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DIRITTO DI STAMPA

DIRITTO DI STAMPA
Il diritto di stampa era quello che, nell’università di un tempo, veniva a meritare
l’elaborato scritto di uno studente, anzitutto la tesi di laurea, di cui fosse stata
dichiarata la dignità di stampa. Le spese di edizione erano, budget permettendo, a
carico dell’istituzione accademica coinvolta. Conseguenze immediate: a parte la
soddisfazione personale dello studente, del relatore e del correlatore, un vantaggio
per il curricolo professionale dell’autore, eventuali opportunità di carriera accademica e possibili ricadute positive d’immagine per tutti gli interessati. Università
compresa.
La dignità di stampa e, se possibile, il diritto di stampa erano quindi determinati dalla cura formale della trattazione, dalla relativa novità del tema di studio,
dall’originalità del punto di vista e magari dai risultati “scientifici” della tesi: e
cioè quel “vuoto” che, in via di ipotesi, si veniva a riempire in un determinato
“stato dell’arte”, e dunque dal valore metodologico, anche in termini applicativi,
della materia di studio e dei suoi risultati tra didattica e ricerca. Caratteristica del
diritto di stampa, in tale logica, la discrezionalità e l’eccezionalità. La prospettiva di
contribuire, così facendo, alla formazione di élites intellettuali. Sulla scia di questa
tradizione, e sul presupposto che anche l’università di oggi, per quanto variamente
riformata e aperta ad un’utenza di massa, sia pur sempre un luogo di ricerca,
nasce questa collana Diritto di stampa. Sul presupposto, cioè, che la pubblicità
dei risultati migliori della didattica universitaria sia essa stessa parte organica e
momento procedurale dello studio, dell’indagine: e che pertanto, ferme restando
la responsabilità della scelta e la garanzia della qualità del prodotto editoriale, il
diritto di stampa debba essere esteso piuttosto che ridotto. Esteso, nel segno di un
elevamento del potenziale euristico e della capacità critica del maggior numero
possibile di studenti. Un diritto di stampa, che però comporta precisi doveri per la
stampa: il dovere di una selezione “mirata” del materiale didattico e scientifico a
disposizione; il dovere di una cura redazionale e di un aggiornamento bibliografico
ulteriori; il dovere della collegialità ed insieme dell’individuazione dei limiti e delle
possibilità dell’indagine: limiti e possibilità di contenuto, di ipotesi, di strumenti,
di obiettivi scientifici e didattici, di interdisciplinarità. Un diritto di stampa, che
cioè collabori francamente, in qualche modo, ad una riflessione sulle peculiarità
istituzionali odierne del lavoro accademico e dei suoi esiti.
Questa Collana, dunque, prova a restituire l’immagine in movimento di un
laboratorio universitario di studenti e docenti. E l’idea che alcuni dei risultati più
apprezzabili, come le tesi di laurea prescelte, possano mettersi nuovamente in
discussione mediante i giudizi e gli stimoli di studiosi competenti.
Federico Stella
Politica e conoscenza
nella filosofia di al–Fārābı̄
Le scienze filosofiche e la gerarchia dei saperi
Prefazioni di
Leonardo Capezzone
Mauro Zonta
Aracne editrice
www.aracneeditrice.it
[email protected]
Copyright © MMXVI
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale
www.gioacchinoonoratieditore.it
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via Sotto le mura, 
 Canterano (RM)
() 
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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 
A mia madre e a mio padre
Anche chi è amante del mito in un
certo senso è filosofo.
Aristotele, Metafisica
Indice
11
Prefazione
di Leonardo Capezzone
15
Prefazione
di Mauro Zonta
17
Introduzione
21
Capitolo I
Letture ed interpretazioni
1.1. Esiste una filosofia politica?, 021 – 1.2. Neoplatonismo e scrittura reticente, 024
– 1.3. La menzogna benefica, 032 – 1.4. L’illuminismo esoterico religioso medievale, 035
47
Capitolo II
La profezia
2.1. Prima e dopo il Corano, 047 – 2.2. La profetologia filosofica di al-Frb, 055 –
2.3. Al-Frb e il profeta dell’Islam, 067
73
Capitolo III
La fondazione della filosofia
3.1. Platone: scienza politica e metodo dialettico, 073 – 3.2. Aristotele: il metodo
dimostrativo, 100
117
Capitolo IV
Il mito e la Grecia
4.1. Una zona d’ombra, 117 – 4.2. Filosofia e Legge, in Grecia, 131
9
10
143
Indice
Capitolo V
L’organizzazione del sapere. Scienze religiose e scienze filosofiche
5.1. La genesi del problema, 143 – 5.2. L’Enumerazione delle scienze di al-Frb,
147 – 5.3. La classificazione dei Fratelli della Purità, 165 – 5.4. La classificazione di
Avicenna, 171
175
Capitolo VI
Politica, conoscenza e religione
6.1. Élite e masse, 175 – 6.2. L’eredità di al-Frb, 188 – 6.3. La critica della religione, 195
201
Conclusioni
207
Appendice
Classificazioni scientifiche ed egemonia culturale
223
Bibliogra!a
Prefazione
di LEONARDO CAPEZZONE∗
Nel percorso filosofico di al-Frb (m. 950), il massimo filosofo
del medioevo islamico insieme ad Avicenna e Averroè, è fondamentale il rapporto tra pensiero filosofico e rivelazione sotto il duplice
aspetto epistemologico e politico. Lo studio di Federico Stella che qui
si presenta analizza in maniera paziente e puntuale alcuni aspetti rilevanti di questo rapporto complesso e articolato che il filosofo ha trattato in quasi tutte le sue opere.
Un aspetto su cui Stella porta un valido contributo alla conoscenza
del pensiero farabiano è secondo me quello che in termini generali
possiamo chiamare il quadro sociale e politico entro cui il filosofo imposta e sviluppa il rapporto tra filosofia e rivelazione; questo rapporto
non si esaurisce nell’ambito dell’epistemologia e della pura teoresi,
ma sembra quasi costituire la materia che informa l’articolazione di un
altro complesso rapporto: quello fra élite e masse, spia della lettura farabiana di Platone portata alla luce da Leo Strauss, e attraverso cui alFrb espone la diversa funzione della filosofia e della rivelazione
nello spazio politico della città.
Per al-Frb, la filosofia e tutte le discipline da essa dipendenti
hanno un valore universale e hanno come fine la conoscenza delle cose così come sono, nella loro essenza e tramite un metodo dimostrativo. Essendo una disciplina che richiede un lungo e costante studio, la
filosofia può essere appresa solo da una ristretta cerchia di persone.
Costoro, resi virtuosi dalla forza morale che la formazione filosofica
produce, dovrebbero essere anche posti a capo delle città perfetta, poiché il loro sapere, certo e fondato sul procedimento dimostrativo, sarebbe in grado di guidare nel migliore dei modi le masse. Queste ultime, al contrario, non sono in grado di conoscere secondo il metodo
dimostrativo – l’unico che consente di pervenire all’essenza delle cose
∗
Professore associato di Storia dei paesi islamici presso la Sapienza – Università di Roma.
11
12
Prefazione
– e pertanto devono ricorrere ad una forma di conoscenza basata
sull'immaginazione e sulla rappresentazione dei concetti mediante narrazioni e parabole. Il compito di indirizzare le masse e e guidarle verso
la perfezione nei limiti delle loro possibilità spetta allora all'élite politico-filosofica. Su questa differenza di natura sociologica poggia la distinzione, e la tensione che verrà poi radicalizzata con Averroè, tra la
comprensione filosofica della Legge (attraverso cui si esplica la funzione politica della rivelazione) e la comprensione religiosa della medesima.
La verità contenuta nella rivelazione non è mai messa in dubbio da
al-Frb, il quale non critica le scienze religiose da essa derivanti – la
giurisprudenza e la teologia –, ma ne sottolinea anzi la validità per il
corretto funzionamento di una determinata comunità umana. Le scienze religiose hanno infatti valenza particolare, sono cioè valide solo per
una specifica comunità storica e non per altre. Mentre la giurisprudenza serve a determinare e inferire quelle leggi che non sono state esplicitate in modo diretto dal Profeta nella rivelazione, la teologia ha una
funzione esclusivamente apologetica, poiché è fondata su un metodo
non propriamente dimostrativo che non le permette di formulare costrutti dotati di certezza del sapere. Il rapporto tra le due sfere della
conoscenza, filosofica e religiosa, è esposto in modo esaustivo nell'Enumerazione delle scienze, ma è anche affrontato in altre opere, come
ad esempio il Libro della religione, dove al-Frb attribuisce alla
scienza politica il grado più alto all'interno delle scienze filosofiche e
non solo, poiché essa è anche in grado di spiegare col metodo dimostrativo l'ordinamento cosmico instaurato da Dio e le dinamiche della
Rivelazione. La filosofia e la scienza politica devono dunque essere
preposte alle scienze religiose, poiché, come il filosofo afferma nel
Libro delle Lettere, solo in una comunità in cui la filosofia si è sviluppata al massimo grado potrà esistere una religione eccelsa. L’indagine
di Federico Stella si sofferma con puntualità anche su un altro aspetto
del pensiero politico farabiano, partecipando ad un dibattito che contraddistingue la tradizioni di studi farabiani. Al-Frb è chiaramente
l’esponente di spicco di un razionalismo estremo, quasi un aristotelismo radicale, che pur non criticando mai le scienze religiose le relega
all'unica funzione, che potremmo definire anche pedagogica, di discipline volte all'organizzazione civile e politica delle masse e della città.
Dalla lettura proposta da Stella emergono spunti innovativi per la
comprensione del pensiero farabiano inteso come critica delle religio-
Prefazione
13
ne: una critica forse implicita – riflesso di quella scrittura reticente su
cui Leo Strauss ha edificato la sua discussa teoria della dissimulazione
della filosofia? – ma che sembrerebbe contenere in nuce i termini con
cui il pensiero occidentale l’ha elaborata esplicitamente (come nella
critica pre-illuminista di Spinoza – ancorché influenzata, come sembra
trasparire da ricerche recenti, da Averroè – e poi in quella illuminista),
e che come tale getta comunque le basi per il futuro svolgimento del
dibattito tra rivelazione e filosofia.
Prefazione
di MAURO ZONTA
Il libro di Federico Stella, Politica e conoscenza nella filosofia di
al-FƗrƗbƯ, è certamente interessante e utile, soprattutto in quanto
informa chi oggi studia storia della filosofia araba, specialmente
islamica e medievale, sugli sviluppi del pensiero più recente al
riguardo. L'opera, ricca di bibliografia rappresentata dalle traduzioni
in lingue moderne delle opere alfarabiane sul tema sociopolitico, e
provvista di un'ampia bibliografia secondaria, merita sicuramente
un'attenta considerazione, anche e innanzitutto da parte degli studiosi
italiani che da alcuni decenni si occupano del settore. Personalmente,
chi scrive ha senz'altro apprezzato l'autore, che con lui ha sostenuto
alcuni esami universitari con successo e si è laureato alcuni anni fa.
Certo, gli studi di tempi più recenti hanno tentato di approfondire
anche altri aspetti di questo settore. Esisterebbe per esempio
l'occasione per poter sviluppare un tema finora relativamente poco
studiato in ambito italiano: la filosofia politica non solo e non tanto
nell'area arabo-islamica, ma anche in quella ebraica, soprattutto
medievale. Uno dei pochi studiosi del campo, Abraham Melamed
dell'Università di Haifa, è autore di un libro, The Philosopher-King in
Medieval and Renaissance Jewish Political Thought, uscito nel 2002,
dove diversi aspetti del pensiero politico arabo, anche di al-FƗrƗbƯ,
sono stati successivamente riletti e interpretati nel mondo ebraico
europeo occidentale, dal 1100 al 1600. Sarebbe forse proficuo che
quest'ambito di studi possa diventare innanzitutto oggetto di edizioni
in italiano, e poi elemento per ulteriore impulso al lavoro, già così ben
avviato, di Federico Stella, al quale rinnovo le più vive
congratulazioni.
Professore associato di Storia della filosofia ebraica presso la Sapienza – Università di Roma.
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