Dal Vangelo secondo Luca3,10-18

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Transcript Dal Vangelo secondo Luca3,10-18

III DOMENICA di AVVENTO, Anno A
Dal profeta Isaia 35, 1-6a.8a.10
Dalla Lettera adi san Giacomo 5, 7-10
Dal Vangelo secondo Matteo 11, 2-11
Questa 3ª domenica d’Avvento è detta “gaudete”, dall’antifona latina che dà inizio alla
celebrazione eucaristica ed è un invito alla gioia, ripreso poi dalle Letture che saranno
proclamate durante la Messa. Inizia il profeta Isaia facendo esplodere la gioia perché il
Signore sta arrivando e tutti potranno vederne la gloria e le sue meraviglie. Porterà,
infatti, la salvezza a chi è ferito nel corpo risanando zoppi, ciechi, sordi e muti, e a chi è
triste e nel pianto recherà felicità eterna. E’ proprio ciò che nel Vangelo Gesù mostrerà ai
discepoli inviati dal Battista per avere chiarezza sulla sua persona e missione; e
ricordando quanto Isaia aveva profetato dell’opera del Signore in mezzo al suo popolo
lascia che sia lui a trarne le conclusioni. E’ questa anche l’occasione per Gesù di tessere
l’elogio di Giovanni affermandone il ruolo di messaggero del Signore e dichiarandolo il
più grande degli uomini, ma, aggiunge, il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di
lui. Sì, perché chi è nel regno di Dio è suo figlio, ed è questa la vera grandezza che non
dipende dalle opere compiute o dal ruolo che si svolge, ma solo dal fatto che siamo amati
gratuitamente da Lui. Ecco noi siamo importanti perché preziosi agli occhi di Dio, e il
nostro cuore dovrebbe scoppiare di gioia.
San Giacomo nella 2ª Lettura ci esorta a non scoraggiarci, ma a ravvivare la speranza
rinfrancando il nostro cuore perché ormai il Signore con la sua salvezza è vicino, quindi
non lasciamoci andare allo sconforto, alla tristezza che ci porta a vedere tutto negativo e a
lamentarci e giudicare gli altri. Prendiamo esempio dai profeti, è il suo invito, che non si
sono mai abbattuti nelle avversità, ma hanno continuato a porre la loro fiducia e speranza
nel soccorso divino, e mai sono stati delusi. Perseveriamo anche noi nell’attesa del
Signore, del suo aiuto, della sua grazia, della sua misericordia, e il Natale è la certezza
che tutto questo è già venuto e verrà ancora, nella gioia.
E’ Sant’Ambrogio che ci suggerisce un altro spunto di meditazione.
“Il Signore, sapendo che nessuno può credere con pienezza senza il vangelo, perché la
fede comincia dall’Antico Testamento, ma ha compimento nel Nuovo, quando lo
interrogarono sulla sua identità, dimostrò di essere lui non con le parole, ma coi fatti.
“Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli
storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano,
ai poveri è predicata la buona novella”. Ma questi esempi della testimonianza del Signore
sono ancora poco: pienezza della fede è la croce del Signore, la sua morte, la sua
sepoltura. Perciò alle parole suddette aggiunse: “Beato colui che non si scandalizza di
me”. La croce potrebbe essere uno scandalo anche per gli eletti, ma per quanto riguarda
la Persona divina non può esistere testimonianza più valida di questa, nulla vi è che
trascenda le cose umane quanto il volontario sacrificio di tutto se stesso, e di sé solo, per
la salvezza del mondo: con questo unico atto egli dimostra pienamente di essere il
Signore. Per questo Giovanni lo indica con le parole: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui
che toglie il peccato del mondo”. Parole rivolte non solo a quei due discepoli, ma a tutti
noi, perché crediamo in Cristo sulla testimonianza dei fatti” “Commento sul vangelo di
Luca” Libro V.