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Alberto Di Vita
30/12/2016
Tempo di vacanze, o almeno proviamo a chiamarle così, ed è anche tempo per l’esplosione del
calciomercato, che nel medio termine genera più ascolti e chiacchiere di una vittoria di Champions
League. Tant’è che i giornali lo sanno e, appena possono, sparano nomi uno dietro l’altro per
vendere un click o una copia in più.
Calciominchiato, insomma. I geniacci di Interistiorg avevano inventato una rubrica (calciominchiata)
con cui si accumulavano, su segnalazioni dei lettori con prove e link alla mano, nomi su nomi per
fare una lista di tutte le “mosse di mercato” riferite all’Inter. Per il solo 2013, facendo un esempio, si
accostarono in estate ben 131 nomi: nel 2018 ben 168. Ovviamente immaginerete quanto veritiera
potesse essere una lista del genere… cioè, non la lista, ma la sequenza sparata dai giornali a ruota
continua: era inconciliabile con i tempi di qualunque altro dirigente che si occupasse di mercato,
figuriamoci di Marco Branca.
Intendiamoci: in qualche caso è la stessa società che fa filtrare delle notizie ad hoc per… “depistare”
eventuali concorrenti (che siano effettivamente interessati o meno) o per costringere la società con
chi si sta trattando a più miti consigli, a sbrigarsi, ad abbassare il prezzo paventando alternative che
nella realtà non ci sono.
Tra le tante trattative vere o presunte o inventate, ci sono quelle su alcuni calciatori che vengono
accostati continuamente all’Inter, ciclicamente, quasi come un mantra. Il duo di testa, credo
inarrivabile, è composto da Lavezzi e Kuyt+Mascherano: non è un errore, perché l’Inter è sempre
stata interessata a tutt’e due oppure niente, nessuno dei due. E che dire di Gago, Higuain, Nani,
Robben, Tevez (fino all’arrivo del Milan e del faccione sorridente di Galliani), Van Der Wiel, Afellay,
Kolarov? E tanti altri, ovviamente.
Uno di questi giocatori è Lucas Leiva, telenovela cominciata con l’arrivo di Rafa Benitez sulla
panchina dell’Inter nel 2010 e ad oggi striscia aperta ininterrottamente da oltre 6 anni e mezzo.
Eppure, da come se ne parla in questi giorni, sembra che la trattativa ci sia davvero, compresa
disponibilità del giocatore, anche se dall’Italia all’Inghilterra si rimbalzano la notizia citandosi a
vicenda, andata e ritorno, e non si comprende più esattamente da dove sia nata, vera cartina di
tornasole per comprendere la fondatezza di una notizia.
I PROBLEMI DELL’INTER
Prima di affrontare l’argomento più in profondità, ricapitoliamo i problemi dell’Inter in questo
momento.
Uno su tutti è l’abbondanza di giocatori, purtroppo senza però avere una adeguata uniformità a
copertura dei ruoli, né valori di spicco tra le riserve. In attacco, ad esempio, tra Jovetic, Palacio e
Eder non ne fanno uno davvero buono neanche se si potessero sommare, ciascuno per il suo motivo
specifico e non per reali valori tecnici: Palacio è troppo avanti con l’età e si vede, Jovetic è ormai una
scheggia aliena impazzita all’interno dell’organismo Inter, Eder probabilmente in un contesto troppo
in là con le sue reali capacità.
Per adesso è andata bene che Icardi non abbia avuto neanche un raffreddore, al di là dei gol fatti e
delle, pur tante, prestazioni anonime e fuori giri. Pinamonti probabilmente sarà aggregato più
spesso, ma affidarsi completamente a lui potrebbe essere un rischio sia per l’Inter che per il giovane
calciatore.
In difesa c’è stato il recupero di Andreolli che ha consentito di tirare un sospiro di sollievo: i centrali
erano tre e, anche qui, la fortuna è che sostanzialmente sono sempre stati disponibili e mai
infortunati. Forse non è da escludere che entrambi i titolari abbiano ricominciato a giocare meglio
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quando le alternative sono tornate a esserci: prima avevano paura di qualche infortunio e giocavano
col freno a mano tirato? Possibile, chi lo sa. Ma in questo ruolo c’è da registrare la storica
inefficienza di Ranocchia, che lo rende un ricambio difficilmente apprezzabile.
Sugli esterni, scelte fisse fatte da Pioli: D’Ambrosio e Ansaldi hanno scalzato (sembra)
definitivamente Santon e Nagatomo. Detto che rimane inspiegabile, davvero, il continuo ignorare
quello che è sembrato essere il miglior terzino in rosa, Miangue, due dei quattro papabili sono
inaffidabili più di Ranocchia o Eder, e non danno garanzie nelle loro prestazioni.
METÀ CAMPO
Ma è a metà campo il vero problema dell’Inter. Benché nell’ultima partita si sia visto qualcosa di più
confortante, Kondogbia e Melo sembrano lontani dall’essere due garanzie; Brozovic con alti e bassi,
pasticciando come al solito, ma riuscendo a nascondere alcuni errori con una voglia in più che
raramente si era vista, ma con la consapevolezza che i picchi, in un senso o nell’altro, sono una
caratteristica di tutto il “pacchetto”, nel bene e nel male.
Joao Mario per adesso è l’unica certezza, tecnica, tattica e in una prospettiva di ricostruzione. È un
giocatore intelligente, polivalente, giovane, sa adattarsi quasi ad ogni ruolo, e sembra giusto
costruire l’Inter attorno alla sua ingellitenza… sì, ma in che ruolo? Affronteremo a parte
l’argomento, ma da trequartista si sprecherebbe talento e metà delle sue potenzialità, argomento
che abbiamo affrontato al tempo per Kovacic e, molti anni addietro, per Hamsik… e non è un caso
che le migliori prestazioni dello slovacco stiano arrivando da un ruolo più definito.
C’è anche il problema Banega. All’arrivo di Pioli ci eravamo sbilanciati: difficile che li avremmo visti
insieme, e così è stato. Non perché Pioli sia un pavido o un “catenacciaro” (sottolineando che, anche
se lo fosse, non sarebbe un difetto), ma perché la direzione in cui si è mossa l’intera squadra, anche
nelle dichiarazioni, lasciava presagire un disagio che poteva essere risolto soltanto facendo una
scelta difficile, o l’uno o l’altro.
Sono di questi giorni le voci di un possibile cessione dell’Argentino in Cina, che farebbe segnare una
plusvalenza importante, ma anche in questo caso ne parleremo a parte.
COME RISOLVERE I PROBLEMI
Facciamo una doverosa premessa. È raro che a gennaio si siano risolti dei problemi o fatto acquisti
di un certo rilievo: insomma, non c’è uno Stankovic in giro, ed è assolutamente necessario fare tutto
anche in ottica FPF e stagione successiva. Quindi nessun volo pindarico e piedi ben saldati per terra,
a meno di non riuscire a piazzare buoni colpi in uscita con incassi importanti… cosa in
controtendenza alla storia degli ultimi anni nerazzurri.
Oggi ci occupiamo solo del centrocampo. La cosa che si dice da più parti è che l’Inter avrebbe
bisogno di equilibrio, e pertanto è necessario l’innesto di un centrocampista di un certo tipo.
È un ragionamento su cui non riesco a inserirmi, perché l’equilibrio non lo fa mai un calciatore
soltanto, ma l’intera disposizione della squadra e la predisposizione individuale al sacrificio.
Cambiasso è sempre stato Cambiasso, tra i giocatori tatticamente più intelligenti mai visti nel
campionato italiano (e non soltanto): eppure abbiamo visto Inter sbilanciate e scriteriate con
Cambiasso. E oggi potrebbe anche esserci una riedizione dell’argentino e non cambierebbe molto.
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LUCAS PEZZINI LEIVA
Lucas Leiva è la risposta ai problemi dell’Inter?
Il calciatore brasiliano fa parte di una categoria specifica che in Italia chiamiamo “mediani” e che in
Inghilterra chiamano “holding midfielder”. Il primo termine, però, ha una sua variegata
rappresentanza, mentre il secondo è decisamente più specifico. Gli “holding midfielder” (più spesso
“defensive midfielder”, DM) in UK sono considerati una sorta di difensore spostato in avanti, o
letteralmente un difensore aggiunto: giocatori che difficilmente possono fare altro rispetto a quel
ruolo, se non proprio quello di giocare in difesa come DC . E non è un caso che si veda spesso questo
passaggio di ruoli tra DM e DC (difensore centrale, spesso chiamato anche CB “centre back”,
talvolta SW o “sweeper”, libero) o tra DC e DM. Lucas Leiva ha anche giocato in difesa in qualche
occasione.
Il problema dei centrocampisti con fortissima vocazione difensiva è che spesso sanno fare solo
questo. Non è una critica al ruolo o alla predisposizione in sé: se oggi ci fosse in giro un Makélélé
acquistabile, lo prenderei al volo senza pensarci due volte. Il Chelsea di Mourinho, quello che due
anni fa vinse la Premier League, aveva trovato in Matic (due sole sconfitte con lui in campo) il
perfetto perno su cui far girare tutta la squadra, così come il suo primo Chelsea l’aveva trovato in
Makélélé: ma funzionavano entrambe le squadre, e senza unità di intenti, si perdeva anche col
francese o col serbo.
Il problema è che Leiva non è neanche lontanamente paragonabile al francese o al serbo.
Il centrocampista brasiliano giocava in posizione più avanzata nel Gremio: è Benitez al Liverpool che
lo imposta in una posizione più profonda, staccata, che cerca di sfruttare la naturale predisposizione
di Lucas al contrasto e alla lettura del passaggio avversario, al punto da affacciarsi davvero con
estrema rarità nella metà campo avversaria se non per pressing alto. Per comprenderci, segna 4 gol
in un campionato nel Gremio, ne segna 1 soltanto nei successivi 9 e mezzo (questa è la decima
stagione di Liverpool), 6 se consideriamo tutte le competizioni: 326 partite e 6 gol, o 231 partite di
campionato e 1 gol. Più contenimento di così…
Ha avuto due grandi, a tratti grandissime, stagioni: l’ultima di Benitez con il Liverpool (2009-2010) e
la successiva. Stagioni in cui è riuscito a essere anche molto presente in campo: con Benitez fino a
50 partite in stagione, nei due anni 68 presenze in campionato, titolarità praticamente costante,
oltre 2800 minuti in campionato.
Il problema è che la storia successiva racconta di un calciatore prono agli infortuni. Ne ha avuti
diversi, non ha più superato i 2000 minuti a stagione, ed è dal 2011-2012 che non arriva neanche a
30 partite di campionato, mentre in stagione si è fermato a 40 l’anno scorso, ma con soli 1953 minuti
e 21 partite da titolare in campionato (27 presenze complessive).
Va anche detto che Brendan Rodgers ha provato a stravolgere il gioco del Liverpool, basandolo
molto sul possesso palla e sull’occupazione territoriale, facendo delle scelte precise, talvolta
arretrando anche Gerrard e preferendo Joe Allen al brasiliano. Perché Leiva c’entra piuttosto poco
con quel genere di gioco, così come non sembra sposarsi bene con quello di Klopp.
Si tratta certamente di professionalità indiscussa (da tutti gli allenatori avuti), ma in campo con
evidenti limiti. Ma, benché possa sembrare il contrario, non è il massimo della disciplina, così come
non lo è Medel (ma sul confronto ci torniamo dopo), e una velocità che negli ultimi anni è calata
drasticamente, così come è aumentata la sua propensione all’infortunio.
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Il suo impatto nella metà campo dei Reds è spesso stato positivo, consentendo di liberare l’estro
soprattutto di Gerrard. Ma facendo sostanzialmente una cosa soltanto: occupandosi del suo lavoro
senza palla. In questo senso, rispetto a Medel sarebbe un upgrade: la capacità di leggere in anticipo
l’azione è sempre stata straordinaria (per 3 anni è stato il miglior “intercettore” della Premier), così
come anche la predisposizione al contrasto (il migliore in Premier, anche qui, per 3 anni). Ma non
con la stessa costanza nell’arco del tempo e, soprattutto, con un calo drastico negli ultimi anni,
anche come medie a partita.
Però, per comprendere, in Inghilterra quel ruolo ha un senso maggiore rispetto all’Italia, a causa
delle tendenze tattiche del campionato. Così, analizzando i dati, in queste statistiche (passaggi
intercettati e contrasti) vengono fuori nomi poco conosciuti ma altrettanto efficaci, se non di più. Su
tutto l’arco della carriera di Leiva, troviamo il bulgaro Petrov, Parker, Dunne, Palacios, Dann, Upson,
Obi Mikel, Schneiderlin, Diamé, Arteta, Sidwell, McCarthy, Noble, Jedinak, Huddlestone: fatta
eccezione per pochi (aggiungiamo Mascherano), onesti centrocampisti e poco più.
Per essere ancora più chiari, la stagione scorsa di M’Vila al Sunderland è stata di spessore.
Insomma, è un campionato che lascia molto spazio a questo genere di giocatori.
Alla lista di difetti, aggiungiamo anche una straordinaria propensione a fare falli inutili (numeri alti
per tutta la carriera) e lasciare calci di punizioni nelle zone più pericolose del campo, cosa che gli è
valsa spessissimo valange di fischi e rimbrotti da parte del pubblico dei Reds.
LA SOLUZIONE E LE ALTERNATIVE
Leiva è la soluzione ai problemi dell’Inter? Certamente no, anche se sarebbe un relativo
miglioramento rispetto a Medel e Melo, ma con l’incognita infortuni e costanza che, nonostante non
sia arrivato neanche ai trent’anni, sembrano ormai cronici.
Di caratura superiore, e più interessante sotto molti punti di vista, Luiz Gustavo, di cui ci
occuperemo a parte. Mentre Gagliardini oggi non risolverebbe nulla (e, ammetto, non so quanto
potrebbe farlo in prospettiva), così come non risolverebbe Obi Mikel, altro nome accostato all’Inter
da molti anni e che sarebbe un errore piuttosto clamoroso. Altro nome usato bene ogni stagione è
quello di Lassana Diarra, ormai alle soglie dei 32 anni e per questo sembra fuori gioco: calciatore
dalle potenzialità straordinarie (corsa, potenza, inserimento, dominanza fisica a metà campo) ma che
si è gettato al vento sia per errori individuali che per scelte di mercato, così come per la
straordinaria sequenza di infortuni per tutta la carriera.
Abbiamo detto che, rispetto a Medel, Lucas Leiva sarebbe un upgrade. Ma all’Inter in realtà manca
un vero regista, che sappia fare la fase di contenimento in modo almeno dignitoso: un playmaker in
grado di far fluire l’azione nel modo più rapido e più logico possibile.
Tra i nomi che circolano adesso, l’unico in grado di aggiustare qualcosa in questa metà campo
sembra proprio Badelj. Avrebbe il grande vantaggio di avere già maturato esperienza in Italia, ma di
trovare anche in Pioli un allenatore che ama molto la “verticalità” in campo, così come nelle migliori
interpretazioni della Fiorentina di Paulo Sousa e Montella.
Alla Dinamo Zagabria sembra esserci il giusto erede di Modric, anche se con caratteristiche diverse.
Aveva mostrato buon tocco e buona eleganza, ma con una certa carenza di velocità e nell’ultimo
passaggio che forse ne hanno impedito il volo verso squadre più importanti. Forse perché nessuno
aveva compreso le potenzialità nel farlo giocare qualche metro più indietro.
In Germania si specializza nel giocatore più di contenimento tra i due in mezzo del 4-2-3-1, e così
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resta in Italia, prima soffrendo una fase di ambientamento, e poi facendosi apprezzare per le doti di
regia e in interdizione.
Con lui in mezzo, Joao Mario potrebbe fare lo stesso percorso di Borja Valero, giocando più avanti,
ma con libertà di muoversi per tutto il campo: se lo spagnolo è stato il vero segreto delle buone
prestazioni della Fiorentina, lo si deve anche e soprattutto all’intelligenza del croato. Che non è stato
solo protagonista in fase di non possesso: buoni anche i suoi numeri per assist (anche non
concretizzati) e tiri in porta.
Insomma, un profilo ideale per provare anche un calcio diverso, liberando Brozovic da compiti di
regia. L’approdo al 4-3-3 sarebbe quasi naturale, pur con interpretazioni diverse rispetto ad inizio
anno con De Boer.
CESSIONI
Il tutto passa inevitabilmente dalle cessioni. Quasi certo il trasferimento di Felipe Melo al Palmeiras,
si dovrebbe lavorare in uscita anche su Kondogbia, sul quale sembra ci siano interessi in Inghilterra
(e forse anche dallo stesso Liverpool). Sembra destinato a partire anche Gnoukouri, e sinceramente
spiace perché il ragazzo aveva mostrato di poterci stare in questa squadra, anche cominciando da
rincalzo. La lista dei giovani “insospettabili” ceduti in passato e che oggi farebbe comodo all’Inter è
lunga, e se l’ivoriano troverà fiducia e spazio, si aggiungerà certamente.
Al 30 gennaio si rimane con due certezze a metà campo, Brozovic e Joao Mario, tutto il resto è in
dubbio: segno che troppe cose sono andate storte in passato. Lucas Leiva non sarebbe un danno, ma
non sarebbe una soluzione e solo una formula adeguata potrebbe giustificarne l’acquisto. Se Lucas
Leiva è vista davvero come “la soluzione” allora c’è qualcosa che non quadra.
Qualche settimana fa scrivevamo:
Ecco, gennaio è un’occasione, ma non deve essere certo usata per fare danni.
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