Messaggio dell`Arcivescovo

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Transcript Messaggio dell`Arcivescovo

Messaggio di S. E. Mons. Piero Coccia
alla città e all’Arcidiocesi di Pesaro in occasione del Natale 2016
1.
Nel suo volume, La società della stanchezza, il pensatore coreano Byung-Chul Han,
descrive la società occidentale come «fatta di fitness center, grattacieli di uffici, banche, aeroporti,
centri commerciali e laboratori genetici. La società del secolo XXI, […] è una società di
prestazione. […] i suoi abitanti si denominano […] “soggetti di prestazione”». Una tale società è
caratterizzata per il primato della cosiddetta multiprogrammazione: moglie, figli, lavoro, riunione,
spesa, riunione, liceo, scuola, ingorgo, casa, palestra, ancora un’altra riunione…. Molteplici compiti
che impediscono di essere presenti a se stessi e di stare faccia a faccia dell’altro. Si registra una
certa perdita dell’umano. L’esercizio della libertà frammentata e dispersa in una serie di attività
giustapposte e simultanee, provoca nel soggetto l’impressione che l’esistenza sia caratterizzata dalla
dispersione e dalla fatica di essere se stesso.
Qual è l’esito finale di una tale fatica? Lo esprimono bene le parole del profeta Geremia: “A chi
parlerò, chi scongiurerò perché mi ascolti? I loro orecchi (quelli dei contemporanei) non sono
capaci di prestare attenzione” (Ger 6,10). Esse si mostrano capaci di descrivere la situazione in cui,
almeno in tanti casi, ci siamo venuti a trovare. Una situazione di solitudine, di nostalgia del bene, di
stanchezza esistenziale, di sfiducia nei confronti degli altri. Tutte queste realtà sono ben presenti
nella nostra società. Esse rivelano quella esperienza di vuoto che, non di rado, attanaglia la vita di
ciascuno di noi.
Ci è dunque sbarrata la strada a quel desiderio di felicità che abita il cuore dell’uomo? Siamo
condannati a pensare che una tale possibilità sia illusoria?
Uno sguardo, sia pur veloce e superficiale alle notizie di cronaca sembrerebbe suggerire una
risposta affermativa a questa tragica domanda.
2.
Eppure l’esperienza cristiana riannunciata incisivamente nell’Anno della Misericordia,
afferma che Dio riscatta l’umanità attraverso la celebrazione del Natale che riapre continuamente
l’orizzonte della speranza.
La celebrazione del Natale per noi cristiani riattualizza la presenza del Signore che assume l’intera
condizione umana per rigenerarla attraverso l’esperienza della Misericordia, come Papa Francesco
non si stanca mai di ricordarci.
E’ infatti l’incontro con la Misericordia che esprime e realizza un preciso atteggiamento personale e
relazionale e ci dà la possibilità di sperimentare la “vita buona”. Grazie ad essa superiamo quel
diffuso malessere presente nella quotidianità.
Sul piano personale l’esperienza della misericordia del Signore ci consente di superare il limite
dell’umano segnato costantemente da tante fragilità le quali sono sanabili in modo radicale e totale,
solo dalla misericordia del Signore. In questa prospettiva ognuno di noi necessita della misericordia
per dare il volto nuovo alla propria vita. Giustamente è stato detto che la piena coscienza
dell’umano ci fa essere “mendicanti della misericordia”, quella però che ci viene dall’alto.
Ma l’esperienza della misericordia, ci coinvolge anche sul piano sociale. In questa prospettiva essa
non può lasciarci indifferenti ma, per dirla con Papa Francesco, ci apre gli occhi su alcune “miserie”
del nostro territorio: quelle della migrazione, della famiglia, del lavoro e della politica. Realtà che
vanno affrontate con una diversa prospettiva.
3.
Per quanto il fenomeno delle migrazioni nel nostro territorio sia limitato ed affrontato dalle
istituzioni con chiara responsabilità, esso ci interpella sul piano culturale. Anche come chiesa
dobbiamo riscoprire la necessità di educarci non solo ad una adeguata convivenza, ma soprattutto
ad una valorizzazione delle diversità. Di fronte ad esso non basta una valida programmazione tesa a
realizzare una convivenza tranquilla. Occorre invece cogliere la forza di questo processo
individuandone le positività. A questo riguardo come credenti abbiamo tutti gli strumenti culturali
per raccogliere la decisiva sfida della pluralità.
Anche la famiglia costituisce oggi un settore che chiede una particolare attenzione. Di fronte ad una
strana concezione di essa, ci attende l’impegno di formare le nuove generazioni a cogliere la sua
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vera identità nel suo dato universale: soggetto composto da uomo e donna ed aperto alla vita. Certo
non ci sfugge anche la necessità di un impegno più marcato da parte delle forze politiche perché
questa cellula prima della società, venga garantita e promossa con scelte precise e con investimenti
adeguati.
Altro ambito in cui il nostro territorio è chiamato a confrontarsi, è quello della disoccupazione. E’
vero che le politiche del lavoro sono in continua evoluzione e che tanti sono i fattori che le
determinano. Però ci sembra che il primo di questi fattori debba essere la dignità della persona e dei
suoi diritti, tra questi quello del lavoro. Si parla continuamente di sostenere il processo di crescita.
Ma questo non può essere attuato solo con parametri produttivi, occupazionali, economici e
tecnologici. La crescita deve investire primariamente la persona in tutte le sue dimensioni. Questo
non lo possiamo dimenticare. Al riguardo un compito preciso attende tutti noi.
Anche la politica ci sembra che possa essere definita come luogo che chiede una particolare
attenzione da parte della comunità. Stiamo vivendo una stagione delicata e problematica. Tanti sono
i fattori che concorrono a determinare la crisi della politica e tra questi uno di particolare rilievo:
mancano luoghi reali di confronto e di decisioni condivise. Se infatti la politica è essenzialmente
gestione del potere teso a realizzare il bene comune, oggi non solo le forme tradizionali di tale
gestione sono diventate problematiche, ma i luoghi del potere sono diventati più diffusivi, meno
identificabili, più anonimi Questo non può non preoccuparci e chiede un preciso ripensamento.
Come credenti, poiché abitiamo la città degli uomini, non possiamo non prendere atto di tutto ciò.
Dunque precisi luoghi ci attendono per un impegno non rimandabile: il mondo dei migranti, la
famiglia, il lavoro, la politica. Anche questi ambiti costituiscono le “miserie” sociali dei nostri
giorni.
Auguro a tutti e ad ognuno di vivere l’esperienza del Natale con lo sguardo rivolto a queste realtà
con fattiva responsabilità. A noi credenti lo impone il mistero dell’Incarnazione del Signore.
Buon Natale a tutti.
✠ Piero Coccia
Arcivescovo
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