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Editoriale
Il cammino e l’anziano
Prof. Massimo Palleschi
Questo argomento comprende molteplici aspetti,ma per
motivi di chiarezza ricorrerò ad uno estremo schematismo
che prevede tre temi fondamentali.
Un primo problema riguarda il cammino come passeggiata,
come un modo per facilitare un dolce pensareoppure ancora
per vedere luoghi ameni e/o sconosciuti o per socializzare.
Un secondo aspetto riguarda la salute dell’uomo,
rappresentando uno dei mezzi principali per svolgere attività
fisica ed ostacolare la sedentarietà: ha un significato
prevalente di prevenzione.
Un terzo tema è quello che si riferisce alla deambulazione,
cioè alla capacità di camminare,alla sua compromissione in
numerose malattie,alle misure da erogare precocemente per
ripristinare questa funzione così rilevante per l’autonomia
delle persone.
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In questo ambito è importante anche l’analisi dei
cambiamenti fisiologici del cammino in età senile.
Il primo argomento si riferisce soprattutto a considerazioni
di tipo filosofico.Infatti passeggiare implica non solo la
possibilità di socializzare,fare incontri,vedere luoghi nuovi,ma
può significare riflettere,liberare la mente da alcune noiosità
della vita quotidiana, favorire la concentrazione su alcune
questioni alle quali diamo un grande valore nei riguardi del
significato della vita.
Socrate camminava spesso per le strade di Atene e si fermava
per parlare con chiunque destasse la sua curiosità.
Platone addestrava i suoi discepoli sotto i portici dell’Accademia.
Il binomio filosofia e cammino o se vogliamo cammino e
pensiero, lo ritroviamo nei giardini di Epicuro, nelle agorà di
Alessandria e successivamente nella quiete dei chiostri
monacali.
In questo ambito non posso non menzionare i cosiddetti
cammini religiosi disseminati tra boschi, rocche medievali ed
abbazie. Tra di essi vi è il celebre “Camino de Compostela”,
ma ve ne sono anche in Italia, tra i quali ricordo la via di
Francesco dal Santuario di La Verna fino a Roma, la via
Lauretana da Loreto a Siena, il cammino di Benedetto da
Norcia a Montecassino.
Del cammino da un punto di vista antropologico, si è
occupato un grande della letteratura, Honorè de Balzac
(Parigi,1799-1850).
Come mai si chiede Balzac l’uomo si è occupato così tanto del
moto degli astri, del moto del cuore, di quello delle maree ed
invece così poco di una delle attività più esercitate come il
camminare?
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Balzac ha riassunto le sue opinioni su questo argomento in un
piccolo libro,Teoria del camminare (Elliot,100 pag., traduzione
di Carla Quercia) nel quale afferma: “Non è davvero
incredibile il fatto che, da quando l’uomo ha iniziato a
camminare, nessuno si sia chiesto perché cammina, come lo
fa,se potesse forse farlo meglio, cosa avviene mentre
passeggia e se non esista un modo per impostare, modificare
e studiare la sua andatura”(1).
Balzac afferma ancora che l’andatura di una persona è
fortemente indicativa del suo modo di esistere e di
vivere:tendenze sessuali, il carattere,il mestiere, gli stati
d’animo,la cultura,ecc.(1).
Più recentemente il filosofo Duccio Demetrio ha scritto un
pregevole libro su questo argomento così intitolato:”Filosofia
del camminare:la meditazione in cammino”(2).
Infatti il camminare può significare molte cose e secondo il
filosofo ciascuno ha un proprio modo inconfondibile di
camminare,di preferire la pianura alla montagna,la salita alla
discesa o piuttosto il percorso e l’esplorazione delle regioni
poco conosciute del mondo.
In tutte le storie mistiche,nella simbologia biblica e coranica,
la persona che cammina evoca l’obiettivo di una missione
dacompiere,ma può essere raffigurata anche come quella
chegioiosamente percorre una strada tutta da scoprire.
Al di là di meditazioni profonde che può favorire,il cammino
può essere d’aiuto, soprattutto nelle persone anziane, a
socializzare,a incontrare persone nuove,a vedere luoghi prima
non conosciuti,ad ammirare panorami o borghi antichi, a
respirare aria salubre, ad impiegare il tempo in maniera
gradevole.
3
Per quanto riguarda il secondo aspetto, il cammino
costituisce uno dei mezzi fondamentali per contrastare uno
stile di vita sedentario. Vi è una rilevante ed autorevole
letteratura scientifica internazionale che depone a favore di
un’azione di protezione dell’organismo umano da parte
dell’attività fisica comprendente soprattutto il cammino.
La programmazione di un regime di vita non sedentario ed il
ricorso a forme strutturate e ripetute di attività fisica è in
grado di inibire eventi sfavorevoli per la salute e di contribuire
al benessere della persona anziana(3).
Le conseguenze favorevoli dell’attività fisica sono tali che la
sua promozione sta diventando un’azione prioritaria di sanità
pubblica, spesso inserita nei piani e nella programmazione
sanitaria della maggior parte dei Paesi del Mondo(4).
Nel nostro Paese sono nate anche alcune “Scuole del
cammino”, come quella di Saluzzo (Cuneo).
Per quanto concerne più specificamente gli anziani, è stato
documentato che l’esercizio fisico si associa ad un
miglioramento delle performance. In questo ambito evidenze
rilevanti sono derivate da un trial clinico randomizzato, lo
studio LIFE (5), che ha dimostrato come un’attività fisica
moderata sia in grado di determinare un miglioramento della
performance fisica, misurata mediante una batteria di test
(Short Physical Performance Battery) fortemente indicativa
del rischio di disabilità, istituzionalizzazione e morte. Il trial ha
inoltre fornito promettenti evidenze nei riguardi dell’efficacia
dell’esercizio fisico nella prevenzione della disabilità del
cammino.
4
L’obiettivo di svolgere un’adeguata attività fisica si può
realizzare in diversi modi, ma come ho già accennato, uno dei
più efficaci, dei più “naturali”, dei meno costosi ed anche
quello che incontra meno difficoltà ambientali per la sua
realizzazione, è rappresentata dal cammino.
E’ sorprendente come molte persone anziane di fatto
rinuncino a questa forma di attività fisica, avendo il
pregiudizio che a 85-90 anni sia “normale” compiere solo i
movimenti ritenuti indispensabili.
Si tratta di uno sbaglio molto grave che contribuisce ad
incrementare il declino fisico proveniente dall’età avanzata e
dalla presenza di malattie invalidanti. L’errore non ha
giustificazioni, se si considera che nessuno ci obbliga a
compiere sforzi eccessivi o insopportabili. E’ sufficiente
programmare di compiere ogni giorno una limitatissima
passeggiata che verrà, se possibile, gradualmente e
leggermente incrementata mano a mano che migliorino le
performances fisiche.
Ovviamente per svolgere questa funzione fondamentale è
necessario conservare o recuperare un minimo di autonomia
fisica ed in particolare la capacità di deambulare: questo è il
terzo aspetto del problema cammino.
Esistono malattie che possono provocare, più o meno
improvvisamente, una grave compromissione
dell’autosufficienza, ma più spesso si tratta di un processo
lento di anni,nel quale non tanto la vecchiaia di per se
stessa,quanto la presenza di malattie cronicodegenerativesvolge un ruolo patogeneticofondamentale.
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Un grave errore medico è quello di attribuire all’età avanzata
un cambiamento,in questo caso del cammino,dovuto invece a
precise cause patologiche.
D’altronde l’esigenza di distinguere le alterazioni fisiologiche
involutive dovute alla senescenza dai danni provocati dalle
specifiche malattie costituisce un preciso dovere del Medico.
SI tratta di un compito difficile perché le alterazioni regressive
dell’età si associano con modalità molto intricate con i
fenomeni patologici veri e propri ed anche con i danni
provenienti dall’inattività fisica e mentale.
Le malattie più frequentemente responsabili delle alterazioni
del cammino sono le seguenti:
postumi di ictus cerebrale
malattia di Parkinson
demenze
alcune malattie dell’apparato locomotore ed alcune
reumoartropatie (postumi di frattura del femore,
coxartrosi, ecc.)
 arteriopatie obliteranti degli arti inferiori
 gravi alterazioni sensoriali (cecità, ecc.)




E’ necessario fare sempre una valutazione adeguata di una
tipologia di cammino non del tutto regolare.
Anzitutto ci si deve riferire alle caratteristiche considerate
”normali” del cammino.Non dico che ai nostri malati
dobbiamo necessariamente misurare i tre parametri
fondamentali, ma sarà comunque opportuno tenerli presenti.
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I parametri sono i seguenti:
1) La velocità del cammino di un soggetto adulto
corrisponde normalmente ad un metro e mezzo/secondo.
2) La lunghezza del passo è di 75 cm.
3) Il numero di passi/secondo corrisponde a 2.
Ulteriori dati sulla tipologia del cammino possono ricavarsi,
in un laboratorio specializzato, da quella che viene definita
l’analisi del cammino.
Qui si vuole solo ricordare che ogni ciclo del passo
(gaitecycle) si compone di tre intervalli:
1) fase iniziale di doppio appoggio o carico, quando
entrambi i piedi sono al suolo ed il carico del peso del
corpo è equamente diviso sui piedi.
2) fase intermedia nella quale il carico (o supporto) si
realizza solo su un arto.
3) fase terminale del doppio appoggio che inizia con il
contatto al suolo della gamba sollevata.
Attraverso l’analisi del cammino, oltre alla descrizione dei
tre parametri fondamentali (velocità del cammino,
lunghezza del passo, numero di passi/secondo), si
potranno valutare, soprattutto nel soggetto
anziano,numerose altre caratteristiche che possono
costituire una spia preziosa per indicare una pericolosità
della persona nei riguardi dellecadute.
L’andatura senile è caratterizzata da un passo lento,da una
difficoltà ad iniziare la marcia,da una riduzione dei
movimenti pendolari degli arti superiori,da oscillazioni del
tronco.
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Per quanto concerne la lentezza del passo, ricordo che
attualmente viene attribuita una grande importanza alla
velocità del cammino, tanto che una sua diminuzione
costituisce uno dei 5 elementi caratteristici della sindrome di
fragilità secondo Fried (3).
Nell’anziano “normale”la velocità del cammino si riduce
generalmente da un metro e mezzo/secondo ad un
metro/secondo, valore del tutto fisiologico e che rappresenta
anzi un indicatore di buona salute ed efficienza.
In varie condizioni il valore di un metro/secondo può ridursi
più o meno vistosamente; quando si riduce a < 0,4
metri/secondo ci troviamo di fronte ad un quadro di
fragilità.
Le alterazioni riscontrate vanno sempre valutate nel
contesto culturale,sociale,medico della persona.
Nei riguardi di quest’ultimo ambito ricordo che il dato
anamnestico di una caduta conferisce un elemento
aggiuntivo di pericolo di particolare significatività.Le cadute
accidentali di casualità hanno solo l’apparenza,come è stato
giustamente affermato.
Alcune tipologie di cammino devono essereindividuate
precocemente,in quanto essendo a rischio, esigono un
programma di riattivazione a scopo preventivo.
E’ necessario prestare attenzione a tutte le malattie
(predisponendo i dovuti rimedi) in grado di facilitare o
provocare le cadute(8).
La ricerca andrà estesa anche alla possibile identificazione di
farmaci capaci di favorire una caduta.
Piuttosto conosciuta è la responsabilità delle benzodiazepine
nei riguardi delle cadute, mentre meno noto e più
controverso è quello svolto dai farmaci antidepressivi.
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Infatti se la depressione e la paura di cadere si associano a
disturbi dell’equilibrio e della marcia, è anche vero che gli
antidepressivi possono di per se stessi rappresentare un
ulteriore fattore di rischio di caduta.
Fondamentale è la valutazione della capacità di controllo
posturale che può basarsi sull’osservazione della tenuta
dell’equilibrio in diverse situazioni o sull’applicazione di scale
più o meno articolate e complesse, tra le quali la più nota è
quella di Tinetti (9).
Per rendere più efficace e sicura la deambulazione sono
necessarie diverse misure rivolte ad incrementare la forza
della muscolatura degli arti inferiori e soprattutto l’equilibrio.
Fondamentali risultano gli esercizi di deambulazione assistita.
Purtroppo risultano quasi sconosciuti nella pratica medica
abituale.
In proposito si assiste ad un fenomeno paradossale, quasi
incomprensibile. Infatti mentre è entrata nell’opinione
pubblica corrente l’idea dell’utilità di uno stile di vita attiva
comprendente anche la ginnastica vera e propria (basti
pensare alla consuetudine di andare regolarmente in palestra,
anche per signore molto attempate), non si recepisce che
questa necessità è presente, anzi lo è molto di più, quando la
persona è in condizioni di salute non soddisfacenti.
Avete mai visto un Medico od un infermiere raccomandare ad
un malato di camminare regolarmente nei corridoi
dell’Ospedale, per non incorrere nella patologia da
immobilizzazione o da inattività così frequente a verificarsi
nelle degenze ospedaliere?
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Non tutti i malati ricoverati sono in condizioni gravissime, vi è
una parte significativa che riesce a camminare sia pure con
qualche difficoltà e che andrebbe invitata a non rimanere
immobile per evitare un ulteriore declino funzionale.
E’ singolare come per gravi impedimenti alla deambulazione,
si ricorra a metodologie estremamente sofisticate (non solo
protesi di arti, ma addirittura”ecoscheletri” di tipo robotico) e
viceversa in altre situazioni non ci si avvalga di metodologie
molto più semplici e che sono comprese nell’ambito della
riattivazione geriatrica.
Persino osservando le persone che camminano per la strada,
ci si accorge di tanti soggetti con deambulazione inadeguata,
addirittura pericolosa e ci si chiede come mai non siano stati
dati suggerimenti utili da parte del Medico curante o siano
stati così poco seguiti.
Eppure si tratta di alterazioni (quelle della deambulazione)
frequenti, suscettibili di miglioramenti e in grado di incidere
significativamente sulla qualità di vita.
Un concetto molto importante, ed invece spesso travisato,
riguardala quantità del cammino.
Quando il soggetto è in condizioni di salute e di efficienza
soddisfacenti, è utile eseguire una deambulazione per tempi
sostenuti, essendo altrimenti molto modesti gli effetti a livello
cardiocircolatorio e metabolico. Una percorrenza molto più
limitata è indicata invece in altre condizioni cliniche e
soprattutto nei pazienti anziani compromessi funzionalmente,
come sono spesso i soggetti ospedalizzati.
In questi ultimi l’obiettivo degli esercizi della deambulazione
non è tanto quello di contrastare la sedentarietà, ma quello di
migliorare la coordinazione neuromotoria, i riflessi di
raddrizzamento, l’equilibrio,la postura,la vigilanza, i tempi di
reazione.
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Pertanto in questo contesto clinico-funzionale non conta la
durata della deambulazione, ma la continuità.Si insiste
spesso su questo requisito delle cure geriatriche, ma non
sempre se ne citano le concrete condizioni di applicazione.
Negli esercizi di deambulazione assistita può essere molto
utile compiere questa misura di riattivazione per non più di un
minuto, ma ripetuta almeno quattro volte nel corso della
giornata e per un periodo di due-tre settimane almeno,
eventualmente da prolungare a lungo in modo da conferire
un carattere di continuità alle cure di riattivazione.
Questo requisito della continuità riguarda anche altre misure
strettamente collegate al cammino, in modo particolare
quelle rivolte a mantenere la posizione ortostatica.
Infatti gli esercizi di deambulazione presuppongono la
capacità di mantenere la posizione ortostatica e prima
ancora di questa la posizione assisa.
Durante la mia ultraquarantennale attività ospedaliera non ho
mai assistito ad un caso nel quale io sia riuscito a far
riassumere ad un paziente la posizione eretta e non sia stato
capace successivamente di fargli compiere qualche passo, sia
pure nelle modalità di una deambulazione assistita (3).
In sostanza la difficoltà di far ricamminare una persona è
essenzialmente quella di farle riassumere la posizione
ortostatica mediante esercizi a carattere continuativo, perché
acquisito questo requisito, la via di una indipendenza sia pure
parziale è l’evenienza più probabile.
Come è stato già accennato, l’osservazione di quanto si
verifica negli Ospedali nei riguardi del problema della
deambulazione è sconvolgente e chiama in causa le
responsabilità dei Medici e persino di noi Geriatri che
avremmo dovuto produrre campagne di sensibilizzazione
di ben diversa efficacia.
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Eppure è nota la grave patologia da immobilizzazione nei
pazienti tenuti forzosamente a letto durante la degenza
ospedaliera.
Molto frequentemente 4-5 giorni di sciagurata assistenza con
“costrizione” alla permanenza in letto, in pazienti già
compromessi parzialmente, fanno perdere la capacità di
mantenere la posizione ortostatica ed inducono la perdita di
una caratteristica del genere umano conquistata in milioni di
anni (vedi fig. ).
Non solo la nostra esperienza di Geriatri impegnati nello
specifico settore ci impone metodologie clinico-assistenziali
diverse da quelle abituali di tipo custodistico, ma vi è al
riguardo un’autorevole letteratura con precise indicazioni.
Ad esempio da Fisher e coll.(10) si apprende che
l’effettuazione della deambulazione dei pazienti anziani
ospedalizzati per un periodo di almeno dodici minuti al giorno
è in grado di produrre, oltre ad altri effetti positivi, una
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significativa riduzione della degenza rispetto ad un analogo
gruppo di controllo.
Murphy (11) commentando i dati del lavoro di Fisher (10) e
riconsiderando tutto il problema della carenza di mobilità dei
pazienti anziani ospedalizzati, invoca che nelle Linee Guida
venga raccomandata specificamente la deambulazione,
capace di prevenire le cadute e di ostacolare l’insorgenza di
ulcere da decubito, due motivi crescenti di rilevante spesa
ospedaliera.
E’ indispensabile sensibilizzare l’opinione medica su questi
rilievi: è inverosimile come anche all’età di 80 anni si presti
tanta attenzione ad una colesterolemia totale di 230 mg% e
così poca ad una deambulazione inadeguata, oltretutto
pericolosa per le cadute e comunque predittiva di gravi
disabilità.
Per quanto concerne le misure per correggere la disabilità del
cammino, oltre a quella già menzionata degli esercizi di
deambulazione e a numerose altre possibilità, vorrei
concludere sull’utilità o meno dell’impiego dei deambulatori,
molto diffuso sia in Ospedale, sia nelle RSA, sia al proprio
domicilio.
E’ opportuno anzitutto a che utilità ci si riferisca, se a quella
riguardante l’eventuale maggiore sicurezza e quindi alla
prevenzione delle cadute od invece alla maggiore possibilità
del recupero della deambulazione.
Per quanto concerne il primo aspetto, non esistono Linee
Guida che raccomandino con buone prove di evidenza
l’utilizzo del deambulatore nella prevenzione delle cadute.
Nei riguardi dell’altro aspetto, quello del mantenimento e/o
del recupero della deambulazione, le riserve si basano su due
elementi.
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Le difficoltà del cammino sono in gran parte dovute
all’incapacità di mantenere la posizione ortostatica e per
correggere questa disfunzione non è richiesto l’impiego dei
deambulatori.
L’altra ragione della scarsa simpatia dei Geriatri per questo
tipo di ausili consiste nell’assoluta necessità di un contatto
continuo e diretto del malato anziano con l’operatore
sanitario (terapista della riabilitazione, infermiere, familiare,
lo stesso Geriatra) nelle procedure di recupero della
deambulazione.
E’ molto penoso vedere, negli Ospedali ma soprattutto nelle
RSA e Istituti analoghi, pazienti anziani compromessi
funzionalmente vagare come automi con i deambulatori.
Chi promuove od effettua un’assistenza di questa tipologia
conosce molto poco i problemi dell’anziano ammalato.
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Bibliografia
1. de Balzac H.:Teoria del camminare, Elliot Edizioni,100
pag.,traduzione di Carla Quercia,2014 2.Demetrio
D.:Filosofia del camminare:la meditazione incammino.
Cortina Raffaello,2005
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perdita dell’autosufficienza dell’anziano. SEU, Roma, 2014
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Lombardi A, Cellurale M., Aruta S.F., Kamici K., Allocca E.,
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G Gerontol 2012; 60: 172-181.
5. Rejski W.J., Fielding R.A., Blair S.N., Guaralnik J.M.,
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10. Fischer SR., Kuo YF., Graham JE., Ottenbacher KJ., Ostir
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hospitalized for acute illness. Arch Intern Med 2010;170:
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11. Murphy EA.: A Key step for hospitalized elders: comment
on “Early ambulation and length of stay in older adults
hospitalized for acute illness”. Arch Intern Med 2011;171:
268-269.
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