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La figura di Giovanni Battista secondo Luca

Premessa

Il Giovanni Battista, che a noi è pervenuto, appartiene all’interpretazione che i credenti nel Gesù di Nazareth, quale Messia e Figlio di Dio, hanno dato e che attraverso i Vangeli ci hanno trasmesso. Certamente all’inizio la contrapposizione tra i seguaci di Giovanni e quelli di Gesù non deve essere stata né facile né semplice in base ad alcune tracce che ci sono pervenute in alcuni testi del N.T. (v. Mt 9,14; Gv. 3,25-28; Atti 19,1-7). Pertanto è quanto mai opportuno precisare da subito che fonti esterne ai Vangeli sostanzialmente non ne abbiamo sul ruolo e la figura di Giovanni Battista; le poche indicazioni, che possiamo ricavare su questo personaggio, le dobbiamo dedurre leggendo i Vangeli stessi in trasparenza o meglio nel sottofondo dei racconti su Gesù I quattro Vangeli canonici presentano la figura di Giovanni in modo significativo; infatti Giovanni viene concordemente presentato come il precursore del Messia con funzione specifica di preparare la sua venuta. E’ ovvio che per una migliore comprensione di questo personaggio tutte le quattro versioni evangeliche andrebbero presentate in forma sinottica; ci accorgeremmo che, pur concordando nella delineazione del precursore, divergono in diversi punti. Poiché andiamo a conclusione dell’anno liturgico in cui leggiamo il Vangelo di Luca ho pensato di commentare i testi relativi a Giovanni presenti nel Vangelo di questo Evangelista. Tuttavia una premessa vale la pena di tenere presente. Chi era veramente Giovanni, chiamato solitamente il Battista per il ruolo che svolgeva? Lungo la storia dell’esegesi biblica ci sono state le interpretazioni più diverse; addirittura ci sono nel nostro tempo alcuni studiosi biblisti che ritengono che Giovanni fosse stato in antecedenza un monaco di Qumram, uscito dal monastero per predicare e battezzare sulle rive del Giordano nei pressi di Gerico proprio poco distante da Qumram. Prima di affrontare direttamente il testo lucano è opportuno tenere presente una testimonianza importante che troviamo nel IV Vangelo. Lo splendido prologo di questo Vangelo, che dobbiamo collocare intorno alla fine del primo secolo, descrive con linguaggio di sapore filosofico certamente influenzato dal neoplatonismo di Filone, la figura del Messia in questi termini:

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

(Gv. 1,1) Già questo verso sarebbe sufficiente per descrivere la fede nel Gesù Cristo morto e risorto, Parola di Dio e Dio stesso, per avere la completezza della fede alla fine del secolo. Non è secondario prendere atto che in questo prologo si accenna anche a Giovanni Battista. Del Cristo si dice al v. 4:

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini

.

Vita e luce

, due termini neoplatonici per dire chi è il Verbo di Dio e subito si precisa a proposito di Giovanni Battista ai vv. 6-8

Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce

. Una affermazione così netta ci fa pensare che per tutto il primo secolo ci siano stati discepoli del Battista che ritenevano che Giovanni stesso fosse il Messia. Al v. 15 torna un’ulteriore precisazione perché non ci fossero dubbi sul fatto che il Battista non era il Messia ma solo il precursore:

Giovanni gli rende testimonianza e grida: "Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me".

E ancor più chiari sono i vv. 19-20:

E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Chi sei tu?". Egli confessò e non negò, e confessò: io non sono il Cristo. L’annuncio e la nascita di Giovanni Battista

Dopo questa premessa vediamo in modo specifico come è presentata la figura di Giovanni Battista nel Vangelo di Luca. Incominciamo con i primi due capitoli in cui viene presentata l’infanzia sia di Giovanni che di Gesù. Mi è doveroso precisare, senza alcuna presunzione in merito, che ogni approfondimento esegetico si può trovare nel mio testo

I vangeli dell’infanzia

.

2 I Vangeli dell’infanzia si possono collocare con buona sicurezza dopo l’80; si tratta delle ultime compilazioni a proposito dei Vangeli; in Matteo e Luca sono presentati gli annunci della nascita e la nascita stessa dei due personaggi chiave di questi testi, cioè di Giovanni e di Gesù. Chi ha scritto questi testi aveva piena fede nel Messia Gesù di Nazaret per cui vede necessariamente in Giovanni il precursore scelto a tale scopo fin dalla nascita. Al tempo di Erode, re della Giudea, c'era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta. (Lc 1,5) Il testo greco comincia con

eghèneto

e cioè

capitò

; la traduzione italiana ha seguito quella latina con

fuit,

ma occorre precisare che si tratta di una inesattezza

.

L’intento è quello di presentare un fatto, un accadimento, non un discorso dottrinale, per cui di fronte al fatto non si discute.

Nei giorni di Erode re della Giudea

: si tratta di Erode il grande che morì nel 4 a.C. Occorre ricordare che nel passaggio dalla datazione

ab urbe condita

alla nascita di Cristo ci fu un errore di 4/5 anni, il che porta a collocare la nascita di Cristo intorno al 5 a.C.. L’importante per Luca è dire che sta parlando di un personaggio concreto. Il padre di Giovanni Battista è il sacerdote Zaccaria che appartiene alla classe di Abia; i sacerdoti erano suddivisi per classi e a turni settimanali dovevano servire l’offerta dell’incenso (al mattino, a sera e all’ora del sacrificio) nel tempio di Gerusalemme. Aveva sposato una donna della sua stessa tribù, quella di Levi (discendente di Aronne), di nome Elisabetta. Erano

giusti davanti a Dio

, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore, ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.(Lc 1,6-7). Ambedue i genitori sono definiti

giusti (dìkaioi)

e questo termine, che pur appartiene alla tradizione dell’A.T., viene precisato così:

osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore.

Al v.7 con poche parole viene descritto il dramma, anche di fede, di questi due coniugi: nonostante tutta la loro fedeltà al Signore non hanno figli e sono ormai vecchi, Per Elisabetta al v. 25 si tratta di una “vergogna” non avere figli. La situazione descrive nel contempo tutta l’impotenza dell’uomo di fronte alle leggi della natura. Qui Luca ci prepara alla grande meraviglia operata da Dio: Dio è in grado di mostrare tutta la sua potenza di fronte all’impotenza dell’uomo

.

Zaccaria appare figura emblematica: sta svolgendo il suo compito religioso ma non è detto che alla formalità religiosa corrisponda la fede. L’incontro con l’Angelo ricalca lo stile letterario degli incontri di Dio nell’A.T.. In Zaccaria c’è turbamento e timore, da parte dell’Angelo c’è la sollecitazione a

non temere

. La descrizione del figlio di Zaccaria appartiene alla tradizione profetica: sarà

grande davanti al Signore

; in Lc. 7,24-27 Giovanni è presentato come il più grande dei profeti, avrà le caratteristiche ascetiche dei profeti (non berrà vino né bevande inebrianti), è investito dallo Spirito di Dio fin dal grembo materno. La sua funzione si inscrive nel tempo escatologico: ricondurre i figli d’Israele (prepararli alla venuta del Messia) e come tale godrà dello spirito di Elia, il profeta atteso prima della venuta del Messia e dovrà essere guida nel

preparare al Signore un popolo ben disposto

. Zaccaria pone all’Angelo la domanda che inizia con

come?,

la stessa domanda che porrà anche Maria. C’è però un

come esplicativo

(quello di Maria) ed un

come dubitativo

(quello di Zaccaria). Infatti l’Angelo dice a Zaccaria:

non hai creduto alle mie parole.

Invece la parola di Dio si adempirà a tempo stabilito. La punizione della mancanza di fede è il non poter parlare; la mancanza di fede toglie la comunicazione con Dio e nel contempo la comunicazione con gli uomini. Zaccaria fa cenni per cui si intuisce che ha avuto la visione, ma la mancanza di fede gli impedisce di comunicare. E’ chiaro l’intento della descrizione lucana (vv.23-25): Giovanni si inscrive nella linea dei grandi personaggi dell’A.T.; il nascere da una donna sterile ripete un genere letterario che vede l’azione di Dio nelle grandi svolte della storia: Sara-Isacco, Madre-Sansone, Anna-Samuele. Elisabetta è la sterile che concepisce e partorisce; riconosce che quanto è avvenuto è opera di Dio il quale ha tolto la sua “vergogna” e nel contempo quel figlio è luogo della grandezza di Dio che appartiene alla tradizione di tutto l’Antico Testamento. Questo testo è un vertice di poesia tanto che non a caso ha ispirato pittori, scultori, letterati di ogni tempo e di ogni luogo. E nel contempo il testo porta un altissimo livello teologico poiché qui converge tutta l’attesa veterotestamentaria.

3 Il genere letterario del racconto è quello della chiamata dei grandi personaggi cui il Signore affida un compito fondamentale nel suo popolo. Ci sono caratteristiche che si ripetono: è Dio che prende l’iniziativa

(la Parola di Dio fu rivolta…),

il destinatario rimane sconvolto e cerca di sottrarsi, Dio assicura la sua presenza e la sua assistenza. Varrà la pena di tener presenti due testi veterotestamentari particolarmente significativi:

Es. 3,7-12: Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo.Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?». Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte». Ger. 1,4-10: Mi fu rivolta la parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane».Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane, ma và da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore.Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e il Signore mi disse: «Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca.Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e battere, per edificare e piantare».

Il testo lucano però non si colloca solo nell’ambito del genere letterario della missione profetica ma anche in quello delle nascite dei grandi personaggi che avvengono da donne sterili; si tratta di indicare la elezione di Dio che sceglie con propria iniziativa chi avrà ruoli particolari presso il suo popolo. Nascono da donne sterili Isacco, Samuele, Giovanni Battista. Nel caso di Gesù il concepimento nel seno di Maria assume il carattere della massima gratuità: infatti la sterilità di Maria non è biologica (e quindi necessitante) ma volontaria (si tratta di verginità voluta) Ed ora del testo lucano dopo la parte dell’annuncio vediamo la parte della nascita effettiva del Battista. Riprendiamo il testo a 1, 57. Il modo di presentare la nascita di Giovanni è molto sbrigativo, mentre alla nascita di Gesù saranno coinvolti il cielo e la terra. Per Giovanni lo stupore della nascita è proprio di una cerchia ristretta (vicini e parenti) che riconoscono in quella nascita la presenza di Dio. Alla nascita di Gesù invece saranno gli Angeli ad indicare l’avvenimento e a glorificare Dio.

Lc 1,57-66: Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei. All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni". Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome". Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati.In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.

E’ chiaro che nel pensiero dell’Autore Giovanni, come del resto avverrà per Gesù, entra nel piano della salvezza attraverso la concretezza storica del popolo d’Israele. In obbedienza alle prescrizioni di Gn.17,12 e Lv. 12,3 all’ottavo giorno viene circonciso. Va però notato che tutto il brano da per scontata l’obbedienza alla legge mosaica e quindi procede rapidamente, ma si sofferma

4 ampiamente sull’imposizione del nome. Zaccaria lo deve scrivere su una tavoletta perché spettava al padre questa incombenza e proprio nel nome era racchiuso tutto il mistero di quella nascita

La predicazione di Giovanni

Ed ora passiamo al Battista adulto che predica e battezza sulle rive del Giordano. Lo pensiamo trentenne, come avverrà per Gesù. Seguiamo il pensiero lucano nel riportare la predicazione di Giovanni:

Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. (Lc 3, 1-2)

Luca, come sempre, è attento alla collocazione storica dell’evento della salvezza. Per questo colloca Giovanni secondo le coordinate del tempo e del luogo. Per quanto riguarda il tempo: siamo nel 15° anno dell’imperatore Tiberio il quale regnò dal 14 al 37 d.C. Pertanto in base al computo attuale degli anni l’inizio della predicazione di Giovanni è da collocare nel 29; ma la rigorosità di Luca porta a descrivere anche la situazione politica della Palestina per meglio collocare storicamente la figura di Giovanni; la Palestina appartiene all’impero romano, è suddivisa in quattro parti così governate: la Giudea, la parte più importante che ha Gerusalemme come capitale, al sud è governata direttamente dal procuratore romano, Ponzio Pilato; le altre tre parti erano governate, ma sotto controllo del procuratore romano, da tre figli di Erode il Grande: la Galilea ha Erode Antipa; a nord e ad est del lago di Tiberiade nell’Iturea e nella Traconitide, c’è Filippo; l’Abilene, che si trova in Libano, è governata da Lisania. Anche la situazione religiosa è sconcertante, trionfa infatti la divisione, ci sono due sommi sacerdoti, Anna e Caifa, anche se in seguito verrà precisato il loro diverso ruolo nel tempo. Agli storici i dati appaiono sostanzialmente esatti. In questo contesto storico in modo solenne la Parola di Dio

avvenne (egheneto)

su Giovanni nel deserto. In base a Lc 2, 3-6 il luogo ove Giovanni predica è il deserto di Giuda sulle rive del Giordano (appare evidente il riferimento al luogo sulle rive del Mar Morto ove esisteva a poca distanza la comunità monastica di Qmram). L’oggetto della predicazione (espressa con il verbo

kerìsso

, annunciare) ha due versanti: a) il battesimo di conversione (

metànoia,

cambiamento di mentalità), b) il perdono dei peccati (

àfesis

significa liberazione,

amartìa

significa fallimento, errore; altro termine per indicare peccato è

anomìa

che indica il venir meno alla legge). Questa predicazione riprende come in stretta continuità la voce profetica di Isaia al cap. 40, ma mentre Mc e Mt citano solo il v. 3, Lc arriva fino al 5 di Is. cap. 40 al fine di far emergere l’universalismo predicato da Giovanni introduttorio a quello di Gesù: ogni uomo (

pasa sarx

, l’uso del termine indica l’universalismo radicale del messaggio di salvezza) vedrà la salvezza di Dio. Ai vv. 7-9 sempre del cap. 2 il testo lucano afferma che da Giovanni si recano le “folle”, la sua predicazione non è per pochi, ma per tutti. Il battesimo di Giovanni è sacramento di conversione

(metànoia),

ma può divenire un semplice segno religioso ripetitivo e quindi Giovanni fa alcune precisazioni: a) c’è il pericolo di intendere il tempo nuovo, quello messianico, come un semplice cambiar pelle (razza di vipere); ma se è così si rimane sotto il segno dell’ira di Dio (contrapposta alla grazia); b) la conversione interiore va verificata con opere concrete; c) occorre liberarsi dalla presunzione religiosa affermando

abbiamo Abramo per padre

, cioè il sentirsi al sicuro e garantito senza un’adesione personale al messaggio profetico. La predicazione di Giovanni ha un taglio decisamente apocalittico: al v. 7 parla di

ira imminente

, al v. 9

la scure è già posta alla radice degli alberi

. Questo è un punto di diversità con la predicazione di Gesù per il quale l’aspetto apocalittico è presente ma non è né imminente né già in atto completamente.

5 Siamo sempre al cap. 2 in particolare ai vv.10-14. Si tratta di un testo interessantissimo, è un

apax legomenon

di Luca intorno ai contenuti della predicazione di Giovanni. L’imminenza escatologica cosa impone? Il tempo nuovo, quello messianico, cosa può significare da un punto di vista del comportamento morale? Le indicazioni di Giovanni sembrano essere un richiamo alla morale umana di base, quasi un richiamo alla legge dei dieci comandamenti come un presupposto necessario su cui si innesterà la legge dell’amore di Gesù Cristo. Alle folle suggerisce la solidarietà umana nei confronti di chi ha bisogno; agli esattori delle tasse (pubblicani) di continuare nello stesso mestiere ma di comportarsi con onestà (non esigere nulla di più del dovuto); ai soldati (qui appaiono come forze di polizia) di non abusare della loro situazione di forza nell’espletare il loro compito ma di comportarsi con onestà (non esigere nulla di più del dovuto), in pratica di non abusare della loro situazione di forza per fare delle rapine ai fini di un arricchimento personale. Di fronte all’interrogativo del popolo se non sia Giovanni il Messia egli stesso precisa che

non è il Cristo

. Il testo (Lc 2, 15-18), come del resto gli altri Sinottici ed il IV Vangelo, lascia trasparire la forte polemica degli inizi del Cristianesimo; infatti troviamo in seguito comunità giovannee che saranno in conflitto con la comunità cristiana. La comunità cristiana ci tiene a sottolineare che Giovanni non è il Messia, ma solo il precursore. Per questo motivo il battesimo di Gesù presupporrà la conversione, predicata da Giovanni, ma sarà molto di più, sarà infatti dono dello Spirito e non soltanto esperienza ascetica umana. Giovanni vede nel tempo messianico ancora una volta il tempo escatologico: al v. 16 parla di

battesimo di fuoco

, al v. 17

il Messia è giudice che separa il frumento dalla pula

, la quale è destinata al

fuoco inestinguibile

. Al v.18 si dice che Giovanni esortava con molte altre cose ma si precisa che

evangelizzava

il popolo; portava la buona novella dell’arrivo del Messia. Ai vv. 19-20 dello stesso capitolo Luca chiude molto sbrigativamente la partita su Giovanni. Si avverte che l’Autore è interessato della sua predicazione ma poco della sua vicenda personale. Infatti sbrigativamente chiude la storia di Giovanni; procede infatti per accenni circa l’attacco di Giovanni nei confronti di Erode Antipa non solo per il suo rapporto con la cognata Erodiade (accusa sviluppata più ampiamente da Mc. 6,17-29) ma anche per tutte le sue scelleratezze (

poneròn

, termine del tutto indeterminato per indicare i misfatti di Erode) e quindi il successivo imprigionamento. Si ha l’impressione che Luca abbia voluto anticipare proprio nel testo del racconto della nascita la fine di Giovanni per aprire ormai in modo chiaro e soprattutto definitivo il tempo di Gesù.

Il battesimo di Gesù

Il battesimo di Gesù appare come un fatto storico su cui convergono tutti gli evangeli, nonostante costituisse un problema teologico per la comunità primitiva, tanto che nel testo più tardivo, quello del IV vangelo, sull’argomento sembra che Gesù sia indicato da Giovanni senza che venga battezzato. Tuttavia la convergenza dei Sinottici ci induce a pensare che la storicità del fatto fosse un dato di fatto. Sembra tuttavia che questi testi relativi al battesimo di Gesù impartito da Giovanni siano espressione del passaggio dall’antico rappresentato da Giovanni al nuovo rappresentato da Gesù. In Luca il racconto del battesimo di Gesù si trova in 3,21-22. Si tratta di un unico periodo introdotto e tutto dipendente dal verbo iniziale

egheneto

, il verbo caro al terzo Vangelo come abbiamo finora sottolineato. Questa forma di aoristo del verbo

gìgnomai

indica un fatto concreto, un deciso avvenimento. Il battesimo di Gesù è preceduto da quello del popolo; Gesù appare all’interno di quel popolo, è uno di loro. Fin dall’inizio la sua persona non è al disopra ma in mezzo al popolo. Il dato iniziale dunque è quello della compartecipazione di Cristo alla vicenda della gente che si reca al Giordano. Subito dopo viene indicato l’atteggiamento di Gesù:

stava in preghiera

. Qui

il cielo si aprì:

in antecedenza il cielo era chiuso, si era sotto

l’ira di Dio

; con il gesto battesimale di Gesù si realizza quanto era stato invocato in Is. 63,19:

Se tu squarciassi i cieli e scendessi!.

Il testo non ha

6 nulla di apocalittico, non indica un tempo conclusivo, ma un tempo ultimo e definitivo, il tempo escatologico. Su Gesù scende lo Spirito il quale renderà udibile la voce di Dio che svela chi è Gesù stesso; lo Spirito pertanto non ha nessuna funzione di mutare la persona di Gesù ma di svelare chi è veramente. L’accenno alla forma corporea della colomba desta qualche difficoltà interpretativa: potrebbe essere un riferimento al tempo nuovo poiché il tempo della creazione era contrassegnato dallo Spirito di Dio che aleggiava sulle acque (Gn 1,2), oppure al tempo della riconciliazione in riferimento alla colomba di Noè dopo il diluvio (Gn 8,10-12). E’ molto probabile che il testo lucano che recita

in apparenza corporea come una colomba

voglia indicare la leggerezza e la concretezza nello stesso tempo. E’ stata scelta questa immagine, come in Gn 3,8 viene scelta l’immagine del vento, per indicare la concretezza e nello spesso tempo la sublimità della presenza dello Spirito divino.

La voce è generata dal cielo

: sta ad indicare che la dichiarazione su chi è la persona di Gesù non dipende da quello che pensa la gente (come era avvenuto per Giovanni nel tentativo di interpretare la sua persona), ma dalla autorevole Parola di Dio. Chi è Gesù?

Tu sei il mio figlio, l’amato, in te mi sono compiaciuto

. Qui risuona il Ps 2,7:

Tu sei il mio figlio, io oggi ti ho generato

, ed inoltre Is 42,1

Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio

. Il Figlio di Dio proprio sulle rive del Giordano con la testimonianza di Giovanni appare come il

servo di Dio,

che nella sua missione messianica avrà la funzione descritta dal Deuteroisaia.