Plastic Change: dov`è finita la plastica che non vediamo?

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venerdì 16 dicembre 2016, 08:15
Plastic Change: dov’è finita la plastica che non
vediamo?
L’organizzazione danese Plastic Change e la sua corsa alla sensibilizzazione sull’inquinamento dei mari
di Redazione Video / d.r.
Una nuova strategia di sensibilizzazione all’inquinamento degli oceani arriva da un team di ricercatori di Plastic
Change, un'organizzazione internazionale, con sede in Danimarca, specializzata in campagne di sensibilizzazione per
creare consapevolezza sulle conseguenze dell'inquinamento degli oceani e dell'ambiente in generale. L’intento
principale dell’organizzazione è quello di porre l'inquinamento della plastica sotto gli occhi delle industrie e del sistema
politico. Nello specifico, la strategia del team prevede la raccolta di una serie di dati nell’Oceano Pacifico, per
tracciare il percorso dei rifiuti di plastica e capire dove è finita la plastica che non vediamo nei nostri mari, ma
che deve essere da qualche parte, in quanto non biodegradabile. Con questa Plastic Change spera di aumentare la
consapevolezza sul problema dell’inquinamento causato dalla plastica negli Oceani. Gli esperti stimano che oltre 600
specie che soffrono a causa dell’inquinamento marino e oltre il 90% degli uccelli nel mondo hanno frammenti
di plastica nel loro organismo. La quantità di rifiuti di plastica marina raddoppierà nei prossimi 10 anni e gli oceani
conterranno più rifiuti di plastica che pesci, entro il 2050. Le microplastiche, le particelle che derivano dagli oggetti in
plastica sotto l’effetto del sole e delle onde, confluiscono nei cosiddetti vortici marini, per poi essere spinti dalle correnti sia
negli oceani che nei mari. La quantità dei frammenti di plastica dovrebbe raddoppiare nei prossimi dieci anni. Da
qui l’urgenza di un piano d’azione in grado di rompere il circolo vizioso dell’inquinamento della plastica. Una
recente ricerca di Greenpeace ha mostrato chiaramente gli effetti, sulle creature marine, delle microplastiche che, arrivate
al mare, possono sia assorbire che cedere sostanze tossiche che vengono ingerite da numerosi organismi come pesci,
crostacei, molluschi, fino a risalire la catena alimentare arrivando nei nostri piatti. Non a caso Greenpeace ha denominato la
ricerca ‘La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare'. Tra le zone più a rischio, la Kamilo Beach, nella costa
sudorientale dell’isola delle Hawaii, dove l’accumulo di resti di plastica crea dei problemi non solo per la fauna marina ma
anche per gli esseri umani. (Video tratto dal canale Youtube: euronews)
di Redazione Video / d.r.
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su
http://www.lindro.it/plastic-change-dove-finita-la-plastica-che-non-vediamo/
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