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PODA E L'ARTE DI UN ARTIGIANO «IO, CHE VIVO L'OPERA
LIRICA»
Fonte: L'Unione Sarda
15 dicembre 2016
URL della pagina: http://www.comunecagliarinews.it/rassegnastampa.php?pagina=54627
Data scaricamento: 21 dicembre 2016, 13:30
Il personaggio È il regista trentino a firmare Il Trovatore da domani a Cagliari
L a più bella delle opere è quella che non ha mai fatto. «E forse non farò mai. Pélleas et
Mélisande. La amo così tanto, per questo non voglio realizzarla, perché, come nella vita, quando
si giunge a ottenere qualcosa, subito dopo la perdi. Nell'opera, poi, è anche peggio: se fai un click
sbagliato è finita».
Stefano Poda, che ha trovato la sua patria nei teatri di Spagna, in Germania, Austria, e in
America Latina, e solo di recente ha fatto pace con l'Italia, è un uomo appassionato e insieme
pacato. Trentino di nascita, cittadino del mondo per scelta e per necessità, artista totale (ma lui
preferisce definirsi artigiano), è regista, scenografo, costumista, datore di luci, coreografo di tutte
le 150 produzioni da lui firmate negli ultimi venti anni. Convinto sostenitore dell'importanza
dell'opera basata su due soli gesti: un direttore e un regista. La musica e il corpo.
Ora per lui c'è Il Trovatore. Quello che torna a Cagliari, finalmente, dopo quattordici anni. Con
Marcello Giordani (Manrico), Daniela Schillaci (Leonora), Roberto Frontali (Il Conte di Luna) e
Enkeleida Shkoza (Azucena). E sul podio Giampaolo Bisanti, a dirigere l'orchestra e il coro
Comune Cagliari News - Testata giornalistica quotidiana del Comune di Cagliari
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Cagliari in data 05.12.2005 al n. 31/05 - Direttore responsabile: Gianfranco Luigi Quartu.
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preparato da Gaetano Mastroiaco.
Un Trovatore arcaico, antico, ancestrale. Fuori dal tempo e dallo spazio. Astratto, privo di
connotazioni specifiche, ma nello stesso tempo estremamente materico. Con quella gigantesca
luna che domina la scena, a dirci dell'amore notturno e nascosto di Leonora e Manrico. Con
quella mano pronta a ghermirla, a ricordarci il potere che in questa storia è più forte di tutto.
Astratta, aerea, inafferrabile - come la musica - è la luce, caravaggesca. «La luce è l'unico
parallelo spirituale della musica. Spirito puro, corpo che non c'è».
Pensato e realizzato nel 2012 per il Festival di Atene, nel teatro all'aperto di Erode Attico,
l'allestimento ripreso dal Lirico è del tutto diverso da quello originale. «All'aria aperta io valorizzo il
luogo, la sua Stimmung, l'atmosfera, adesso mi trovo ad agire in uno spazio chiuso e più ridotto.
Sono arrivato da San Paolo, preceduto dal mio assistente, Paolo Giani, e felice di essere qui,
nonostante gli impegni. In pochi giorni gli scenografi del teatro hanno fatto il miracolo. Bravissimi.
A Cagliari ho visto segni di passione e di professionalità che non si vedono sempre». Si
rinnovano i costumi, affidati alla sartoria di Mino Fadda, si modificano le scene, si creano nuove
suggestioni. Non cambia l'ispirazione. «Resta l'ossessione che accomuna i miei lavori. L'opera
riunisce tutte le sensazioni della vita. È una esperienza totale».
Che cosa è per lei l'opera?
«Un mondo di sogno. Nasce da Proust, dal suo tempo ritrovato, dal capire che tutto ha a che
vedere con tutto, e che basta un frammento per scoprire la riflessione di una vita vera. Oggi
viviamo una vita caotica, la rivoluzione informatica ci ha strappato alle nostre sicurezze. Prima si
andava in chiesa, al museo, si dava più spazio allo spirito. Il teatro deve funzionare alla maniera
del sogno. L'astrazione non si può catturare. Per questo non ci sono effetti tecnologici. Mi
piacciono le cose fatte a mano. Sono un artigiano. Non mi interessano le grosse produzioni».
Lei è anche coreografo.
«La coreografia è la dimensione che più amo. È teatro del corpo e dello spirito. Vorrei che l'opera
fosse seria come la danza contemporanea. Diventerebbe una forza straordinaria».
Il suo pubblico ideale?
«È un pubblico vasto, va dal bambino al vecchio, da chi coltiva l'arte a chi la vede per la prima
volta. La ricchezza interiore non è mai legata alla cultura, quanto più una persona è primitiva
tanto più conserva forza e capacità di visione. Io evito la storia, il tempo. E anche la narrazione
per me deve essere sempre poetica e aperta. Chi vuole si lascia andare. La musica non ha
razionalità, è tutto frammentario, e in questo Il Trovatore, così come è strutturato, aiuta molto».
Maria Paola Masala
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