musulmana:
«Ricordo che da bambini i rapporti tra cristiani e
islamici erano profondi, molto intimi direi, mentre
oggi sono indubbiamente più freddi», costata Ayman.
Conferma Dina: «Io ho frequentato una scuola armena
38
Città Nuova - n. 3 - 2013
fino alla maturità, dove i rapporti erano spontanei,
mentre ora sono forzati. Ma c’è bisogno del contributo
di tutti, oggi, per permettere all’Egitto di uscire dalla
crisi». Anche se c’è molta gente che ha perso la speranza
nata colle prime manifestazioni a Piazza Tahrir.
Dina lavora per l’agenzia di stampa Reuters. «Noi,
arabi, viviamo questa situazione come egiziani.
Discutiamo, critichiamo le varie situazioni, ci
interroghiamo sul ruolo dell’esercito, il Consiglio
superiore militare. Ma gli europei parlano di noi
solamente a proposito dell’abbigliamento delle donne e
i reporter occidentali debbono classificare ogni evento:
la rivoluzione egiziana usciva dalle loro possibili
classificazioni e così hanno centrato tutti i loro
reportage sulla questione religiosa. I colleghi egiziani,
invece, hanno scritto articoli più obiettivi, parlando
con la gente. I colleghi delle agenzie internazionali,
invece, fanno articoli più freddi adatti per un pubblico
europeo; dicono quel che i loro lettori vogliono sentirsi
dire. Twitter e Facebook sono forse l’alternativa
all’informazione guidata dal potere politico».
Ayman è un fisioterapista coi fiocchi. Mi racconta del
suo lavoro e dell’associazione da lui fondata, chiamata
“Kayan society for children with disabilities” (Società
Kayan per bambini con disabilità): «Cerchiamo di
organizzare tirocini positivi. Il problema da noi è
enorme, il numero di portatori di disabilità in Egitto
raggiunge gli 8 milioni di persone, ma solo un migliaio
di essi gode di servizi adeguati. Non hanno diritti e gli
istituti di recupero sono pochissimi, e per giunta usano
metodi vecchi e poco efficaci».
Mi traccia uno spaccato civile e sociale
impressionante. Di solito la famiglia passa varie fasi:
lo choc, il rifiuto, l’abbandono o l’accettazione della
malattia. Qualche volta si arriva addirittura ad atti di
violenza verso i bambini, o verso la madre colpevole
di aver messo al mondo un esserino sfigurato. Il
problema è che le famiglie non vengono aiutate da
nessuno. Secondo la cultura locale, infatti, ogni
handicap è una punizione di Dio. La famiglia cerca di
guarire la malattia, ma dall’handicap non si guarisce.
Un altro problema è l’armonizzazione sociale della
famiglia, che si ritira in casa per vergogna. Spesso
si aggiungono anche problemi finanziari, scarsa
disponibilità di medicine, assenza di pannolini.
Talvolta sorgono problemi relazionali tra marito e
moglie e talaltra si riscontrano effetti negativi sui
fratelli. Ma quando le famiglie si sentono capite,
i problemi poco alla volta si risolvono. Spesso le
famiglie non accettano nemmeno l’idea che vi sia
un problema per il figlio. Se non li si riconoscono,
i problemi ricadono solo sui bimbi».
Ayman Tantawi, protagonista della vicenda
qui raccontata, è responsabile di un centro
per disabili al Cairo (foto sotto e a fronte).
Nel 2003 ha fondato la sua associazione, per rispettare
il diritto del bambino, al di là dell’estrazione sociale:
«Soffrono moltissimo, ma se siamo attenti possiamo
capire il loro linguaggio. Tanti problemi sarebbero
risolvibili con poco sforzo e così si eviterebbero quantità
impressionanti di dolori. Allora eravamo un gruppo di
Città Nuova - n. 6 - 2013
39
Dal v ivo
I PICCOLI ELETTI DI KOBRI EL KOBBA
dobbiamo migliorare noi stessi prima! 60 persone
lavorano a diverso titolo, ma ora la sfida è soprattutto
economica. Abbiamo resistito perché Dio l’ha voluto.
Ho la certezza di essere guardato da Dio e dalla sua
benevolenza».
Alle pareti pende qualche titolo di studio e qualche
premio ricevuto, assieme ad un organigramma di
sessanta persone. «Ogni mese si fa una valutazione dei
bambini, certamente, ma anche degli insegnanti, degli
studenti, dei tecnici e degli accompagnatori. Poi si
discutono assieme i risultati dei test. Alla fine dell’anno
si tirano le somme e si capisce chi è promosso o chi
deve ripetere l’anno tra gli studenti. Se non si raggiunge
la sufficienza o si cambia mansione o si va via.
All’inizio tutti facevano qui del volontariato, ma non era
sufficiente perché il progetto riuscisse. Stabiliti perciò
diritti e doveri, salari giusti, stimoli e assicurazioni
sociali, corsi di formazione per alzare il livello, abbiamo
ormai un’organizzazione rodata».
I migliori mezzi vengono impiegati per riuscire
a migliorare l’apprendimento e l’inserimento
sociale dei piccoli.
giovani di belle speranze: una delle sfide che avevamo
dinanzi era che ogni istituto aveva i suoi segreti che
teneva gelosamente per sé. Noi invece si cerchiamo di
trasmettere le conoscenze a tutti, dal capo all’ultimo
tecnico! Una volta si facevano le terapie con le porte
chiuse per non farsi copiare!».
Ayman e i suoi colleghi lavorano per formare leader
che poi possano aprire altri centri: «Ma c’è ancora tanto
cammino da fare, serviamo centinaia di bambini ma
abbiamo domande di decine di migliaia di bambini!
Altri istituti hanno cercato di fare altrettanto, il nostro è
un pensiero che si sta diffondendo. Sul piano personale
siamo fieri di essere stati degli iniziatori. E pensare che
c’è gente che lavora con i nostri metodi mi da gioia».
Non potevo non recarmi a Kobri el Kobba, al centro di
Ayman Tantawi, che m’accoglie assieme al personale
del centro. Si odono bambini che piangono, grida e
risate nell’ufficio semplice e in fondo poveramente
spoglio dove ci hanno fatti entrare. «La vita qui
nel centro – mi spiega – si svolge dalle 8 alle 20,
quando i bambini vengono da noi. L’ambiente è
importante: cerchiamo di scegliere i mobili giusti, la
luce giusta, i colori giusti. Sono 120 i bambini che
assistiamo. Quando invitiamo la gente a migliorare,
40
Città Nuova - n. 6 - 2013
Facciamo un giro del centro, pulitissimo, ordinato,
anche se appare evidente la scarsità di mezzi. Ayman
continua la sua perorazione della causa: «Molti
orfanotrofi non riescono a educare i bambini per
mancanza di personale adeguato. È importante
rispettare sempre i bambini, curando in modo
particolare l’aspetto psicologico. Vengono qui tanti
piccoli con problemi di relazione. Talvolta sono violenti,
hanno problemi di sessualità, sono rinchiusi in sé
stessi. Ogni volta cerchiamo la diagnosi e i trattamenti.
Spesso questi bambini sono destabilizzati dal frequente
cambiamento degli insegnanti e degli addetti, così come
sono già stati destabilizzati dall’assenza del padre, ma
talvolta anche della madre».
Su una parete leggo la mission del centro: «Progetto.
Campionario pilota. Riabilitazione in Europa. Aiuto per
migliorare la situazione dei bambini handicappati. Aiuto
alle famiglie con i migliori mezzi e le migliori tecniche
a disposizione». Segue la lista dei valori perseguiti:
«I nostri figli sono fonte di ispirazione e centro della
nostra attenzione. Valorizzare sé stessi e il positivo
dell’associazione. Raggiungere la qualità. Essere esperti.
Seguire la strada della scienza. Adattarsi ai cambiamenti
e essere pronti allo sviluppo. Il gruppo di lavoro è la
via per realizzare i nostri scopi. Collaborare con altri
organismi. Incoraggiare l’aria di famiglia tra di noi». E
infine la vision: «Raddoppiare il numero delle persone
assistite. Specializzarsi in Europa. Collaborare con
altre associazioni per una alta misura della tecnica e
direzionale».
Michele Zanzucchi
VERSO L’UNITÀ
di Pasquale Foresi
Spiritualità
La vera radice
della santità
«P
Domenico Salmaso
Occorre
lasciarsi
trasformare
dalla passione
di Cristo in
membra vive
del suo corpo
er loro io santifico me stesso». Da queste parole dei
Vangelo di Giovanni (cap. 17), saremmo portati a
capire uno sforzo e un desiderio di Gesù nell’essere
sempre santo nelle azioni e nelle parole. È infatti
quello che noi faremmo per santificarci: uno sforzo
continuo e non sempre realizzato di essere conformi a un modello.
Non è questo che Gesù voleva dirci nell’ultima cena, non solo
perché era già santo in tutto quello che compiva e diceva,
essendo egli Figlio di Dio, ma perché a quel tempo con la
parola «santificare» si intendeva «mettere da parte per Dio».
Egli si consacra cioè a Dio, pensando al sacrificio della croce
che sta per compiere. Si offre come il primogenito degli
uomini, per essere con le sofferenze e con la morte la vittima
che l’umanità offre in espiazione al Padre.
Questa sarà la vera radice della santità dei discepoli. Una
santità che prima d’essere di atti e di pensieri sarà profonda
nell’essere, come la santità stessa di Gesù. E si comprendono
allora le ultime parole del versetto: «affinché anch’essi siano
santificati nella verità».
Anche qui la traduzione letterale ha alterato il pensiero di
Gesù. In questa frase, infatti, egli vuol dirci che i discepoli
suoi saranno santificati veramente, effettivamente, e non tanto
con la verità, concetto già espresso nel versetto 17. Gesù ha
davanti ai suoi occhi i sacrifici dell’antica legge, accetti a
Dio ma esteriori, validi solo perché prefiguravano il sacrificio
dell’unica vittima, Cristo. Tali sacrifici rendevano santi ma
non «in verità». Rendevano santi solo prefigurativamente ed
esteriormente. Il sacrificio di Cristo, invece, rinnova l’uomo,
facendolo divenire “uomo nuovo”.
Se pur l’esempio di Cristo che si sacrifica è unico e
inimitabile, anche per noi tuttavia le sue parole indicano
come santificare noi stessi e gli altri. È attraverso la croce,
la consacrazione di noi come primizie dell’umanità al Padre.
Occorre lasciarsi trasformare dalla passione di Cristo in
membra vive del suo corpo, che facciano scorrere la linfa
della grazia divina: questa, dalla croce di Cristo penetrerà in
noi e, attraverso la sofferenza accettata e offerta, si spanderà,
tramutandosi in carità verso tutti coloro che ci sono vicini.
(Sintesi da: Il testamento di Gesù. Spunti di meditazione, Città Nuova, 1966)
Città Nuova - n. 6 - 2013
41
Parola di vita
APRILE
di Chiara Lubich
Metti
amore
dove non c’è
«Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri» (Gc 5, 9).
P
er meglio capire la Parola di vita che ci
viene proposta per questo mese occorre
tenere presenti le circostanze che l’hanno
suggerita. Sono gli inconvenienti che si
verificavano nelle comunità cristiane a cui
è indirizzata la lettera dell’apostolo Giacomo.
Si trattava di scandali, di discriminazioni
sociali, di un uso egoistico della ricchezza, di
sfruttamento degli operai, di una fede fatta più
di parole che di opere ecc. Tutto questo dava
origine a risentimenti e malumori degli uni
verso gli altri, creando uno stato di disagio in
tutta la comunità.
«Non lamentatevi fratelli gli uni degli altri»
Già nell’epoca apostolica si poteva notare dunque
quello che anche oggi vediamo nelle nostre
comunità: le difficoltà più grandi a vivere la
nostra fede non sono spesso quelle che ci vengono
42
Città Nuova - n. 6 - 2013
dall’esterno, cioè dal mondo, bensì quelle che
ci provengono dall’interno: da certe situazioni
che vi si verificano e da comportamenti dei
nostri fratelli, che non sono in linea con l’ideale
cristiano. E ciò ingenera un senso di malessere, di
sfiducia e di sgomento.
«Non lamentatevi fratelli gli uni degli altri»
Ma, se tutte queste contraddizioni e incoerenze
più o meno gravi hanno la loro radice in una fede
non sempre illuminata ed in un amore ancora
molto imperfetto verso Dio ed il prossimo, la
prima reazione del cristiano non dovrà esser
quella dell’impazienza e dell’intransigenza, ma
quella che Gesù insegna. Egli domanda la paziente
attesa, la comprensione e la misericordia, che
aiuta lo sviluppo di quel germe di bene che è stato
seminato in noi, come spiega la parabola della
zizzania (Mt 13, 24-30.36-43).
Pietro Parmense
Stati Uniti, Los Angeles, Getty Museum: tolleranza e comprensione
| Sviluppare ogni
genere di bene |
«Non lamentatevi fratelli gli uni degli altri»
Come vivere, allora, la Parola di vita di questo mese?
Essa ci mette di fronte ad un aspetto difficile della
vita cristiana. Anche noi facciamo parte di varie
comunità (la famiglia, la parrocchia, l’associazione,
l’ambiente di lavoro, la comunità civile), dove
purtroppo ci possono essere tante cose che secondo
noi non vanno bene: temperamento, modo di
vedere, modo di fare di persone, incoerenze che ci
addolorano e suscitano in noi reazioni di rigetto.
Ecco, allora, tante occasioni per vivere bene
la Parola di vita di questo mese. Al posto della
mormorazione, o della condanna – come saremmo
tentati di fare – metteremo la tolleranza e la
comprensione; poi, nei limiti in cui è possibile,
anche la correzione fraterna; e soprattutto daremo
una testimonianza cristiana, rispondendo alle
eventuali mancanze di amore o di impegno, con un
maggior amore ed impegno da parte nostra.
Pubblicata su Città Nuova n. 22/1989.
Città Nuova - n. 6 - 2013
43
Spiritualità
E VITA PRATICA
di Costanzo Donegana
Se vuoi cambiare
il mondo
C
i sono modi sicuri per
vivere tristemente: uno
di essi è lamentarsi. È
statisticamente certo che
tutti voi avete sentito le
lamentele delle più diverse
persone, ricchi e poveri,
istruiti e analfabeti, donne
e uomini, preti e suore... È
pure statisticamente certo
che voi vi siete lamentati,
per i motivi più svariati:
caldo e freddo, ritardi, cibo
mediocre, collega antipatico,
figlio piagnucoloso, governo,
Chiesa... Ci si lamenta di
chi si lamenta... Dalla terra
sale in alto uma nuvola di
lamentele più inquinanti di
qualsiasi gas.
Lamentarsi è segno di
incapacità di affrontare la
vita: davanti a una difficoltà
si sceglie la soluzione che
sembra più facile, ma che
inevitabilente si rivela la
meno efficace. Lamentarsi
è anche manifestazione
di pigrizia, di rinunucia,
di – diciamolo fuori dei
denti – vigliaccheria. Tutti
siamo grandi sportivi con la
lingua: nel lamentarci, nel
criticare, nel dare consigli,
nell’esibirci... Molto meno
con altre parti del corpo: le
braccia, le gambe, la testa, il
cuore.
L’antidoto al lamentarsi
è “fare”, per amore. Il
marciapiede fuori della casa
di un mio amico era in cattive
condizioni e il comune non
faceva niente per aggiustarlo
44
Città Nuova - n. 6 - 2013
nonostante i reclami suoi e
dei vicini. L’amico si è messo
d’accordo con loro e l’hanno
riparato. I parrocchiani si
lamentavano per le omelie
troppo lunghe del parroco,
ma nessuno affrontava il
problema con l’interessato.
Ma un gruppetto si è fatto
coraggio e gli ha espresso
la difficoltà della comunità.
All’inizio non è stato facile,
però, dopo aver sentito le
ragioni della comunità,
ha concluso ringraziando.
Addirittura adesso si riunisce
con un gruppo per preparare
l’omelia.
Due esempi reali, che
contribuiscono a far
diminuire l’inquinamento
morale, non solo per il
loro valore intrinseco, ma
anche perché dicono che il
male, i problemi possono
essere affrontati e superati.
Cominciando da noi. Se
il lamentarsi diffonde un
contagio che convince
sull’insuperabilbità delle
situazioni, il camminare
contro corrente dà il gusto
dello sforzo premiato, della
vita presa in mano e fatta
fruttare per qualcosa che
vale.
Ricordate Mosè costretto a
guidare nel deserto il popolo,
quasi unicamente dedito a
lamentarsi e mormorare?
Se l’è caricato sulle spalle e
l’ha portato per 40 anni fino
alla fine, compiendo la sua
missione.
L’antidoto
al “contagio”
del lamentarsi:
“fare”,
attivarsi
per amore
Il punto
???????????????????
di Michele Zanzucchi
È L’ORA DELLA SANTITÀ
NELLA CITTÀ
I
Letture
Commenti spirituali
Note esegetiche
Esperienze
Testimoni
l giallo storico è di moda e conta ormai nel
mondo milioni di lettori e autori affermati:
da Lynda Robinson a Thanos Kondylis, da
Claude Mossé a Margaret Doody, da Guillaume
Prévost a Barbara Hambly (quasi tutti tradotti
in Italia). Da noi si possono annoverare fra i
giallisti storici pure nomi come Umberto Eco o
Carlo Lucarelli. Ma la nostra autrice più dotata
è senza dubbio Danila Comastri Montanari, con
le avventure di Publio Aurelio Stazio, colto e
raffinato senatore romano del tempo di Tiberio,
aspirante filosofo con l’hobby dell’indagine
poliziesca. Questa volta le vittime sono tre neonati
di altrettante famiglie romane della nobiltà e
della plebe ricca, fra le quali Publio Aurelio
si muove con la consueta sagacia, l’esperienza
consumata e il disincato dell’aristocratico evoluto e come in una storiografia del quotidiano animata
anticonformista: tutto è buono per vincere la noia e da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo
scoprire le bizzarie delle humanae res. L’autrice è
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Reportage
MADAGASCAR
testo e foto di Fabio Ciardi
FASCINO E DRAMMA
DELL’ISOLA ROSSA
AL DI LÀ DELL’IMMAGINE TURISTICA, IL PAESE ATTENDE SVILUPPO
ED EQUILIBRIO POLITICO. LA RICCHEZZA LOCALE È LA GENTE
46
Città Nuova - n. 6 - 2013
Immagini della vita semplice e dura dei malgasci, alle prese con enormi
problemi economici e sociali, ma affascinanti nella loro umanità.
I
l ciclone che si è abbattuto sull’isola della Riunione ho dilatato il mio
viaggio per arrivare in Madagascar: tre giorni e tre notti. Quando
giungo all’aeroporto di Antananarivo (qui semplicemente “Tanà”) non
trovo nessuno ad attendermi. Dopo
non molto tempo mi sento chiamare
per nome. Un giovane finanziere, con
un sorriso che gli attraversa il viso,
mi viene incontro e mi riferisce che i
miei amici gli hanno appena telefonato: arriveranno in ritardo a causa del
traffico. Nell’attesa vengo introdotto
negli uffici della dogana tra funzionari accoglienti, simpatici, amabilissimi,
che si interessano di me, dell’Italia. Il
primo impatto con il popolo malgascio non poteva essere migliore!
La città dei mille guerrieri
Correva l’anno 1610 quando Andrianjaka, uno dei primi re dell’altopiano malgascio, conquistava la
più alta delle dodici colline sacre
della regione e vi costruiva la sua
città, assegnandole a difesa mille
guerrieri. Antananarivo significa
proprio “la città dei mille” guerrieri. Oggi il centro urbano, a 1400
metri di altezza, si estende su tutte le colline attorno. In mezzo la
fertile pianura con risaie, pascoli,
laghetti, agglomerati di case in terra battura e tetto di paglia. Città e
campagna si intersecano e si compenetrano.
Tanà mi coinvolge nell’intrico di
strade e mi sommerge con il brulichio della sua gente, tre, quattro mi-
Città Nuova - n. 6 - 2013
47
Repor tage
FASCINO E DRAMMA DELL’ISOLA ROSSA
lioni, nessuno lo sa con precisione...
La vita scorre lungo i marciapiedi
dove gli artigiani lavorano metalli e
legno, i negozianti espongono le loro
mercanzie, le cuoche cucinano e offrono i loro pasti, i bambini giocano,
i barbieri tagliano i capelli… Il tutto
amalgamato dalla terra in un colore
così intenso, che ha fatto denominare
il Madagascar l’“Isola rossa”. Povertà
e miseria occhieggiano da ogni dove.
Eppure traspare un fascino discreto,
dal sorriso dei bambini che giocano
con un nulla ai cappellini di lana e di
paglia dalle mille fogge portati elegantemente dalle donne, che le fanno
sembrare tutte delle regine.
Il barattolo di riso e fagioli
Al mattino presto parto per Fianarantsoa, la terza città del Paese,
quattrocento chilometri più a sud.
Spunta l’alba. Antananarivo inizia
a svegliarsi. È l’ora dei carri trainati
dai buoi, la cui circolazione è interdetta durante il giorno. Ai crocicchi
si squartano i maiali e i piccoli macellai di strada ne comprano pezzi
da rivendere sui marciapiedi. Dai
forni uomini e donne escono con
sulla testa ceste ricolme di baguette.
Quando giungo al fiume spunta un
sole che arrossa e dora l’orizzonte.
A mano a mano che procedo vedo
spargere ai bordi sterrati delle vie le
verdure degli ortolani: la città-mercato si rianima velocemente. Anche
oggi sarà una lotta per riuscire a conquistare la propria “apoca” di riso (il
riso, come i fagioli, la pasta, non si
vende a peso, ma l’unità di misura
della lattina di latte condensato della
Nestlè). La vita è ricominciata anche
oggi. Mi si stringe il cuore vedendo
quanto è stentata e misera. Ma quando scorgo un ragazzo e una ragazza
che camminano tenendosi per mano,
e più avanti due anziani sottobraccio,
mi torna la speranza.
48
Città Nuova - n. 6 - 2013
Attraversata la città imbrocchiamo la statale che si snoda senza mai
rettilineo, in un continuo sali scendi
tra colline e montagne. Impiegheremo tutta la giornata, undici ore, per
coprire i 400 chilometri che ci separano da Fianarantsoa; il fondo strada
è pietosamente deteriorato.
Il paesaggio compensa i disagi del viaggio. Le risaie a terrazza
degradano lentamente nelle ampie
vallate, per poi salire ripide su per le
montagne; si incuneano in ogni anfratto, si appropriano di ogni angolo
libero da rocce. Tutti salutano e sorridono come in perenne festa, eppure la vita appare grama. Si improvvisano microscopici punti di vendita
dove si offre un coniglio tenuto per
le orecchie, miele in bottiglie d’ac-
è sicuramente originario dell’Africa,
ma ci tiene a dire che l’Africa è una
cosa, il Madagascar un’altra. Non a
caso questo continente è designato
con l’endiadi “Africa e Madagascar”.
Si tratta di due mondi diversi. È tutto più sobrio. Si coglie la differenza
soprattutto nei tratti somatici, più
vicini all’Asia. Il succedersi delle
colonizzazioni ha lasciato il segno:
prima gli indonesiani, poi i bantu,
gli indiani, i malesi, gli arabi... Ultimi gli europei, che conoscevano il
nome dell’isola misteriosa dal Milione di Marco Polo, il primo a nominare il Madagascar.
Non è il paradiso dei turisti
Sopra: in piroga a Masomeloka. Nelle altre foto,
la vita rurale e cittadina nei pressi di Fianarantsoa.
qua minerale, prugne di stagione,
oppure si allineano pentole di riso
per i rari piccoli autobus pubblici e
qualche camionista.
Il 60% di analfabetismo
Nelle vicinanze di ogni villaggio i
ragazzi, a gruppetti, tornano a casa da
scuola. Centinaia e centinaia, scalzi,
con una busta di plastica per il libro
e il quaderno. Non andranno oltre le
elementari. «Com’è possibile che l’analfabetismo supera il 60 per cento
con così tanti scolari che stiamo vedendo lungo la strada?», domando ad
Alphonse che mi accompagna e sorride della mia ingenuità: «Dimentichi
che siamo sulla strada nazionale? Prova a inoltrarti centro, duecento chilometri nella campagna, sui monti… In
ogni villaggio sperduto c’è una scuola.
Ma il maestro, per ritirare lo stipendio, deve recarsi nella città più vicina. Questa vuol dire cinque giorni di
cammino e quando arriva non sempre
vi sono i soldi disponibili, può aspettare giorni. Poi il ritorno, un po’ di riposo… Ci sarà sì e no una settimana
di scuola… E quanti bambini possono
lasciare il lavoro per la scuola?».
Mi fermo a comprare un cestino di prugne. Nugoli di bambini si
fanno attorno. Scambio due parole
con un uomo anziano. L’uomo con il
quale mi sono fermato a colloquiare
Non ho modo di vedere il Madagascar dei documentari, o quello
dell’isola turistica Nosy Be e delle
altre isole da sogno malgascio collegate con volo diretto da Milano.
Il mio viaggio mi mette a contatto
con la realtà dura del Paese. I famosi lemuri, le scimmie emblema
del Madagascar, li ho visti soltanto
ricamati sulla camicia che mi hanno regalato. I malgasci li cacciano
tranquillamente, così come stanno
portando all’estinzione le foreste
tropicali, che custodiscono la più
ricca biodiversità animale e vegetale del Paese. Dal tempo dell’indipendenza (1960) la deforestazione è
arrivata all’80 per cento. I legnami
pregiati giungono in Europa, Stati
Uniti e Cina. Per il resto le foreste
sono incendiate per ottenere carbone, legna da ardere, nuove terreni
per le risaie. Il Madagascar è oggi
uno Paesi più poveri al mondo. Lo
stipendio medio va dai 40 ai 60 euro al mese. Eppure è un Paese ricco d’oro, minerali, pietre e legnami
pregiati... a beneficio di una piccolissima minoranza.
Si sta perdendo l’identità culturale con la sparizione dei valori
Città Nuova - n. 6 - 2013
49
Repor tage
FASCINO E DRAMMA DELL’ISOLA ROSSA
ancestrale, verso un appiattimento sui costumi
occidentali. Tra i giovani cresce la dipendenza
dall’alcol e dalla droga, così come l’analfabetismo. L’urbanizzazione spopola le campagne dove
il lavoro si fa sempre più duro e insicuro e dove
tuttavia rimane il 70 per cento della popolazione.
La politica è in stallo. Dal 2010 vi è un comitato
in attesa dell’elezione di un presidente della Repubblica che ancora non appare all’orizzonte.
La presenza cristiana
La cattedrale, che domina la città, ricorda che Fianarantsoa è ancora oggi il più importante centro cattolico, con numerosi istituti religiosi. Una storia tragica e gloriosa quella che ha portato in questo Paese la
fede cristiana.
I Vincenziani, arrivati nell’isola nel 1660, furono
regolarmente decimati dal paludismo. Il 1674 segnò la fine della loro presenza e quella della Chiesa
cattolica. Nel 1800 fu la volta dei missionari anglicani che crearono un sistema alfabetico per la lingua malgascia. Fu poi la volta di Henri de Solage,
nominato vescovo della vicina isola della Riunione.
Arrivò a Tamatave, sulla costa malgascia, il 17 luglio 1832, ma non accolto dalla regina Ravalona I
morì solo, di paludismo, di fame, di sete, di stenti,
l’8 dicembre 1832.
Ho incontrato tanti missionari che hanno dato
continuità a quella impresa disperata. Missionari che, come una volta, per un mese intero passano
di villaggio in villaggio, a piedi perché non ci sono
strade né ponti.
«Parto con cinque o sei portatori carichi di tutto il materiale necessario – mi racconta padre Alfred –. Quando, in genere dopo una giornata di
viaggio, giungo in un villaggio, incontro le persone, alcune arrivate anche con tre giorni cammino,
per la catechesi, la messa, i sacramenti... Quando
i sentieri sono bloccati per le situazioni climatiche, ricorriamo alla piccola compagnia aerea dei
missionari calvinisti danesi, a servizio delle missioni, anche di quelle cattoliche… L’ecumenismo
funziona, qua da noi!».
La Chiesa è ancora un punto fermo e credibile,
che lotta contro la povertà, per l’educazione, i diritti
umani, attivando una rete capillare di formazione e di
aiuti, rispondendo al bisogno di ritrovare i valori autentici di un popolo che continua a sorridere.
Fabio Ciardi
50
Città Nuova - n. 6 - 2013
2013,
Speriamo
di incontrarvi
in uno dei nostri
viaggi
Pellegrinaggio in Terra Santa
Sui passi di Maria.
8 giorni - Voli di linea
Partenze da Roma e Milano Malpensa
Dal 9 al 16 Maggio
8 giorni - Voli di linea
Partenze da Roma e Milano Malpensa
Dal 1° all’8 Ottobre
EURO 1.270,00
Croazia e Bosnia
Un crocevia di popoli, razze, culture e
religioni.
Sarajevo - Mostar - Zara
Opatjia - Cascate di Kravice
Visita a “Cittadella Faro”
e Medjugorje.
8 giorni - Viaggio in pullman
Partenza da Roma - Firenze - Bologna Padova - Trieste
Dal 2 al 9 Luglio
EURO 860,00
Salisburgo - Monaco - Augsburg
L’ Europa tra passato e futuro, dalle divisioni
alle prove di unità.
Castelli Bavaresi di Linderhof
e di Neuschwanstein
Trento e Cittadella ecumenica
di Ottmaring.
9 giorni - Viaggio in Pullman
Partenza da Napoli - Roma
Firenze - Padova
Dal 3 all’11 Agosto
EURO 1.200,00
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sono previste 30 euro di iscrizione
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50
ANNI FA SU CITTÀ NUOVA
INVITO ALLA LETTURA
a cura di Gianfranco Restelli
di Elena Cardinali
Riportiamo, da Città Nuova n. 10/1963, la
conclusione di una inchiesta in più puntate sulla
cultura cattolica in Italia. Guidava il dibattito
tra uomini di cultura cattolici e di tendenze
laiciste l’allora direttore responsabile Spartaco
Lucarini. Nella foto uno degli intervistati: il
poeta e scrittore Carlo Betocchi.
Le radici di una cultura nuova
La cultura cattolica dovrebbe e potrebbe essere una cultura di avanguardia,
ma non lo è. Dovrebbe portare il fuoco in terra, mentre appare troppo spesso
tiepida e assente. Alla base di questo sta un impoverimento spirituale,
sul piano della ispirazione teologica e sul piano della vita pastorale, ma
sta soprattutto un atteggiamento che contrasta con l’universalità e la
concretezza del messaggio cristiano.
Comprendere il nostro tempo e gli uomini del nostro tempo è la prima
condizione per una cultura che voglia inserirsi nel discorso odierno e voglia
riuscire a farsi ascoltare. Una maggiore presenza della cultura cattolica è
in ragione della maggiore sensibilità e umanità usate, tralasciando forme
anacronistiche, per avvicinarsi al cuore degli uomini di oggi, dar loro un
orientamento ideale,far intravvedere un equilibrio di valori, rispondere alle
loro aspirazioni.
Da questo punto di vista non vi è separazione o contrapposizione di una élite
e della massa, poiché ciascuno, attraverso il proprio rinnovamento interiore,
coopera a quella presenza: che è poi, come dicemmo al1’inizio di questa
inchiesta, la presenza di un Assoluto, di cui tutto si illumina e da cui tutto
prende significato.
Una cultura che mette Dio in soffitta non può essere compiutamente umana,
ma neanche una cultura che si isola in soffitta può fregiarsi dell’appellativo
di cattolica. Tirando le fila della nostra inchiesta, possiamo constatare che,
qualunque fosse la posizione spirituale e il collocamento culturale dei nostri
intervenuti, l’apporto al dibattito è stato dato su orizzonti aperti, che hanno
svelato una profonda esigenza di rinnovamento interiore e di presenza:
garanzia questa di una esplosione, forse non lontana, di una cultura
cattolica non nell’aggettivazione indicativa del termine, ma nell’estensione
ecumenica, universale, dei suoi interessi. Vera risposta ad una assenza di
cultura, originata da una cultura laicista, che ha voluto riferirsi all’uomo con
la U maiuscola: cultura molto combattiva che ha splendidi doni nell’arte di
distruggere, meno in quella di costruire (...).
Questa ansia di inserimento nella cultura contemporanea è di per sé indìce
di un cammino iniziato, questo prestare attenzione alle cose del1’uomo
di oggi è un indice dell’apertura a comprendere, e quindi ad amare, anche
quelli che solo nelle cose terrene trovano il loro appagamento. In fondo non
è il recupero di questi uno dei fini impliciti di una cultura cattolica?
Spartaco Lucarini
Per chi vuole approfondire alcuni
degli argomenti di questo numero
con i libri di Città Nuova
pagg. 52-54
IL SOGNO DI DIO
Il libro “profetico” di Ernesto Olivero sulla Chiesa.
Una Chiesa che ama, che perdona, che accoglie,
che serve, che ascolta, innamorata del suo Dio.
Una fontana all’angolo della strada, dove l’acqua
è pura e fresca, perché ha la sua Sorgente in alto.
pag. 16-17
I PRINCÌPI DELLA DEMOCRAZIA
L’era dell’interdipendenza sta trasformando
le basi delle nostre democrazie. Lo Presti ricostruisce il dibattito sui princìpi della teoria
democratica, a partire dai pilastri di libertà e
uguaglianza, fino alle idee di equità, tolleranza
e solidarietà con le quali si è tentato di rispondere alla sfida multiculturale.
pag. 68-69
VIVERE CON L’ALTRO
I molteplici volti del disagio sociale e della
sofferenza hanno oggi in comune una medesima difficoltà: l’incapacità a relazionarsi.
Pietro Cavaleri ci spiega come migliorare
la nostra capacità di gestire i rapporti,
delineando una “grammatica della relazione” che comprende la paziente attitudine
all’ascolto, la capacità di mettersi nei panni
dell’altro, la disponibilità a condividere e ad
essere solidali.
Per ordinarli: Via Leonardo Da Vinci, 8
Monterotondo (RM) tel. 06 78 02 676
[email protected] www.cittanuova.it
Attualità
NELL’ANNO DELLA FEDE
di Michele Genisio
LA NORMALITÀ DEL BENE
S
embra una missione, di quelle
dei film western. Ma piantata
nel centro di Torino, a Porta
Palazzo, luogo dove s’intersecano vivacemente, a volte tumultuosamente, mondi diversi, dove
degrado e malavita si mescolano
all’esuberanza d’un grande mercato all’aperto. Ernesto Olivero ama
chiamarlo “monastero metropolitano” quell’edificio che sta lì, in mezzo
a quel quartiere, e che da anni ospita l’opera da lui fondata, il Sermig,
Servizio missionario giovani. Che si
chiama anche Arsenale della Pace.
Perché una volta, proprio in questi
edifici, il regno sabaudo teneva un
grande arsenale, dove si costruivano
e sperimentavano armamenti.
Oggi, in uno dei forni dove veniva fuso il metallo per fare fucili, c’è
il tabernacolo della cappella, centro
pulsante del nuovo Arsenale. Quello
dove si fanno prove di pace. Di solidarietà e di speranza. Dove si accolgono malati, sofferenti, emarginati,
dove si dà spazio ai giovani, anzi dove i giovani sono i privilegiati. «Hai
portato l’amore del Santo Padre per
le strade del mondo», ha scritto Stanislao Dziwisz, che fu segretario di
Giovanni Paolo II, nel “diario alla
rovescia” di Olivero. Me li mostra
Ernesto questi diari, testimoni della
sua lunga esperienza: non ci scrive
lui, in quelle pagine, ma le persone
che incontra, persone umili e gente
importante, papi e fondatori di movimenti, re e politici.
Ci incontriamo lì, nel suo ufficio
nell’Arsenale, e subito sento la sintonia con lui, l’agio di trovarmi di
fronte a un uomo autentico, che vive
per Dio. Mi racconta la sua storia. È
nato nel salernitano, settantatré anni fa, gente semplice, di provincia.
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Città Nuova - n. 6 - 2013
INCONTRO CON ERNESTO OLIVERO
FONDATORE DEL SERMIG
Padre piemontese, madre avellinese.
Ernesto si definisce, ed è stato definito, un “innamorato di Dio”. Gli
chiedo come è nato quel sentimento. Lui mi dice: «Da persone che
mi hanno mostrato il cristianesimo,
credibile. M’è venuto incontro con
lo sguardo di mamma, e un abito
di prete». Sua madre. Una persona
buona, la fede traspariva dai suoi
gesti, dai suoi occhi. «Io, da bambino – ero l’ultimo di nove fratelli – la
chiamavo alle 2 di notte e lei si alzava e mi rassicurava con un sorriso, una parola. Non pensavo che ci
fosse nulla di particolare ad alzarsi
a quell’ora senza uno sbuffo. Il bene era una normalità. Così anch’io,
F. Tardito /LaPresse
F. Alfero/LaPresse
MgsGroup/LaPresse
Torino, 19 marzo 2010: Ernesto
Olivero e il presidente Napolitano
in visita all’Arsenale della pace.
Sopra: una manifestazione
del Sermig, di cui Olivero
è fondatore (qui mentre
incontra un gruppo di giovani).
quando mi svegliano nella notte perché c’è bisogno del mio aiuto, non
ho mai pensato di fare qualcosa di
eccezionale».
Poi, un prete. Anch’egli un testimone credibile. «Avevo 9 anni – mi
dice Ernesto –, e padre Liberato col
suo esempio ha fatto in modo che,
con Dio, io sia entrato in un incontro, non in un mistero, quasi senza
accorgermene». Questo incontro dura tutt’ora. «Le persone “eccezionali” le ho solo conosciute nel campo
del male, il bene mi si è sempre presentato come normalità». Non andava bene a scuola, confessa Ernesto.
Era sempre l’ultimo della classe, rimandato e bocciato. A fatica conquista la terza media. «Mi raccomando,
non fraintendermi, la scuola è importante – mi dice –: invoglio tutti
a studiare. Ma per me l’aver avuto
difficoltà a scuola è servito per farmi
capire cosa significa sentirsi “ultimo”. Quando poi mi sono dedicato a
loro, agli ultimi, non mi era estraneo
cosa provavano, come si sentivano».
Fin da ragazzo s’accorge d’essere
uno che aveva fiato: «Avevo fiato, e
correvo». È stato come un motto per
la sua vita: hai fiato, corri! Le teorie non sono mai state il suo pane,
darsi da fare, aiutare concretamente
chi gli si parava davanti, quello sì.
E di fiato, dimostra di averne ancora assai tanto. Poi mi racconta, il
trasferimento in Piemonte. Il lavoro
in banca. E nel lavoro Ernesto non
trova le difficoltà della scuola, anzi
va a gonfie vele. C’è il matrimonio
con Maria. «Con lei siamo cresciuti
assieme», mi dice, in quel disegno di
Dio che gli si presentava davanti un
po’ alla volta. «E il Signore continua
a farci crescere insieme negli anni».
Poi i tre figli, ed oggi otto nipotini,
sette in terra e uno in cielo.
Nel ’64 inizia il Sermig. Non ci
soffermiamo sulle tantissime iniziative portate avanti da questo movimento. Ci vorrebbe altro spazio.
Molte hanno avuto ampia visibilità
mediatica, altre vanno avanti quotidianamente, non fanno rumore, nella “normalità” del bene. E non solo
all’Arsenale di Torino, ma anche a
quello fondato in Brasile e quello in
Giordania.
Ma torniamo ad Ernesto. Mi parla
d’un momento personale, determinante. La notte del venerdì santo del ’79.
Ormai erano anni che il Sermig esisteva e aveva già sparso attorto tanto
bene. Però Olivero non amava parlare
in pubblico, si sentiva inadeguato, si
sentiva impacciato a incontrare i poveri, non sapeva come rapportarsi con
le persone importanti, i potenti. Lui
aveva studiato poco, anche se era un
uomo «“imparato” direttamente da
Dio», come gli diceva simpaticamente il card. Martini. Quella notte, in un
momento di grande intimità con Dio,
percepisce «quasi fisicamente», mi
dice, con grande chiarezza, qual è la
missione a cui è chiamato. E nel cuore una domanda perentoria: «Accetti
o non accetti?». Accettare, ovvio, dire
di sì, è quasi naturale.
Città Nuova - n. 6 - 2013
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Città Nuova - n. 6 - 2013
Due immagini dell’ex arsenale
degli armamenti del regno
sabaudo, ora Arsenale
della pace e sede del Sermig
(Servizio missionario giovani).
(2) F. Alfero/LaPresse
Ma poi, subito dopo, un pensiero:
«Devo trovare un metodo infallibile per non smarrirmi, per difendere
questo sì». Pensava a Salomone, Ernesto, che con tutti i doni ricevuti da
Dio, poi si è perso. È purtroppo facile lasciarsi prendere dall’orgoglio,
dalla vanità, dal potere, anche quando s’è fatta la scelta totale di Dio. Allora il metodo nato di mattina, dopo
quella notte: «a) pregare molte ore
al giorno per restare umili; b) confrontarsi ogni giorno con la Bibbia;
c) non prendere decisioni importanti
senza il sì o il no di un uomo o una
donna di Dio; c) farsi dominare dal
pensiero dei giovani; d) non saltare
mai sul carro di nessun vincitore; e)
essere trasparente e scrupoloso con i
soldi, pubblicare i bilanci».
Dopo quel giorno la sua opera
ha preso il volo, e il suo innamoramento di Dio s’è consolidato in un
fruttuoso matrimonio. «Un giorno
un uomo di Dio, uno di quelle rare
persone che ti sanno leggere dentro
l’anima, mi disse: “Ma lei quanto
soffre e quanto ha sofferto!”». In
realtà, mi confida Ernesto, sofferenza ce n’è stata: ci sono state accuse,
calunnie, invidie, di tutto. «Ma questo non ha mai offuscato l’incontro
con Dio. So che per altri non è stato
sempre così, ma io ho sempre sentito
Dio vicino a me, ho sempre avvertito la sua presenza».
Parliamo dell’Anno della fede,
di come dovrebbe essere trasmes-
che esprimersi in modo deciso, forte: Gesù l’ha fatto».
Camminiamo tra i muri dell’Arsenale, sobri, trasmettono mansuetudine ma anche la possente tenacia della bontà. Mi guardo attorno.
Lì tanti sogni sono diventati realtà,
perché non pochi ci hanno creduto,
hanno gettato la loro fiducia in Dio.
«Dobbiamo creare degli ambienti in
cui il Vangelo sia evidente. La fede
non si trasmette solo con la catechesi. Una persona umile, un portinaio
che dà il suo numero di telefono anche dopo le ore di servizio, perché
se qualcuno ne avesse bisogno…
Basta il silenzio a volte, atti semplici, quotidiani, imbevuti dell’incontro
con Dio dentro di sé e con gli altri,
così si trasmette la fede».
sa. Gli chiedo qual è la pedagogia
delle fede propria del Sermig. «Ci
piacciono i testimoni appassionati,
quelli che fanno venire il desiderio
di diventare cristiani. Oggi sei creduto se sei un testimone. La gente
s’inchina di fronte a colui nel quale
la fede è un tutt’uno, che s’esprime
nelle parole, ma anche nel corpo,
nei gesti, nello sguardo. Il cristiano
non è perfetto, ma sa la via di perfezione. C’è però un campo nel quale,
specialmente oggi, ad un cristiano è
chiesto d’essere quasi “perfetto”: è
nell’esercizio del potere, che va vissuto come servizio, come lo intende
Gesù. Allora, quando si è testimoni
accettati, si può anche parlare, an-
Parliamo dei giovani, dei prossimi appuntamenti che attendono il
Semig, dell’opportunità di conoscersi meglio tra Movimenti ecclesiali,
perché – mi dice sorridendo – se è
vero che ognuno deve portare avanti il suo particolare carisma è anche
vero che «il vero carisma è la macedonia». Insomma: «Noi siamo mele,
voi pere, altri, altri frutti… È giusto
che manteniamo il nostro sapore, ma
servono alcuni momenti tra di noi,
per condividere di più, per fare macedonia, di modo che quando usciamo al di fuori, io mela so anche un
po’ di pera, e la cosa è reciproca, per
essere sempre più cristiani completi.
Di questo c’è bisogno».
Ci salutiamo cordialmente, proprio come significa la parola, di
cuore. E mentre esco dalla porta
dell’Arsenale ripenso alle parole
che Chiara Lubich ha scritto sul suo
“diario alla rovescia” il primo febbraio 2008, poco tempo prima di
morire: «Condivido tutto quello che
fa Ernesto Olivero. Ho riconosciuto
in lui il carisma di un fondatore».
Michele Genisio
RICICLARE
Vita sana
di Lorenzo Russo
Scenari sempre più
frequenti nelle nostre
periferie: discariche
di prodotti elettronici
e digitali.
Spazzatura
elettronica
I tesori nascosti dei rifiuti
del mondo digitale
L
a spazzatura è in genere considerata un
problema, ma in questo caso potrebbe essere una vera risorsa.
Eh già, perché i rifiuti elettronici contengono una miniera di materie prime. Sono i cosiddetti Raee, cioè i
Rifiuti da apparecchiature
elettriche ed elettroniche.
Si sa, uno dei settori che
non è mai andato in crisi è
proprio quello dell’elettronica e del digitale, che è in
continuo aggiornamento.
Gli apparecchi vengono
sostituiti più frequentemente causando una mole
notevole di rifiuti.
Per costruire questi
prodotti si usano materiali
preziosissimi che possono
ancora essere recupera-
ti quando l’apparecchio
diventa rifiuto. Ma quali
sono questi materiali preziosi? Di seguito ne elenchiamo un piccolo gruppo.
Innanzitutto l’argento,
che viene utilizzato come
conduttore nelle schede
elettroniche ed è quindi
presente all’interno della
maggior parte dei Raee in
grandi quantità. Il piombo invece viene utilizzato
nella saldatura dei componenti sui circuiti stampati
e nei pannelli in vetro dei
monitor, ma anche nelle
batterie e negli accumulatori delle macchine. Il
rame è un metallo che ha
una conducibilità elettrica
e termica elevatissime ed
è molto resistente alla corrosione. Si ricava dall’avvolgimento dei motori
elettrici e quindi lo si può
trovare in aspirapolveri
e altri elettrodomestici.
Il platino invece è largamente utilizzato nelle pile e nella produzione di
connettori per cavi hdmi.
Il coltan rappresenta un
elemento fondamentale in
videocamere, telefonini e
in tutti gli apparecchi hitech. Serve a ottimizzare
il consumo della corrente
elettrica nei chip di nuovissima generazione e rende possibile un notevole
risparmio energetico. L’80
per cento delle riserve di
coltan si trova in Congo,
dove la popolazione locale lo estrae dalle miniere
nonostante sia altamente
tossico.
Una ricerca della United nations university, in
collaborazione con l’Onu, ha messo in evidenza
la situazione del riciclo
Raee nel mondo. Purtroppo, l’Italia non naviga in
buone acque nella classifica mondiale. Gli italiani
producono circa 16 chilogrammi di rifiuti elettronici all’anno pro capite, e
12 chilogrammi di Raee
l’anno vanno nei centri di
raccolta. Tuttavia, solo il
38 per cento di essi entra a
far parte del sistema Raee
che li tratta e li smaltisce
“ecologicamente”. Quindi, meno di cinque chilogrammi finiscono per essere riutilizzati.
Città Nuova - n. 6 - 2013
55
SPORT
di Marco Catapano
D. Johnston/AP
Vita sana
E
lena Delle Donne
è ritenuta ormai da
qualche tempo la migliore giocatrice del
basket universitario
femminile
statunitense.
Questa ragazza, di chiare
origini italiane, ha sempre
avuto uno spiccato talento
per praticare dello sport e,
più in particolare, la pallacanestro. Quando era al
liceo, alcuni giornalisti
sportivi a stelle e strisce
scrissero che, grazie alla
sua bravura, un giorno sarebbe potuta diventare per
il basket femminile quello
che oggi LeBron James
rappresenta per gli uomini. Ovvero, la migliore di
tutti. «Quando avevo 15
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Città Nuova - n. 6 - 2013
La scelta di Elena
Una delle più grandi promesse dello sport statunitense
ha sacrificato parte della gloria sportiva in cambio
di qualcosa di più importante
anni – racconta Elena – il
mio sogno era quello di
vincere un giorno il campionato universitario, pensavo che fosse la cosa più
importante del mondo».
Eppure, nonostante le
enormi potenzialità, questa
ventitreenne di Wilmington, popolosa cittadina dello Stato del Deleware, si è
resa protagonista in questi
anni di una scelta davvero
“controcorrente”. Perché se
nello sport che pratichi sei
considerata dagli addetti ai
lavori una probabile numero uno, è normale che tu
possa desiderare di far parte di una formazione “vincente”. Invece Elena, pur
avendone avuto l’opportunità, ha deciso diversamente. Terminato il liceo, nel
2008, è stata infatti scelta
dall’Università del Connecticut, ormai da diverso tempo la migliore formazione a
livello di basket universitario femminile statunitense
(negli ultimi tredici anni ha
vinto ben sei titoli nazionali), che le ha offerto una
borsa di studio per rendere
la propria squadra ancora
più forte, quasi imbattibile.
studi di “scienze dell’educazione”, visto che un
giorno vorrebbe poter lavorare con i disabili. «È
bastato poco per capire che
il mio successo nel basket
rischiava di allontanarci,
ma io ho sentito che non
potevo starle lontana. Il
nostro rapporto è soltanto
fisico, non è che con lei
posso scrivermi via sms,
o parlare via Skype, quindi non avevo altra scelta.
Quando siamo vicine, invece, può riconoscermi dal
profumo o dal contatto tra
di noi. Allora mi sorride,
mi abbraccia, e in tutto ciò
c’è molto di più di quanto
posso avere anche dal mio
amato sport».
Dopo un anno di break, in cui ha lasciato il ba-
Alcune immagini della protagonista della vicenda
raccontata su queste colonne; nella foto in basso,
la campionessa e, a destra, la sorella.
M. Evans/AP
Lei in un primo momento ha accettato, ma
dopo soli due giorni ha
fatto le valigie ed è tornata a casa. Ha percorso in
auto i 350 chilometri che
la separavano dagli affetti
più cari perché improvvisamente, a soli 19 anni, ha
capito che forse vincere
il campionato non era per
lei «la cosa più importante
del mondo». O meglio, ha
compreso che forse vincere non era così importante
da rinunciare, in cambio,
a qualcosa di ancora più
importante. A casa sua,
infatti, vive la sorella maggiore, Lizzie, con cui Elena ha un rapporto davvero
speciale. E pensare che
Lizzie non l’ha mai vista
giocare, essendo nata cieca, sorda, e con una grave
forma di paralisi cerebrale.
Così Elena si è iscritta
all’Università del Deleware, distante solo quindici
minuti da casa, dove ha
scelto di frequentare gli
sket per la pallavolo, il suo
amore per la pallacanestro
è tornato quello di una
volta. Così, negli ultimi
quattro anni, ha giocato e
brillato (ottenendo peraltro
numerosissimi riconoscimenti a livello nazionale)
tra le fila delle “Galline
blu” dell’Università del
Deleware, una formazione
che si è sempre ben difesa, rimanendo però assai
lontana dai risultati delle
migliori università degli
Stati Uniti. Fatte le debite
proporzioni, la sua scelta di
militare in un college fuori
dal grande giro è stata paragonata dai media americani
ad una Adele che decide
di cantare nel coro parrocchiale, o a una Serena Williams che decide di giocare
a tennis nel circolo locale!
Lei invece è sempre andata avanti per la sua strada. Senza guardarsi indietro. «Certo, in questi anni
avrei potuto vincere molto,
ma non ho rimpianti». In
questa stagione, Elena ha
trascinato le sue compagne di squadra a una lunghissima striscia vincente.
Nonostante ciò, sarà abbastanza difficile vederla
impegnata nelle Final Four
del campionato universitario nazionale che si disputeranno a New Orleans tra
il 7 e il 9 di aprile. Ma per
questa ragazzona alta più
di due metri la cosa più
importante è avere passato
un altro anno vicino a Lizzie, l’amata sorella il cui
nome è inciso per sempre
tra le ali di un angelo su
un tatuaggio che Elena si è
fatta fare.
Città Nuova - n. 6 - 2013
57
BUON APPETITO CON...
Vita sana
di Cristina Orlandi
Preparazione
Per l’impasto della pizza:
Pizza Margherita
Ingredienti (per 2 pizze
del diametro di 30 cm)
Per l’impasto della pizza: 500 grammi di farina,
12 grammi di lievito di birra,
300 grammi di acqua tiepida,
3 cucchiai di olio extravergine
d’oliva, 1 cucchiaino di zucchero, 10 grammi di sale fino.
Per la composizione: 350
grammi di salsa densa di
pomodoro, 300 grammi di
mozzarella, olio extravergine
d’oliva, basilico, q.b. di sale e
di pepe.
Corsi
d’inglese
per giovani in Irlanda
LUGLIO e AGOSTO 201
Per informazioni contattare:
ANDREW BASQUILLE
Tel: 00353 1 2804586
[email protected]
SANTE CENTOFANTI
Tel: 0039 3463459473
[email protected]
Skype: sance27
LANGUAGE and LEISURE IRELAND,
Clarinda Lodge, 30 Clarinda Park West,
Dun Laoghaire, Co Dublin, Ireland
www.lal.ie
Language and Leisure è un’Azienda dell’Economia di Comunione
mettere la farina setacciata in
un recipiente capiente. In una
piccola ciotola mettere mezzo bicchiere di acqua tiepida,
il panetto di lievito sbriciolato e il cucchiaino di zucchero. Far sciogliere il lievito e
versare il tutto nella farina
disposta a fontana. Sciogliere
il sale in mezzo bicchiere di
acqua ed unirvi l’olio. Versare anche quest’ultimo nella
farina ed iniziare a lavorare
aggiungendo la restante acqua tiepida fino a raggiungere una consistenza morbida
ed elastica. Se necessario,
aggiungere altra acqua o farina. Formare due diversi
impasti, spolverare di farina,
coprire con un canovaccio e
lasciar riposare in un luogo
fresco e asciutto fino a quando gli impasti raggiungeranno il doppio del loro volume
(dovrà passare almeno un’ora, un’ora e mezzo).
Per la composizione: raggiunto il volume desiderato,
stendere le due pizze con un
mattarello. Condire la salsa
di pomodoro con due cucchiai di olio extrave rgine
d’oliva e il sale. Mettere la
pizza in una teglia oliata o
ricoperta da carta da forno,
stendere la salsa di pomodoro lasciando liberi i bordi.
Mettere la mozzarella a pezzetti e un filo di olio. Cuocere la pizza nel forno preriscaldato alla temperatura di
250°C.
A cottura ultimata mettere
un paio di foglie di basilico e
servire.
ALIMENTAZIONE
EDUCAZIONE SANITARIA
di Giuseppe Chella
di Andrea F. Luciani
La dieta per l’anziano povero
durante la crisi
Nel 1889, in onore della regina
Margherita, moglie del re Umberto
I di Savoia, un cuoco napoletano,
un certo Raffaele Esposito,
per celebrare la recente unità
d’Italia, fece una pizza che chiamò
pizza Margherita, composta da
pomodoro, mozzarella e basilico
per rappresentare i tre colori della
bandiera italiana.
Alla regina piacque moltissimo
questa pizza, che da quel momento
assunse il suo nome ed è oggi uno
dei prodotti alimentari italiani più
conosciuti ed apprezzati nel mondo.
Recentemente su questa
pizza sono stati condotti
studi dall’Istituto di ricerche
farmacologiche Mario Negri di
Milano in collaborazione con
altri centri italiani: tutti hanno
concordato che chi mangia
la pizza Margherita una volta
alla settimana può avere una
protezione nei riguardi di alcune
malattie cardiovascolari e
degenerative.
L’effetto benefico di questa
pizza, che fa parte della dieta
mediterranea, è dovuto ai suoi
semplici ingredienti: la farina
di grano, il pomodoro ricco di
vitamine e di antiossidanti, l’olio
extravergine d’oliva considerato
un grasso “buono” e la mozzarella
ricca di pregiati nutrienti.
I pizzaioli italiani, in particolare
quelli napoletani, godono di una
fama internazionale ed oggi chi
si specializza in questo mestiere
ha la prospettiva di trovare un
ottimo lavoro.
S. Morara/LaPresse
La pizza
L’Inps comunica che il 77 per cento dei pensionati vive con meno di mille
euro al mese e il 17 per cento con 500. Queste persone, se non ricevono altri
aiuti, non hanno la possibilità di alimentarsi adeguatamente. Utile è quindi
far sapere i risultati di uno studio reso noto nel corso del recente congresso
della Società italiana di geriatria. A sessanta ultrasessantacinquenni è stata
somministrata la famosa dieta mediterranea, per l’adozione della quale si
sta battendo pubblicamente la moglie di Obama. Questa consiste nell’uso
di pasta, riso, patate, cereali, come fonte di carboidrati. L’apporto proteico
è garantito dalle proteine di origine vegetale (ceci, fagioli, lenticchie,
spinaci, insalate di stagione) e di quelle provenienti dal mondo animale
(pollo, tacchino, due uova a settimana), riservando la carne rossa, molto più
costosa, a una volta a settimana.
Una sana nutrizione è garantita anche dal pesce “povero”, rappresentato da
alici, sgombro, tonno in scatola, tutti ricchi di nutrienti essenziali e fonte
preziosa di grassi polinsaturi. Altri grassi, meno salubri di quelli contenuti
nei pesci, ma sempre utili per una sana alimentazione, sono contenuti nel
latte, yogurt, ricotta e mozzarella di mucca. Una frutta a fine pasto può
essere scelta tra una mela, una pera, un arancio, un mandarino, un kiwi,
più economici, ma ugualmente ricchi di vitamine necessarie a completare
una sana alimentazione, che va arricchita con un bicchiere di vino rosso.
La quantità di cibo da ingerire nella giornata può variare dalle 1500 alle
1800 Kcal. Queste dovrebbero essere stabilite dal medico, specialmente se
si è grassi e/o ipertesi, diabetici, nefropatici.
La spesa per una dieta siffatta può variare da cinque a nove euro al giorno,
quindi economica, ma ugualmente in grado di garantire le esigenze
nutritive di una persona anziana. Da segnalare che i soggetti che si sono
sottoposti a questo regime alimentare e lo osserveranno nel lungo periodo,
andranno incontro a un’importante riduzione di malattie come ictus e
infarto, che numerosi studi nazionali e internazionali hanno da tempo
dimostrato, riducendo così anche i costi umani ed economici che queste
malattie comportano.
Città Nuova - n. 6 - 2013
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È IMPOSSIBILE RIMANERE
NEUTRALI DI FRONTE
ALLA MATTANZA
DI UOMINI E ANIMALI
Spagna
Fermare
la corrida
U
n mantello rosa copre il colore
del sangue, ma non le polemiche
che in Spagna riesplodono:
la corrida si deve abolire?
Il 60 per cento della popolazione
spagnola è contraria alla mattanza
di uomini e animali e solo il 15 per
cento dei giovani si interessa a questa
tradizione. Persino i reali sono divisi,
la regina Sofia è contraria, il re Juan
Carlos favorevole. I motivi validi
su cui fondare il rifiuto della corrida
sono il reale rischio della vita
dell’uomo, la violenza e la sofferenza
inflitti al toro e la sproporzione
tra i mezzi di combattimento usati
dall’uomo e le difese dell’animale.
Nel secolo scorso sono morti 40 toreri
e circa 30 mila tori ogni anno. E ancora
non si ritiene un prezzo troppo alto
per continuare a dare lavoro a 200
mila persone? Inoltre si è del tutto
perso il significato originario. Oggi è
solo una competizione sportiva. Ieri
era, secondo Hemingway in Morte nel
pomeriggio, la sfida della morte. È una
liturgia pagana che riecheggia il mito
di Mitra che sacrifica il toro cosmico
per andare oltre la fine della vita. Nella
cultura spagnola la corrida resta
un atto di purificazione incompiuto,
che non riesce ad esorcizzare la morte
con un sacrificio cruento.
Gabriele Amenta
Città Nuova - n. 6 - 2013
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Attualità
MEDIA
di Claudia Di Lorenzi
Giovani e tv
In cerca di una ricetta
Era una sera come tante, e al rientro a casa dopo una giornata di lavoro,
accendo la tv ricordandomi di quel programma nuovo che volevo vedere.
Ma il programma non comincia. Capirò che è stato sospeso, vittima
dell’audience. Era un programma “per giovani”, dai 15 ai 30 anni circa,
firmato da professionisti del mestiere. Un programma che evidentemente
ha mancato il suo target, come tanti del resto. In effetti, conquistare i
giovani all’ascolto è un’impresa quasi titanica e chi la tenta merita il
nostro plauso. Nel caso suddetto, tra le probabili ragioni del flop, insieme
ai contenuti talvolta retorici, c’è forse l’impianto stesso del programma, il
punto di vista scelto per guardare al “fenomeno”. Ecco, “guardare”: qui
sta il punto. Si può decidere di guardare il fenomeno-giovani da lontano,
per fare una riflessione sulle dinamiche che lo caratterizzano. O guardarlo
da vicino, chiacchierando con i ragazzi in uno studio televisivo, su temi
scelti per lo più da autori non giovani. In entrambi i casi però difficilmente
i giovani “da casa” sceglieranno di dedicare il loro tempo ad ascoltare
chi riflette su di loro e i loro presunti problemi. Per “intercettarli” invece,
piuttosto che guardare, è forse utile “stare” con i giovani, dentro e fuori
dalla tv, scegliendo il loro linguaggio e i loro interessi, ricreando sullo
schermo situazioni di vita reale, mettendo in luce la bellezza, l’energia, la
creatività dei ragazzi, insieme alle inquietudini e alla loro fragilità. Una
ricetta, invero, non c’è, ma alla mente affiora il ricordo di una piccola
radio che frequentai anni fa. Una radio nata per incontrare proprio quei
ragazzi “difficili”, quasi sempre sfuggenti. Una radio che trasmette musica
hard-rock, di quella che agli adulti risulta insopportabile. Una radio
seguitissima proprio tra i ragazzi “ai margini”, che fanno a gara coi loro
gruppi musicali per esibirsi in studio e far sentire i loro brani. E ogni tanto
vanno a salutare i conduttori. Chi direbbe che è una radio “dei preti”?
EDITORIA RESPONSABILE
L’informazione su carta
non danneggia l’ambiente
Il 70 per cento della carta utilizzata in
Europa viene raccolta e riciclata: con
2000 kg trasformati al secondo, la carta è il materiale più riciclato a livello
europeo. Inoltre, la superficie forestale
in Europa è cresciuta del 30 per cento
rispetto al 1950. Sono i dati evidenziati
dalla campagna “Twosides Italia - Naturalmente io amo la carta”, promossa
dagli editori italiani di quotidiani e periodici per sfatare l’idea che la pubblicazione di giornali cartacei favorisca i
fenomeni di deforestazione e inquinamento.
TV DI QUALITÀ
Benigni legge Dante su Rai2
Dopo il successo della serata dedicata
alla lettura della Costituzione, Roberto
Benigni torna a rileggere Dante in tv.
In un ciclo di dodici appuntamenti chiamato “TuttoDante”, che ha preso avvio
il 27 febbraio in prima serata su Rai2,
il premio Oscar legge e spiega i canti
dell’Inferno, dall’XI al XXII. «È il momento di tornare nel profondo abisso – ha
sottolineato Benigni –; grazie a Dante,
assistiamo a uno dei più grandi miracoli
letterari».
“LIBRO: CHE SPETTACOLO!”
Arte e letteratura si prendono
per mano
Giunta quest’anno alla sesta edizione,
l’iniziativa “Libro che spettacolo” intende promuovere la lettura e lo spettacolo
dal vivo, con 21 appuntamenti in cui attori noti e meno noti mettono in scena
brani di opere celebri o inedite. Presenti anche gli scrittori che introducono le
rappresentazioni. Quest’anno l’iniziativa
promossa dall’Agis, che si concluderà il
16 maggio, raggiunge cinque città (Roma, Faenza, Macerata, Cagliari, Napoli e
Pisa) e vede fra i protagonisti Marcello
Fois e Giorgio Albertazzi.
62
Città Nuova - n. 6 - 2013
HOLLYWOOD
di Enzo Natta
A r t e e s p e t t a c olo
Arte e spettacolo
Ben Affleck riceve
l’Oscar come miglior
film per “Argo”.
La storia è ambientata
nell’Iran del 1979.
C
ome tutte le monete,
anche l’Oscar ha due
facce. Una è quella autoreferenziale e
corporativa, dove il
voto di scambio, il favore
reso o cercato, il conflitto
d’interesse fanno parte del
gioco. Ognuno degli oltre
cinquemila soci dell’Academy Award vota per il
film che in qualche modo
gli ha procurato lavoro, per
il produttore, regista o tecnico che, dovessero andar
bene le cose, lo coinvolgerà nel prossimo progetto.
Nessuno scandalo, nessun
stupore. Nella culla della
moderna democrazia, la regola è accettata da tutti.
L’altra faccia della moneta è il termometro del
Paese, l’espressione di un
comune modo di sentire
che riflette l’anima nazionale di fronte agli eventi che hanno coinvolto la
collettività. È questa faccia
della moneta che spiega
Le due facce
dell’Oscar
Perché trionfa “Argo” di Ben Affleck
ed esce sconfitto “Lincoln”
di Steven Spielberg?
perché l’85ª edizione abbia visto trionfare Argo, di
e con Ben Afflek, divo che
di film in film cresce alla
borsa-valori di Hollywood. Nella classifica degli
Oscar “pesanti” quello per
il miglior film è il numero
uno. Perché Argo l’ha vinto? Perché, dopo tanti film
autocritici, pronti a puntare
il dito contro le malefatte della Cia, finalmente si
vedono riconosciuti i suoi
meriti e il sistema di sicu-
rezza messo in atto contro
terrorismo e Stati-canaglia
come l’Iran e la Corea del
Nord.
Se Argo è stato il grande vincitore, Lincoln di
Steven Spielberg è stato
il grande sconfitto. Forse perché quella di Argo
è storia recente e quella
di Lincoln storia passata?
No, il fatto è che Spielberg
(diversamente da Affleck
candidato anche come miglior regista) non ha mai
goduto di grandi simpatie
a Hollywood e che, nonostante sia una specie di
re Mida che trasforma in
oro quel che tocca (e quindi parecchio invidiato), è
considerato un parvenu,
un estraneo, un indipendente che non ha mai voluto integrarsi. E, quando
se ne offre l’opportunità, il
sistema non perde l’occasione per farglielo notare.
Lo scorno è stato ancor
più grande quando ad aggiudicarsi l’Oscar per Lincoln sono stati non il regista-produttore Spielberg
ma Daniel Day-Lewis
(miglior attore) e la coppia Greenwood-Spencer
(miglior scenografia), che
la sera della premiazione
hanno finito per oscurarlo.
Vincitori e vinti si sono
riconciliati nella comune
bocciatura in storia. Argo
si è visto tirare le orecchie da Gran Bretagna e
Canada, che respingono le
accuse di non aver aiutato
la fuga dei sei funzionari
americani dall’ambasciata
di Teheran; Lincoln è stato
aspramente rimproverato per aver trasformato in
“no” il “sì” di due deputati del Connecticut quando
si trattò di approvare il
tredicesimo emendamento e abolire la schiavitù.
D’altra parte non era John
Ford a dire che la finzione è lo smacchiatore della
Storia?
Città Nuova - n. 6 - 2013
63
Arte e spettacolo
TELEVISIONE
di Paolo Balduzzi
A un passo dal possibile
(Rai Scuola)
verità e alla bellezza della
fede, alla felicità di essere
cristiani».
ANDREA MONDA
A un passo dal possibile è un nuovo programma
di Rai Scuola in onda dal
17 marzo per sette puntate. Andrea Monda è uno
degli autori.
Qual è l’obiettivo della
trasmissione?
«Avvicinare i giovani,
ma anche gli adulti, alla
Un’iniziativa insolita,
e forse anche rischiosa.
Come l’avete costruita?
«Abbiamo dato un taglio esperienziale a tutto
il programma. In ogni
puntata partiamo dalla
vita dei ragazzi, che sono i miei stessi alunni a
cui insegno religione a
scuola, e mettiamo in relazione il loro sentire con
la testimonianza di alcuni
noti personaggi pubblici.
Abbiamo girato in classe
senza copione, senza filtri, con l’idea di proporre
il vero, il bello e il buono
che c’è nella nostra società, soprattutto nei giovani. Con risultati sorprendenti».
La trasmissione va in
onda, senza averlo potuto
prevedere, in un momento molto particolare per
l’attualità ecclesiale, con
le dimissioni di papa Benedetto.
«Più che una coincidenza direi che c’è una
stessa lunghezza d’onda:
papa Benedetto, nel suo
straordinario magistero,
ci ha costantemente richiamati all’essenza della fede, svuotata da tutti
gli orpelli ma riempita
di senso, di valore, e soprattutto della gioia per
la scelta cristiana. È lo
stessa gioia che nasce e si
mostra nelle nostre puntate».
Cosa le lascia questa
esperienza?
«Mi ha dato una forte
carica, una spinta vitale
in più a trasmettere, grazie al mio lavoro, ai ragazzi e a chi incontro, la
gioia di cui parlavo prima, ma anche della responsabilità che abbiamo
rispetto alla chiamata a
essere cristiani».
TEATRO
CINEMA
di Giuseppe Distefano
Educazione siberiana
Salvatores, con il film tratto dal romanzo
di Nicolai Lilin, ci immette nei racconti
della Siberia nevosa dove tradizioni antiche,
fra religione e crudeltà, convivono in una
città-ghetto per bande criminali. L’educazione che il nonno Kuzja impartisce ai due
ragazzini Kolina e Gagarin è improntata sulle leggi ataviche di violenza, amicizia
e onore. Un mondo che si rinnova dopo l’89, ma non in positivo. È lo sguardo di
un occidentale ad una società diversa, con un occhio lucido, freddo, pur se non
mancano momenti di poesia e di calore (gli sguardi dei ragazzini, la gita in giostra,
il bagno nel fiume…). Forse in difficoltà a cogliere l’anima profonda della Russia,
pur nella perfezione formale e nel fatalismo di fondo.
Regia di Gabriele Salvatores; con John Malkovich, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius.
Giovanni Salandra
Anna Karenina
Originale la forma con cui Wright presenta il romanzo
di Tolstoj. Con impianto teatrale e passaggi di scena
sorprendenti. Dai sorrisi radiosi e dagli sguardi
magnetici delle danze si passa alle complicazioni
dolorose, ai sospetti e ai giudizi. Il dramma della donna,
presa da una pulsione a detrimento dell’equilibrio dell’intera persona, si evolve
sullo sfondo dell’idealista Levin, che ama i poveri e i modi semplici e crede nel
vero amore, concepito nel matrimonio. Così, al di là dello splendore aristocratico e
della mentalità del tempo, la storia ci coinvolge anche per lo spessore etico.
Regia di Joe Wright; con Keira Knightley, Aaron Johnson.
Raffaele Demaria
Vita di Pi
Vita di Pi è soprattutto, se non esclusivamente, il
meraviglioso spettacolo che Ang Lee ci offre per
quasi un’ora e mezzo (sulle oltre due del film),
raccontando i 227 giorni di un ragazzo e una tigre su
una scialuppa alla deriva nel Pacifico. Dal naufragio
della nave che trasportava in Canada lo zoo di famiglia, allo sbarco sulle coste
del Messico dopo il naufragio, il racconto è un susseguirsi di invenzioni visive
e narrative, impreziosite da un sapiente uso del 3D, che riesce a trasportare lo
spettatore su quella piccola barca in mezzo all’oceano. Tutto il resto (la vita
in India, i sottotesti filosofici e religiosi, il colloquio con lo scrittore in crisi)
appare quasi superfluo, come la cornice di un quadro. Forse non basta a farne
un capolavoro, ma è comunque un bel vedere.
Regia di Ang Lee; con Suraj Sharma, Irrfan Khan, Taboo, Rafe Spall, Gérard Depardieu.
Cristiano Casagni
VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE FILM
Educazione siberiana: complesso, violenze (prev.).
Anna Karenina: consigliabile, realistico (prev.).
Vita di Pi: consigliabile, problematico, dibattiti.
La torre d’avorio
Sudafricano, naturalizzato inglese,
Ronald Harwood (classe 1934) in
La torre d’avorio (titolo originale
Taking Sides, “prendere posizione”),
riaccende controversie sul rapporto
tra arte e politica, ovvero il tema della
libertà dell’artista. L’autore esamina
la figura del direttore d’orchestra
Wilhelm Furtwängler sottoposto
a indagine, nel dopoguerra, per
non essersi dissociato dal nazismo
e per non aver mai abbandonato
la direzione della Filarmonica di
Berlino. Egli sceglie di rinchiudersi
nella torre d’avorio dei suoi ideali,
estraniandosi dalla realtà politica
tedesca e ritagliandosi così uno spazio
di opposizione intellettuale. Sostenne
di aver scelto di restare nel suo Paese
per mantenere vivo lo spazio di libertà
che solo la musica poteva offrire
agli uomini. La disputa verbale che
s’innesca sul dissidio tra il maggiore
americano Arnold, l’inquirente, che
detesta la musica e il maestro, e
Furtwängler, pone quesiti universali.
Si può essere custodi d’una tradizione
ed estranei a un regime disumano?
Il giudizio finale tocca gli spettatori.
E il teatro si presta alla discussione
delle idee. In un grigio stanzone
spoglio, con solo sedie e scrivanie,
Luca Zingaretti, interprete e regista di
una messinscena asciutta e rigorosa,
è uomo pragmatico e calcolatore
quanto serve al ruolo, ma, a tratti, nel
modo di porre domande, ricorda il suo
Montalbano. E Massimo De Francovich,
è un perfetto Furtwängler, per allure
e regalità.
All’Eliseo di Roma. In tournée
Arte e spettacolo
MUSICA LEGGERA
di Franz Coriasco
Atom for peace
Il supergruppo dell’anno
Si intitola Amok ed è
fin d’ora una degli album
più importanti della nuova stagione discografica.
Potrebbe apparire un’affermazione azzardata trattandosi di un debutto, ma
basta un’occhiata ai firmatari per capire che non
è così. A guidare le danze
c’è infatti Thom Yorke il
leader dei Radiohead, una
delle band fondamentali
del rock dell’ultimo ventennio. Insieme a lui, altri
illustrissimi: il bassista
degli altrettanto quotati
Red Hot Chili Peppers, un
producer di fama planetaria come Nigel Gondrich,
il batterista Joe Waronker (in passato alla corte
dei Rem e di Beck) e il
percussionista brasiliano
Mauro Refosco, già al servizio di un campione del
trendysmo musicale come
David Byrne.
66
Città Nuova - n. 6 - 2013
Insomma, gli Atom for
Peace hanno l’imprinting
per proporsi come una
delle novità più appetitose dell’anno. E in effetti
in questi nove brani c’è
molto dell’anima contemporanea: le sue inquietudini innanzi tutto, ma anche
certe sotterranee ansie spirituali; ci sono le nevrosi
e la liquidità ondivaga di
panorami socio-culturali
sempre più globalizzati
e smarriti. È un disco di
chiaroscuri, dove bagliori di luce sgomitano tra le
ombre della depressione
e del catastrofismo che
pervadevano molte composizioni dei Radiohead.
Un disco importante anche per un approccio ai
mercati decisamente innovativo, con l’ascolto gratuito in streaming, messo
a disposizione addirittura
prima della pubblicazione.
Basterebbe questo a dire
quanto stiano cambiando gli usi e i consumi del
music-business planetario.
Amok alterna ipno-
si di dance elettronica
a pulsioni rock e funky,
squarci neo-psichedelici
e rarefatte melodie intrise
di malinconia. Un prodotto complesso e dunque di fruizione tutt’altro
che semplice, ma ricco di
fascino e di pathos. Col
tempo capiremo se catalogarlo come divagazione/
variante del progetto Radiohead o come il primo
atto di una nuova entusiasmante realtà del sempiterno e perennemente mutante universo rock. Nel
frattempo l’idea ha già
fatto scuola: è di questi
giorni l’indiscrezione che
vorrebbe membri dei Pearl
Jam al lavoro con componenti dei Guns N’Roses
e degli Screaming Trees
per assemblare un’altra
superband. Vale anche per
il music-business: a mali
estremi, estremi rimedi.
CD e DVD novità
“LA SALUSTIA”.
DI GIOVANNI
BATTISTA
PERGOLESI.
Il dramma in tre
atti musicato
dal ventunenne compositore è ambientato
nella Roma imperiale di Severo e narra
una storia di amore coniugale. Il cast di
cantanti-attori è molto riuscito in scena
e in voce: Vittoria Prato, Serena Mafi,
Laura Polverelli. Dirige Corrado Rovaris
l’Accademia Barocca dei Virtuosi italiani.
Edizione preziosa per interpretazione e
fantasia scenica. 2 dvd Unitel classica.
(m.d.b.)
BASTILLE
“Bad Blood” (Virgin)
Una delle novità più trendy del
momento. Dan Smith e i suoi
hanno talento ed idee bastanti
per aggiungere nuova linfa al
pop-rock britannico. Trainato
dal singolo Pompeii, l’album
scorre senza particolari fremiti
creativi, ma gratificando
le orecchie con un sound
accattivante e melodie molto
radiofoniche. (f.c.)
MAX GAZZÈ
“Sotto casa” (Virgin)
Come confermato dall’ultimo
Sanremo, il cantautore romano
sta ritrovando l’ispirazione
delle sue stagioni migliori.
Questo suo ottavo album
ha dalla sua la freschezza
modernista delle atmosfere e
una poetica originale, vivida e
rettilinea, capace di sfuggire
tanto la retorica quanto la
faciloneria. (f.c.)
MUSICA CLASSICA
APPUNTAMENTI
di Mario Dal Bello
a cura della Redazione
L’oro del Reno
Libretto e musica di Richard
Wagner. Roma, Accademia
Nazionale Santa Cecilia.
A 200 anni dalla nascita di Richard
l’Accademia propone in forma
di concerto Das Rheingold, ossia
L’oro del Reno, Prologo in un
atto e tre quadri dell’Anello del
Nibelungo, il grande ciclo mitico,
epico e filosofico del maestro tedesco. Senza scene, costumi e regia, ma
affidandoci solo alla musica, l’esperienza è un puro bagno in un dramma
dove l’azione è nelle parole più che nei fatti. Si tratta di vasti “quadri
scenici”, in cui il dio Wotan riesce a rapire l’anello magico al nano
Alberico, per poi perderlo. Ma riuscirà ad entrare nel mitico regno del
Valhalla. Oltre la dimensione mitica, si parla di potere, di ambizione, di
gloria e di eternità, di sensualità e di purezza. Wagner ha bisogno di eroi
giganteschi per comporre una musica che, grazie ai leit-motiv, si staglia
verso l’infinito. I personaggi, più che persone, sono infatti idee-passioni,
vibranti in una musica che trasporta su un piano sovrasensibile.
I 14 cantanti padroneggiano la partitura, a cui dà vigore la direzione di Kirill
Petrenko in esplosioni stellari e sottigliezze di seta. I fiati e le percussioni
sfoggiano sonorità squillanti, dando vita al mistero e all’epos. L’impressione
è di quasi annegare in questo mare sonoro, tanto è il suo fascino.
ZABRISKIE POINT
Di M. Antonioni, con Mark
Frechette, Daria Halprin. Girato
nel 1970 nella Valle della
morte in California, risente del
clima utopico di quegli anni:
fotografia stupenda di corpi e
paesaggi. In italiano, inglese
con sottotitoli. Warner Home
vide. (m.d.b.)
REALITY
Di Matteo Garrone, con Aniello
Arena, Loredana Simioli. Il
mondo del reality in una favola
icastica, buffonesca e poetica,
metafora della nostra vacuità
contemporanea. La casa del
Grande Fratello esempio calzante
di nullità. In italiano e inglese
con sottotitoli. 01. (m.d.b.)
IL BUIO OLTRE LA SIEPE
Di Harper Lee. In una
cittadina degli Usa, l’onesto
avvocato Finch è incaricato
della difesa d’ufficio di un
“negro” accusato di violenza
carnale. Il romanzo Premio
Pulitzer 1960 è letto da Alba
Rohrwacher. Emons audiolibri,
CD MP3, euro 16,90. (g.d.)
SHORT FILM FESTIVAL
Il festival dei corti,
vede in concorso 30
lavori di giovani a cui è
dedicata una rassegna
che conta workshop,
mostre, cataloghi,
retrospettive e
omaggi. Venezia, Ca’
Foscari, Auditorium
S. Margherita. Dal
20 al 23/3; info@
mimorabito.it.
BERGAMO MEETING
Omaggio al regista
Guédeguian con i suoi
17 film, retrospettiva
su Alec Guinness,
rassegna sul tema del
“falso”, nuovi film in
concorso. Bergamo
film meeting. Varie
sedi. Fino al 17/3.
TAROCCHI
Una bottega di pittori
nel cuore di Milano per
una rassegna molto
originale di arte del
XV secolo. I tarocchi
del Bembo, Milano,
Pinacoteca di Brera.
Fino al 7/4 (catalogo
Skira).
NAM JUNE PAIK
100 lavori per riflettere
sulla presenza e
sull’influenza dell’artista
coreano in Italia a
vent’anni dal Leone
d’Oro alla Biennale
d’Arte di Venezia. Nam
June Paik in Italia,
Modena, Galleria civica,
fino al 2/6.
GOTTHARD SCHUH
Due mostre
permettono di
esplorare le assonanze
tra due reportage –
Venezia e Bali, l’isola
indonesiana, realizzati
nel 1938 e nel 1963 – e
di scoprire lo sguardo
del grande fotografo
svizzero (1897-1969).
Venezia, Palazzo
Loredan e Palazzo
Trevisan degli Ulivi,
dal 22/3 al 5/5.
PIERRE SOULAGES
Retrospettiva
dedicata al maggior
rappresentante
dell’astrattismo
francese, oggi 92enne,
con un’ampia selezione
di dipinti su tela e su
carta creati a partire
dal 2000. Soulages
XXI secolo, Roma,
Accademia di Francia/
Villa Medici, fino al 16/6.
C u l t Cuurlat u er a t ee nt ede
nze
ndenze
A
nche se sono sposata da alcuni anni, mi
accorgo di non conoscere mai abbastanza
mio marito. E nelle
liti dovute alle incomprensioni mi appare evidente
la mancanza di autoconsapevolezza che ci contraddistingue come uomini e
donne. La lite, infatti, nasce
proprio dall’attribuire un
diverso significato ad un
comportamento, e ciò che
inasprisce il conflitto è la
modalità di comunicazione
(confronto o scontro) che si
instaura tra marito e moglie.
Dopo una lite, in molti casi lui si chiude in sé
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Città Nuova - n. 6 - 2013
DONNA E UOMO
di Emanuela Megli
stesso e rimugina sull’accaduto per un tempo indeterminato. Questo porta le
donne a grande sofferenza, perché, diversamente,
cercano il confronto. Nel
libro di John Grey Gli uomini vengono da Marte, le
donne da Venere, vengono spiegate le differenze
biologiche dei sessi, i loro
comportamenti e il loro
modo di ragionare.
Gli uomini sono meno propensi al dialogo,
alla condivisione verbale
delle esperienze soggettive, mentre ritrovano nella
propria autonomia e autosufficienza la propria au-
Litigi desideri
e sentimenti
Come gestire i conflitti
nelle relazioni affettive
di coppia. Un’emergenza
che riguarda il 30 per cento
dei matrimoni in Italia
Secondo l’Istat, in Italia
i matrimoni durano in
media non più di 15 anni.
Nel 2012 ci sono state
più di 300 separazioni
per ogni mille matrimoni.
Capita questa differenza, dopo una lite ho imparato ad attendere il tempo
necessario perché mio
marito “sbollisca” il suo
risentimento, senza fretta
e mantenendo la serenità.
Lui, d’altro canto, cerca
di rimanere meno tempo
da solo e di confrontarsi,
accettando punti di vista
diversi dal suo.
tostima. Hanno l’impressione che il dialogo metta
in discussione la capacità
individuale di trovare la
soluzione al problema o di
accettare la propria limitatezza. Per questo, durante
un conflitto, alcuni uomini
«entrano metaforicamente nella caverna», il luogo
dove possono riflettere
sull’accaduto e trovare efficacemente le soluzioni.
Mentre alcune donne, che
hanno molte più aree cerebrali preposte alla comunicazione, trovano la propria soddisfazione nella
condivisione verbale, nella
relazione.
I contrasti nascono
prevalentemente da una
scarsa conoscenza delle
differenze di genere, che
portano uomini e donne
ad amarsi e dimostrarsi i
sentimenti in modo differente. L’uomo ama dimostrando il suo valore, le
sue capacità professionali
e pratiche, senza chiedere
aiuto e in piena autosufficienza. La donna, invece,
ama mettendo a frutto le
sue doti di cura, accoglienza e valorizzazione
del rapporto, anche mediante la comunicazione,
la vita a due, la condivisione degli obiettivi.
In certi casi le differenze tra i sessi possono
portare a covare aspettative che vengono disattese
perché non rivelate. Quindi, ad esempio, se l’uomo
non comunica i suoi sentimenti o non si dedica alla
relazione di coppia, lei si
sente trascurata e ha l’impressione che lui non l’ami
abbastanza. Se lei, invece
di fermarsi a desiderare,
chiedesse esplicitamente a
lui ciò che desidera, le sarebbe più facile ottenerlo o
aiutare lui a capire come
vorrebbe essere amata.
In caso contrario, lui
continuerà a occuparsi
delle attività concrete con
le quali dimostra il suo
affetto e la sua dedizione:
fare la revisione all’auto,
sistemare le cose che non
vanno in casa, assicurare l’equilibrio economico
della famiglia, controllare
i pagamenti delle bollette
ecc. È anche importante
che la richiesta di amore
da parte della donna non
contenga un rimprovero
per le attese tradite, perché in quel caso incontrerebbe un atteggiamento
di difesa dell’uomo, che
difficilmente accetta di essere ritenuto non all’altezza del compito, qualunque
esso sia, anche di buon
marito e padre.
Questi piccoli accorgimenti evitano che i
conflitti si trasformino
inutilmente in tragedie fa-
miliari. In altre circostanze, quando invece la conoscenza di sé e del proprio
partner è scarsa e non sufficiente a trovare l’accordo, meglio rivolgersi a un
consulente di coppia che,
avendo una visione distaccata degli eventi, può dare
un consiglio efficace, evidenziando i motivi dell’attrito sul piano delle differenze di coppia, esaltando
i punti di forza di entrambi
e fornendo strumenti utili
a gestire le aree di miglioramento reciproche. Può
accadere, infatti, che ci siano esperienze conflittuali passate irrisolte, che ci
portano ad attribuire all’esterno la responsabilità di
comportamenti aggressivi
che nascono dentro di noi.
Questi casi possono a volte essere risolti solo da un
consulente specializzato.
Comunque è sempre
utile tenere presente che
un buon rapporto di coppia si fonda sul desiderio
di crescere anche individualmente, sfruttando
litigi e conflitti come occasioni di miglioramento
personale e relazionale.
Città Nuova - n. 6 - 2013
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Cultura e tendenze
MAESTRI
di Matteo Fiorelli
I
l celebre quadro di
Munch (realizzato nel
1893 su cartone con
olio, tempera e pastello, e dipinto in più versioni) raffigura, attraverso
tratti sinuosi e curvilinei,
elementi non sempre visibili all’occhio umano: è
costantemente sotto i riflettori dell’attualità per furti,
danneggiamenti, contraffazioni.
Quel che inizialmente desta attenzione in chi
osserva il dipinto è il volto di una persona mentre
trattiene il capo tra le
mani. Dimentichiamoci
per un momento il resto
e concentriamoci esclusivamente sul volto di questa persona. Osserviamo
per qualche secondo solo
l’elemento “volto”, provando ad escludere anche
le mani. L’espressione
del volto di per sé esprime stupore e accenna ad
una eventuale sensazione
di paura. Poi cominciamo a far caso alle mani,
le quali trattengono il capo come per controllare
qualcosa di più grande e
più forte; qui comincia a
farsi luce la sensazione di
paura sempre unita allo
stupore. Successivamente
lo sguardo integra il resto
e si notano con chiarezza elementi ondeggianti
e sinuosi che conferiscono al paesaggio e in chi
osserva una sensazione
generale di mobilità e instabilità. In natura di per
sé non esistono cieli così
mossi e difficilmente troviamo pittori che raffigurano il cielo con tratti
70
Città Nuova - n. 6 - 2013
Il panico di Munch
Un quadro unico, costantemente al centro dell’attualità,
è “L’urlo”, capace di trasmettere le sensazioni vissute
da una persona in preda al terrore
particolarmente curvilinei. Sembra più un mare
in tempesta che un cielo.
Sotto l’inconsueto cielo
continuiamo a scorgere
elementi non troppo definiti che lasciano intravedere un mare agitato
con al centro due barche.
Anche questa parte contribuisce a dare una sensazione generale di disorientamento.
La grandiosità di Munch
sta nel narrarci come viene
visto e vissuto il contesto
esterno da una persona che
è in preda ad un attacco di
panico e in quanto tale vive sensazioni prossime al
terrore. Il dipinto trasporta
l’osservatore verso un crescendo emotivo che va da
una paura man mano sempre più acuta fino a sconfinare nel terrore.
Munch non ci sta descrivendo un paesaggio
qualsiasi o luoghi da lui
esplorati, bensì ci sta facendo vedere come viene
immaginato un luogo e
come ne vengono alterate
le forme a livello percettivo da chi vive esplosioni
di ansia e paura apparentemente immotivate.
Le persone che soffrono di attacchi di panico
ben sanno che, quando il
panico irrompe, il contesto e gli oggetti circostanti
vengono percepiti con difficoltà, in modo offuscato, senza avere una chiara
percezione delle forme e
dei contorni.
Un altro punto interessante riguarda la somiglianza tra la corporatura
della persona e il contesto
da lei osservato. Anche
la persona è raffigurata
con tratti curvilinei e anche questo è un elemento
originale che rende unica
questa narrazione pittorica: sia il contesto sia la
persona è come se stessero cambiando forma e
fossero in procinto di una
trasformazione imminente. La persona del dipinto
sembra vivere questa trasformazione come qualcosa di catastrofico.
«E ora cosa accadrà?».
Una persona in preda ad
un attacco di panico è
una persona che teme costantemente l’incombere
di una catastrofe dentro e
fuori di sé, proprio come
la persona vista da Munch.
Il quadro è come se volesse “scoppiare”.
E cosa succede prima
di uno scoppio o di un’esplosione ?
Non tratteniamo per caso il respiro per far fronte
ad un cambiamento improvviso?
I tratti ondeggianti di
queste parti del dipinto si
contrappongono al ponte,
Edvard Munch, pittore norvegese (1863-1944),
precursore dell’arte espressionista.
A fronte: una delle quattro versioni dell’”Urlo”,
composto dall’autore dopo aver sperimentato
un attacco di panico durante una passeggiata a Oslo.
visto come elemento saldo
e stabile, in grado di sostenere una persona impaurita e descritta con contorni
chiari e definiti. Munch
sembra giocare su questa
contrapposizione: da una
parte l’instabilità dinamica, dall’altra certezza e
stabilità.
In lontananza sul ponte
si intravedono due persone, distanti dall’elemento
centrale dell’opera. Questa
distanza può simboleggiare una distanza emotiva o
disinteresse verso chi soffre, ma può nel contempo
significare, da parte di chi
vive stati d’animo di paura
o angoscia, difficoltà nel
farsi aiutare o nel condividere con altre persone
quanto è successo.
Le persone che soffrono di attacco di panico
sono, infatti, terrorizzate
dall’idea di poter avere
un attacco alla presenza
di altre persone, in quanto
subentra subito una sensazione di vergogna.
Cominciare a condividere questi vissuti con
qualcuno e accettare gradualmente l’idea di poter
avere un attacco di panico
in presenza di un amico
è un buon inizio per far
fronte ad un cambiamento immaginato come improvviso.
Se Munch riesce magistralmente a farci vivere
ciò che viene vissuto da
altre persone in determinati momenti, è sicuramente grazie al suo talento ma anche grazie alla
sua conoscenza personale
di panico e depressione.
Città Nuova - n. 6 - 2013
71
Cultura e tendenze
ANNIVERSARI
di Mario Spinelli
Il poeta della
commedia
umana
Il VII centenario della nascita
di Boccaccio ci invita a riscoprire
il mondo coloratissimo
di questo maestro
P
ochi sanno che il
film girato a Roma
da Woody Allen, To
Rome with love, si
sarebbe dovuto intitolare Bop Decameron,
cioè “Decamerone scattante”, “Decamerone veloce”,
in omaggio da un lato alla
passione di Allen per il jazz
(bop è termine jazzistico),
dall’altro al genio e alla
verve del più grande narratore della nostra letteratura,
e non solo. Allora perché il
regista ha cambiato idea, e
titolo, al suo film? Sulla risposta si dovrebbe sorvolare, perché non ci fa onore.
Semplicemente, vivendo
per un po’ in Italia, Woody
si accorse che tantissimi
italiani di Giovanni Boccaccio e del suo capolavoro
non sapevano nulla.
Se l’aneddoto è vero, ma
pare proprio di sì, si deve
correre ai ripari. E nessuno è esentato: dalla scuola
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Città Nuova - n. 6 - 2013
all’università, dai critici
agli editori, dalle accademie alle istituzioni, dalle
televisioni al popolo dei
social networks, sperando
che non siano irrimediabilmente intossicati da gossip
e frivolezze.
L’occasione c’è, è adesso; ed è ghiotta, solenne.
Infatti Boccaccio è nato
a Firenze, dove il padre si
era trasferito da Certaldo,
nel 1313. Quindi 700 anni
fa. E questa non è una ricorrenza “delle tante”, di
secondo piano, ma è il centenario di un gigante della
civiltà italiana ed europea,
del padre della nostra prosa
narrativa, di un grandissimo classico che è letto, tradotto, ammirato e imitato
in tutto il mondo da sette
secoli. Speriamo dunque,
paradossalmente, in un
anno meno “boccaccesco”
del solito, nel senso invalso
coi film “medievali” degli
anni Settanta, cioè meno
volgare e più dignitoso. In
questo 2013 che si è voluto giustamente caricare di
moniti, auspici e assunzioni d’impegno in vista della
nostra sospirata ripresa, un
centenario alto come quello di Boccaccio, speso bene, può dare un contributo
alla rinascita culturale, spirituale e civile della nostra
gente. E dell’Europa.
Non ci resta quindi che
entrare nel mondo vivacissimo e coloratissimo di
Boccaccio. Primo: rileggere il Decameron. La cornice è nota. Mentre infierisce
la terribile peste del 1348,
sette ragazze e tre ragazzi si rifugiano in una villa
fuori Firenze, in campagna, e passano dieci giorni
(lo dice il titolo, in greco)
raccontandosi 100 novelle,
ognuno una al giorno. Molte sono amorose, o scabrose; altre parlano di viaggi
e avventure più o meno
esotiche, altre di burle e
raggiri, altre di fatti d’arme
o di sangue, altre ancora
entrano in canonica o nelle
clausure di conventi e monasteri, con irriverenza ma
qualche volta con finezza
spirituale. Impossibile riassumere una materia davvero straricca, debordante,
gustata da decine di generazioni e sviscerata dai critici di ogni tempo e scuola:
De Sanctis, Momigliano,
Russo, Sapegno…
Ma il più grande, quello che ha detto una parola
finora definitiva sull’autore
del Decameron, è Vittore
Branca, morto nove anni fa: questo centenario è
Dante tra l’allegoria della Divina Commedia e Firenze
(Domenico di Michelino - Santa Maria del Fiore, Firenze).
A fronte: Giovanni Boccaccio (Andrea del Castagno Uffizi) visse dal 1313 al 1375.
l’occasione per rileggerne
i contributi fondamentali,
a iniziare dal rivoluzionario Boccaccio medioevale.
Normalista di Pisa, cattolico (De Gasperi lo voleva
addirittura vicesegretario
della Dc), membro autorevole della Crusca, docente
in più università e presidente della Fondazione
Giorgio Cini di Venezia,
Branca ha smontato il pregiudizio critico che vede in
Boccaccio un precursore
del Rinascimento. Umanista lo fu, eccome, e le sue
scoperte di codici grecolatini lo dimostrano, oltre
alle opere minori in prosa
e poesia. Ma come scrittore e maestro di narrazione,
al pari degli altri due geni
del Trecento, Dante e Petrarca Boccaccio è tutto
medievale: la cultura e lo
stile, la materia e l’ispirazione, la visione del reale
e la stessa religiosità di
fondo. Branca traccia perfino un parallelo fra Dante
e Boccaccio, poeta l’uno
della Commedia divina,
narratore l’altro della Commedia umana. Entrambe
medievalissime, però.
L’illustre italianista ligure (era nato a Savona nel
1913, un altro centenario
boccacciano!) ci può guidare come nessuno anche
nella conoscenza di Boccaccio uomo: la sua personalità malinconica e a
volte angosciata, l’amore
senza uguali per la poesia
di Dante, la povertà sua
eterna croce, la passione
insonne per le lettere e lo
studio. In definitiva, per
insegnarci a ri-apprezzare
chi siamo e a risalire la
china, in questo cruciale
2013, Giovanni Boccaccio
non è forse il maestro italiano che ci vuole?
Città Nuova - n. 6 - 2013
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Cultura e tendenze
IL PIACERE DI LEGGERE
a cura di Gianni Abba
Humor e romanticismo
ANNA PREMOLI
Ti prego lasciati odiare
Newton Compton
euro 9.90
Un caso editoriale, si dice. E di fronte a qualcosa
che ha successo di pubblico, anche se mi pare vada
contro la mia sensibilità o
le mie preferenze, ho sempre cercato di tenere questo
atteggiamento: prima di
tutto cercare di capire, mai
cestinare subito. Perché
vox populi vox dei, e dalle
reazioni del grande pubblico c’è sempre qualcosa da
imparare: ciò non significa
che vadano sempre approvate, anzi a volte vanno
criticate e osteggiate, ma
prima di tutto comprese.
Lunga introduzione a
una breve recensione. È
con questo spirito che ho
affrontato la lettura di Ti
prego lasciati odiare. Opera prima di Anna Premoli,
giovane consulente finan-
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Città Nuova - n. 6 - 2013
ziaria e mamma. Afferma, lei, che nella scrittura
notturna ha trovato sfogo
allo stress. Scrive questo
romanzo e lo lascia chiuso
nel cassetto. Poi un giorno
il marito, per farle un regalo
di compleanno, lo pubblica
a sua insaputa in versione ebook, cioè solo in Rete.
È successo immediato,
senza alcuna promozione,
solo sulle ali del tam-tam
informatico, del passaparola digitale. Poi la pubblicazione cartacea di
Newton Compton. È una
bella storia, quella della
pubblicazione e del successo. Forse più bella del
romanzo stesso.
Ma attenti: sono di parte.
Se per una donna moderna è probabilmente facile
identificarsi nella protagonista Jennifer, determinata
e forte, per uno come me
(e tanti altri maschietti: invidia, beh ammettiamolo!)
non è così facile identificarsi nel protagonista maschile, l’affascinante Ian, dosato
mix di arroganza e sicurezza di sé, semi-dio ricco e
incredibilmente bello!
Tra loro due, che sono
colleghi, una storia d’amore – a dire il vero un po’
scontata ma che sa restare frizzante –, tempestata
di simpatici battibecchi,
che mescola humor e romanticismo. Il successo,
soprattutto tra il pubblico
femminile, è stato, naturalmente, grande.
Michele Genisio
GIOVANNI RICCIARDI
Portami a ballare
Fazi
euro 16, 50
Che il Cammino di
Santiago fosse propizio alla riscoperta di sé stessi e
delle cose che contano, lo
sapevamo. Ma che potesse
diventare per un poliziotto
la pista buona per risolvere
un intricato caso giudiziario, ce lo racconta Ricciardi
nella nuova avventura del
commissario Ponzetti. Sullo sfondo della solita Roma,
casareccia e fascinosa, immersa stavolta nella canicola agostana, il protagonista
e il suo ruspante alter ego,
il folcloristico ispettore Iannotta, sudano le proverbiali
sette camicie per venire a
capo di un indecifrabile delitto. Al centro della vicenda due sosia, un ghostwriter bolsenese, la vittima, e
un celebre tanghero argentino, di cui l’altro ha scritto
l’autobiografia.
Amore e morte, invidie
e menzogne si inseguono
nei rapidi e densi capitoli
del racconto, tra sorprese,
svolte impreviste e colpi di
scena. Fino all’incredibile epilogo. Un giallo tutto
romano (ma con la fondamentale trasferta spagnola), garbato e ben condotto, lontano anni luce dagli
eccessi e dalle truculenze
di troppa narrativa di genere. Ricciardi ci regala un
minimalismo applicato al
poliziesco e sostanziato di
moralità e spiritualità.
Mario Spinelli
STEFANO DE MATTEIS
Napoli in scena
Donzelli
euro 20,00
Una città muore. Lontani
le voci melodiose, la poesia
di Di Giacomo, i palcoscenici viventi di Scarpetta,
Viviani, De Filippo. Questa Napoli è scomparsa.
L’aggregante che per due
secoli l’ha vista scomporsi
e ricomporsi dietro parate,
guerre e violenze, teatri e
canzoni, fuochi d’artificio
ora non c’è più. Svilisce il
senso di un’appartenenza,
il linguaggio del popolo s’è
guastato, l’humus tradizionale non ha retto l’urto della
globalizzazione che l’ha risucchiata nel mercimonio,
nella goffaggine, nell’insulto, nelle efferate faide dei
clan, mettendo a rischio
ogni civile convivenza.
Oggi si tenta la ricostruzione, ma il cammino
è lungo e affidato a quanti,
tra i suoi cittadini, hanno
consapevolezza che Napoli o è città del mondo o…
è ghetto.
Questo e molto altro abbiamo colto nelle pagine
del bel libro di De Matteis
dal sottotitolo: Antropologia della città del Teatro.
Pasquale Lubrano
IN LIBRERIA
ANTOINE DE SAINT EXUPÉRY
Il piccolo principe
Bompiani
euro 7,90
Il piccolo principe, prima edizione 1943, è uno
dei miei libri preferiti,
insieme a Povero Gioni
e Arnica di Làzàr Ervin
(Città Nuova, 1984). Ebbene, dopo l’ennesima appassionata citazione udita
a Brescia in una celebrazione ufficiale, per essere
più vicini al cuore dell’uomo non si può fare a meno
di recensire questo piccolo
principe, anche se resta
difficile sottolineare quale
aspetto nuovo determini il
successo di questo rieditato indiscusso capolavoro
dell’amicizia.
Ce lo portiamo nel cuore questo bambino, così
saggio e “grande” nelle
sue intuizioni e nei suoi
discreti insegnamenti, che
ci accompagna nella vita e
che abbiamo sicuramente
citato in qualche occasione importante, sia essa un
biglietto ad un amico, una
conversazione profonda o
un intervento rilevante.
Un libro che per un anno è stato nei primi posti
delle classifiche dei libri
per ragazzi.
Per ragazzi?
Questo binario filosofico
ed esistenziale è immediatamente recepito dai bambini, ma anche ricco di incoraggiamento per l’ adulto
che combatte la sua battaglia contro conformismo e
opportunismo, fretta e baccano, egoismo e vergogna,
corruzione e compromesso.
Questo capolavoro portatore di verità vestita di
poesia diventa vademecum
del cammino e seria occasione di condivisione con
le nuove generazioni.
Poi la faccenda si fa intrigante, perché ci verrà richiesta assoluta coerenza.
Auguri!
Annamaria Gatti
a cura di Oreste Paliotti
STORIA
C.C.C. S. Benedetto
(cur.), “313, l’Editto
di Milano”, San
Paolo, euro 14,90
Da Costantino ad
Ambrogio. Un libro
divulgativo per
comprendere il
significato dell’Editto
e le sue conseguenze.
TESTIMONI
Beatrice Immediata,
“Da Marie Curie a
Rigoberta Menchú”,
Paoline, euro 13,50 - 21
personaggi del nostro
tempo, credenti e no,
che hanno operato ed
operano per il bene
comune lasciando un
solco nella collettività.
PENSATORI
Paolo Nicelli, “AlGhâzalî, pensatore e
maestro spirituale”,
Jaca Book, euro 15,00
Attualità di questo
geniale riformatore
musulmano (10581111), che si adoperò
per armonizzare
ragione e fede.
CLASSICI
Mark Twain, “Le
avventure di
Huckleberry Finn”,
Mattioli 1885, euro
15,90 - Un capolavoro
di umorismo e di
arguzia, ora riproposto
con la copertina e
le illustrazioni della
prima edizione.
PAPI
Albino Luciani,
“Illustrissimi”, EMP,
euro 16,00 – Nel
100° di papa Luciani,
riproposte le sue 40
lettere immaginarie a
personaggi del passato,
facendone riemergere
la grandezza umana.
(p.p.)
CARTEGGI
Ilse Weber, “Quando
finirà la sofferenza?”,
Lindau, euro 24,50
Lettere e poesie di una
giovane sposa e madre
ebrea, la cui poesia, nel
lager di Theresienstadt,
diede ai compagni di
sventura la forza di
sperare.
BOTANICA
Celia Thaxter, “Il
giardino sull’isola”,
Pendragon, euro 15,00
I preziosi suggerimenti
tratti dall’esperienza
dell’Autrice, che alla
fine dell‘800 coltivò
un giardino fiorito al
largo delle coste del
Maine.
POLITOLOGIA
Sergio Romano,
“Morire di
democrazia”,
Longanesi, euro
12,90 - L’Autore cerca
nelle crepe della
democrazia europea
i motivi di una
rinnovata speranza.
(p.p.)
Illustrazione di Eleonora Moretti
PER BAMBINI DA 3 A 99 ANNI
di Annamaria Gatti
C
’era una volta una giornata
strana. Nicola si era svegliato
piano piano. Il sole stava
sorgendo lentamente dalla
collina e tutto era così luminoso
che Nicola aveva esclamato:
«Mamma, sembra di essere in un
mare pieno d’oro!». Mamma Anna
non aveva neppure un po’ di fretta
e stava sorbendo il caffè-latte dalla
tazzona blu e gialla. «Vero! Oggi
andremo a scuola a piedi, così ci
godremo insieme questa giornata.
Alzati e preparati Nicola!». La
stradina nel parco era silenziosa,
ma vicino alla fontanella Nicola e
la mamma si fermarono di stucco:
uno scoiattolo era là, fermo accanto
a una fila di chioccioline che in
processione stavano attraversando il
sentiero. Lo scoiattolo, borbottando e
sfregando nervosamente le zampette
fra loro, osservava Chiocciola
maestra che spiegava: «Non
ascoltatelo, ragazze, lo scoiattolo va
troppo in fretta e noi adagio adagio
per natura. Nessuno può cambiarci,
ma per noi è più facile goderci l’alba
e il tramonto del sole, che vanno
Fantasilandia
piano piano come noi, l’arruffarsi
delle nuvole nel cielo, l’arrivo sulla
rena delle onde, lo sbocciare delle
margherite e il riaprirsi delle corolle
al mattino. Noi possiamo incontrare
la farfalla variopinta che era il bruco
affamato, riconoscerla e salutarla.
Andiamo ora, dobbiamo arrivare
alla fontanella prima di notte!».
«Buon viaggio, chioccioline», aveva
sussurrato lo scoiattolo che aveva
smesso di agitarsi e non si era
mosso neppure quando Nicola gli si
era avvicinato, dicendogli: «È vero,
scoiattolo! Anche io ho imparato
a camminare lentamente. Come
mi dice la mamma: ogni giorno
facevo progressi. Anche quando ho
imparato a parlare, la mamma ha
dovuto attendere un po’ di tempo per
ascoltarmi dire una bella frase. E ora
vado a scuola e ogni giorno divento
sempre più capace. Ci vuole tempo!».
«È vero, bambino! Ma ora scappo…
di corsa, anche se non so perché…».
E fece una scalata velocissima su
per l’abete maestoso a osservare
il cammino del sole, che ormai
splendeva più in alto nel cielo.
Città Nuova - n. 6 - 2013
77
In dialogo
@
Siria in fiamme
«L’Occidente non è ancora riuscito a cacciare
Assad, uno dei peggiori
dittatori esistenti al mondo,
e voi continuate a pubblicare articoli che lo difendono sul vostro sito. Bisognerebbe invece mettersi
tutti a cercare di abbatterlo. Come con Saddam e
con Gheddafi».
Paolo Monaci
Campitello di Fassa
Caro lettore, la invito
a leggere gli articoli sulla
Siria pubblicati su sito e rivista. Non troverà una sola
parola a difesa della politica violenta di Assad. Troverà invece analisi e reportage sui danni che una scriteriata politica di attacco
al regime siriano continua
a provocare. La Siria rischia un bagno di sangue
peggiore di quanto non sia
accaduto in Iraq e Libia,
Paesi ancora gravemente
destabilizzati dopo la deposizione dei loro dittatori.
La diplomazia dovrebbe
essere l’arte di cambiare
gli assetti geopolitici, prevedendo le possibili conseguenze di determinati atti.
Purtroppo non è stato così.
Scriveva recentemente il
filosofo franco-bulgaro
Tzvetan Todorov: «L’Occidente vuole separare buoni
e cattivi, è una pretesa velleitaria». Concordo pienamente con lui. E anche con
un’altra sua affermazione:
«Non possiamo pretendere
di imporre a tutti i Paesi
del mondo i regimi che preferiamo».
78
Città Nuova - n. 6 - 2013
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
di Michele Zanzucchi
Giornalismo
che si prostituisce
«Sono rimasta scandalizzata non poco dalla signora Marcela Iacub, che
s’è fatta amante del signor
Dominique Strauss-Khan
per poter “scrivere della
bestia”. In effetti la filosofa
(ma sarà proprio così?)
confessa di “aver sedotto
l’ex-presidente dell’Fmi per
poterlo raccontare” in un
suo libro, di recente pubblicato, intitolato guarda caso
La bella e la bestia. Ovviamente lei è la bella. Ditemi
che non è vero ».
Paola Righetti - San
Casciano Val di Pesa
Purtroppo è vero. Lo
dico con estrema vergogna, perché un tale libro
getta fango e discredito
non tanto su Dsk, che già
si era discreditato da solo
con i suoi comportamenti
francamente inaccettabili, quanto sull’intero
mondo dell’editoria e del
giornalismo. Insegnante
di fi losofi a, la Iacub ha
fatto come quei giornalisti che si fingono qualcun
altro per poter raccontare
i fatti. Ma arrivando a
prostituire sé stessa (non
so usare altri termini) per
i suoi fini. Una tristissima
pagina dell’editoria.
@
La rinuncia
di Benedetto XVI
«È avvenuto nella storia
bimillenaria del cristianesimo che il papa si sia dimesso per motivi di costrizione (penso a Clemente I,
Ponziano, Martino I, Silve-
rio, Benedetto IX, Gregorio VI oltre a qualche altro
nell’oscuro secolo X); oppure per motivi di pressioni
insostenibili o necessità di
accordi in seno alla Chiesa
stessa (penso a Celestino V
e a Gregorio XII). Si tratta
comunque di cause derivanti da situazioni esterne
alla persona del papa. Con
le dimissioni di Benedeto
XVI è la prima volta che
la rinuncia al ministero è
dichiarata per valutazioni
sull’efficienza fisica e sulla
ottimale disposizione d’animo di fronte agli impegni. Se nel passato l’assistenza della grazia di stato
del papa (rappresentare
cioè l’unità dei cristiani e la
certezza nella fede) era riferita alla persona del successore di Pietro, ora è riferita all’ufficio, al ministero
piuttosto che alle persone
che lo esercitano. È forse
un salto verso la modernità.
Già da Giovanni Paolo II
era stato chiesto, in dialogo
con tutte le confessioni
cristiane, di riesaminare
insieme l’essenza del ministero di Pietro sulla base
della Parola di Dio e della
storia. Che le dimissioni di
Benedetto XVI aprano una
nuova prospettiva nel dialogo ecumenico?».
@
Inquietudine
Lucio Paglione - Chieti
«Ieri, 25 febbraio, ricevetti il numero 3 del 10
febbraio ed il mio cuore
esultò. Solo i risultati delle
elezioni mi inquietano.
Tanto più aspetto gli altri
@
Si risponde solo
a lettere brevi, firmate,
con l’indicazione del luogo
di provenienza.
Invia a:
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via degli Scipioni, 265
00192 Roma
Incontriamoci a “Città Nuova”, la nostra città
CITTÀ NUOVA
E LA BUONA POLITICA
Stiamo vivendo un momento storico complesso. Le domande si accavallano e non sempre le risposte ci convincono. Come reagire? Alzando i toni o cercando di rimboccarci le maniche? I lettori si interrogano e si confrontano.
E fanno rete tra loro per essere propositivi e non cadere
nella trappola della rabbia o, peggio, della rassegnazione.
Proporre l’abbonamento alla nostra rivista può diventare
un atto consapevole di cittadinanza attiva. Abbiamo lanciato una proposta a coloro che vogliono sostenerci: prendere carta e penna, scrivere 10 nomi di persone che riteniamo sensibili al messaggio di Città Nuova, contattarne
una al giorno, con delicatezza e senso di responsabilità.
numeri della vostra rivista
per avere le valutazioni attendibili della situazione».
don Carlo Skalicky
Nell’articolo di Iole
Mucciconi, cerchiamo di
analizzare la situazione
politica, inquietante come
lei dice, ma anche ricca di
speranze: di fronte all’impasse denunciata anche
dal presidente Napolitano,
bisogna “creare” nuove
soluzioni, mai prima sperimentate. L’abbassamento
inatteso dell’età media dei
parlamentari fa sperare
che ciò possa avvenire.
@
Strada
della libertà
«Vorrei fare un plauso
all’articolo La strada della
libertà, apparso nel numero 4/2013. È molto interessante perché descrive
tappe fondamentali della
vita di coppia. Inoltre mi
è sembrato di particolare
interesse e utile, nel raccontare una normale vita
di coppia, l’esperienza di-
Perché essere responsabili significa, etimologicamente,
“rispondere ad una chiamata”. In questo caso quella di
dare il nostro contributo alla costruzione del nostro Paese.
Ecco come reagisce Alessandra di Livorno: «Sono stata
contattata da un’amica per lavorare insieme alla diffusione del messaggio di Città Nuova anche se io sono un po’ a
digiuno di tutto. Ieri sera, durante una telefonata con la redazione, sono rimasta colpita da un pensiero: promuovere
è un’azione “politica” perché diffondiamo, in questo modo,
unità e fraternità; sì, una “buona politica” fra tanta politica
sporca, corrotta e confusa. E, al tempo stesso, veicoliamo
una “buona informazione” fra tanta informazione fatta di
clamore a tutti i costi e notizie non vere. Mi sono sentita rincuorata nella consapevolezza di poter, come cittadina, agire
per il bene insieme a voi tutti, contribuendo a tenere vivi i
rapporti fra noi e con tutti quelli che nei prossimi giorni contatteremo, persone che magari conosco da anni ma con le
quali non c’è mai stata occasione di parlare più approfonditamente. Vedo in questo un’ottima occasione per consolidare rapporti e continuarli nel tempo in una società malata di
individualismo. D’altra parte io stessa mi sono sentita presa
in considerazione da gente a cui interessa conoscermi e lasciarsi incontrare da me. Tutti figli unici, tutti ugualmente
necessari. Non c’è niente da fare, torniamo sempre all’amore personale del quale abbiamo bisogno per vivere».
Città Nuova vuole essere una voce libera. Leggerla,
diffonderla – e commentarla su www.cittanuova.it – è un
atto politico.
Marta Chierico
[email protected]
ciamo sulla “litigata” per
la dinamica anche legata
alla colpa ed alla responsabilità dell’evento. E comunque cose che avvengono normalmente nella
vita di tutte le coppie».
Lettera firmata
Ravenna
@
Augias scorretto
«Gentile direttore, nei
giorni scorsi, Corrado Augias ha rilasciato una intervista a un quotidiano,
dal titolo significativo
“Con Ratzinger sollevato
il coperchio di un mondo
oscuro”. Nessuna meraviglia per i toni apocalittici
in quanto il suddetto giornalista è noto per il suo anticlericalismo e le sue fantasie che nulla hanno da invidiare al romanziere Dan
Brown. Nessuno nega che
anche nella Chiesa, come
in tutte le istituzioni umane,
si commettano errori. Ma
parlare di “intrighi”, “segreti” e perfino di “omicidi occulti” in Vaticano,
Città Nuova - n. 6 - 2013
79
In dialogo
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
Città Nuova
GRUPPO EDITORIALE
senza un minimo di prove
è quanto meno scorretto».
Vedran Guerrini
Rom integrati
«Che atteggiamento deve
avere un cristiano verso i
mendicanti? In particolare
verso i rom? Personalmente
ritengo che in un Paese civile
l’accattonaggio andrebbe superato, assistendo in modo
dignitoso le persone malate
o anziane ed aiutando quelle
giovani e sane ad inserirsi
nel mondo del lavoro. I rom,
certamente più problematici
degli altri poveri a causa
di una diversa mentalità,
vanno accolti nella nostra
società mediante la scuola
e l’inserimento lavorativo.
Conosco casi ottimamente
riusciti».
Anna Maria De Guidi
Più volte sulle nostre
pagine e sul web abbiamo
dato spazio proprio ai casi
da lei segnalati.
Il foglio bianco
«Sono sposata da 34
anni e tra me e mio marito
ci sono sempre state incomprensioni, tanti momenti
bui. Momenti in cui mancava solo la parola “fine”.
Ma l’aiuto dello Spirito
Santo proprio in quel “penultimo momento” ci ha
aiutati a ribaltarlo, facendoci ricominciare. Ultima
forte esperienza circa un
mese fa. Non ne potevamo
più. Mio marito mi ha detto:
“Hai rovinato la mia vita,
80
me l’hai distrutta”. A sentire
quelle parole il mio cuore si
è lacerato, io che avevo tante
volte pensato tutto ciò di lui.
Abbiamo pensato che era
arrivato proprio il momento
di chiudere. Ma, all’improvviso, immancabilmente lo
Spirito Santo si è ripresentato. Avevo appena letto
qualche pagina di Città
Nuova e sono stata presa
da un forte impulso. Sono
andata da mio marito con
un foglio bianco in mano e
gli ho detto con fermezza:
“Adesso basta. Visto che tu
dici che è tutta colpa mia,
che sono sempre io a sbagliare, e io invece dico che
è colpa tua, da questo momento iniziamo a scrivere su
questo foglio bianco chi sbaglia e il perché”. Mio marito
era d’accordo. Dopo un po’
lui ha commesso un errore,
il primo nei miei confronti,
e poco dopo il secondo. Non
è servito scriverlo perché lui
lo ha riconosciuto e da quel
momento è ritornata la pace
e l’armonia. Oggi quel foglio è ancora bianco. Ringrazio Dio e Chiara Lubich
di questo dono».
Lettera firmata - Foggia
Lettere come questa ci
fanno pensare che il nostro lavoro va ben al di là
del semplice giornalismo.
Si tratta in effetti di dare
senso alle nostre vite. Grazie di cuore.
@
Il bene
messo in luce
«Caro direttore, sin dal
1964, anno in cui ho avuto
la fortunata possibilità d’in-
contrarmi con il Movimento
dei Focolari, sono stato sempre un sostenitore e abbonatore di Città Nuova. Ho potuto constatare un continuo
progresso sia nell’adeguamento del linguaggio, sia
per l’impaginazione sempre
più accattivante. Non parlo
qui dei contenuti di Città
Nuova, che sempre attingono al carisma dell’unità
donato da Dio a Chiara Lubich. Insomma, sfogliare e
leggere Città Nuova è come
fare un bagno nell’ottimismo in questo mondo globalizzato dove i mass media
amplificano spesso più i lati
negativi che quelli positivi
della nostra società. Città
Nuova, che non chiude certo
gli occhi a tutto ciò che di
poco bello succede nel
mondo, si pone su un piano
in cui il bene che c’è – ed è
tanto – viene messo in luce
attraverso esperienze attinte
al Vangelo vissuto».
Nino Mancuso
Bisacquino (Pa)
@
Domande
alla fondatrice
«Ho pensato di proporre
a Città Nuova una pagina,
“In Dialogo con la fondatrice”, dove dare spazio
alle risposte sapienti che
lei ci ha donato negli anni
passati, sia per le risposte
profetiche, sia per le risposte sapienti fatte a giovani,
a famiglie, a prelati, ovunque, in tutti i continenti».
Paulo Rech
Rio de Janeiro
Grazie della proposta, che
analizzeremo in redazione.
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Città Nuova - n. 6 - 2013
RIPARLIAMONE
a cura di Gianni Abba
In dialogo
Siria
e time-out
A proposito degli articoli
sulla guerra in Siria apparsi sul sito
www.cittanuova.it
PACE «Sto girando costantemente i diari dalla
Siria ai miei amici. Dare
diffusione a queste notizie
mi aiuta a non dimenticare chi soffre e a essere più
attenta anche a chi è vicino a me. Ho aderito alla
proposta di rivolgere ogni
giorno il nostro pensiero a
Dio per implorare la pace,
con un time-out alle 12. A
chi non ha un credo religioso, propongo un momento di silenzio. Credere
nella pace ci accomuna».
Federica
DRAMMA «Complimenti a cittanuova.it per gli
articoli sempre puntuali
sulla Siria. È un servizio
importantissimo per conoscere direttamente quello
che succede».
Vasco
CHIAREZZA «Mi sento profondamente vicina
a tutta la popolazione siriana. Non riesco a capire
qual’è la verità su questo
conflitto e perché l’Ue non
si muove più sollecita per
fermarlo. Perché non si fa
chiarezza?».
Famiglia Piccoli
LACERAZIONI
«Ho
vissuto in quelle terre
diversi anni e da allora
è anche patria mia. Ho
camminato per quelle vie,
sono stata accolta fraternamente da cristiani e musulmani e credo che questa guerra sia solo opera
d’altri. Il popolo siriano è
un popolo di pace».
G.S.
SPERANZA «Grazie per
questi diari. Ci fanno vivere questa tragedia con
Abdullah al-Yassin/AP
DIGNITÀ «Grazie di questo contatto diretto con il
popolo della Libia, attraverso una persona eccezionale
come mons. Martinelli. Per
sostenere la mensa del venerdì, la distribuzione alimentare e la clinica quali
sono i canali? La Caritas
del Medio Oriente-Nord
Africa? O lui ci potrebbe
indicare... Nella grande dignità e radicalità evangelica che esprime non c’è una
richiesta di aiuto o di soldi,
ma la situazione di questi
fratelli ci interpella».
Maria
il cuore accanto a quei
fratelli oppressi da una
violenza che speravamo
relegata al passato. Ci
sentiamo impotenti... ma
anche con la speranza che
la preghiera di tanti sconfigga le forze del male.
Andiamo avanti uniti nel
time-out».
Delfina
AMARE «Ho appena
letto la notizia delle tremende esplosioni che ci
sono state stamattina a
Damasco. Il primo pen-
siero e preoccupazione
è stato per voi. Mi vengono spesso in mente le
parole riportate nel post
16, in cui ti chiedevi se
fosse più utile la tua vita
in un altro posto e quella
tua risposta così semplice
e sconvolgente insieme:
“No, perché tu vivi per
amare e qui o là è la stessa cosa”. Mi sembra che
anche in un posto non di
guerra come quello in cui
io sono, posso provare a
vivere in questo modo».
Sissi
Città Nuova - n. 6 - 2013
81
Penultima fermata
IL FUTURO POSSIBILE
di Elena Granata
Le buone idee
vengono a vent’anni
C
are ragazze e ragazzi, tempi strani quelli che corrono. Tempi di grandi preoccupazioni e di domande radicali, che vi
accompagnano fin da quando, finite le
superiori, decidete di iscrivervi all’università. Vale la pena studiare? Se non sono il
merito e la conoscenza a fare la differenza nei
luoghi di lavoro ma i natali e “le conoscenze”,
come posso essere
motivato a studiare
con passione e generosità?
È vero. Scelte politiche stolte hanno
mortificato la scuola e la cultura. Istituzioni accademiche
non sempre all’altezza hanno contribuito alla perdita di
affidabilità e autorevolezza del mondo universitario. La
crisi economica ha
spinto molte famiglie a investire meno nella
vostra formazione.
Per questo in trentamila negli ultimi tre anni avete intrapreso una secessione silenziosa,
rinunciando a iscrivervi all’università. Settantamila immatricolazioni in meno rispetto
a dieci anni fa ci raccontano di una generazione di scienziati sociali, di filosofi e letterati,
di medici e veterinari scomparsi e di un Paese
che si è guadagnato il penultimo posto d’Europa, quanto a laureati.
Una fuga che sa di rinuncia, di sfiducia, di
protesta, cui non ha peraltro corrisposto un
cambio di rotta, un ritorno ai mestieri artigianali e al rischio d’impresa: attività che richie-
de intelligenza, manualità e creatività. Abbiamo archiviato come obsoleto il sapere dei falegnami, dei fabbri, degli scultori, delle sartorie
d’eccellenza, del cibo cucinato con cura, della
dedizione alla terra, della produzione di vini e
di oli, dell’artigianato di qualità, della legatoria, del restauro dei beni culturali. Fatichiamo
a riconoscere nel saper fare e soprattutto nel
saper fare bene una
dimensione culturale e civile cruciale
per le sorti del Paese. Sono ancora rari temerari quelli di
voi che a vent’anni
hanno avuto l’ardire
di avviare un’attività imprenditoriale.
Care ragazze e
ragazzi, strani tempi
quelli che corrono.
Tempi di cambiamenti radicali, di
fermenti, di certezze
che vengono meno e di spazi che si aprono improvvisi. Non abbandonate il campo. Non lasciatevi intimorire dai cantori della crisi senza
uscita, dai denigratori della cultura, da chi vi
vende ricette a buon mercato. Oggi e sempre la
conoscenza e la cultura, le lettere e le scienze,
così come imparare bene un mestiere e osare
un’impresa sono le sole forme di riscatto possibile per le vostre vite, oltre che la vera ricchezza della nazione. Bruciate le tappe, sognate in grande. Siete voi a dover reinventare il lavoro in questo Paese, archiviando per sempre
pressappochismo, mediocrità e disillusione. Le
buone idee vengono a vent’anni e il Cielo sa
quanto ne abbiamo bisogno!
Personalità poliedrica teologo, filosofo,
artista, vescovo Klaus Hemmerle (1929-1994),
è stato, per desiderio di Giovanni Paolo
II, promotore di convegni ecumenici e di
un’originale realtà di comunione tra vescovi
cattolici e delle diverse chiese.
L’Autore propone uno studio monografico
e biografico che per la prima volta in Italia
presenta la vita e il suo pensiero filosofico,
teologico ed estetico.
Una storia che traduce in vita l’esortazione
ad una Nuova Evangelizzazione contenuta
nell’Anno della Fede.
Una vita trascorsa “al buio” eppure piena di
Luce.
È la storia di don Raffaele Alterio, sacerdote
napoletano non vedente dal giorno della
celebrazione della sua prima messa.
Una vita felice, gioiosa, pienamente
realizzata – nonostante la sua forte disabilità –
e spiritualmente feconda che
acquista nuovo slancio vitale con la
conoscenza e l’adesione alla spiritualità del
Movimento dei focolari.
via Pieve Torina, 55 • 00156 ROMA • tel. 06 7802676 • [email protected] • www.cittanuova.it
Nell’era dell’interdipendenza si possono
riscrivere i valori della democrazia?
L’importanza di un nuovo coefficiente: la fraternità.
Stiamo vivendo una fase di decadenza della democrazia?
In realtà, è più esatto parlare di declino di una sua forma incompiuta.
Finora, infatti, ogni democrazia ha proclamato uguaglianza e libertà
per tutti, assicurandole solo a qualcuno.
Lo Presti prende in esame alcune delle principali teorie contemporanee
della democrazia, evidenziando la necessità di elaborare
un pensiero politico che recuperi pienamente il significato profondo
della relazione fraterna.
via Pieve Torina, 55 • 00156 ROMA • tel. 06 7802676 • [email protected] • www.cittanuova.it
q Raffaele Alterio
LA PIENEZZA DELLA GIOIA un prete non vedente si racconta
Nome______________________________________________________________________
q Wilfried Hagemann
KLAUS HEMMERLE innamorato della Parola di Dio
Cognome__________________________________________________________________
ISBN 978-88-311-5166-5, pp. 156+8, euro 10,00
ISBN 978-88-311-5165-8, pp. 384, euro 28,00
q Alberto Lo Presti
I PRINCIPI DELLA DEMOCRAZIA una ricerca nell’era dell’interdipendenza
Indirizzo___________________________________________________________________
ISBN 978-88-311-2450-8, pp. 144, euro 12,00
Città______________________________________________Cap_____________________
q Filippo Pizzolato
IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DI FRATERNITÀ
itinerario di ricerca a partire dalla Costituzione italiana
Telefono___________________________________________________________________
ISBN 978-88-311-0173-8, pp. 192, euro 18,00
q Daniela Ropelato
DEMOCRAZIA INTELLIGENTE la partecipazione: attori e processi
ISBN 978-88-311-0166-0, pp. 186, euro 15,00
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Acconsento al trattamento e alla comunicazione dei miei dati personali (Informativa legge 675/96) per ricevere ulteriori informazioni e proposte.
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