Immobili: dentro o fuori dallo studio associato?

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Immobili: dentro o fuori dallo studio associato?
Data Articolo: 15 Dicembre 2016
Autore Articolo: Lavinia Linguanti
Spesso i professionisti che svolgono la propria attività nella forma giuridica dello studio
associato, si trovano di fronte alla scelta di intestare gli immobili all’interno dei quali viene svolta
la professione allo studio associato o in alternativa ai soggetti che ne fanno parte. Ecco quali
procedure applicare.
La facoltà d’iscrizione dell’immobile all’interno della sfera professionale di due o più soggetti (in
quanto lo studio associato può essere assimilato ad una società semplice), prevede dei benefici
fiscali da un lato ma delle peculiarità “negative” dall’altro.
La condizione richiesta e ribadita nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 48/E del 15
febbraio 2008 è che la “strumentalità” del bene dovrà risultare dall’atto di acquisto dell’immobile
o da altra idonea documentazione.
L’ammortamento dell’immobile previsto dalla normativa civilistica e fiscale vigente implica che
lo stesso venga spalmato in un arco temporale di 33 anni (3% annuo).
Per ciò che concerne le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione degli
immobili acquistati dai professionisti, queste sono deducibili in misura diversa a seconda che
siano di natura incrementativa del valore dell’immobile o non incrementativa:
• natura non incrementativa – sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento della
spesa, nel limite del plafond del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili
esistenti all’inizio dell’esercizio e rinviando nei 5 esercizi successivi (in quote costanti) la
deduzione dell’eccedenza;
• natura incrementativa – diversamente, se tali spese sono incrementative vanno ad aumentare
il costo ammortizzabile dell’immobile cui si riferiscono e, quindi, sono deducibili attraverso il
procedimento di ammortamento con le aliquote previste per l’immobile (3%).
Stante il beneficio fiscale sopra evidenziato, qualora detto bene venisse venduto a terzi, l’
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operazione di cessione dovrebbe essere fatturata al cliente con la conseguente imponibilità
della plusvalenza generata e calcolata come differenza tra il prezzo di cessione e il costo storico
(acquisto + migliorie - fondo ammortamento quale somma di tutte le quote di ammortamento
dedotte negli anni precedenti).
Questa procedura dovrà essere applicata anche se il bene, invece di essere ceduto a terzi,
dovesse essere destinato al consumo personale del lavoratore autonomo o a destinazione a
finalità estranee all’esercizio della professione.
Diversamente, qualora l’immobile fosse intestato al soggetto o ai soggetti titolari dello studio
associato, rimanendo questo fuori dalla sfera professionale, gli stessi non beneficierebbero della
deduzione dell’ammortamento (rimanendo ferma la possibilità di stipula di un contratto di
locazione per concedere l’uso degli spazi all’attività professionale) ma in ipotesi di cessione del
bene o di esclusione dalla sfera professionale, quest’ultimo non genererebbe una plusvalenza
tassabile da cessione.
Lavinia Linguanti – Centro Studi CGN
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