Omesso versamento iva e divieto di bis in idem

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Transcript Omesso versamento iva e divieto di bis in idem

Cass. pen., Sez. III, 21 aprile 2016 (dep. 22 giugno 2016), n. 25815, Pres. Amoresano – rel. Di Stasi

Reati tributari – Omesso versamento IVA –

Ne bis in idem

– Rapporti tra illecito penale e amministrativo

Non si applica il principio del

ne bis in idem

, previsto dall’art. 649 cod. proc. pen., nel caso di procedimento pena le avente ad oggetto il medesimo fatto per il quale sia stata già irrogata una sanzione amministrativa di natura “so stanzialmente penale” secondo l’interpretazione dell’art. 4 Protocollo n. 7 CEDU adottata dalla Corte EDU.

Il testo integrale della sentenza è accessibile sul sito della rivista.

Omesso versamento iva e divieto di bis in idem: la Cassazione esclude la diretta applicazione della Cedu

1.

Il caso.

La sentenza che qui si annota appare di estrema attualità nell’affrontare il profilo del

ne bis in idem

in relazione ai reati tributari, inserendosi nell’articolata trama della giurispru denza nazionale ed europea. Nel caso di specie, il procedimento penale era scaturito da taluni delitti di omesso ver samento dell’iva, di cui all’art. 10-

ter

d.lgs. 74 del 2000, per i quali il Tribunale di Asti aveva assolto l’imputato da uno dei capi di imputazione, poiché il fatto non è più previsto come reato 1 . Relativamente, invece, ad altri due capi di imputazione, il primo giudice aveva pro nunciato sentenza di non doversi procedere ai sensi degli artt. 529 e 649 c.p.p., essendo stati gli stessi fatti puniti con sanzioni amministrative tributarie. Avverso la pronuncia, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Ap pello di Torino ha proposto ricorso per Cassazione

per saltum

, adducendo quale unico motivo la violazione ed erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 10-

ter

d.lgs. 74 del 2000, e della legge processuale penale, relativamente all’art. 649 c.p.p.

1 L’art. 10-

ter

è stato riformato ad opera del d.lgs. 158 del 2015, con innalzamento della soglia di punibilità da € 50.000,00 a € 250.000,00. L’efficacia retroattiva della disposizione più favorevole al reo comporta la non punibilità degli omessi versamenti sotto soglia commessi anche prima della novella.

Antonella Ciraulo La Suprema Corte, dichiarando fondato il ricorso, ha annullato la sentenza impugnata e ne ha disposto il rinvio alla Corte d’Appello di Torino per le motivazioni nel prosieguo illustrate.

2.

Il rapporto tra illecito amministrativo ed illecito penale.

Come anticipato, il tema della “duplicazione sanzionatoria” occupa ormai un ruolo di prim’ordine nel panorama giuridico nazionale ed europeo, richiamando l’attenzione sia della giurisprudenza che della dottrina.

Al fine di un migliore inquadramento della vicenda che ha interessato la Cassazione nella sentenza in esame, è doveroso un breve accenno alla sentenza delle Sezioni Unite n. 37424 del 2013 2 , che riporta un’attenta ricostruzione dei rapporti fra l’illecito amministra tivo di cui all’art. 13, comma 1, d.lgs. 471 del 1997 e l’illecito penale di cui all’art. 10-

ter

d.lgs. 74 del 2000.

Nello specifico, la Corte, richiamando gli orientamenti opposti di legittimità, ha escluso in tali ipotesi la sussistenza di un concorso apparente regolato dal principio di specialità – così come previsto, in generale, dall’art. 9, comma 1, della l. 689 del 1981 e, nello speci fico, dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. 74 del 2000 – potendo, dunque, trovare applicazione entrambe le norme richiamate.

Le Sezioni Unite hanno ancorato il rapporto tra i due illeciti ad una “progressione criminosa” 3 : seppur il delitto di omesso versamento dell’iva contenga elementi dell’illecito amministrativo di ritardati od omessi versamenti diretti, il primo prevede altresì elementi nuovi ed ulteriori, non riconducibili al rapporto di specialità, in quanto collocati in un momento successivo a quello di perfezionamento dell’illecito amministrativo.

Pertanto, la Suprema Corte ha negato la violazione del

ne bis in idem

, ricorrendo ad un elemento differenziale delle due fattispecie che sarebbe quello temporale, affermando altresì che non vi sono, in ogni caso, contrasti con le disposizioni di cui all’art. 4 del Pro tocollo n. 7 CEDU e dell’art. 50 della CDFUE, che sanciscono il divieto di

bis in idem

di carattere processuale.

Tuttavia, come è agevole intendere, le Sezioni Unite hanno obliterato l’ormai pacifico

292

2 A commento della sentenza, sia consentito il rinvio a C iraulo ,

La punibilità degli omessi versamenti dell’iva e delle ritenute cer tificate nella lettura delle Sezioni unite

, in

Cass. pen.

, 2014, 66 ss.; S oana ,

Le Sezioni unite sui reati per omesso versamento IVA e ritenute

, in

Riv. giur. trib.

, 2013, 939 ss.; T raverSi

, Interpretazione rigorosa delle Sezioni Unite sull’omesso versamento dell’IVA e delle ritenute

, in

Corr. Trib

., 2013, 3487 ss.; u ngaro ,

Omesso versamento iva per il 2005 e ritenute 2004: le Sezioni unite escludono la violazione del principio di irretroattività

, ne

Il fisco

, 2013, 5315 ss.; v alSeCChi ,

Le Sezioni Unite chiamate a decidere dell’applicabi lità del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate alle omissioni relative all’anno 2004

, in

www.penalecontemporaneo.

it

, 13 marzo 2013.

3 È opportuno, tuttavia, rilevare che l’istituto della progressione criminosa, frutto di creazione dogmatica, viene tradizionalmente ricon dotto nell’alveo del concorso apparente di norme. Per un approfondimento, si rinvia a v aSSalli ,

Progressione criminosa e reato pro gressivo

,

in Enc. dir.

, vol. XXXVI, Milano, 1987, 1150 ss.; D el r oSSo ,

Spunti problematici in tema di reato progressivo e di progressione criminosa

, in

Riv. it. dir. proc. pen

., 1976, 623; g olDoni ,

Brevi note in tema di reato progressivo e di progressione criminosa

, in

Giust. pen

., 1968, 823; Ranieri,

Reato progressivo e progressione criminosa

, Milano, 1942.

Omesso versamento iva e divieto di bis in idem: la Cassazione esclude la diretta applicazione della Cedu divieto di

bis in idem

anche di carattere sostanziale. Infatti, il

ne bis in idem

sostanziale – sul versante interno – vieta, nelle ipotesi di concorso di norme 4 , di addebitare più volte lo stesso fatto al medesimo autore, a garanzia di equità e certezza giuridica 5 . Strettamente correlato al

ne bis in idem

sostanziale è, poi, il divieto di

bis in idem

processuale che, invece, preclude l’inizio o la prosecuzione di un procedimento penale per fatti già giu dicati, salvaguardando la finalità di giustizia sostanziale che il primo vuole perseguire. Al riguardo, aspetto dirimente è se il fatto debba essere inteso in senso naturalistico, ovvero un determinato comportamento visto nella sua individualità storica, o in senso normativo, risolvendosi nella valutazione giuridica della fattispecie legale 6 .

Com’è noto, relativamente al

ne bis in idem

processuale, il riferimento normativo è contenuto nell’art. 649 c.p.p. – sul piano nazionale – nonché nel Patto sui diritti civili e politici e nell’art. 4 del Prot. 7 CEDU. Inoltre, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e, dunque, della Carta, il divieto di

bis in idem

ha un nuovo referente normativo nell’art. 50 CDFUE, la cui portata ha da subito sollevato dubbi.

La

ratio

del divieto ha, per un verso, carattere preventivo, volto ad evitare la duplicazio ne procedimentale per “fatti” che siano, o siano già stati, oggetto di accertamento proces suale; per altro verso, si vuole impedire che per lo stesso fatto un soggetto possa essere più volte sottoposto ad un procedimento penale. Ne consegue che non è ammesso, in pendenza di un procedimento, che venga iniziato, per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona, un nuovo procedimento.

Sul punto, nella vicenda che qui rileva, il Tribunale di Asti ha ravvisato l’identità del fatto, applicando l’art. 649 c.p.p., e fondando la pronuncia sulla giurisprudenza CEDU secondo cui viola il diritto al

ne bis in idem

di cui all’art. 4 del Protocollo n. 7 CEDU l’apertura o la prosecuzione di un procedimento penale avente ad oggetto la medesima violazione tributaria già oggetto di un provvedimento sanzionatorio definitivo avente na tura sostanzialmente punitiva in base ai criteri “Engel”, ancorché formalmente qualificato “amministrativo nell’ordinamento nazionale”.

4 Per un approfondimento sul concorso di norme, cfr. P aPa ,

Le qualificazioni giuridiche multiple nel diritto penale. Contributo allo studio del concorso apparente di norme

, Torino, 1997; r omano ,

Il rapporto tra norme penali. Intertemporalità, spazialità, coesistenza

, Milano, 1996; m anTovani ,

Concorso e conflitto di norme nel diritto penale

, Bologna, 1966; P agliaro ,

Concorso di norme (diritto penale)

, in

Enc. Dir

., VIII, Milano, 1961, 545 ss.; S iniSCalCo ,

Il concorso apparente di norme nell’ordinamento penale italiano

, Milano, 1961; F roSali ,

Concorso di norme e concorso di reati

, Città di Castello, 1937.

5 Così, anTovani ,

Diritto penale, Parte generale

, Padova, 2015, 471 ss. Il principio del

ne bis in idem

è un principio di diritto positivo non codificato, ma desumibile dal dato legislativo, ad esempio dagli artt. 15 e 84 c.p., o dalle clausole di riserva.

6 Sul punto, cfr. di entrambi».

l ozzi ,

Profili di una indagine sui rapporti tra «ne bis in idem» e concorso formale di reati

, Milano, 1974, 39-55. L’Autore sostiene «l’inaccettabilità della tesi del fatto in senso naturalistico giacché non si può prescindere da una valutazione nor mativa al fine di stabilire quali elementi, nel complesso di quelli che integrano una determinata situazione storica, debbano essere presi dal giudice come giuridicamente rilevanti (…). Pure la concezione normativa del fatto, perlomeno intesa con riferimento alla nozione di fattispecie legale, è da respingere, considerata l’irrilevanza del mutamento del titolo di reato per stabilire l’identità o no dei fatti oggetto di successivi procedimenti (…). [dunque] per l’individuazione della nozione di fatto non si può prendere in considerazione soltanto la situazione storica o soltanto lo schema legale, ma bisogna seguire un a via intermedia che tenga conto

293

Antonella Ciraulo 3.

La giurisprudenza europea: i criteri “Engel”.

Occorre, dunque, volgere lo sguardo alla giurisprudenza della Corte Edu e della Corte di Giustizia, che sul tema seguono il medesimo filone interpretativo.

Anzitutto, il richiamo è ad una fra le più importanti e note decisioni della CEDU in materia finanziaria, ovvero la sentenza “Grande Stevens”. È a quest’ultima, infatti, che si deve l’ingresso nel nostro ordinamento del diritto al

ne bis in idem

di fonte convenzionale, comportando, come rilevato da attenta dottrina 7 , rilevanti conseguenze di ordine pratico in tutti quei casi in cui, per uno stesso fatto, troverebbero applicazione sia le sanzioni amministrative che quelle penali, specie nei settori caratterizzati dal sistema del “doppio binario”.

In materia fiscale, invece, numerose sono state le pronunce della Corte di Giustizia, che ha affermato che l’art. 50 CDFUE non osta a che uno Stato membro imponga, per le mede sime violazioni di obblighi dichiarativi in materia di IVA, una combinazione di sovrattasse e sanzioni penali, al fine di assicurare la riscossione delle entrate provenienti dall’iva e tu telare in tal modo gli interessi finanziari dell’Unione. Tuttavia, qualora la sovrattassa abbia natura penale, ai sensi dell’art. 50 della Carta, e sia divenuta definitiva, tale disposizione osta a che procedimenti penali per gli stessi fatti siano avviati nei confronti di una stessa persona (cfr.,

ex multis

, Sentenza Åklagaren c. Hans Åkerberg Franssonn, C-617/10).

In astratto, dunque, non è fatto divieto agli Stati membri di prevedere sanzioni am ministrative e penali per una determinata condotta, ma ove la sanzione che il legislatore qualifica come amministrativa dovesse avere natura afflittiva alla stregua di quelle penali, allora saremmo di fronte ad una possibile violazione del

ne bis in idem

.

Per valutare la natura penale delle sanzioni tributarie, è ormai consolidata l’applicazio ne dei criteri statuiti dalla sentenza “Engel”, per cui spetta al giudice del rinvio – avuto riguardo alla qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, alla natura dell’ille cito, nonché alla natura e al grado di severità della sanzione – valutare se possa o meno procedere al cumulo di sanzioni tributarie e penali o se, diversamente, ciò determini una violazione del

ne bis in idem

.

4.

L’obbligo di interpretazione conforme e la questione di legittimità costituzionale

Ciò posto, la sentenza in commento richiama l’insegnamento delle sentenze gemelle nn. 348 e 349 del 2007 della Corte Costituzionale, che hanno statuito che, in caso di contrasto

294

7 Sul punto, cfr. D e a miCiS , Ne bis in idem

e “doppio binario” sanzionatorio: prime riflessioni sugli effetti della sentenza “Grande Ste vens” nell’ordinamento italiano

, in

www.penalecontemporaneo.it

, 30 giugno 2014; v iganò ,

Doppio binario sanzionatorio e

ne bis in idem

: verso una diretta applicazione dell’art. 50 della Carta?

, in

www.penalecontemporano.it., 30

giugno 2014.

Omesso versamento iva e divieto di bis in idem: la Cassazione esclude la diretta applicazione della Cedu tra una disposizione della CEDU o dei suoi protocolli ed una norma nazionale, il giudice comune deve preventivamente procedere ad una interpretazione conforme. Solo ove la questione non possa essere risolta in via ermeneutica, il giudice dovrà sollevare questio ne di legittimità costituzionale della norma interna

ex

art. 117, comma 1, Cost., risultando dunque esclusa la possibilità della disapplicazione della norma interna contrastante 8 .

La Cassazione, nel caso di specie, ha affermato che il primo giudice non avrebbe po tuto ricorrere ad una interpretazione conforme, dilatando la natura dei provvedimenti amministrativi fino a ricomprendervi delle conseguenze sostanzialmente punitive, in base all’orientamento della CEDU.

Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, il giudice di prime cure avrebbe dovuto solle vare questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. ai sensi dell’art. 117 comma 1 Cost., assumendo quale parametro interposto l’art. 4 del Protocollo 7 CEDU, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo, “nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio al caso in cui l’imputato sia stato giudicato, con provvedimento irrevocabile, per il medesimo fatto nell’ambito di un procedimento amministrativo per l’applicazione di una sanzione alla quale debba riconoscersi natura penale ai sensi della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e dei relativi Protocolli”.

Al riguardo, però, la Cassazione si astiene dal formulare essa stessa la questione di legit timità costituzionale, in quanto il difetto di prova della definitività dell’accertamento tributa rio e della conseguente sanzione amministrativa rendono irrilevante la questione nel giudi zio escludendo la possibilità di sollevare la questione di legittimità costituzionale d’ufficio.

La Corte rileva altresì che il principio del

ne bis in idem

trova riconoscimento anche nel diritto dell’Unione Europea, sulla base dell’espressa previsione dell’art. 50 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE).

Tale norma è richiamata anche dal Tribunale di Asti a fondamento della decisione as sunta, ma ciononostante la Cassazione riconosce che il citato difetto di prova in ordine alla definitività dell’irrogazione della sanzione amministrativa osta alla possibilità di proporre una questione pregiudiziale di interpretazione

ex

art. 267 TUE alla Corte di Giustizia in relazione all’art. 50 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE).

5.

Qualche riflessione.

Alla luce del breve

excursus

sul tema del

ne bis in idem

, emerge indiscutibilmente che la giurisprudenza della Corte europea pone in discussione la compatibilità con il sistema convenzionale dei settori del nostro ordinamento edificati sul sistema del doppio binario, 8 Tale assetto non ha subìto modifiche con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, secondo quanto affermato dalla sentenza n. 80 del 2011 della Corte costituzionale, consultabile in

www.cortecostituzionale.it

.

295

Antonella Ciraulo in quanto, a determinate condizioni, comporterebbero violazioni del diritto individuale al

ne bis in idem

.

Il sistema del doppio binario, dunque, vive un momento di crisi ed incoerenza. Infatti, in ambito tributario, nonostante la “netta” separazione tra i due procedimenti, che do vrebbero percorrere vie parallele, è lo stesso ordinamento a prevedere che dal medesimo accertamento fiscale possano derivare i procedimenti tributario e penale. Sembra parados sale che i due procedimenti si celebrino senza alcuna influenza dell’uno sull’altro, seppur scaturiti dal medesimo atto iniziale. Indubbiamente, tale autonomia procedimentale rappresenta una derivazione della l. 516 del 1982 (cd. “manette agli evasori”) e andrebbe forse rivalutata in aderenza alla disci plina penale tributaria oggi contenuta nel d.lgs. 74 del 2000.

In realtà, i due procedimenti penale ed amministrativo in astratto potrebbero convivere, seppur ricorrendo ad alcuni correttivi. Ciò che si vuole scongiurare è piuttosto il rischio di eventuali “truffe delle etichette” 9 , e, cioè, che per eludere il principio del diritto penale dell’

extrema ratio

anche in materia fiscale, si etichetti come amministrativa una sanzione di natura afflittiva, repressiva e ripristinatoria, alla stregua delle sanzioni penali.

È in tali ipotesi che, secondo quanto statuito dalla CEDU, lo Stato può ritenere raggiunta e soddisfatta la finalità deterrente e punitiva già con l’applicazione di una simile sanzione “amministrativa”, con la conseguenza che l’ulteriore condanna in sede penale costituireb be una illecita duplicazione e, quindi, una violazione del principio del

ne bis in idem

.

In conclusione, attualmente, dinanzi ad ipotesi sospette di duplicazione sanzionatoria, come rilevato dai giudici di legittimità nella sentenza annotata, il giudice nazionale può (

rectius

: deve) tentare la via dell’interpretazione conforme e, solo ove ciò non risultasse possibile, sollevare la questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 4 del Protocollo 7 CEDU 10 ; potrà altresì disporre il rinvio pregiudiziale di interpretazione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, in relazione all’art. 50 CDFUE.

Non può tuttavia sottacersi il richiamo da parte della Cassazione alla sentenza della Cor-

296

9 In tal senso, S anToriello ,

Carta dei Diritti dell’Uomo e mancato pagamento delle imposte in sede penale e amministrativa

, ne

Il Fisco

, 2014, 1656. 10 A proposito della questione di legittimità costituzionale, è utile richiamare la recente sentenza della Corte Costituzionale, la n. 200 del 2016, che, nell’ambito della vicenda “Eternit-

bis

”, ha fornito un’interessante precisazione sulla nozione di medesimo fatto. Con tale pronuncia, pubblicata in

www.cortecostituzionale.it

, la Consulta ha dichiarato “costituzionalmente illegittimo l’art. 649 cod. proc. pen., per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, nella parte in cui secondo il diritto vivente esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale”. Rileva la Corte che «l’autorità giudiziaria sarà tenuta a porre a raffronto il fatto storico, secondo la conformazione identitaria che esso abbia acquisito all’esito del processo concluso con una pronuncia definitiva, con il fatto storico posto a base della nuova imputazione. […] Sulla base della triade condotta-nesso causale-evento naturalistico, il giudice può affermare che il fatto oggetto del nuovo giudizio è il medesimo solo se riscontra la coin cidenza di tutti questi elementi, assunti in una dimensione empirica». Occorrerebbe, dunque, interrogarsi sui possibili riflessi del sindacato di illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. in relazione al concetto di medesimo fatto – inteso in senso storico e non giuridico – nell’ambito di procedimenti di diversa natura, penale ed amministrativa.

Omesso versamento iva e divieto di bis in idem: la Cassazione esclude la diretta applicazione della Cedu te Costituzionale n. 102 del 2016 11 , che ha evidenziato “che spetta anzitutto al legislatore stabilire quali soluzioni debbano adottarsi per porre rimedio alle frizioni che tale sistema genera tra l’ordinamento nazionale e la CEDU” 12 , mostrando che la questione è tuttora aperta.

Infine, per completezza espositiva, è opportuno citare la dottrina che ha fornito un’ul teriore lettura, secondo cui l’art. 4 del Protocollo 7 CEDU è stato incorporato nell’ordina mento italiano in forza della relativa legge di esecuzione, divenendo dunque normativa di rango primario. Ne consegue che tutte le norme

self-executing

sono direttamente appli cabili, vincolando il giudice, eccetto che la diretta applicazione non incontri ostacoli nor mativi nell’ordinamento interno. In quest’ultimo caso, infatti, si renderebbe necessario un intervento della Corte costituzionale,

ex

art. 117, comma 1, Cost.. Ad avviso della dottrina in esame, l’art. 649 c.p.p. non costituirebbe un ostacolo e, pertanto, il giudice nazionale potrebbe applicare direttamente anche una diversa norma.

a nTonella C iraulo 11 La sentenza è consultabile in

www.cortecostituzionale.it

.

12 Su tutti, cfr. v iganò , Ne bis in idem

e contrasto agli abusi di mercato: una sfida per il legislatore e i giudici italiani

, in

www.penale contemporaneo.it

, 8 febbraio 2016.

297