Intervento Scaramuzzi 20 dicembre 2016

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Transcript Intervento Scaramuzzi 20 dicembre 2016

Franco Scaramuzzi
Intervento del 20 dicembre 2016
Consentitemi di ringraziare innanzitutto il prof. Maracchi che, pur avendo
avuto una giornata faticosa, ha voluto rimanere con noi per l'odierna presentazione
di un nuovo libro. Ringrazio sentitamente Maurizio Naldini per l'impegno che ha
profuso nel realizzare, a distanza di 10 anni, due libri che hanno riguardato le mie
attività. Sono molto grato ai tre illustri scrittori-giornalisti (Matteo Bernardelli,
Lorenzo Frassoldati e Alessandro Maresca), che hanno accettato di collaborare nel
commentare, con la loro specifica esperienza, questa odierna pubblicazione, nata
dalla complessa realtà confusamente aggrovigliatasi nella nostra società. Altrettanta
gratitudine a Mauro Pagliai, editore delle mie pubblicazioni.
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito e partecipato con attenzione alle non
certo facili analisi e riflessioni sui temi trattati. Vorrei che non si perdessero i fili
conduttori che hanno consentito di dare continuità storica ad eventi del XX secolo,
senza accorgersi che i cambiamenti erano sufficienti per portare su strade diverse,
ma creando sbandamenti e timori per il futuro. E' infatti un'unica storia con la quale
concludo in estrema sintesi, perchè rimanga chiara nella memoria delle nuove
generazioni.
Alla fine dell'ultimo conflitto mondiale, una serie di provvedimenti negativi è
stata adottata nei confronti delle nostre ampie zone agricole (riforme fondiarie e
agrarie, revisione dei contratti e abolizione della mezzadria, ecc.). Si aggiunsero poi
le direttive comunitarie prodotte per riconvertire e riequilibrare le produzioni
agricole dei diversi Stati membri. Mentre continue manifestazioni di piazza
richiedevano "pane e lavoro" e "terra ai contadini". Ma proprio questi ultimi
preferirono autonomamente emigrare nelle zone industriali, urbanizzate,
provocando una rapida diminuzione della manodopera disponibile nelle campagne.
Ciò favorì la ricostruzione del Paese e si passò presto ad una ripresa agricola
(chiamata poi "rivoluzione verde"), grazie ad un efficiente sviluppo delle tecnologie
(meccanizzazione, miglioramento genetico, razionalizzazioni colturali, passaggio
dalle consociazioni promiscue alle specializzazioni). I singoli appezzamenti furono
allargati e i costi di produzione si abbassarono. La manodopera agricola scese
numericamente a meno del 5%. Ma la produttività non mancò di soddisfare il
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complessivo fabbisogno nazionale. Anche il paesaggio agricolo dovette adeguarsi e
cambiare fortemente aspetto. I Georgofili seguirono questi mutamenti in molte
nostre regioni, anche con dibattiti itineranti, le cui considerazioni sono conservate
negli storici Atti di questa Accademia.
Seguì quindi un terzo periodo che ci ha portato alla situazione attuale.
Qualcuno ha considerato la crisi iniziata nel 2007 soltanto come finanziaria. Ma la
vera grande crisi, tuttora in atto, dimostra invece di essere plurima, complessa e
letale per la nostra agricoltura, già dall'inizio del terzo millennio.
Questa storica sintesi aiuta ad analizzare e comprendere meglio tutto ciò che
ha riguardato il passaggio delle competenze del settore agricolo dallo Stato alle
Regioni. Anche l'Europa ha preteso di guidare gli indirizzi agricoli, concedendo
contributi finanziari legati a direttive verticistiche e certamente di una PAC non
eterna. Le mutazioni dell'agricoltura sono state troppo facilmente e fugacemente
introdotte dall'articolo V° dell'attuale nostra Costituzione.
Anche il nuovo volume presentato oggi, non evidenzia più le nuove e
incessanti annotazioni critiche e negative. Ma continuo ad auspicare che vengano
dibattute pubblicamente, seguendo lo spirito e il metodo di lavoro di cui
all'intervista richiestami da Naldini. E' però opportuna una maggiore e tempestiva
attenzione, perchè la pianificazione territoriale e paesaggistica tende già ad essere
considerata un diritto esercitabile su qualsiasi bene privato che possa essere
dichiarato di "interesse pubblico". Ciò porterebbe facilmente a eliminare qualsiasi
limite amministrativo, anche nella vasta gamma delle tante attività produttive
(come, ad esempio, per le cave di marmo toscane).
Il libro presentato non ha potuto contemplare adeguatamente le crescenti
pressioni che tendono a rilasciare impronte populistiche, spinte sempre più nella
quotidiana vita collettiva, ove ciascuno può esprimere la presunzione di essere in
grado di fare tutto da solo e con la propria testa. La politica ha, nel tempo, ritenuto
che fosse suo dovere orientare l'educazione e la formazione della società. Le vecchie
realtà mutano però con i governanti, che preferirebbero escludere qualsiasi
populismo, per non perdere consensi. Oggi ci stiamo trovando di fronte a vari e
contestuali populismi, che cercano di differenziarsi e contrapporsi tra loro,
battendosi per prevalere. Nel corso degli ultimi avvenimenti, il nostro Paese ha
avuto difficoltà a tenere testa alle troppe divisioni diverse che non aiutano la
crescita economica e il raggiungimento di un maggiore benessere sociale.
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Vi è quindi bisogno di qualità ed efficienza delle strutture istituzionali
preposte a reggere una potenziale unità nazionale. Stiamo invece subendo un
diffuso declino del "senso dello Stato" e della "fiducia nella politica". Come nazione,
la sentiamo in balia di contrastanti direttive della UE e delle singole nostre Regioni,
senza una indispensabile guida unitaria.
Riferendosi all'agricoltura, è bene chiarire che non si tratta di conservare e
tantomeno ripristinare quelle del nostro glorioso passato e neppure di sostenerla
con contributi finanziari pubblici e privati che non potranno essere mantenuti,
sopratutto se si continuerà a non prestare rispetto per le libertà imprenditoriali. Non
si cerca di aumentare il numero delle aziende e dei lavoratori ad esse addetti, ma
incrementare il lavoro e le produzioni quantitativamente e qualitativamente
competitive, quindi con redditi adeguati. Non con le stesse innovazioni del passato,
ma con nuove idee ed equilibri che si presenteranno sempre più numerosi. La
grande crisi che stiamo attraversando verrà certamente dominata, ma lasciandoci
ormai eredi di una serie di cambiamenti, anche nel nostro stesso modo di essere e di
operare, con problemi spesso ormai generazionali.
Ho sempre evidenziato la fiducia che è necessario riporre nello sviluppo della
ricerca scientifica. Nell'intervista fattami da Maurizio Naldini (capitolo 11 del nuovo
libro), è stato chiesto di fornire un esempio di ricerca molto importante e in corso.
Ho scelto un esempio di largo interesse. Per evitare qualsiasi malinteso, ricorderò
che l'attuale attività dell'intera ricerca mondiale è molto vasta in ogni settore e si
avvale sempre più di crescenti progetti mondiali.
Le valutazioni che possiamo oggi trarre, a ogni livello di interesse, non
consentiranno alla politica di conquistare interamente tutto ciò che sarà considerato
irrinunciabile. Si dovrà condividerne la gestione e i diritti, per essere sempre pronti a
soddisfare l'insieme degli interessi generali di ogni singolo Paese, così come ha
cominciato da qualche tempo ad avvenire anche da noi, in nome di un generale e
unico interesse nazionale. Anche questa politica potrebbe essere una benemerita
manifestazione di "ottimismo della volontà". La pubblicazione presentata intende
infatti aprire nuovi orizzonti per diffondervi serenità. Confidiamo che la ricerca
scientifica con i suoi grandi progressi, possa aiutarci a utilizzare "il tempo delle idee"
(che non ha infatti limiti di età), per modificare le spiacevoli realtà nelle quali
"distrattamente" siamo caduti.
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