Si riparte dal Monte

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MILANO FINANZA
COPERTINA
8
24 Dicembre 2016
Il salvataggio della banca ormai è certo. Da lunedì 26 priorità al piano
Gli occhi del mercato sono puntati sull’impatto che l’intervento del Tesoro produrrà
sul comparto del credito in borsa. Sarà una replica dell’effetto-Trump a Wall Street?
DOPO LO SCUDO/1
Si riparte dal Monte
di Luca Gualtieri
V
enerdì 23, al termine della quarta
riunione in meno di
una settimana, tra i
consiglieri di Banca
Mps dominava una stanchezza
ai limiti del logoramento. Pochi
i commenti e le previsioni dopo
la tensione fortissima degli ultimi giorni. Su tutto prevaleva
il bisogno di staccare la spina
e concentrarsi sulle festività
natalizie, lontano dall’incubo
senese. La pausa però non potrà durare più di 48 ore, perché
presumibilmente già lunedì 26
i vertici di Mps dovranno mettersi al lavoro, d’intesa con il
Tesoro, per definire il nuovo
piano di salvataggio.
Il progetto targato Jp Morgan è
arrivato al capolinea giovedì 22,
quando l’aumento di capitale si
è concluso con adesioni bassissime. Per la verità i risultati del
collocamento non sono mai stati
comunicati puntualmente dalla
banca, che, nella nota emessa a poche ore dalla chiusura,
si è limitata ad annunciare
il fallimento dell’operazione.
Ufficialità a parte, non ci sono
molti dubbi sul fatto che l’offerta sia andata completamente
deserta per l’assenza di quegli
anchor investor che avrebbero
dovuto essere il cardine del salvataggio. «Diversi fondi hanno
seguito con attenzione il bookbuilding, disposti a muoversi
solo in scia a grandi ordini; gli
ordini però non sono arrivati
e l’intera operazione è collassata su se stessa», si confida
una fonte. E dire che il liability management exercise (ossia
l’offerta di conversione dei bond
subordinati) aveva dato risultati abbastanza incoraggianti, con
adesioni per circa 2 miliardi:
«Siamo stati più che soddisfatti per l’esito del Lme», continua
la fonte. Come conseguenza del
flop Jp Morgan e Mediobanca
non riceveranno commissioni e
probabilmente non parteciperanno alla nuova edizione del
piano di salvataggio.
Da lunedì 26 insomma i vertici
saranno di nuovo in trincea per
pilotare la banca verso l’ingresso dello Stato. Come previsto
dal decreto salva-risparmio (si
veda articolo a pagina 16), la
priorità andrà alla stesura di
un piano di ristrutturazione
da sottoporre al vaglio della Bce e della Dg Competition
di Bruxelles. Al momento non
trapela alcuna indicazione in
merito alla tempistica, ma è
La sede di Mps
a Rocca Salimbeni
MONTE DEI PASCHI DI SIENA DA LUGLIO
Quotazioni in euro - Variazione % sul 30 giugno 2016
29 luglio
24 ottobre
Fabrizio Viola presenta
Morelli presenta
la prima versione
la seconda versione
8 settembre
del salvataggio
del salvataggio
Viola lascia
l’incarico. Arriva
Marco Morelli
40
355
300
255
15,08 €
-60,2%
22 dicembre
Fallisce il piano
di salvataggio
privato
200
155
Luglio
Agosto
Settembre
2016
Ottobre
Novembre
Dicembre
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
E in borsa le banche risalgono la china
di Giuliano Castagneto
S
seguito allo stesso ritmo il deflusso di fondi dai
suoi depositi. Questo escludendo la possibilità che
il fenomeno si amplificasse, avvicinando ulteriormente la data in cui Mps sarebbe rimasta senza
ossigeno finanziario. Con tutte le ripercussioni immaginabili a livello di sistema. In secondo luogo,
spiega sempre Mediobanca, la possibilità di un
completo rimborso per i detentori delle obbligazio-
ebbene le negoziazioni sulle azioni Mps alla
borsa di Milano siano state sospese nel corso
della seduta di venerdì 23 dicembre, l’approvazione del decreto che dà via libera all’iniezione
di 20 miliardi di euro nel capitale delle banche
in crisi da parte dello Stato ha portato un certo beneficio agli altri titoli del
comparto. Tanto che il Ftse
L’INDICE FSTE ITALIA BANKS DA INIZIO ANNO
Italia All Share Banks, l’indiQuotazioni in euro - Var. % sul 30 dic 2015
ce settoriale di Piazza Affari, 15000
ha chiuso la seduta in rial- 13000
9784,27 €
zo dello 0,64%. Non solo; ben
-36,42%
più significativo è il fatto che 11000
tale indice dal 4 dicembre, ossia da quando, con la vittoria 9000
del no al referendum, ha pre- 7000
so sempre più piede l’ipotesi
di un intervento dello Stato in 5000
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Nov Dic
Mps, ha recuperato il 21,56%
2016
(pur restando ancora in rosGRAFICA MF-MILANO FINANZA
so del 36,4% da inizio anno).
In apparenza si tratta di un
paradosso, considerato che lo Stato si trova co- ni subordinate (l’obiettivo ultimo del decreto) «fa
stretto a salvare la terza banca del Paese, cosa che sperare nel fatto che le ripercussioni sulla fiducia
potrebbe provocare una fuga in massa degli inve- degli italiani nel sistema bancario nazionale siastitori dal comparto. Ma sono diversi i motivi alla no molto limitate se non addirittura assenti». Così
base di questo positivo sviluppo. Gli analisti di si eviterebbe di replicare quanto accaduto a iniMediobanca ritengono che l’intervento del Tesoro zio anno, cioè all’indomani della risoluzione delle
italiano rimuove molta incertezza essenzialmen- quattro banche, quando il comparto bancario fu
te su due versanti. Anzitutto dovrebbe fugare i investito da un’ondata di vendite. Ciò, sottolinea
crescenti timori sulla liquidità della banca sene- Piazzetta Cuccia, dipende dalla effettiva possise, che il 21 dicembre, secondo quanto dichiarato bilità che gli obbligazionisti subordinati siano
dalla stessa banca, risultava di poco superiore ai completamente rimborsati. Il che è a sua volta
10 miliardi di euro ma si sarebbe ridotta a 200 legato all’andamento delle negoziazioni con Bce
milioni nel giro di soli quattro mesi se fosse pro- e Commissione Ue. (riproduzione riservata)
plausibile che all’inizio della
prossima settimana venga definita una roadmap. «Al momento
non c’è nessun programma, nessun calendario. Tutto dipende
dai tempi che ci detteranno le
autorità», spiega una fonte vicina al vertice di Mps, lasciando
intendere che la tempistica potrebbe non essere stringente.
Segnali incoraggianti arrivano
intanto da Bruxelles, che pure
non ha ancora espresso valutazioni ufficiali: la Commissione
Ue «condivide l’obiettivo delle
autorità italiane di rafforzare
il settore in linea con le regole
Ue» e «prende nota» del decreto approvato dal governo che
assegna «fondi per la ricapitalizzazione delle banche in caso
di necessità e come precauzione».
Che piano sarà quello a cui
da lunedì lavorerà il cda?
Non è detto che sia la copia di
quello messo a punto a cavallo dell’estate da Jp Morgan e
Mediobanca, anzi è molto probabile che la nuova strategia si
discosti in diversi punti dalla
precedente. A partire dallo schema per gestire i 27,7 miliardi di
sofferenze che Bce ha chiesto di
deconsolidare. Nei giorni scorsi
il fondo Atlante ha confermato
il proprio impegno nell’eventuale cartolarizzazione, anche se
l’impianto potrebbe essere diverso da quello messo a punto
da Jp Morgan. Ad esempio, si fa
notare, potrebbe non essere più
necessario il bridge loan che,
nel piano precedente, era previsto per finanziare la tranche
senior. Al contempo si dovrà definire lo schema di transazione
con i risparmiatori che hanno
sottoscritto il bond subordinato upper Tier 2, emesso del
2008 per finanziare l’acquisto
di Banca Antonveneta. Il decreto infatti non disciplina le forme
di ristoro per il retail, delegando la materia all’iniziativa delle
singole banche. Così dovrà fare
per prima Mps che comunque
coinvolgerà nel processo solo il
bond appena menzionato. Nulla
accadrà invece agli azionisti che
subiranno solo (si fa per dire)
una fisiologica e fortissima diluizione nel capitale della nuova
banca.
Tutto questo andrà definito
in stretto contatto con Roma e
l’agenda del cda sarà probabilmente molto fitta ancora per un
paio di mesi. Ecco perché oggi
un ricambio del vertice risulta
abbastanza improbabile. La si(continua a pag. 10)
MILANO FINANZA
10
(segue da pag. 8)
tuazione però potrebbe mutare
dopo la chiusura dell’aumento e
l’ingresso del Tesoro (la cui quota
secondo Equita potrebbe attestarsi al 62%). A Siena qualcuno
ipotizza che a quel punto il board
potrebbe presentarsi dimissionario e consentire così all’azionista
pubblico di esprimere una nuova
squadra di amministratori. Non
è detto che il rinnovo coinvolga
anche l’amministratore delegato,
visto che solo qualche mese fa la
nomina di Marco Morelli otteneva il placet di via XX Settembre.
In aggiunta, si fa notare, il fallimento del piano privato dipende
solo limitatamente dall’operato
del banchiere romano. Se mai
il cambio del capo azienda potrebbe rientrare nelle strategie
industriali che Roma deciderà di
mettere in atto dopo il salvataggio. Difficile insomma dire quale
potrebbe essere il candidato ideale per quella poltrona, anche se
il nome di Corrado Passera non
ha mai smesso di circolare in
ambienti finanziari.
Gli effetti del decreto salvarisparmio non si faranno sentire
solo su Mps. Da lunedì 5 dicembre a venerdì 23 l’indice Ftse
Italia Banche ha guadagnato
quasi 24 punti percentuali, recuperando le perdite incassate
dopo la Brexit in scia alle attese
per l’intervento dello stato nel
settore del credito. Segno che
il provvedimento del governo è
stato accolto con entusiasmo dagli investitori. Alcuni operatori
ritengono che l’effetto dell’ingresso del Tesoro in Mps potrà
essere paragonabile a quello
esercitato su Wall Street dalla
vittoria di Donald Trump alle
recenti elezioni presidenziali
Usa. In molti del resto ritengono che la doppia garanzia su
liquidità e capitale potrebbe stabilizzare il comparto dopo mesi
di forte volatilità e imprimere
un’accelerazione a titoli finora zavorrati dall’incertezza.
«Lontani dai preconcetti, con
spirito di realismo, esprimiamo
una valutazione prevalentemente positiva sul decreto legge
per la tutela del risparmio», ha
dichiarato il presidente dell’Abi
Antonio Patuelli, secondo cui il
provvedimento «tutela effettivamente i risparmiatori e
favorisce davvero la stabilità
delle banche, premesse indispensabili per una più robusta
ripresa dello sviluppo e dell’occupazione. Si tratta di misure
efficaci per prevenire ed evitare le crisi bancarie ed anche
le procedure di risoluzione e di
bail-in». Positiva anche la valutazione degli analisti di Moody’s:
«Quanto proposto è positivo per
i possessori delle obbligazioni
senior e per i depositanti delle
banche coinvolte, poiché intende aumentare la loro protezione
con capitale addizionale». (riproduzione riservata)
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24 Dicembre 2016
Il Monte è il primo caso in Italia di ricapitalizzazione
pubblica precauzionale. La protezione del governo è anche sulla
liquidità. Ma resta qualche nodo da sciogliere sull’Unione bancaria
DOPO LO SCUDO/3
Così il burden sharing
di Francesco Ninfole
L
a vicenda Mps è un caso finora unico per il settore bancario italiano. Il
bail-in è stato scongiurato, anche
se gli investitori in azioni e titoli
subordinati (quelli più rischiosi) subiranno perdite. L’istituto è ancora solvente,
ma risulta in deficit patrimoniale rispetto alle condizioni ipotetiche definite da Eba e Bce
negli scenari avversi dello stress test. Perciò
la banca senese potrà usufruire di una ricapitalizzazione pubblica precauzionale senza
essere messo in risoluzione (procedura che
avrebbe innescato il bail-in), come previsto
dall’articolo 32 della direttiva Brrd. La banca però dovrà sottostare alle regole sugli aiuti
di Stato e in particolare alla comunicazione
sul settore bancario della Commissione Ue
del 2013, che comporta il burden sharing e
la conversione dei titoli subordinati in azioni. Il bail-in sarebbe stato più gravoso perché
avrebbe comportato perdite potenziali anche
per obbligazionisti senior e correntisti oltre
100 mila euro, che invece saranno salvaguardati.
Il fardello dell’iniezione pubblica di denaro
ricadrà quindi soltanto sugli obbligazionisti
subordinati. Tra questi, tuttavia, i risparmiatori retail che hanno subito una vendita
fraudolenta (e che hanno sottoscritto il bond
Upper Tier 2 da 2,1 miliardi con scadenza nel
2018) potranno ricevere obbligazioni senior
in cambio delle azioni frutto della conversione. Il meccanismo prevede che i titoli tier 1
(sottoscritti perlopiù da clienti istituzionali)
saranno convertiti in azioni per un importo pari al 75% del nominale, mentre i titoli
Tier 2 (posseduti principalmente dal retail) al
100% del nominale. In seguito sarà possibile
il cambio dei titoli Upper Tier 2 in obbligazioni senior (si veda articolo a pagina 15) che la
banca proporrà «per porre fine o prevenire liti», ha fatto sapere Mps.
In questo modo il Tesoro vuole evitare crisi
di fiducia sulle banche come effetto collaterale del salvataggio. È quanto si è visto dopo
novembre 2015 quando è scattato il burden sharing delle quattro banche (Marche,
Etruria, Ferrara e Chieti), pochi giorni prima
che entrasse in vigore il bail-in (da gennaio 2016). La situazione allora era comunque
diversa: i quattro istituti sono stati messi in
risoluzione e di conseguenza i titoli subordinati hanno subito la svalutazione integrale
(e non la conversione). Anche i meccanismi
di rimborso saranno perciò diversi nelle due
vicende. Per le quattro banche è stato messo
a punto un rimborso senza arbitrato dell’80%
per chi ha un reddito lordo sotto 35 mila euro o un patrimonio mobiliare sotto 100 mila
euro.
Ora invece gli investitori subordinati retail
potranno ritrovarsi alla fine dell’operazione
con titoli senior più sicuri. «In caso di mis-selling, la banca può assicurare che non ci siano
effetti avversi sugli investitori retail in debito
subordinato, che otterrebbero in cambio uno
strumento più sicuro», ha spiegato un portavoce della Commissione. Il via libera Ue nel
caso specifico di Mps arriverà però soltanto
dopo la presentazione da parte della banca del
piano di ristrutturazione, che dovrà dimostrare la sostenibilità dell’istituto e dovrà essere
approvato anche dalla Bce. La nazionalizzazione di Mps sarà temporanea: l’istituto dovrà
essere ceduto sul mercato entro un massimo
di due anni, anche se la Commissione potrebbe imporre tempi più stringenti.
La protezione governativa si applicherà innanzitutto a Mps ma non è escluso che in
Pier Carlo
Padoan
Margrethe
Vestager
seguito riguardi anche altre banche, a condizione che emerga un fabbisogno di capitale «in
relazione a una prova di stress basata su uno
scenario avverso condotta a livello nazionale, dell’Unione Europea o del Meccanismo di
Vigilanza Unico», è scritto nel decreto.
Lo scudo del Tesoro, che ha una dotazione
complessiva di 20 miliardi, prevede oltre al
rafforzamento patrimoniale anche un secondo tipo di sostegno: quello alla liquidità delle
banche. Il Tesoro potrà rilasciare alle banche
che lo chiedano una garanzia su nuove obbligazioni da emettere a fronte del pagamento di
una commissione. Così le obbligazioni presenteranno per il sottoscrittore il grado di rischio
dello Stato e non quello della banca emittente.
«Le banche potranno avere accesso al mercato anche se sottoposte a tensioni e reperire le
risorse finanziarie di cui avessero bisogno a
condizioni analoghe a quelle dello Stato italiano», ha spiegato il governo.
Il costo delle garanzie, secondo quanto previsto dal decreto legge, sarà fissato caso per
caso anche in base al rischio della banca. Per
le passività con durata originaria di almeno 12 mesi sarà applicata una commissione
di base dello 0,4% più un altro valore legato
agli spread sui cds, all’indice iTraxx Europe
Senior Financial e ad altre variabili di mercato. Per passività con durata originaria
inferiore a 12 mesi sarà applicata una com-
missione pari alla somma di una commissione
di base dello 0,5% e di una commissione basata sul rischio uguale a 0,20 punti percentuali
nel caso di banche aventi un rating del debito senior unsecured di A+ o A ed equivalenti,
a 0,30 punti percentuali nel caso di banche
aventi un rating di A- o equivalente, e a 0,40
punti percentuali per banche aventi un rating
inferiore a A- o prive di rating.
L’accesso alla liquidità potrà essere assicurato anche attraverso un altro tipo di garanzia
statale, quella sui finanziamenti di emergenza che la Banca d’Italia erogasse per
fare fronte alla crisi di liquidità di una banca (Ela o Emergency Liquidity Assistance).
Le condizioni di rilascio delle garanzie sono state concordate preventivamente con la
Commissione europea, che a breve dovrebbe
prolungare l’ok alle misure di liquidità in scadenza a fine anno.
Per entrambe le forme di garanzia è richiesto
che la banca rispetti i requisiti patrimoniali
e non abbia evidenziato carenze patrimoniali nell’ambito di stress test. Nei casi in cui
queste condizioni non siano rispettate (come
per Mps), la garanzia «può essere rilasciata previa decisione positiva da parte della
Commissione europea sulla compatibilità
con il quadro normativo sugli aiuti di Stato»,
ha precisato il governo.
Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha
espresso «una valutazione prevalentemente
positiva» sul decreto legge per la tutela del
risparmio. «Si tratta di misure efficaci per prevenire ed evitare le crisi bancarie ed anche le
procedure di risoluzione e di bail-in, sul quale
permangono le riserve sulla sua coerenza con
la Costituzione della Repubblica».
La vicenda Mps ha mostrato che le regole del
bail-in, difese a spada tratta in Europa, alla prova dei fatti sono uno spauracchio per i
governi, che fanno tutto il possibile per evitarle allo scopo di scongiurare conseguenze
per la stabilità finanziaria. Se il bail-in fosse
davvero la soluzione migliore nelle crisi bancarie, probabilmente non ci sarebbe una corsa
continua alla ricerca di deroghe per non applicarlo, a cominciare dall’articolo 32 della
Brrd. Allo stesso modo il caso dell’istituto senese ha evidenziato la necessità di uno scudo
statale come ultimo baluardo in assenza di soluzioni di mercato, anche se per il momento
si tratta di una protezione soltanto nazionale
(uno dei maggiori difetti dell’Unione bancaria per come è adesso). Va inoltre ricordato
che il burden sharing è stato applicato nel
caso Montepaschi secondo la comunicazione della Commissione del 2013, un atto di
Bruxelles che non è passato dall’approvazione dei governi e del Parlamento Ue ma è stata
un’interpretazione dell’esecutivo Ue rispetto alla normativa primaria. Anche la Corte
di Giustizia Ue ha recentemente messo in
discussione la comunicazione di Bruxelles,
precisando che non ha effetti vincolanti per
gli Stati anche se è valida per i giudizi della
Commissione sugli aiuti di Stato. Per molti
aspetti anche dopo la vicenda Mps appare
chiaro che i meccanismi di salvataggio europei non siano ottimali e che resti necessario
realizzare un’Unione bancaria più completa.
(riproduzione riservata)
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24 Dicembre 2016
MILANO FINANZA
11
Fugnoli (Kairos): ora le banche saranno il traino di Piazza Affari
di Paola Valentini
L’
atteso rally di Piazza Affari che
ogni anno, per tradizione, ci si
chiede se avverrà, ma puntualmente non si materializza, nel 2016
c’è stato per davvero. E, ironia, proprio
quest’anno nessuno si era posto la questione perché tutti si aspettavano che la
vittoria del No al referendum costituzionale del 4 dicembre avrebbe pesato
ancora di più sulla borsa italiana. E invece, sorpresa, a dicembre Piazza Affari
ha guadagnato il 14%, riducendo il rosso da inizio 2016 al -9,8% dopo che nel
corso dell’anno la borsa era arrivata
a perdere oltre il 23%. Un rally innescato dal rimbalzo post-referendum
prodotto dalle ricoperture di investitori che avevano scommesso contro
l’Italia nel periodo precedente al voto.
Poi due eventi-chiave hanno fornito benzina al recupero del comparto bancario
(che ha un peso rilevante sull’indice di
borsa), i cui ben noti problemi hanno
finora tenuto sotto scacco il listino italiano. Prima la buona accoglienza del
piano industriale di Unicredit, che il
13 dicembre ha annunciato un maxiaumento di capitale da 13 miliardi di
euro, il maggiore della borsa italiana di
tutti i tempi, e a seguire nella notte tra il
22 e il 23 dicembre il salvataggio in extremis del Monte dei Paschi di Siena da
parte del Tesoro italiano. Tanto che uno
strategist tradizionalmente cauto come
Alessandro Fugnoli, di Kairos, nella sua
ultima newsletter «Il Rosso e il Nero»
pubblicata all’indomani dell’ingresso
del Tesoro nella banca senese interviene esponendosi in modo piuttosto netto
sulla borsa italiana. «L’Italia, nonostan-
te la conclusione non particolarmente
gloriosa di questo ciclo di ricapitalizzazione delle banche, trarrà vantaggio
dal fatto di averlo comunque portato a
termine, in un modo o nell’altro, e potrà addirittura fare meglio, in borsa, del
resto dell’Europa, almeno per qualche
tempo», scrive Fugnoli.
In generale, lo strategist di Kairos
crede che il Vecchio Continente possa
beneficiare di un mix di fattori favorevoli, anche se la situazione economica
e politica resterà incerta. «Nella sua
fragilità l’Europa continuerà dunque
a fare ricorso a lenitivi, antidolorifici
e antidepressivi come l’euro sottovalutato e il Quantitative easing, ai quali
si aggiungerà un ulteriore modesto
addolcimento della politica fiscale,
che resterà comunque ispirata all’austerità. Questi rimedi non saranno
assolutamente risolutivi, ma permetteranno di tirare avanti e lasceranno
alle borse europee la possibilità di seguire Wall Street al rialzo e perfino di
superarla, almeno temporaneamente,
grazie al cambio favorevole dell’euro
nei confronti del dollaro». Ma per il
breve termine lo strategist raccomanda
in generale una certa prudenza tattica.
«Molte vendite in America sono state
rinviate all’anno nuovo, quando verosimilmente si pagheranno tasse sui
capital gain più basse di quelle di oggi. A partire dal 10 gennaio avremo
poi i risultati trimestrali ed è difficile
pensare che il dollaro forte non abbia
fatto qualche vittima tra gli esportatori. Da qui a fine anno, quindi, si potrà
accumulare un po’ di liquidità da usare eventualmente in gennaio», conclude
Fugnoli. (riproduzione riservata)
Il groviglio armonioso non c’è più: è stato il grande errore di Siena
S
i ritorna, con una scelta inversa,
a 25 anni fa, allorché, con la riforma della banca pubblica, il Monte
dei Paschi si scisse in fondazione e spa
bancaria, perdendo la caratteristica
pubblicistica secolare, anche se sotto il
controllo della Fondazione, la quale, per
la verità, al pari degli altri soggetti della
categoria, è un ente privato di utilità sociale, come li ha definiti la Consulta. La
pubblicizzazione del Monte risponde al
fallimento del mercato e, naturalmente,
il percorso a ritroso di un quarto di secolo non significa che si sia ritornati a
quei tempi e a quel contesto. Del resto,
quando diffusamente si contestavano i
progetti di un intervento dello Stato per
una nazionalizzazione, totale o parziale,
dell’Istituto, il Governatore della Banca
d’Italia, Ignazio Visco, non mancò di richiamare, in via generale, la possibilità di
un intervento pubblico nel sistema bancario, sia pure come extrema ratio, ma
riconoscendone la piena legittimità.
L’esito al quale, nella notte tra il 22 e il 23
dicembre, il Governo è arrivato approvando il decreto per il sostegno pubblico alla
ricapitalizzazione, dopo aver constatato il
fallimento dell’opzione privatistica, non è
il prodotto di un destino cinico e baro. Era
inscritto nella dura pervicacia di tutti i
partiti locali e con collegamenti nazionali
– in primis inizialmente il Pci, pur con le
differenze al suo interno, e i suoi successori – e delle associazioni anche religiose,
nonché dei sindacati di voler fare mantenere alla Fondazione il controllo pieno
della Banca Montepaschi, quando addirittura per questo scopo sarebbe bastato
molto meno di oltre il 50%.
All’uopo, si sceglieva di immettere negli organi deliberativi della stessa
Fondazione, come ha notato Giuseppe
Guzzetti, presidente dell’Acri, esponenti
degli enti pubblici territoriali nella stragrande maggioranza, in violazione della
legge Ciampi, di fatto alterando quella
che avrebbe dovuto essere la governance
di un soggetto sostanzialmente privato.
Chi scrive ricorda che, allorché si discuteva della riforma della banca pubblica,
a un seminario che si teneva sull’argomento, a Roma, venne da Siena per
parteciparvi una delegazione del Pci,
che mostrava una evidente preoccupazione; tuttavia, quando seppe che non di
privatizzazione vera e propria si sarebbe trattato, perché sarebbe rimasta la
di Angelo De Mattia
possibilità del controllo pubblico anche
oltre il 50%, la delegazione lasciò immediatamente, pienamente rassicurata, la
riunione che era solo agli inizi.
L’altro grande errore fu compiuto quando la Fondazione non volle recepire le
ripetute sollecitazioni della Banca d’Italia, tra la fine degli anni novanta e gli
inizi di quelli duemila, perché scendesse nella partecipazione nella Banca spa,
maggiormente perché si prospettava la
possibilità di un’aggregazione con la Bnl.
Queste sollecitazioni, anche per i cattivi
suggerimenti di esponenti politici nazionali ai quali parti della comunità senese
facevano riferimento, furono ciecamente
intese come una volontà punitiva, quando, invece, esse guardavano al futuro, agli
oneri che avrebbe comportato il mantenimento di quel livello di interessenza
in un contesto in rapida trasformazione
con le spinte alla concorrenza, l’integrazione dei mercati, gli sviluppi dell’Unione
economica e monetaria, alla necessità di
assumere lucidamente prospettive chiare che riducessero i diversi rischi.
Tutela della stabilità e valorizzazione
della sana e prudente gestione erano
alla base di questi inviti. Essi costituivano altresì un modo per preservare gli
aspetti meritevoli di protezione di quella
peculiarità definita come senesità e per
rinunciare ad altri non più sostenibili
mettendosi in condizione, come istituto
tra i primi a livello nazionale, di competere ad armi pari con i concorrenti, e
rispondendo più efficacemente alle attese
di risparmiatori e prenditori di credito.
I peccati, originale e successivi, si acuiscono con la sciagurata decisione di
acquistare l’Antonveneta: sarà stata la
risposta a pressioni politiche dovute al
timore di una conquista del Monte da
parte di altre banche; sarà stato uno
smodato desiderio di grandeur del vertice di allora; sarà stato, ancora, l’intento
illusorio di risolvere problemi dei quali
magari si cominciava a percepire il sopravvenire; si sarà, infine, trattato della
fanciullesca voglia di fare un affare non
sapendo di doversi confrontare con un
personaggio del calibro internazionale,
proprio nel campo degli affari, di Emilio
Botin, dominus del Santander: sta di fatto che quella operazione, che sulle prime
era stata ben vista da tutti gli osservatori, quando poi se ne sono conosciuti i
diversi aspetti e quel che l’aveva preceduta e seguita, è nettamente apparsa
nella sua effettiva configurazione rovinosa con l’unica conseguenza positiva, non
per il Monte, Siena o l’Italia, bensì per la
enorme plusvalenza – oltre 3 miliardi –
conseguita dalla banca spagnola con un
semplice passaggio di carte attestante
la proprietà di Antonveneta, conseguita
per il dissesto di Abn Amro e trasferita
al Monte. L’acquisizione avvenne anche sulla base di un’autorizzazione che
singolarmente metteva in conto, come
proposto dalle strutture della Vigilanza,
la necessità , per l’Istituto senese, di porsi
in regola con i ratios entro un dato periodo di tempo.
In sede storica, si tratta di riflettere ancora su autorizzazioni e ispezioni, a maggior
ragione ora che i vertici di Via Nazionale
sono completamente diversi da quelli di
allora. L’acquisizione in questione finisce con il verificarsi in piena tempesta
finanziaria perfetta, mentre emergono
gravi operazioni compiute ai fini della
stessa operazione. La catena degli errori
vede aggiungersi altri anelli. Quando, finalmente, al vertice dell’Istituto, che nel
frattempo ha fatto ricorso all’emissione
dei Tremonti e dei Monti bond, arrivano
Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, si
imbocca decisamente la strada del risanamento e del rilancio.
Intanto, il Governo Monti ha deciso,
commettendo un grave errore, di non
ricorrere ai fondi europei per la ricapitalizzazione delle banche, di quelle cioè
in difficoltà, con la motivazione dei rischi del controllo, conseguente, da parte
della Troika e per non subire lo stigma
della richiesta di appoggio europeo. Altro
grave errore viene compiuto dai passati
Governi nell’accettare, senza porre il veto,
la direttiva comunitaria sulla risoluzione
delle banche e sul bail-in e, prima ancora, la Comunicazione della Commissione
Ue sul burden sharing; si aggiunge una
Vigilanza unica formalistica, che comunica pessimamente, dalla qual cosa
derivano conseguenze negative per il
Monte, e che sollecita dotazioni aggiuntive di capitale solo sulla base degli stress
test che vengono svolti secondo scenari
di rara verificabilità: una Vigilanza che
è assolutamente carente nell’utilizzo di
mezzi per una funzione preventiva; non
poche voci e commenti, in una con prese di posizione istituzionali, finiscono con
l’intralciare il lavoro di Profumo e Viola
fino a quando il primo lascia la carica e,
successivamente, il secondo viene sostituito con un diktat governativo facente
leva sulla qualità di primo azionista rivestita dal Tesoro con il 4 per cento, dopo
che si è deciso di consegnarsi mani e piedi all’illusorio salvatore, Jp Morgan. E qui
si commette l’errore conclusivo, mentre la
Fondazione vede ridurre la partecipazione ai minimi termini, errore che diventa
il colpo di grazia, rinviando dagli inizi di
luglio a dopo il referendum la ricapitalizzazione e assicurando che, con l’intervento
della banca d’affari americana, si sarebbe
aperta, secondo il Governo, la strada verso sorti magnifiche e progressive. Sarebbe
giusto, impregiudicata restando la possibilità di altre iniziative, che tutti coloro
che hanno concorso all’esito funesto pubblicamente recitassero un’autocritica, se
non altro per avere la legittimità, la credibilità e la fiducia nel proporre le azioni
di rilancio. È fondamentale la tutela integrale degli obbligazionisti subordinati
retail, anche attraverso il procedimento
che viene delineato partendo dalla conversione forzosa in azioni: riconosciuto
il carattere di mala gestio nell’operazione di acquisizione di Antonveneta, si può
ritenere che tutto ciò che ha concorso a
finanziarla o, comunque, è stato necessario dopo sia ascrivibile, per la parte che
riguarda il collocamento dei titoli, a misselling. Ma, poi, vanno tutelati i lavoratori
che hanno operato con grande dedizione
e si sono, tutti, impegnati per la salvezza del Monte.
Fondamentali saranno il nuovo piano industriale e i rapporti che di svolgeranno
tra il nuovo azionista di riferimento, la
Commissione Ue e la Vigilanza unica.
Occorre dare un segnale di discontinuità e, allora, sarà bene rivedere ab imis la
governance e riconsiderare i componenti
dei relativi organi. Il segnale salva-risparmio lo richiede. Il groviglio armonioso
– come fu definito – al cui centro erano
Fondazione e Monte non esiste più e rischia, semmai, di essere una trappola.
Ma, se si è capaci di riformare e di innovare, si deve, allora, guardare con serenità
al futuro. (riproduzione riservata)